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Dogmatica giuridica

Scienza giuridica, sviluppatasi tra l’Ottocento e il Novecento, soprattutto in


Germania e in Italia, che procedeva all’elaborazione di concetti generali e
astratti sulla base di norme valide solo perché esistenti, aventi in quanto tali
la natura di ‘dogmi’. Tale formalismo, risalente al normativismo tedesco,
condusse allo sviluppo della ‘giurisprudenza dei concetti’
(Begriffsjurisprudenz), un metodo d’interpretazione delle norme basato
sull’accorpamento di leggi e istituti in concetti generali, ai quali l’interprete
doveva rifarsi rigidamente prescindendo dalla considerazione di qualsiasi
elemento eteronomo al diritto proveniente dal corpo sociale (etica,
economia, psicologia). L’affermazione della d. portò all’elaborazione
concettuale di raffinati istituti giuridici (per es., il ‘negozio giuridico’) e di
alcuni caratteri differenziali del diritto (per es., la statualità delle norme),
che indussero a concepirlo come un’entità concettualmente definita,
autonoma e autosufficiente. Da ciò derivò una delle tesi più caratteristiche
del positivismo giuridico, la completezza dell’ordinamento, ossia
l’impossibilità in esso di lacune, dal momento che il diritto si integra
dall’interno, mediante un procedimento logico suo proprio, che non
abbisogna di apporti dall’esterno – quali il ricorso a principi metagiuridici o
al diritto naturale – e a prescindere dal suo contenuto etico-sociale.

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