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FRONTERA - Andrea Poletti 2005

Passaggio pedonale tra la frontiera USA - Messico


Studente: Andrea Poletti
Relatore: Marina Montuori

firma
FRONTERA - Andrea Poletti 2005
FRONTERA - Andrea Poletti 2005

Introduzione
L’idea di superare un limite come l’idea di porre un limite sia concettuale
sia fisico è alla base della storia dell’uomo. Oggi si ripropone questo tema in un
modo tanto prepotente quanto insidioso. Da una parte la globalizzazione
(sempre più spesso assimilata alla progressizzazione) dona l’illusoria
sensazione di vivere senza confini, dall’altra “le frontiere dello stato passano
ormai all’interno delle città”1 come ricorda Paul Virilo citando una frase del
Sindaco di Filadelfia durante l’esplosione di violenza nei ghetti
neri.Telesorveglianza, Telecontrollo, Videosorveglianza, sensori di presenza, di
movimento, micrichip inseriti nel corpo di uomini di animali e di oggetti, come il
braccialetto dei carcerati in grado di dissolvere le simboliche mura di cemento e
filo spinato delle carceri, altro non sono che frontiere senza simboli, limiti
evanescenti e incomprensibili come le informazioni – 0100101011101010 –
codificate dalle macchine per le macchine.
La natura dei confini è molteplice ed il loro modo di filtrare la realtà
produce nello spazio prossimo o il deserto o
all’opposto stabili insediamenti di uomini di
attività o di merci, in attesa dei vantaggi derivati
dal passaggio dall’una e dall’altra parte.
Superare il limite produce vantaggi,
culturali, economici, strategici, onirici. Più difficile
è il valico, maggiori sono i vantaggi. I criteri di
selezione sono la fonte culturale di ogni nuova
discriminazione. Qui passano: tutte le cose,
passano poco i negri, passano i bianchi, non
passano tutti gli animali, passano gli ebrei, non
passano i mussulmani ecc.
L’architettura non può molto in questo
contesto, non è suo compito stabilire i criteri di
filtraggio, che sono imposti dai sentimenti dei
popoli e dei loro governanti.

Il Progetto

Pattern Reale
L’insediamento di Anapra è caratterizzato dalla forza della maglia di
urbanizzazione (in spagnolo manzana). La maglia quadrata è divisa in settori di
118 mt a loro volta suddivisi in lotti stretti e lunghi da 16x50 mt. Anapra le sue
vie perfettamente perpendicolari, poggiano sulla polvere del deserto di
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Chihuahua non hanno nulla sotto, ne fognature ne rete idrica non hanno nulla
sopra, il sistema più iconico di parcellizzazione potrebbe estendersi
indefinitamente per tutto il globo terrestre partendo da qui. La forza insediativa
di questa lottizzazione è dominata nelle sue linee di espansione, solo dalla
morfologia del terreno che lungo il lato sud-ovest presenta un crinale a forte
dislivello, mentre a est le rugosità montuose creano un imbuto che lascia libera
una sola via agevole verso la vicina Juarez. Guardando la foto aerea di Anapra
è impossibile capire perché a nord inaspettatamente la maglia si interrompe. Il
confine U.S. Mexico è invisibile dall’alto. Qui non c’è un fiume un crinale una
costa un naturale ostacolo a dividere i due stati, c’è solo una delle tante linee
tracciate su una carta geografica
alla fine di un trattato
internazionale. Non si può vedere
la linea nella realtà, se ne possono
vedere e sentire soltanto gli effetti.
Passando ad uno sguardo più
ravvicinato si vede una

inconsistente recinzione metallica la cui sola lucentezza fa intuire cosa


rappresenta realmente per chi sogna il mondo dall’altra parte. Potendo
avvicinare ancora più il proprio sguardo alla rete si dovrebbe vedere la ragnatela
di sensori e di pattuglie che di fatto costituiscono il limite reale tra uno stato e
l’altro.
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Pattern teorico
Se immagino di cancellare dall’atlante la linea di confine con la stessa
semplicità con la quale è stata precedentemente tracciata (tracciare e cancellare
sono gesti elementari della disciplina architettonica), non c’è più nessuna
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ragione perché la forza dell’urbanizzazione di Anapra, la dimensione dei suoi


lotti, l’ancestrale regolarità delle strade si debba interrompere a nord.

Nuovo pattern

Il progetto di
attraversamento
della linea di confine
nasce dall’idea di
tagliare con rabbia lo
spazio immaginario
che divide il sud dal
nord. Un gesto
distruttivo come
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dovrebbe essere rappresentato nella mente di chi


sogna l’attraversamento, ma anche un gesto creativo
che nasce dalle forme ricavate nel deserto dalle ferite
inferte nel terreno.

Due Nazioni una Città


El Paso e Juarez sono separate solo in
apparenza. Esse condividono la stessa aria, la Lucio Fontana
stessa acqua, lo stesso destino.
“ho il miglior lavoro che si possa desiderare a Juarez” racconta Arturo
Chavez. È l’autista di ciò i locali che chiamano “pipa”. Per i poverissimi
sobborghi messicani come Anapra, uno slum in mezzo al deserto per 5000
famiglie, senza acqua ne fognature, i trasportatori come Chavez sono l’unica
fonte di acqua pulita per bere e lavarsi. Così quando l’autobotte n. 415 spunta
dalle dune è una specie di evento collettivo: le famiglie escono dalle baracche,
come per festeggiare l’arrivo di un lontano parente che porta con se ricchi regali.
Chavez scarica dalla “pipa” quasi 2000 litri di acqua distribuita gratuitamente,
dentro dei cubi di cemento chiamati “pilas” i quali rappresentano, per gli abitanti,
le batterie della loro vita.

Anapra, uno slum in mezzo al deserto per 5000 famiglie, senza acqua ne fognature

In ogni caso nemmeno la “pipa” è in grado di salvare Antonio Garcìa, di


sette mesi, morto ad Anapra questa primavera. L’aria giallastra dello slum ha
riempito i suoi piccoli polmoni di polvere e malattie. Il dr. Gustavo Martinez,
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direttore di un ospedale privato di Juarez, non ha potuto fare altro che osservare
impotente la fine del piccolo Antonio, mentre si contorceva dal dolore prima di
morire finalmente soffocato. Quando il dr. Martinez è tornato a trovare la
famiglia, ha trovato l’unica stanza in cui questa vive costruita con lamiere e
cartoni, aperta al vento da tutte le parti. La polvere vortica ancora attorno alla
culla vuota nell’angolo. “Mi sono appoggiato ad una parete ed ho pensato che
non ho nessuna possibilità di lottare contro tutto questo” disse.
Juarez è la storia dell’immigrazione più sconosciuta dagli americani: la
storia di chi si ferma vicino al bordo ed aumenta sempre di più. La popolazione
di El Paso – Juarez, due milioni di persone, costituisce la più vasta comunità di
frontiera del mondo, si espande al ritmo del 5% ogni anno. È il più grande,
selvaggio esperimento di ciò che accade quando due parti della stessa
metropoli sono governate da economie, culture e civiltà estrenmamente
differenti. Questo è il luogo dove due città respirano la stessa aria, bevono la
stessa acqua e condividono lo stesso destino.
El Paso – Juarez offrono un esempio a tutti gli intellettuali della
globalizzazione i quali pensano che se in primo luogo si privilegia e sviluppa
l’economia, tutti i problemi sociali, culturali ed ambientali trovano la loro naturale
e conseguente soluzione. Da un lato le manifatture dall’irlanda al Giappone si
riversano in Città. Circa 400 “maquiladoras” hanno del tutto eliminato la
disoccupazione a Juarez, ed hanno messo le basi per lo sviluppo di una stabile
classe media. Ma tutti i problemi di un boom economico senza precedenti sono
concentrati allo stesso modo qui; l’acqua potabile delle falde acquifere, sarà
completamente esaurita in poco meno di 25 anni; la qualità dell’aria è
estremamente precaria; le malattie si stanno diffondendo e non si fermano ai
posti di frontiera.
I presidenti Fox e Bush hanno discusso a lungo sul modo di affrontare
questo problema. Ma al momento l’apporto sostanziale viene dalle
amministrazioni locali, dai privati dalle missioni e dalle organizzazioni di
volontariato che costruiscono alleanze informali attraverso la frontiera. Spesso
tutto questo viene fatto senza il minimo aiuto da parte di Città del Messico e di
Washinton che anno creato questi problemi attraverso il sogno chiamato
NAFTA.
Juarez una volta era un polveroso passo di montagna adesso è la quarta
città più popolosa del Messico, con una popolazione di 1,3 milioni di abitanti ed
oltre 50,000 in arrivo ogni anno. Enormi agglomerati di minuscole case per
lavoratori nascono dalla sabbia e si sviluppano in ogni direzione.
“Urbanizzazione Istantanea” è stata definita da Nestor Valencia, direttore
dell’ufficio urbanistica di El Paso. “un anno è deserto, l’anno dopo è una città”.
Juarez e i suoi sobborghi sono disseminati di enormi nuovi impianti di
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assemblaggio: alcuni somigliano ad angoli di Italia


come la Johnson&Johnson piuttosto che ad opere
di arte contemporanea come la Thomson
electronics. Altre hanno al loro interno servizi come
Banche, caffetterie e bagni lucenti ed inoltre
organizzano corsi sulle nuove tecnologie così
lontane dagli abitanti di Oaxaca. Jaime Garc è un
giovane ingegnere, a capo di un team tutto
messicano di designer sedicenni, lavorano al
prototipo di alcune parti di auto americane. Dalla
sua finestra Garc ha la visione completa di
entrambe le città. Egli ammette che il bordo non è
la silicon valley ma afferma che il suo lavoro non
consiste nell’assemblaggio di parti bensì nella

Juarez una volta era un polveroso passo di


montagna adesso è la quarta città più popolosa del
Messico, con una popolazione di 1,3 milioni di abitanti
ed oltre 50,000 in arrivo ogni anno

creazione di parti.
Sfortunatamente la vita a Juarez non è cambiata per tutti: la paga oraria
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è ferma a 1.25 dollari. Molti lavoratori devono viaggiare per ore in bus dalle
colonie come Anapra, uno dei sobborghi sbucati senza strade pavimentate,

i cavi
scendono dai pali,
sono trattenuti a
terra da pietre e
serpeggiano sulla
sabbia fino alle
abitazioni. Alcuni
cavi sono vivi e
saltano, si
muovono ogni volta
che piove

senza acqua e fognature. Le abitazioni hanno l’aspetto naif che si vede nei
progetti d’arte dei ragazzi che frequentano le primissime scuole, incollate e
cucite insieme con cartoni, compensati e lamiera. Allacciate clandestinamente
alle linee elettriche aeree, i cavi scendono dai pali, sono trattenuti a terra da
pietre e serpeggiano sulla sabbia fino alle abitazioni. Alcuni cavi sono vivi e
saltano, si muovono ogni volta che piove. Le ragazze giovani che vivono qui
sono avvantaggiate dai boss delle maquiladoras, per le loro piccole dita e la loro
obbedienza. Ma più di 400 ragazze, molte di loro lavoratrici delle maquila sono
state assassinate dal 1993 dopo essere state rapite, strangolate e mutilate
durante il lungo viaggio a piedi, che le separa dalle case. Molte grosse
maquiladoras hanno istituito servizi di bus, ma non sembra sia servito per
fermare gli omicidi.
Una nuova Juarez sta crescendo attorno alle città dalle vecchie colonie,
in parte risultato di un programma di sviluppo pubblico – privato. Delphi ha
coinvolto l’agenzia federale messicana per le abitazioni, in un progetto in grado
di costruire abitazioni soddisfacenti da 1800 dollari, in sobborghi sicuri distanti
non più di 15 minuti dalle fabbriche.
Molti problemi ormai cronici, sono condivisi da entrambe le città. Esse si
approvvigionano dalla stessa falda acquifera sotto il deserto, ma l’esplosione
della popolazione a Juarez potrebbe esaurire la disponibilità di acqua a Juarez
in meno di 5 anni, poiché dispone solo di una piccola porzione della intera falda.
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Le abitazioni hanno l’aspetto naif che si vede nei progetti d’arte dei ragazzi che
frequentano le primissime scuole, incollate e cucite insieme con cartoni, compensati e
lamiera

El Paso si sta organizzando per importare l’acqua da 150 miglia di distanza. Chi
controlla il traffico della droga a sua volta è responsabile qui moltissime vittime.
Tubercolosi ed Epatite stanno riprendendo un fortemente la loro ascesa tanto
che i problemi di El Paso – Juarez rischiano di diventare i problemi di un intero
continente.
In questo mondo dove l’improvvisazione è all’ordine del giorno, il solo
aiuto concreto proviene dai volontari. Le donne di entrambi i lati hanno
intrapreso una crociata importante. Con l’aiuto del dipartimento federale
messicano della salute, hanno creato banche popolari ed aiuti alla
microimpresa; circolano per i sobborghi più poveri come Avon, insegnando le
elementari norme di igiene e distribuendo profilattici; non solo, scavano trincee
nelle colonie, da usare come fognature.
Juarez ed El Paso sono anche unite alle spalle dei loro governi federali
per incrementare la quantità di acque di scarico trattate da convogliare in
agricoltura. Questo permetterebbe di liberare un considerevole quantitativo di
acque e destinarle a colonie come Anapra. Ci sono inoltre 833 milioni di dollari
in 20 anni per scavare nuove falde da entrambi i lati del confine. Chi lavora in
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questi luoghi è convinto che nessuno al mondo prima si sia mai confrontato con
problemi di tale e tanta entità.
El Paso, comunque è molto attenta al problema dell’approvvigionamento
idrico, tanto che ha in progetto la realizzazione del più grande impianto
dissalatore mai costruito negli USA, costo 52 milioni di dollari per 76 milioni di
litri di acqua salmastra al giorno. Inoltre in marzo è stato avviato un programma
che offre 50 cent al mq per strappare le coltivazione di prati vedi e fioriti e
sostituirle con rocce e cactus nativi del deserto di Chihuahua. Juarez ha inoltre
bandito la costruzione di nuovi impianti industriali dal consumo elevato di acqua
ed incoraggiano le altre alla costruzione di impianti di riciclaggio idrico.
Gli amministratori locali sono consapevoli di essere gli unici ad affrontare
il lato della crisi. Hanno urgente bisogno che Washington e Mexico City
costituiscano un autorità regionale autonoma, fondata da e con lo staff di
entrambe le nazioni.
El Paso e Juarez dovrebbero intraprendere una comune piattaforma per
le soluzioni. L’anno passato, quando l’encefalite dilagava a Juarez, il piano di
disinfestazione dalle zanzare portatrici, messo a punto da El Paso, varcò il
confine per bonificare anche le aree dell’altro lato. Per diminuire le polveri El
Paso aiuta attivamente Juarez a ridisegnare i forni per la produzione dei mattoni.
Inoltre per eliminare gli epici tempi di attesa per l’attraversamento della frontiera,
gli uomini d’affari messicani e statunitensi hanno ottenuto una corsia
preferenziale di attraversamento per i cittadini in regola con le disposizioni del
Dipartimento di Stato Americano.
Molti dei 100.000 abitanti di Juarez che non hanno l’acqua potabile, sono
convinti che l’illusione creata dalla frontiera sia solo un effetto ottico, mentre la
gente si trova in quelle condizioni solo perché gli Stati Uniti li vogliono tenere li
ad Anatra, nelle colonie.

Maquiladoras
A partire dagli anni ‘70, la frontiera nord del Messico ha conosciuto
trasformazioni clamorose. La crescita demografica ha trasformato le cittadine in
metropoli urbane. La popolazione di Tijuana è passata dai 65.000 abitanti del
1950 agli 1,3 milioni odierni: una crescita superiore a quella della sorella gemella
(e americana) San Diego. Ormai diventato uno dei principali poli industriali del
paese, il territorio frontaliero è un punto di attrazione. Dal 1965, ma più ancora
dopo la ratifica dell’Accordo di libero scambio nord-americano (Nafta) Numerose
multinazionali americane, giapponesi e coreane si sono insediate “a grappoli” in
parchi industriali nel nord del Messico. Dal 1970 al 1975, l’aumento annuo medio
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della produzione è stato del 4,9%, divenuto nel seguente decennio il 12%.
Attualmente, la crescita è dell’ll% circa. Le maquiladoras sono all’origine di
questo sviluppo. Oltre un milione di persone lavorano in questa industria di
assemblaggio insediata al confine che beneficia di un regime fiscale speciale
per l’esportazione e consente costi di fabbricazione fino a 10 volte inferiori a
quelli degli Stati uniti. Nel 1998 queste fabbriche hanno esportato merci per un
valore di 55 miliardi di dollari. L’attività produttiva è dinamica. Nel 1996 si
censivano 719 maquiladoras in 25 parchi industriali. A Tijuana soprannominata
“Tivijuana’ per la sua specializzazione in televisori Samsung, Sony, Hyundai,
Sanyo assumono lavoratori. La regione è una vera e propria calamita per i
diseredati del Messico e dell’America centrale. Spinti dalla disoccupazione e dai
bassi salari, gli abitanti degli stati più poveri forniscono i più grossi contingenti di
lavoratori immigranti: dal 35 al 40% sono indigeni. Questo serbatoio di forza
lavoro a basso costo avida di “migradollari” da mandare alle famiglie, è
funzionale. Permette di scollegare lo sviluppo della produttività da quello delle
remunerazioni: da 450 a 675 pesos (da 40 a 70 dollari circa) per 10 ore di lavoro
al giorno e una settimana di 6 giorni.

Grazie a un’elevata rotazione della manodopera (giovane, femminile e


migrante) i salari non crescono, e a ciò contribuisce anche il corporativismo dei
sindacati ufficiali messicani i cui dirigenti impongono con la forza la gestione
clientelare di buone relazioni nell’azienda. Qui la flessibilità del lavoro è
superiore a quella del resto del paese. Nella maggior parte dei casi, la vita
sindacale è assente dalle fabbriche dove si ignora l’esistenza di contratti
collettivi. In caso di protesta da parte dei lavoratori, la repressione è brutale:
licenziamenti massicci, chiusura e trasferimento delle fabbriche verso zone più
disponibili. Le risorse in capitale e l’ampiezza del mercato americano
condizionano l’economia messicana, sempre di più subordinata al dollaro. Il
ricercatore messicano Ramon Eduardo Ruiz contesta le affermazioni dei fautori
della teoria dello sviluppo di un nuovo modello, quello della frontiera nord,
secondo le quali lo sviluppo della zona di confine consente l’integrazione dei
settori moderni e arretrati in un’economia binazionale. Le maquiladoras sono
un’enclave industriale spesso esterna all’economia locale, tributaria dei legami
internazionali nel 1998, il 97,3% degli input erano importati anche se la
competitività dell’economia regionale beneficia della flessibilità e della duttilità
della forza lavoro. Ma l’abbondanza di manodopera a basso costo non è un
vantaggio comparativo equivalente all’afflusso dei capitali, della tecnologia e del
potere d’acquisto del grande mercato americano. Pretendere che si tratti di un
beneficio reciproco e di una interdipendenza positiva è solo un mito. Secondo
Ruiz, “la realtà della frontiera nord è la dipendenza, una dipendenza strutturale”,
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il contrario di uno sviluppo stabile. Lungi dall’essere l’avvio di una


ristrutturazione produttiva che abbozzi le grandi linee di una nuova relazione
Nord-Sud, come affermano gli economisti liberisti del Messico, si tratta di un
inserimento internazionale fondato sulla competitività del sottosviluppo, sulla
asimmetria fra l’economia più forte del mondo e quella di un paese
semiindustrializzato. La mancanza di normativa e di regolamentazione ha
un’incidenza disintegratrice dai costi sociali incalcolabili. In queste condizioni
l’integrazione transfrontaliera aggrava il danno ecologico. Se le fabbriche
messicane non mancano di scaricare le acque nere infettate dai batteri e dai
virus nelle fognature californiane, in compenso le industrie americane
rimandano verso il sud una quantità di rifiuti tossici trenta volte maggiore,
nonostante i regolamenti del Nafta. Ad esempio gli stabilimenti Samsung di
Tijuana consumano da soli il 65% dell’approvvigionamento annuo d’acqua,
provocando una penuria urbana cronica. L’inquinamento atmosferico ricopre
Ciudad Juarez-El Paso di una densa nebbia. Davanti all’entità dei problemi, si
stanno predisponendo le prime infrastrutture binazionali di trattamento delle
acque nere e di analisi della qualità dell’aria. Al degrado delle condizioni di vita
si aggiungono il contrabbando, la delinquenza e l’insicurezza. Reti
transfrontaliere organizzano il traffico di stupefacenti e prostituzione. Infatti se le
città di confine hanno da tempo le loro case chiuse e le loro reti di prosseneti in
questa “zona di tolleranza”, la violenza e il crimine hanno assunto forme nuove.
I cartelli presenti a Tijuana e a Ciudad Juarez i due centri più importanti
controllano le esportazioni di droga verso gli Stati uniti. A Tijuana, i
narcotrafficanti sarebbero stati responsabili di 600 omicidi nel 1997. Secondo il
giornale locale Zeta, la guerra fra il cartello di Tijuana diretto dai fratelli Arellano
Felix e la mafia di Sinaloa aveva già provocato oltre 300 morti nel luglio 1999 nel
sud della California. Il fatto è che questo governo invisibile tende a diventare
transnazionale. I due gruppi si contendono ferocemente il controllo della strada
costiera. È a Tijuana che fu assassinato, il 23 marzo 1994, Luis Donaldo
Colosio, il candidato del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri) all’elezione
presidenziale messicana. E i mercenari del cartello Felix Arellano che uccisero
il cardinale Posadas Ocampo a Guadalajara erano stati reclutati nelle gang che
imperversano a San Diego. Le polizie degli stati interessati aggiunge Zeta non
indagano sugli omicidi vuoi per timore di rappresaglie vuoi perché sono complici.

IL BORDO

Da ambedue i lati della linea (la frontiera giuridica), i governi rafforzano gli
effettivi militari. Perché se è vero che nell’universo del Nafta le merci (e
l’inquinamento) circolano liberamente ad appena cinque chilometri dai posti di
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controllo della dogana di San DiegoTijuana, ingorghi di splendenti autotreni pieni


di merci passano il confine senza problemi , per gli uomini va diversamente.
L’urbanizzazione accelerata e caotica della regione si estende su un altopiano
accidentato fino alle rive del Pacifico. Lì, il muro di metallo alto circa tre metri che
ormai segue in parte la frontiera e divide le città gemelle, sprofonda nell’oceano
come una nuova cortina di ferro. Dopo l’approvazione, nel 1996, di una legge
sull’emigrazione clandestina e la responsabilità dei migranti, gli irregolari entrati
illegalmente negli Stati uniti rischiano multe o pene detentive. Nel febbraio di
quell’anno 1996, il governo americano decise di reclutare ogni anno mille agenti
supplementari per raggiungere la cifra di 10.000 uomini destinati alla
sorveglianza della frontiera. Il budget del servizio d’immigrazione e
naturalizzazione Sin) passò a 2.600 milioni di dollari, un aumento del 72%
rispetto a quello del 1993, anno dell’arrivo al potere di Clinton. Dalla sua
attuazione, l’operazione Gatekeeper (in spagnolo, Operacion Guardian), ha
provocato un blocco senza precedenti e la militarizzazione della frontiera. Le
jeep dei border patrols si danno il cambio giorno e notte mentre gli elicotteri
sorvolano la costa. Con l’aiuto del Pentagono, sono stati installati rilevatori
sismici che consentono di individuare ogni minimo movimento. Un giovane
messicano che è riuscito a passare dopo cinque tentativi falliti racconta come,
grazie all’uso di telecamere a raggi infrarossi, gli informatici tengono d’occhio gli
emigranti sugli schermi come in un video gioco. Le informazioni sono poi
trasmesse a poliziotti sul luogo, attrezzati con apparecchi radio, i quali
localizzano i clandestini. Questa militarizzazione non ha interrotto il flusso
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migratorio. Certo il il muro


numero di di metallo alto
clandestini che circa tre metri
passano la che ormai
f r o n t i e r a segue in parte
californiana è la frontiera e
calato in modo divide le città
spettacolare: dai gemelle,
531.689 emigranti sprofonda
illegali fermati a nell’oceano
San Diego nel come una
1993, si è passati a nuova cortina
166.151 nei primi di ferro
otto mesi del 1999
(4Q). Nondimeno
si valuta a oltre
mezzo milione il
numero di persone
e n t r a t e
illegalmente negli
Stati uniti nel 1998.
Nello stesso anno,
gli Stati uniti hanno
rispedito indietro
20.000 minorenni
messicani entrati
clandestinamente
nel loro territorio. Il numero sempre molto alto di candidati all’emigrazione si
spiega con la struttura del mercato messicano del lavoro dove ogni anno si
produce un deficit di un milione di posti di lavoro. Il Nafta è stato più benefico per
gli Stati uniti che per il Messico: le sue ricadute distruttive sull’economia rurale
spiegano in gran parte l’entità delle migrazioni dalle campagne messicane verso
gli Stati uniti. “Per le nuove generazioni, il mercato del lavoro non è mai stato
così buio da decenni” nota il sottosegretario al lavoro messicano. Secondo la
Banca del Messico, milioni di messicani spinti all’esilio dalla povertà e residenti
legalmente o illegalmente, definitivamente o temporaneamente, negli Stati uniti,
mandano ogni anno quasi 5,5 miliardi di dollari per attenuare l’indigenza delle
famiglie rimaste nel paese. Questi trasferimenti equivalevano nel 1997 al 4,5%
dei redditi complessivi dell’esportazione e al 55% quasi del fatturato delle
maquiladoras. L’attrazione forzata per l’eldorado americano fa la fortuna di un
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sindacato di tipo nuovo, il Coyote Inc. L’organizzazione del contrabbando dei


clandestini grazie ai servizi a pagamento dei coyotes o polleros reti di
“traghettatori” transfrontalieri è diventata un commercio redditizio quasi quanto il
traffico di droga. Per 650 dollari a persona, pagabili all’arrivo (tariffa minima da
una parte all’altra della frontiera) si passa la frontiera in un giorno, a proprio
rischio e pericolo. Ma da Mexico City a Phoenix (Arizona), ci vogliono 1.200
dollari, 12.000 per una tariffa collettiva di gruppo (minimo dieci). Per non parlare
delle guide prive di scrupoli che ricattano i fuggiaschi per 1.500 o 2.000 dollari
prima di abbandonarli in piena campagna dove sono braccati e spesso
maltrattati dalle pattuglie militari. Per evitare i controlli, per aggirare il muro
metallico eretto nelle principali città di frontiera, i migranti, correndo ogni rischio,
cercano di attraversare le zone di montagna o il deserto. Nel 1998, un gruppo di
dieci persone è morto di sete nel deserto a est di San Diego. A volte le pattuglie
di frontiera sparano: 89 fuggiaschi sono stati uccisi o feriti così nel 1998. Dal lato
messicano, sul Pacifico, un immenso cartello bianco fissato su una lastra in ferro
elenca la lista dei morti a partire dal 1995. Oltre 400 vittime sono morte per fame,
sete o sfinimento. La più giovane aveva 15 anni, la più vecchia quaranta.

Note

NAFTA Entrato in vigore il 1° gennaio 1994 il Nafta riunisce il Canada, gli


Stati uniti e il Messico

MAQULADORAS Le maquiladoras o maquilas sono le fabbriche di sub -


appalto, filiali di multinazionali che possono beneficiare dei bassi salari, delle
esenzioni delle spese doganali e della vicinanza degli Stati uniti verso i quali
viene esportata la produzione.

La crisi economica in Messico, ritenuta “felicemente” conclusa dai


commenti entusiasti degli ambienti finanziari, aveva provocato a suo tempo la
perdita di un milione di posti di lavoro dopo la disastrosa svalutazione del peso
nel dicembre 1994.

1 Paul Virilio, “Lo Spazio Critico”, (ed. It.) EDIZIONI DEDALO, 1998
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UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA


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laureando/a/i - diplomando/a/i in ………………………………………………...

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