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Premesse filologiche “ferri del mestiere Rossetti | ae St at) @) » uv SOS be Yo ie Bz i LOSOFIA ANTICA rs Z e N 5 Q O ee B a ALLA FI In una disciplina come la filosofia antica confluiscono e interagiscono le compe- tenze specifiche dei filosofi cosi come le competenze specifiche dei filologi, col risultato di mettere ogni tanto in diffi colta chi non sia sufficientemente “at- trezzato” sull'uno o sull'altro fronte. apparato concettuale e le informazioni raccolte in questo volume servono appunto per orientarsi sulla variegata e complessa problematica che deriva dal- Fintreccio di competenze che, di per sé, hanno ben poco in comune. Vengono percid affrontati temi quali i seguent * il complicato itinerario che ha permes- so al testi grecie latini di pervenire fino a noi € le manipolazioni a cui sono stati sottoposti nel corso dei secol * Tapporto della critica testuale e della filologia ai fini della restitutio, * le principali opera omnia d’argomento filosofico pubblicate nell antichita, * le principali raccolte di frammenti testimonianze, * le molte storia della filosofia compilate dagli antichi (quanto meno dal sofista Ippia fino ad Agostino di Ippona), * fattori di complessita e insidie peculia- ri dell'approccio filasofico ai testi dei filo- sofi antichi, + modi diversi di impostare la storia della filosofia, * Vapporto dellinformatica agli studi di filosofia antica, * come orienta ¢ della bibliografia, * come orientarsi tra le abbreviazioni e le altre convenzioni in uso nella pubblici- stica di settore. A fine volume, un vasto Glossorio perlu- stra oltre duecento termini tecnici UI volume si raccomanda per chiunque voglia andar oltre un approccio amato- riale ai testi dei filosofi grecie latin. lla ricerca delle fonti In cope Arbor Porphyriana: Socrate« Plone adai- fano un covalore [fosvs) cho monte ratio. iru nl code Over ka. 1406 sc, Cin Ge! Vocano isiciacoApotos Vaio) conver Livio Rossetti - qui all’Officina dei Papiri di Napoli 2 docente di Storia della Filosofia Antica (e di Mcgee Ue Teg Tene oe Ree ONO pre-aristotelica, spaziando peraltro anche su temi spes- ia Oe eS on ed and Reem Oe eC Ee ae eR Oe TNT {rone platonico: Dialoga con Socrate (1995). Trai suoi libri recenti il contestuale Platone, Euifione TOMS Re OCU Fe ae ce Te Pn Free SESE Ogee STS in un CP oe Cooninate dell esperienca giuridica atta. NOOR Pe ON an a ce (da cui Understanding the Phaedrus. Proceedings of a eae ee contestualmente, ha dato vita all’ Associazione Inter- Peo Paver meer PER) femio COLLANA DI DIDATTICA E MANUALISTICA, acura di Francesco De Martino Nella collana 1. - Leonardo Cali, Creativita musicale e scuola, Premessa di Pierpaolo Rosati, marzo 1993, pp. 287, S. 15.000 2. - Paola Radici Colace - Giuseppe Puzzello, A passeggio con i classici. Antologia di testi latini per i licei classici e scientifici, aprile 1997, pp. 500, 8. 38.000 Imminente Nicola Basile , Sintassi storica del greco antico, aprile 1998, pp. 795, $. 60.000 Livio Rossetti INTRODUZIONE FILOSOFIA ANTICA Premesse filologiche e altri “ferri del mestiere“ Levante editori - Bari © 1998, Tutti dirt riservati fOr. Ai sensi della legge sui diritti d'autore tutelati dal Codice Civile « vietata la riproduzione di questo libro, ¢ di parte di esso, con qualsiasi mezz0 elettronico, meccanico, por mezzo di fotecopie, microfitms, registrazione, ccc.) INDICE T- ALCUNIPRELIMINARI ..... 000.0020. 0 cece cece eee ee eee 1. Non un colpo d’occhio sulla filosofia antica, e neppure un repertorio bibliografico, Ma... 6... 0.6 c cece teen ence eens 2. Cosa intendiamo per “filosofia antica” e cosa quella filosofia pud cienilicare per NOL OPS tera n ae II - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A NOI 3. Molti tipi di fonti 4. Le copie, i falsi, i corpora, !a filologia alessandrina . 5. Dal papiro al codex medievale e alle prime edizioni a stampa . 5.1 - Confezionamento e uso del rotolo di papito. .... 2.0... 0000. cece ee 5.2 - L’apporto dei papiri (e della papirologia) alla conoscenza del mondo classico 5.3 - La riscoperta dei papiri: Ercolano, Ossirinco, Dervel 5.4 Il passapgio dal volumen al codex . . 5.5 - Faltori di dispersione e recupero dei testi classici nel Medioevo 5.6 - Una fonte altemnativa: le traduzioni arabo-latine 5.7 - Il passaggio alle edizioni a stampa THI - L’ APPORTO DELLA CRITICA TESTUALE E DELLA FILOLOGIA 6. La restitutio dei testi antichi . 6.1 - La restitutio come obiettivo della critica testuale . 6.2 - Una serie di operazioni preliminari: dalla recensio allo stemma codicum . . 6.3 - Verso l’edizione critica: coniecturae ed emendationes. Lapparato critico. La normalizzazione ortografica 6.4 - Editare l"esemplare unico. L’edizione paleografica . 6.5 - Le citazioni di seconda mano e gli autori “ 6.6 - Il tema dell‘autenticita 7. Intermezzo: una fiction filologica ... 2.2.06... 0.0 e cece eee eee 8. Altri tipi di insidie del testo antico: tra filologia e storiografia filosofica ” TV - I GRANDI “RACCOGLITORI” E I PRINCIPALI TESTI DI “SECONDO GRADO” 9. 1 principali corpora di testi filosofici greci (e latini) 9.1 = Il Corpus Democriteum 92-1 Corpus Platonicum 9.3 -Il Corpus Aristotelicum . 9.4- Il Corpus Theophrasteum 9.5 - Il Corpus Chrysippeum 96 - Il Corpus Plotinianum . 9.7 - Altsi corpora di autori ‘tard 10. Alcune primarie raccolte di frammenti ¢ testimonianze 10.1 - I frammenti dei filosofi presocratici - 10.2 - Socratis et Socraticorum Reliquiae . . 10.3 - Accademici e Peripatetici 10.4 - Epicure e Stoici 10.5 - “Accademici” € Scettici . . 10.6 - La filosofia dell’et4 imperiale e la Patristica . . 11. Le storie della filosofia compilate dagli antichi .......... ee {1.1-Un primo colpo d’occhio . . . 11.2 - Le retrospettive pid antiche (prima di Aristotele) 11.3 - Aristotele. Teofrasto, Eudemo e gli altri peripateti 114 Le Successioni dei filosofi, tra Rodi e Ercolano 11.5 - Cicerone 11.6 - La storiografia filosofica dei primi secoli d.C. . 117 - Agostino e Simplicio V - I PERCORSI DELL’ANALISI DOTTRINALE 12. La ‘lettura’ filosofica dei testi: un primo gruppo di coordinate . 1 - Dalla filologia alla filosofia, Gli usi linguistici peculiari della filosofia .2 - Gli obiettivi della ricerca sulla filosofia che emerge dai testi filosofici - 12.3 - Provare a identificare delle teorie: fattori di complessita e insidie peculiari 124 - Interpretazione benevola, forme di precomprensione e ‘soglia critica’ . 13. Modi diversi di fare storia della filosofia (antica) . 14, Tra letteratura e scienza: la filosofia ‘virtuale’ e l’emergere dello specifico filosofico 2.2.2.2... cece cece eee e eee e ee VI - APPORTO DELL'INFORMATICA E RISORSE DI “TERZO LIVELLO” 1S. Lapporto dell’informatica ©... 2.2.0.6 cece eee eee eens 16. Le ‘chiavi d’accesso’: una breve panoramica 17.11 ‘piccolo mondo’ delle convenzioni . 17.1 - Problemi di traslitterazione 17.2-L'accento ... 17.3-Lacronologia . 17.4 - Infine altre minuzie GLOSSARIO SS eee ee es INDICE ANALITICO . . TAVOLE FUORI TESTO 247 257 259 269 279 279 282 283 286 289 345 361 PREMESSA Filosofia_in_Ita Come ogni altro tipo di sapere specialistico, anche la filosofia antica ha una nutrita serie di piccoli segreti che, pur essendo a tutti gli effetti di dominio pubblico, rischiano di tenere implacabilmente ‘a distanza’ chi non sia del ramo. A far problema sono in primo luogo le mediazioni attraverso cui un testo antico viene riproposto nei nostri libri, vale a dire gli intri- cati percorsi a seguito dei quali dai codici medievali (ovvero dai papi- ri) si ‘estrae’ un testo che di solito @ sensibilmente diverso non solo sotto il profilo dell’output grafico, ma anche per quanto riguarda l’e- Satta configurazione del dichiarato e per altri aspetti (ad es. l’autore e i titolo indicato nei codici, l’autore e l’opera a cui viene ricondot- to un certo frustolo di papiro). Parliamo, per di piit, di operazioni che non sono mai effettuate una volta per tutte, ma risentono del continuo lavoro di revisione a cui queste unita testuali vengono normalmente sottoposte. Accade percio di meravigliarsi allorché non ha successo la ricer- ca del frammento di Eraclito in cui dovrebbe comparire l'espressione panta rei, e cost pure allorché si viene a sapere che Aristotele non ha Propriamente scritto nessuna Metafisica in quattordici libri, essen- zialmente in quanto @ raro trovare un chiarimento su questioni del genere, che gli esperti tendono a considerare talmente pacifiche da non avvertire il bisogno di offrire delle spiegazioni ad hoc. E bastera scorrere il volume per rendersi conto di quanti altri ‘segreti’ della natura piit diversa sono normalmente oggetto di una sorta di rituale silenzio nei manuali e in altri scritti di storia della filosofia antica. A sua volta, dietro al ‘trattamento filosofico’ di simili testi c’e tutta una serie di ulteriori convenzioni e ‘regole del gioco’ che pure bisognerebbe conoscere. Per non parlare della robusta ventata di aria nuova che é legata all’awvento dell’informatica. Il problema é che tutta una serie di concetti-quadro, di nozioni e di informazioni ‘tecniche’, pur essendo di pubblico dominio, vengono 10 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA messe per iscritto cost di rado da rimanere virtualmente inaccessibili a una vastissima cerchia di persone che pure sono interessate alla filosofia antica: nozioni che i libri danno, fin troppo spesso, per cono- sciute 0 intuitive, mentre non lo sono affatto. Da qui V'idea di colmare tale vuoto con una offerta di informa- zioni e concetti appositamente pensata per favorire la progressiva familiarizzazione con quella dimensione ‘tecnica’ della filosofia anti- ca @ tutta una serie di altre nozioni che sono semplicemente indi- spensabili se si vuole evitare che la percezione delle unita testuali con cui si va a prendere contatto si faccia pericolosamente approssimati- va e imprecisa. A sua volta la considerevole ampiezza del volume dovrebbe dire quaicosa sulla difficolta di riferire in breve sul gran numero di que- stioni, non di rado piuttosto complesse, su cui non a caso manuali ed altre opere di relativamente largo uso tendono a sorvolare (2 infatti impensabile concentrarle, poniamo, in una decina di pagine). Si & dunque provato a costruire una sorta di percorso ragionato e di ‘reticolo’ dal quale non ci si deve pero attendere né una breve sto- ria, né un prospetio cronologico, né un repertorio bibliografico, né un lessico ragionato dei termini filosofici greci e latini (perché queste cose @ relativamente facile rintracciarle in altri libri), ma piuttosto una offerta di coordinate su questioni ancor piit basilari, questioni che entrano puntualmente in gioco allorché ci si accosta alla rifles- sione filosofica dei greci e dei latini. ek Ok Quel che viene qui esposto é appunto pensato per chiunque si proponga di ‘prendere la mano’ con questo tipo di testi (e di studi). Ma avrebbe la pretesa di significare qualcosa — sempre a titolo di risorsa di base — anche per una ben piit vasta cerchia di cultori di discipline filosofiche, e cost pure per chi si occupa di svariate altre tematiche, sia esso il diritto romano o la storia delle scienze e delle tecniche, il confronto con le cosiddette filosofie orientali o i molti autori moderni che si sono ‘nutriti’ di cultura classica, come Erasmo e Pierre Bayle, Dante e Leopardi. PREMESSA Filosofia_in_Ita 11 Mi sembra inoltre corretto segnalare che la trattazione principa- le trova un suo autentico complemento nell’ampio. Glossario (oltre 200 voci), in cui si fa parola anche di alcune nozioni che, nel corso dei diciassette capitoli ‘principali’, sono state solo sfiorate. Si @ dunque provato a mettere a disposizione del lettore un ap- parato di strumenti, in primo luogo concettuali, con cui iniziare la marcia di avvicinamento, e francamente non molto piit di questo. Quanto poi al greco, va da sé che per poter utilizzare appieno la presente Introduzione @ meglio saperne un po’, ma si 2 avuta cura di rendere la trattazione dei vari temi accessibile anche a chi sarebbe messo in difficolta dalla comparsa di parole scritte in caratteri diver- si dai nostri. Proprio per questo si @ largheggiato nel traslitterare cid che qui figura anche in caratteri greci, fra l'altro ricorrendo al gras- setto per identificare le e e le o lunghe (vale a dire le Ne le w). aOR OF Qualche lettore vorrebbe forse trovare qui una riflessione anche in materia di ‘spendibilita’ di questa memorabile stagione della filo- Sofia nel contesto della nostra cultura: quale sia (se ¢'e) la sua resi- dua attualita, “cosa @ vivo e cosa & morto”, come si manifesta il suo impatto (se c’e ancora un impatto significativo) sulla filosofia mili- tante, come sia possibile che l’Occidente non sia ancora riuscito (posto che cosi stiano le cose) a ‘digerire’ una volta per tutte una offerta di idee che, per quanto pregevole, dovrebbe pur essere supe- rata. Fermo restando che l’argomento ‘eccede’ il presente giro d’oriz- zonte, va detto che il problema é malposto in quanto la saggezza non si presta ad essere condensata in una massima o gruppo di massime, € nemmeno in un qualche paradigma. Gli antichi, del resto, con ogni evidenza elaborarono una impressionante gamma di modelli diversi e non riconducibili ad unita. Per di pitt la ‘nostra’ saggezza non puo che essere una nostra elaborazione all’altezza dei nostri tempi e una risposta alle nostre domande (che da tempo non sono pitt quelle di un Platone o di un Aristotele nonostante la sensibilita, indubbiamente non comune, delle loro ‘antenne’). 12 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOPIA ANTICA Rimane il fatto che questi antichi ci propongono, di tanto in tanto, dei modelli interpretativi poco meno che allo stato puro, e inol- tre ci provocano con idee dotate di grandi potenzialita o sorprenden- temente audaci, sorprendentemente semplici o sorprendentemente complesse. La fecondita di quel pensiero dovrebbe dunque consistere prima di tutto nella ginnastica intellettuale che ci troviamo a fare quando ce ne interessiamo in modo non superficiale, il che vale, del resto, anche per ogni altro tentativo di misurarsi sul serio - e non senza una punta di doverosa diffidenza in materia di affidabilita di singole idee — con autentiche avventure della mente, a prescindere dal loro essere anti- che, greche, esplicitamente filosofiche oppure no. Per cui non si tratta di individuare una lezione ‘perenne’ di Platone o di altri, ma di passare dall’informazione manualistica (una sorta di imparaticcio) a un misurarsi tendendo bene le antenne, cer- cando di capire come ragionarono altre persone decisamente non sconsiderate. Analogamente il colloquio con una persona non super- ficiale vale pit per quell’improvviso dilatarsi e per quel diverso arti- colarsi dei nostri orizzonti che forse si determina, o per il fatto di sco- prirci ‘disarmati’ su un determinato fronte (dilatazione delle possibi- lita), che non per la singola affermazione che questi pud fare e che sul momento forse crediamo di doverci imprimere nella mente, piit per le energie che V’incontro ottiene di ‘liberare’ in noi — e che altrimenti sarebbero forse rimaste fuori dalla nostra portata chissa quanto a lungo — che non per il suo verbum, le singole affermazioni e valuta- zioni che sul momento ci hanno magari impressionato. Di conseguenza @ piit importante attrezzarsi per non essere trop- po subalterni di fronte al singolo manuale di storia della filosofia antica o di fronte al singolo commento a Melisso, Aristotele o Sesto Empirico, che non andare alla ricerca di una saggezza preconfezio- nata che possa apparirci, come forse incautamente tendiamo a desi- derare, gia pronta per l'uso. PREMESSA Filosofia_in_Ita 13 ‘Antenati’ di questo testo sono circolati per alcuni anni a titolo di schede o dispense per i miei corsi di Storia della Filosofia Antica all’Universita di Perugia. Versioni intermedie del dattiloscritto sono State cortesemente esaminate da colleghi competenti, che mi hanno allertato su una considerevole varieta di dettagli. In una prima fase se ne sono interessati alcuni antichisti dell’Universita di Perugia: Cipriano Conti, Patrizia Liviabella Furiani, Antonino M. Scarcella, la giovane Alessandra Di Pilla; successivamente una piit variegata cer- chia di esperti e colleghi di disciplina: Giovanni Casertano (Univ. Napoli “Federico II”), Gaetano Messina (Genova), Fausto Moriani (Firenze), Linda Napolitano (Univ. Trieste), Stefania Nonvel Pieri (Univ. Parma), Lidia Palumbo (Pozzuoli), Oronzo Pecere (Univ. Cassino) e Onofrio Vox (Univ. Bari). Da ultimo hanno cortesemente effettuato qualche ulteriore controllo alcuni dei colleghi gia menzio- nati, una papirologa ercolanese (Costantina Romeo, Sorrento), un esperto di informatica (Massimo Capponi, Univ. Perugia) e in mag- gior misura il paleografo Attilio Bartoli Langeli (Univ. Padova) per le sezioni attinenti alle rispettive aree di specializzazione, nonché il direttore della collana, De Martino (Univ. Bari). Ringrazio, infine, Néstor Luis Cordero (Univ. Rennes) per una illustrazione molto tec- nica, Jaume Portulas Ambrés (Univ. Barcellona) per i fecondi scam- bi di idee di cui 2 ora traccia nel cap. 12, e cosi pure Marian Wesoly (Univ. Poznan) e la mia allieva Annalisa Persichetti per altre segna- lazioni. Dell’autentica mole di piccole e grandi notazioni pervenutemi per tutte queste vie — un’autentica prova di amicizia — ho sempre fatto gran conto. Ci tengo solo a non coinvolgere nessuno nella responsa- bilita per i residui passi falsi che hanno resistito a cost assidue cure. Auspico inoltre che ci siano dei lettori - in particolare dei docenti - disposti a farmi pervenire i loro desiderata ai fini di una maggiore fun- zionalita del volume. A tale scopo suggerisco di utilizzare il mio indi- rizzo e-mail (rossetti@unipg .it). Perugia, gennaio 1998 L.R. Filosofia_in_Ita PARTE I ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 1. NON UN COLPO D’OCCHIO SULLA FILOSOFIA ANTICA, E NEPPURE UN REPERTORIO BIBLIOGRAFICO, MA... Devo prima di tutto adoperarmi per mettere il lettore in condizio- ne di sapere cosa pud trovare in questo volume e cosa non ha motivo di cercarvi. La filosofia antica non é solo un passaggio obbligato per molti tipi di discorsi, o uno snodo costitutivo della nostra identita di occidentali. E anche un mondo lontano e complesso quanto basta per mettere pun- tualmente in difficolt& chi vi si accosta senza una preparazione speci- fica. Di conseguenza, un approccio amatoriale a questa disciplina & esposto a pil che prevedibili rischi di fraintendimento, e a molti livel- li, specialmente quando si prova a risalire alle fonti e a ‘farle parlare’: il rischio incombente é di impaniarsi in dati ‘opachi’, difficili cio da inquadrare, oppure di attribuir loro un senso definito in modo fin trop- po precipitoso. A far problema é certamente anche la vastita e varieta delle opere filosofiche pervenute pill o meno integre fino a noi, ma pil ancora é il fatto di trovarci molto spesso a fare i conti con delle unita testuali che sono la risultante — delle molte sedimentazioni successive dovute all’intervento dei copisti, col risultato sia di far sparire dai testi (ora intenzionalmente ora senza nemmeno rendersene conto: si pensi alle comunissime sviste che si commettono nel copiare) dei dettagli che nell’ originale forse c’era- no, sia di introdurne altri che nell’originale non c’erano, — di interventi filologici finalizzati in primo luogo a rimuovere, per quanto possibile, queste sedimentazioni illegittime, cosi da ‘resti- tuirci’ i testi in una forma pit prossima all’ originale; in secondo luogo a renderli pid immediatamente accessibili a noi (ad es. per il fatto’di 18 L, ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FULOSOFIA ANTICA introdurre una quantita di convenzioni moderne, fra cui la normalizza- zione della grafia', che agevolano I’intellezione e sono di grande aiuto, fra V’altro, allorché si tratta di rintracciare una data parola nei comuni vocabolari di greco e di latino). Abbiamo quindi a che fare con qualcosa che non é stato sempli- cemente riscritto, ricomposto, reimpaginato’, ristampato e magari tra- dotto, ma che si é anche tentato di depurare da una quantita di incro- ni € altri interventi sospetti, per cui, anche se alcune ‘sedimenta- dioni’ risultano non pid eliminabili, rimane che dietro alle edizioni cor- renti c’é una imponente e multiforme opera di filtratura. Solo che simili interventi tendono a passare inosservati, almeno agli occhi del lettore occasionale. Dopodiché I’interpretazione @ un’in- terpretazione guidata, anche troppo. Da qui il bisogno di sapere (e capire) qualcosa anche sul conto di simili interventi di limatura. (A) Per cominciare: la forma assunta dai diversi tipi di testo filo- sofico greco o latino é la risultante di percorsi anche molto differen- ziati che, a volte, arrivano a condizionare la stessa percezione della loro rilevanza, e cosi pure dal grado di diffusione di determinate infor- mMazioni. L'impressione di sistematicita dei trattati aristotelici, per esempio, & verosi- mile che debba moltissimo da un lato a un personaggio semi-sconosciuto (quel- “Chi pubblica un manoscritto del Qualtrocento senza la pretesa di dame un’edizione diplomatica (per il significato del termine si veda il Glossario che figura a fine volume). allor- ché incontra, poniamo, un «poi che» sari probabilmente tentato di adottare la dicitura «poi- ché», A maggior ragione eliminera gli eventuali refusi di stampa. Questa 2 appunto una forma minima di normalizzazione ortografica. Un esempio di normalizzazione ortografica dei papiri greci (divisione delle parole, introduzione di alcune maiuscole, degli accenti ¢ dello “spirito", della punteggiatura, degli “a capo” e simili) verra proposto nel capitolo 7. “Il «principale cambiamento della “messa in stampa™ verificatosi tra il Cinque e il Settecento» & stato «“il definitivo trionfo dei bianchi sui neri”, cio !"adozione di una pagina pid ariosa grazie al moltiplicarsi dei paragrafi, che spezzano la continuit® ininterrotta del (esto, € dei capoversi, che visualizzano immediatamente, con i rientri e gli a capo, l'ordine del di- scorso»: cos} R. CHARTIER in L’ordine dei libri (Milano, Il Saggiatore, 1994: trad. dall’ediz. Aix-en-Provence 1992). p. 25. PARTE | - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 19 l’Andronico di Rodi a cui si deve la definitiva configurazione del Corpus Aristo- telicum) dall’altro alle singolari modalita con cui l’Occidente ebbe Ja ventura di riappropriarsi di quel corpus. Viceversa il nostro modo di identificare, poniamo, la filosofia di Democrito @ fortemente condizionato da altri fattori estrinseci, che vanno anch’essi cono- sciuti: l’attenzione che Aristotele ha riservato all’atomismo (cosi da compensare la penuria di citazioni dirette sull’argomento), l’abbondanza delle citazioni d’ar- gomento etico e, per converso, la gran penuria di evidenze su cid che non con- cere questi due temi. Solo che si hanno indizi di rilievo intorno a una vastissi- ma (e decisamente eterogenea) gamma di altri temi che pure dovettero essere trattati da Democrito in appositi scritti. Di conseguenza, sarebbe doveroso non rimuovere del tutto queste altre tematiche, perché altrimenti si rischia di accredi- tare un’immagine letteralmente sfigurata del personaggio, come se Democrito si fosse occupato solo di atomismo e di etica’. C’é poi il caso del sofista Antifonte, un personaggio dietro al quale per gran parte del nostro secolo si é ritenuto che si nascondessero due diversi Antifonti, omonimi e contemporanei, mentre in questa fine di secolo la comunita scientifi- ca é largamente acceduta all’idea che probabilmente abbiamo a che fare con la medesima persona: solo che le enciclopedie e molte altre opere di consultazione non ne danno ancora atto. Un altro dettaglio sempre sul punto di sfuggire @ I’esistenza di due Plutarchi: accanto all’autore delle celebri Vite, nativo di Cheronea in Beozia, si deve infatti sapere che ci fu anche un secondo Plutarco, cultore non infimo di filosofia platonica, nato ad Atene e vissuto all’incirca tra il 350 e i] 430 d.C., solo che la sua esistenza viene tuttora ignorata in non poche enciclopedie e storie ‘brevi’ della filosofia. Eppure questo altro Plutarco é stato il fondatore di quella «Scuola di Atene»* la cui forzosa chiusura nel 529, dopo un secolo e mezzo di ‘I tema verra ripreso nella sez. 9.1. “Con questa denominazione (che, per una volta, si limita a dare una indicazione mera- mente ‘geografica’) viene indicata, gid nelle fonti antiche, la scuola filosofica fondata dal filo- sofo neoplatonico Plutarco di Atene nella sua citta intorno al 380 d.C., vale a dire in data molto prossima all’editto con cui Teodosio costitui il cristianesimo in religione ufficiale dell’impero romano. Date le circostanze, la scuola si trovd ben presto a costituire uno dei rarissimi centri in cui la filosofia *pagana’ riusciva a sopravvivere in un contesto di progressiva cristianizza- zione della cultura. Nel secolo e mezzo in cui & stata attiva, la scuola dovette, per cosi dire, specializzarsi nell’offerta di corsi su Platone € Aristotele, special mente sotto forma di com- menti ad alcune delle loro opere. 20 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA vita, viene solitamente eretta in data convenzionale della ‘fine’ della filosofia antica. Tra le cose da sapere, ma che rischiano di sfuggire fin troppo facilmente, andra del pari ricordato che si tende ormai a ritenere infondata la notizia secon- do cui Talete avrebbe saputo prevedere una eclisse (in genere si pensa a quella del 28 maggio del 585 a.C.), e si da il caso che un Luciano De Crescenzo, per csempio, abbia saputo trattare questa notizia fin troppo clamorosa persino meglio di quanto non facciano svariati manuali ed altre opere di consultazione*. Analogo ~ e tutto sommato pid grave - é poi il caso di quel che accade tante volte di leg- gere sul conto di Pitagora, un personaggio molto meno conosciuto di quanto comunemente si creda (per cui gli esperti vanno infinitamente pid cauti dei com- pilatori di manuali ed enciclopedie allorché provano a identificare le dottrine a lui attribuibili). Ancora, per il profilo complessivo della filosofia antica siamo non poco debitori a una nutrita serie di retrospettive d’epoca, da quella che compare all’i- nizio della Metafisica di Aristotele a quella che figura in Sesto Empirico, per non parlare delle Successioni, opere che per lo pid risalgono al II secolo a.C. ¢ che sono incentrate sui rapporti di filiazione intellettuale tra i vari filosofi (chi fu allievo di chi, e insieme con chi altri). Anche di queste ‘proto-storie’ - e delle cautcle con cui vanno prese — bisognerebbe pur sapere qualcosa, altrimenti ci si troverebbe a andare, per piil versi, fin troppo a tentoni o lasciandosi guidare da altri quando sarebbe possibile provare ad “andare a vedere” con i nostri stessi occhi. (B) Ci sono poi una quantita di problemi di dettaglio: opere di dubbia patemita, opere di cui, per qualche ragione. é stato modificato il titolo (il De Melisso Xenophane Gorgia che figura nel Corpus Ari- stotelicum, per esempio, ci é stato in realta tramandato col titolo De Zenone Xenophane Gorgia,e non & cosa da poco decidere se certe teo- Tie sono attribuibili all’uno o all’altro autore’), altre che con ogni pro- babilita non sono dovute all’autore a cui vengono attribuite e che non- dimeno regolarmente figurano tra le opere a lui tradizionalmente attri- > V, la sua Storia della filosofia greca. | presocratici (Milano, Rizzoli, 1983) a p. 35. In questo libro prende forma, peraltro, una carrellata non esattamente affidabile. * In questo caso, per la verita, @ relativamente facile accertare che i primi capitoli rifletto- no il pensiero di Melisso ¢ non di Zenone. Perd si da il caso che i capitoli su Senofane aturi- buiscano a costui delle teorie che assolutamente non pud aver sostenuto. PARTE I - ALCUNT PRELIMINART Filosofia_in_Ita 21 buite, accanto a scritti autentici (2 il caso, per esempio, delle opere di Platone, dove normale che vengano riportati anche dialoghi sicura- mente non dovuti alla sua ‘penna’). C’é poi il caso delle opere di Epit- teto, il cui famoso Manuale é dovuto, in realta, a un suo discepolo (Ar- tiano di Nicomedia), e della Rhetorica ad Alexandrum, che pure figu- ra nel Corpus Aristotelicum ma che certamente non é opera dello Sta- girita (si conviene di ascriverla ad Anassimene di Lampsaco). Ri- cordiamo inoltre che la Metafisica di Aristotele é una mera raccolta di scritti tra loro affini, fermo restando che non fu certamente Aristotele a disporli nell’ordine in cui noi li leggiamo e che questi non conobbe né conid il termine «metafisica». Un altro esempio significativo é i] seguente: il fatto che si citi il fr. 34 Wehrli di Dicearco senza dare altre spiegazioni persino in un testo di taglio inequivocabilmente divulgativo come la gia ricordata Storia della filosofia antica di Luciano De Crescenzo. Se uno volesse risalire al testo in questione, dove dovrebbe andare a cercare? E siamo sicuri almeno di questo, che si tratta di un frammento, cioé di una por- zione di opera effettivamente uscita dalle mani di Dicearco? Perché non é detto che sotto il nome di frammento non vada, talora, anche una mera allusione, ovvero una sintesi di seconda o terza mano dovuta a qualche altro autore antico. In questi ultimi decenni @ per l’appunto invalso I’uso di non distinguere pit tra citazioni dirette (i “frammen- ti”) e commenti, allusioni, esposizioni, notizie e notiziole di seconda mano (le “testimonianze”): avremo modo di vederne le ragioni. A mettere in difficolta spesso bastano, d’altronde, anche intralci pid modesti, come l’esistenza di un libro di questa stessa Metafisica, il secondo, che si chiama “alpha helatton”, “alfa piccolo”, dopodiché il terzo libro viene denominato “beta” (e non “gamma’’), il quarto “gam- ma” (e non “delta”) e cosi di seguito. Questi sono davvero dei piccoli “pubblici segreti”, e bisognerebbe conoscerli, solo che li si da troppo spesso per scontati mentre scontati non mi risulta che siano. Da qui l’e- sigenza (0 |’utilita) di informazioni su come si sono venuti costituen- do sia alcuni corpora di fondamentale importanza (dietro ai quali c’é, talvolta, una storia quanto mai intricata), sia alcune opere, sia determi- nate raccolte di frammenti. 22 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA, Nel caso poi dei frammenti, la loro numerazione suole presentare una quantita di problemi decisamente degni di nota. La numerazione standard di quelli eraclitei, per esempio, é fatta in base al mero ordine alfabetico dei nomi degli autori che riportano i singoli frammenti, quindi in base a un criterio assolutamente estrinseco. (C) La serie delle minuzie sul conto delle quali bisognerebbe poter avere delle informazioni non approssimative include anche le sigle solitamente usate nelle citazioni. Cosa significa, ad es., che una dichia- razione di Platone sia identificata da una cifra e una lettera dell’alfa- beto (poniamo: «438b»), mentre una dichiarazione di Sesto Empirico é individuata da specifiche del tipo «II 186» e una di Parmenide é indi- cata con la sigla «28 B 6» (0, a volte, «fr. B 6»)? e come mai una cita- zione dalla Metafisica di Aristotele invariabilmente incomincia con un numero prossimo a mille per poi proseguire con una lettera (a o b) e un altro numero solitamente inferiore a 40? E poi, quando si cita da Aristotele, il nome dell’autore andrebbe abbreviato in «Aristot.», «Arist.» o «Ar»? e la Repubblica di Platone si dovrebbe citare con quale delle seguenti abbreviazioni: «Repubbl.», «Resp», «De rep.»’, «Pol», «R»»? E ancora: cosa si intende far sape- re quando un certo testo viene indicato come opera di «[Arist.]» 0 «{Plut.]», con il nome dell’autore tra parentesi quadre? Spesso si trata, beninteso, di autentiche uova di Colombo, nozio- ni di cui ci si pud appropriare anche molto facilmente; solo che non le si pud dare per conosciute finché non se ne parla almeno una volta ex professo. Ma ci sono poi, tanto per richiamare un’altra famiglia di conven- zioni, i molti accorgimenti minimi a cui sogliono ricorrere gli editori allo scopo di suggerire, caso per caso, tipi diversi di cautela esegetica, ad es. l’introduzione di parole chiuse tra due parentesi angolate. Fac- ciamo almeno un esempio. Nelle nostre normali traduzioni pud acca- * Alla latina. Nei rari casi in cui ci si risolve, invece, a scrivere «Pol.» (dal greco Politeia) si ha poi cura di scrivere «Polit.» per indicare il Politico ed evitare possibili confusioni. PARTE | - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 23 dere di trovare il v. 5 del fr. 9 di Empedocle stampato in questa manie- ra: «le quali cose é giusto chiamarle [cos?], ma anche io parlo secondo il costume». II é una classica integrazione ragionevo- le, e il traduttore ce lo fa sapere avvalendosi di una specifica conven- zione. A sua volta il [cost] & stampato in corsivo e tra parentesi quadre per farci capire che si tratta di una parola a cui non corrisponde, nel testo greco, nessun olTws [houtos]: si tratta, pil semplicemente, di una espansione della frase che é richiesta dagli usi linguistici dell’ italiano. Infatti una traduzione letterale che fosse priva di tale integrazione rischierebbe di alterare il senso. E tuttavia corretto far presente che il «cosi» non é altro che un’aggiunta del traduttore. (D) Ci sono infine gli strumenti bibliografici, i repertori, le edi- zioni. Da questo punto di vista si pud ben dire che chi si accosta allo studio della filosofia antica ha bisogno anche di una piccola guida alle biblioteche, per imparare a ‘muoversi’ con qualche destrezza in simili ‘musei’ che, non di rado, sanno essere molto tecnici. E probabilmente qualcuno vorrebbe anche sapere se si deve dire Eraclito o Eraclito, Peripato o Peripato, Epitteto o Epittéto, Ipp6damo o Ippodamo, Ippocrate o Ippocrate, Eutffrone o Eutifréne — e che cosa precisamente ci sia dietro a simili oscillazioni dell’accento. Infine c’é l’informatica, che sta notoriamente assumendo un ruo- lo importante perfino in questo campo. In cosa consiste il suo apporto? cosa c’é di informatizzato? a cosa pud servire quel che nel frattempo é diventato un file o un ipertesto? A fronte di una cosi vasta gamma di domande virtuali si registra, dicevo, una sorprendente penuria di testi in cui compaia una offerta anche minima di informazioni su questi ed altri quesiti latenti. A chi si accosta allo studio della filosofia antica per la prima volta o in modo occasionale, ben difficilmente accade di incappare in una sola pagina nella quale queste cose vengano spiegate. Non lo si fa né in scritti divulgativi né in scritti di qualche maggiore impegno. Sempre si danno 24 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA, per note 0 scontate moltissime cose che tali non si possono davvero dire. Eppure di filosofia antica non si occupano solo i grecisti e i la- tinisti, per i quali é normale sapersi gia orientare con una certa sciol- tezza sulle “premesse filologiche”, ma anche dei cultori di studi fi- losofici prevedibilmente meno ‘attrezzati’ sul fronte della filologia greca e latina, e non poche altre categorie di lettori. Il motivo per cui simili informazioni non sono d’uso corrente € persino banale: le informazioni da dare sono troppe, e non @ pensabile di condensarle in una o due paginette, per cui é normale che non se ne faccia addirittura nulla. Solo che su questo fronte si é, diciamo pure, esagerato. Infatti, se uno si mettesse a cercare dei libri espressamente dedicati a soddisfare le curiosita indicate, avrebbe la sorpresa di trovare un solo testo, usci- to nel 1980: i Problemi di filologia filosofica di Mario Untersteiner. E si tratta di un libro che, per molti aspetti, deve gia dirsi specialistico, un libro che pud scoraggiare chi gia non si intenda un po’ di queste cose, Esiste dunque una sorta di terra di nessuno costituita da cid che i libri non si prendono la briga di spiegare, e su cui gli stessi professori, nelle universita, raramente trovano il tempo di riferire con |’analiticita e la sistematicita che sarebbero necessarie. Questa Introduzione si propone appunto di colmare un simile vuoto rispondendo a non pochi dei quesiti latenti o virtuali di chi non sia un autentico addetto ai lavori, di offrire cioé un primo ‘pacchetto’ di risposte ragionate con cui incominciare, se non altro, ad arare il ter- Teno. Ho anche ritenuto di dare uno speciale risalto al modo in cui si sono venute configurando le fonti antiche perché, al confronto, molte altre questioni possono ben dirsi ulteriori o non cosi necessarie. Le liste delle abbreviazioni, per esempio, sono gia reperibili da molte parti. Quel che manca é piuttosto un’offerta di spiegazioni un po’ ra- gionate su cid che esattamente si nasconde dietro a singole abbrevia- zioni e citazioni *in codice’, quindi sui criteri che presiedono a molte convenzioni, anche ben stabilite. Analogamente un prospetto cronolo- PARTE I - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 25 gico, una tabella relativa alla datazione in base alle Olimpiadi e una scheda su quanti oboli fanno una dracma, quante dracme fanno una mi- na e quante mine fanno un talento sono cose relativamente facili da tro- vare, mentre gia pil difficile capire come si arrivi a fissare delle date e quanto affidabili siano quelle approssimative, ovvero perché le date relative al V-IV secolo a.C. sono quasi sempre costituite da due anni (es. il 424-23 a.C.) anziché da uno solo. Pid che dei dati, si sente insomma la mancanza di un certo nume- ro di nozioni specifiche e concetti con cui impostare la decodifica di questo patrimonio da una molteplicita di angolazioni differenti. Anche sul fronte dei dati di carattere bibliografico sembra che non ci sia bisogno di insistere particolarmente, perché c’é una relativa abbondanza di repertori, molti dei quali accompagnati da brevi abstracts 0 altre forme di segnalazione relative al contenuto e alla rile- vanza di singoli lavori. Di conseguenza mi limiterd, in questo ambito, a fornire delle indicazioni sul conto di tali repertori senza proporne a mia volta uno, tanto pil che c’é una grande offerta di sempre nuovi strumenti bibliografici, anche informatizzati, mentre incomparabil- mente pill scarsa é I’offerta di chiarimenti sui temi che verranno affron- tati in questa Introduzione. A maggior ragione mi guarderd dal proporre un ‘riassunto’ della filosofia greca e latina (@ quanto offre, per esempio, un’altra Intro- duzione alla filosofia antica: quella di A. H. Armstrong, che é uscita a Bologna nel 1983 presso il Mulino), ovvero uno schema cronologico, perché ancora una volta questo @ quel che pid facilmente si viene a sapere, salvo poi a navigare nel buio relativamente al grado di affida- bilita dei singoli dati o al giro di pensieri che si cela dietro a una certa scelta di carattere terminologico. Pertanto cercherd di rispondere, sem- mai, alla domanda di criteri con cui decodificare una serie di indicato- rie accedere a precise fonti d’informazione sul conto di altri. Mi sono insomma proposto di fornire soprattutto una serie di nozioni-cornice, cio’ idee su come inquadrare determinate problema- tiche e come appropriarsi di alcune ‘regole del gioco’, in modo che il lettore non si ritrovi pid confinato alla periferia di una disciplina di apprezzabile complessita. 26 1. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA Il resto andra cercato altrove, e in effetti una quantita di altri stru- menti di consultazione vengono logicamente dopo. Pertanto il giro dorizzonte qui proposto si concludera con una rapida panoramica su dove andare a cercare dell’ altro. PARTE | - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 27 2. COSA INTENDIAMO PER “FILOSOFIA ANTICA” E COSA QUELLA FILOSOFIA PUO SIGNIFICARE PER NOI OGGI Di per sé la nozione di «filosofia antica» non dovrebbe riguarda- re la sola filosofia greca e romana (dalle origini fino all’esaurirsi della tradizione pagana e al contestuale formarsi di una tradizione cristiana). Altrettanto o pid antiche sono infatti anche altre tradizioni filosofiche, come quella cinese o indiana, per non parlare dei nuclei filosofici che affiorano dal Vecchio Testamento. Accade talora che nei trattati (e nei corsi) di storia della filosofia si provi a introdurre qualche sostanzioso ‘affondo’ sulle filosofie an- tiche, dall’Egitto fino all’Estremo Oriente. Tuttavia l’impresa di asso- ciare allo studio della filosofia greca (e romana) lo studio delle cosid- dette filosofie orientali, pur essendo pid che desiderabile, ha qualcosa di invincibilmente velleitario per la difficolta di acquisire un’adeguata specializzazione in ambiti cosi strutturalmente lontani I’uno dall’altro. Per fare qualcosa del genere non si richiederebbe, infatti, unica- mente di riuscire a superare il filtro — invero proibitivo — delle lingue. C’é poi la difficolta di orientarsi sulle fonti, di imparare a leggerle, per cosi dire, in controluce (perché anche in questi casi incombe quasi sempre I’esigenza di ‘fare la tara’ al dichiarato, e da pid! punti di vista), di penetrare il vasto mare costituito dagli impliciti, dai presupposti, dal salto di mentalita che si registra nel passaggio da una cultura all’altra, € cosi pure di tener d’occhio la letteratura specialistica e i non pochi inediti che sogliono affiorare con apprezzabile frequenza tanto sul fronte medio-orientale quanto sul fronte indiano e cinese. Lesperienza ha insomma dimostrato che riuscire a dominare degli ‘universi’ cosi profondamente diversificati (e che si sono cosi larga- mente ignorati l’un l’altro) é poco meno che umanamente impossibile: al massimo se ne dominano due (ed é gia un’eccezione), ma mai con 28 L. ROSSETTI - INTRODUZIONF. ALLA FILOSOFIA ANTICA pari professionalita. Per lo specialista di filosofia greca & quindi diffi- cile specializzarsi anche in filosofia cinese, ebraica, egizia (perché c’é anche una filosofia neppure tanto virtuale della Bibbia cosi come c’é una filosofia virtuale di Omero e una filosofia virtuale dell’Egitto dei faraoni) e viceversa. La difficolt4 non & minore di quella con cui si misurerebbe il diabetologo che volesse mettersi in condizione di fun- gere in pari tempo anche da esperto in trapianti del midollo osseo e in “gestione’ dei neonati prematuri. Un limite come questo rappresenta certamente un gran peccato, € non solo per generiche aspirazioni a dilatare le conoscenze individua- li. Infatti chi si occupa di una qualunque di queste filosofie, se non é in grado di impostare almeno qualche articolata comparazione, allorché arriva il momento di pronunciarsi su cid che fa la specificita del ‘ta- glio’ di una certa tradizione filosofica (ad es. quella greca) e quindi su una quantita di scelte, impostazioni e presupposti caratterizzanti, non pud non andare a tentoni, e un simile handicap pesa anche su una vasta maggioranza di specialisti. Del resto, quando ci si propone di identifi- care le forme di precomprensione peculiari, non saprei dire se l’esigen- za di comparare sia pili forte nel caso di ‘mondi’ che sapevano pur sempre qualcosa I’uno dell’altro o nel caso di ‘mondi’ reciprocamente estranei. Una simile esigenza si fa particolarmente acuta quando ci si misu- ra con la filosofia presocratica, dato che quella tradizione scientifico- filosofica ha impercettibilmente fissato non semplicemente alcuni trat- ti costitutivi della tradizione filosofica occidentale, ma addirittura alcu- ni clementi caratterizzanti del nostro stesso essere e sentirci, come si suol dire, “occidentali”, tratti di cui é veramente arduo rendere conto a dovere finché si prescinde dal confronto con I’orientamento che si so- no date altre culture, e prima di tutto certe culture approssimativa- mente coeve. La limitazione di campo indicata costituisce dunque una scelta non proprio desiderabile e tuttavia pressoché obbligata, perché incide sulla stessa professionalita di chi si misura con questo particolare gene- re di studi. PARTE [ - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 29 Per una visione sinottica e non ellenocentrica della storia della filosofia (non solo antica) varra la pena di consultare un bel volume pubblicato a Leida nel 1969 dall‘editore Brill: Sarva-Darsana-Sangraha: A Bibliographical Guide to the Global History of Philosophy, a cura di C.J. PLort e P. D. Mays. Se i dati bibliografici debbono dirsi non sempre rappresentativi (oltre che ‘invecchiati), il tipo di colpo d’occhio che ne scaturisce ha invece, a mio avviso, qualcosa di insostituibile. ek Ma in che senso noi siamo “greci” da molti e significativi punti di vista? Capiamo !’importanza di una simile domanda se prestiamo atten- zione a questa circostanza: che l’identita culturale dei singoli e delle collettivita é fatta, per gran parte, di connotati che vengono assorbiti senza aver idea della loro natura o origine, per il solo fatto che li si “respira”. Si suol dire, e giustamente, che questi connotati sono fatti, in larga misura, di scorciatoie e semplificazioni, di automatismi per effetto dei quali tendiamo a ragionare in un certo modo (dopodiché ci scopriamo non solo ‘occidentali’ ma anche italiani, romagnoli, ravennati e cosi di seguito, e notiamo delle differenze anche vistose di forma mentis). La forma mentis & appunto una configurazione che viene normalmente assorbita, recepita, interiorizzata senza rendersene conto. Da qui un comprensibile desiderio di ricercare le proprie radici, un bisogno di sapere chi siamo e perché “siamo fatti” cosi. Orbene, sembra che gre- che siano, per l’appunto, molte essenziali coordinate di quella cultura occidentale che, a quanto pare, ha ormai vinto la competizione e si & imposta a livello planetario come cultura di riferimento. Se questo & vero, & troppo poco dire con Alfred N. Whitehead che tutta la filosofia occidentale altro non é se non una serie di «footnotes to Plato», o che a ben vedere i filosofi continuano a dividersi anche ora, sotto sotto, in platonici e aristotelici. B troppo poco persino dire — € questo terzo enunciato & molto pid affidabile degli altri due — che la formazione intellettuale della stragrande maggioranza dei filosofi espressi dall’Occidente si @ basata sui filosofi antichi anche quando si sono fatti un punto d’onore nel criticarli e nel prendere le distanze dalle 30 1. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA, loro impostazioni, ovvero considerare che molte delle questioni fonda- mentali (e delle relative linee di risposta) che tuttora vengono dibattu- te dai filosofi di formazione occidentale hanno puntualmente preso forma in Grecia (o a Roma). Basta infatti una breve riflessione per constatare che noi occiden- tali siamo stati — e siamo — ‘greci’ da molti punti di vista, anche qua- lificanti, e che le grandi linee del nostro modo medio di pensare, di rap- presentare noi stessi e persino di concepire e organizzare la nostra vita associata somigliano in misura impressionante a quelli che vennero elaborati in Grecia perfino prima di Platone. In proposito mi limiterd a ricordare che i greci - in particolare i greci della Ionia e poi dell’ Attica, specialmente nei secoli VII-V a.C. - ebbero la ventura di “scommettere” alla grande: * sulla ragione, sulle forme geometriche (degli edifici monumentali cosi come della scrittura stoichedon' di molte incisioni, per non parlare del modo in cui si pervenne ben presto a rappresentarsi la posizione delle stelle e il moto dei pianeti), sulle technai (basti pensare agli altissimi livelli raggiunti nelle arti figurative), sulla scienza (non dimentichiamo che l’idea di un sapere pubblico, collettivo e ad accumulazione progressiva, con tanto di specialisti e specializzazioni, nonché di prestigio della scienza, qualcosa di ben stabilito gia sul finire del V secolo a.C.,e stabilito una volta per tutte, stabilito ‘per conto’ dell’umanita a venire!), | pluralismo, anche ideologico (si pensi alla stagione della Sofi- ica e alla sostanziale assenza di forme di controllo ideologico sulle credenze da parte del potere politico greco), sulle istituzioni civili (ricorderemo alcuni elementi della vita pubbli- ca ateniese del V e IV secolo: turnover annuale in moltissime cariche . * Cio’ con dei caratteri cosi ben allineati da ottenere una disposizione a scacchiera. V. la tavola fuori testo n. 1. ° Il termine viene solitamente tradotto con “arti”, ma sarebbe meglio parlare di “profes- sioni” e “professionalita” (in questo caso sarebbe perd ancor pid appropriato parlare di “com- petenze specialistiche”, anzi, di “nozione di competenza specialistica”). PARTE I - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 31 pubbliche, vasto ricorso ai tribunali popolari, con connesso ricorso a impeccabili espedienti per assicurare che l’assegnazione dei dikastai ai singoli collegi giudicanti" fosse rigorosamente casuale, per tutela- re la segretezza del voto che essi andavano ad emettere"' e la stessa parita di condizioni tra accusa e difesa, almeno quanto ai tempi ac- cordati per argomentare la loro posizione), * sulla relativa emarginazione del mondo divino (gli dei non impen- sieriscono pid di tanto, di essi si pud persino sorridere; l’incidenza delle prescrizioni religiose sulla vita quotidiana pud ben dirsi relati- vamente bassa). Si tratta di una ‘scommessa’ che trova paragoni adeguati solo nell’Oc- cidente e nell’eta modema. II tutto venne del resto raccordato, e per tempo, in una strutturata intuizione (0 visione) del mondo e del posto dell’uomo nel mondo, peraltro suscettibile di far posto a una quantita di ulteriori specifiche e diversificazioni. Sotto questo profilo, una serie di scelte che possono ben dirsi costitutive della nostra stessa civilta le hanno dunque fatte i greci e le hanno fatte anche per noi, dopodiché noi le abbiamo ritrovate in noi stessi a uno stato latente, le abbiamo ritirate fuori e le abbiamo ulterior- mente modulate, ma solo parzialmente, senza veramente snaturarle e solo di rado facendolo con un accettabile livello di consapevolezza. ” Nel corso del IV secolo a.C, la crescente domanda di correttezza in questo campo diede luogo alla realizzazione di un apposito ¢ genialissimo congegno in pietra, denominato klero- terion (“selezionatore”, “strumento che permette di scegliere in modo casuale”) , di cui si & fortunosamente salvato un esemplare (v. tav. ft. n. 2) € che Aristotele descrive con qualche cura nel cap. 64 della Costituzione degli Ateniesi. In questo caso ad essere significativo non & il solo fatto che si sia saputa pensare e realizzare una ‘machina’ di prim'ordine, ma prima ancora che sia potuta maturare Iesigenza di affidare I'assegnazione dei dicasti (i giudici popo- lari) a una macchina. "Atal fine vennero notoriamente prodotte le psephoi in bronzo (alla lettera “sassolini”, perché in una prima fase si usarono appunto delle pietruzze o, in altemativa, delle fave), di cui pure 2 preservato qualche esemplare (v. tav. ft. n. 3). Ogni dicasta riceveva un cilindretto pieno e uno vuoto, dopodiché li depositava entrambi in apposite une tenendoli tra I'indice e il pollice. Tanto bastava perché le parti non potessero sapere se il singolo dicasta stava pro- nunciandosi a favore o contro I’imputato. Quanto poi alla par condicio, basti ricordare che la clessidra (v. tav. f..n. 4) veniva utilizzata per accordare ad accusatore e imputato il medesi- ‘mo ‘spazio’ nell'argomentare le rispettive tesi. 32 L, ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA, La circostanza é tanto piil rilevante quando si consideri che, men- tre il nostro tempo ci permette di addurre, a conferma della ‘bonta’ di certe scelte strategiche di cui in ultima istanza siamo debitori ai greci del VII-V secolo a.C., un argomento di cosi grande peso quale l’avve- nuto trionfo planetario del modello ‘occidentale’ di organizzazione della vita (basti pensare al posto che noi accordiamo al sapere e alle competenze specialistiche), i greci dell’epoca si trovarono a ‘scom- mettere’ su un assetto che allora trovava, nel resto del mondo a loro noto, non dei precedenti o delle conferme, ma semmai una quantita di esempi alternativi: quasi delle controindicazioni. Solo che non basta dir questo e, come é noto, bisogna stare pi che attenti a non cadere in semplificazioni riduttive che sono sempre temi- bili. Irrinunciabile deve dirsi, ad esempio, !’esigenza di prestare la dovuta attenzione anche a quelle linee divergenti di configurazione di ideali, valori ed altre priorita che la stessa Grecia arcaica e classica non manca di documentare, magari soltanto a titolo di filoni dissonanti o minoritari: basti pensare al tipo di visione del mondo che ci documen- ta il Fedone platonico, e non é certo il solo filone ‘minoritario’ che semplicemente non possiamo non prendere in considerazione quando proviamo a dire a noi stessi in che senso e fino a che punto — ovvero da quali punti di vista — abbiamo motivo di considerarci pur sempre un po’ ‘greci’. Dopodiché il discorso si complica di nuovo, e non poco. Non é questa perd la sede per svolgere a dovere i temi ora accen- nati. In questo contesto é sufficiente additare, nella possibilita di risa- lire all’origine della nostra identita culturale di occidentali (e di consi- derarla quindi in positivo cosi come, ove occorra, in negativo), una persistente ragione di interesse per la disciplina di cui qui ci occupia- mo. In effetti la prospettiva di risalire all’origine di schemi che sono nostri solo in via derivata e di riflesso - schemi che comunque ripro- duciamo e moduliamo, perché nel frattempo sono diventati un autenti- co imprinting, profondamente interiorizzato — e di poterli ritrovare “allo stato nascente” non é solo affascinante. E qualcosa di pit. A non interrogarsi su simili questioni, ci comporteremmo infatti da meri epi- goni che non sanno perché dicono quello che dicono e, peggio ancora, perché sono quello che sono. Dopotutto gli stessi concetti di «oriente», PARTE | - ALCUN] PRELIMINAR! Filosofia_in_Ita 33 di «barbarie» e di «democrazia» (nonché, ovviamente, moltissimi altri) sono dei concetti eminentemente greci, variamente — e talora pesante- mente — rimodulati nel corso dei secoli, per cui non sarebbe male farsi un’ idea piuttosto precisa del senso ‘nativo’ di simili termini. Da qui il bisogno — che non sapremo mai soddisfare una volta per tutte — di andare a vedere da vicino, di misurarci direttamente con gli archetipi (greci e non, perché non siamo solo “greci”, ma anche “roma- ni”, “cristiani”, un po’ “bizantini”, “medievali’”, “rinascimentali” ecc.) della nostra stessa identita culturale. Da qui anche lo stimolo a interes- sarsene nel modo meno amatoriale possibile, perché non ci si pud vera- mente orientare sulle ‘imitazioni’ e sulle riprese successive senza orientarsi prima di tutto sui prototipi. Stiamo infatti parlando di sedimentazioni che interessano la stes- sa identita collettiva, quindi di ‘automatismi’ (i filosofi direbbero: forme di precomprensione) che sono difficilissimi da oggettivare: — perché hanno dispiegato i loro effetti indipendentemente dal fatto di prenderne coscienza, — perché & normale prenderne coscienza in modi parziali e maga- Ti perfino tendenziosi, introducendo ulteriori semplificazioni 0 inutili complicazioni e, quel che pit conta, utilizzando degli strumenti anali- tici che, a loro volta, non possono non risentire di tali sedimentazioni. Non sara male aggiungere che l’apporto della filosofia a questa costruzione di una non troppo vaga identita culturale é notevole perché sono stati soprattutto i filosofi a esplicitare, argomentare e quindi oggettivare certe idee-guida, conferendo loro consistenza e facendo di simili tematiche l’oggetto dichiarato di scritti ed altre forme di comu- nicazione — quindi anche di una riflessione a pid voci che non ha man- cato di sedimentarsi in vario modo, dopodiché anche noi non abbiamo eccessiva difficolta a parlame. * oe Ox Resterebbero da approfondire ancora molte cose: questi antichi intellettuali ebbero almeno coscienza di essere filosofi? 0 meglio: come arrivarono a considerarsi “filosofi” e quando ci arrivarono? chi 34 L. ROSSFTTS - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA ci arrivé tra i primi? In seguito, poi, cosa significd nell’ antichita greca e romana coltivare la filosofia e sentirsi filosofi? Tentare di dare una risposta a simili interrogativi condurrebbe, come ben s’immagina, davvero troppo lontano. Meglio segnalare qualche libro, e precisamente: - il volume Qu’est-ce que la philosophie ancienne? di Pierre HaDOT, usci- to a Parigi nel 1995 per le edizioni Gallimard, che sottolinea l’unitarieta della ricerca filosofica greca, — Ancient Concepts of Philosophy, di W. Jorvan (Londra e New York, Routledge, 1990), che tra I’altro introduce a una serie di studi recenti, anche se solo di area anglosassone, —e l'eccellente (anzi, il pressoché insostituibile) Problemi fondamentali della filosofia antica di Olof Gicon, un libro uscito a Berna nel 1959 e, in tra- duzione italiana, a Napoli (presso l’editore Guida) nel 1983. Non senza accennare, con l’occasione, alle prime — e talvolta un po’ curiose — attestazioni del termine «filosofia», che sono queste: * la pid antica compare nel fr. 35 di Eraclito: «sono tante le cose che I‘uomo philosophos (cio amante della sapienza) ha bisogno di venire a sapere». Si & talvolta dubitato che Eraclito potesse gia usare un termine cosi caratterizzato, ma su fragili basi. Ai tempi di Eraclito il passaggio da philein ten sophian (“amare a sapienza”) e philos tes sophias einai (“essere amanti della sapienza”) a philosophos era dun- que gia avvenuto, tanto pid che altre fonti (tarde) ci assicurano che Pitagora — di poco pit anziano di Eraclito — fu il primo a considerarsi e chiamarsi filosofo; ¢ in Erodoto (I 30.2) troviamo il re Creso il quale, rivolto a Solone, dichiara che questi, philosopheon (filosofeggiando, con attitudine filo- sofica) si recd in molti paesi theories heneken, per vedere, per venire a sapere, cioé con interessi eminentemente conoscitivi. L’episodio & irreale, perché Solone mori non pochi anni prima che Creso divenisse re di Lidia (territorio interno dell’ Asia Minore a ridosso delle pitt pro- spere citta greche della costa). Pertanto il termine, in quanto sia riferi- to a Solone, é probabilmente anacronistico, ma in quanto usato da Creso non é del tutto fuor di luogo perché questi fu, quanto meno, in rapporti diretti con Talete. Da qui la domanda: gia nell’ambiente di PARTE | - ALCUNI PRELIMINARI Filosofia_in_Ita 35 Talete si parlava del philosophein? Erodoto, a sua volta, ne scrive ver- so il 450-440 a.C., epoca in cui il termine sara stato sicuramente gia in uso (altrimenti non gli sarebbe venuto in mente). Ma con quale acce- zione — 0 con quali accezioni — sara stato usato ai suoi tempi? ¢ di limitato aiuto é un passo di Tucidide. Questi, nel cosiddetto epitafio di Pericle (II 40.1), scrive: «In effetti (noi ateniesi) philoka- Joumen, amiamo il bello, ma senza esagerare, e philosophoumen, ma senza scadere nella mollezza». Secondo Tucidide, dunque, Pericle usava gia il termine, o almeno I’avrebbe usato rivolgendosi al pubbli- co in un contesto solenne e grave. Se ne inferisce che, anche ad avvi- so di Tucidide, intorno al 431 il termine era gia sufficientemente noto per poter essere usato senza rischiare di non farsi capire. E se l’espres- sione «filosofiamo» poté essere prescelta per dare I’idea di un modo di vivere di cui gli ateniesi (o almeno una non esigua élite) andavano fieri, quindi in un senso necessariamente poco caratterizzato, tanto da poter evocare una vasta gamma di comportamenti, allora vuol dire che i] termine era gia usato piuttosto largamente, e non solo per indicare una particolare branca del sapere; + il termine riaffiora in Gorgia, Encomio di Elena, § 13. In questo caso il contesto é gia pili ampio e caratterizzato. Elena argomenta che Ja persuasione combinata con il logos (in questo caso logos dovrebbe significare semplicemente «parola») @ cosi potente che bisogna farsi una competenza in almeno tre ambiti: in primo luogo «i logoi dei meteorologi» (le teorie accreditate dagli esperti in fenomeni naturali ¢ particolarmente in fenomeni astronomici, quindi gli intellettuali della Tonia e chi ha ulteriormente sviluppato quel loro tipo di sapere), in secondo luogo quelle «competizioni costrin- genti in virtd dei ogoi» (cioé le battaglie oratorie nei tribunali e nelle pubbliche assemblee), e in terzo luogo «le dispute dei discorsi dei filo- sofi», in altri termini il flusso di teorie filosofiche cosi spesso in spet- tacolare contrasto fra loro. Gorgia manifestamente allude a dei filoso- fi professionali che all’epoca gia competevano nell’accreditare delle teorie irriducibilmente diverse, tali quindi che non si potesse accoglie- re l'una senza rigettare le altre. Vorremmo sapere quando egli ha scrit- to l’Encomio di Elena (probabilmente qualche anno dopo il 427 a.C.); 36 1, ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA in ogni caso |’allusione a delle dispute che coinvolgevano non pochi cultori di un tipo di sapere gia comunemente denominato «filosofia» & inequivocabile, e si ritiene che tali dispute riguardassero, all’epoca, soprattutto le teorie di Parmenide, che in effetti furono difese a spada tratta da Zenone e da Melisso, vennero profondamente ripensate da Empedocle, Anassagora e Democrito, attirarono una non superficiale attenzione da parte di svariati altri intellettuali e furono sottoposte a una pungente parodia ad opera dello stesso Gorgia nel trattato Su cid che non c’e (0 Sul non-essere), « del termine si trova traccia, infine, in Ippocrate, il cui trattato De vetere medicina é stato pubblicato, come minimo, dopo il 450 e prima (probabilmente diversi decenni prima) del 390 a.C. Leggiamo, all’ ini- zio del capitolo 20, che “medici e sofisti sostengono che non ci si pud intendere di medicina se non si conosce che cosa é I’uomo” e che «il loro logos (ragionamento) va verso la filosofia (es philosophian, indi- rizza cioé alla filosofia), come nel caso di Empedocle e altri che hanno scritto dei trattati sulla natura’ cos’é l’uomo all’origine, come si é generato e di che cosa é fatto». Questo é un inequivocabile riferimento al tipico trattato di filosofia, comunemente intitolato (come amo noi) Peri physeos (“Sulla natura”), e ad alcuni dei temi ricor- simili scritti,e non si ha certo l’impressione che |’autore inno- vi alcunché nel trattare quei libri come filosofici. Se ne deduce che all’epoca si era gia configurata la categoria dei filosofi e che le tratta- zioni di taglio naturalistico venivano percepite come filosofiche nono- stante la specificita di certe particolari tematiche. E a questo punto secondario che, secondo una fonte tarda, Zenone di Elea abbia o non abbia scritto, fra l’altro, un libro intitolato Contro i filosofi (Pros tous philosophous). Ai tempi di Zenone (I’eta di Pericle) il termine doveva essere gia ben accreditato, e in una accezione pros- sima a quella con cui lo si usa tuttora. Inoltre @ verosimile che circo- lasse, almeno in una ristretta élite, addirittura prima delle guerre per- siane. Il testo adotta la dicitura peri phusios: formulazione arcaica che nel greco *normalizza- to" diventa peri phuseos (sulla normalizzazione ortografica v. il Glossario). Filosofia_in_Ita ParTE Il TESTI PUBBLICATI NELL’ ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A NOI PARTE II - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néilosofia_in_Ita 39 3. MOLTI TIPI DI FONTI Tornando ora alle fonti antiche — i tanti scritti e frammenti di scrit- ti che sono giunti fino a noi - proviamo prima di tutto a farci un’idea della varieta delle forme assunte da simili unita testuali. Cid che va sotto il nome di «filosofia greca» si articola, invero, in una impressionante varieta di apporti (quindi in molti tipi di scritti) che si collocano lungo 1’arco di un intero millennio: dai decenni immedia- tamente anteriori alle guerre persiane fino all’epoca dell’imperatore Giustiniano, da prima dell’anno 500 a.C. fin oltre l’anno 500 d.C. In un numero limitato di casi abbiamo accesso diretto ai testi, nel senso che ci sono state tramandate delle raccolte ampie o addirittura complete degli scritti di un determinato filosofo. Molto pit spesso di- sponiamo di una documentazione incompleta e di seconda mano, fatta di alcune opere soltanto, oppure di «frammenti» e di «testimonianze» pid! o meno lacunose (quindi disorganiche addirittura per definizione). Tra gli autori ‘fortunati’ (alcuni grandi, altri di pil modesto spes- sore) figurano Platone, Aristotele, Sesto Empirico, Plotino e il suo al- lievo Porfirio, Proclo e Simplicio nonché, tra i romani, Lucrezio. Lo stesso accade nel caso di alcuni intellettuali che, pur essendosi occu- pati anche di filosofia, hanno investito di pid in altri ambiti, come Antifonte, Ippocrate, Isocrate, Senofonte, poi Cicerone, Filone di Ales- sandria, Plutarco di Cheronea, Seneca, Marco Aurelio, Galeno, Tolo- meo, Clemente Alessandrino, Origene. Dj altri filosofi possediamo per intero almeno alcune opere - é il caso di Gorgia, di Epicuro, di Teofrasto, di Alessandro di Afrodisia e di altri commentatori di Aristotele, dello stesso Diogene di Enoanda (nel suo caso possiamo infatti contare su una monumentale iscrizione in pietra) - o almeno una serie gia piuttosto rappresentativa di testi pur sempre frammentari, come nel caso di Senofane, Eraclito, Parmenide, 40 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA Empedocle, Melisso. In altri casi la situazione é pressoché disperante: basti pensare a Protagora, sul conto del quale abbiamo, tolte le infor- mazioni di seconda mano, solo uno sparutissimo gruppo di citazioni (oltretutto brevi), ovvero a Pitagora, sul conto del quale abbiamo uni- camente delle informazioni molto, troppo filtrate. Un’ampia informativa su questo tipo di scritti verra offerta nei capitoli 9 e 10. Accanto a dei testi filosofici in senso stretto ci sono poi (e la cosa pud sorprendere) delle opere che possiamo gia considerare ‘di secon- do livello’, cio dei testi anche molto antichi che non si limitano a rac- cogliere informazioni sul conto di pit filosofi, ma hanno addirittura la pretesa di delineare qualcosa come una storia della filosofia antica: quanto meno una storia settoriale, incentrata sulle teorie relative a un particolare tipo di problemi. Tali sono, per esempio, l’esordio della Merafisica di Aristotele, lo scritto di Teofrasto sulle sensazioni, l’ex- cursus contenuto nel primo libro del De natura deorum di Cicerone (ai paragrafi 23-45) e il ben pid prezioso excursus che dobbiamo a Sesto Empirico. Ne parleremo diffusamente nel capitolo 11. Tra le pubblicazioni ‘di secondo livello’ vanno inoltre classificati i molti scritti che sono stati pensati come dei veri e propri commenti a testi filosofici che nel frattempo erano gia assurti al rango di classici. Tali sono, in particolare, i molti commenti alle opere di Aristotele, ma ci & pervenuto anche qualche commento alle opere di Platone (e, d’al- tra parte, il De rerum natura di Lucrezio é una sorta di vasto ripensa- mento degli scritti di Epicuro). Di tali opere ci disinteresseremo o quasi, in questa sede, perché si tratta, per lo pit, di testi particolar- mente difficili e, d’altra parte, utili solo per chi abbia gia una approfon- dita conoscenza di molti essenziali passaggi della filosofia antica. E non é tutto, perché constatiamo, non senza sorpresa, che si approntarono anche alcune opere filosofiche ‘di terzo livello”, cioé dei veri e propri strumenti di consultazione. Se ne conoscono due tipi: — dizionari, ambito in cui spiccano da un lato il V libro della PARTE I - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Wolosofia_in_Ita 4] Metafisica di Aristotele (la presentazione di trenta termini tecnici della “filosofia prima” cosi come lo stesso Aristotele era venuto configuran- dola, dove gia minimo é lo spazio riservato agli usi linguistici della tra- dizione filosofica anteriore) e dall’altro |’ operetta intitolata Horoi (let- teralmente: «Confini», cioé «Definizioni») che figura nel Corpus Pla- tonicum: 184 brevi voci, molte delle quali estranee allo specifico della filosotia. Anche questo secondo vocabolario dovrebbe risalire ai tempi di Aristotele. Siccome non ha grandi pretese, é verosimile che sia stato allestito da qualche allievo di Platone. La predisposizione di questi due piccoli lessici costituisce in ogni caso un avvenimento, perché docu- menta la presa di coscienza della domanda di agili strumenti di con- sultazione gia in epoca cosi ‘alta’; — cronologie: specialmente nel II secolo a.C. e specialmente a Rodi si scrissero diverse Successioni dei filosofi, opere finalizzate a mettere ordine tra una profluvie di nomi e a stabilire chi fu allievo di chi. A scrivere altri trattati di questo tipo (cioé con prevalente preoc- cupazione di riuscire a dare un posto logico a una varieta di personag- gi, non senza caratterizzarli un poco) furono poi Panezio di Rodi e Filodemo di Gadara (se ne parlera nel capitolo 11). Anche la celebre compilazione di Diogene Laerzio — le Vite dei filosofi, in dieci libri - si configura come uno scritto di terzo livello, pitt che di secondo, perché il Laerzio si limita quasi sempre a racco- gliere una vasta gamma di notizie non sostenute da uno sforzo di pene- trazione intellettuale delle idee elaborate dai singoli intellettuali a cui dedica un’apposita trattazione. Possiamo infine contare su una quantita di altri testi, risalenti a e- poche relativamente pit vicine a noi, che pure contengono informa- zioni di qualche pregio sul conto dei filosofi antichi (soprattutto grec’ autori cristiani, intellettuali dell’area di Bisanzio, scrittori arabi. Specialmente presso questi ultimi non @ raro trovare la traduzione di testi greci, alcuni dei quali sono disponibili solo in questa forma, es- sendo andato perduto l’originale greco. Dato il carattere introduttivo del presente lavoro, non insisteremo particolarmente su questo tipo di scritti, e neppure sulle compilazioni ‘di terzo livello’. xk OF 42 1, ROSSETTI - INTRODUZIONE AI.LA FILOSOFIA ANTICA Il campionario include dunque delle trattazioni di grande impegno e dei veri e propri “Bignami” di duemila anni fa, frammenti anche minuscoli reperiti nei papiri, citazioni di seconda o terza mano che figurano negli scritti e nei contesti pid diversi, opere singole ed impo- nenti corpora, e poi ancora: scritti di sicura autenticita e veri e propri falsi, opere di cui non riusciamo pit a identificare l’autore e, come dicevo, scritti di secondo e terzo livello. A sua volta la scholarship moderna non si limita a ripubblicare, tradurre, annotare, interpretare e reinterpretare le fonti primarie. Prov- vede anche a raccogliere le citazioni sparse dando luogo a collezioni e selezioni di frammenti e testimonianze su singoli autori. Inoltre molti- plica l’offerta di opere di consultazione volte a rendere meno ardua, pit rapida e, al tempo stesso, pid controllabile la ricerca in materia. Si aggiunga che nello studio dei filosofi greci (e latini) si é inve- stito e si investe davvero molto, per cui le edizioni, le raccolte di fram- menti, i commenti, le monografie, gli articoli, i repertori, i lessici si moltiplicano a ritmi decisamente sostenuti (cosi come é assidua, del resto, la ricerca — quindi la pubblicazione e lo studio — degli inediti che di tanto in tanto tuttora affiorano dai papiri). Come sempre, quando c’é una lunga storia alle spalle, per potersi orientare in questo vastissimo mare si richiede un bell’ insieme di infor- mazioni di base. Non dispome significa, ripeto, essere letteralmente ta- gliati fuori dalla dimensione tecnica della disciplina. Da qui l’esigenza, prima di tutto, di farsi un’idea del modo in cui questo materiale ha preso forma, di come é stato trasmesso, di come ci pervenuto, di come é stato ‘manipolato’ dai moderni, e anche di dove lo si pu rintracciare. Un bel libro che affronta questi temi é il gia ricordato Problemi di filologia filosofica di Mario UNTERSTEINER, uscito postumo nel 1980 a cura di L. SIcHI- ROLLO e M. VENTURI FERRIOLO (Milano, Istituto Editoriale Cisalpino - La Goliar- dica). Propone un nutrito spaccato di dati sul «libro filosofico antico» ¢ sull’«in- terpretazione dei testi filosofici» greci e Jatini: traduzioni medievali, commenti, biografie, terminologia filosofica, bibliografia settore per settore. In relazione ai temi toccati in questo capitolo si veda la sez. 3 del volume, che pure verte sui «generi della letteratura filosofica». PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A WOtosofia_in_Ita 43 4. LE COPIE, I FALSI, I CORPORA, LA FILOLOGIA ALESSANDRINA Dopo I’invenzione della stampa, pubblicare un libro non significd solo scriverlo, ma anche arrivare a delle intese di natura contrattuale con un tipografo e poi sovrintendere al suo lavoro pitt o meno in det- taglio (oltre alla correzione delle bozze é stato normale — e non di rado lo é tuttora — decidere insieme con ]’editore e/o lo stampatore le illu- strazioni, cosi come una varieta di altri accorgimenti di dettaglio). Quaicosa del genere, fatte le debite differenze, accadeva perd, e regolarmente, anche prima. Per esempio era normale che I'autore si incaricasse di commissionare I’allestimento di un certo numero di co- pie del suo manoscritto a dei calligrafi pid o meno qualificati. Si so- spetta, per esempio, che i molti brevi scritti in prosa dell’eta dei Sofisti venissero dati in omaggio 0 in dono, usati cioé a scopo promozionale: © genericamente per attirare I’attenzione sul singolo straniero che si proponeva al pubblico ateniese, o per acquisire degli allievi ai propri corsi, o per accreditarsi presso 1’élite cittadina dell’epoca. Di cid non si ha la prova certa, ma la densita e brevita di scritti come le Tetralogie di Antifonte o il Palamede gorgiano fanno appunto pensare a una desti- nazione di questo tipo. Nello stesso periodo dovette aver luogo anche una certa commer- cializzazione di esemplari non troppo costosi a titolo di bene econo- mico semplicemente posto in vendita in apposite proto-librerie. Il mas- simo indizio di cid é il passo dell’ Apologia di Socrate (26de) in cui si legge che all’epoca (il 399 a.C.) era facile trovare copie a buon merca- to del libro di Anassagora — quindi, dobbiamo supporre, anche di non pochi altri libri — in un settore dell’agora di Atene che, in analogia con il settore del teatro riservato alle evoluzioni del coro, era denominato orchestra. In quest’area doveva dunque esistere, come minimo, qual- 44 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA che bancarella specializzata nélla vendita di opere trascritte su rotoli di papiro. Anche se il cenno inserito da Platone rimane isolato (non se ne parla in nessun altro testo antico) é infatti impensabile che il riferi- mento non sia attendibile: primo, se cosi fosse si incrinerebbe tutto l'argomento (e non si vede perché mai Platone avrebbe dovuto espor- si a smentite non su questioni di dottrina o su aspetti della personalita del suo maestro, ma su qualcosa che chiunque poteva osservare); secondo, la bancarella di libri nell’agora poteva solo essere una novita dell’epoca; terzo, queste non sono cose facili a inventare di sana pian- ta, tutt’altro. Se poi pensiamo all’eta ellenistica, epoca non solo di grandi bi- blioteche e di una cultura policentrica, ma anche di una diffusione su larga scala della cultura scritta, non é difficile giungere alla conclusio- ne che in quel periodo l’offerta di copie del medesimo testo dovette conoscere una dilatazione decisamente cospicua. Indizi convincenti di cid sono da un lato la moltiplicazione dei falsi, vale a dire la nascita di un autentico mercato antiquario e dei rela- tivi sottoprodotti, dall’altro l’avvio della produzione di edizioni “criti- che”, cioé del lavoro che intellettuali di rango facevano su dei testi par- ticolarmente autorevoli (ad es. i poemi omerici) gia nel III secolo a.C., allo scopo di distinguere tra copie migliori e peggiori cosi come tra testo originale e possibili sviste, ovvero aggiunte o parafrasi: un’atti- vita di comparazione di molti esemplari che conduceva alla fissazione di un testo attendibile, emendato. In questa fase si € dunque passati dalla mera esecuzione di trascrizioni calligrafiche alla ricerca di refu- si, ripetizioni, omissioni, intrusione di zeppe, o la possibile incorpora- zione di note che in altri esemplari figuravano a margine, cioé come fuori-testo. La diffusione della scrittura e della cultura — quindi la presenza di una varieta di esemplari del medesimo scritto, realizzati da copisti pitt © meno competenti e diligenti —- comportd dunque fenomeni cosi diver- si come la costituzione di sempre pid vasti patrimoni librari, la presen- za di copie anche sensibilmente diverse I'una dall’altra, e la stessa immissione di non pochi falsi nel mercato librario, specialmente da quando non solo Omero, Esiodo e i poeti pid antichi ma anche una PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Wilosofia_in_Ita 45 vasta gamma di celebrate opere del V e IV secolo incominciarono ad essere considerate degli scritti d’autore, dei classici, delle opere ambi- te, un ormamento per la casa di un intellettuale e di persone facoltose, Ne derivarono tre diversi fenomeni: la produzione di autentici falsi, l’avvio di un po’ di filologia e la produzione di vasti corpora. (A) Poté esplodere una vasta produzione di falsi (i cosiddetti apo- crifi 0, meglio, pseudepigraft). 11 fenomeno ha raggiunto proporzioni ragguardevoli specialmente nel periodo che va dal III-II secolo a.C. al I secolo d.C., dapprima nel contesto della societa alessandrina dei Tolomei e, successivamente, di quella romana. Particolarmente ampia risulta essere stata l’offerta di presunte let- tere autografe di personaggi famosi, o addirittura di autentici epistola- ri. Si ricorderanno la fitta corrispondenza presuntamente intercorsa tra Democrito e Ippocrate'’, ovvero tra Seneca e Paolo apostolo, e c’é poi il caso delle tredici lettere incluse nel Corpus Platonicum, la maggior parte delle quali & sicuramente opera di falsari. Origini analoghe potrebbero aver avuto alcuni dei dialoghi falsamente attribuiti a Plato- ne, anche se in qualche caso (come I’ /pparco) si sospetta che a cimen- tarsi in simili imprese possano essere stati degli allievi diretti. Fu dunque la passione antiquaria a rendere redditizio produrre e poi spacciare per autentiche le opere pit diverse. A favorime la diffu- sione fu, come ben si immagina, la difficolta dei controlli: estrema rarita dei cataloghi (sul pid spettacolare dei cataloghi prodotti nell’an- tichita v. la sez. 9.5), sostanziale esiguita — se si eccettuano poche sedi privilegiate — sia delle biblioteche sia del patrimonio in esse contenu- to, apprezzabile lentezza delle consultazioni in biblioteca, presumibile difficolta di accedere a tali biblioteche quando |’utente non era a sua volta una personalita di qualche rilievo. Ancora di pid dovette contare, "TL grosso delle lettere attribuite ai filosofi figura in R. HERCHER, Epistolographi Graeci (Paris 1871: il volume fa parte di una nota — e vasta — collana di classici greci con traduzione latina a fronte, edita dal tipografo parigino Firmin Didot: v. tav. ft. n. 5). Ci sono poi non poche edizioni parziali uscite in anni a noi pid vicini, ad es. U. KOHLER, Die Briefe des Sokrates und der Sokratiker (nel XX supplemento alla rivista «Philologus», anno 1928). 46 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA del resto, il fatto che la copiatura di un testo fu sempre una decisione individuale del committente, e non possiamo escludere che questi, nel dare le sue istruzioni al copiatore, si permettesse talora non soltanto di accorpare © scorporare, di includere o escludere qualcosa dalla nuova copia, ma forse anche di alterare i dati relativi ad autore e titolo. Ricordiamo infine la possibilita che la prima (eventualmente I’ultima) pagina di un papiro — cioé non tanto quella incollata all’obelds attorno a cui il papiro veniva arrotolato, e sulla quale spesso trovava posto una sorta di colophon (in proposito v. il Glossario), quanto piuttosto quel- la esterna, la “prima pagina”, spesso incollata a un secondo obelos (ne- cessario per il progressivo riarrotolamento del papiro mentre aveva luogo la lettura) e in ogni caso pid esposta ad usura — andassero pid facilmente incontro a danneggiamento da rottura, con conseguente possibilita che l’unita testuale risultasse anepigrafa per ragioni estrin- seche e accidentali, dopodiché poteva essere necessario elaborare una congettura — talvolta osarne una azzardata — riguardo alla paternita di un dato testo. A sua volta l’esistenza di una domanda diffusa di testi antichi non poté non dar luogo a un progressivo affinamento dell’arte della con- traffazione. Nel caso di lettere di personaggi illustri poteva forse basta- re, accanto all’opportuno invecchiamento del papiro", una rappresen- tazione non troppo inverosimile di scambi di idee con contemporanei pure noti e, pit’ in generale, della vita di relazione ruotante attorno a un certo personaggio di indiscussa notorieta. In altri casi si richiedeva invece una piii attenta ricerca dell’uniformita di stile e di contenuto, e anche questo dovette accadere, se vero che talvolta, per carenza di indizi affidabili, siamo tuttora ridotti a prendere atto dell’impossibilita di arrivare a conclusioni certe in materia di autenticita di singole opere'’, ™ Per qualche dato sulle modalita di ‘invecchiamento’ artificiale dei papiri v. al prossimo capitolo. ** In questo campo é particolarmente utile la nozione di «enciclopedia personale» , di cui si Parlera verso la fine del prossimo capitolo PARTE If TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Wilosofia_in_Ita 47 Un’ampia trattazione su questi temi figura nella sez. 5 dei Problemi di filo- logia filosofica dell’Untersteiner (opera gia menzionata alla fine del cap. 3). (B) La diffusione di copie, col prevedibile accumulo di sviste nel passaggio di esemplare in esemplare, fece sorgere anche l’esigenza di allestire delle edizioni “critiche” (specialmente nell’ Alessandria dei Tolomei). Un altro compito fu la ricerca di indizi in base a cui discernere tra opere genuine e falsi. In simili imprese si cimentarono non soltanto gli eruditi alessan- drini ma anche altri personaggi, ad esempio il filosofo stoico Panezio (II secolo a.C.), al quale si deve un trattato, non pervenuto, dal titolo: Peri ton hairéseon (Sulle scuole, cioé sulle scuole filosofiche'’). Sul suo conto Diogene Laerzio riferisce: —(in II 61) che a suo avviso la maggior parte dei sette dialoghi socratici che circolavano sotto il nome di Eschine di Sfetto sarebbe stata opera di Pasifonte di Eretria (il quale pero li avrebbe fatti circolare come opera di Eschine: caso raris- simo, e non poi tanto sicuro, di indicazione di chi era stato il falsario), — (in IT 85) che egli propose una precisa selezione delle opere autentiche di un altro socratico, Aristippo di Cirene, = (in HI 37) che a suo avviso nella sezione iniziale della Repubblica di Platone si intravedevano numerosi rifacimenti, —(in VII 163) che dei molti libri di Aristone di Chio (stoico) solo le lettere erano, a suo avviso, autentiche, mentre tutto il resto doveva ritenersi opera di un altro Aristone: quello di Ceo, che fu invece un peripatetico. Un campionario cos} esiguo é gia sufficiente per farci un’idea non dird del rigore, ma della sensibilita filologica di non pochi intellettuali del periodo elle- nistico. Per chi voglia saperne di pitt, la strada ‘obbligata’ é la History of Classical Scholarship di R. PFEWFER (Oxford, Clarendon, 1968), che @ disponibile anche in italiano: Storia della filologia classica. Dalle origini alla fine dell'eti elleni- stica (Napoli, Macchiaroli, 1973). ™ Con loccasione andra osservato che la nozione di «eresia» costituisce appunto uno svi- luppo della nozione di «scuola di pensieron. 48 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA Pure utili sono due capitoli - il primo, redatto da L. Canfora, e il settimo, redatto da F. Montanari - dell’opera Lo spazio letterario della Grecia antica, diretta da G. CAMBIANO, L. Canrora e D. Lanza, ¢ pit precisamente del secon- do tomo del primo volume, che é uscito a Roma (Salerno ed.) nel 1993. (C) La diffusione dei testi letterari diede origine persino all’alle- stimento di copie ‘complete’ delle opere di un dato autore (es. Demo- crito, Ippocrate, Platone, Senofonte, Aristotele, Teofrasto, gli oratori) 0 —nel caso dei poeti tragici e comici — di raccolte delle opere ritenute pil importanti e selezionate in funzione dell’insegnamento oltre che di una pill generica commercializzazione. Anche la domanda di esempla- ri in cui figurasse con ogni possibile ordine l’intera serie delle opere ascritte a un certo intellettuale di fama o almeno una selezione degli scritti pil importanti — dunque un vero e proprio corpus — @ legata all’affermarsi della cultura ellenistica e a quella domanda di modalita ‘potenziate’ di accesso al sapere di cui si é gia fatto cenno. La domanda di simili corpora ha connotato in modo particolare i] periodo che va dal primo secolo a.C. al primo secolo d.C., ed é inte- Tessante notare che gia Cicerone e Tito Livio usano il termine corpus per indicare l’insieme delle leggi (cosi facendo, verosimilmente allu- dono a ‘antenati’ di quell’imponente Corpus iuris civilis che trovera una configurazione ‘definitiva’ ai tempi dell’imp. Giustiniano, dunque agli inizi del VI secolo, anche se il nome, Corpus iuris civilis, ha preso forma soltanto nel medioevo latino). Queste vaste raccolte - che potevano richiedere anche una o pid centinaia di rotoli di papiro, tanto da far sorgere |’esigenza di predi- sporre dei sotto-insiemi (le tetralogie nel caso di Platone, le decadi nel caso delle Storie di Tito Livio), dietro alle quali c’erano dunque sia alcune grandi biblioteche, sia il circuito degli intellettuali di punta, sia le esigenze dell’insegnamento superiore — hanno costituito uno dei canali principali per la sopravvivenza dei testi letterari (e filosofici), non solo dal punto di vista dell’accuratezza, ma anche e soprattutto per la funzione che hanno avuto: di identificare le opere importanti, di far dunque avvertire l’opportunita di ricopiarle prima che diventassero illeggibili, di mantenere mediamente alta la qualita di tali copie, e PARTE IL-TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A filosofia_in_Ita 49 soprattutto di preservare un certo insieme di opere appunto come un insieme, limitando dunque tanto il rischio di intrusione di altri falsi quanto il rischio della dispersione di questi autentici patrimoni. Anche per gli editori dei grandi corpora ci fu l’esigenza — che non é certo cessata — di distinguere le opere verosimilmente autentiche dai possibili falsi. La soluzione pit spesso adottata fu di collocare, nel dubbio, le opere sospette a fine raccolta, a mo’ di appendice. Ne é deri- vata l’inclusione di pid di un falso in quasi ogni corpus, il che non ha mancato di creare delle difficolta di rilievo anche per la moderna filo- logia. A sua volta |’avvenuta costituzione di singoli corpora — un’ indi- cazione sul conto di cid che si é ritenuto meritevole di accurata preser- vazione e di un cospicuo investimento, intellettuale non meno che eco- nomico — si traduceva in ulteriore prestigio dell’autore di quei testi, quindi anche in fattore di attenzione per i suoi scritti; quindi, in ultima istanza, in fattore di longevita (assicurata e da assicurarsi per mezzo di sempre nuove trascrizioni). Si pud capire, percid, che ad essersi tramandati siano stati dei cor- Ppora prima ancora che delle opere singole di minor mole. Cid spiega, ad es., che ci siano pervenute le tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euri- pide: non tutte, ma solo quelle che in epoca ellenistica sono state sele- zionate e incluse in una silloge ad hoc, mentre gli altri lavori teatrali di questi stessi autori, e a maggior ragione |’opera di tutti gli altri poeti tragici loro contemporanei, non poté non andare dispersa (sopravvivo- no, di norma, le citazioni selezionate dagli autori di antologie, i brani occasionalmente citati in altri scritti e i frammenti rintracciati nei papi- Ti egizi). Cid spiega, del pari, come mai buona parte dei testi antichi so- pravvissuti alla crisi alto-medievale provengano da queste raccolte considerate di particolare pregio, raccolte che hanno dunque rappre- sentato una risorsa elettiva per la trasmissione dei testi letterari ¢ filo- sofici, sia dal punto di vista della qualita degli esemplari, sia in quan- to unita testuali di particolare pregio. Decisiva per la sopravvivenza di un testo antico é stata infatti la continuita dell’interesse per determina- ti testi lungo I’arco di molti secoli. 50 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA Nondimeno, anche in alcuni di questi casi la tradizione si é ugual- mente interrotta: delle Storie di Tito Livio, ad es., si sono salvati solo 35 libri su 142, mentre per il resto dobbiamo accontentarci dei riassunti (o, per dirla alla greca, delle epitomi)”. Rimane il fatto che la tradizione — certamente dovuta anche a combinazioni fortuite di circostanze, ma a cui non é quasi mai estraneo l-affermarsi, nel corso dei secoli, di una gerarchia della rilevanza intor- no a cid che merita di essere tramandato, quindi ricopiato — é al tempo stesso lascito e imposizione, risorsa e vincolo: nel caso dei tragici e dei comici di V secolo, per esempio, non é stato il caso a decidere che si possano leggere per intero solo sette tragedie di Eschilo e sette di Sofocle, che si possa leggere molto di Aristofane e pochissimo di Cratino, ma una prassi dei centri d’alta cultura di eta alessandrina. Analogamente nel caso di Platone, Antistene, Euclide o Cameade, non siamo stati noi a decidere che si debba investire moltissimo nello stu- dio delle opere del primo e infinitamente meno nello studio degli scrit- ti degli altri tre filosofi, e se non abbiamo difficolta ad apprezzare la scelta a favore di Platone, possiamo ben dubitare che la penalizzazio- ne degli altri tre sia altrettanto giustificata: siamo proprio sicuri che dedicare adeguate energie anche alla lettura delle opere di costoro sarebbe stato addirittura tempo sprecato? ” Da notare che la pratica del riassunto (0 epitome. dal greco epitomé, che alla lettera signi- fica «taglio della parte superiore») interessa solo molto marginalmente l’ambito filosofico. In effetti non c’é paragone tra I" (4 del riassunto di una vasta opera storica e l'utilita del rias- sunto di un testo di filosofia: in questo secondo caso I’effetto banalizzante nuoce fino al punto da dissuadere da simili tentativi. PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL’ ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Wilosofia_in_Ita 5] 5. DAL PAPIRO AL CODEX MEDIEVALE E ALLE PRIME EDIZIONI A STAMPA In questo capitolo (e nei tre successivi) tenteremo di tracciare le grandi linee della traditio, riferendo su alcune essenziali tappe del per- corso — decisamente intricato — che dai documenti d’epoca (i testi di Eraclito, Aristotele, Cicerone, Plotino ecc.) ha condotto alla costitu- zione delle “fonti” su cui attualmente possiamo contare, vale a dire ai testi cosi come noi li possiamo leggere nei nostri libri. Si tratta di una vicenda non solo lunga e complessa, ma anche determinante, in positivo (relativamente a quel che é stato pid accura- tamente trasmesso o si € comunque salvato, o é stato possibile rico- struire almeno in parte) non meno che in negativo (perdite, alterazioni, manipolazioni, falsi e, come vedremo, altro ancora). Si trata, d’altron- de, di una vicenda interessante e, per certi versi, memorabile, di cui é dunque desiderabile farsi una idea non troppo vaga. 5.1 - Confezionamento e uso del rotolo di papiro Occupiamoci, per cominciare, del supporto materiale pid spesso usato nell’antichita per tramandare dei testi. Il ricorso al papiro quale materiale scrittorio pare che risalga ad- dirittura al terzo millennio avanti Cristo, ed é una invenzione egiziana. A sua volta il nome byblos o biblos, spesso usato in Grecia come de- nominazione alternativa del tatupos (papyros), € cosi pure il nome byblion, ci parlano della citta fenicia di Byblos e di un’epoca anterio- te allo stesso decollo della civilta ellenica. In Grecia, l’uso di ricorrere, per la scrittura, al papiro d’impor- tazione confezionato a mo’ di rotolo, anziché a dei pellami di origine 52 1, ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA, ovina opportunamente conciati 0 a ben piti labili tavolette di cera (per non parlare delle iscrizioni su pietra), é diventato la norma nel corso del V secolo a.C. E significativa, al riguardo, una dichiarazione di Erodoto: «ai miei tempi molti barbari ancora scrivono su pelle», come dire che “da noi, in Grecia, I’uso di scrivere su del pellame conciato & tramontato, e non da ieri” (V 58.3: siamo intoro al 440 a.C.). Quanto invece ai pil antichi esemplari di papiri greci effettiva- mente pervenuti fino a noi, non si risale oltre l’eta di Aristotele: la seconda meta del IV secolo, epoca alla quale viene datato, fra !’altro, il papiro di Derveni (di cui si parlera in un successivo paragrafo). Sulla lavorazione del prodotto ci riferisce con qualche ampiezza — anche se non sempre fornendo dati attendibili — Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia (XIII 68-89). Del papiro si utilizzava la parte interna del fusto appena tagliato e se ne ricavavano minuscole striscioline ancora impregnate di linfa. In questo modo la linfa poteva fungere da collante senza bisogno d’altro. I listelli cosi ottenuti venivano disposti in due serie, una in senso Jongitudi- nale e una in senso verticale, in modo da creare una sorta di compensato duttile e levigato. Il risultato era una serie di fogli all’incirca quadrati (i kollémata), pressati e levigati con tale cura da avere uno spessore pari a pochi decimi di mil- limetro, che venivano poi attaccati I'uno all’altro" in modo da formare un ret- tangolo lungo, in media, un 10-15 metri e alto dai 20 ai 30-35 centimetri (ben pit alti furono, invece, i rotoli usati in ambiente ebraico a fini di culto). Protvkollon era il primo foglio, spesso lasciato in bianco per servire da cu- stodia 0 copertina de] testo che seguiva. Chartes (0 tomos) era invece iJ rotolo Pronto per I’uso, rotolo i cui margini venivano fatti aderire a due bastoncini (6mphalos, “ombelico”), associando a quello di sinistra un cartiglio su cui poi si scriveva lo stretto indispensabile per potersi fare un’idea del contenuto del roto- ” Gia Aristofane, al v. 54 delle Tesmoforiazuse, parla di «incollare» a proposito dell’inse- rimento di piccole strofe poctiche nelle tragedie del poeta Agatone. E verosimile che, cosi facendo, egli intenda suggerire agli spettatori di rappresentarsi I’atto di introdurre un partico- lare tipo di versi in un testo drammatico come un incollare il singolo kallema (e precisamente un kollema gia scritto) nella serie dei suoi kollémata, dove normalmente figurano dei versi di altro genere. La possibilita di lavorare addirittura “di forbici e colla” era comunque legata, se non altro all’esigenza di recuperare gli spezzoni inutilizzati.. PARTE Il- TEST! PUBBLICATI NELL!ANTICHITA B TESTI PERVENUTI FINO A Wblosofia_in_Ita 53 lo. Biblion (si noti l’accento) era invece il nome che assumeva il rotolo conte- nente una unita testuale, cio’ i] documento scritto su papiro, opera che occupa- va un intero rotolo. Tanto basta per capire in che senso la Repubblica di Platone, per esempio, era un’opera in dieci libri: si intende dire che, con ogni probabilita lo stesso Platone aveva previsto di utilizzare dieci rotoli e che, pensando a cit ebbe cura di articolare i] suo testo in dieci sotto-unita (parti 0 sezioni dell’ inte- ro). Quando il ‘libro’ era particolarmente ampio — ad es. il Gorgia di Platone — poteva accadere che si unissero due omoi in modo da raddoppiame la lunghez- za. Quanto poi agli spezzoni di rotolo che fossero rimasti inutilizzati, & verosi- mile che li si impiegasse nel caso dei testi pid brevi. Nel rotolo standard (¢ ci riferiamo al rotolo normalmente utilizzato per tra- scrivervi dei testi letterari: il caso dei papiri documentari egiziani @ gia diverso) trovava posto, mediamente, un buon centinaio di colonne non numerate, poste luna a fianco dell’altra procedendo da sinistra verso destra. Lo specchio di scrit- tura era prossimo a quello dei nostri libri non tascabili: spesso circa cm, 15 x 22, raramente pid di cm. 20 x 30 0 meno di cm. 7 x 14, Una colonna contava, al mas- simo, una tentina di righi di testo, con circa 25-35 caratteri per rigo (ma talora anche 17-20). Quanto poi allo specchio di scrittura, solo col tempo si passd a definirlo con un riquadro (la Jineatura). Anche |’allineamento (specialmente sul lato destro) rimase a lungo approssimativo. Ben affermato, in compenso, fu l’uso di far corrispondere il rigo a un intero verso, almeno nel caso dei testi poetici costituiti da soli esametri. Dipinti di epoca romana (v. la tav. f.t. n. 6) mostrano che il rotolo, trattenu- to dalla mano destra, veniva svolto con la sinistra e riavvolto via via che si pro- cedeva nella lettura. Per scrivere si richiedeva invece di appoggiare il rotolo su un tavolo o, in alternativa, sulla ‘gonna’ tenuta ben tesa. La scrittura doveva richiedere dei tempi di esecuzione piuttosto lunghi, data I’esigenza di realizzare ogni volta un’autentica bella copia, per quanto possibile normalizzata e accurata. Pertanto era normale che avesse luogo sotto dettatura, per cui ben difficilmente accadeva che fossero gli stessi autori a scrivere i loro testi. Anche nel caso della ste- sura di contratti, del resto, doveva essere normale il ricorso al graphéus (lat. scriba), cioé al calligrafo. In effetti, alla produzione di testi su papiro fu legato un notevole indotto non soltanto per que] che riguarda l’importazione della materia prima, il confezionamento, la protezione e la manutenzione dei rotoli, ma anche per quel che riguarda la figura del calligrafo. Si suppone in- 54 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA fatti che scuole, biblioteche, corti e, con ogni probabilita, singoli intel- lettuali facoltosi si dotassero di intere équipes di scribi, sia per produr- re simultaneamente piii esemplari del medesimo testo, sia per eseguire copie di testi avuti in prestito. In effetti, accanto agli scribi continuati- vamente impegnati presso le istituzioni culturali, ci furono sia le com- mittenze episodiche, sia gli uffici di grammatéus e/o hupogramma- teus" alle dipendenze degli uffici pubblici. Anche la lettura — il complesso percorso che permette di risalire dai segni alle parole, quindi alle frasi, quindi al pensato — doveva ri- chiedere lo sviluppo di precise abilité, molta concentrazione e molto esercizio, con limitatissime possibilita di “dare una scorsa” veloce al testo. Infatti lo stacco tra le parole non era quasi mai indicato (la norma era infatti una scriptio continua, ed & significativo che Aristotele trovi il modo di dire che Ia fine della frase si dovrebbe intuire gia in base alla sua struttura ritmica, senza bisogno che lo scriba introduca un’ apposi- ta paragraphé™: Rhet. Ill 8, 1409*20-21), né si faceva uso dei segni di interpunzione e di quelle maiuscole che a noi sembrano cosi utili. Fin troppo episodico, quindi irrilevante, fu anche il ricorso ad altri tipi di indicatori, come l’introduzione dell’ «a capo» o di titoli almeno un po’ evidenziati (in particolare la divisione del testo in capitoli e l’appron- tamento di indici rimasero estranei alla stagione dei papiri”'), nonché di numeri fuori colonna da utilizzare per il conteggio dei versi. II ricorso Si noti la vicinanza delle qualifiche di grapheus (termine non molto usato) e di gram- mateus, termine di ben pid largo uso che perd corrisponderebbe, almeno in teoria, al nostro «letterato» (grammata, infatti, sono in primo luogo le lettere dell’alfabeto), ¢ che indica pro- priamente il «segretario», dunque sia una delle figure pit comuni di pubblico funzionario (di livello medio-alto), sia (pid raramente) il segretario a servizio di privati. Siccome l’ammini- strazione pubblica conosceva anche la figura dello hupogrammateus (il «sottosegretario» nel senso di «applicato di segreteria», di subalterno del «segretario capo»), 2 verosimile che a fun- gere da grapheus fossero pitt spesso questi ultimi. * Letteralmente: «scrittura collaterale o complementare». V. in proposito il Glossario. ° B singolare che un embrione di indice compaia invece nel poema di Parmenide. Questi, infatti, esordisce con una narrazione fantastica, dichiara poi che tocchera due argomenti (una sorta di ‘vera’ ontologia e poi una sorta di “falsa’ ontologia), passa quindi a svolgere il primo argomento e, ai versi 50-52 del fr. 8 @ esplicito nel fare una dichiarazione di questo tenore: PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A H@losofia_in_Ita 55 a segni diacritici — di fatto pressoché soltanto una generica paragaphe — rimase dunque limitato ai casi di strettissima necessita, come ad es. l’esigenza di segnalare il cambio di personaggio nel caso di un testo teatrale (se non altro quando il cambio di personaggio avveniva all’in- terno del medesimo verso) o quasi teatrale, come i dialoghi. Anche I’uso di tracciare i segni in maniera un po’ pii sbrigativa, dando luogo al ductus legato, non pili attento a preservare il caratteri- stico geometrismo del greco epigrafico (che nel costruire le lettere del- l’alfabeto, fatto di sole maiuscole, ricorre cosi volentieri a dei segmenti rettilinei o circolari, dando luogo, di preferenza, a forme rettangolari, triangolari o circolari del singolo segno, e che in secondo luogo adot- ta volentieri, a partire dalla fine del V secolo, la forma a stoichedon, cioé la disposizione dei caratteri a scacchiera : v. la tav. f.t. n. 7) — insomma qualcosa di comparabile al nostro corsivo — interessa semmai il documento di carattere amministrativo, e solo nell’Egitto dell’eta imperiale. Da qui la difficolta del percorso a ritroso, dai segni alle parole e, in ultima istanza, al pensiero che ne costituiva la ragion d’essere. Pur con queste che a noi paiono delle severe limitazioni, il papiro rappresentd una svolta di prim’ordine, sia per la notevole ampiezza delle unita testuali che si potevano includere in un solo documento (molto pit che non su una qualsiasi pelle lavorata, e con molto pid ordine), sia per il fatto di delineare un primo standard in materia di dimensioni e forma del supporto materiale, di disposizione delle colon- ne di testo, di dimensioni e forma dei caratteri e di eventuali altri segni, cosi pure di configurazione della inscriptio e/o della ascriptio (cioé delle parole iniziali e finali del rotolo, con indicazione di autore e argo- mento 0 titolo). ~“finisce qui questa prima trattazione. ora passerd alla seconda parte”, Segue questa ulteriore trattazione (molto frammentaria) e quindi, nei frammenti 10 ¢ I, prende forma una sorta di articolato indice della terza parte del suo testo: “conoscerai la natura dell’etere. quanti astri sono nell'etere ecc.". Da notare inoltre che Simplicio, nel riportare il fr. 11, precisa che «in materia di cose sensibili Parmenide dichiara di cominciare (Ia trattazione 0, meglio, la sub-trat- tazione) con queste parole». 56 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA L’adozione del rotolo, con le sue ‘costrizioni’, rese inoltre prati- camente inevitabile la lettura continua partendo dall’inizio (l'esterno del rotolo riavvolto), cid che si addice a meraviglia, per esempio, al tipico dialogo platonico, ma molto meno al trattato professionale (es. di Aristotele), che in teoria richiederebbe di poter essere anche soltan- to consultato, con possibilita di spostarsi in punti diversi della tratta- zione (in eta scolastica, quando cid fu finalmente possibile, si parld dello statim invenire come di una importante potenzialita del codice ben confezionato: di cid pid avanti). Dovette inoltre favorire il ricorso a dei lettori che si fossero appositamente preparati a leggere un certo testo con un minimo di scioltezza e quindi con qualche capacita di con- ferire un senso intuitivo — cioé prontamente intelligibile — a cid che leggevano per conto di piccoli gruppi di ascoltatori. Si ritiene, in effetti, che un’opera come le Storie di Erodoto fosse inizialmente pensata non solo e non tanto per la lettura individuale quanto piuttosto per una qualche sua ‘recitazione’ libro per libro, ini- zialmente ad opera dello stesso autore (la funzione di intrattenimento che si intreccia con l’offerta di informazioni e di idee ha infatti un ruolo assai vistoso nell’economia del racconto). Gia l’opera di Tucidide, e a maggior ragione altri testi particolarmente impegnativi (ad es. gli Analitici di Aristotele), suppongono invece una situazione in cui il libro viene letto e meditato — studiato — piuttosto attentamente, dunque una lettura individuale o individualizzata, con possibilita di chiedere al lettore di andare avanti, fermarsi oppure leggere per la seconda volta un certo passo. E interessante notare che, cid nonostante, sul finire del V secolo si diffuse la circolazione del testo di tragedie e commedie di sucesso al solo scopo di essere poi lette senza recitazione. Nel caso delle Nuvole di Aristofane @ addirittura accaduto che, subito dopo il 423 a.C., il poeta non si sia limitato a riscrivere e rielaborare |’opera in funzione di una seconda rappresentazione (che poi non ebbe luogo), ma abbia fatto circolare come testo solo questa sua rielaborazione. Non @ dun- que un caso che la prima versione sia andata perduta al 99% e si sappia ben poco sul conto di cid che la differenziava dalla seconda. Sempre agli ultimi decenni del V secolo risalgono le prime con- PARTE Il - TEST! PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A WGlosofia_in_Ita 57 vincenti prove del fatto che almeno alcuni conoscessero gia la lettura desonorizzata, silente, solo mentale (cioé non sostenuta nemmeno dal mero movimento delle labbra, effettuato senza emettere dei suoni) di cid che era consegnato alla scrittura”. Veniamo ora a qualche altro dettaglio. Il lato normalmente destinato alla scrittura era quello costituito dalle fibre orizzontali, poste all’interno (si conosce, per la verita, anche qualche esempio di rotolo opistografo, scritto cioé su tutti e due i lati). talvolta accaduto che un papiro contenente testi letterari venisse uti- lizzato ‘al rovescio’ solo a distanza di tempo e per scrivervi qualcosa d’altra natu- ra, Pid di rado si é verificato il contrario, che cioé un papiro inizialmente usato per dei documenti di carattere amministrativo venisse poi riutilizzato per scri- vervi un testo letterario, come nel caso dell’unico esemplare a noi pervenuto della Costituzione degli Ateniesi di Aristotele che, appunto, figura sul retro di un papiro precedentemente utilizzato per annotare dei dati di natura contabile. Dato lo spessore medio del foglio (dell’ordine di pochi decimi di millime- tro) e data la relativa fragilita del materiale usato, procedere alla cancellazione o rasura era problematico. Era tuttavia possibile sottoporre I’intero papiro a una sorta di delicato lavaggio per sbiadire le scritte e permetterne il riutilizzo, dando luogo al palinsesto (fenomeno comunque raro: la riscrittura riguarda soprattutto le pergamene medievali, che erano molto pii resistenti). A volte si riesce a deci- frare persino cid che é stato cancellato, e si danno casi in cui vale decisamente la pena di dedicarsi a un’impresa cosi impegnativa”. © Inequivocabile in tal senso @ fra I’altro, un passo dei Cavalieri di Aristofane (anno 425 a.C.). Al v. 115 di questa commedia incontriamo infatti la frase «dammelo, fammi leggere ... vediamo un po’ cosa c’é scritto» (si tratta del testo di un responso oracolare), dopodiché il per- sonaggio si limita a commentare cid che sta leggendo (parla mentre legge, usa la bocca non per leggere ma per fare contemporancamente un’ altra cosa). In precedenza si era a lungo rite- nuto che la lettura mentale fosse stata una ‘invenzione’ di Sant’ Ambrogio, il vescovo di Milano frequentato da Agostino. ~ Su questi temi v., per cominciare, la voce «Lettura» del Glossario, nonché le indicazioni bibliografiche che figurano al termine di questo paragrafo. ” Un palinsesto di interesse filosofico @ il cosiddetto «palinsesto di Torino»: parte di un commento al Parmenide platonico che viene assegnato al IV 0 V secolo 4.C. II solo esempla- Te pervenuto — una copia eseguita in Italia (forse a Bobbio) ¢ risalente al V 0 VI secolo, che é poi andata perduta (nel 1904 a seguito di un incendio della Biblioteca Nazionale di Torino) era contenuto in sette pergariene ben presto riutilizzate per una raccolta di letture dai Vangeli. Trattandosi di un documento poco noto, converra riferire che questo commento & stato appe- na edito, tradotto ¢ commentato da A. Lincurmi nel Corpus dei papiri filosofici greci e latini, vol. Uf (Firenze, Olschki, 1995), alle pagine 63-202. 58 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA Le fonti ci parlano perfino delt’uso di invecchiare artificialmente i rotoli per conferire maggiore credibilita ai falsi o comunque una patina di antico al- linsieme: secondo Dione Crisostomo, che si sofferma sull’argomento, allo scopo di accelerare i] processo di ingiallimento essi venivano immersi per qualche tem- po nel frumento asciutto™. Varra la pena di annotare che i] mondo medievale ha continuato a far uso del papiro, sia pure in modo non esclusivo (venne progressiva- mente rimpiazzato dalla pergamena). «Su papiro é |’intera serie dei documenti degli archivi 0 scriptoria di Ravenna, datati dal V al X sec. d.C., ed era il papiro il materiale usato dalla cancelleria papale almeno fino all’undicesimo secolo. Ultimo documento conservato é la bolla del papa Vittore II dell’anno 1057». Sembra che la scomparsa del papiro nell’Occidente latino e nell’area bizantina dipenda, pid che dalla disponibilita di pergamene, dalle tensioni col mondo musulmano, con conseguente aumento dei costi. In effetti la pergamena (0 “carta- pecora”), pur essendo in uso sin dal periodo ellenistico, ha progressi- vamente rimpiazzato il papiro solo in pieno Medioevo. Chi voglia sapeme di pid potrebbe incominciare con un volumetto che abbina J’offerta di un po’ di informazioni specifiche a una genuina sensibilita filosofica: M. BALDINI, Storia della comunicazione (Roma, Newton Compton, 1995). Sui problemi connessi con la scrittura, la lettura, il libro e Je biblioteche nel- Vantichita greca e romana: - G. CavaLio, «Discorsi sul libro», articolo che figura nel vol. LIII di Lo spazio letterario della Grecia antica (Roma, Salerno ed., 1994), alle pp. 613- 647; - Libri, editori e pubblico nel mondo antico. Guida storica e critica, a cura di G. CavatLo (Roma-Bari, Laterza, 1975). - Le biblioteche nel mondo antico e medievale, a cura di G. CAVALLO (Ro- ma-Bari, Laterza, 1988); - Storia della lettura, a cura di G. CavaLLO (Roma-Bari, Laterza, 1995). * Or. 21,12. * Cosi il GALLO in Avviamento alla papirologia greco-latina (Napoli 1983), p. 29. PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Wilosofia_in_Ita 59 Pure utile @ il volume La memoria del sapere. Forme di conservazione e sirutture organizzative dall'antichita a oggi, a cura di P. Rossi (Roma-Bari, La- terza, 1988). Per una pid articolata trattazione di temi papirologici: - I. GALLO, Avviamento alla papirologia greco-latina (Napoli, Liguori, 1983); — E.G. Turner, Papiri greci, edizione italiana (Firenze, La Nuova Italia Scientifica, 1984). 5.2 - L’apporto dei papiri (e della papirologia) alla conoscenza del mondo classico Il papiro aveva qualche problema di conservazione: del supporto materiale e, a maggior ragione, dei segni grafici, dato che anche gli inchiostri usati erano di origine vegetale. Di conseguenza |’umidita poteva ben comprometterne Ja leggibilita a distanza di tempo, ed era un caso che i testi fossero leggibili anche a distanza di un secolo 0 pid. Noi leggiamo, d’altronde, degli esemplari che sono la risultante di numerose fasi di copiatura — da rotolo a rotolo, poi come vedremo tra un momento, da rotolo a codice e da codice a codice, per non parlare dei passaggi successivi (dal codice papiraceo al codice pergamenaceo, quindi alla carta e al libro a stampa) — e cid comporta comprensibili tischi di sviste, errori materiali e tentativi, magari maldestri, di ritoc- care il testo allo scopo di conferire intelligibilita a parole e frasi rite- nute (a torto o a ragione) prive di senso compiuto. Rispetto ai codici pergamenacei medievali a cui dobbiamo la maggior parte dei testi ancora leggibili (es. tutto Platone, un buon 90% di Aristotele, tutto Plotino), i papiri ci permettono di avere accesso non soltanto a una varieta pur sempre cospicua di altri testi che i codici non Tiportano — nel vasto campionario di spezzoni di altre opere degli auto- Ti pid diversi spiccano, fra |’altro, 1a magistrale Athenaion politeia (Costituzione degli Ateniesi) di Aristotele e una quantita di testi epicu- Tei, gran parte delle commedie di Menandro € molti testi poetici del- Vantico Pindaro — ma anche a un gran numero di unita testuali che gia conosciamo attraverso i codici. 60, L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA Anche questo secondo gruppo di documenti ha un notevole interesse, per- ché essi riflettono una sequenza di riproduzioni incomparabilmente pil breve rispetto alla sequenza che ha condotto all‘allestimento del codice pergamenaceo medievale: pid breve, in media, di mille anni. Cid significa che dietro al percor- so che dall’originale (es. Aristotele) conduce all’esemplare papiraceo ci sono, al massimo, sette-otto passaggi di copia in copia, mentre dietro al percorso che si spinge oltre l’anno Mille ce ne sono il doppio o il triplo, con conseguente molti- plicazione dei rischi di svista e manomissione. Per di piu, i testi disponibili su codice sono la risultante di un flusso di copiature che fa capo ad archetipi diversi da quelli che hanno dato luogo alla ver- sione papiracea dei medesimi scritti. Di conseguenza, siccome la trasmissione di questo materiale ha seguito, nei due casi, dei percorsi differenziati, é normale notare delle differenze nella configurazione di alcune parole. Questa dilatazione della gamma dei “testimoni” del medesimo testo permette quindi di prendere coscienza di un maggior numero di varianti e cosi accedere ad ulteriori indicato- ri per il filologo impegnato a stabilire quale formulazione di una parola o di una frase rifletta verosimilmente meglio l’originale. Va anche detto che i testi pervenuti via papiro sono, in maggioranza, fram- mentari, per cui il confronto con i codici & possibile solo per la parte in cui c’é sovrapposizione fra i due tipi di documento. Nondimeno, la scoperta e pubblicazione di simili documenti fa sorgere l’e- sigenza di nuove edizioni che, per il fatto di tener conto di queste ulteriori evi- denze testuali, danno luogo a una pid accurata restitutio di alcune parti, almeno, delle opere documentate anche per questa via. Abbiamo detto che ci accade perfino di leggere dei papiri dei tempi di Aristotele, cioé degli esemplari confezionati nel corso del IV secolo a.C. Non abbiamo accesso, pero, addirittura alla “prima edizio- ne” (manoscritta) di una certa opera, bensi ad esemplari pur sempre posteriori, spesso anche di secoli. Infatti la maggior parte dei papiri contenenti testi greci (i papiri contenenti dei testi latini sono una rarita) a noi pervenuti risale ai primi tre secoli dell’era cristiana, anche se diversi papiri “letterari” sono ascrivibili ai secoli IV-I a.C. I soli papiri d’interesse filosofico confezionati posteriormente al III sec. d.C. € a noi accessibili sono, se non vado errato, quelli di Tura (localita del delta del Nilo), che vengono infatti datati al VI o VII seco- lo d.C. Essi contengono opere di Didimo il Cieco, un teologo e com- PARTE II - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Hilosofia_in_Ita 61 mentatore dell’ Antico Testamento, vissuto ad Alessandria d’Egitto tra il 313 e il 398 d.C., che volentieri introduce, specialmente nei com- menti all’Ecclesiaste (ora meglio noto come il Qoelet), ai Salmi e al libro di Giobbe, dei circostanziati riferimenti alle opere di Aristotele cosi come ad un’apprezzabile varieta di altri filosofi, tra i quali i sofi- sti Protagora e Prodico. I suoi scritti ci sono pervenuti perché vennero fatti letteralmente sparire da molte biblioteche eccclesiastiche (dopo- diché almeno un gruppo di esemplari fini in zona desertificata) a segui- to della loro condanna da parte di un concilio del 553. In effetti la conservazione dei papiri dipende da fattori in larghis- sima misura casuali: — le circostanze che hanno indotto ad ammucchiarne un gran numero specialmente ai margini del deserto, nelle alture prossime al Nilo (in genere si tratta di materiale che venne considerato di scarto, dunque di autentiche discariche), ~ la combinazione di circostanze che ha permesso la loro preser- vazione per un paio di millenni nonostante la relativa precarieta del supporto vegetale e degli inchiostri (il deserto egiziano o, in altri casi, la lava del Vesuvio), — le circostanze che hanno condotto al loro ritrovamento, all’ac- quisto da parte di istituzioni in grado di permettere poi che dei papiro- logi possano effettuarne lo studio, e alla pubblicazione del loro conte- nuto (@ ancora sorprendentemente vasto il numero dei papiri rimasti inediti o di cui si ignora il contenuto, e non solo per l’estrema difficolta di “svolgere” quelli reperiti ad Ercolano; inoltre, specialmente nel caso dei papiri egizi, é normale che essi vengano resi di pubblico dominio soltanto via via che i papirologi provvedono alla complessa e delicata impresa di descriverli, provare a datarli, decifrarli, dar loro un senso, ticondurli, se possibile, a un’opera ben precisa e delinearne una medi- tata interpretazione). In conclusione, l’apporto dei papiri é di gran lunga pid significa- tivo allorché contengono dei testi tramandati solo per questa via, met- tendoci in condizione di integrare tali scoperte con quel che gia si leg- geva nei codici medievali, col risultato di farci un’idea poco o molto pili precisa de! contenuto di determinate opere (es. nel caso di Empe- 62 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA docle), di accedere a intere nuove opere (abbiamo appena parlato della Costituzione degli ateniesi aristotelica) 0 di individuare degli autori altrimenti sconosciuti (soprattutto grazie a una serie di papiri ercola- nesi). In questi casi c’é l’esigenza primaria di identificare |’autore e l’o- pera. Infatti é rarissimo che il frammento papiraceo includa simili dati. In compenso é difficile che non emergano degli indicatori tali da per- mettere una ascrizione che sara spesso congetturale addirittura per definizione, ma con gradi talora alti di affidabilita di tali congetture. Si sono cosi potuti identificare ampi spezzoni di scritti riconducibili con sicurezza ad opere di intellettuali del rango di Empedocle, Antifonte e Aristotele, ovvero non cosi eminenti (ad es. Diogene cinico e Ierocle, uno stoico del II secolo d.C.), nonché una vasta messe di unita testua- li molto pid piccole, relative agli autori pid diversi, ivi compresi, ripe- to, alcuni che in precedenza ci erano del tutto ignoti. In altri casi accade invece di non riuscire a ricondurre il singolo testo a un’opera precisa. Abbiamo percié tutta una serie di testi, anche filosofici, che sono rimasti anonimi. Tale é, ad es., un vasto commen- to al Teeteto platonico di cui si pud solo dire che il suo autore doveva essere un «medioplatonico», cioé un seguace del cosiddetto Platoni- smo Medio. II papiro non pud essere posteriore al 150 d.C., e si ritie- ne che l’opera sia stata scritta circa un secolo prima (mentre il cosid- detto Neoplatonismo comincid a prendere forma solo intorno al 200 d.C., per poi precisarsi e affermarsi, con Plotino, nella seconda meta del III secolo). Di conseguenza la scoperta e pubblicazione di sempre nuovi ine- diti tramandati dai soli papiri ha comportato — e comporta — un conti- nuo aggiomamento delle conoscenze, quindi il rifacimento, poniamo, delle edizioni di Pindaro e Menandro, la dilatazione del Corpus Aristotelicum (cosi da includervi l’Athenaion politeia) e 1a riorganiz- zazione del corpus dei frammenti di singoli autori alla luce del nuovo che di tanto in tanto affiora. La circostanza é tale da movimentare la ricerca sui testi, filosofi- ci e non, dell’antichita greca e romana (cosi come, del resto, di altre aree: ad es. la Cina del V-III sec. a.C.) e da rendere praticamente indi- PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néilosofia_in_Ita 63 spensabile tenersi aggiornati almeno sulle pid significative di queste scoperte. Quando, ad es., vennero pubblicati due fondamentali papiri di Antifonte (uno nel 1915, l’altro nel 1922), prese forma un vastissimo dibattito intorno alla possibilita di dare fondamento all’antica tesi secondo cui si dovrebbe distingue- re tra due intellettuali omonimi e contemporanei, uno, il retore, politicamente orientato in senso conservatore ¢ un altro, il sofista, politicamente orientato in senso democratico. II risultato @ tuttora sotto gli occhi di tutti: le enciclopedie continuano a parlare di due diversi Antifonte quantunque, a partire dagli anni Settanta, la comunita scientifica abbia progressivamente fatto macchina indietro, giungendo alla conclusione che una simile distinzione dovrebbe essere lasciata cadere perché priva di fondamento. Analogamente diffondersi sul pensiero di Protagora e Prodico senza tener conto delle informazioni ora desumibili dal papiro di Tura (la loro pubblicazio- ne risale, rispettivamente, al 1968 e al 1966) rischia, ormai, di alimentare un giu- stificato sospetto sulla professionalita di una simile trattazione, e discorso analo- go dovra farsi sul conto delle edizioni di (¢ delle monografie su) Empedocle che venissero pubblicate nei prossimi anni qualora non tenessero conto dell'impor- tante papiro la cui pubblicazione, mentre scriviamo queste note, é data per immi- nente (presso I’editore berlinese De Gruyter, in un volume dovuto ad A. Martin ¢ O. Primavesi). 53 - La riscoperta dei papiri: Ercolano, Ossirinco, Derveni, i Khanoum (A) Il primo atto di questa storia memorabile, che ancora conti- nua, é stato la rilevazione, nel 1752, di un gruppo di papiri greci car- bonizzati in una sontuosa residenza — si suole parlare di “villa dei papi- ri” o “villa dei Pisoni” — localizzata nei ‘sotterranei’ di Ercolano. La loro preservazione, talora in apposite casse, é dovuta all’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., che notoriamente copri la zona con una imponen- te colata di fango e lava (che nella zona raggiunge i 27 m.), e al con- seguente crearsi di un ambiente pit che protetto dall’umidita quantun- que la villa fosse prospiciente il mare (il quale, per effetto della lava e di sedimentazioni successive, @ ormai arretrato di oltre 100 m.), tanto da avere un suo porticciolo. La peculiarita di questi documenti — un mi- 64 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA gliaio di rotoli, ormai identificati in 1837 unita — @ dunque di essere dei papiri “cotti” dal calore (carbonizzati), quindi oltremodo fragili, neri e tuttavia leggibili a condizione di esaminarli in controluce, meglio se con I’aiuto di lenti 0 microscopi. In prima battuta si provd a “segare” i rotoli in due, in modo da agevolare le operazioni di isolamento delle lamine, sia pure sapendo di disperdere non pochi frammenti di testo. A distanza di appena un anno dalla scoperta, l’abate Antonio Piaggio seppe ideare un metodo piutto- sto efficiente — e meno incauto — per svolgere e appendere le lamine a una struttura tessile. Intanto nel 1755 venne fondata un’apposita Accademia Ercolanese, mentre i papiri venivano ben presto trasferiti al Palazzo Reale di Napoli, dove sono tuttora conservati in un’apposita «Officina» annessa alla Biblioteca Nazionale. Alla fine del Settecento é poi iniziata una pit sistematica produzione di disegni e, quindi, di lastre in rame — talora prontamente rimpiazzate da altre pid accurate — che vennero poi riprodotte in appositi volumi (23 nel corso dell’ Otto- cento), unitamente a una prima forma di trascrizione e a una traduzio- ne in latino. Una volta conclusa la fase dello svolgimento dei rotoli meno com- patti (quelli che erano rimasti chiusi in delle casse) e delle lamine esterne (pid facili da trattare) degli altri, é emersa la drammatica diffi- colta di procedere oltre, verso il “nocciolo duro” (letteralmente) di questi rotoli, difficoltaé che deve ancora essere veramente superata nonostante il progressivo perfezionamento delle tecniche. Ci si chiede anzi se si arrivera mai, in futuro, a condurre a termine lo svolgimento. Ricordiamo, con l’occasione, che accade a volte di liberare delle lami- ne costituite da due strati (nel qual caso si parla di «sovrapposto» e «sottoposto» in relazione alla loro curvatura), con possibilita di deci- frare tutte e due le serie di segni. La decifrazione ha permesso di constatare che i papiri ercolanesi sono di inequivocabile ispirazione filosofica e che l’epicureismo non @ semplicemente l’oggetto ricorrente, ma |’ ortodossia, il pensiero domi- nante e, in ogni caso, il filo conduttore dell’intera collezione, che oltre- tutto include la trascrizione di molte lettere di Epicuro, indirizzate a una varieta di allievi. PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A WOlosofia_in_Ita 6§ Si é cosi venuti a sapere dell’esistenza, ad Ercolano, di un auten- tico circolo di ferventi epicurei, capeggiato da Filodemo di Gadara, i] quale risulta anche essere autore di un’alta percentuale di questi scrit- ti, Di recente poi (circa dieci anni fa) @ affiorato il nome di Virgilio: una sorpresa e, al tempo stesso, una circostanza in qualche modo atte- sa, dato che Virgilio non soltanto fu anch’egli notoriamente vicino all’epicureismo, ma visse a lungo in Campania, all’incirca negli stessi anni in cui Filodemo mise radici ad Ercolano (Virgilio é morto nel 19 a.C.: Filodemo, nato verso il 110, mori intorno al 30 a.C., trascorrendo ad Ercolano |’intera seconda meta della sua vita). A Ercolano vennero del resto rinvenuti anche dei papiri latini. Questi papiri ottengono dunque di dilatare e molto la nostra cono- scenza degli sviluppi della scuola epicurea e della cultura espressa da questa scuola a distanza di un paio di secoli dalla morte del maestro. Gli scritti filodemei individuati, talora di vaste proporzioni, includono quella storia della filosofia un po’ sui generis di cui si parlera nel corso del cap. 11, il commento a due dialoghi di Platone e una gran varieta di trattati su temi di etica e di costume’(con frequenti ‘affondi’ pole- i contro gli Stoici), nonché di retorica, poetica ed ‘economia’. Sono stati inoltre individuati scritti dello stesso Epicuro (oltre alle lettere, soprattutto frammenti da vari libri del suo Peri phuseos), di altri epi- curei — Metrodoro, Polieno ed Ermarco (IV secolo), Colote e Carnei- sco (prima meta del III secolo), Polistrato (III-II secolo), Demetrio Lacone e Zenone Sidonio (II-I secolo) —, dello stoico Crisippo e di due autori latini di dubbia identificazione. Nell’insieme, si tratta di una documentazione importante che, non foss’altro per il fatto di riflettere da vicino delle dispute di scuola, tichiede perd dei lettori che abbiano gia una cospicua familiarita alme- no con la filosofia del periodo ellenistico. Ricordiamo inoltre che la “villa dei papiri”, tuttora chiusa al pubblico (sono appena ripresi gli scavi), situata a nord rispetto alla zona piil sistematicamente Scavata dell’antica Ercolano, e che nella villa venne contestualmente rinvenuto un gran numero di pregiatissime sculture in bronzo e in marmo, pid un certo numero di dipinti parietali. Tutto questo materiale @ da tempo conservato (e in buona parte esposto) al Museo Nazionale Archeologico di Napoli. 66 L ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA Per saperne di pid si veda il Manuale di Papirologia Ercolanese di M. Capasso (Lecce, Congeda, 1991). (B) Non molto tempo dopo il rinvenimento dei papiri ercolanesi — precisamente nel 1778 — avvenne la scoperta dei primi papiri egiziani, il cui stato di conservazione é risultato essere di gran lunga migliore perché la sabbia aveva preservato sia il supporto fisico sia le scritte, che hanno dunque, in media, un buon grado di leggibilita. Una quanti- ta addirittura impressionante di papiri & affiorata, in particolare, a Ossirinco e ad Arsinoe: grosso modo all’altezza del 29° parallelo”*. La scoperta dei papiri egizi comportd, specialmente a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, una ancor pil vasta e spettacolare mobilitazione di filologi e direttori di musei. Cid dipende da una combinazione di circostanze degna di nota: —trisultato che molti di questi papiri contengono dei testi letterari greci (gli autori pit! diversi, compresi i filosofi, nonché una varieta di testi biblici). Ne & derivata una impensata possibilita di dilatare la nostra conoscenza su moltissimi fronti, e cosi pure di riscontrare non pochi testi disponibili su codici medievali con delle copie indipendenti e molto pid antiche; —non meno grande é risultato il numero dei documenti papiracei che in vario modo documentano la vita amministrativa e la stessa vita quotidiana dell’Egitto dei Tolomei: documenti contabili e catastali, corrispondenza tra fun- zionari e tra privati, questioni connesse ai furti nelle piramidi e nelle altre tombe regali (cose che avvenivano gia nell’antichita), contratti e cosi via (nonché copie di testi dell’ Egitto pid antico), il che ha permesso l’acquisizione di un gran nume- to di conoscenze sul conto di una societa molto caratterizzata che in precedenza era assai mal conosciuta; — siccome il papiro egizio é relativamente in buono stato (nulla di parago- nabile alla precarieta di quelli di Ercolano) ed @ un oggetto che si presta ad esse- Te esposto nei musei; siccome poi la scoperta dei papiri egizi fu -e in larga misu- Ta &, tuttora — un fatto occasionale ¢ privato, attorno ad essi é potuto prosperare, al Cairo, un autentico mercato di settore, che ha coinvolto e coinvolge non sol- tanto la comunita scientifica e le universita ma anche la rete museale”, Da qui il » V. la tav. ft. 0.7. ” Una curiosita: ai primi del Novecento i tedeschi organizzarono un vero e proprio PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Nolosofia_in_Ita 67 valore economico del papiro egizio, che contrasta con il carattere di bene esclu- sivamente pubblico dei papiri ercolanesi; — di conseguenza é stato anche possibile trasferire questi papiri nelle sedi piu diverse, il che ha comportato una vistosa moltiplicazione dei centri di ricer- ca papirologica, quindi anche un ulteriore sviluppo della papirologia, fra l’altro anche in prospettiva storiografica, valorizzando cioé i papiri documentari per ricostruire la vita pubblica e privata dell’Egitto ellenizzato. Ne @ derivata, specialmente a partire dal 1880-90, una nutrita serie di pub- blicazioni papirologiche in varie sedi (inizialmente soprattutto Londra e Berlino), che tuttora continua. In questo ambito trova posto una recente iniziativa editoriale italiana: i) Corpus dei papiri filosofici greci e latini diretto da Francesco ADORNO e colla- boratori, che dal 1989 si publica a Firenze, presso Olschki, e che limita peraltro il campo di osservazione ai papiri non ercolanesi (in compenso, nel primo volu- me di questo moderno Corpus, alle pp. 15-78, figura un utile repertorio, a cura di T. Doranpi, dei moltissimi filosofi antichi — oltre 350 (!), tra cui, come @ natu- rale, sia una quantita di figure assolutamente minori sia una quantita di nomi che a noi continuano a dire ben poco — che vengono menzionati nei testi ercolanesi). Quanto ai problemi di decifrazione, essi derivano dal fatto che molti di que- sti documenti sono laceri e assai frammentati, con bordi mancanti, colonne di testo incomplete e addirittura righe mutile (v. tav. ft. n. 8). La loro decifrazione si é pertanto rivelata impresa pur sempre ardua, con ampio e inevitabile spazio per ’elaborazione di sempre nuove congetture miranti a colmare le lacune di sin- goli testi. Accomplicare non poco la vita a chiunque voglia capirci qualcosa contri- buiscono inoltre la varieta delle grafie, decisamente maggiore che non ad Erco- Jano (si tratta infatti di documenti prodotti lungo l’arco di oltre mezzo millennio) ¢ la varieta della loro origine e funzione (testi letterari, documenti della pubblica amministrazione, lettere e altri documenti privati). (C) Ci sono poi dei casi un po’ anomali. A giungerci carbonizzato € anche il papiro di Derveni (localitd situata nei pressi di Salonicco). 0 totolo, scoperto nel 1962, risale grosso modo all’eta di Aristotele e, «Deutsches Papyruskartell, cioé una struttura unificata per I’acquisto di papiri egiziani, che aveva lo scopo di non far lievitare i prezzi per effetto di un eccesso di concorrenza tra gli acquirenti e che prevedeva la ripartizione dei papiri cosi acquisiti tra una varietA di musei € biblioteche associati nel ‘cartello’. 68 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA. come si & potuto vedere, contiene un testo (di autore non identificato se non in maniera molto dubbia™) in cui si commentano le composi- zioni poetico-religiose attribuite al mitico Orfeo e, fra laltro, si ripren- de qualche tema eracliteo. Questo papiro fini, come sembra, tra il legname usato per bruciare il corpo di un defunto illustre e quindi la sua preservazione, pur sempre imperfetta, dipende da una ulteriore combinazione di circostanze casuali. Del papiro di Derveni si attende ancora l’edizione critica, che verra probabilmente inclusa nel Corpus dei papiri filosofici greci e Jatini. Sull’argomento esiste gia, nondimeno, una vastissima letteratu- ra, inclusa una specifica trattazione nel terzo volume di tale Corpus. Un caso limite @ poi la recente scoperta di una sorta di ex-papiro filosofico ad Ai Khanoum, nel Jontano Afghanistan (1977, ma se ne & avuta notizia solo dieci anni dopo). In questo caso il papiro non é per- venuto, ma se ne é fortunosamente conservata la... decalcomania su un piccolo numero di zolle di terra molto compatta (non esattamente dei mattoni) in mezzo alle quali esso era andato a finire non arrotolato ma steso”. Il luogo del ritrovamento non poteva non far pensare alla spedi- zione di Alessandro Magno, quindi agli anni 330-325 a.C. Ne dobbia- mo dedurre che Alessandro si era portato con sé 0 si era fatto inviare — e fino in Bactriana dove, si ricordi, all’epoca venne fondata una delle tante citta chiamate Alessandria — non soltanto 1’ /liade e I’ Odissea”, ma anche dei libri di filosofia e fra questi un testo piuttosto polemico nei confronti della dottrina platonica delle idee. Si suppone infatti che quelle non molte righe di testo possano derivare da uno scritto dello stesso Aristotele, il quale non fu solo precettore di Alessandro Magno * Si é pensato. in particolare, a Stesimbroto di Taso (seconda meta del V secolo a.C.). Una scheda accurata e aggiornata sul papiro di Derveni é quella, dovuta a M. S. FuNGHt, che figu- ra nel gid citato Corpus dei papiri filosofici greci ¢ latini, vol. III, pp. 565-585. ~V. tav. ft. n, 9, La documentazione di base 2 reperibile in C. Rapin, Fouilles d’Av Khanoum, VIL, La trésorerie du Palais hellénistique d’Ai Khanoum (Paris, De Boccard, 1992), alle pp. 115-121. * Come riferisce Plutarco nella sua Vita di Alessandro, al cap. 26. PARTE ll - TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néilosofia_in_Ita 69 ma. quando apri la sua scuola, poté verosimilmente contare anche su rilevanti sovvenzioni *governative’. Quanto si é appena riferito basta per capire quale grado di curio- siti — anzi, di eccitazione — simili ritrovamenti sappiano scatenare tra gli esperti. Detto cid, va ribadito che le unita testuali rintracciate tra i papiri, pur avendo dilatato in misura rilevante le nostre conoscenze, ci offro- no pur sempre una quantita di testi incomparabilmente pit esigua di quella a cui abbiamo accesso grazie ai codici medievali. 5.4 - Il passaggio dal volumen al codex Occupiamoci ora di qualche altra essenziale tappa dell’intricatis- simo itinerario grazie al quale noi possiamo tuttora accedere a un gran numero di testi antichi. Un simile itinerario non @ fatto soltanto di innumerevoli riscritture, ma anche di nuovi standard progressivamen- te invalsi in materia di confezionamento delle unita testuali. La trasformazione pit importante che ha subito il papiro nella sua lunga storia riguarda appunto le modalita di confezionamento del pro- dotto, quindi l’abbandono del volumen e Vadozione di una prima forma di rilegatura dei fogli di papiro, cioé il passaggio dal rotolo al codice. Si parla di membranae (0 codex) a partire dal momento in cui i fogli di Papiro vengono piegati in due per poi scrivervi su tutte e quattro le facciate risul- tanti. Questi fogli, spesso raggruppati quattro a quattro, cosi da formare il qua- ternio (gr tetradion), venivano inoltre protetti con due tavolette di legno pill o meno ben lavorate (in effetti si suppone che codex possa derivare da caudex, «pezzo di legno») e rilegati, praticando su tutti gli strati dei fori attraverso cui far passare poi una o pid cordicelle. La risultante @ stato appunto I’antenato del nostro libro. Si sono in effetti ritrovati fogli di papiro forati e, in ambiente romano, qualche raro esemplare di copertina in cuoio variamente trattato. Un altro accorgimento connesso a questa evoluzione fu I’introduzione della Pagina ben squadrata, con miglioramento del risultato grafico complessivo. 70 L. ROSSETTI - INTRODUIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA La nuova ‘moda’ dovette affermarsi con l’avvento del Cristiane- simo (gia prima del 100 d.C.) ovvero, secondo altri, gia ai tempi di Giulio Cesare. Tra i primi a parlare di membranae risulta essere |’apo- stolo Paolo nella seconda lettera a Timoteo (cap. IV, § 13: pépe kai Ta PiBria, udALoTa Tas WE" Bpdvas”, «portati anche i libri, soprattutto le membranae»). Se il codex ebbe la fortuna che ha avuto, é per pregi quali i se- guenti: + Ja maggiore maneggevolezza (per scorrere le pagine non é pil necessario usare le due mani), * la possibilita di rilegarlo e quindi proteggerlo (un rotolo che cade corre seri rischi di spezzarsi), ¢ la possibilita di concentrare nel medesimo codice un insieme pid ampio di testi, di allestire cioé dei codici miscellanei, , la maggiore facilita con cui si poteva andare a ricercare un passo contenuto nell’interno (il cosiddetto «statim invenire»: forse si usaro- no, a tale scopo, dei segnalibri), per cui mentre il rotolo obbligava alla lettura continuata, il codice permetteva anche qualche forma di con- sultazione rapida. Un effetto importante fu la diffusa “codicizzazione” dei testi, cioé il riversamento del contenuto dei rotoli nei codici (poi su pergamene — i codici membranacei propriamente detti — e infine, a partire dal seco- lo XII, su carta), specialmente nel caso delle opere ritenute importan- ti, quindi ad es. nel caso dei grandi corpora in quanto, come gia si é avuto occasione di segnalare, nell’opera d’alto livello e nella raccolta di molte o tutte le opere del medesimo autore si poté ravvisare una pro- duzione talmente importante da dover essere non solo preservata (e quindi riprodotta), ma anche resa pid facilmente consultabile. E potuto cosi accadere che tra i codici medievali si rinvenissero, oltre a testi liturgici e di argomento religioso, soprattutto le opere rite- nute importanti (tra quelle che nel frattempo non erano andate perdu- * La traslitterazione fonetica (quella che prescinde dall’uso di rendere, ad es., la fcon ph) da la seguente combinazione di suoni: fere kai ta bibha, malista tas membranas. ARTE Il "TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néifosofia_in_Ita 7] te). Da qui, ripetiamo, uno speciale interesse per i papiri nella misura in cui essi ci permettono di accedere, sia pure in modo del tutto casua- le, a testi di cui, in eta alto-medievale, si era persa la traccia anche sol- tanto per il venir meno di una specifica committenza. Il passaggio successivo fu, come si & accennato, l’adozione su larga scala della pergamena che, gia in uso nella Roma imperiale, fini per soppiantare del tutto il ricorso ai papiri, forse anche in relazione alle accresciute difficolta di approvvigionamento per via delle tensioni con if mondo arabo. Si ricordera, con l’occasione, che nel Medioevo, per risparmiare sulla pergamena, si fece un largo ricorso alla pratica del palinsesto: sbiaditura di un vecchio testo (sottoposto a forme non imprudenti di lavaggio) e riutilizzo della medesima pergamena per scrivervi sopra qualche altra cosa, il che spesso permette al paleografo di decifrare anche il testo sottostante una nuova serie di scritture. 5.5 - Fattori di dispersione e di recupero dei testi classici nel Medioevo Si da il caso che la dispersione di testi greci abbia riguardato pres- soché soltanto I’Occidente latino dove, specialmente nella lunga fase di crollo degli standard culturali (secoli VI-X), fu sempre pid raro tro- vare qualcuno che conoscesse quella lingua. Nell’area bizantina, inve- ce, sopravvisse un’organizzazione statale e religiosa, quindi un mini- mo di tradizione culturale. Cid permise, grazie anche alla continuita della lingua, il perpetuarsi di una certa familiarita con i testi antichi. Aandare dispersi furono, per esempio, gli scritti che quella societa poté considerare censurabili (ad es. molta poesia d’amore). Nel caso dei testi filosofici ‘pagani’ la censura (0 auto-censura) é stata media- mente meno severa. Ne hanno risentito in modo particolare quegli autori che poterono sembrare pii intuitivamente contrari all’ortodossia cristiana, come Democrito ed Epicuro (@ significativo che, in quest’ ul- timo caso, siano giunti fino a noi unicamente i testi inclusi nel decimo libro delle Vite di Diogene Laerzio). Si sono pit spesso salvate, inve- 72 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA, cé, le opere che in un modo o nell’altro toccavano, sia pure in un’ otti- ca non cristiana, dei temi di interesse religioso, ovvero ne prescinde- vano largamente (es. certi testi di logica e retorica che noi tendiamo a considerare parte integrante della tradizione filosofica). Va poi ricordato che molti testi greci — in particolare, svariati testi filosofici e tecnico-scientifici — finirono in Asia Minore, furono tradot- ti in varie lingue (specialmente in arabo) e vennero riscoperti dall’Occidente per questa via a partire dal secolo XII (in proposito v. i] prossimo paragrafo). Il nostro patrimonio di testi greci deve dunque moltissimo anche alla fase in cui in Occidente decolld una memorabile fase di ricerca di cid che non figurava nelle biblioteche monastiche e vescovili. Il punto di partenza é stata la fase di rilancio della domanda di cul- tura: un crescendo che comincid a manifestarsi nel secolo XI, si con- solidd con la creazione e la vistosa affermazione delle prime universita nel Duecento, e da allora prosegui pressoché senza battute di arresto fino ai nostri giomi. In effetti questa domanda non poté non configu- rarsi, in primo luogo, come rinnovata ‘fame’ di testi antichi. Da qui, per cominciare, la moltiplicazione dei codici tardo-medie- vali, il valore aggiunto costituito dalla ‘moda’ dei codici miniati che tuttora ammiriamo e il definitivo avvio di un processo di conservazio- ne non pid solo selettiva dei testi greci e latini: la domanda fu appunto tale da comportare la sistematica riproduzione (e studio) di tutto cid di cui si prendeva via via coscienza, quindi la perlustrazione delle biblio- teche monastiche e la riscoperta di non poche opere che si credevano perdute (si ricorda, di solito, l"entusiasmo con cui il Petrarca condusse e fece condurre ricerche da molti corrispondenti, commissiond ed ese- gui copie con I’intento di rimuovere gli errori materiali, annotd con lar- ghezza e mise in piedi una imponente biblioteca personale in cui seppe far posto anche a un Omero e a un Platone pur dolendosi di essere «sordo» alla loro «voce», la vox Graeca). Un altro effetto della rinnovata diffusione della lettura @ stato il miglioramento delle soluzioni grafiche: in primo luogo I’introduzione dello stacco tra le parole (inizialmente ad opera dei monaci irlandesi nel VII-VILI secolo), quindi l’introduzione dell’«a capo» e dei capilet- PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELLANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néilosofia_in_Ita 73 tera (eventualmente miniati), la moltiplicazione di titoli e sottotitoli, V'introduzione dei titoletti correnti nella parte alta di ogni pagina e lo sviluppo della «cartulazione» (numerazione dei quaterniones, solita- mente effettuata servendosi prima di tutto delle lettere dell’alfabeto)”. Rimane pero che, tolti casi eccezionali, il copista medievale fu essenzialmente un calligrafo che lavorava per conto di un committen- tc (tale fu, spesso, il caso dei copisti che lavoravano nei grandi mona- steri) e faceva un lavoro di tipo esecutivo. Siccome il compito era, come sempre, di riprodurre fedelmente, la bravura del copista si mani- festava nella capacita di riscrivere tutto cosi come gli veniva ordinato, ¢ di farlo appunto in forma calligrafica, cosi da produrre dei testi pre- cisi e attendibili, conferendo alle pagine anche un qualche valore este- 1 Fu percid inevitabile che il passaggio di copia in copia compor- tasse il gia ricordato accumularsi delle pit diverse inesattezze, e cosi pure dei tentativi (non necessariamente felici) di rimozione degli erro- ri pid evidenti. Sulla fase di riscoperta dei testi classici e, in particolare, sulla ‘lavorazione’ dei testi greci in ambienti bizantino v. G. Pascucci, I fondamenti della filologia classica (Firenze, Sansoni, 1956, 71962), specialmente alle pp. 62-70. Per cominciare a orientarsi sui vari tipi di scrittura antica e medievale si vedano, a integrazione dei testi segnalati a fine sez. 5.1, le pp. 251-341 della Introduzione alla filologia classica, volume a cura di pid autori uscito intorno al 1960 presso I’editore Marzorati di Milano (1’anno di edizione non é indicato). 5.6 - Una fonte alternativa: le traduzioni arabo-latine Occupiamoci ora della stagione delle cosiddette traduzioni arabo- latine, decisive per l’espansione della gamma dei testi disponibili in Anteriore al Mille @ stato anche !’affermarsi, in ambiente bizantino, della serittura minu- scola greca, «escogitata per risparmiare pitt spazio che tempo, ma accuratissima nell’obbliga- toria registrazione persino dei segni diacritici: apostrofi, spiriti, accenti» (cosi il Pascucct in I fondamenti della filotogia classica, Firenze, Sansoni, 1962, p. 65). 4 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA quanto ebbe luogo in un’epoca in cui il panorama delle traduzioni dal greco era limitatissimo: un solo dialogo di Platone (il Timeo) e, per quanto riguarda Aristotele, pressoché soltanto quelle parti dell’Orga- non che erano state tradotte, a suo tempo, da Boezio: qualche testo neoplatonico ma nulla, per esempio, di Plotino. La vicenda ha degli antefatti degni di nota. Mentre ad Atene erano ancora attivi dei peripatetici impegnati nella pro- duzione di commenti ¢, a Ravenna, Boezio si dedicava appunto a tradurre in lati- no l'intero Corpus Aristotelicum (peraltro senza andar oltre la traduzione di parte dell’ Organon), l’imperatore Giustiniano prese, nel 529, la decisione di chiudere la «Scuola di Atene» e di espellemne i capi in quanto espressione di un paganesi- mo al quale egli era deciso a porre la parola fine. Fu cosi che lo scolarca (anzi il “diadoco””) di allora, Simplicio, si trasferi a Harran, alla corte del re persiano Cosroe, per circa un quarto di secolo e sempre in veste di intellettuale, quindi non senza portare con sé una vasta collezione di opere (non solo di Aristotele) e di commenti. Cid non comporto Ja totale scomparsa di tali scritti dalle biblioteche greche, ma quanto meno inauguro un altro lungo periodo di diffusa disinformazione (che fu di gran lunga maggiore in ambiente latino) e di ridotto interesse. Nel frattempo, e per almeno un secolo e mezzo, Aristotele aveva goduto di speciale attenzione a Edessa, in Siria, e nel 489, a seguito di persecu: |, un buon numero di cristiani nestoriani (tra cui alcuni assidui lettori di Aristotele) erano finiti in Persia, non senza mettervi solide radici. Fu cosi che, una volta islamizzata anche I’area persiana, l'attenzione per Vopera di Aristotele poté sopravvivere e interessare profondamente anche una cerchia di intellettuali persiani e arabi di spicco, non a caso denominati «falsafa» © «falasifa» (trasparente deformazione di philosophoi) proprio per il fatto di valorizzare quel che sapevano della tradizione filosofica e scientifica” greca e di teorizzare l’incontro fra l’ortodossia coranica e quella tradizione che, dato il tipo di libri a loro accessibili, ruotava prima di tutto attorno ad Aristotele ed a non * Cioe «successore». Gli scolarchi di questa istituzione venivano infatti indicati come «i suecessori» del fondatore. Di cid @ traccia in qualche edizione di opere di PROCLO (es. Ia sua Theologia Platonica, che viene talora indicata come opera di «Proclo Diadoco»). Specialmente in ambiti come la matematica (grazie soprattutto alla conoscenza dell’ope- ra di Buclide), l"astronomia (conoscevano, fra Ialtro, Tolomeo) € la medicina (avevano acces- so, fra l'altro, alle opere di Galeno). PARTE Il - TESTI PUBBLICATI NELL’ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Néilosofia_in_Ita 75 pochi commentatori di eta imperiale e di formazione neoplatonica (nonché ad autori come Euclide, Tolomeo e Diogene Laerzio). Nonostante periodiche resistenze dell’ortodossia islamica, che espresse forme anche acute di diffidenza nei confronti dei «falsafa», le traduzioni dal greco finirono per essere accolte come un patrimonio costitutivo della cultura araba. Fra l’altro diedero luogo a una ulteriore produzione di commenti; protrat- tasi fino oltre il XII secolo. In questo ambito trovd inoltre posto un certo flusso di traduzioni e commenti in ebraico. Per saperne di pid @ da poco disponibile un bel libro: C. D’ANcona Costa, La casa della sapienza. La trasmissione della metafisica greca e la formazione della filosofia araba (Milano, Guerini e Associati, 1996). Qualche altro dato & reperibile in E. GRANT, La scienza nel Medioevo (197), trad. it. Bologna, Il Mulino, 1983), capp. Il e II. Poté cosi accadere che nella prima meta del secolo XII, e precisa- mente nella Sicilia sottratta alla dominazione araba e nella Spagna par- zialmente ‘riconquistata’, gli intellettuali di lingua latina pervenissero a prendere coscienza dell’esistenza, in traduzione araba, di molte opere a loro inaccessibili. Poterono cosi crearsi le condizioni per intrapren- dere la sistematica ritraduzione in latino («traduzioni arabo-latine»). Cio si é verificato prima di tutto nell’area di Toledo, dove spicca fra i traduttori la figura di Gerardo da Cremona, e subito dopo a Paler- mo. Da notare che le prime traduzioni dall’arabo effettuate a Toledo avvennero, come pare, passando attraverso ulteriori filtri linguistici (lo spagnolo o l’ebraico), mentre a Palermo si tradusse direttamente dal- T’arabo. Il risultato fu non soltanto la riscoperta di moltissimi testi, ma una sorta di progressiva — e inizialmente irrefrenabile — infatuazione della comunita scientifica, specialmente parigina, per Aristotele (nonché per tutta una serie di commenti arabi) molto pitt che per altri autori. Il feno- meno — che, come é noto, suscitd iniziali e tenaci (quanto inefficaci) Tesistenze anche sul fronte dell’ ortodossia cattolica®’ — si spiega consi- > Ci furono numerosi pronunciamenti delle autorita ecclesiastiche tra il 1210 e il 1270; si ricordi inoltre la disputa sull’averroismo. 16 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA derando che I’antico Aristotele risulto essere portatore di un sapere accessibile agli intellettuali dell’epoca e tuttavia sensibilmente pit avanzato, pid articolato, meglio strutturato, pili ‘solido’. Di conse- guenza lo standard culturale dell’epoca fini per rivelarsi obsoleto, il che non mancé di generare un incredibile sconcerto e di imporre — let- teralmente imporre — l’immediata adozione su vasta scala del nuovo standard e di un linguaggio aristotelizzante che si osserva persino in intellettuali contrari a tale aristotelismo, come ad esempio Bonaven- tura di Bagnoregio. Nel frattempo, a seguito della quarta crociata (1202-1204) e dei circa venti anni in cui a Costantinopoli resse un Impero Latino d’O- riente, si riattivarono i contatti tra il mondo latino e Bisanzio. Poté quindi prendere il via una forte domanda di originali in lingua greca, con conseguente avvio di una fase in cui si moltiplicarono le traduzio- ni condotte direttamente sugli esemplari greci. In particolare il dome- nicano Guglielmo di Moerbecke, lavorando in stretto contatto con Tommaso d’ Aquino, poté tradurre la quasi totalita del Corpus Aristo- telicum (nonché una serie di commenti greci ad Aristotele ed altre opere) tra il 1240 e il 1270. Fu cosi che i centri di cultura superiore dell’occidente latino tor- narono, un po’ alla volta, a riappropriarsi di un patrimonio rimasto inaccessibile per ben sette-otto secoli, a leggere anche il greco e ad atti- vare una grande domanda di esemplari che costituisce appunto il gros- so dei codici medievali greci pervenuti fino a noi, quindi un punto di arrivo nella successione delle copie e un punto di partenza dietro al quale é raro poter risalire nella ricerca di esemplari antichi (infatti i codici anteriori al Mille costituiscono una sparuta quanto preziosa minoranza). 5.7 - Il passaggio alle edizioni a stampa Laltra fase decisiva é infine quella delle opere a stampa (i famo- si € ambiti «incunaboli», termine che indica, con evidente connotazio- ne affettiva, i primi prodotti, quattrocenteschi, dell’arte della stampa; PARTE Il TESTI PUBBLICATI NELL'ANTICHITA E TESTI PERVENUTI FINO A Hilosofia_in_Ita 77 quindi le «cinquecentine»). Una volta affermatasi la nuova tecnica, i maggiori tipografi investirono energie cospicue non semplicemente nella offerta di nuovi esemplari di ogni cosa in piccole tirature pit o meno pregiate, non soltanto in una perfezionistica ricerca di bei carat- teri (le famose edizioni «aldine» a Venezia; si ricorderanno inoltre i molti caratteri ideati da Claude Garamond nella Parigi di meta Cinque- cento) e di una sempre pid funzionale impaginazione ~ e cosi pure nella sistematica introduzione di paragrafi, della numerazione delle righe e di altri accorgimenti finalizzati a rendere sempre pid agevole e rapida la consultazione — ma anche nella predisposizione di edizioni fondate sul confronto di pit codici, che danno dei testi «emendati», liberati cioé dalle mende che era normale rinvenire nelle copie esegui- te a mano. La tiratura in serie di qualche centinaio di esemplari giustificava infatti l’investimento di cospicue energie allo scopo di dare al pubbli- co colto dei testi che, oltre ad essere di pit facile lettura e di minor costo, fossero anche pid accurati dal punto di vista della correttezza ortografica e della sensatezza dei testi. Pertanto i migliori tipografi furono quasi sempre anche degli au- tentici esperti, in grado di sovrintendere personalmente alla ridefini- zione dei testi da stampare. Tale fu Aldo Manuzio, ¢ la stessa cosa deve dirsi, fra l’altro, di una famiglia di stampatori parigini che si specia- lizzd appunto nella produzione di sempre pit accurate edizioni dei classici latini e greci tra il 1544 e il 1592: gli Estienne (Stephanus é il nome latinizzato)". In particolare a Henri Estienne si deve l’editio princeps (cioé la prima edizione a stampa) di ben diciotto autori greci (quella di Platone funge tuttora da edizione di riferimento: v. al capi- tolo 9). E dunque a questi maestri stampatori (pid che, poniamo, al pur valoroso Petrarca) e poi ad intellettuali di ancor pid alto livello come ™ In proposito andra segnalato il volume Annales de !'imprimerie des Estienne, ou Histoire de la famille des Estienne ct de ses éditions. di A. RENOUARD, uscita a Parigi nel 1843 ¢ ristam- Pata di recente dalla Burt Franklin di New York 78 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA. Erasmo da Rotterdam che si deve |’avvio della critica testuale e l’im- postazione di cid che oggi chiamiamo edizione critica. Con il passaggio al libro a stampa si determinarono in via defini- tiva sia la possibilité di una lettura decisamente agevole, sia quella moltiplicazione di esemplari che ha enormemente ridotto (per non dire azzerato) il rischio di dispersione dei testi classici. Approfondimenti in A. PRaTEsI, Genesi e forme del documento medievale (Roma, Jouvence, 1983). Pure interessante é un volumetto appena uscito: B. BLASSELLE, Il libro, dal papiro a Gutemberg (Milano. Electa Einaudi/Gallimard. 1997). Filosofia_in_Ita PARTE II L’APPORTO DELLA CRITICA TESTUALE E DELLA FILOLOGIA PARTE IIL- L'APPORTO DELLA CRITICA TESTUALE E DELLA FILOLOGIA —Filosofia_in_Ita_ 81 6. LA RESTITUTIO DEI TESTI ANTICHI Un testo passato attraverso le vicissitudini sopra riferite é la risul- tante di tanta attenzione e, al tempo stesso, di sviste che non potevano non moltiplicarsi nel passaggio di copia manoscritta in copia mano- scritta. Ci sono poi le scelte dei committenti e gli usi degli utenti, da cui dipendono molti accorpamenti (0 scorpori), molti titoli, I’attribuzione della paternita di non pochi testi. Accade infatti che qualche opera cir- coli anche con un titolo improprio o che venga assegnata a un dato autore a torto (es. nel caso del Liber de causis, che nel Medioevo & a lungo passato per un’opera di Aristotele). In effetti, la fase della circolazione incontrollata di testi diversi che, dicevamo, caratterizz6 |’eta ellenistica, si ripeté nel Medioevo, ma mentre in quella fase (pid raramente in eta imperiale) poté prendere forma una contestuale ricerca filologica, qualcosa di analogo si é nuo- vamente verificato solo con i primi umanisti e poi, su pid larga scala, con l’introduzione dell’arte della stampa’. Ora perd si tentera di dare un’ idea non della filologia rinascimen- tale, bensi della prassi ecdotica — cioé delle procedure attraverso le quali si arriva a una moderna edizione di testi antichi e dei relativi stan- dard — che si é venuta stabilizzando in tempi a noi pid vicini (in parti- colare ad opera di Karl Lachmann, prima meta dell’Ottocento) e che, con qualche periodico adattamento, viene tuttora seguita. ” V.la sezione 5.7. Da notare che il Medioevo conobbe una produzione di falsi minore di quella che si era registrata in eta ellenistica. 82 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA, 6.1 - La restitutio come obiettivo della critica testuale Lo schema generale individua prima di tutto un obiettivo fonda- mentale, la restitutio, cioé il tentativo di risalire. per quanto possibile, aclementi significativi della configurazione originale dei testi antichi. Comprensibilmente, per “configurazione originale” non si intende la resa grafica o l’insieme delle convenzioni ortografiche di una certa epoca, ma la configurazione del testo, quindi le parole di cui un certo testo era verosimilmente costituito e lo stesso ordine in cui & verosi- mile che queste parole si susseguissero. La comunicazione scritta si configura infatti come una successio- he organizzata di sottogruppi e gruppi di parole (a) oggettivate, mate- te, tradotte in segni grafici e (b) portatrici di un significato, di aggio, di una idea, di una informazione o notizia. Si parte inoltre dal presupposto che nel corso dei secoli abbia po- tuto determinarsi, per le ragioni pil diverse, non solo qualche corrup- tio (qualche alterazione, qualche salto, qualche aggiunta indebita, qual- che trasformazione fuorviante, qualche errore materiale), ma un accu- mulo di deformazioni e manipolazioni a carico dell’insieme di parole di cui il testo originario era costituito. Qualcosa del genere si & talora verificato perfino nel caso delle iscrizioni marmoree (forme di riuso 0 aggiornamento di un‘iscrizione precedente), ma la lapide divenuta priva di significato e rimasta inutilizzata poteva persino diventare un elemento recuperabile a fini edili, a titolo di mero blocco di pietra. Ma se é accaduto che un testo sia stato fatto ricopiare, forse addi- rittura decine di volte, tanto che ci & potuto pervenire, cid vuol dire che quel testo non é stato semplicemente ritenuto significativo da qualcu- no anche a distanza di tempo (che cioé qualcuno vi ha ravvisato una insieme di significati, di informazioni ecc.), ma che é stato ritenuto uti- lizzabile da qualcuno per i suoi fini. Pertanto c’é motivo di pensare che il nuovo esemplare sia stato in qualche misura adatrato alle esigenze del nuovo utente o gruppo di utenti, reso in qualche modo pid funzio- nale, quindi forse manipolato, non importa se con aggiunte, commenti € annotazioni, con tagli o con modifiche di altra natura. Di conseguen- za dobbiamo come minimo attenderci che quando una certa parola ri- LAPPORTO DELLA CRITICA TESTUALEE DELLAFILOLOGIA —Filosofia_in_Ita 83. sultava priva di senso — cioé propriamente irriconoscibile: non per nul- la i greci usavano il verbo anagigndskein, «riconoscere» proprio nel senso di riuscire a ridare significato a dei segni e farli di nuovo parla- re anche se la prima impressione poteva essere di trovarsi di fronte a dei segni ‘muti’, cioé non dotati di senso — agli occhi di un dato letto- re/committente di nuovi esemplari, tale insomma da ostacolare ai suoi occhi il riuso dell’ unita testuale di cui quella parola faceva parte, que- sti sia stato quanto meno tentato di rimodularla allo scopo di conferir- le di nuovo quel senso che questo lettore poteva ritenere — ma a torto 0 a ragione? con quanta competenza e sulla base di quale gamma di informazioni? — ragionevole e pertinente. In simili condizioni, un tasso di relativa disinformazione (che rende propriamente indifesi di fronte all’antigrafo disponibile) e il non riuscire a capire qualcosa possono ben aver prodotto interventi addirit- tura snaturanti. Gli interventi del tipo indicato comprensibilmente assumono le forme pid diverse, poco 0 molto spettacolari. In ambiente arabo, per esempio, era abba- stanza normale che il copista musulmano aggiungesse, quando il filosofo antico portava il discorso su Dio, una serie di epiteti (es. «el Vno, el Durable, el Criador, el Sabio, el Poderoso», come si legge nei Bocados de oro, una antica versione spagnola di libere rielaborazioni da Diogene Laerzio effettuate in ambiente arabo); quando poi il discorso cadeva sugli arconti o gli strateghi, era altrettanto normale che la frase venisse riscritta in modo da evocare il sovrano o sultano (perché in ambiente islamizzato o non si aveva idea di un assetto di tipo demo- cratico o si aveva un interesse ad evocare assetti del potere non troppo remoti da quello vigente). Inoltre i nomi propri, debitamente arabizzati, danno luogo a tra- sformazioni non sempre intuitive. Si é parlato, in altra occasione. dei «falsafa», ma abbiamo anche «Aflimun» (Polemone), «Aflatun» (Platone), «Sbl‘qws» (Simplicio). A sua volta «Xenocrates» diventa, nelle versioni arabo-latine, «Ca- 2enortes», «Cazanocrates» o «Casanocratis». Ci sono poi le sviste involontarie, gli errori materiali e il cumulo delle manipolazioni inconsapevoli che hanno avuto luogo nel passag- gio di copia in copia. La restitutio si configura dunque come il percorso a ritroso, il ten- tativo di passare dalle copie che per tante ragioni possono risultare 84 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA variamente manipolate a una loro nuova e (sperabilmente) pit giudi- ziosa riconfigurazione, tale da far quasi dimenticare le sedimentazioni successive e improprie, tale cioé da rimetterci in contatto non con il testo utilizzato, poniamo, nell’Irlanda del secolo IX (cosa pur sempre interessante — anzi, forse illuminante — per chi si occupa della cultura irlandese di quel periodo) ma con qualcosa che rifletta per quanto pos- sibile da vicino il testo che, a suo tempo, Aristotele in persona avra det- tato ai suoi scribi. La possibilita di procedere alla restitutio é data in primo luogo dall’esistenza di pil esemplari del medesimo testo, esemplari che, essendo manoscritti, facilmente cumulano tutta una serie di sviste e manomissioni. Paradossalmente, proprio il cumulo é di aiuto, in quan- to il confronto pud talvolta permettere di capire da quando una certa lectio (cioé una certa configurazione di una o piil parole) é entrata nel- l'uso riproducendosi poi molte volte negli esemplari successivi. In secondo luogo si assume che il testo originario doveva essere almeno un po’ sensato, per cui é possibile individuare una quantita di dettagli che risultano talmente dissonanti per poter escludere che figurassero tali e quali gia nell’ originale. In terzo luogo @ possibile notare gli ana- cronismi, cioé l’impossibilita dell’autore A, vissuto in una certa epoca, di aver notizia dell’evento B, avvenuto posteriormente alla sua morte (per esempio |’ Assioco che figura nel Corpus Platonicum include, alle pagine 365d e 369b, l’evocazione di un’idea che sappiamo essere epi- curea: & seriamente pensabile che l’abbia potuta escogitare gia Platone, per giunta in una forma cosi prossima a quella ‘canonica’ di Epicuro? Una variante degli anacronismi sono, del resto, anche gli usi linguisti- ci estranei a una data epoca 0 comunque incompatibili con il vissuto dell’autore che se ne sarebbe suppostamente avvalso. Nella prima delle epistole che figurano quasi in appendice al Corpus Platonicum, a p. 309b, si legge ad es. questa frase: «avendo guidato pid volte la vostra citta come autokrator». Tutto quel che sappiamo sul conto delle vicende siciliane di Platone ci porta ad escludere che egli abbia mai avuto (tanto meno pid volte) un qualche potere assoluto su Siracusa, e cosi pure che a Siracusa sia stata mai istituzionalizzata la figura del dictator (equivalente latino di autokra- tor). Allora Marsilio Ficino ebbe a congetturare: forse & stata manomessa I’epi- PARTE Ill - L’APPORTO DELLA CRITICA TESTUALE E DELLAFILOLOGIA —-Filosofia_in_Ita 85 grafe pensando, a torto, che se Je altre dodici lettere di questo gruppo sono tutte scritte da Platone, tale doveva essere anche la prima della serie; quindi & possi- bile che questa prima lettera sia stata indirizzata non da Platone a Dionisio ma da Dionisio a Platone, il che spiega un po’ meglio i termini della questione. In realti la comunita scientifica ha da tempo convenuto di lasciar cadere anche questa ipo- tesi e di ravvisare nella prima epistola - come de! resto in altre della serie — una vera e propria (e non troppo maldestra) contraffazione. In quarto luogo é possibile capire la ratio di singole supposte ma- nipolazioni, e non solo nel caso dell’errore materiale, della svista, del refuso. In quinto luogo é possibile effettuare una varieta di confronti, ad es. con altre opere sicuramente dovute al medesimo autore, cosi da notare tutta una serie di scelte terminologiche e sintattiche ricorrenti, il che costituisce un ulteriore indicatore. In realta il numero dei possibili indicatori e delle possibilita di dubitare o di non dubitare della singola lectio & semplicemente infinito. Si noti che, per le ragioni indicate, molti di questi accertamenti so- no possibili anche nel caso dell’attestazione unica (quando ad es. i! papiro ci propone un testo non altrimenti documentato). Parte integrante di queste operazioni é anche, come ben si intui- sce, un’altra forma di restitutio: la “restituzione” al suo effettivo auto- te di un’opera (il numero delle false attribuzioni, anche in buona fede, é infatti considerevole; ci sono poi le falsificazioni intenzionali), ovve- ro di un inserto che non pud essere opera dell’autore A ma si ha moti- vo di attribuire all’autore B (colui che, in ipotesi, ha redatto la parafra- si successivamente incorporata nel testo di cui é parafrasi). C’é poi la “restituzione” del frammento all’opera da cui é stato estratto e la sua ricollocazione - congetturale, ma fondata su una congettura ragionevo- le, le cui ragioni si possono pertanto esplicitare e argomentare - nel punto logico, cioé dopo di cid che verosimilmente precedeva e prima di cid che verosimilmente seguiva una certa dichiarazione. Si consideri inoltre che molti di questi accertamenti sono cosi poco soggettivi da poter essere condivisi da una molteplicita di filolo- gi, per cui il margine di aleatorieta della restitutio non potra che restrin- Sersi progressivamente. Da qui un immediato corollario: simili operazioni sono la risul- 86 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA tante di una ricerca a molte mani che é per definizione incessante, per cui la nuova restitutio, sempre che non risulti essere addirittura peg- giorativa (pud darsi anche questo), sara verosimilmente migliore della precedente e sara prudente teneme conto. 6.2 - Una serie di operazioni preliminari: dalla recensio allo stemma codicum Queste operazioni riguardano solamente il caso in cui la singola unita testuale sia disponibile in pit esemplari (pit codici, ovvero pid codici e qualche papiro). Cid richiede, prima di tutto, la recensio, vale a dire l’inventariazione dei «testimoni», con connessa ricerca di indi- catori sulla origine e datazione di ciascun esemplare, cioé sul contesto nel quale ha preso forma (anche questo pud infatti essere illuminante). A tale scopo sono di grande aiuto (a) la ricerca paleografica, cioé la possibilita di stabilire che, dato il tipo di scrittura, un certo documento dovrebbe risalire a quell’epoca, cultura e societi le cui pratiche di scrittura trovano riscontro nel «testimone» esaminato, (b) la ricerca diplomatica e sulla “cultura materiale” del documento, che permette ugualmente di capire svariate cose sull’epoca di produzione, i criteri di confezionamento e redazione del testo, eventualmente il tipo d’uso previsto. Asua volta la recensio permette di procedere a un’altra non secon- daria operazione preliminare: la cosiddetta eliminatio codicum de- scriptorum, attraverso una prima forma di collatio, cio di confronto fra gli esemplari disponibili (cf. l’espressione agostiniana aliquem multorum codicum vetustiorum collatione confutare*) alla ricerca del- le affinita e delle differenze tra esemplare ed esemplare. Quando, ad es., la copia A e la copia B del medesimo testo riproducono abbastanza regolarmente le specifiche di una copia pid antica a noi pervenuta, la » C. Faust. 32,16 («confutare qualcuno sulla base del confronto con molti codici antichi»). PARTE Ill - LAPPORTO DELLA CRITICA TESTUALEE DELLAFILOLOGIA —Filosofia_in_Ita 87 C. mentre non tengono mai conto delle peculiarita della copia D, anch’essa pit antica, & giocoforza pensare che A e B dipendano da C e solo da C,e I’uso é di classificare queste ulteriori copie - apografi da un antigrafo ugualmente noto — appunto come copie (il termine descriptium significa, appunto, «ricopiato», «tra- ito»). Posto dunque che, almeno per quanto riguarda l’esatta configurazione del testo, queste ulteriori copie non abbiano nulla di significativo da dire e non diano prova di un’apprezzabile cultura filologica, sara il caso di accantonarle. Teneme conto equivarrebbe a dare importanza a interventi che potrebbero sem- mai cogliere nel segno per puro caso. Il passo successivo @ un livello ulteriore della collatio, questa volta con l’obiettivo di reperire indicatori che permettano di delineare lalbero genealogico presuntivo delle copie pervenute, cosi da farsi un’idea dei due, tre o pill percorsi che sono stati seguiti nel passaggio di copia in copia. I] nuovo obiettivo sara pertanto la costituzione dello stemma codi- cum: V’albero genealogico delle copie. E questo il tentativo di capire come e quando le trascrizioni si sono venute diversificando, cosi da ricondurre interi gruppi di testimoni visibilmente affini al medesimo archetipo e individuare quelle due, tre, cinque configurazioni da cui sono poi derivate, come filiazioni, tutte le altre copie. Si trattera dun- que di individuare le diversificazioni pit antiche di questo apparente- mente caotico passare di copia in copia e cosi raggiungere un ulteriore livello di ‘trasparenza’ della successione di esemplari. Che |’archetipo cosi individuato — non l’originale, ma l’antenato pur sempre riconosci- bile di una intera “famiglia” di codici — non sia pervenuto é a questo punto secondario, perché l’operazione serve essenzialmente per indi- viduare le varianti significative (quelle che hanno effettive possibilita di riflettere la configurazione archetipica del documento con maggio- te fedelta) e accantonare quelle che non meritano di essere prese in considerazione perché dovute solo a interventi tardivi. Queste due forme di collatio si fondano pertanto su una rilevazio- ne mirata delle varianti (per brevita ricorderemo che «Cazenortes», «Cazanocrates» e «Casanocratis» sono varianti di «Xenocrates»). 88 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA 6.3 - Verso l’edizione critica: coniecturae ed emendationes. L’apparato critico. La normalizzazione ortografica Una volta arrivati a questo punto, ha senso procedere ad effettive operazioni di restitutio, e in questa fase il lavoro sulle varianti prece- dentemente selezionate non potra che farsi sistematico. Un problema che le operazioni descritte nel paragrafo precedente avranno permesso di risolvere almeno in parte (ma solo in parte) é ]’in- dividuazione dei presumibili errori materiali e dei presumibili errori di interpretazione. Si parla di errori materiali quando i] copista mostra di aver equivocato tra lettere simili per grafia (es. tra A, A e A), di aver ripetuto o omesso una 0 pil let- tere, cioé quando emergono delle mere sviste involontarie. Tipico, a questo riguardo, é il caso della aplografia: la svista consistente nel saltare occasionalmente qualche lettera (ovvero una riga), generando un nonsen- so 0, in qualche caso, una vera e propria alterazione del senso. Supponiamo di incappare in un TOYTONAOP ON (cioé: Tottov Aéyov"™, «questo discorso») che non ci convince perché !’uso greco privilegia la dicitura con I’articolo, e cioe Tot Tov Tov Myov (TOYTONTONAOT ON). Non ci vorra molta fantasia per pensare che qualche copista, pur credendo di riprodurre tutte le lettere pertinenti, ne abbia saltate tre per identita con altre tre lettere contigue (cf. Ja parte sottolineata). Liinverso sarebbe la dittografia, qualora ad es. ci fosse motivo di ritenere che il TOYTONTONAOTPON attestato dai codici debba riflettere un pit semplice TOYTONAOPON, qualora si abbia cioé motivo di ritenere che TON dovrebbe essere stato scritto una seconda volta per errore. Si parla invece di errori di interpretazione quando si sospetta che il copista abbia potuto modificare una certa parola o gruppo di parole ritenendo (magari a torto) che, per via dell’errore di qualche altro copista, la frase risultasse priva di senso € si prestasse a ridiventare intelligibile intervenendo su un certo dettaglio. In un caso si ritiene, ad es., che un qualche copista di Platone abbia ritenu- to di dover correggere TTAPA®POXYNAI® in TALAI ZAPPOLYNAI D* (ndoats ddpooivats, intendendo cioé «situazioni di totale dissennatezza» in alternativa a un sinonimo piuttosto raro ma usato in testi di medicina, napadpoobvats, che * Traslitterazione fonetica: touton logon (e poi: touton ton logon). ~ Traslitterazione fonetica: parafrosiinais c pasais afrosiunais. PARTE III - LAPPORTO DELLA CRITICA TESTUALE E DELLA FILOLOGIA —Filosofia_in_Ita 89 corrisponde al nostro «delirii») in quanto forse non aveva notizia del termine tec- nico e poteva pertanto considerarlo inattendibile, da imputare cioé alla svista di qualche altro copista. Infatti in altre copie si legge proprio TAPASPOXYNAID:, termine che oltretutto appare pid intonato al contesto (che é la p. 36e) del Filebo, dove prende forma una doppia negazione: ott’ év paviats ott’ év mapappoot- vats*!, «né nei casi di pazzia né nei casi di delirio»). Abbiamo con cid un buon motivo per pensare che il gruppo di codici in cui compare tacais adpootvais riproduca alquanto meccanicamente a scelta effettuata da chi ha dettato il testo al copista dell’esemplare posto al vertice di una intera famiglia di codici (che ci sia o non ci sia pervenuto) per eccesso di zelo, ¢ che invece i codici in cui si legge tupappootvats dipendano da un’altra successione di copie alle quali la corre- vione in oggetto rimase estranea”. Detto diversamente: mdoais dédpooivais deve ritenersi lectio facilior rispetto a tapadpootvats, che andra dunque consi- derata lectio difficilior (cio dicitura che alcuni copisti possono aver ritenuto molto meno verosimile di tacats abpootwais). Quando poi nessuna variante (cioé: nessuna formulazione alter- nativa documentata dalle fonti) appare risolutiva, ci si pud - ci si deve - permettere di ricorrere alla coniectura. Nel tentativo di ricavare un senso plausibile grazie all’adozione di modifiche ragionevoli, pud ben essere inevitabile provarci. Va da sé che per elaborare delle congetture credibili si richieda una pit che sicura conoscenza della lingua, degli usi espressivi di un’e- poca e di quelli tipici di un certo autore. A loro volta le congetture, essendo ardite per definizione, possono anche dar luogo a vasti con- sensi, ma non di rado suscitano anche comprensibili divergenze tra gli specialisti e vengono talvolta guardate con sospetto, pensando che, almeno nel caso delle opere tramandate da molti codici, ci pud essere una eccessiva fretta ad «emendare» anziché perlustrare con maggior cura l’universo delle varianti. “ Traslitterazione fonetica: out'en maniais out’en parafrosiinais. * Si tratta, beninteso, di un indizio. Nel caso, sta ai paleografi di verificare se altri indizi confermino 0 escludano una simile ipotesi di delineazione delle “parentele” tra un intero grup- po di codici e della migliore qualita dell’uno o dell’altro. 90 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA Una possibile applicazione della coniectura é costituita dalla eventuale decisione di stampare alcune parole tra parentesi quadre ([ ... ]) 0 tra parentesi angolate (< ... >). L'uso é di intendere, nel primo caso, che in un certo punto si sospetta una lacuna che nessun testimone aiuta a colmare e che nessuna partico- lare congettura permette di sanare in modo convincente; nel secondo caso che il senso della frase richiede di far posto anche a una parola — eventualmente a una 0 pid lettere — che nei codici non figurano ma che nell’ originale dovevano pro- prio esserci. La doppia parentesi quadra ([[ ... |]) indica invece le interpolazioni (presunte; si tenga presente che nel caso dei papiri si adottano delle convenzioni un po’ differenti: di cid fra un momento). Un’altra possibilita & che in un certo punto il testo sia indiscutibilmente cor- rotto e non si riesca in alcun modo a individuare una formulazione affidabile, dopodiché all’editore non resta che gettare la spugna e ammettere di non sapersi risolvere per nessuna delle opzioni considerate. In tal caso si ricorre, per con- venzione, alla crux (0 crux desperationis), cio a un segno convenzionale che viene posto prima e dopo la parola rimasta (0 dichiarata) inintelligibile, e che ha questa forma: +", Accadra dunque di vedere una crux collocata al posto di una parola inintelligibile (che in tal caso non viene stampata), ovvero di incontrare un gruppo di parole collocato tra due cruces. Quest’ ultima scelta sta a indicare che un intero gruppo di parole sia ritenuto sospetto e, quel che pid conta, non emen- dabile in modo convincente. Vediamo ora un esempio. I primi versi del poema di Parmenide figurano unicamente nell’ Adversus Mathematicos di Sesto Empirico, libro VII, § 111, e i codici di Sesto Empirico riportano, al v. 3, un’espressione decisamente poco intonata con il contesto: KATATIANTATH, kata mdvt’ dtm: kata pant'ate («in base ad ogni destino» ovv. «in base ad ogni accecamento fatale»), Sul finite del secolo scorso Hermann Diels — l’autore a cui si deve un’edi- zione particolarmente autorevole non solo dei frammenti di Parmenide ma dei frammenti di tutti i presocratici (ne parleremo al capitolo 10) - ebbe cura di sot- toporre a autopsia, per scrupolo, pitt codici di Sesto e tra questi il codice della Biblioteca Laurenziana di Firenze denominato «Laurentianus 85.19», dove cre- dette di leggere una variante tale da sbloccare, almeno in parte, la perplessita. Vi lesse dunque KATATTANTASTH, decodificata come un kata tavt’ do: kata “ Da notare che il termine ha anche un corrispondente greco. obelos (da cui il termine inglese obelized). PARTE lll - L'APPORTO DELLA CRITICA TESTUALEE DELLAFILOLOGIA —Filosofia_in_Ita 91 pant’aste, «per ogni citth» («lungo la via del demone che porta per ogni citta T'uomo istruito»)*. Ne é derivato il classico fiume d’inchiostro allo scopo di precisare meglio il senso da dare a questa dicitura che, pur apparendo meno dissonante di KATA- ITANTATH, rimane pur sempre problematica: @ veramente pensabile che il requisito per essere ammessi alla residenza, altrimenti inaccessibile, della dea che si appresta ad accogliere Parmenide sia non soltanto la cultura ma Jo status di giramondo, o almeno la celebrita eventualmente raggiunta da un dato intellet- tuale nell’ecumene greca? che c’entra tutto questo con il viaggio vistosamente arricchito di connotazioni mitiche che Parmenide ha appena incominciato a descrivere? e che senso pud mai avere questo riferimento alle cittadelle fortifi- cate costruite dai greci? Detto diversamente: per spiegare il fatto che si parli di una «via che porta per ogni citta l’uomo istruito» non basta addurre che }’uomo istruito ha proba- bilmente compiuto pid di un viaggio nel corso della sua vita. Dopotutto, se le cavalle fanno fare a questo stesso vomo istruito un viaggio di ben altro rango é proprio per permettergli di accedere a una Verita che altrimenti gli sarebbe rima- sta interdetta. Da qui un diffuso senso di perplessita. L’apparente mancanza di concrete alternative ha nondimeno indotto il gros- so degli autori di monografie su Parmenide ad accettare senza ulteriori perples- sitd la lezione kata 147’ dom, salvo a sondare pid ipotesi allo scopo di preci- sarne al meglio il senso; e anche in anni a noi molto vicini si ¢ continuato per questa via. Senonché uno studioso inglese, i] Coxon, in poche righe ormai famose pub- blicate nel 1968 sulla rivista Classical Quarterly, ha affermato, sulla base di una nuova autopsia, che in questo caso il Diels si era semplicemente sbagliato e che come anche altri specialisti hanno in seguito potuto constatare — nel codice in qguestione non compare KATAIIANTAXTH bensi il KATATTANTATH (senza sigma) che figura negli altri codici sestani. Di conseguenza don deve ritenersi una emendatio, una congettura, non una variante, e tanto meno il testo cosi come ci é stato tramandato. Dopodiché tutti i tentativi di dare un senso plausibile ad con perdono gran Parte della loro legittimita e rimane unicamente il senso di insoddisfazione per l'apparente evocazione del Fato, tanto che ora si propende piuttosto per l’esplici- to riconoscimento che in questo punto il testo dovrebbe essere corrotto e comun- que non ha un senso plausibile. per cui, constatato che non ci sono coniecturae convincenti, ci si adatta a collocare la parola in questione tra due cruces. “ Riportiamo il dettaglio nella tay. ft. n. 10. Si veda anche Ia relativa didascalia. 92 L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA Ecco dunque che una sola lettera ha il potere di incidere in misura signifi- cativa sul senso da attribuire al pensiero di un filosofo cosi poco marginale come certamente fu Parmenide. Entra infine in gioco un altro tipo di «testimoni»: le citazioni oc- casionali estranee all’ambito dei codici, quindi i passi (es. platonici e aristotelici) che figurano negli autori pid diversi e/o nei papiri. Ogni- qualvolta si da sovrapposizione del medesimo brano, la possibilita di confrontare il testo dei codici con cid che emerge da tali citazioni - numerosissime nel caso degli autori pit’ famosi — costituisce un formi- dabile strumento di controllo perché, anche quando parliamo dei codi- ci di chi ha citato, poniamo, I"Etica Nicomachea, cioé di altri gruppi di codici medievali, il dato ci perviene sulla base di successioni di copie largamente indipendenti da quelle del testo che viene occasionalmente commentato. Se poi parliamo di papiri, risaliamo indietro, in media, di 8-12 secoli e, di nuovo, a itinerari di trasmissione dei testi il cui grado di interdipendenza tende addirittura ad azzerarsi. Da qui l’utilita di tener conto anche di questo e, semmai, la difficolta di tenerne conto nella maniera sistematica che sarebbe desiderabile. E per effetto di tutti questi riscontri, e delle decisioni conseguen- ti, che si perviene alla edizione critica (allestita cioé con criterio). Se volessimo provare a sintetizzare gli accorgimenti e i “doveri’ del filologo, potremmo forse fissarli in questi punti: * reperire nel modo meno episodico possibile i due gruppi di «testimoni» sopra indicati, * metter ordine fra queste evidenze e renderne conto in un’appo- Sita trattazione introduttiva, * discernere, al meglio delle possibilita del filologo, le concrezio- ni successive ed eliminarle, * rilevare le varianti verosimilmente significative ed effettuare delle scelte prudenti, * reintrodurre con pari prudenza cid che doveva esserci in un certo testo ma non é attestato, * rendere conto, in apparato, delle ragioni che hanno condotto ad effettuare determinate scelte.

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