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di FALSITTA
Il diritto finanziario è appunto quella branca del diritto pubblico le cui norme regolano l'attività
finanziaria, nonché la raccolta, gestione ed erogazione delle risorse economiche da parte degli enti
pubblici.
Tali norme disciplinano sia istituti di natura privatistica (come quelli inerenti alla gestione delle
imprese pubbliche), sia istituti a rilevanza marcatamente pubblicistica come quelli attinenti
all'imposizione e alla riscossione dei tributi.
Contabilità di Stato nella quale rientrano le materie più attinenti al diritto privato; in
particolare norme su:
Diritto tributario nel quale confluiscono quelle più correlate al diritto pubblico. Le
norme oggetto del diritto tributario disciplinano l'attività dello
Stato e degli enti pubblici volta al procacciamento delle risorse
finanziarie (tributi) necessarie al conseguimento delle loro finalità.
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Cap. 2
Alla categoria di cui al punto A) appartengono le entrate prodotte attraverso l'amministrazione dei
beni pubblici mediante la stipulazione di negozi di diritto privato (affitti, vendite, etc.).
Alla categoria di cui al punto B) appartengono tutte le risorse economiche, consistenti in beni in
denaro o in natura, che pervengono allo Stato in forza dell'esercizio da parte dello stesso della
potestà di prelievo coattivo.
2. Prestiti forzosi sono forme di finanziamento (mutuo) imposte dallo Stato il quale
costringe determinati soggetti a versare denaro o ad acquistare e
conservare titoli del debito pubblico per un certo tempo, con diritto, a
favore dei soggetti stessi, al rimborso della somma mutuata e degli
interessi, secondo termini e modalità determinate dall'ente pubblico
medesimo.
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Il Tributo.
Il tributo si distingue dalle prestazioni patrimoniali coattive suddette per alcuni caratteri essenziali:
a) consiste in una obbligazione che ha ad oggetto una prestazione pecuniaria a titolo definitivo
(che cioè non genera in capo all'ente pubblico obbligazioni restitutorie ed interessi);
b) consiste in una obbligazione che nasce direttamente o indirettamente dalla legge (in tal
senso è coattiva);
c) l'obbligazione nasce solo in presenza di un presupposto di fatto che non può mai consistere
in un illecito.
NB. Alcuni autori sostengono che ulteriore presupposto del tributo sia la finalità preminente di
concorrere alla spesa pubblica. Tuttavia la Corte Costituzionale ha escluso dall'ambito di
operatività dell'Art. 53 Cost. e dal concorso alle spese pubbliche le tasse la cui natura
tributaria è generalmente riconosciuta.
La distinzione tra entrate tributarie e non tributarie è assai rilevante. Infatti dal carattere tributario di
una entrata discendono conseguenze quali:
la sua impignorabilità;
L'IMPOSTA;
LA TASSA;
IL CONTRIBUTO (cd. Tributo speciale);
IL MONOPOLIO FISCALE.
Dunque l'imposta è un tributo, che si differenzia dalle altre figure per la sua funzione tipica: attuare
il concorso alla spesa pubblica. In tal senso il contribuente è tenuto al pagamento dell'imposta per il
solo fatto che esiste una spesa pubblica da distribuire tra tutti i membri di un gruppo sociale
organizzato (Stato, Regione..).
Per questo motivo, l'imposta è una obbligazione di riparto di oneri economici pubblici e
ciascun contribuente è debitore di una quota insieme alla platea di tutti gli altri contribuenti. Ogni
legge d'imposta determina i soggetti passivi della contribuzione e i relativi indici di riparto ovvero
quei fatti o situazioni dai quali si fa dipendere la determinazione della quota di contribuzione
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relativa a ciascun singolo e alla quale corrisponde il debito individuale di imposta.
L'obbligazione di imposta è una obbligazione coattiva, anche se l'evento imponibile consiste
in un comportamento liberamente posto in atto dal soggetto.
Per quanto riguarda il rapporto tra contribuenti, esso si risolve nella pretesa ad un equo riparto del
carico pubblico complessivo e a non subire un concorso alle spese pubbliche superiore alla propria
capacita contributiva. Sotto questo profilo si comprende il fenomeno della indisponibilità
dell'obbligazione di imposta: in diritto privato il creditore può sempre rinunciare al credito; il
creditore tributario non può farlo perché il suo credito non è a sé stante, ma rappresenta una quota,
una percentuale.
La tassa è una prestazione pecuniaria coattiva che il soggetto passivo è tenuto a corrispondere
all'ente pubblico in relazione alla fruizione di un servizio pubblico o di un'attività pubblica.
Generalmente il servizio pubblico viene fornito su richiesta del soggetto e produce un
beneficio allo stesso. Tuttavia questi due elementi (domanda e beneficio) non sono requisiti
essenziali: alcune tasse vengono versate a fronte di un'attività pubblica provocata ma non richiesta
dal soggetto obbligato (es. tassa giudiziaria dovuta da chi ha subito un processo penale).
il dubbio sull'appartenenza o meno alla categoria delle tasse di molti corrispettivi di pubblici
servizi (fornitura gas, acqua, elettricità).
L'appartenenza alla categoria di tassa di un dato corrispettivo è svelata dal suo concreto atteggiarsi:
Se non esiste un contratto, e l'atto fonte del rapporto non è previsto ne disciplinato
contrattualmente, l'aspetto qualificante diviene la disciplina dell'adempimento
dell'obbligazione e dell'acquisizione dell'entrata. Se il procedimento acquisitivo prevede
l'utilizzo di strumenti quali l'atto di imposizione, l'autotutela esecutiva, l'autotutela
sanzionatoria, etc, l'entrata che ne deriva è contraddistinta dalla coattività ed è per ciò una
tassa. In caso contrario si tratterà di corrispettivo.
La distinzione tra tassa e corrispettivo consiste nel fatto che solo i corrispettivi si diritto privato
sono assoggettabili ad imposta (IVA, imposta sui redditi, etc) mentre le tasse no.
l'imposta nasce in relazione ad una situazione di fatto che presenta i connotati di indice
di riparto riferibile al soggetto passivo al fine di attuare la contribuzione alla
spesa pubblica.
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Si fonda su questa distinzione l'applicabilità dell'Art. 53 Cost. sulla capacità contributiva, in quanto
tale principio è applicabile alle imposte e non alle tasse. In relazione alle tasse operano dunque altre
regole:
1. la tassa non è dovuta o, se è pagata, deve essere restituita se il servizio non è stato reso per
fatto imputabile all'ente pubblico erogatore;
2. l'ammontare della tassa non può superare il costo del servizio reso;
3. per i servizi che attengono ai bisogni essenziali o irrinunciabili della vita (istruzione
elementare, medicine) deve essere rispettato il canone della capacità contributiva e quindi i
relativi oneri non possono essere addossati a chi difetta di tale capacità.
Il contributo è una prestazione riconducibile sia all'istituto dell'imposta, sia a quello della tassa. In
tal senso distinguiamo:
In entrambi i casi si era in presenza di imposte volte a colpire plusvalori patrimoniali aventi
un duplice carattere:
1. della straordinarietà in quanto il prelievo poteva essere compiuto una sola volta in
riferimento ad un determinato bene del privato e ad una
determinata opera pubblica;
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2. della specialità in quanto l'imposizione era riservata ad una limitata cerchia di
soggetti.
Una delle finalità che può portare all'istituzione di monopoli è quella di attribuire all'erario una parte
dei corrispettivi: la parte di corrispettivo riservata all'erario rappresenta così un tributo vero e
proprio. L'entrata pubblica derivante dal monopolio non configura una categoria autonoma di
tributo, distinta dall'imposta e dalle tasse, poiché è agevolmente inquadrabile nel novero delle
imposte sulle vendite. Infatti:
sui prezzi così determinati il monopolista applica l'accisa secondo le aliquote fissate dalla
legge (es. sigarette 57%);
i tributi indennitari.
il risarcimento del danno e dell'azione di ingiusto arricchimento (Artt. 2041 ss; 2043 Cc).
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Cap. 3
LE NORME TRIBUTARIE
Art. 23 Cost. fissa per la disciplina del tributo una riserva relativa a favore della legge
(legge in senso formale, decreti legge, decreti legislativi, regolamenti
comunitari, leggi regionali).
Art. 75, 2°comma Cost. vieta il referendum abrogativo per le leggi tributarie.
Art. 81, 3°comma Cost. vieta di imporre nuovi tributi a mezzo della legge di
approvazione del bilancio statale.
Artt. 117 e 119 Cost. che disciplinano la potestà legislativa concorrente tra Stato e
Regioni.
Art. 120, 1°comma Cost. che dispone il divieto di istituire dazi di importazione,
esportazione o transito tra Regioni.
Queste delineano la competenza delle fonti. Si distinguono gli articoli della Costituzione che invece
racchiudono norme di valutazione giuridica o sostanziali le quali delimitano il contenuto che una
certa fonte può assumere. Ci riferiamo agli Artt. 3 e 53 Cost. che pongono una serie piuttosto
estesa di obblighi e divieti al legislatore ordinario in sede di regolamentazione dell'assetto
sostanziale e distributivo delle singole imposte.
In posizione subordinata rispetto alle leggi costituzionali, ma preminente in relazione a tutte le altre
fonti, si trova la legge in senso formale (e cioè gli atti normativi emanati dal Parlamento e
promulgati dal Presidente della Repubblica in conformità alla procedura ex Artt. 71-74 Cost. Le
leggi in senso formale hanno la caratteristica di:
L'efficacia attribuita alle leggi in senso formale è estesa anche alle fonti parallele, vale a dire ad atti
normativi emanati da un organo diverso, il Governo. Facciamo riferimento a:
A) Decreti legislativi
Tale fonte è frequente in materia tributaria in quanto rispecchia il tecnicismo e la
complessità della stessa. In merito ai decreti legislativi esistono i seguenti vincoli
costituzionali:
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◦ la delega legislativa deve essere deliberata dal Parlamento mediante procedura ordinaria
(è esclusa la procedura abbreviata ex Art. 72 Cost.).
◦ la delega deve essere rivolta al Governo (non ai singoli Ministri) per un tempo limitato e
per oggetti definiti (Art. 76 Cost.).
◦ la legge di delega deve fissare i principi e criteri direttivi cui il Governo deve
uniformarsi (Art. 76 Cost.).
B) Decreti legge
Sono emanati dal Governo in casi straordinari di necessità ed urgenza. Sono provvisori,
entrano in vigore il giorno stesso della loro pubblicazione e necessitano della conversione in
legge da parte delle Camere. La mancata conversione entro 60 gg dalla pubblicazione ne
determina la perdita di efficacia ex tunc.
In campo tributario anche questa fonte trova ampia applicazione: in particolare, per alcuni
tipi di tributi sui consumi (es. imposte di fabbricazione) consente di elevare il livello delle
aliquote e di applicarle immediatamente senza per questo determinare rendite fiscali e
contrazione del prelievo (cosa che si verificherebbe qualora fossero preannunciate con largo
anticipo).
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◦ allo Stato la determinazione dei principi fondamentali del sistema regionale e locale;
Se però abbandoniamo l'Art. 117 e passiamo all'Art. 119 Cost. la prospettiva muta
sensibilmente. In questo ambito i principi degradano da principi fondamentali del sistema
della finanza regionale e locale a meri principi di coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario. Divengono quindi una sorta di barriera che però non entra nel merito
della composizione del sistema.
Il problema della potestà normativa degli enti locali deve essere confrontato e coordinato
con il principio di riserva relativa di legge espresso dall'Art. 23 Cost. per cui si può ritenere
che la riserva non è stata scalfita dalla riforma del Titolo V e conserva inalterata tutta la
portata garantista che le si è sempre attribuita.
Fonti comunitarie.
Le fonti di diritto comunitario si definiscono:
1. Primarie quando le disposizioni sono contenute negli atti istitutivi della comunità;
2. Derivate se le norme non vengono prodotte dai vari organi comunitari.
Le fonti primarie della CEE, rilevanti in campo tributario sono le disposizioni contenute negli Artt.
95-99 del Trattato di Roma, che vietano la discriminazione fiscale tra gli Stati membri e
impongono l'armonizzazione delle discipline nazionali in tema di imposizione sulla cifra d'affari.
Regolamenti [Art. 189, 2°comma Trattato di Roma] Hanno portata generale, sono
obbligatori in tutti i loro elementi e sono applicabili in ciascuno degli
Stati membri. I regolamenti hanno efficacia diretta e cioè producono
effetti immediati all'interno degli Stati e sono pertanto idonei ad attribuire ai
cittadini diritti tutelabili davanti ciascun giudice nazionale.
Direttive [3°comma] A differenza dei regolamenti sono destinate agli Stati membri e
non direttamente ai cittadini. Attraverso le direttive gli organo comunitari
(Commissione o Consiglio) promuovono il ravvicinamento delle legislazioni
nazionali in determinate materie e fissano agli Stati nazionali obiettivi da
raggiungere entro un termine determinato.
Il ricorso alle direttive è assai frequente in materia tributaria e ha il precipuo
fine di armonizzare le legislazioni interne. In tal senso si è armonizzata la
prassi di ritenere le direttive, una volta scadute (sempre se sufficientemente
precise e non condizionate), abbiano efficacia vincolante e diretta, per questo
si dicono self executing.
NB. Anche le sentenze interpretative della Corte di Giustizia europea hanno diretta applicabilità
nell'ambito territoriale di ciascuno Stato ed efficacia prevalente sul diritto nazionale
difforme.
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Le convenzioni internazionali.
Il forte sviluppo delle relazioni economiche internazionali rende quanto mai necessario il
coordinamento della normativa tributaria dei vari Stati allo scopo di evitare che una medesima
manifestazione di capacità contributiva sia assoggettata a tassazione simultanea da più Paesi.
Per ovviare a questo problema, sono intervenute numerose convenzioni internazionali
bilaterali dirette ad armonizzare le legislazioni tributarie degli Stati contraenti.
Una volta intervenuta la legge di ratifica, le disposizioni delle convenzioni assumono, all'interno
dell'ordinamento, natura di norme precettive di carattere speciale rispetto alle norme generali
stabilite dal legislatore italiano.
Per ciò la soluzione dell'eventuale conflitto tra norme antinomiche di regola deve avvenire
dando applicazione al principio generi per speciem derogatur, e quindi facendo prevalere la norma
speciale della convenzione.
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Cap. 4
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applicazione il principio del tempus regit
actum e l'integrazione analogica.
2. Dell'integrazione analogica.
Le norme di rinvio.
In diritto tributario è frequente il ricorso alla tecnica del rinvio, il quale può essere espresso o tacito.
Il rinvio inoltre viene definito extra settoriale quando le norme oggetto del rinvio appartengono a
branche del diritto differenti da quella tributaria (o ad altri ordinamenti giuridici).
Per converso il rinvio si dice infrasettoriale se la norma fa riferimento a concetti ed istituti
compiutamente regolati da norme appartenenti al diritto tributario medesimo.
Infine il rinvio è mobile (o formale) quando la norma tributaria richiama un insieme di disposizioni,
dello stesso sistema tributario o di un altro settore o ordinamento giuridico, senza accoglierle e
senza trasformarle.
Tecnica di produzione.
La tecnica legislativa seguita in Italia nella redazione delle norme tributarie è oggetto di critiche, a
causa della:
4. Legislazione per casi e non per principi che consiste nel fenomeno di spezzare il fatto
imponibile in un estesa serie di fattispecie
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esclusive che non presuppongono alcuna ratio
unificatrice sottostante.
La codificazione tributaria.
L'esigenza di riordino e di codificazione delle leggi tributarie hanno portato molte iniziative dirette
alla realizzazione di una riforma generale del sistema tributario. In particolare, quella collegata alla
legge finanziaria del 2002, ha sancito determinati principi:
(g) Disciplina del soggetto passivo, dell'obbligazione fiscale, delle sanzioni e del processo,
uguale per tutte le imposte.
(i) Riconducibilità della sanzione sul soggetto che ha tratto il beneficio dalla violazione fiscale.
(j) Applicazione della sanzione penale solo ai casi di frode e grave danno per l'erario.
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L'abrogazione può essere disposta, quindi:
A) dal legislatore;
B) con referendum (tuttavia ricordiamo che l'Art. 75 Cost. vieta l'abrogazione per referendum
di leggi tributarie);
E) per effetto di una sentenza di annullamento della Corte costituzionale (con effetto ex tunc).
Il divieto di abrogazione tacita delle norme contenute nello Statuto dei diritti del contribuente.
L'Art. 1 dello Statuto dei diritti del contribuente, sancisce, in relazione alle disposizioni dello
Statuto medesimo:
Per il disposto dell'Art. 1 la legge posteriore volta a derogare e/o modificare i principi statutari deve
essere una norma di pari rango, ma generale, cioè a dire una norma diretta a disciplinare in modo
organico la materia regolata dallo Statuto.
In tal senso si cerca di impedire che successivi interventi legislativi, saltuari e improvvisati, possano
intaccare la coerenza ed omogeneità della disciplina statutaria.
Lo Statuto non si limita a porre la clausola di auto-rafforzamento, infatti aggiunge anche che le
regole da esso poste sono attuative di principi costituzionali.
PROPRIA che ha luogo quando la legge retroattiva colloca anteriormente alla propria
entrata in vigore la fattispecie ed i suoi effetti.
Tuttavia tale distinzione non è condivisibile in quanto non è possibile che una nuova norma vada
indietro determinando effetti giuridici nel tempo già decorso.
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La norma tributaria retroattiva dispone per l'avvenire ma assume a presupposti d'imposta fatti o
effetti accaduti nel passato, modificandone il trattamento (es. creando un prelievo fiscale non
esistente anteriormente).
Per quanto riguarda il problema della legittimità delle norme in questione, sono state prospettate
tre soluzioni:
uno più RISTRETTO o RIGOROSO, che affida l'interpretazione autentica alla presenza di:
◦ una legge interpretativa che lasci intatto o inalterato il testo della legge interpretata;
◦ una scelta, da parte del legislatore-interprete di uno dei possibili significati attribuibili al
testo della legge interpretata;
◦ il quid novi recato dalla legge di interpretazione autentica consiste nella espulsione o
cancellazione di tutti i possibili significati dell'enunciato linguistico interpretato
diversamente da quello prescelto dal legislatore-interprete nonché nella obbligatorietà
erga omnes ed ex tunc.
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uno più ELASTICO, qui l'intervento legislativo non è volto a fornire il chiarimento
autoritativo di una formula linguistica oscura o a dirimere contrasti giurisprudenziali, bensì a
sostituire integralmente o parzialmente il testo della legge interpretata. Tale fenomeno
consiste quindi nella di creazione di norme, più che in una effettiva interpretazione per
conferire a queste efficacia retroattiva. In tal senso può risultare viziata solo la legge
tributaria innovativa a cui è stato attribuito abusivamente il nome di interpretativa.
Tale divieto opera come criterio generale. Tuttavia il legislatore ha sentito la necessità di ampliarlo
ulteriormente in relazione alle modifiche dei tributi periodici (che nono possono produrre effetti
prima del periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore della legge; e rispetto agli
adempimenti a carico dei contribuenti (per i quali è fissata la scadenza non prima del decorso di
sessanta giorni dall'entrata in corso della norma o dell'adozione dei relativi provvedimenti attuativi).
a) che si tratti di norme qualificate come disposizioni di interpretazione autentica dalla stessa
legge che le pone in essere;
È plausibile ritenere che la qualifica richieda comunque l'effettiva esistenza dei caratteri essenziali
della norma di interpretazione autentica secondo al nozione rigorosa e ristretta espressa dalla Corte
costituzionale.
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Cap. 5
A) la determinazione dello spazio entro il quale la legge esplica la propria validità ed efficacia;
B) i limiti entro i quali possono assumere rilevanza in materia tributaria i fatti realizzati in tutto
o in parte fuori dal territorio dello Stato o ad opera di soggetti risiedenti in altro Stato;
C) i limiti territoriali della potestà amministrativa di attuazione del prelievo, da intendersi come
potere di dare concreta ed effettiva attuazione alle norme generali poste dal legislatore.
Per quanto riguarda il punto A), si può dire che la legge tributaria statale è efficace in tutto il
territorio dello Stato salve espresse deroghe legislative.
Per quanto concerne le leggi regionali e le norme tributarie eventualmente emanate dalle
Province e dai Comuni, nell'ambito della propria autonomia regolamentare, occorre sottolineare
come per esse sia indispensabile distinguere le questioni attinenti la loro validità da quelle
concernenti la loro efficacia.
Tali norme devono ritenersi dotate di efficacia limitata entro i confini dell'ente territoriale dal
quale provengono e dovranno essere osservate in ogni parte del territorio nazionale, da parte di tutti
gli organi giurisdizionali ed amministrativi chiamati a dar loro concreta attuazione.
Il principio di stretta correlazione tra sovranità e potestà normativa permette poi di affermare la
esclusività della legge tributaria italiana nel territorio dello Stato. Non vi è dubbio che il legislatore
ordinario possa sottoporre a tributi interni:
sia soggetti (stranieri o non residenti) per fatti che si siano verificati nel territorio dello
Stato;
sia soggetti residenti in Italia per fatti che si siano realizzati all'estero.
Per quanto riguarda il punto B), quello della sussistenza di limiti per il legislatore ordinario, in
relazione al territorio, nella delimitazione dei presupposti d'imposta, questi debbono in ogni caso
rispondere a un determinato criterio di collegamento con il territorio dello Stato.
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Criterio oggettivo da rilievo al legame tra fatto e territorio. In base ad esso, le imposte
devono essere applicate a tutte le situazioni di fatto che si verificano
nel territorio dello Stato, prescindendo dal legame esistente tra il
soggetto che le realizza e il territorio medesimo.
Criterio soggettivo valorizza il legame tra soggetto e territorio. In base a tale criterio, le
imposte si applicano a tutte le situazioni di fatto realizzate da soggetti
legati in un certo modo al territorio dello Stato di residenza ed in
alcuni casi anche solo di cittadinanza, indipendentemente dal luogo in
cui le situazioni si verificano.
Grande importanza nella disciplina del fenomeno in esame hanno le convenzioni internazionali
contro le doppie imposizioni, alla cui conformazione e diffusione hanno dato un contributo decisivo
talune organizzazioni internazionali.
A livello convenzionale il problema della doppia imposizione può essere eliminato in primo luogo
tramite l'attribuzione ad uno solo dei due Stati contraenti della potestà normativa tributaria in
relazione a fatti ricollegabili oggettivamente ad uno e soggettivamente all'altro Stato. In queste
ipotesi la potestà in discorso è generalmente assegnata allo Stato cui il fatto si ricollega
soggettivamente.
In ordine ai fatti per i quali la potestà normativa non è convenzionalmente attribuita in via esclusiva
ad uno degli Stati contraenti, e cioè ai datti che possono essere considerati fiscalmente rilevanti
tanto nello Stato cui sono ricollegabili oggettivamente, viene invece riconosciuta una sorta di
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preminenza alla potestà normativa dello Stato della fonte rispetto a quella dello Stato della
residenza.
Quanto all'efficacia delle norme contenute nelle convenzioni internazionali, si può osservare che,
una volta che la ratifica di queste ultime sia stata autorizzata con legge ordinaria dal Parlamento, le
norme di cui trattasi acquistano nel nostro ordinamento forza di norme primarie.
In proposito occorre ricordare che ai sensi dell'Art. 128 del TUIR le disposizioni di questo
documento normativo si applicano se più favorevoli ai contribuenti, anche in deroga alle norme
contenute negli accordi internazionali contro le doppie imposizioni.
In diritto internazionale è pacifica la non collaborazione tra Stati per quel che concerne la materia
dei tributi. Ne consegue che:
L'amministrazione finanziaria di uno Stato non può compiere atti autoritativi di polizia nel
territorio di un altro Stato;
L'amministrazione finanziaria non può neppure obbligare quella di un altro Stato a compiere
atti autoritativi in sua vece.
Pertanto, molte delle convenzioni internazionali sulla doppia imposizione prevedono disposizioni
relative alla collaborazione tra le Amministrazioni finanziarie degli Stati contraenti nell'attività di
polizia tributaria in relazione alle imposte interessate dalle convenzioni medesime.
Il problema della collaborazione tra Stati diversi nell'attività di polizia tributaria è stato affrontato
anche nell'ambito dell'UE, con la direttiva n°77/799 relativa alla reciproca assistenza fra le autorità
competenti degli Stati membri nel settore delle imposte sui redditi e sul patrimonio, e poi con la
direttiva n°79/1070 che ha esteso all'IVA il campo di applicazione della prima.
Nella legislazione italiana costituiscono norme di attuazione delle direttive in questione, fra le altre,
quelle contenute negli Art. 31, 3° e 4°comma dpr 600/1973 e Art. 65 dpr 633/1972, i quali
dispongono che l'Amministrazione finanziaria provveda allo scambio con le autorità competenti
degli altri Stati membri dell'UE delle informazioni necessarie ad assicurare il corretto accertamento
delle imposte sui redditi, sul patrimonio e sul valore aggiunto, e che a tal fine essa possa autorizzare
la presenza nel territorio italiano di funzionari delle Amministrazioni finanziarie di questi altri Stati.
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da un soggetto nel primo Stato;
l'Amministrazione finanziaria anzidetta non può neppure agire in giudizio nel secondo Stato
per ottenere il riconoscimento del proprio credito e la condanna del debitore, come un
normale creditore poiché il giudice del secondo Stato non è tenuto ad applicare la normativa
di diritto pubblico del primo.
Ancora una volta la strada migliore risulta quella degli accordi internazionali. In genere tali accordi
prevedono che l'Amministrazione finanziaria di uno Stato, su richiesta di quella dell'altro, proceda
alla riscossione delle imposte dovute da un soggetto in quest'ultimo Stato secondo le norme sulla
riscossione dei propri crediti tributari della medesima natura.
La direttiva CEE n°76/308 concernente l'assistenza reciproca fra gli Stati membri nel recupero di
determinati crediti, in materia di crediti tributari risulta applicabile a quelli derivanti dalla disciplina
sui dazi doganali, e la direttiva n°79/1071 ne ha esteso gli effetti anche sui crediti relativi all'IVA.
▪ Per la determinazione del limite del controllo si applica l'Art. 2359 Cc in materia di
società controllate e società collegate;
▪ Per evitare la doppia imposizione si concede un credito a fronte delle imposte pagate
a titolo definitivo nel Paese della controllata ed è esclusa la tassazione straniera, fino
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a concorrenza degli utili assoggettati a tassazione “separata”, nonché automatica.
In deroga al criterio generale, secondo cui nelle transazioni commerciali ciò che rileva è il
corrispettivo pattuito tra le parti a prescindere dal valore corrente dei beni o servizi
scambiati, quindi, tale disciplina, comunemente definita transfer price, tende a evitare che,
soprattutto all'interno dei gruppi internazionali, si attui una politica di risparmio fiscale
utilizzando opportunamente i corrispettivi praticati tra le società appartenenti al medesimo
gruppo, per cui il rilievo riconosciuto al valore normale rappresenta lo strumento in grado di
ricondurre le oscillazioni dei prezzi infra-gruppo entro limiti tollerabili.
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La presunzione disposta dalla nuova legge è però configurata come relativa poiché il
contribuente può fornire la prova del fatto che la società estera svolga prevalentemente
un'attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondano ad un
effettivo interesse economico e che le stesse abbiano avuto concreta attuazione.
La deduzione è comunque subordinata alla separata indicazione nella dichiarazione dei
redditi dei relativi ammontari dedotti.
Tale disciplina non si applica alle operazioni intercorse con imprese estere partecipate alle quali
risulta applicabile la normativa CFC. Anche se tale disposizione si pone come un ostacolo ad
intrattenere rapporti di affari con soggetti residenti in Paesi con regime fiscale privilegiato, inclusi
nella “lista nera”.
L'Art. 10 della legge 448/1998 ha introdotto nell'Art. 2 del dpr n°917/1986 il comma 2-bis a
mente del quale “si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani
cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi regime
fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta
Ufficiale”.
È evidente che con il comma 2-bis il legislatore ha introdotto una presunzione legale relativa
di residenza in Italia di quei cittadini che, anche se cancellati dall'anagrafe dei residenti ed iscritti
all'AIRE, hanno stabilito la loro residenza in uno degli Stati o territori della cd. Black List.
La presunzione legale relativa composta un'inversione dell'onere della prova: graverà sul cittadino
italiano residente in un paradiso fiscale l'onere di provare all'amministrazione finanziaria di avere
stabilito la propria dimora abituale nel paese privilegiato, di essere ivi titolare di utenze, etc..
le persone fisiche,
le società di capitali,
le società cooperative,
L'Art. 166 prevede che se i soggetti dinanzi elencati trasferiscono la residenza o la sede all'estero,
devono essere considerati realizzati al valore normale i plusvalori connessi al trasferimento
dell'azienda o del complesso aziendale salvo che tali beni non confluiscano in una stabile
organizzazione ubicata in Italia sempre che non ne siano successivamente distolti.
Tale norma ha quindi lo scopo di frapporre ostacoli fiscali al trasferimento all'estero della
collocazione territoriale del soggetto d'imposta.
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Cap. 6
I PRINCIPI COSTITUZIONALI
SEZIONE I
RISERVA RELATIVA DI LEGGE IN MATERIA DI PRESTAZIONI IMPOSTE
Potestà normativa tributaria intesa come potestà di produrre atti normativi diretti alla
disciplina del tributo;
L'esercizio delle potestà normativa in materia tributaria incontra ancora limiti di natura
costituzionale. Tra questi ha rilevanza il disposto dell'Art. 53 che disciplina i requisiti sostanziali
della prestazione imposta, fissando il principio della capacità contributiva.
Il combinato disposto degli Artt. 3 e 53, 1°comma Cost. ha attribuito rilevanza costituzionale al
principio di territorialità, in forza del quale il legislatore può adottare solo presupposti di imposta,
soggettivi o oggettivi, che presentino elementi di collegamento con l'ordinamento italiano
(cittadinanza, residenza, dimora, nazionalità).
Inoltre ricordiamo l'Art. 23 Cost. secondo cui nessuna prestazione patrimoniale o personale può
essere imposta se non in base alla legge.
Infine l'Art. 81, 3°comma Cost. che vieta al Parlamento di stabilire nuovi tributi con la legge di
approvazione del bilancio.
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disciplina delle reciproche prestazioni integralmente ed inderogabilmente determinata in via
unilaterale da una delle parti;
Non sono comprese nell'ambito dell'Art. 23 Cost. prestazioni coattive che risultino disciplinate da
altri precetti costituzionali, quali:
Per quanto attiene al concetto di legge, è pacifico che le prestazioni personali o patrimoniali
possono essere imposte oltre che in base a leggi in senso formale anche tramite leggi costituzionali
ed atti con forza di legge (decreti legge e decreti legislativi).
Anche la legge regionale è di per sé idonea a soddisfare la riserva di legge di cui a tale
articolo.
Sul piano sistematico, si rileva che il precetto dell'Art. 23 Cost. va coordinato con quello sancito
dall'Art. 5 Cost. che riconosce e promuove le autonomie locali: solo una riserva relativa consente di
lasciare spazio alle esigenze di autonomia degli enti locali.
In sostanza quindi, nella legge deve essere racchiusa la disciplina degli elementi necessari ad
identificare le prestazioni (cd. an debeatur), ossia dei fatti al cui verificarsi esse sono dovute
(presupposto del tributo) e dei soggetti obbligati ad effettuarle (contribuente, sostituto, etc).
Per converso, la disciplina relativa alla determinazione quantitativa delle prestazioni in denaro (cd.
quantum debeatur) può essere contenuta in atti diversi dalla legge, purché quest'ultima fissi idonei
criteri direttivi, limiti e controlli.
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3. l'intervento di un organo tecnico;
SEZIONE II
PRINCIPIO DI CAPACITA' CONTRIBUTIVA
In secondo luogo, l'Art. 53, 1°comma Cost. enuncia il principio fondamentale che il concorso alle
pubbliche spese cui tutti sono chiamati, deve avvenire “in ragione della loro capacità contributiva”.
Per cui oltre a sancire l'obbligo di contribuzione, si specifica l'idoneità del privato, sotto il profilo
economico, alla contribuzione.
L'Art. 53 è quindi una sorta di proiezione dell'Art. 2 Cost. il quale chiama tutti i membri della
collettività all'adempimento “dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” e
del principio di uguaglianza sancito dall'Art. 3 Cost.
Al 2°comma si afferma il principio secondo cui “il sistema tributario è informato a criteri di
progressività”. Progressività significa maggiore incidenza percentuale del prelievo a mano a mano
che aumentano le ricchezze sulla cui base il prelievo è commisurato.
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La capacità contributiva come capacità economica soggettiva e la sua funzione garantista. La
capacità contributiva come presupposto, parametro e limite quantitativo del prelievo fiscale.
Il principio di capacità contributiva impone il riferimento alla forza economica del soggetto. La
capacità contributiva come forza economica soggettiva opera, in primo luogo, quale presupposto
della contribuzione. Non vi può essere obbligo di contribuzione a carico di un soggetto del tutto
privo di capacità economica.
Secondariamente esse funge da parametro della imposizione posta a carico di ciascuno. Tanto
maggiore è la capacità economica di ciascun soggetto, tanto più elevato è il contributo che a tale
soggetto può e deve essere richiesto.
Questi tre aspetti evidenziano l'incontestabile funzione anche garantista dell'Art. 53 Cost.
Ulteriore profilo della funzione garantista della capacità contributiva: la tutela costituzionale
del minimo vitale.
È chiaro che chi dispone di mezzi appena sufficienti alla esistenza propria e della propria famiglia,
pur presentando una capacità economica, non può ritenersi contributivamente capace.
Alle stesse esigenze richiamate risponde il principio dell'esonero per carichi di famiglia. Non può
esistere idoneità alla contribuzione se non dopo che il soggetto, oltre ai bisogni primari propri, ha
soddisfatto le esigenze primarie di sopravvivenza dei propri familiari a carico.
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(b) Incoerenza all'interno di una stessa imposta.
Esempio, l'incostituzionalità delle norme sull'imposta di successione che consentivano di
calcolare il valore dell'azienda caduta in successione in base alla differenza tra attivo e
passivo per le aziende commerciali o industriali e vietavano la deduzione delle passività per
le aziende agricole. La sentenza ha eliminato l'incoerenza interna al sistema dell'imposta.
La norma che fissa i criteri di ripartizione, una volta che sia stata approvata ed entri in vigore, è la
base di un diritto soggettivo di ciascun contribuente verso tutti i restanti concorrenti al riparto.
Per ciò è corretto dire che l'intangibilità dei criteri di riparto e la loro vincolatività erga omnes
sia tutelata dagli Artt. 2, 3, e 53 Cost.
A questo punto siamo in grado di toccare con mano l'incostituzionalità della legislazione
condonistica italiana che non si limita come dovrebbe e potrebbe, a rimettere in discussione le
sanzioni irrogabili a fronte delle violazioni discali che si vogliono condonare ma va oltre e altera, a
vantaggio dei trasgressori, gli stessi criteri di ripartizione previamente stabiliti ed applicati all'intera
categoria dei soggetti passivi del tributo che si vuol condonare: ossia modifica questi criteri con
efficacia retroattiva limitatamente ai trasgressori.
A maggior ragione è incostituzionale per violazione degli Artt. 3 e 53 Cost. ogni legge che
attribuisca all'Amministrazione finanziaria il potere di disporre dell'esistenza e dell'ammontare
dell'imposta mediante trattamenti privilegiati da accordarsi a singoli contribuenti con atti di
rinuncia, rimessione, transazioni, concordati, sconti, abbuoni.
Esempio:
Se dalla legge tributaria viene disposto che la realizzazione del risultato giuridico-economico X debba essere
tassato, a carico del contribuente Tizio che l'ha posto in essere con l'impiego di negozi che la legge espressamente
prevede, con l'imposta del 10%, lo stesso, preciso trattamento deve riservarsi a chiunque realizzi quello stesso
risultato giuridico-economico anche se, al fine di ottenerlo, il soggetto Caio che l'ha realizzato ha impiegato,
aggirandoli non i negozi “normali” previsti dalla legge ma i negozi “atipici”.
Ferma restando la libertà del soggetto di scegliere i percorsi del suo operare economico, la parità di
trattamento a parità di indice segnaletico della attitudine contributiva, esige che le due sequenze
vengano equiparate nel regime della ripartizione della spesa pubblica perché esse sono equivalenti
negli effetti economici.
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In materia di imposte è preminente e da salvaguardare ad ogni costo l'esigenza della parità di
trattamento nella ripartizione, come si ricava dal combinato disposto degli Artt. 3 e 53 Cost.
L'Art. 37-bis, ricostruito come codificazione della clausola generale antielusiva, assicura in pieno
tale salvaguardia.
Altre questioni di costituzionalità sono state poste con riferimento al secondo requisito della
capacità contributiva, ossia quello dell'attualità.
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I presupposti di legittimità dell'impiego del tributo come strumento di politica economica.
Si è a lungo dibattuto in dottrina sulla legittimità costituzionale delle norme che accordano a
particolari categorie di soggetti trattamenti agevolativi. Nel nostro ordinamento vige in generale il
divieto di attuare discriminazioni soggettive non basate sulla capacità contributiva.
Tuttavia sfuggono alla censura di legittimità costituzionale quelle norme agevolative che risultano
legittimate da altre disposizioni costituzionali, diverse dall'Art. 53 Cost., ma altrettanto vincolanti
per il legislatore.
In sostanza codeste ulteriori disposizioni costituzionali si pongono come norme speciali rispetto al
precetto generale contenuto nell'Art. 53 Cost: di conseguenza, in applicazione del principio della
lex specialis derogat generali, il conflitto tra precetti costituzionali antinomici va risolto dando la
prevalenza alle disposizioni costituzionali cui risultano ispirate le norme agevolative.
Un ulteriore problema lungamente dibattuto è quello della legittimità dell'utilizzo dell'imposta per
finalità extrafiscali.
Il prelievo tributario rappresenta uno degli strumenti più potenti ed efficaci di cui il Governo
dispone per attuare un dato programma e indirizzo politico. Deve ritenersi che l'utilizzo della
imposizione tributaria per questi o altri fini di carattere extrafiscale sia legittimo a condizione,
peraltro, che allo scopo di perseguire siffatte finalità il legislatore ricorra a forme di aggravio non
espropriativo dell'imposizione e che le finalità che vengono di volta in volta perseguite siano
tutelate da principi costituzionali.
Catalogo dei tipi di obbligazioni pecuniarie di concorso alle spese pubbliche protette dalla
guarantigia dell'Art. 53 Cost.
Parte della dottrina sostiene che l'operatività dell'Art. 53, 1°comma Cost debba limitarsi alle sole
imposte sul reddito.
Tale tesi è inaccettabile. Le prestazioni patrimoniali commutative per la fruizione dei servizi
divisibili (tasse) sono di regola estranei all'area di operatività del principio di capacità contributiva.
Tuttavia, se la prestazione ha ad oggetto servizi essenziali si impone il rispetto del principio di
capacità contributiva, nel senso che non si può porre una prestazione pecuniaria a carico dei fruitori
di questi servizi in assenza di indici di forza economica o con indici corrispondenti (o inferiori) al
cd. minimo vitale.
Costituiscono obbligazioni di concorso alle pubbliche spese non solo quelle a titolo definitivo,
come le imposte ma anche quelle a titolo provvisorio, come le anticipazioni di imposta e i prestiti
forzosi.
In tema di rivalse è bene precisare che sono obbligazioni di concorso assoggettate al vincolo ex Art.
53 Cost. non solo i rapporti esterni, ma anche quelli interni o privatistici, mediante i quali si opera
la traslazione giuridica della obbligazione di concorso esterna ad altri (sostituto, obbligato
principale, etc).
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contributiva colpita.
Quando il sistema non offre all'obbligato sicura garanzia di recuperare il tributo, la disciplina che
pone l'obbligazione tributaria a carico di un soggetto diverso dall'effettivo titolare della capacità
contributiva viola l'Art. 53, 1°comma Cost.
In tal senso è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del cd. cumulo familiare dei redditi che
consentiva l'imputazione al marito dei redditi della moglie, quantunque il primo non ne potesse
giuridicamente disporre.
Così non è stato, e in particolare nell'ultimo ventennio, si sono succedute diverse pronunce della
Corte costituzionale orientate a considerare pienamente conforme alla Carta costituzionale, la
normativa in materia di rimborsi.
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sarebbe stato costretto a prendere a prestito presso una banca la somma corrispondente
all'eccedenza di IVA, pagando in tal modo elevati interessi passivi.
L'arbitrarietà di una tale soluzione normativa non è sfuggita alla Corte di giustizia UE che
l'ha censurata poiché violava la direttiva comunitaria sulla disciplina dell'IVA.
Così il Governo si è uniformato, ripristinando le ordinarie procedure di rimborso,
sopprimendo l'abuso.
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Cap. 7
La circolare interpretativa del Ministero delle finanze come fonte di una opinione autoritativa
non vincolante, con efficacia analoga (ma non identica) alle opinioni interpretative della
dottrina e ai precedenti giurisprudenziali.
Con riguardo alla categoria delle circolari, risoluzioni, note, etc, aventi contenuto interpretativo
delle leggi e dei regolamenti, si tratta di stabilire quale efficacia sia da attribuire all'interpretazione
ministeriale, specie per l'ipotesi in cui essa dia corpo alla creazione di vere e proprie norme di
esecuzione volte a completare il lacunoso dettato normativo e a fornire prescrizioni di dettaglio o
alla formulazione di disposizioni che violano la disposizione interpretanda (circolari integrative
contra legem).
L'orientamento pacifico è volto a credere che il giudice sia tenuto ad applicare unicamente le
leggi e i regolamenti e non anche le circolari, risoluzioni e note, alle quali può solo riconoscersi
l'importanza di un utile strumento per la ricerca e la ricostruzione del significato della mens legis.
Quanto fin qui osservato implica che l'interpretazione recata dalla circolare:
1. Non crea vincoli per i contribuenti, i quali restano liberi di non uniformarvisi;
2. Non è vincolante per gli Uffici cui è diretta, i quali possono disattenderla;
questo significa che se il funzionario preposto all'applicazione della legge si rifiuta, nel singolo caso, di seguire
l'interpretazione esternata dalla circolare, il provvedimento nel concreto adottato non può essere annullato per il
solo fatto che è stata violata la circolare, perché se per caso l'interpretazione racchiusa nella circolare è errata, in
quanto in contrasto con la mens legis, l'atto emanato è legittimo perché conforme alla legge e in conflitto con la
circolare; se invece la circolare ha interpretato la legge, l'atto impositivo che viola la circolare è illegittimo non
perché violatore di circolare ma perché violatore di legge.
3. Non è vincolante per la stessa autorità che ha emanato l'atto, la quale può sempre ricredersi e
modificare o correggere o sconfessare l'interpretazione in precedenza avanzata.
Dopo una fase di incertezza, il legislatore è intervenuto a far chiarezza in argomento e con l'Art. 10
32
dello Statuto del contribuente ha posto le seguenti regole cardinali:
(a) I rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria sono improntati al principio della
collaborazione e della buona fede;
(d) In casi eccezionali, se il contribuente versa in situazione di buona fede oggettiva, non è
dovuta neppure la maggiore imposta.
i. L'opinione interpretativa accolta dal Ministero nella circolare esplica nei confronti dei
giudici di qualunque ordine una efficacia analoga a quella del precedente
giurisprudenziale e dell'opinione espressa dalla dottrina.
ii. Che detta opinione interpretativa è vincolante per i funzionari degli Uffici periferici in
quanto la loro violazione è fonte di responsabilità disciplinare, contabile, aquiliana, ma
non produce alcun effetto rispetto agli atti, i quali conservano piena validità ancorché
collidenti con l'interpretazione accolta nella circolare.
L'interpretazione autentica.
Non costituisce una vera e propria attività interpretativa, l'interpretazione autentica, ossia quella
interpretazione che proviene dallo stesso legislatore, il quale talvolta emana apposite disposizioni al
fine di chiarire il preciso significato di norme preesistenti.
La norma interpretativa ha pertanto in questo caso la stessa efficacia vincolante di ogni altra
disposizione legislativa (efficacia erga omnes). In più essa ha efficacia retroattiva.
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In particolare il procedimento interpretativo:
1. Individuazione dell'enunciato, qualora questo non sia unitario, è necessario procedere alla
ricomposizione o combinazione dei vari frammenti di cui consta l'enunciato. Sarà quindi
necessario individuare il combinato disposto.
2. Individuazione del significato proprio delle parole, facendo attenzione ai termini nel loro
significato tecnico e non in quello comune.
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◦ Il criterio della costanza terminologica nell'ambito dello stesso documento
legislativo, che si basa sulla presunzione che il legislatore, nell'ambito di ciascun
documento normativo e anche di una autonoma branca del diritto impieghi ciascun
vocabolo sempre con lo stesso significato e vocabolo differenti per significati
differenti.
L'utilizzazione da parte delle norme tributarie di espressioni che designano istituti disciplinati
in altri rami del diritto. La presunzione di costanza di significato degli stessi termini.
Si verifica di frequente che le vicende economiche, indici di capacità contributiva, che vengono ad
integrare la fattispecie del tributo, siano già oggetto di qualificazioni normative in altri rami del
diritto, in special modo nel diritto privato.
Atteso che una delle fondamentali direttive di interpretazione attiene la presunzione di
coerenza e unitarietà dell'ordinamento giuridico, dovrà parimenti presumersi l'uniformità dei
significati degli stessi termini qualora contemporaneamente ricorrano in una norma tributaria e in
una norma non tributaria.
Non potrà però escludersi la possibilità di un conflitto con qualificazioni giuridiche di altri
settori normativi, qualora sussista una giustificazione convincente di tale incompatibilità nella legge
fiscale.
Dobbiamo quindi affrontare il quesito delle condizioni e dei limiti all'ammissibilità dell'integrazione
analogica della norma tributaria.
Il problema non si pone per tutte le disposizioni comunque contenute in una legge concernente la
disciplina dei tributi, ma solo con riguardo a quelle disposizioni che fissano i presupposti
sostanziali, oggettivi e soggettivi, che legittimano il prelievo del tributo (cd. Norme impositive),
35
nonché con riguardo a quelle norme che prevedono sanzioni di carattere amministrativo per la
violazione di obblighi tributari, ovvero, relativamente a quelle disposizioni che istituiscono
esenzioni o agevolazioni o aggravi nei confronti di certe situazioni oggettive o di certi soggetti.
Coloro che considerano l'analogia una tipica forma di procedimento interpretativo, hanno
rinvenuto il divieto nella stessa formulazione della legge ordinaria nella quale le
disposizioni che individuano le fattispecie dell'imposta si presenterebbero sempre quali
norme a fattispecie esclusiva. In altre parole, gli elementi costituenti la fattispecie legale
impositiva sarebbero sempre individuati dalla norma così da rendere impossibile
l'espansione della medesima oltre ai casi in essa previsti.
Tuttavia nessuna di queste due impostazioni riesce a dimostrare il proprio assunto. Dunque, il
problema della utilizzabilità o non utilizzabilità dell'analogia va risolto con approccio non
deontologico ma realistico.
Sarà la singola legge di imposta a darci, di volta in volta, la chiave di lettura in ordine
all'utilizzabilità o al divieto di utilizzo dell'analogia.
L'Art. 37-bis del decreto n°600/1973 è una disposizione che detta regole sull'interpretazione
analogica. È della stessa natura degli Artt. 12 e 13 delle disposizioni preliminari al codice civile.
Nel contesto dell'Art. 37-bis sequenza tipica o nominata e sequenza atipica o innominata sono
coincidenti quanto ad effetti giuridico-economico prodotti ma sono diverse come trattamento
fiscale, che si presenta disallineato o non identico.
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necessariamente norme eccezionali, ma che possano essere espressione di un principio di ordine
generale.
In tal caso, pertanto, esse saranno suscettibili di integrazione analogica o, se si preferisce, di
interpretazione estensiva.
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Cap. 8
Il contratto in maschera.
I contribuenti sottopongono a travestimento la loro effettiva volontà negoziale per
disorientare i funzionari del fisco. Lo scopo perseguito è evitare di subire una più onerosa
tassazione o la perdita del diritto al rimborso. In tale fenomeno si verifica una discrasia tra il
nomen iuris aparente e la natura intrinseca del contratto.
◦ Il fisco può far valere la simulazione, in ogni forma, davanti al giudice tributario, senza
necessità di previo e autonomo accertamento davanti al giudice civile.
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Circa i rapporti tra il fenomeno del contratto in maschera e il distinto fenomeno della simulazione
relativa oggettiva, la differenza sta nel fatto che:
(a) Nel contratto in maschera tutti gli elementi del travestimento sono già presenti nell'unico
documento contrattuale;
(b) Nella simulazione relativa oggettiva si contrasta l'esistenza di due contratti, uno apparente,
l'altro reale.
1. dalla anormalità della concatenazione di atti escogitata per raggiungere un dato risultato
economico rispetto a quelle solitamente adottate dagli operatori che versano nelle medesime
esigenze;
3. dalla circostanza che detto vantaggio sia ottenuto aggirando una determinata regola
tributaria normalmente adottabile e non sia quindi qualificabile come fisiologico o
comunque coerente col sistema.
Evoluzione:
39
C) DECRETO 600/1973 Introduce numerose novità in materia di elusione. La nuova
[ART. 37-bis] definizione ha confermato la necessità della presenza di due
degli elementi sopra descritti, quali:
Caduta dello scopo elusivo. Ora si può temere che in futuro la concomitante presenza dello
scopo del risparmio valga a legittimare l'applicazione della clausola antielusiva anche se
quello scopo non è né elusivo e neppure principale.
Ampliamento del divieto di elusione. Infatti dai 5 soli casi menzionati dalla legge 408/1990,
di operazioni potenzialmente elusive, l'Art. 37-bis ne ha formalizzati non meno di 15.
2. Detrazione di quanto pagato: dalle imposte calcolate sulla base della applicazione delle
norme eluse debbono essere detratte quelle, necessariamente minori, assolte allorché è stato
realizzato il comportamento elusivo.
40
I caratteri essenziali dell'istituto della disapplicazione sono:
41
Cap. 9
La più antica e diffusa distinzione delle imposte, è quella tra imposte dirette e indirette:
DIRETTE imposte che assumono a presupposto indici diretti di idoneità soggettiva alla
contribuzione (reddito o patrimonio);
INDIRETTE quelle che colpiscono fatti che tale idoneità palesano in via indiretta o
indiziaria (gli scambi).
L'obbligazione di corrispondere all'ente pubblico una somma a titolo di imposta può essere
periodica o unica, secondo che il presupposto del tributo consista in uno stato di fatto suscettibile di
ripetersi nel tempo o in un solo determinato avvenimento; da qui la distinzione delle imposte in
periodiche ed istantanee.
▪ per ciascun periodo sorge una distinta obbligazione, cosicché una volta
determinato il periodo di imposta, l'obbligazione periodica non si
distingue più da quella istantanea.
ISTANTANEE sono imposte che per ogni singolo avvenimento, che ne forma il
presupposto, sorge una distinta e unica obbligazione cosicché la
ripetizione del medesimo fatto nel medesimo anno solare o esercizio
sociale da origine ad una nuova obbligazione.
Altre distinzioni.
Le accise (imposte di fabbricazione e di consumo) e i tributi doganali, sono tradizionalmente
inquadrati nella categoria delle imposte sui consumi, sulla base della considerazione che per effetto
del fenomeno della traslazione economica esse finiscono col colpire il consumatore finale.
Possono ricomprendersi tra i tributi sui consumi solo quelli che finiscono per gravare sul
consumatore finale a causa di meccanismi di rivalsa giuridicamente rilevanti, in quanto riconosciuti
all'operatore dallo stesso legislatore.
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In mancanza di un diritto di rivalsa, le imposte che finiscono generalmente per gravare sui
consumatori finali possono classificarsi tra quelle sugli atti di immissione al consumo (vendite e/o
fabbricazione).
Un'altra distinzione rilevante è quella tra le imposte generali e speciali sul reddito o sul patrimonio:
Generali imposte che colpiscono l'indice considerato nel suo complesso, in tutte le sue
manifestazioni; esempio, IRPEF in quanto con essa il legislatore ha inteso
tassare tutte le possibili componenti del reddito delle persone fisiche. Non sta
al carattere generale dell'imposta la circostanza che essa faccia riferimento ad
una categoria limitata di soggetti: rispetto ad essi, infatti, l'indice di capacità
contributiva prescelto dal legislatore (il patrimonio) è colpito nel suo
complesso.
Speciali imposte che assoggettano al tributo una sola parte o componente del reddito o
del patrimonio. Esempio, ICI (imposta comunale sugli immobili) poiché
colpisce solamente quella parte del patrimonio posseduto rappresentata dai
beni immobili. Le imposte sul patrimonio, a loro volta, possono essere
distinte a seconda che l'indice sia tassato al lordo o al netto delle passività ad
esso relative.
A) Vi sono ipotesi in cui il legislatore reputa che fatti tipici e fatti assimilati siano equivalenti in
termini di indizio di forza economica. Alla base dell'assimilazione c'è in tal caso un giudizio
di corrispondenza o identità, in termine di attitudine alla contribuzione degli effetti che fatti
tipici e datti assimilati sono idonei a produrre.
Non sempre la ratio antielusiva è presente. A questo riguardo è da notare che nella legislazione
tributaria più recente si assiste ad un continuo proliferare e ad un vero abuso delle equiparazioni
antielusive. Questo abuso può comportare una violazione degli Artt. 3 e 53 Cost.
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Il restringimento del presupposto tipico: esenzioni ed esclusioni di imposta.
Si ha:
La legislazione tributaria più di recente si caratterizza per una non lodevole tendenza a confondere i
due fenomeni, spacciando o travestendo come esclusioni vere e proprie esenzioni.
Vi sono esenzioni oggettive e soggettive, così come vi sono esclusioni oggettive e soggettive. Vi
sono esenzioni nascenti direttamente dalla legge es altre subordinate alla presentazione di una
istanza di parte o alla emissione di un provvedimento autoritario di esonero.
2. Ove venisse meno la norma che istituisce la sostituzione dovrebbero diventare operanti
le ordinarie regole della imposta sostituita.
Invece frequentemente l'imposta sostitutiva si risolve nella creazione di un tributo avente una
accentuata autonomia dall'imposta sostituita proprio in ordine alla configurazione della fattispecie
dell'imponibile.
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Addizionale vengono applicate non due distinte imposte ad uno stesso presupposto, ma
semplicemente si incrementa di una percentuale l'aliquota di un certo
tributo.
Si ha invece il fenomeno dei presupposti alternativi quando le fattispecie di due imposte diverse
sono disegnate e coordinate dalla legge in modo da escludere la simultanea applicazione di
entrambe.
2. I fatti o le situazioni che si ripetono o possono ripetersi uniformemente o che hanno una
certa durata.
Per quanto riguarda il punto 1) può capitare a volte che la legge stabilisca il momento a cui deve
aversi riguardo per la determinazione del presupposto; per il punto 2) è invece sempre necessario
stabilire l'arco di tempo entro il quale dev'essere circoscritta la situazione di fatto oggetto
dell'imposta.
Questa frazione di tempo è il periodo d'imposta. A ciascun periodo corrisponde una
obbligazione tributaria distinta.
Il presupposto deve inoltre presentare elementi di collegamento col territorio dello Stato. Questi
elementi possono essere i più vari (residenza, domicilio, dimora, sede legale, luogo in cui la cosa da
tassare è situata o in cui il contratto è stato stipulato, etc). La legge di imposta non manca mai di
collegare il presupposto al territorio.
Il debito d'imposta nasce solo allorché la fattispecie oggettiva realizzatasi risulta ascrivibile (e cioè
imputabile ad una persona. In qual modo questa attribuzione si debbia compiere, risulta per lo più
dal contenuto della fattispecie delle varie leggi d'imposta.
Non di rado viene usata come criterio di attribuzione la relazione giuridica tra persona e cosa
chiamata in possesso.
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La base imponibile o parametro.
L'ammontare del debito di imposta deriva (eccezion fatta per l'imposta fissa) dall'applicazione
dell'aliquota o tasso o percentuale, fissata dalla legge, ad una grandezza, variamente denominata
(base imponibile, imponibile, etc).
I criteri per la determinazione dell'imponibile sono necessariamente diversi per le varie specie
di presupposti d'imposta.
In taluni casi il calcolo della base imponibile si presenta come operazione spedita e rapida. Ciò
accade quante volte essa ha struttura semplice, essendo costituita da entità che debbono essere
semplicemente pesate, numerate o misurate.
Più spesso, nelle imposte più impostanti (IRPEF, IRPEG) la base imponibile ha una struttura
composita, essendo la risultante o la somma algebrica di un insieme di elementi positivi e negativi.
In tali casi la legge di incarica sia di definire gli elementi attivi e passivi, sia di fissare i criteri di
tassabilità dei primi e di deducibilità dei secondi.
La distinzione delle imposte dirette sul reddito e sul patrimonio in base alle regole poste dalla
legge per la determinazione degli imponibili. Imposte oggettive e soggettive, reali e personali.
Le imposte dirette si suddividono in personali e reali o, il che è lo stesso, in soggettive e oggettive.
Questa distinzione attiene al modo in cui la legge tributaria definisce il presupposto del tributo.
Imposte soggettive (o personali) sono quelle che colpiscono l'insieme dei redditi o dei
beni del contribuente, o anche una parte di essi, ma in quanto
spettano a una data persona, e quindi avuto riguardo, in misura più o
meno larga, alle sue condizioni personali e familiari.
Imposte oggettive riguardano singoli beni o redditi, anche gruppi di beni o redditi,
considerati nella loro nuda oggettività, senza tenere in alcun conto
la condizione personale del soggetto passivo di imposta.
a) Per l'individuazione del momento in cui si veridica la nascita del debito d'imposta;
b) Ai fini della deduzione delle passività, in quanto nelle imposte soggettive si sottraggono dal
reddito del soggetto passivo tutti gli oneri che ne diminuiscono la libera disponibilità,
mentre nelle imposte oggettive si tiene conto solo delle passività strettamente inerenti al
reddito colpito e che lo diminuiscono nella sua oggettività.
Nel nostro ordinamento, nell'ambito delle imposte reddituali, il solo tributo a carattere soggettivo è
l'IRPEF e sono oggettive l'IRPEG e l'IRAP. Elementi di personalizzazione sono presenti anche in
altre imposte, dirette e indirette.
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La personalizzazione dell'IRPEF è realizzata con diversi espedienti tecnici, quali:
1. Gli oneri deducibili la legge elenca una estesa tipologia di oneri sostenuti dal
contribuente, che sono deducibili dal reddito complessivo imputabile
al contribuente medesimo. Essi non vengono equiparati alle normali
spese di consumo del reddito (le quali sono indeducibili) in quanto
sono volti a soddisfare esigenze minime, ma anche imprescindibili ed
irrinunciabili, di sopravvivenza (spese mediche), di cultura, di civiltà,
di sicurezza. Trattasi di spese che non esprimono capacità
contributiva; per ciò le somme impiegate per sostenerle debbono
andare indenni da contribuzione.
La legge prevede anche detrazioni oggettive di imposta ma queste assolvono a funzioni diverse (es.
discriminazione qualitativa dei redditi).
Anche la progressività concorre alla personalizzazione dell'IRPEF.
B) VARIABILE è espressa in una quota da ragguagliarsi alla grandezza della base imponibile.
Il sistema dominante è quello dell'imposta variabile commisurata alla grandezza della base
imponibile:
se questa è costituita dalla estensione, dal peso dell'oggetto, o dal numero degli oggetti, il
tasso dell'imposta è indicato in una cifra per ciascuna unità di misura o per ciascun oggetto.
Se la base imponibile è formata, come di regola, dal valore dell'oggetto, il tasso dell'imposta
è espresso in una percentuale di questo valore.
L'applicazione del tasso alla base imponibile può avvenire in modo proporzionale o progressivo,
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donde la distinzione delle imposte in proporzionali e progressive.
Secondo il sistema proporzionale il tasso è fissato in un'aliquota che non muta quale che sia in
concreto l'ammontare della base imponibile, e quindi l'ammontare del debito aumenta
proporzionalmente al crescere della base imponibile.
Il criterio della progressività consiste nel fatto che il tasso dell'imposta, per il medesimo tributo,
anziché essere uniforme, varia col variare della base imponibile, la quale quindi è divisa in
scaglioni, per ciascuno dei quali la legge stabilisce un tasso via via più elevato, fine ad un limite
massimo.
L'aliquota progressiva può dare luogo a forme di incostituzionalità qualora a formare la base
imponibile entrino elementi (es. plusvalenze) a formazione poliennale e la legge non tenga conto di
tale poliennalità.
Per ovviare a tale inconveniente la legge ricorre a vari sistemi, in specie a quell'espediente
detto “metodo della tassazione separata” mediante il quale i proventi a formazione poliennale
vengono “staccati”dalla base imponibile e assoggettati ad un'aliquota “speciale”.
Altro problema posto dall'aliquota progressiva è quello detto del drenaggio Fiscale. Nell'ambito di
una imposta progressiva il gonfiamento nominalistico del reddito dovuto all'incidenza
dell'inflazione, ma al quale non corrisponde un reale incremento di capacità contributiva, si traduce
in un aumento effettivo del prelievo fiscale.
Presupposto, base imponibile ed aliquota, esenzioni, esclusioni, etc, come criteri di riparto.
Ogni legge di imposta deve individuare i soggetti passivi della contribuzione. Ma deve altresì
individuare gli indici oggettivi di riparto riferibili a quei soggetti passivi.
Questi indici oggettivi di riparto si identificano con gli elementi analizzati fino ad ora e, oltre
al presupposto, alla base imponibile e all'aliquota includono tutti i regimi sostitutivi di quelli
normali.
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Cap. 10
Un' autorevole dottrina sostiene che la capacità giuridica tributaria nel nostro ordinamento, come in
quella di altri Stati, non coincida con la capacità giuridica del diritto privato. Infatti il diritto
tributario attribuisce la capacità di essere soggetti passivi di imposta anche ad unioni di persone o a
complessi di beni sforniti, secondo il diritto privato, di capacità giuridica.
Secondo altra autorevole impostazione, al contrario, vi può essere un soggetto passivo di imposta
solo in presenza di una persona fisica o di un ente dotato di soggettività giuridica di diritto privato.
Il contribuente.
Con il vocabolo contribuente si individua il soggetto tenuto alla contribuzione, vale a dire il
soggetto passivo della obbligazione di imposta. Contribuente è colui che deve l'imposta perché si
sono verificati fatti e situazioni previsti dalla legge come presupposto tributario, che sono a lui
riferibili o ascrivibili.
L'obbligato solidale paritario nel diritto tributario: principi generali e problemi aperti.
In diritto tributario sono numerose le disposizioni che sanciscono un vincolo solidale tra più
soggetti ai fini dell'adempimento di una medesima obbligazione nel caso in cui gli stessi abbiano
concorso alla realizzazione di un medesimo presupposto di fatto dell'imposta. In tale evenienza il
presupposto è unitario e plurisoggettivo.
Secondo una consolidata giurisprudenza tributaria anteriore al 1968, le norme, proprie della
solidarietà di diritto comune, non sarebbero state applicabili alla solidarietà tributaria, la quale si
assumeva essere retta da principi suoi propri, riassumibili nel concetto della mutua rappresentanza
tra tutti coobbligati passivi.
Con le sentenze 48/1968 e 139/1968 la Corte costituzionale ha riconosciuto che i principi riassunti
con il termine di supersolidarietà tributaria urtavano contro la garanzia accordata dal 1°comma
dell'Art. 24 Cost. ed ha accolto, così, la sollevata eccezione di incostituzionalità di alcune norme
dalle quali l'istituto in parola appariva disciplinato.
Tuttavia le due sentenze non risolvono il problema della solidarietà tributaria e anzi sollevano
alcune grandi questioni.
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Appare dunque convincente il recente tentativo di riproporre la tesi della supersolidarietà basandola
sull'assetto che l'estensione alle obbligazioni pubbliche di imposta delle regole civilistiche sulla
solidarietà non regge ad un serio vaglio di legittimità costituzionale (Artt. 3, 53, 97 Cost).
Postulare la necessità che la definizione del rapporto obbligatorio d'imposta, dovendo avvenire
in maniera uniforme per tutti i coobbligati, vada perseguita con il coinvolgimento di tutti, in ogni
momento e fase, e quindi nella prospettiva della realizzazione del litisconsorzio necessario, appare
soluzione conforme ai principi di giusto riparto.
Si ha viceversa, solidarietà dipendente quando i vincoli facenti capo a ciascun singolo soggetto, pur
essendo intrinsecamente uguali (cioè con identico contenuto) sono posti tra loro in un rapporto di
dipendenza.
L'obbligazione facente capo al coobbligato in via dipendente esiste solo in quanto esista
l'obbligazione principale facente capo ad altro soggetto.
Tuttavia nessun beneficio di escussione è previsto di regola a favore dell'obbligato dipendente,
sicché, nei confronti dell'ente creditore, obbligato principale e obbligato dipendente sono sullo
stesso piano.
Alla categoria della solidarietà dipendente viene ricondotta la figura del responsabile d'imposta. È
responsabile di imposta colui che è obbligato al pagamento dell'imposta insieme con altri, per fatti o
situazioni riferibili esclusivamente a questi ultimi, ovvero alla cui realizzazione il responsabile non
ha partecipato.
L'estraneità del responsabile di imposta alla realizzazione del presupposto imponibile è
l'elemento che diversifica questa figura dalle altre obbligazioni solidali dipendenti.
Il problema se l'ufficio di imposizione sia tenuto a notificare un autonomo atto di accertamento nei
confronti del coobbligato dipendente va risolto nel seguente modo:
Per contro i presupposti specifici sui quali si fonda la solidarietà dipendente esigono
l'emissione di un autonomo atto che li accerti.
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Tuttavia tale responsabilità non si estende a tutto il patrimonio del soggetto responsabile, essendo
circoscritta ad uno o più beni determinati.
Una fattispecie tipica in cui ricorre questa figura è rappresentata dalla numerosa serie di privilegi
speciali che garantiscono la riscossione sia delle imposte sul reddito sia delle imposte sui
trasferimenti.
Nel caso dei privilegi speciali, il diritto dello Stato a realizzare il proprio credito permane sul
bene ancorché questo venga alienato a terzi, i quali, perciò, rispondono, limitatamente a quel bene,
di un obbligazione tributaria altrui.
Con il termine rivalsa si allude al meccanismo attraverso il quale il sostituto procede al recupero nei
riguardi del sostituto, dell'imposta pagata o da pagare all'erario.
Le ipotesi tipiche di sostituzione tributaria previste attualmente nel nostro ordinamento sono:
Il fatto che il legislatore si disinteressi dei rapporti intercorrenti tra sostituto e sostituito, rimettendo
tutto alla decisione di quest'ultimo in ordine alla rivalsa, altro non significa che estraneità del
sostituito a qualsivoglia rapporto giuridico col titolare del credito tributario.
Tale estraneità porta ad escludere che il sostituto possa essere perseguito dalla Amministrazione
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Finanziaria e questo sia che abbia la ritenuta, sia che non l'abbia subita.
2. Il sostituto oltre a non aver esercitato la ritenuta di rivalsa, non ha assolto il debito nei
confronti dello Stato.
Qui l'eventuale accertamento deve essere intestato esclusivamente al sostituto, giacché i
relativi obblighi sono posti solamente a suo diretto carico. Poiché peraltro il sostituito, ai
sensi dell'Art. 35 dpr n°602/1973 è coobbligato in solido con il sostituto per il pagamento
delle imposte dovute, egli ha diritto, riconosciutogli espressamente dal secondo comma
dell'Art. 64 dpr n°600/1973, di spiegare intervento nella procedura di imposizione del
tributo nonché nel processo giurisdizionale instauratisi contro il sostituto.
Il sostituito peraltro non ricevendo la notificazione dell'imposizione intestata e notificata al
sostituto, non ha modo di venire a conoscenza della pretesa vantata dall'Amministrazione
Finanziaria.
Sarà dunque onere del sostituto informare il sostituito dell'avvenuta notificazione
dell'imposizione, si da consentirgli l'esercizio delle facoltà di intervento, pena la perdita del
diritto di rivalsa nei suoi confronti.
Il titolo esecutivo (iscrizione a ruolo) che verrà a formarsi al termine del procedimento così
strutturato, sarà opponibile al sostituto e al sostituito.
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Pseudo sostituzione parziale con rivalsa obbligatoria (ritenuta d'acconto).
Il presenza di determinati presupposti la legge impone al debitore di una somma l'obbligo di operare
una ritenuta e di versarne l'imposto all'erario a titolo di acconto dell'imposta, che sarà
eventualmente dovuta al creditore.
Si parla in tali ipotesi di ritenuta d'acconto e del tutto erroneamente si considera tale ritenuta
una forma di sostituzione.
La ritenuta d'acconto presenta un solo tratto comune con la sostituzione totale con ritenuta
obbligatoria: in entrambi i casi si è in presenza di un soggetto terzo, oltre allo Stato e a colui che
realizza la situazione base dell'imposta, tenuto a operare la ritenuta e a versarla allo Stato.
La ritenuta d'acconto realizza una forma di prelievo anticipato rispetto alla nascita dell'obbligazione
tributaria: il prelievo, infatti ha luogo prima della chiusura del periodo d'imposta, in un momento
assai prossimo a quello in cui il reddito viene conseguito.
La ritenuta è tuttavia strettamente collegata al venire in essere del presupposto
dell'obbligazione tributaria, essendo operata su proventi che concorreranno a formare il reddito
imponibile del soggetto passivo della obbligazione tributaria.
L'obbligo di ritenuta si distingue dall'obbligazione tributaria sotto il profilo qualitativo e
quantitativo, in quanto mentre la ritenuta si applica sui singoli proventi, l'obbligazione tributaria
assume come parametro il complesso delle componenti positive di reddito afferenti il periodo di
imposta al netto delle componenti negative imputabili al medesimo periodo.
Al rapporto tra Stato e il soggetto obbligato alla ritenuta, si affianca sempre quello tra lo Stato e il
soggetto che subisce la ritenuta. Trattasi di rapporti autonomi e distinti, che vanno quindi analizzati
separatamente:
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Il successore.
Anche con riferimento alle obbligazioni di imposta vale il principio di diritto civile per il quale gli
eredi subentrano in tutte le posizioni attivi e passive che facevano capo al de cuius.
Con specifico riguardo alle imposte sui redditi il legislatore ha disposto una deroga al principio
civilistico della divisibilità dell'obbligazione in capo agli eredi del debitore (Art. 752 Cc),
disponendo che “gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è
verificato anteriormente alla morte del dante causa” (Art. 65 dpr 600/1973).
Inoltre è disposto che tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti
entro 4 mesi da essa, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione e il termine per
ricorrere contro l'accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi.
In materia di IVA il legislatore ha disposto, a favore degli eredi, una proroga dei termini per
l'espletamento degli obblighi relativi a questa imposta scaduti non oltre sei mesi prima della data
della morte del contribuente fino a 3 mesi dopo tale data.
Per le imposte diverse dalle imposte sul reddito e dall'IVA dovranno applicarsi le norme del codice
civile.
Il ricorso alla figura della rappresentanza è poi un fatto necessitato nelle ipotesi di rappresentanza
legale ovvero di rappresentanza organica. Qui l'obbligazione d'imposta sorge solo in capo al
soggetto rappresentato.
È tuttavia necessario chiedersi se questa conclusione possa parimenti valere anche con
riguardo alle obbligazioni relative alle sanzioni amministrative applicabili per violazioni alla
normativa tributaria compiute dal rappresentante. La risposta è negativa.
Il rappresentante fiscale.
Il rappresentante fiscale è un figura attinente i soggetti non residenti che realizzino in Italia fatti o
situazioni rilevanti rispetto alle imposte sul reddito o all'IVA.
Con riferimento alle imposte sul reddito è previsto che le società ed enti non aventi la sede legale o
amministrativa né una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, devono indicare nella propria
dichiarazione ai fini IRPEG e ILOR, le generalità e l'indirizzo in Italia di un rappresentante per i
rapporti tributari.
Con riferimento all'IVA è testualmente prevista la possibilità che per le operazioni effettuate nel
territorio dello Stato da o nei confronti di non residenti questi nomino un rappresentante residente in
Italia per l'adempimento degli obblighi e l'esercizio dei diritti previsti dalla normativa IVA.
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In questo caso il rappresentante fiscale “risponde in solido con il rappresentato nell'ipotesi di
inosservanza degli obblighi medesimi”.
Il domicilio fiscale.
Tutti gli atti, i contratti, le denunce, le dichiarazioni che assumono rilevanza fiscale in quanto
presentati all'amministrazione finanziaria, devono recare l'indicazione del comune di domicilio
fiscale, con la precisazione dell'indirizzo.
Le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel Comune nella cui
anagrafe sono iscritte.
Le persone giuridiche hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la loro sede legale o, in
mancanza, la sede amministrativa.
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Cap. 11
GLI EFFETTI
L'obbligazione definitiva è l'effetto tipico nascente, in via mediata o immediata, dal presupposto.
Questa, inoltre, come le obbligazioni di diritto privato, può estinguersi per compensazione.
Il fenomeno della compensazione si verifica in modo continuo e immancabile nel campo delle
imposte reddituali e dell'IVA.
Ricevendo i versamenti anticipati (ritenute, crediti, acconti d'imposta) l'ente pubblico assume,
quale contropartita del ricevimento in proprietà di tali somme, tutte vincolate al soddisfacimento
dell'obbligazione definitiva futura, l'obbligazione di restituzione del tantumdem, subordinata però
alla condizione sospensiva della mancata nascita dell'obbligazione definitiva d'imposta.
Con la nascita di questa, obbligazione d'imposta e obbligazione di restituzione delle somme che
l'ente ha anticipatamente ricevuto si estinguono per compensazione fino a concorrenza delle
quantità corrispondenti. Per l'eccedenza:
In diritto privato il creditore può sempre rinunciare al credito. Il Fisco non può farlo perché é
titolare di un credito che rappresenta una quota, una percentuale. Per ciascun contribuente è
indispensabile che il concorso pro quota di tutti i coobbligati abbia luogo secondo i corretti criteri di
ripartizione.
La compensazione tributaria.
La compensazione in materia tributaria è stata introdotta solo attraverso specifici interventi
normativi. In particolare il d.lgs 241/1997 ha consentito la compensazione tra crediti e debiti
attinenti ad una pluralità di prestazioni pecuniarie disomogenee.
In essa si prescinde dalla coincidenza tra creditore e debitore delle reciproche obbligazioni
richiesta dal codice civile. L'obbligazione d'imposta nei confronti di un determinato soggetto attivo
(Stato, ente locale, altro ente pubblico), può essere estinta tramite crediti sorti in relaizone ad un
altro soggetto tra quelli summenzionati.
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L'Art. 8 dello Statuto dei diritti del contribuente prevede, ora in modo generalizzato, la
possibilità di estinguere l'obbligazione tributaria mediante compensazione. Trattasi di una
regolamentazione della compensazione che è generale ma derogatoria (e dunque speciale) rispetto
alla compensazione di cui agli Artt. 1241 ss Cc.
Con riferimento alle imposte sul reddito, l'Art. 28 del dpr 602/1973 prevede che l'obbligazione
d'imposta possa venire adempiuta, oltre che con danaro, anche con cedole scadute e, in alcuni casi,
non ancora scadute di titoli del debito pubblico, oppure con altri titolo di credito bancario o postale,
purché a copertura garantita.
1. Quelle che sorgono da una dichiarazione del contribuente fintanto che non sia
intervenuta la decorrenza del termine di decadenza entro il quale il contribuente stesso
può rettificare in diminuzione quanto dichiarato.
2. Quelle che sorgono per effetto del sistema della riscossione parziale (e provvisoria) del
credito d'imposta in pendenza del giudizio che si svolge avanti le Commissioni tributarie
a seguito del ricorso del contribuente.
3. A pagamenti anticipati e perciò provvisori danno luogo anche gli acconti di imposta.
Ciascun contribuente deve versare, lungo il corso del periodo di imposta, un acconto di
imposta in due rate.
4. Nell'IVA in ragione del meccanismo di liquidazione parziale correlato alla differenza tra
il complesso delle operazioni attive e l'ammontare dell'imposta detraibile relativa agli
acquisti realizzati via via nel corso del periodo di imposta e prima del suo spirare, i
versamenti d'acconto possono essere 4 (IVA TRIMESTRALE), oppure 12 (IVA
MENSILE).
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5. Nell'ambito delle imposte reddituali determinati soggetti, debbono operare una ritenuta
d'acconto sulle somme corrisposte a terzi, aventi natura di redditi di capitale o di lavoro
dipendente o di compenso di lavoro autonomo.
6. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono utili distribuiti in qualsiasi forma
e sotto qualsiasi denominazione dalle società di capitali o dagli enti residenti nello stato
che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, al
contribuente è attribuito un credito di imposta, pari all'IRPEG pagata dalla società
sull'ammontare degli utili stessi.
Tali pagamenti sono anticipati rispetto alla obbligazione definitiva che, nel momento di
effettuazione delle anticipazioni, si presenta come vincolo futuro e incerto sia nell'an che nel
quantum debeatur. Da qui la provvisorietà delle relative acquisizioni da parte dell'erario.
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Cap. 12
I privilegi.
La più importante e frequente forma di garanzia patrimoniale dei crediti tributari è quella che si
realizza tramite l'istituto dei privilegi. Ai sensi dell'Art. 2746 Cc, i privilegi si distinguono in:
GENERALI sono una causa legittima di prelazione che può essere esercitata su tutti i
beni mobili del debitore.
SPECIALI possono avere ad oggetto specificamente sia beni mobili, sia immobili, e
attribuiscono al creditore il cd. diritto di sequela, il diritto cioè di essere
soddisfatto prioritariamente in ipotesi di esecuzione forzata sul bene
gravato da privilegio anche qualora questo sia passato in proprietà di
terzi.
In tal senso, per verificare la fondatezza della pretesa erariale, è prevista una articolata forma di
contraddittorio preventivo (sono eccezionalmente successivo) scandito nelle fasi di:
2. DEPOSITO nella quale le parti entro 120 gg possono depositare memorie e documenti
difensivi.
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3. DECISIONE l'istanza è trattata in camera di consiglio alla presenza delle parti e si
esprime con SENTENZA.
Altri istituti con funzione cautelare in materia di imposte reddituali, di imposte in genere e di
sanzioni non penali.
La figura di responsabilità prevista dall'Art. 36 dpr 602/1973 ha una funzione in senso lato
cautelare dei crediti di imposta vantati dall'erario ai fini delle imposte reddituali nei confronti degli
enti soggetti all'IRPEG.
La disposizione ora citata sancisce una responsabilità avente natura sanzionatoria in capo ai
liquidatori degli enti predetti i quali non abbiano adempiuto all'obbligo di pagare, con le attività
delle liquidazioni, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima.
Questa responsabilità, limitata all'importo dei crediti di imposta che avrebbero trovato capienza in
sede di graduazione dei crediti, si applica anche agli amministratori che di fatto abbiano compiuto
attività di liquidazione, nonché a soci e associati che abbiano illegittimamente percepito danaro o
beni dalla società prima del soddisfacimento dei crediti in parola.
Per analogia di presupposti, tale responsabilità vige anche in ambito di cessione di azienda. Le
caratteristiche della responsabilità del cessionario d'azienda sono:
2) la responsabilità è circoscritta entro i limiti del valore dell'azienda o del ramo d'azienda
ceduti;
4) una ulteriore limitazione quantitativa è prevista là dove l'Art. 14 delle preleggi facoltizza gli
interessati a chiedere agli Uffici dell'Amministrazione Finanziaria erariale e a tutti gli enti
preposti all'accertamento dei tributi di loro competenza il rilascio di un certificato
sull'esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono
stati ancora soddisfatti. L'obbligazione del cessionario è circoscritta all'ammontare dei debiti
risultanti, alla data del trasferimento, dal precetto certificato.
È infine da segnalare, per il suo evidente scopo di garanzia, l'Art. 15 del decreto 472/1997, che in
ipotesi di scissione anche parziale contempla l'insorgere di una obbligazione solidale paritaria in
capo a ciascuna società od ente nel pagamento delle somme dovute per le violazioni commesse
anteriormente alla data dalla quale la scissione produce effetto.
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Le cautele nelle imposte doganali e di fabbricazione.
Numerose disposizioni contenute nel TU delle imposte doganali (dpr 43/1973) prevedono il
rilascio, da parte del contribuente, di una polizza fideiussoria a garanzia del pagamento di somme
dovute alla dogana.
Con previsione di carattere generale, l'Art. 87 del TU delle imposte doganali dispone che siffatta
cauzione possa essere prestata oltreché mediante deposito nelle forme di legge delle somme stesse o
di titoli di debito emessi o garantiti dallo Stato, mediante fideiussione rilasciata da un'azienda di
credito ovvero con una polizza fideiussoria emessa da un istituto di assicurazione accreditato presso
l'amministrazione.
Con riferimento poi all'ipotesi della temporanea importazione (cioè all'ipotesi dell'introduzione nel
territorio doganale di merci che debbano essere sottoposte a determinati trattamenti per essere
successivamente riesportate) è previsto l'obbligatorio rilascio di una cauzione corrispondente
all'ammontare dei diritti doganali che sarebbero dovuti in caso di importazione definitiva.
Anche i diversi testi legislativi attinenti le varie imposte di fabbricazione prevedono il rilascio di
una cauzione a garanzia dell'effettivo pagamento dell'imposta.
Per quanto riguarda i soggetti abilitati a prestare la garanzia fideiussoria facciamo a banche,
assicurazioni, consorzi o coop di garanzia collettiva fidi, etc.
Eccezionalmente possono prestare fideiussione anche le semplici imprese commerciali sempre
che con esame caso per caso, a giudizio dell'Amministrazione Finanziaria, offrano adeguate
garanzie di solvibilità.
In talune ipotesi eccezionali in cui può ritenersi fisiologico, cioè normale, il costante formarsi, in
capo al contribuente, di crediti di imposta che gli debbono essere restituiti, il contribuente può
ottenere il rimborso anche in relazione a periodi inferiori all'anno, sempre prestando le garanzie
indicate.
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Nella interpretazione prevalente di questa norma, l'istituto dalla stessa delineato e denominato
fermo amministrativo emerge quale misura cautelare di autotutela volta a garantire i diritti
dell'Amministrazione debitrice e diretta a legittimare la sospensione del pagamento di un debito
liquido ed esigibile da parte dello Stato a salvaguardia della eventuale compensazione legale di un
certo credito dello Stato anche se non ancora liquido ed esigibile.
L'Art. 23 sottopone l'utilizzo della sospensione (o fermo, che dir si voglia) dei rimborsi ai seguenti
presupposti e limiti:
1. il credito tributario deve risultare da atto di contestazione o di irrogazione che siano stati
notificati, ancorché non definitivi;
2. la sospensione opera nei limiti della somma risultante dall'atto o dalla decisione della
Commissione (di qualsiasi grado) ovvero dalla decisione di altro organo;
La disciplina dell'Art. 23 è dettata con specifico riferimento ai debiti da rimborsare sospesi a causa
della presenza di un credito erariale per sanzione pecuniaria.
Tuttavia non v'è chi non veda come le stesse regole debbano valere, analogicamente, per la distinta
ipotesi in cui l'Erario vanti crediti non per sanzioni ma per tributi.
Se entro 6 mesi dalla data dell'iscrizione dell'ipoteca il debito non risulti estinto, sarà possibile
procedere all'espropriazione.
Trascorso inutilmente il termine di 60 gg dalla notifica della cartella di pagamento e sempre che nel
frattempo non sia stata richiesta sospensione o una dilazione di pagamento, il Commissario può
disporre il fermo dei beni mobili iscritti in pubblici registri di proprietà del debitore o dei soggetti
con lo stesso coobbligati.
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Cap. 13
Tale attività di supporto e consulenza può comportare anche la responsabilità civile o penale del
professionista. In particolare, è sanzionato civilmente verso il cliente quando, per effetto di una
condotta gravemente colposa o dolosa, l'assistito subisca accertamenti di imposta e/o irrogazioni di
sanzioni amministrative tributarie.
Il legislatore, per soddisfare l'esigenza delle associazioni sindacali di categoria degli imprenditori e
dei lavoratori dipendenti di avvalersi dell'assistenza di esperti nell'attuazione della norma tributaria
da prestare in forma mutualistica, ha istituito i Centri autorizzati di assistenza fiscale, e li ha
sottoposti a controlli pubblicistici.
I CAF imprese sono centri che svolgono funzioni di supporto nella tenuta della contabilità e
nella predisposizione delle dichiarazioni annuali;
i CAF dipendenti o tra sostituti d'imposta che corrispondono redditi da lavoro dipendente,
normalmente svolgono per conto degli utenti medesimi le attività sostitutive dell'obbligo di
presentazione della dichiarazione dei redditi.
L'attività di assistenza e rappresentanza dei contribuenti di fronte agli uffici finanziari non è
assoggettata a particolari restrizioni né subordinata all'iscrizione del rappresentante in appositi albi
o elenchi.
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questo modo il carattere di organo istituzionale di indirizzo politico e di controllo.
La struttura ministeriale è stata ridotta a un ristretto numero di collaboratori del ministro e ad
alcuni esperti di analisi economica delle politiche tributarie. I pregressi uffici tributari, con la
maggior parte del personale, sono confluiti nelle Agenzie.
Il Ministero svolge le attività di indirizzo, vigilanza, controllo e coordinamento nei confronti
delle Agenzie fiscali, nel rispetto dell'autonomia gestionale ad esse attribuita.
Il Ministero determina annualmente, attraverso l'approvazione di un documento di indirizzo,
in armonia con i vincoli e gli obiettivi stabiliti dal documento di programmazione economico-
finanziario approvato dal Parlamento, gli sviluppi della politica fiscale, le linee generali, gli
obiettivi della gestione tributaria e le rimanenti condizioni di sviluppo dell'attività delle agenzie
fiscali.
Per ciascun esercizio finanziario, sulla base del documento di indirizzo, viene stipulata una
convenzione tra ciascuna agenzia ed il Ministero.
Segue 2.
Sono state istituite quattro Agenzie fiscali:
Dette Agenzie Fiscali, operative con effetto dal 1° Gennaio 2001 sono dotate di un proprio statuto
ed hanno personalità giuridica di diritto pubblico. È stata loro riconosciuta una ampia autonomia
organizzativa, regolamentare, amministrativa, patrimoniale contabile e di bilancio.
Le Agenzie fiscali devono operare, nell'esercizio delle loro funzioni, secondo principi di
legalità, imparzialità e trasparenza, con criteri di efficienza, economicità ed efficacia nel
perseguimento degli obiettivi.
Sono sottoposte al controllo della Corte dei Conti. Le Regioni e gli enti locali possono
attribuire loro la gestione delle proprie funzioni.
L'Agenzia delle Entrate si occupa della maggior parte dei tributi ed ha il compito di perseguire il
massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali attraverso l'assistenza ai contribuenti e i
controlli volti a contrastare gli inadempimenti e l'evasione fiscale.
Ad essa sono stati affidati tutti i compiti relativi alla amministrazione, riscossione e gestione
del contenzioso inerente alle imposte dirette, all'IVA e a tutte le altre entrate non rientranti nella
sfera di competenza di altri enti o agenzie.
L'Agenzia delle Dogane, articolata in Compartimenti doganali, è competente per tutto quel che
concerne l'amministrazione, la riscossione e il contenzioso relativo ai diritti doganali e alla fiscalità
connessa agli scambi internazionali e alle accise sulla produzione e sui consumi.
L'Agenzia del Territorio esercita compiti relativi ai servizi catastali e alle Conservatorie dei registri
immobiliari.
L'Agenzia del Demanio si occupa dell'amministrazione e della manutenzione dei beni immobiliari
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dello Stato.
Per quanto riguarda l'organizzazione periferica, sono operativi gli uffici delle entrate che sono
preposti all'applicazione, su un determinato territorio, di tutti i tributi di competenza dell'Agenzia.
L'ufficio delle entrate si divide in un'area di controllo ed una di servizi al contribuente, che si
occupa di registrazione degli atti, attribuzioni di codici fiscali, rimborsi rilascia informazioni sulle
cartelle esattoriali, etc.
Gli uffici periferici non hanno contatti diretti con gli uffici centrali, ma con la direzione regionale
delle entrate che è un organo intermedio confluito anch'esso nell'agenzia.
La direzione regionale sovraintende, nella Regione, all'applicazione di tutti i tributi di
competenza dell'Agenzia, rilascia pareri e visti relativi a singole pratiche, ma il suo ruolo principale
è quello di organo consultivo e di coordinamento degli uffici periferici da essa dipendenti.
Oggi il predetto organo sembra sia destinato ad occuparsi principalmente di studi economico-
giuridici e a assistere il ministero , non occupandosi delle Agenzie, che non sembrano più essere
soggette a controllo del SECIT.
Solo in base a specifiche direttive e su richiesta del ministro, effettua valutrazioni sulle
modalità di esercizio delle funzioni fiscali della Guardia di finanza e delle agenzie fiscali ai dini
della vigilanza generale spettante al Ministero.
Nel sistema vigente il concessionario, in veste di agente della riscossione, oltre ad essere legittimato
a ricevere i versamenti diretti delle principali imposte, in ipotesi di omesso adempimento spontaneo,
provvede a riscuotere coattivamente, sulla base di ruolo appositamente confezionato, le imposte sul
reddito, le imposte indirette sugli affari, i tributi locali, nonché i proventi e i relativi accessori
derivanti dall'utilizzazione del beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato.
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b) Speciali sezioni autonome dei predetti istituti e aziende di credito;
A fronte della funzione esercitata il concessionario riceve un compenso determinato con decreto
ministeriale.
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Cap. 14
La potestà di attuazione del prelievo tributario e la sua complessità. Tipologia delle distinte ed
autonome potestà che concorrono all'attuazione del prelievo.
La potestà di accertamento tributario si attua a mezzo di operazioni materiali, meri atti,
provvedimenti e procedimenti molto differenziati l'uno dall'altro e assai variegati. Codesta
complessa attività, demandata agli organi dei vari enti impositori deputati all'applicazione della
norma tributaria, ha lo scopo:
i. Indifferentemente in via preventiva o successiva rispetto alla concreta attuazione del prelievo;
(d) Potestà di RISCOSSIONE sia nella forma di potestà di incassare i tributi, sia sotto il profilo
della potestà di riscossione coattiva. Si estrinseca in una serie di atti volti all'incasso di
tributi e sanzioni.
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(e) Potestà di INDIRIZZO posta nella linea di confine tra amministrazione, attività applicativa
di norme e legiferazione, attività creativa di norme generali ed astratte.
La potestà di indirizzo e gli atti con cui si esercita: gli atti amministrativi.
L'attività di indirizzo mira ad assicurare l'imparzialità e l'uniformità dell'azione amministrativa allo
scopo di garantire il buon funzionamento dell'apparato amministrativo e la più efficiente
utilizzazione delle relative risorse umane e materiali.
La potestà di indirizzo si esprime attraverso atti che spiegano i loro diretti effetti giuridici all'interno
della pubblica amministrazione ed ha come presupposto il rapporto gerarchico che intercorre tra gli
organi dei vari livelli territoriali nei quali si scandisce la complessa organizzazione amministrativa.
L'attività di indirizzo si sostanzia nelle direttive attraverso le quali gli uffici centrali orientano
l'attività degli uffici periferici. Quanto alla forma, atti tipici, espressione dell'attività di indirizzo,
sono circolari, note e risoluzioni ministeriali.
Tuttavia gli atti di indirizzo possono anche assumere forma regolamentare (decreto
ministeriale o decreto governativo).
Anche note e risoluzioni appartengono alla categoria degli atti di indirizzo in senso proprio. Esse
sono contrariamente alle circolari, atti diretti a singoli uffici, tramite i quali l'amministrazione
centrale impartisce istruzioni per la risoluzione di specifiche questioni.
Con riferimento specifico a note e risoluzioni ministeriali, è da rilevare che producono gli
effetti loro propri solo nei confronti dell'ufficio cui sono indirizzate, e unicamente nel caso di specie
analizzato.
Gli atti di indirizzo possono assumere la forma del decreto ministeriale o del decreto governativo.
Anche i provvedimenti regolamentari possono avere un contenuto tale da produrre effetti solo
interni alla pubblica amministrazione volti al buon andamento e all'imparzialità
dell'amministrazione finanziaria.
È quanto accade ad esempio per la scelta delle dichiarazioni IVA reddituali da sottoporre a
controllo, o l'individuazione dei soggetti che ne hanno omesso la presentazione. Essendo le capacità
operative degli uffici limitate, ci si avvale di criteri selettivi annualmente fissati dal Ministro delle
Finanze con decreto emesso su proposta del Comitato di coordinamento del SECIT.
Nell'ambito dei soggetti individuati con i criteri selettivi all'uopo annualmente determinati dal
Ministero delle Finanze, il decreto ministeriale 23 Dicembre 1982 fissa le modalità per il
sorteggio di contribuenti da sottoporre a controlli globali.
68
Atti normativi e/o a rilevanza esterna erroneamente inclusi nella categoria degli atti di
indirizzo.
Accanto ai regolamenti con funzione di indirizzo e dotati di efficacia interna (cd. atti di indirizzo in
senso proprio), ne troviamo altri che sono invece diretti a produrre effetti nei confronti dei
contribuenti (muniti di efficacia esterna). Ma se ben si riflette essi non sono atti di indirizzo in
quanto spiegano i loro effetti solo sul rapporto tra amministrazione e contribuenti.
Tali regolamenti sono volti a completare o specificare particolari profili della disciplina sostanziale
dei tributi. E pertanto sono parte integrante della disciplina dei rapporti tra Stato e cittadini. A questa
categoria di atti erroneamente definiti di indirizzo, appartengono:
Decreti ministeriali coi quali vengono classificate per gruppi e specie le attività economiche e
sono stabiliti i coefficienti di ammortamento rilevanti per la determinazione del reddito
d'impresa.
Anche gli studi di settore appartengono agli atti erroneamente considerati di indirizzo. Essi hanno
un indubbia efficacia vincolante per i contribuenti.
Inoltre comportano l'emissione di un avviso di accertamento qualora i ricavi esposti nella
dichiarazione dei redditi siano inferiori a quelli derivanti dall'applicazione dello studio relativo alla
categoria economica di appartenenza.
In conclusione si può sostenere che siano atti normativi (o integrativi di altri atti normativi
sopraordinati) dotati di forza cogente per tutti.
L'atto di interpello generalizzato introdotto dallo Statuto dei diritti del contribuente e il ruling
(resi dall'amministrazione finanziaria).
Ciascun contribuente può proporre istanze di interpello all'amministrazione finanziaria concernenti
l'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi sia obiettiva
condizione di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse.
La risposta dell'amministrazione, scritta e motivata, vincola con esclusivo riferimento alla questione
oggetto dell'istanza di interpello, il soggetto richiedente e l'amministrazione stessa.
69
Risulta logicamente insostenibile l'asserto che tende a fare rientrare l'attività di interpello tra quelle
di indirizzo in senso stretto.
Al fine di modificare questo stato delle cose sono stati adottati di recente provvedimenti di indirizzo
volti a migliorare il rapporto fisco-contribuente.
70
Cap. 15
LA FATTISPECIE DELL'IMPOSIZIONE
(O DELL'ACCERTAMENTO DELL'IMPOSTA)
SEZIONE I
CARATTERI GENERALI DELL'ATTIVITA' DI IMPOSIZIONE
3. la denuncia è l'atto che impedisce il sorgere del potere di imposizione officioso e l'instaurarsi
della relativa sequenza di atti.
Potere e attività di imposizione officiosa risultano, così, fenomeni giuridici non necessari, ma
eventuali.
In particolare:
71
Presentazione di una denuncia intempestiva o inesatta.
Se la dichiarazione, pur valida ed efficace, è tardiva o inesatta. Queste sono fonte del potere di
imposizione volto alla costituzione dell'obbligazione evasa (e sussidiariamente dell'obbligazione
sanzionatoria). La funzione di imposizione risulta conferita, dalla legge, alla finanza, per il recupero
di quelle imposte che avrebbero dovuto essere riscosse in base alla dichiarazione dell'obbligato e
che non si poterono esigere a causa della riscontrata non veridicità della denuncia quanto alla
descrizione degli elementi della fattispecie imponibile. L'atto di imposizione dunque è legittimo in
quanto non sussiste corrispondenza tra le due fattispecie (quella dichiarata e quella reale).
La dichiarazione ha la stessa funzione ed efficacia dell'atto di imposizione, per cui, ricevuta la
denuncia, l'ente non può sic et simpliciter, procedere alla determinazione autoritaria dell'imponibile,
sia pure utilizzando i dati forniti dal denunciante o raccolti aliunde.
A parte tutti gli altri effetti di cui è rivestita dalla legge, la dichiarazione è costitutiva di un
particolare vinculum iuris per l'amministrazione pubblica alla quale, in quanto atto recettizio, essa è
destinata, consistente nella facoltà di scelta tra le seguenti due alternative:
1) L'amministrazione può non esercitare alcun controllo del contenuto della denuncia e lasciare
decorrere il termine decadenziale al quale è legato l'esercizio del potere di imposizione. In
tal modo il debito si consolida definitivamente sulla base della denuncia;
2) La finanza può esercitare la potestà di polizia, ma questa deve avere a suo oggetto il
controllo della denuncia. In presenza di una denuncia formalmente regolare la posizione
soggettiva di cui è investito l'ente impositore si configura univocamente come potere di
acclarare la completezza e la veridicità di quanto indicato nell'atto.
Può perciò sostenersi che la dichiarazione è l'atto mediante il quale l'ordinamento consente al
soggetto nei cui confronti si sia verificata la fattispecie imponibile di procedere alla
autodeterminazione degli elementi della fattispecie e di conseguenza, del debito d'imposta.
A sua volta la rettifica della dichiarazione è l'atto mediante il quale l'ente impositore, nel caso di
riscontrata non corrispondenza tra fattispecie reale e fattispecie dichiarata (mediante l'attività
istruttoria o di polizia), procede alla determinazione degli elementi della fattispecie reale e alla
costituzione di un debito corrispondente alla differenza tra l'imposta dovuta sulla base
dell'imponibile dichiarato e quella corrispondente all'imponibile accertato (attività di imposizione).
Analogamente, l'avviso di accertamento d'ufficio è l'atto col quale l'ente impositore, nel caso di
constatata esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'obbligo di dichiarazione, procede alla loro
determinazione in sostituzione dell'obbligato inadempiente.
Nel sistema vigente ben scarsa è l'importanza, ai fini del gettito tributario, degli atti di imposizione
officiosa. La quasi totalità delle entrate tributarie infatti deriva da atti posti in essere dal solo
contribuente.
72
Identità di efficacia della dichiarazione dell'obbligato di imposta e dell'atto di imposizione
dell'ufficio.
Il cd. presupposto di fatto può, quindi, essere definito nei seguenti termini:
Presentata la denuncia, tempestiva e completa; e veritieri gli imponibili del periodo di imposta a cui
si riferisce il presupposto di fatto, l'obbligazione tributaria si costituisce integralmente sulla base
della dichiarazione, alla quale deve assegnarsi l'efficacia costitutiva del debito.
Non mancano tuttavia, anche in materia impositiva, aree in cui l'Amministrazione gode di un potere
discrezionale di non trascurabile spessore: ciò si verifica nelle ipotesi in cui la legge assume a
parametro dell'imposizione valori medio-ordinari.
Da questo discende che la rinuncia all'esercizio della imposizione può aver luogo solo sulla base di
una apposita norma di legge. In tale quadro si inseriscono i provvedimenti di condono con i quali, in
presenza di determinate condizioni, i contribuenti vengono esonerati dal pagamento delle imposte,
delle pene pecuniarie e degli interessi moratori.
Indipendentemente dalla presenza o assenza di norme di diritto positivo così fatte, l'assenza di
potere dispositivo avente ad oggetto l'obbligazione tributaria discende dagli Artt. 2, 3, e 53 Cost. e
dalla natura stessa dell'imposta come obbligazione di riparto di spese collettive.
L'indisponibilità dell'obbligazione resta uno dei punti cardinali del sistema tributario di un
Paese civile.
73
Il potere di autotutela dell'ufficio e la tutela dell'affidamento (buona fede) del contribuente.
In base ai principi generali del diritto amministrativo, la pubblica amministrazione ha il potere di
riesaminare la propria azione e di annullare o revocare d'Ufficio i propri atti che riconosca come
viziati, eventualmente sostituendoli con nuovi provvedimenti immuni dai difetti dei precedenti.
È pacifico ormai che tutti gli atti (e non solo gli avvisi di accertamento) possano essere annullati e
che tale possibilità sussista anche quando siano diventati definitivi.
Quanto ai presupposti, sul piano procedimentale, non si ritiene necessaria un'istanza del
contribuente, anche se sarà di regola questi a richiamare l'attenzione dell'Ufficio sui vizi dell'atto.
Sul piano sostanziale, in base ai principi generali, l'annullamento presuppone la sussistenza, non
solo dell'illegittimità, ma anche di un interesse pubblico alla rimozione dell'atto, richiedendosi
perciò all'organo competente una ponderazione degli interessi coinvolti.
La stessa Amministrazione finanziaria ha ritenuto che costituisca interesse pubblico idoneo a
giustificare l'annullamento l'esigenza che al contribuente non sia richiesto più di quanto da lui
effettivamente dovuto, in conformità ai principi di trasparenza e di giustizia sostanziale immanenti
all'attività amministrativa.
Ovviamente il problema, dal punto di vista dei contribuenti, è non tanto la giustificatezza
dell'annullamento ottenuto, bensì se sussistano casi in cui esso è doveroso, e se essi possano
accampare una pretesa tutelata giuridicamente.
Sotto questo profilo l'Amministrazione finanziaria ha ritenuto che l'istanza del soggetto
passivo non obblighi l'ufficio a provvedere.
La Cassazione a Sezioni Unite nel 2005 ha affermato che rientrano nella giurisdizione del giudice
tributario le controversie relative all'esercizio da parte dell'Amministrazione del potere di
autotutela.
Tanto la retroattività di una norma innovativa eventualmente introdotta dal legislatore, quanto la
retroattività della nuova regola ricavata in via interpretativa a seguito del revirement
dell'amministrazione infrangono questo canone avente dignità costituzionale e perciò sono da
condannare.
L'argomento, che è quello della tutela del cd. Affidamento, è importante e merita cenno.
74
Nella sentenza 155/1990 la Consulta afferma che il principio della certezza dei rapporti preteriti,
pur non trovando testuale codificazione costituzionale, rappresenta pur sempre una regola
essenziale del sistema, al quale il legislatore ordinario deve prestare ossequio e sottomettersi.
Sempre in tale sentenza emerge il parametro dell'Art. 41 Cost. sulla iniziativa economica
privata, quale parametro da garantire non solo nel momento iniziale, ma anche durante il suo
dinamico sviluppo. A tale garanzia, dice la Corte, si ricollega il principio dell'affidamento.
Il tema della tutela dell'affidamento è stato riconsiderato in ogni suo aspetto e disciplinato dallo
Statuto del contribuente nel seguente modo:
Art. 10 Accorda piena tutela all'affidamento e alla buona fede del contribuente sul piano
della non sanzionabilità di comportamenti adottati da quest'ultimo in conformità ad
indicazioni fornitegli dall'Amministrazione.
Lo stesso articolo dispone la non irrogabilità di interessi moratori negli stessi casi.
Tuttavia non appare convincente che l'Amministrazione finanziaria non possa rivedere mai, con
efficacia retroattiva, le proprie antecedenti prese di posizione interpretative, anche se palesemente
errate.
La virtù sta dunque nel mezzo, e cioè nel principio di buona fede oggettiva. Il contribuente
oggettivamente in buona fede va tutelato anche contro i ripensamenti interpretativi. Ma solo in tal
caso.
La buona fede oggettiva sussiste se l'interpretazione da lui adottata, suffragata dalla presa di
posizione dell'amministrazione, e da quest'ultima poi sconfessata, è munita di caratteri tali da
rendere quanto mai ragionevole l'affidamento sull'intangibilità della interpretazione.
Solo in tali limiti il principio di tutela dell'affidamento non entra in collisione con altri
parametri costituzionali, primo fra tutti l'obbligo universale di concorso alla ripartizione della spesa
pubblica in presenza degli indici di riparto stabiliti dalla legge di imposta, che è legge di
ripartizione. Perciò solo in questi termini la tutela dell'affidamento si estende fino ad includere la
non obbligatorietà dell'imposta.
SEZIONE II
LA DICHIARAZIONE TRIBUTARIA
(O AUTOIMPOSIZIONE)
Per semplificare l'adempimento dei doveri di dichiarazione, le dichiarazioni dei redditi, IRAP e IVA
e del sostituto di imposta vengono presentate contestualmente tramite la dichiarazione unificata
annuale. Questa confluenza nel cd. modello unico non modifica il fatto che si tratti di dichiarazioni
distinte, quanto ai contenuti e alle relative regole.
75
sottoscritta a pena di nullità. Benché la firma sia necessaria ad identificare nel contribuente l'autore
della dichiarazione, la sua mancanza è sanabile se apposta successivamente, su invito dell'ufficio
tributario.
Il 2°comma dell'Art. 1 del dpr 600/1973 stabilisce che i redditi si considerano non dichiarati se
manca l'indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili
secondo le norme che disciplinano l'imposta.
Inoltre quando nella dichiarazione sono effettuate delle scelte relative alla determinazione della base
imponibile, esse condizionano l'an e il quantum dell'imponibile.
La dichiarazione assume rilevanza anche sul piano della riscossione e su quello del rimborso,
perché reca la quantificazione dell'imposta, ossia la liquidazione dell'obbligazione tributaria nonché
l'indicazione delle ritenute, dei crediti d'imposta e degli acconti versati.
Queste voci concorrono a ridimensionare l'imposto dell'imposta dovuta a saldo o
eventualmente ad evidenziare un diritto al rimborso del dichiarante.
Pertanto la dichiarazione funge da titolo giustificativo del versamento effettuato ovvero, in ipotesi
di omesso versamento, da titolo per l'iscrizione a ruolo ovvero, in caso di eccedenza a credito, da
istanza di rimborso.
In caso di errori materiali o di calcolo emergenti prima facie dalla dichiarazione, l'Amministrazione
finanziaria ha il potere-dovere di procedere d'ufficio alla correzione e all'eventuale rimborso
dell'imposta pagata in più e per sollecitare il rimborso d'ufficio, l'interessato può presentare istanza
di rimborso.
Per quanto concerne invece gli errori di valutazione giuridica si applica la norma generale fissata
dall'Art. 21, 2°comma d.lgs. 546/1992 ai sensi del quale il rimborso deve essere richiesto, salvo
che disposizioni specifiche contenute nelle singole leggi d'imposta prevedano termini differenti,
entro due anni dal pagamento con apposita istanza all'Ufficio tributario competente.
76
Se il versamento invece si fonda su un avviso di accertamento o una iscrizione a ruolo illegittimi, il
contribuente ha l'onere di impugnare tali atti, per non perdere il diritto al rimborso.
La possibilità di correzione in bonam partem è stata da ultimo riconosciuta dal dpr 435/2001 il
quale, modificando l'Art. 2 del dpr 322/1998, ha previsto che la dichiarazione possa essere corretta
quanto agli errori od omissioni risolventisi nell'indicazione di un maggior debito di imposta o di un
minor credito, presentando una dichiarazione integrativa entro il termine per presentare quella
relativa al periodo d'imposta successivo, e che l'eventuale credito risultante possa essere utilizzato
in compensazione.
Dunque la correzione fatta secondo tali regole consente di elidere gli effetti della
dichiarazione erronea e recuperare direttamente e rapidamente quanto versato in più.
La natura giuridica e gli effetti delle dichiarazioni ai fini della nascita dell'obbligazione
tributaria.
Nel normale schema attuativo del prelievo, la dichiarazione esaurisce da sola la fattispecie
dell'accertamento.
Inoltre se il contribuente lascia decorrere i termini decadenziali senza esperire i rimedi
accordatigli, l'obbligazione scaturente dalla dichiarazione si consolida anche in difetto totale o
parziale del presupposto.
Se invece nel processo sulla questione del rimborso si riconosca la erroneità della
dichiarazione, l'obbligazione viene meno, perché la pronuncia giurisdizionale annulla (in tutto o in
parte) gli effetti della dichiarazione anche se per avventura gli errori dedotti non sussistano.
Tali questioni sono a supporto dell'attribuzione alla dichiarazione del ruolo di fattispecie fonte
dell'obbligazione tributaria, ossia della stessa efficacia spettante all'imposizione officiosa.
Dal sistema risulta confermata quest'ultima teoria, in quanto l'iscrizione a ruolo dell'imposta
77
dichiarata ma non versata segue regole diverse dall'iscrizione dell'imposta accertata.
L'Art. 17 dpr 602/1973 pone un termine decadenziale per l'iscrizione a ruolo dell'imposta liquidata
in base alla dichiarazione: se l'avviso di accertamento determinasse la sostituzione di un nuova
obbligazione a quella scaturente dalla dichiarazione, in base ad esso si potrebbe iscrivere a ruolo
tutto l'accertato, compresa la quota di imposta corrispondente all'imponibile dichiarato.
Al contrario è pacifico che, decorso il termine per l'iscrizione a ruolo dell'imposta liquidata in
base alla dichiarazione, si può solo riscuotere la maggiore imposta dovuta in base all'avviso di
accertamento.
Inoltre se l'accertamento officioso producesse un effetto caducatorio rispetto all'obbligazione
scaturente dalla dichiarazione nel caso di annullamento dello stesso in sede giurisdizionale,
andrebbe restituito quanto riscosso in base alla dichiarazione. Ma ciò è pacificamente escluso.
La dichiarazione nell'IVA.
Gran parte dei concetti esposti fino ad ora in tema di dichiarazione dei redditi possono ripetersi,
mutatis mutandis, con riguardo alla disciplina della dichiarazione ai fini dell'IVA.
Analoghe sono le regole sul formalismo dei modelli, sulla presentazione telematica, sulla
sottoscrizione.
Essa inoltre è prova di esistenza dei dati e fatti in essa esposti a carico del dichiarante che, se vuole
smentirla, deve dimostrarne l'erroneità.
Dal 2002 è richiesta solo la presentazione in via telematica, entro il mese di Febbraio di ciascun
anno, di una comunicazione dei dati relativi all'IVA esigibile e alle detrazioni operate, riferita
all'anno solare precedente.
78
regolarizzazione.
La sanzione di pena pecuniaria più alta è pari ad 1/5 del minimo previsto per l'irregolarità
(omissione, infedeltà, etc) della dichiarazione.
Il contribuente può fruire del ravvedimento operoso a condizione che non siano iniziati accessi,
ispezioni e veridiche, che la violazione non sia stata comunque già constatata e che non siamo già
stati notificati inviti o richieste da parte degli uffici.
È altresì necessario che la rettifica sia in aumento rispetto alla dichiarazione originaria.
Nell'imposta di successione e nell'INVIM abrogate nel 2001 era invece necessaria, data la
complessità della base imponibile, un apposita dichiarazione.
Quante alle imposte doganali, con la relativa dichiarazione è manifestata la volontà di dare ad una
merce una certa destinazione (per ad es. importarla o esportarla), immettendola al consumo in un
mercato diverso da quello di origine.
La dichiarazione doganale può essere fatta verbalmente, per iscritto o mediante un sistema
informatico.
Essa dovrà contenere le indicazioni relative al dichiarante, al proprietario, alla merce ed agli
importi da pagare.
SEZIONE III
L'AVVISO DI ACCERTAMENTO (O DI IMPOSIZIONE) OFFICIOSO
79
arbitrario del potere accertativo.
Queste garanzie consistono in limitazioni concernenti l'esplicazione del potere impositivo. A
questo proposito, l'Art. 7 Statuto del contribuente, riferendosi in generale agli atti
dell'Amministrazione finanziaria, dispone che essi siano motivati secondo la disciplina dell'Art. 3
legge 241/1990, concernente appunto la motivazione dei provvedimenti amministrativi.
NB. La garanzia della motivazione è estesa anche al titolo esecutivo (e quindi al ruolo e alla
cartella di pagamento).
Si stabilisce così un livello minimo di garanzie applicabile a tutti gli atti impositivi, che non
pregiudica le garanzie più intense previste da discipline specifiche.
L'Art. 7, 2°comma dello Statuto obbliga inoltre ad indicare negli atti dell'Amministrazione
finanziaria e dei concessionari della riscossione:
4. [in caso di atti impugnabili] le modalità, il termine e l'organo cui è possibile ricorrere.
Infine, una garanzia fondamentale consiste nel dovere dell'ufficio di raccogliere previamente la
prova dei presupposti specifici dell'emanazione dei singoli atti, cioè delle circostanze che lo
legittimano ad esercitare il potere di accertamento.
Il contenuto è costituito degli elementi dei quali la legge richiede l'indicazione nell'atto e si
identifica con il dispositivo, ossia le statuizioni cui si ricollegano gli effetti di esso, in
contrapposizione ai motivi di fatto e di diritto posti a fondamento delle medesime, nonché afli altri
requisiti formali.
La motivazione.
La motivazione, ossia l'indicazione delle ragioni di fatto e di diritto poste a base dell'atto di
accertamento, costituisce un elemento di fondamentale importanza, in quanto garanzia:
da un lato del rispetto delle regole sulla formazione del convincimento dell'Ufficio;
Tuttavia il grado di dettaglio delle indicazioni da fornire in motivazione varia da caso a caso;
pertanto l'osservanza dell'obbligo di motivazione va verificata in concreto in relazione al singolo
atto.
L'opinione della giurisprudenza è che l'ampiezza minima della motivazione debba essere
individuata in relazione alla funzione di essa di consentire l'identificazione dei presupposti materiali
e giuridici cui è correlata la pretesa tributaria, in modo da mettere il destinatario in grado di svolgere
la propria difesa.
L'atto deve dunque permettere di comprendere l'itinerario logico-giuridico seguito dall'Ufficio per
80
formare il proprio convincimento intorno alle premesse di fatto e di diritto del dispositivo.
A questo riguardo la giurisprudenza richiama la distinzione tra motivazione e prova per affermare
che la seconda non è elemento costitutivo dell'avviso, in quanto la dimostrazione della fondatezza
delle affermazioni dell'Amministrazione finanziaria deve essere data solo al giudice. Questo per
dire che se l'ufficio non adempie in sede contenziosa il suo onere probatorio, l'accertamento si
considera infondato ma non immotivato.
Questa distinzione non è condivisibile quando è assunta a premessa per affermare la superfluità
dell'indicazione di tali risultati, in quanto questi sono garanzia del rispetto delle regole
sull'istruttoria.
La giustificazione di tale determinazione richiede il riferimento ai risultati dell'istruttoria,
secondo il modello dell'Art. 3 della legge 241/1990 richiamato dall'Art. 7 dello Statuto del
contribuente: dunque la descrizione dell'iter argomentativo seguito deve rendere individuabili
anche le ragioni per le quali l'Ufficio si è convinto della sussistenza dei fatti e circostanze affermati
nella motivazione, e deve trattarsi di un fondamento almeno prima facie sufficiente per procedere.
Nel giudicare se le indicazioni dei passaggi logici su cui si fonda la rettifica siano idonee, occorrerà
tener conto delle peculiarità dei vari casi concreti.
Ciò premesso sul piano generale, per quanto riguarda in particolare l'avviso di accertamento delle
imposte sui redditi, occorre precisare che la disciplina della motivazione di tale atto contenuta
nell'Art. 42 del dpr 600/1973, impone di riferire la motivazione non solo ai presupposti di fatto e di
diritto della pretesa, ma anche all'applicazione da parte dell'Ufficio degli articoli precedenti, che
concernono le regole sui singoli tipi e metodi di quantificazione dell'imponibile, confermando così
la funzione del requisito in esame di assicurare il controllo sul rispetto delle regole dell'azione
impositiva.
Dunque attraverso questo rinvio alle regole sulla formazione del convincimento
dell'Ufficio, viene delineata una corrispondente articolazione dei motivi dell'avviso di accertamento.
Per quanto riguarda le ragioni giuridiche, se non è necessario indicare espressamente la disposizione
o il testo normativo applicato, dovranno essere precisate le regole dall'applicazione delle quali
dipende la diversa determinazione contenuta nell'avviso officioso, rispetto a quanto dichiarato dal
contribuente.
Infine, come si è detto, nel caso di riferimento ad altri atti non già conosciuti o ricevuti dal
contribuente, il testo dell'Art. 42 stabilisce che questi siano allegati ovvero ne sia riprodotto
nell'accertamento in contenuto essenziale.
81
La competenza.
Tra i presupposti di legittimità degli atti di accertamento vi è anche la competenza dell'Ufficio che li
ha emanati. Al riguardo, va ricordato che tale competenza spetta attualmente, per i vari tributi la cui
gestione è affidata all'Agenzia delle Entrate, ai diversi Uffici locali.
Sotto il profilo territoriale, l'Ufficio competente per l'emissione dell'atto di accertamento ai fini delle
imposte reddituali è quello della cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del contribuente, alla
data in cui è stata o avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione.
In caso di incompetenza:
La sottoscrizione.
Altro elemento di disciplina specifica è la sottoscrizione dell'avviso di accertamento. Al riguardo
l'Art. 42 dpr 600/1973 prevede che l'atto debba essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo
dell'Ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.
In particolare, l'avviso di accertamento per le imposte reddituali deve essere notificato entro il 31
Dicembre:
[in caso di omissione o nullità della dichiarazione] del 5°anno successivo a quello in cui
avrebbe dovuto essere presentata.
L'Art. 37, commi dal 24 al 26, del DL n°233/2006 modifica ai fini delle imposte sul reddito e
dell'IVA, la disciplina dei termini testé riassunta raddoppiandoli qualora i fatti di evasione da
accertare con apposita attività impositrice integrino una delle fattispecie penali disegnate dal
decreto legislativo n°74/2000.
È palese che il raddoppio opera solo se l'illecito sia stato effettivamente consumato e ne venga
data prova con sentenza penale passata in giudicato.
NB. Termini più ristretti sono previsti per le liquidazioni e le rettifiche formali di cui all'Art. 36-
bis e all'Art. 36-ter dpr 600/1973.
Secondo l'opinione prevalente, il vizio di inosservanza del termine rende l'atto solo annullabile, non
già emanato in carenza di potere, in quanto la scadenza del termine non estingue il potere
impositivo, bensì obbliga l'Amministrazione finanziaria a non esercitarlo.
NB. Questo significa che tale vizio non è rilevabile d'ufficio.
82
Essendo l'accertamento un atto recettizio, che esiste e produce effetti in quanto sia notificato al
destinatario, da un lato la decadenza è evitata solo dalla notificazione; dall'altro i vizi di essa
costituiscono vizi formali.
La disciplina sulle notificazioni in materia di imposte dirette risulta dall'Art. 60 del dpr 600/1973,
il quale rinvia all'Art. 137 ss Cpc prevedendo però alcune regole speciali, tra queste:
la competenza dei messi comunali o di messi speciali autorizzati dall'Ufficio delle imposte;
Tuttavia tali effetti subiscono in vari casi per espressa disposizione di legge, una limitazione in
relazione al fatto che l'accertamento sia impugnabile o il giudizio sia pendente, in quanto la
riscossione degli importi risultanti è parziale e graduata secondo le vicende del processo: ma ciò
incide solo sul piano quantitativo, senza escludere l'immediata efficacia dell'atto.
Piuttosto, questa efficacia è in una certa misura instabile, in quanto suscettibile di venir meno
in caso di accoglimento del ricorso da parte del giudice tributario.
Quando questa instabilità viene meno l'atto diviene definitivo. Questo significa che ne vengono
consolidati gli effetti come titolo della riscossione o della ritenzione delle somme riscosse.
83
Alla definitività è spesso ricondotto anche un effetto di incontestabilità della ricostruzione del fatto
contenuta nell'accertamento, od i preclusione di diverse determinazioni del dovuto.
2. Gli stessi effetti di attribuzione patrimoniale definitiva possono essere rimossi, in determinati
casi, in base ad una diversa ricostruzione della fattispecie tributaria. es. la definitività
derivante dalla mancata impugnazione del ricorso non impedisce l'annullamento dell'atto,
nell'esercizio del potere di autotutela, da parte dell'Amministrazione finanziaria. Il
contribuente può invocare il giudicato favorevole ottenuto da un coobbligato in solido che
abbia ritualmente impugnato il medesimo accertamento.
L'adesione viene incentivata mediante benefici sul piano sanzionatorio. Sul piano penale, si prevede
la diminuzione fino alla metà delle pene per i delitti in materia di imposte sui redditi e IVA se prima
dell'apertura del dibattimento siano stati pagati i debiti tributari, anche se ridotti a seguito di
concordato.
Le sanzioni amministrative sono ridotte ad ¼ del minimo per le violazioni concernenti i tributi
oggetto dell'adesione, commesse nel periodo di imposta e il contenuto della dichiarazione (salvo per
quelle applicate in sede di liquidazione).
Non vi sono limiti di contenuto agli accertamenti suscettibili di essere definiti mediante adesione.
Per favorire il raggiungimento del concordato è previsto un contraddittorio tra ufficio tributario e
contribuente.
L'iniziativa può essere presa dall'ufficio, prima della formazione di atti di imposizione,
invitando il contribuente a comparire per definire con la sua adesione i periodi di imposta che sono
suscettibili di accertamento.
Ma anche il contribuente, se ha subito accessi, ispezioni o verifiche, può chiedere all'ufficio di
formulare una proposta di accertamento alla quale possa eventualmente prestare adesione; e se gli è
stato notificato un avviso di accertamento non preceduto dall'invito di cui sopra, può presentare
un'istanza di accertamento con adesione.
Tale istanza sospende per 90 gg il termine per impugnare l'atto davanti alla commissione tributaria e
al riscossione del tributo, e comporta l'invito a comparire per instaurare il contraddittorio.
84
NB. Tuttavia l'ufficio non è tenuto a pervenire alla definizione con adesione, se non ritiene che il
contribuente abbia fornito elementi idonei a ridurre la pretesa fiscale.
L'atto di accertamento con adesione è redatto per iscritto e sottoscritto dal contribuente e dal capo
dell'ufficio, con l'indicazione degli elementi e dei motivi su cui si fonda.
Affinché la definizione si perfezioni, è necessario che entro 20 gg il contribuente versi le
somme dovute in conseguenza dell'adesione.
In mancanza, riprende il procedimento ordinario e non perde efficacia l'originario atto di
imposizione.
Per quanto riguarda la natura dell'accertamento con adesione, l'opinione prevalente è nel senso che
si tratti di un atto unilaterale di accertamento cui si aggiunge, rimanendo però distinta da esso,
l'adesione del contribuente.
Il parere reso dal Comitato ha efficacia inter partes e questo si coglie dal disposto dell'Art. 2-bis,
3°comma della legge 656/1994, la dove stabilisce che l'Ufficio e il contribuente possono stipulare
un concordato avente ad oggetto “l'esistenza, la stima, l'inerenza e l'imputazione a periodo dei
componenti positivi e negativi del reddito di impresa o di lavoro autonomo”.
Questa definizione concordataria non è integrabile o modificabile da parte dell'Ufficio.
Il responso ministeriale o del Comitato, se conforme alla soluzione interpretativa prospettata dal
richiedente, è pur esso insuscettibile di sconfessione da parte di entrambi i soggetti limitatamente al
caso deciso. In tal senso possono essere seguite due strade:
A) Applicare il disposto dell'Art. 11, 2°comma, ulti.inciso, dello Statuto, che afferma
l'efficacia vincolante inter partes del parere in ipotesi di concordanza di opinione tra
interpellante e interpellato.
B) Sostenere che se l'ufficio potesse sconfessare il parere reso dal Comitato e dunque se il
parere stesso non avesse efficacia impegnativa sul piano della qualificazione giuridica del
caso prospettato dal richiedente, l'efficacia del parere perderebbe qualsiasi consistenza e
l'istituto risulterebbe completamente inutile.
Oltre all'interpello speciale il nostro ordinamento prevede nell'Art. 11 Statuto del contribuente,
una forma di interpello ordinario, di portata generale, attivato sulla base di una istanza per iscritto
del contribuente, concernente “l'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e
personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle
disposizioni stesse”.
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Nell'istanza il richiedente dovrebbe prospettare quale interpretazione o quale comportamento egli
ritenga corretto.
non facili problemi di coordinamento sistematico solleva il 3°comma dell'Art. 11 che attribuisce al
silenzio serbato dall'Amministrazione una efficacia più ridotta di quella prevista dal 2°comma
(disapplicazione delle sanzioni).
Ma l'antinomia tra il 2° e il 3°comma può superarsi riconoscendo che il 3°comma si riferisce
al caso di interpello anomalo, nel quale l'istante non abbia indicato l'interpretazione o il
comportamento che ritiene corretti.
È ovvio che il contribuente, se dissente dal parere sfavorevole ricevuto, è libero di conformarvisi o
non. Può dunque realizzare egualmente l'operazione reputata elusiva o applicare la norma di
controversa interpretazione adottando una tesi ricostruttiva diversa da quella indicata
dall'Amministrazione.
Il contribuente che voglia dissentire, subirà l'unica conseguenza di doversi addossare l'onere
di fornire la motivazione della ritenuta erroneità del verdetto ricevuto.
Il legislatore non consente all'Ufficio di emanare un primo accertamento utilizzando solo una parte
degli elementi disponibili e poi ulteriori atti sulla base dei rimanenti, o di una diversa valutazione di
quelli già utilizzati: il primo accertamento può essere seguito da altri solo in seguito alla
sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Tuttavia questa regola conosce ampie deroghe, in quanto in vari casi il legislatore ha ritenuto
prevalente sugli interessi sopra considerati quello ad una sollecita acquisizione delle maggiori
imposte correlate a singoli elementi della fattispecie tributaria, il cui accertamento sia
particolarmente semplice ed immediato, escludendo che l'atto con il quale si procede ai relativi
recuperi precluda l'emanazione di successivi avvisi di accertamento, anche se basati su elementi già
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allora conosciuti dall'Ufficio.
L'accertamento d'ufficio non ha però finalità sanzionatorie, essendo diretto a ricostruire il reddito
effettivo. Vero è che il livello delle garanzie accordate al contribuente è inferiore a quello previsto
per l'accertamento in rettifica: le regole probatorie sono analoghe a quelle dell'accertamento con
metodo induttivo, la determinazione concerne il reddito complessivo.
Tuttavia la ricostruzione per non trasformare l'accertamento d'ufficio in uno strumento
punitivo, può essere sintetica o induttiva solo se non si siano rinvenuti elementi idonei per una
determinazione analitica.
Per quanto riguarda i requisiti formali, valgono le regole generali dell'Art. 42; inoltre il termine per
la notifica di questi avvisi di accertamento è più ampia (1 anno).
Segue: 3) Liquidazione in base alla dichiarazione (Art. 36-bis dpr 600/1973) e controllo
formale della dichiarazione (Art. 36-ter)
l'Art. 36-bis disciplina la liquidazione delle imposte, dei contributi previdenziali e dei premi
assicurativi dovuti dai contribuenti e dai sostituti d'imposta, ovvero dei rimborsi spettanti ai
medesimi, in base alla dichiarazioni da essi presentate.
Il termine per lo svolgimento di tali controlli è l'inizio del periodo di presentazione della
dichiarazione relativa all'anno successivo.
I risultati di tale liquidazione, divergenti da quanto dichiarato dal contribuente o dal sostituto
d'imposta, sono a questi comunicati.
Per quanto riguarda la comunicazione degli esiti della liquidazione non è un avviso di
liquidazione, tipico atto impositivo.
Essa ha certo rilevanza esterna, in quanto atto finalizzato a rendere esplicite le ragioni e il
contenuto della pretesa fiscale; tuttavia, l'opinione prevalente la ritiene assimilabile ad un avviso
bonario, che da al soggetto passivo la possibilità di evitare la successiva iscrizione a ruolo, o
adempiendo senza bisogno di quest'ultima, ovvero dimostrando l'erroneità della pretesa stessa.
Infatti entro 30 gg è possibile fare presente all'Amministrazione finanziaria dati o elementi non
considerati o erroneamente valutati in fase di liquidazione, si fini del rito o della riduzione della
pretesa, ovvero pagare quanto dovuto.
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In mancanza di pagamento o di dimostrazione dell'infondatezza della pretesa, la somma è
iscritta a ruolo.
I controlli formali disciplinati dall'Art. 36-ter del dpr 600/1973 si svolgono secondo modalità
simili, specie per la previsione di una comunicazione dei conseguenti recuperi, cui segue l'iscrizione
a ruolo se il soggetto passivo tace.
Anch'essi comportano sanzioni amministrative per insufficiente versamento e non per infedele
dichiarazione; anch'essi concernono ipotesi tassative, e a differenza di quelli di cui all'Art. 36-bis,
hanno carattere selettivo e si possono fondare sul confronto tra quanto dichiarato e determinati
elementi esterni alla dichiarazione.
Tali controlli sono effettuabili dagli uffici periferici dell'Amministrazione finanziaria, entro il
31 Dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Al soggetto passivo può essere chiesto di fornire chiarimenti o presentare ricevute di
versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione.
La rettifica risultante dal controllo formale è comunicata al soggetto passivo indicandone i motivi.
Con l'Art. 25, 3° e 4°comma d.lgs. 472/1997, si è stabilito che prima di notificare la cartella di
pagamento, sia inviata al contribuente una comunicazione degli importi iscritti a ruolo, e se questi
paga entro 30 gg è ridotta a metà la sanzione amministrativa.
Vi sono forti dubbi di costituzionalità, specie per la mancanza di motivazione dell'atto. La Corte
costituzionale li ha però respinti, sul presupposto che, secondo il diritto vivente, l'Art. 36-bis è
applicabile solo se la materia imponibile non sia in discussione, quindi in ipotesi di errori materiali
e di calcolo immediatamente rilevabili dalla dichiarazione, senza necessità di alcuna istruttoria ed
escludendo qualsiasi valutazione giuridica.
In effetti, l'opinione prevalente è che questi interventi non neghino l'intrinseca veridicità dei fatti
esposti nella dichiarazione, quanto agli elementi concorrenti alla determinazione del reddito ed agli
oneri e detrazioni, e che i casi indicati nell'Art. 36-bis siano tassativi e da interpretare in modo da
escludere dalla sua area di operatività le ipotesi di errori dipendenti dall'interpretazione della legge
o da valutazioni o apprezzamenti di fatto diversi da quelli del contribuente.
Per quanto riguarda l'inquadramento dell'istituto, parte della dottrina lo considera estraneo
all'accertamento; o comunque lo ascrive all'area della riscossione. In essa sembra esprimersi talvolta
un potere si imposizione.
Non sembra dunque sempre vero che queste correzioni non contraddicano la rappresentazione
dei fatti fornita nella dichiarazione, né che operino solo su elementi messi dal contribuente a
disposizione del Fisco e debbano quindi essere circoscritte ai casi in cui il carattere indebito della
deduzione è immediatamente ricavabile dalla dichiarazione e dagli allegati e non desunto da prove o
circostanze esterne.
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evidenza probatoria.
Esso si distingue per il fatto di basarsi, anziché su un'istruttoria svolta dall'Ufficio, su segnalazioni
provenienti da determinati soggetti, esterni da esso: la Guardia di finanza, l'Anagrafe tributaria, Enti
e Amministrazioni pubbliche.
La ragione per consentire in questi casi all'Ufficio di avvalersi di una disciplina speciale è indicata
dalla dottrina nell'automatismo argomentativo delle determinazioni basate su queste fonti di
conoscenza: perciò si ritiene che le segnalazioni debbano avere un contenuto tale da permettere
senz'altro di procedere alla confezione dell'atto, sulla base di una verifica elementare.
Mantenere fermo questo carattere distintivo appare necessario, perché l'esigenza di delimitare
la sfera di applicazione del parziale non si collega solo ad esigenze nominalistiche, ma alla presenza
di notevoli differenze di disciplina, di fronte alle quali appare necessario evitare che l'applicazione
del regime dell'accertamento ordinario o di quello parziale dipenda da una scelta insindacabile
dell'Ufficio.
Esaminiamo ora i presupposti e gli effetti degli atti di accertamento integrativo. Premesso che si
parla di:
Atti di integrazione quando l'aumento si collega ad aspetti non considerati nel primo;
Atti di modificazione quando si incide su elementi del presupposto che siano già stati
oggetto di considerazione nell'atto pregresso.
È pertanto precluso un diverso apprezzamento del materiale probatorio già disponibile al momento
dell'emanazione di questo, anche se un più approfondito esame dovesse porre in luce elementi
trascurati o insufficientemente o erroneamente utilizzati.
A garanzia della controllabilità del rispetto di questo limite, nella motivazione, a pena di
nullità, devono essere indicati i nuovi elementi e gli atti o fatti tramite i quali l'Ufficio li ha
conosciuti.
Si pretende che l'atto integrativo sia basato su prove le quali al momento dell'emanazione del primo
avviso non solo non fossero state rilevate, ma nemmeno rientrassero nella sfera di potenziale
percezione dell'Amministrazione finanziaria; occorre dunque riferirsi alla concreta estensione
dell'istruttoria svolta per il primo avviso, per verificare la suddetta conoscibilità.
Sembra corretto ritenere che i vari atti rimangano autonomi, in quanto produttivi di distinte
obbligazioni tributarie, al fine della progressiva adeguazione della fattispecie accertata a quella
reale: gli effetti del primo non sono dunque assorbiti ed elisi dai successivi.
Perciò, i vari accertamenti seguono vicende distinte: sono suscettibili di consolidarsi
automaticamente, e l'impugnazione del secondo non permette di rimettere in contestazione la
determinazione contenuta nel primo, ancorché questa sia in esso richiamata al fine della
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determinazione del complessivo debito tributario.
SEZIONE IV
ALTRI TIPI DI ATTI DI IMPOSIZIONE OFFICIOSA
In primis l'avviso di accertamento IVA oltre a determinare una maggiore imposta, ne richiede anche
il pagamento entro 60 gg dalla notifica, al soggetto passivo: all'iscrizione a ruolo si procede solo in
caso di inadempimento di questo obbligo.
Le rettifiche della dichiarazione nelle quali la maggiore imposta dovuta, o la minor eccedenza
detraibile o rimborsabile, è determinata analiticamente;
Gli accertamenti induttivi, in cui viene determinato globalmente l'ammontare delle operazioni
imponibili.
Gli accertamenti induttivi, a differenza degli omologhi accertamenti delle imposte reddituali, sono
ammessi non solo in caso di omissione della dichiarazione o di violazioni che la inficino (mancata
sottoscrizione, mancata delle specificazioni essenziali), ma anche per anomalie concernenti la
contabilità.
Dunque, nell'IVA sono più numerosi i casi in cui l'Ufficio può prescindere in toto dalla
dichiarazione, pur quando sia valida, in presenza di gravi violazioni concernenti la contabilità e la
fatturazione.
Un'altra peculiarità, pure ricollegabile alla minor rilevanza della dichiarazione rispetto ai tributi sui
redditi, è l'ammissibilità, in caso di pericolo per la riscossione del tributo, di rettifiche o
accertamenti induttivi (condizionati ovviamente ai presupposto per essi previsti in via generale)
anteriori alla presentazione della dichiarazione, e suscettibili persino di riguardare solo una frazione
del periodo d'imposta, con riferimento pertanto alle imposte non versate in base alla disciplina delle
liquidazioni periodiche.
Il d.lgs 241/1997 ha introdotto anche nell'IVA una disciplina a sé della liquidazione delle imposte
dovute in base alla dichiarazione, imponendo un procedimento analogo a quello ex Art. 36-bis dpr
600/1973.
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Quanto al contenuto dell'avviso, l'Art. 56 dpr 633/1972, nell'individuare gli elementi che debbono
esservi indicati a pena di nullità, disciplina distintamente le rettifiche analitiche e gli accertamenti
induttivi:
L'ultimo comma dell'Art. 56 ha precisato con riferimento ad entrambi i tipi di accertamento che, a
pena di nullità, devono essere indicati i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che li hanno
determinati, ed allegati o riprodotti nel contenuto essenziale (se non già conosciuti o ricevuti dal
contribuente) gli altri atti cui la motivazione faccia riferimento.
Per altri aspetti la disciplina è più vicina a quella delle imposte reddituali. I termini per
l'accertamento sono più brevi.
Sostanzialmente coincidenti sono le regole sugli accertamenti integrativi e modificativi: in
seguito alla legge 413/1991, anche in materia di IVA sono ammessi accertamenti parziali.
Infine si può ricordare che l'accertamento con adesione ai fini delle imposte reddituali, ha effetto
anche ai fini dell'IVA.
Anche in questo campo l'applicazione delle imposte dipende in massima parte dagli adempimenti
imposti ai contribuenti; questi, però, sono tenuti a far conoscere all'erario tutti gli elementi del
presupposto e dell'imponibile necessari per la determinazione delle imposte dovute, non anche a
liquidare e versare le imposte stesse come nelle imposte reddituali e nell'IVA.
L'attività impositiva officiosa in questi tributi si esplica dunque come determinazione autoritativa
del regime dei rapporti tributari, attraverso provvedimenti suscettibili di produrre effetti preclusivi
se non tempestivamente impugnati, e aventi l'efficacia di legittimare la successiva azione
amministrativa. Inoltre i suddetti provvedimenti presentano una notevole varietà di contenuti e di
effetti.
In primo luogo, l'attività impositiva si esprime nella qualificazione giuridica degli elementi
91
dichiarati e nella conseguente determinazione e riscossione delle imposte dovute in base agli atti
giuridici posti in essere o alle dichiarazioni presentate.
In secondo luogo, gli Uffici svolgono controlli su una parte delle situazioni dichiarate, ed hanno
ovviamente il potere di assoggettare a tassazione quelle occultate o non correttamente dichiarate. Il
secondo tipo di controlli si realizza principalmente attraverso una verifica della congruità degli
imponibili dichiarati rispetto ai valori venali di beni e diritti rilevanti per la determinazione degli
imponibili stessi, secondo la disciplina delle varie imposte.
Infine gli uffici hanno ampie possibilità di richiedere ulteriori imposte (cd. Suppletive) in seguito
alla correzione di errori da essi stessi compiuti in precedenti liquidazioni, senza incontrare i limiti
preclusivi previsti per gli accertamenti modificativi delle basi imponibili nelle imposte dirette e
nell'IVA.
Va inoltre precisato che tra le normative dell'imposta di registro, di quella delle successioni e
dell'INVIM esistono notevoli differenze, quanto alla disciplina degli atti tramite i quali si esplica il
potere impositivo officioso.
Rimane come carattere comune il fatto che l'applicazione di esse non si può esaurire attraverso
l'adempimento degli obblighi del contribuente, consistenti nel sottoporre un atto alla registrazione o
presentare una dichiarazione, essendo necessario come si è detto, l'intervento dell'Amministrazione
finanziaria, quantomeno per la liquidazione del tributo risultante da tali atti, previa determinazione
della disciplina giuridica applicabile.
Ciò non comporta però che queste determinazioni sfocino comunque in un avviso di
liquidazione con gli effetti potenzialmente preclusivi tipici dell'atto di imposizione. Questo infatti
non avviene nell'imposta di registro, in cui la liquidazione è compiuta in modo informale: solo
quando non sia pagata o depositata la somma determinata dall'Ufficio viene notificato l'avviso di
liquidazione.
L'azione di accertamento può in primo luogo esplicarsi nella determinazione dell'imposta dovuta in
base al valore venale, se superiore a quello dichiarato nell'atto o al corrispettivo pattuito, nei casi
consentiti dalla legge.
Gli altri profili del rapporto e l'imposta conseguentemente dovuta sono determinati per mezzo
di atti denominati avviso di liquidazione.
L'oggetto degli avvisi di liquidazione non è necessariamente limitato alla mera liquidazione
dell'imposta, ma può ben coinvolgere la determinazione del presupposto, sia per gli aspetti di fatto
(si pensi alla possibilità di registrazione d'ufficio di atti la cui esistenza è accertata in base a
presunzioni), sia per quelli di diritto.
L'avviso di liquidazione inoltre produce gli effetti dei provvedimenti impositivi, in quanto obbliga i
soggetti passivi al pagamento delle imposte in esso determinate.
La sua natura di atto impositivo comporta dunque che esso debba contenere innanzitutto gli
elementi essenziali per l'esistenza di provvedimenti siffatti.
Pur non essendo stabilite le conseguenze della mancanza, sembra evidente che essa
comporterà, secondo i principi:
92
l'inesistenza dell'atto quando riguardi il dispositivo o gli altri elementi essenziali;
Quanto ai termini di decadenza per la notifica dell'avviso di liquidazione, l'imposta per gli atti da
registrare d'ufficio deve essere richiesta entro 5 anni.
Va infine ricordato che anche ai fini delle imposte sulle successioni e donazioni, dell'imposta di
registro, ipotecaria e catastale e dell'INVIM è possibile la definizione dell'accertamento mediante
adesione del soggetto passivo. Il procedimento è simile a quello previsto per le imposte sui redditi:
Per converso, sul piano oggettivo, la definizione deve riguardare tutti i beni o i diritti contenuti
nello stesso atto, denuncia o dichiarazione (salva la considerazione come atto distinto delle
disposizioni contenute nello stesso atto che non derivano necessariamente le une dalle altre) ed ha
effetto per tutti i tributi dovuti dal contribuente in relazione ad essi.
In caso di tributi applicati con il sistema del bollo (in particolare l'imposta di bollo e le tasse sulle
concessioni governative), l'intervento dell'Amministrazione finanziaria è diretto alla scoperta delle
fattispecie in cui il tributo sia stato evaso, cosicché in dottrina si parla di tributi senza imposizione e
di fattispecie dell'evasione (anziché dell'accertamento), per la mancanza di atti degli Uffici intesi
alla determinazione del dovuto, aggiungendosi che l'attività impositiva non avrebbe carattere
autonomo rispetto alla repressione delle violazioni.
In questi casi il potere impositivo è meramente eventuale, ad iniziativa d'ufficio, scaturisce
dall'evasione, ossia dalla violazione di un obbligo, ed è diretto a consentire la percezione dei tributi
la cui mancata acquisizione dipende da quella violazione.
L'Art. 16 della legge 408/1990 per le imposte che non rientravano nella giurisdizione delle
Commissioni tributarie, diverse da quelle di:
fabbricazione,
93
doganali,
tributi locali,
ha stabilito che in base al processo verbale di contestazione della violazione, viene redatto un atto
di accertamento del tributo evaso e di irrogazione della sanzione, notificato, all'interessato assieme
al verbale, il cui effetto è di dare al contribuente la possibilità di definire la controversia, pagando il
tributo accertato e di legittimare, in mancanza, l'iscrizione a ruolo.
Dunque anche qui è espressamente prevista una imposizione del tributo eventualmente dovuto in
relazione alla violazione commessa.
In seguito:
all'attribuzione alle Commissioni tributarie della giurisdizione su tutti i tributi (dal 2002);
ed all'impugnabilità avanti a queste di tutti gli atti aventi la natura oggettiva di avviso di
accertamento, essendo incompatibile con la relativa disciplina il meccanismo dei ricorsi
amministrativi prodromici all'azione avanti il giudice ordinario,
anche la disciplina di questi tributi sembra doversi allineare con i principi generali: l'atto di
accertamento dovrebbe dunque considerarsi autonomamente impugnabile, a pena di decadenza.
Inoltre la suddetta disciplina generale va coordinata con le eventuali più specifiche regole dei
singoli tributi sulle forme e sui termini per l'esercizio del potere impositivo.
come controllo eventuale sull'esattezza e sulla fedeltà delle dichiarazioni dei soggetti passivi
nonché sui versamenti da essi eseguiti in base alle stesse;
come determinazione dell'imposta qualora tali obblighi risultino violati, in particolare nel caso
di occultamento di fatti imponibili.
Il nuovo sistema di riscossione di cui all'Art. 14 del TU 504/1995 prevede che le somme dovute
siano riscosse a mezzo ruolo, previa spedizione da parte degli uffici di un avviso di pagamento.
Pertanto, in dottrina si ritiene che la funzione di atto di imposizione e liquidazione della
maggiore imposta dovuta sia svolta dai suddetti inviti o avvisi di pagamento, riferendosi perciò a
questi ultimi la necessità della motivazione in forza dei principi generali.
Occorre tuttavia precisare che in questa materia la determinazione degli elementi su cui si fonda
l'imposizione, in relazione alle varie situazioni, risulterà spesso da atti precedenti, quali i processi
verbali di constatazione delle violazioni, o i provvedimenti con i quali sono risolte le controversie
sulla natura delle merci, in base alle regole sulle controversie doganali.
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Orbene, quando nei confronti di tali atti siano dati autonomi rimedi giurisdizionali, è facile cogliere
in essi l'idoneità a consolidare la determinazione di certi aspetti del rapporto tributario che connota
l'atto impositivo, e si può considerare perciò l'avviso di pagamento mero atto consequenziale.
Quando invece si tratti di atti non impugnabili, come i processi verbali, sarà possibile
comunque motivare l'atto impositivo per rinvio agli stessi.
Per accertare quantità, qualità, valore ed origine delle merci e gli altri elementi necessari per
l'applicazione del prelievo, l'Ufficio procede all'esame della dichiarazione doganale e della
documentazione allegata, i cui risultati sono annotati sulla bolletta doganale (ossia sulla
dichiarazione accettata e registrata), con la sottoscrizione del funzionario controllante.
Se non emergono difformità rispetto alla dichiarazione, o il dichiarante non contesta le
difformità rilevate, l'accertamento diviene definitivo e sono liquidati i diritti doganali.
Il dichiarante può però sollevare contestazione ed a tal fine gli sono date ampie possibilità di
tutela in via amministrativa. Innanzitutto può:
◦ oppure (nonché se non ne condivide i risultati), che siano sentiti due periti.
1.Essa non esclude la possibilità di revisione di tale atto, non solo d'ufficio, ma anche su
richiesta dell'operatore, entro 3 anni da quando si è prodotta la suddetta definitività.
2.La definitività dell'accertamento o della rettifica è condizione per poter agire contro essi, entro
60 gg, in sede giurisdizionale.
3.Essa è presupposto per l'azione di recupero dei maggiori diritti dovuti (o per il rimborso
d'ufficio di quelli pagati in più.
NB. Ai sensi dell'Art. 21 d.lgs. 46/1999 non è più necessario un titolo definitivo per l'iscrizione a
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ruolo dei diritti doganali.
L'accertamento di valore nelle imposte sui trasferimenti.
Si è detto che nell'imposta di registro l'accertamento di maggiore valore ha la funzione di
determinare il valore venale di immobili (o di diritti reali immobiliari) o aziende (o diritti reali su
queste), se superiore a quello dichiarato in atto o al corrispettivo; le ipotesi in cui è ammesso sono
tassative.
Prima del 1996 allo scopo era impiegato un atto (cd. Avviso di accertamento) il cui oggetto
era limitato alla quantificazione del maggior valore imponibile lasciando
all'avviso di liquidazione la determinazione della conseguente imposta. In tal
senso, benché il suo effetto fosse quello di legittimare l'emanazione di
quest'ultimo, anche l'avviso di accertamento di valore corrispondeva al
modello dell'atto di imposizione.
Legge 549/1995 ha eliminato la distinzione tra atto di accertamento e atto di liquidazione. Ora
quindi con lo stesso atto l'ufficio procede sia alla rettifica del valore, sia alla
liquidazione della maggiore imposta, con interessi e sanzioni.
Per quanto riguarda il contenuto, richiede gli elementi indispensabili per l'esistenza del
provvedimento, e inoltre stabilisce che l'atto debba descrivere ciascun bene oggetto di valutazione,
indicando il valore attribuito ad esso e gli elementi in base ai quali è stato determinato.
Inoltre devono risultare le aliquote applicate e il calcolo della maggiore imposta, nonché
quella dovuta in caso di ricorso.
D.lgs. 32/2001 ha previsto l'Art. 52, 2-bis comma ai sensi del quale, a pena di nullità devono
essere indicati i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che hanno
determinato l'accertamento, ed allegati o riprodotti nel contenuto essenziale
gli atti cui esso faccia riferimento (se non conosciuti o ricevuti dal
contribuente).
Occorre ricordare che il termine di decadenza per la notifica dell'avviso (Art. 76, comma 1-bis TU
imp. Reg.) è di due anni dal pagamento dell'imposta principale (anche in caso di registrazione
d'ufficio) o per l'imposta di successione, dalla notifica della relativa liquidazione e che si è ritenuta
esclusa la possibilità di successive integrazioni o modifiche, mancando qui deroghe al principio di
unicità dell'accertamento.
Pertanto la frequenza delle controversie sugli accertamenti di valore e l'opinabilità delle inerenti
determinazioni ha indotto il legislatore a cercare di ridurre l'incertezza dei contribuenti e il numero
delle liti, escludendo l'accertamento quando i soggetti passivi indichino valori legalmente
sufficienti.
Si è dunque stabilito che non sono rettificabili i valori degli immobili iscritti in catasto
(eccetto i terreni edificabili) dichiarati in misura non inferiore a quella risultante dalla
moltiplicazione del reddito dominicale, per i terreni, e della rendita, per i fabbricati per 75 e per 100
(ma i moltiplicatori sono modificabili con decreto ministeriale in caso di sensibili divergenze dai
valori di mercato).
96
da un lato sono imposti ai contribuenti obblighi di autoliquidazione e versamento;
Per alcune imposte è distintamente previsto un controllo formale delle dichiarazioni e dei
versamenti, sulla base degli elementi da esse desumibili, con il potere di correggere errori materiali
e di calcolo, il quale può dare luogo ad un avviso di liquidazione motivato.
Questo quadro può però essere soggetto a variazioni anche significative nei singoli enti locali,
perché l'ampia potestà regolamentare attribuita da ultimo dal legislatore (TUEL) a Comuni e
Province si estende anche alla disciplina del procedimento di accertamento dei tributi locali.
In materia di ICI le possibilità sono più articolate avendo il Comune il potere di eliminare le
operazioni di controllo formale sulla base delle dichiarazioni, per limitare l'imposizione alla notifica
di avvisi di accertamento motivati, per omesso, parziale o tardivo versamento, con la liquidazione
dell'imposta.
L'Art. 50 della legge 449/1997 conferisce poi un potere regolamentare ancora più ampio, per
“semplificare e razionalizzare il procedimento di accertamento”, riducendo gli adempimenti dei
contribuenti e potenziando l'attività di controllo sostanziale e per introdurre l'accertamento con
adesione secondo i criteri del d.lgs. 218/1997.
Riguardo infine all'imposta regionale sulle attività produttive, l'Art. 24 d.lgs. 446/1997 attribuisce
alle amministrazioni regionali la competenza a constatare le violazioni in materia di IRAP e ai
Consigli regionali il potere di disciplinare con legge, con efficacia a partire dal 2000, il
procedimento di applicazione dell'imposta, nel rispetto dei principi in materia di imposte sul
reddito; ma con tali leggi si può anche prevedere la stipula di convenzioni con il Ministero
dell'Economia e della finanza per affidare agli organi statali lo svolgimento delle attività di
liquidazione, accertamento e riscossione del tributo, secondo le disposizioni in materia di imposta
sui redditi.
Comunque, ai sensi dell'Art. 25 d.lgs. 446/1997, fino a quando non avranno effetto tali leggi
regionali, all'attività di accertamento si applica la disciplina in materia di imposte sui redditi.
97
Cap. 16
L'imponibile (o parametro) è quella grandezza alla quale va ragguagliato il tasso (o aliquota) al fine
di ottenere l'ammontare del debito da assolvere (liquidazione dell'imposta).
A) METODO ANALITICO.
B) METODO SINTETICO.
Sommatoria dei redditi delle diverse categorie previste dalla legge in quanto posseduti
dal contribuente, determinati in base alle peculiari regole dettate in relazione
a ciascuna categoria
E DALLA
2. Non hanno ragion d'essere o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le
detrazioni d'imposta indicate nella dichiarazione.
L'incompletezza, la falsità e l'inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione possono essere
desunte, oltre che dalla stessa dichiarazione, dal confronto con quelle degli anni precedenti, dai dati
e dalle notizie comunque raccolti dall'Ufficio, anche sulla base di presunzioni semplici, purché
assistite dai requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all'Art. 2729 Cc.
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La determinazione analitica presuppone dunque la conoscenza da parte dell'Ufficio impositore,
della fonte del reddito che è stato occultato o erroneamente indicato dal contribuente,
In metodo analitico tende a determinare il reddito complessivo netto del contribuente nella sua
effettività. A comporre il reddito complessivo lordo possono entrare redditi che effettivi non sono
(es. il reddito fondiario).
Quindi anche il reddito complessivo netto calcolato analiticamente può non essere effettivo in
qualche suo componente.
Per quanto riguarda il METODO SINTETICO, o “per semplici presunzioni”, vediamo che il reddito
del contribuente viene determinato prescindendo dall'individuazione della specifica fonte
produttiva, sulla base della valenza induttiva di elementi e circostanze di fatto certi, segnaletici della
esistenza di redditi occultati.
Questo diverso metodo di determinazione del reddito si fonda sul presupposto logico secondo
cui il sostenimento di una spesa, sia essa causata dalla disponibilità di determinati beni o servizi (es.
uso di case), ovvero destinata ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente
costituisce indice presuntivo, fino a prova contraria, dell'esistenza di un reddito (sfuggito a
tassazione) idoneo a consentire la spesa minima.
b) Che l'incongruità rispetto al reddito dichiarato si manifesti per almeno 2 periodi d'imposta.
Il contribuente può dimostrare, anche prima della notifica dell'avviso di accertamento, che il
maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi
esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo ti imposta, ovvero da smobilizzi patrimoniali.
Si è detto che gli elementi e circostanze di fatto su cui può essere basata la ricostruzione sintetica
presentano un connotato comune, consistente nell'esprimere una capacità di spesa. Al riguardo si
distinguono due categorie:
99
Con riferimento ai più comuni e significativi indici di spesa appartenenti alla prima categoria, il
Ministero delle Finanze, appositamente delegato, ha emanato un decreto detto redditometro, volto
a quantificare a priori la capacità di spesa connessa alla disponibilità di tali beni e servizi e quindi a
inferirne, attraverso un meccanismo di automatica applicazione, il presumibile reddito attribuibile al
contribuente. Tali indici sono: disponibilità di aeromobili, navi e imbarcazioni da diporto,
autoveicoli e altri mezzi di trasporto a motore oltre i 250 cc, roulottes, cavalli da equitazione e da
corsa, residenze principali e secondarie, collaboratori familiari e assicurazioni.
Il redditometro ha certamente efficacia vincolante nei confronti degli Uffici accertatori; mentre non
è vincolante nei confronti dei contribuenti.
Tuttavia, in caso di mancato adeguamento del reddito dichiarato a quello risultante dal
redditometro, l'onere di dimostrare la non persuasività e la non correttezza delle predeterminate ed
automatiche quantificazioni reddituali contenute nel decreto è posto a carico del contribuente.
NB. Parimenti il decreto non può considerarsi vincolante per il giudice tributario.
Con riferimento alla seconda categoria, spese per incrementi patrimoniali, il legislatore ha statuito
che esse si presumono sostenute, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti,
nell'anno in cui sono state effettuate e nei cinque precedenti. Si tratta palesemente di una
presunzione legale relativa, in relazione alla quale l'onere di fornire la prova contraria è stato posto
in modo chiaro a carico del contribuente.
Ai fini della determinazione sintetica del reddito dei contribuenti, gli Uffici possono in ogni caso
utilizzare anche indici diversi da quelli appartenenti alle due categorie anzidette (ad esempio
possono essere considerate le spese per effettuare costosi viaggi o per iscriversi a club di golf, etc).
L'Ufficio può rettificare in aumento l'imponibile esposto nella dichiarazione con due diversi metodi:
1. Attraverso il metodo analitico-contabile la rettifica dei dati dichiarate viene effettuata sulla
base delle scritture contabili, le cui risultanze possono essere smentite solo sulla base di
prove dirette ovvero di presunzioni gravi, precise e concordanti.
100
È poi configurabile una sorta di terzo metodo di determinazione del reddito che può essere definito
misto, ovvero analitico-induttivo:
3. Nel metodo misto la determinazione del reddito continua ad essere effettuata nell'ambito delle
risultanze della contabilità, ma con ricostruzione induttiva di singoli elementi attivi o
passivi, di cui risulti provata aliunde la mancanza o l'inesattezza.
La legge prevede quattro diverse fattispecie di applicazione, da parte dell'ufficio, del metodo di
determinazione (di rettifica) analitico-contabile del reddito delle imprese, e precisamente (Art. 39,
1°comma):
a) se gli elementi indicati nella dichiarazione analitica non corrispondono a quelli del bilancio
o del conto dei profitti e delle perdite;
b) se non sono state esattamente applicate le disposizioni che regolano la determinazione del
reddito di impresa;
L'ipotesi prevista alla lettera d), consentendo all'Ufficio di effettuare delle rettifiche anche sulla
base di prove presuntive, si discosta dalle precedenti. Non ci troviamo più nel campo di
applicazione del metodo analitico pure ma di un metodo analitico con inserzione di elementi
induttivi. Per quanto si è in presenza di un metodo misto.
Con l'Art. 62-sexies del dl 331/1993 l'ambito di applicazione dell'Art. 39, lett. d) è stato ampliato,a
l punto da rischiare di stravolgere l'impianto complessivo dell'Art. 39 che come si è visto colloca le
ipotesi considerate pur sempre nell'alveo della rettifica analitica del reddito di impresa.
È stato infatti stabilito che le rettifiche di singole poste che compongono il reddito possano essere
fondate anche sull'esistenza di gravi incongruenze tra ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati
e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica
attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati dal Ministero delle Finanze.
Le incongruenze devono essere numerose, gravi ed univoche.
Con questo innesto, quindi, il metodo misto viene trasformato in metodo induttivo globale, in
relazione alla presenza delle gravi incongruenze desumibili da varie fonti tra cui gli studi di settore.
101
Metodo induttivo globale o extra-contabile.
Il metodo induttivo (o sintetico) di quantificazione del reddito di impresa si caratterizza per il fatto
che il reddito viene determinato nella sua globalità (e non in una sua particella) non in base al
bilancio, ma al di fuori del bilancio. Per questo motivo viene comunemente chiamato anche metodo
extra-contabile.
2. che alla dichiarazione non sia stato allegato il bilancio con l conto dei profitti e delle perdite;
3. che dal verbale d'ispezione risulti la mancata tenuta o la sottrazione all'ispezione di una o più
delle scritture contabili obbligatorie, ovvero l'indisponibilità delle scritture medesime per
forza maggiore;
4. che le omissioni e le false o inesatte indicazioni appurate ai sensi del precedente comma
ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione siano
così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse
per la mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica;
5. che il contribuente non abbia dato seguito agli inviti dell'Ufficio ad esibire o trasmettere
documenti o a restituire compilati e firmati questionari relativi a dati e notizie di carattere
specifico rilevanti ai fini dell'accertamento.
Ricorrendo uno o più di tali presupposti, l'Ufficio procede alla determinazione del reddito potendosi
avvalere di facoltà assai più ampie di quelle previste nel caso di calcolo con metodo analitico.
Infatti esso può:
a)prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili;
b) utilizzare presunzioni semplici non qualificate, ossia non assistite dai requisiti di gravità,
precisione e concordanza;
Il meccanismo induttivo non rende l'Ufficio arbitro assoluto, in quanto la determinazione del reddito
va comunque ancorata a fatti certi o elementi e circostanze da cui derivino presunzioni che, pur se
non qualificate ai sensi dell'Art. 2729 Cc, devono almeno essere assistite dal requisito della
ragionevolezza.
Tuttavia, per il modo in cui è strutturato, il metodo in questione consente di calcolare un reddito che
può essere considerato medio (o paracatastale) ma comunque non effettivo.
102
La determinazione dei redditi delle imprese minori (e medie) e delle società non operative.
Il legislatore ha ritenuto di prevedere, nei confronti dei contribuenti con volumi di affari inferiori a
determinati tetti, metodi particolari di determinazione del reddito, su base induttiva.
Si è infatti pariti dai coefficienti presuntivi, passando per la minimum tax e i parametri, per
approdare agli studi di settore.
Più specificamente possiamo individuare, in relazione alla concreta possibilità di utilizzazione degli
studi di settore ai fini dell'accertamento fiscale, quattro categorie di contribuenti:
B) Soggetti in regime di contabilità ordinaria con ricavi e/o compensi superiori a Euro
5.164.569 o al diverso, inferiore limite, fissato per ciascun settore dall'apposito studio.
Nei loro confronti non trovano applicazione gli studi di settore e si applicano le regole ordinarie che
disciplinano l'accertamento fiscale.
C) Soggetti in contabilità ordinaria con ricavi e/o compensi rientranti nel limite per
l'applicazione degli studi (Euro 5.164.569. o valore inferiore se stabilito dall'apposito
studio).
Per tali soggetti a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 Dicembre 2004, l'accertamento in
base agli studi di settore trova applicazione quando in almeno due periodi di imposta su tre
consecutivi considerati, compreso quello da accertare, l'ammontare dei ricavi o dei compensi
determinabili sulla base degli studi risulta superiore all'ammontare dei ricavi o dei compensi
dichiarati per gli stessi periodi d'imposta.
L'accertamento in base agli studi di settore può inoltre essere effettuato, in ogni caso, laddove
emergano significative situazioni di incoerenza.
Per i soggetti in esame l'accertamento in base a studi di settore può essere inoltre eseguito quando
da un verbale di ispezione risulta motivata l'inattendibilità della contabilità in presenza di gravi
contraddizioni o irregolarità delle scritture obbligatorie, ovvero tra esse e i dati e gli elementi
direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti col dpr 570/1996.
Nuova disciplina per i soggetti indicati sub C) e D) a partire dal periodo di imposta per il
quale il termine per la presentazione della dichiarazione scade dopo il 4 Luglio 2006.
Attraverso tale modifica, il legislatore dispone l'applicazione generalizzata dell'accertamento sulla
base degli studi di settore nei confronti dei contribuenti titolari di reddito di impresa e di lavoro
autonomo, prescindendo dal regime di contabilità adottato. Con l'abrogazione delle norme citate,
per sottoporre ad un accertamento i contribuenti interessati, è sufficiente che gli stessi non risultino
congrui anche per una sola annualità rispetto agli studi di settore.
103
I metodi di calcolo dell'imponibile previsti dalla legge sull'IVA.
Le osservazioni esposte nei precedenti paragrafi con riferimento alla rettifica dei redditi d'impresa e
di lavoro autonomo ai fini delle imposte reddituali valgono, mutatis mutandis, anche ai fini
dell'IVA.
Anche in relazione a tale imposta sono previsti due metodi principali, quello analitico e quello
induttivo, nonché un metodo misto.
Anche ai fini IVA il metodo induttivo di calcolo può essere legittimamente attivato solo in talune
ipotesi tassativamente individuate dal legislatore e cioè, in caso di:
ovvero emerga da dati ed elementi acquisiti in occasione di accessi ed ispezioni eseguite nei
confronti di altri soggetti, nonché da altri atti e documenti in possesso dell'Ufficio.
Anche per l'IVA si assiste a un progressivo ampliamento dell'ambito di applicazione del metodo
induttivo di determinazione dell'imponibile.
Questo è avvenuto:
sia con l'estensione dei presupporti di applicabilità del metodo induttivo di rettifica.
104
I redditi fondiari e il metodo catastale.
I redditi fondiari sono determinati in base alle risultanze catastali. Essi si distinguono in:
per i terreni dalla particella catastale (che rappresenta una porzione continua di
terreno appartenente al medesimo possessore e avente medesima qualità e
classe);
per gli immobili dall'unità immobiliare (costituita da ogni porzione di immobile di per
sé idonea, nello stato in cui si trova, a produrre un proprio reddito).
A ogni unità catastale corrisponde la relativa rendita, rilevante ai fini della applicazione delle
imposte sui redditi (IRPEF, IRPEG).
A tal fine non si fa riferimento al reddito effettivo del singolo terreno o del singolo fabbricato,
individualmente considerato, ma si considera il reddito medio ordinario ritraibile in condizioni
normali da tutti i terreni e da tutti i fabbricati che appartengono alla medesima qualità, categoria e
classe, al netto di particolari detrazioni ammesse dalla legge.
Le Fasi:
3. Tariffe d'esitmo Vengono quindi formate le tariffe, ossia viene individuato in base a
una serie di parametri valutativi legislativamente stabiliti il reddito
105
mediamente ritraibile da un ettaro di terreno di ciascuna qualità e
classe.
4. Classamento Qui viene attribuito il relativo reddito a ciascuna unità catastale, in funzione
della qualità e classe di appartenenza (nonché dell'estensione).
Con procedimento analogo si perviene all'attribuzione delle rendite catastali nelle singole unità
immobiliari urbane.
I metodi di determinazione dell'imponibile (valore del bene o dei beni trasferiti) nelle imposte
sui trasferimenti (imposta di registro, imposta sulle successioni e donazioni).
In materia di imposta di registro l'Ufficio non può di regola sottoporre a giudizio di congruità (ossia
a controllo di verità) il valore dichiarato dalle parti nell'atto di trasferimento di beni o diritti
presentato per la registrazione.
Tuttavia l'Ufficio è legittimato a rettificare il valore dichiarato dalle parti qualora possa dimostrare
che le stesse hanno indicato nell'atto, allo scopo di evadere in parte il tributo, un corrispettivo
inferiore a quello effettivamente pattuito (occultazione di corrispettivo).
La regola generale ora indicata subisce delle deroghe con riferimento agli atti che hanno per
oggetto:
Per tali categorie di cespiti la base imponibile del tributo è costituita dal valore venale in comune
commercio (o valore di mercato).
Con il TU del 1986 è stato introdotto, con riferimento agli immobili iscritti in catasto con
attribuzione di rendita, il principio della valutazione automatica, in virtù del quale il valore o il
corrispettivo del cespite indicato nell'atto non può essere sottoposto a rettifica allorché non sia
inferiore a quello risultante dalla capitalizzazione dei redditi catastali secondo determinati parametri
moltiplicatori.
Con riferimento agli atti di trasferimento aventi per oggetto aziende o diritti reali su queste,
l'Ufficio, attraverso il giudizio di congruità, controlla il valore complessivo dei beni che
compongono l'azienda, incluso l'avviamento, al netto delle passività risultanti dalle scritture
contabili obbligatorie o da atti aventi data certa.
I metodi di determinazione della base imponibile nelle imposte doganali, in alcune imposte
straordinarie e nell'ICI.
Sono soggette a dazi doganali le merci dichiarate per l'importazione, ossia destinate al consumo
entro il territorio doganale.
A tal fine occorre:
106
2. Una volta individuata la voce, la base imponibile su cui applicare l'aliquota è costituita dal
valore di transazione, che si identifica col prezzo
effettivamente pagato o da pagare da parte del compratore.
In particolare, la valutazione delle merci da importare deve essere fatta riferendosi al prezzo di
fattura. Solo se ciò non può essere fatto, allora si farà ricorso ad altri criteri sostitutivi quali:
c) il valore desunto dalla vendita, nel Paese di importazione, delle merci importate o di merci
similari, previe opportune deduzioni volte a portare il prezzo di vendita sul mercato interno
al prezzo alla frontiera;
e) il valore determinato in base ad altri criteri, purché però vengano rispettati i criteri
dell'accordo GATT (metodo dell'ultimo ricorso).
Le imposte straordinarie, di volta in volta introdotte, hanno fatto ricorso a molteplici criteri per la
determinazione della base imponibile.
Al riguardo viene in rilievo l'imposta sostitutiva sulla valutazione obbligatoria degli immobili, che
ai fini del calcolo della rivalutazione prevedeva tre distinti metodi:
2. per gli immobili classificati nelle categorie D e E assumeva il costo storico moltiplicato per
coefficienti prefissati;
3. per le aree fabbricabili il valore di riferimento era costituito dall'80% del valore venale in
commercio. Tale valore poi doveva essere diminuito del costo fisicamente riconosciuto dei
singoli beni al netto degli ammortamenti, nonché della franchigia di un miliardo: la
rivalutazione minima obbligatoria era parti al 38% del valore così ottenuto e non poteva
comunque eccedere il valore venale del cespite.
Viene poi in considerazione l'imposta straordinaria immobiliare (ISI) che per la determinazione
della base imponibile stabiliva il triplica criterio:
i. per i fabbricati iscritti in catasto nelle categoria A, B e C, nonché per quelli classificati in
categoria D purché non posseduti nell'esercizio d'impresa, il parametro cui commisurare
l'imposta era costituito dalla rendita catastale capitalizzata mediante determinati
moltiplicatori;
ii. per le unità immobiliari classificate o classificabili nel gruppo D possedute nell'esercizio
107
d'impresa, la base imponibile era costituita dal costo storico, al lordo delle quote di
ammortamento, rivalutato in base a coefficienti prefissati;
iii. per le aree fabbricabili veniva imposto il riferimento al valore venale in comune commercio.
Tali criteri di determinazione della base imponibile dettati per l'ISI, sono stati ripresi dal legislatore
nella disciplina istitutiva dell'imposta comunale sugli immobili (ICI).
Anche con riferimento a tale tributo troviamo tre metodi per la quantificazione del parametro
cui va commisurata l'aliquota:
(a) per i fabbricati classificati nelle categorie A, B, e C, nonché per quelli classificati nel gruppo
D con attribuzione di rendita vale il criterio della capitalizzazione della rendita in base ai
moltiplicatori richiamati per il punto i);
(b) per le unità immobiliari classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto,
interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzabili, opera il criterio della
rivalutazione del costo storico, al lordo degli ammortamenti, in base a coefficienti soggetti
ad aggiornamento con decreto ministeriale;
(c) per le aree fabbricabili la base imponibile è determinata con riferimento al valore venale in
comune commercio.
108
Cap. 17
SEZIONE I
PROFILI GENERLARI DEL SISTEMA E PROPOSTE DI RIFORMA
La materia della riscossione ha formato oggetto di una radicale riforma con la legge delegata
43/1988 con la quale:
In attuazione della delega nel corso del 1999 sono stati emanati tre decreti legislativi (nn° 37, 46 e
112):
Con il primo veniva eliminato l'obbligo del non riscosso per riscosso.
109
informazioni dell'anagrafe tributaria;
all'IRAP,
all'IVA.
In materia tributaria la compensazione è ammessa solo nei casi espressamente previsti dalla legge.
L'ambito di applicazione della compensazione come mezzo di estinzione dell'obbligazione tributaria
è stato via via esteso dal legislatore.
In un primo tempo era prevista solo la compensazione verticale nell'ambito di ciascuna imposta: in
altre parole, era ammesso il riporto in avanti del credito d'imposta a compensazione del debito del
successivo periodo d'imposta riguardante il medesimo tributo.
Poi la compensazione orizzontale e verticale è stata ulteriormente estesa per i soggetti titolari di
partita IVA.
Da ultimo il sistema dei versamenti unitari con compensazione è stato esteso a tutti i contribuenti
titolari e non titolari di partita IVA, società di persone e società di capitali comprese.
La principale regola della compensazione è che tutto ciò che si deve pagare mediante il modulo di
versamento unificato (F24) può essere oggetto di compensazione con i crediti spettanti al
contribuente.
La riscossione coattiva dei tributi. Individuazione delle ragioni che giustificano l'attribuzione
110
in esclusiva di tale funzione ai concessionari.
La riforma attuata con il dpr 43/1998 ha ampiamente dilatato la sfera delle funzioni di riscossione
coattiva demandate ai concessionari. In particolare, con:
L'Art. 67 ha devoluto a tali soggetti la riscossione coattiva delle tasse e delle imposte
indirette (es. IVA); nonché delle sanzioni pecuniarie accessori e penalità relativi ai predetti
tributi.
L'Art. 17 d.lgs 46/1999, nel riordinare la materia della riscossione mediante ruolo, ha generalizzato
l'impiego del ruolo per la riscossione coattiva delle entrate dello Stato e degli altri Enti pubblici,
anche previdenziali, disponendo tuttavia la facoltatività del ricorso alla riscossione tramite ruolo per
gli enti locali.
Molteplici ragioni militano a favore della estensione delle funzioni del concessionario anche alla
riscossione coattiva di ogni altra entrata pubblica, presente e futura.
Per quanto riguarda il punto 1), questo costringeva l'esattore a versare le somme a ruolo alle
prescritte scadenze anche se non le avesse ancora riscosse.
Di qui il diritto di quest'ultimo di ottenere il rimborso di quella parte delle imposte da lui
anticipate (in forza del non riscosso per riscosso) che dimostrasse di non aver potuto riscuotere dai
contribuenti.
Inoltre sulle quote inesigibili all'esattore non spettavano né interessi né agio. Questa doppia
caratteristica della disciplina consentiva al sistema una ineguagliabile efficienza. Infatti:
il rischio di perdita del rimborso della quota inesigibile per difettoso svolgimento della
esecuzione costringeva il titolare della esattoria ad organizzare una continua ed attiva
vigilanza sull'operato dei propri dipendenti al fine di scongiurare che un loro errore potesse
pregiudicare la sorte del rimborso del credito, se inesigibile.
La disciplina del rimborso della quota inesigibile costringeva l'incolpevole esattore a subire la
doppia sanzione o la doppia iattura della perdita dell'aggio e della restituzione della somma
anticipata a distanza di anni e senza interessi.
Per l'esattore ridurre a livelli minimi le quote inesigibili diventava una esigenza fondamentale.
111
Da ultimo, l'efficienza del sistema esattoriale era accresciuta dalla speciale forma di esecuzione
forzata promossa dall'esattore.
In definitiva, dunque per tradizione storica e per abito acquisito i concessionari (ex esattori)
apparivano e appaiono i soggetti più idonei a conseguire in modo proficuo il risultato della
riduzione al minimo delle quote non riscosse e della neutralizzazione della evasione da riscossione.
Il sistema è stato però rovesciato dalla legge di delega 337/1998 che ha previsto:
1.l'eliminazione del secolare principio del non riscosso come riscosso gravante sui concessionari
(di cui all'Art. 1 lett. c);
2.la revisione delle attuali procedure volte al riconoscimento della inesigibilità delle somme
iscritte a ruolo, con previsione di meccanismi di discarico automatico (lett. l).
Si arrivava così alla fine, nel nostro Paese, di un sistema esattivo che aveva resistito per un secolo e
mezzo.
Le funzioni attualmente svolte dalle società concessionarie del sevizio di riscossione siano
trasferite all'Agenzia delle Entrate, che le eserciterà mediante la società di Riscossione SpA, già
costituita dalla stessa Agenzia, con una partecipazione al capitale del 51% e dall'Istituto nazionale
della previdenza sociale (INPS), con una partecipazione del 49%.
sia per poter fruire degli standard di efficienza e di produttività dei due soci costituenti;
sia per unificare in capo ad un solo soggetto l'attività ora esercitata da 42 aziende
concessionarie;
sia per poter saldare la fase dell'accertamento con quella della riscossione.
112
Il concessionario, prima della riforma del 1998, risultava sfornito di qualsiasi potere di indagine in
ordine alla situazione patrimoniale dei debitori iscritti a ruolo.
DL 223/2006 ha esteso ai dipendenti della Riscossione SpA e delle società partecipate dalla
stessa la possibilità di utilizzare i dati di cui l'Agenzia delle entrate dispone ai
sensi dell'Art. 7, 6°comma del DPR 605/1973.
Si tratta dei dati riguardanti i soggetti che intrattengono rapporti con le banche e
gli altri intermediari finanziari o che effettuano, anche a nome di terzi,
operazioni di natura finanziaria.
L'accesso a tali dati da parte dei dipendenti degli agenti della riscossione è
consentito ai soli fini della riscossione mediante ruolo e deve essere
preventivamente autorizzato dai direttori generali di Riscossione SpA e delle
società della stessa partecipate.
Sempre ai fini della riscossione mediante ruolo, gli agenti della riscossione
possono accedere a tutti i restanti dati rilevanti presentando apposita richiesta,
anche in via telematica, ai soggetti pubblici o privati che li detengono, con
facoltà di prendere visione e di estrarre copia degli atti riguardanti i predetti dati,
nonché di ottenere, in cara libera, le relative certificazioni.
Per limitare il numero dei soggetti che possono avvalersi di tali rilevanti
facoltà è stato previsto che i dipendenti degli agenti della riscossione autorizzati
ad accedere ai dati e ad utilizzarli siano individuati in modo selettivo
dall'Agenzia delle Entrate.
113
SEZIONE II
L'ADEMPIMENTO SPONTANEO
Il sistema della riscossione assume connotazioni assai differenziate a seconda dei vari settori
impositivi. In particolare, ha fondamentale rilievo la distinzione tra:
in quanto:
(a) in materia di imposte sul reddito la legge prevede tre modalità di riscossione spontanea:
1. la ritenuta diretta
2. il versamento diretto
3. l'iscrizione a ruolo.
Per entrambi i settori impositivi, invece, la riscossione coattiva di regola si fonda sul ruolo che è
affidato al concessionario del servizio di riscossione.
114
Altre volte la ritenuta diretta assume la fisionomia di prelievo definitivamente gravante sul provento
corrisposto dall'Amministrazione (es. la ritenuta diretta sui premi e sulle vincite).
La riscossione mediante ritenuta diretta, a titolo di imposta, costituisce un modo di estinzione
dell'obbligazione tributaria per compensazione nei casi in cui vi sia identità tra l'Amministrazione
titolare del tributo e quella titolare del debito.
La sussistenza contemporanea dei due rapporti obbligatori, intercorrenti tra gli stessi soggetti
in senso inverso, fa sì che il debito fiscale, nell'istante stesso in cui sorge, si estingua.
b)per il versamento degli acconti e dei saldi delle imposte sul reddito;
In base alla disciplina attualmente vigente il versamento diretto è effettuato alla Tesoreria dello
Stato mediante delega irrevocabile ad una banca convenzionata o all'Ente Poste Italiane.
In caso di versamento mediante delega bancaria la quietanza rilasciata dalla banca ha efficacia
liberatoria per il contribuente nei confronti dell'erario.
4. le somme dovute a titolo di imposte, interessi e sanzioni pecuniarie sulla base di avvisi di
accertamento ufficiosi.
Il ruolo è atto plurimo, che esplica i propri effetti in relazione ad una pluralità di contribuenti
domiciliati nello stesso Comune per debiti di imposta da ciascuno dovuti.
Esso contiene:
115
l'indicazione del domicilio fiscale,
l'indicazione dell'imponibile,
Il ruolo è confezionato dall'Ufficio delle Entrate che si avvale della collaborazione del Consorzio
obbligatorio dei concessionari della riscossione.
A) ORDINARI
116
b) L'ATTO DI ACCERTAMENTO OFFICIOSO RESOSI DEFINITIVO, per le imposte, le
maggiori imposte e le ritenute accertate dall'Ufficio;
In particolare, per quanto concerne l'avviso di accertamento officioso, può affermarsi che esso non è
dotato di immediata esecutività, per l'intera somma liquidata nell'atto: tale somma diviene
integralmente esigibile mediante l'iscrizione a ruolo solo quando sia divenuto inoppugnabile
l'accertamento.
Prima di tale istante l'avviso di accertamento officioso è titolo per la iscrizione provvisoria
solo di quote dell'imposta accertata. In particolare, l'Amministrazione finanziaria ha il potere/dovere
di riscuotere in via provvisoria in pendenza di giudizio:
dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso 2/3
dell'imposta corrispondente all'imponibile o al maggior imponibile deciso;
sopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale che accoglie in parte il ricorso
l'imposta corrispondente all'imponibile o maggior imponibile deciso (e comunque non oltre i
2/3 dell'imposta corrispondente all'imponibile);
NB. Le iscrizioni provvisorie a seguito delle pronunce del giudice tributario hanno a fondamento
l'atto di imposizione. Questo significa che le decisioni delle Commissioni, qualora confermino
o riducano l'imponibile accertato, conferiscono in tutto o in parte esecutività all'avviso di
accertamento, che permane nella misura originaria o in quella ridotta quale titolo per la
riscossione.
NB² È importante notare che, mentre per procedere alle iscrizioni a ruolo provvisorie la legge non
stabilisce limiti temporali, rigorosi termini di decadenza sono previsti per le iscrizioni
definitive.
Un diverso ordine di problemi si pone con riguardo ai casi in cui una pluralità di persone sia tenuta,
per legge, in via solidale, al pagamento di un tributo.
Si tratta di chiarire se l'iscrizione a ruolo effettuata a carico di una di esse produca effetti
anche nei confronti di altre. Sul punto ricordiamo che si è consolidato l'indirizzo secondo cui
l'iscrizione a ruolo a carico di uno dei condebitori solidali non può riversare i propri effetti negativi
117
nei confronti degli altri. Tali conclusioni valgono per tutte le figure di solidarietà paritaria e
dipendente illimitata.
Per converso, i principi sopra enunciati non trovano applicazione con riguardo all'istituto della cd.
Solidarietà dipendente limitata.
In queste ipotesi infatti si fa riferimento ad una soggezione alla procedura esecutiva
riguardante in primis l'obbligato principale: il titolo esecutivo (ruolo) esplica la sua efficacia non
solo nei riguardi di quest'ultimo, al quale risulta intestato, ma anche nei confronti del responsabile
dipendente limitato con riferimento al bene o ai beni ai quali si estende il predetto vincolo di
soggezione.
In ipotesi di ricorso del contribuente è prevista una riscossione frazionata in relazione all'andamento
del processo tributario.
In mancanza di adempimento spontaneo del contribuente, l'Ufficio dorma il ruolo che, esplica
la funzione di titolo esecutivo legittimante l'esecuzione forzata esattoriale, nonché quella di
precetto.
L'imposta in esame rientra nel novero dei tributi senza imposizione, ossi dei tributi in relazione ai
quali l'esercizio della potestà impositiva non richiede l'emanazione di atti autoritativi: le violazioni
del contribuente sono infatti contestate con processo verbale di constatazione, cui da seguito, in
118
difetto di definizione agevolata, la riscossione coattiva mediante ruolo.
L'accisa è pagata sempre in un momento successivo a quello in cui si veridica il presupposto del
tributo: in particolare, il suo pagamento deve essere effettuato entro il giorno 15 del mese
successivo a quello in cui si verifica l'immissione al consumo dei prodotti da essa colpiti mediante
versamento presso il concessionario o tramite banche o Uffici postali.
SEZIONE III
L'ESECUZIONE FORZATA IN BASE A RUOLI
Gli organi titolari delle funzioni e dei rapporti nell'esecuzione in base a ruoli. I fenomeni
fondamentali di tale tipo di esecuzione.
Si può affermare che l'esecuzione forzata si concreta in un pluralità di atti tra loro avvinti da un
nesso di sequenza e di progressione, talché ogni atto della serie è il presupposto del successivo, in
quanto fa nascere il dovere o il potere di compiere il successivo.
Gli atti della sequenza rientranti nella fase espropriativa concretizzano un procedimento
amministrativo di autotutela. Nella fase satisfattiva, invece la giurisdizione ha il sopravvento.
Pertanto l'esecuzione forzata in base a ruolo è un processo speciale ed ibrido. La sua disciplina è
racchiusa nelle disposizioni della legislazione speciale tributaria sulla riscossione contenuta nel dpr
602/1973, di recente riformato dal d.lgs 46/1999.
Le norme della legislazione speciale non dettano, però, una regolamentazione compiuta della
materia. Da qui, l'esigenza di integrazione della legge speciale con la legge processuale comune,
purè compatibile con il fine specifico dell'esecuzione forzata esattoriale.
Il principio è stato codificato dall'Art. 49, 2°comma dpr 602/1973 che nell'attuale formulazione
dispone:
Il concessionario, per la riscossione delle somme iscritte a ruolo può avvalersi dello speciale
procedimento per tutta la durata della concessione.
119
L'organo preminente e stabile dell'esecuzione forzata in base a ruolo è il concessionario, al quale la
legge conferisce, all'inizio e lungo il corso dell'esecuzione, la titolarità di numerosi poteri e doveri il
cui esercizio consente al processo di svolgersi fino all'esito finale.
Messo notificatore è nominato dal concessionario e provvede alla sola notifica delle
cartelle di pagamento e degli avvisi contenenti l'intimazione ad
adempiere.
Organo dell'esecuzione in esame è anche il giudice dell'esecuzione preposto alla direzione della fase
satisfattiva. Incaricati dell'esecuzione in esame sono il custode dei mobili, gli istituti vendite
giudiziarie e il conservatore dei registri immobiliari.
2. il pignoramento,
5. il riparto;
120
Cap. 18
IL RIMBORSO DELL'IMPOSTA
Il rimborso d'imposta è quel rapporto giuridico in cui, con una inversione di ruoli rispetto allo
schema paradigmatico del diritto, è il contribuente ad occupare il lato attivo, assumendo nei
confronti dell'erario la posizione di creditore di una determinata somma di denaro in precedenza
trasferita a quest'ultimo.
Le fattispecie dalle quali può scaturire una simile pretesa restitutoria sono molteplici e
possono appartenere alla patologia o alla fisiologia:
Nel primo caso il soggetto che ritiene di avere diritto al rimborso di una determinata somma deve
presentare un'apposita istanza all'Ufficio tributario competente nei termini previsti dalle singole
leggi d'imposta o, in mancanza di disposizioni specifiche al riguardo, nel termine di due anni dal
pagamento, ovvero, se posteriore dal giorno in cui è sorto il diritto di rimborso.
121
Trascorsi 90 gg dalla presentazione dell'istanza senza che l'Amministrazione si sia pronunciata su di
essa il soggetto può adire la Commissione tributaria entro l'ordinario termine di prescrizione del
diritto (10 anni) onde ottenere giudizialmente l'accertamento della esistenza e consistenza del
credito, nonché la condanna dell'Amministrazione al pagamento.
Se invece l'Ufficio emette un provvedimento col quale respinge l'istanza di rimborso, per fare valere
la propria pretesa creditoria il soggetto deve impugnare l'atto di diniego nel consueto temine di 60
gg.
L'istanza di rimborso deve essere proposta entro il termine previsto dalle leggi che regolano le
singole imposte e in via solo residuale, qualora manchi una previsione specifica, nel termine
biennale indicato dall'Art. 21, 2°comma, 2°inciso d.lgs. 546/1992.
La disciplina più variegata sotto questo profilo si riscontra nell'ambito delle imposte sui redditi. In
particolare, l'Art. 37 del dpr 602/1973 prevede un termine di 10 anni per la richiesta di rimborso
delle somme assoggettate a ritenuta diretta e al successivo Art. 38 in tema di versamenti diretti
stabilisce invece un termine di 18 mesi.
Il rimborso d'ufficio.
La fattispecie del rimborso d'ufficio è caratterizzata dal venir meno, per il contribuente, dell'onere
della presentazione dell'istanza entro un termine decadenziale, operando esclusivamente l'ordinario
termine di prescrizione del diritto, decorrente dal momento in cui questo può essere fatto valere. E
questo per il fatto che l'Ufficio è già investito del potere-dovere di provvedere in ordine alla
restituzione delle somme.
Per quanto riguarda le imposte sui redditi l'Ufficio deve provvedere in via autonoma al rimborso
delle imposte versate, e delle ritenute effettuate, in misura superiore rispetto all'imposta che risulta
dovuta in base alla dichiarazione controllata ai sensi dell'Art. 36-bis dpr 600/1973.
122
Il rimborso deve essere eseguito d'ufficio anche quando la prestazione indebita consegua alla
formazione di atti della riscossione viziati da errori materiali o a duplicazioni dovute alla stessa
Amministrazione, ed inoltre in seguito alla pronuncia giurisdizionale definitiva di annullamento di
un atto in forza del quale si era proceduto alla esazione a titolo provvisorio di determinate somme.
La prescrizione del credito tributario e la prescrizione del diritto al rimborso. La cessione del
diritto al rimborso.
In materia di prescrizione del credito d'imposta e del diritto al rimborso sono pienamente operanti i
principi e le regole emergenti dall'Art. 2934 ss Cc ogni qual volta non siano dettate diverse
disposizioni dalla legge tributaria. Ciò vale in particolare anche in tema di sospensione ed
interruzione della prescrizione.
In tema di cedibilità del diritto al rimborso va sottolineato che l'Art. 5, comma 4-ter, dl 70/1988
con specifico riferimento al settore impositivo dell'IVA ha disciplinato la procedura necessaria a
perfezionare la cessione dei crediti, implicitamente riconoscendo la legittimità della cessione stessa.
La dottrina peraltro concordemente ammette la cedibilità anche dei crediti verso l'Erario
diversi da quelli relativi all'imposta sul valore aggiunto.
Affinché la cessione risulti opponibile all'Amministrazione finanziaria, occorre che il contratto sia
stipulato con atto pubblico o scrittura privata autenticata (con conseguente registrazione) e che
inoltre sia formalmente notificato all'Amministrazione debitrice.
Codeste formalità costituiscono un elemento esterno alla cessione e come tale non incidono sul
momento formativo della fattispecie legale; ne consegue che, in loro difetto la cessione, pur essendo
valida ed operante tra le parti, non è opponibile all'Amministrazione.
L'Art. 43-bis prevede poi che il cessionario abbia diritto agli interessi per ritardato rimborso di cui
all'Art. 44 del medesimo dpr 602/1973 e non possa a sua volta trasferire il credito.
Inoltre, nel caso in cui abbia ottenuto il rimborso, ma la dichiarazione dei redditi sulla cui base
il credito era sorto sia stata rettificata, il cessionario risponde in solido con il contribuente-cedente
fino a concorrenza delle somme indebitamente rimborsategli, purché gli siano stati notificati gli atti
con i quali l'Amministrazione procede al recupero delle somme.
Contestualmente alla normativa in questione, è stata introdotta con l'Art. 43-ter una disciplina per le
cessioni delle eccedenze dell'IRPEG risultanti dalle dichiarazioni delle società e degli enti soggetti
all'IRPEG, ossia di quei crediti per i quali, anziché il rimborso, sia stato scelto dalla società o
dall'ente il riporto a nuovo.
123
Cap. 19
Nelle imposte di maggior rilievo (imposte sui redditi e IVA) tuttavia, l'elevatissimo numero di
contribuenti rende praticamente impossibile all'Amministrazione l'effettuazione di controlli
approfonditi sulla conformità a legge dell'operato di ciascun soggetto passivo d'imposta.
Da qui la tendenza legislativa a sdoppiare la fase istruttoria, scindendo il controllo:
B) Sostanziale, compiuto utilizzando ampi e penetranti poteri ispettivi conferiti dalla legge, il
quale risulta invece esperibile solo nei confronti di una ridotta percentuale di soggetti.
In particolare, la normativa in materia di accertamento delle imposte sui redditi delinea ben tre
livelli di controlli:
1. La liquidazione delle imposte e dei rimborsi dovuti sulla base delle dichiarazioni presentate
dai contribuenti e dai sostituti, da effettuarsi entro l'inizio del periodo di presentazione delle
dichiarazioni relative all'anno successivo ed in base ai dati ed agli elementi direttamente
desumibili dalle dichiarazioni medesime o in possesso dell'anagrafe tributaria.
2. Il controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti, da effettuarsi
entro il 31 Dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione e sulla base di
criteri selettivi.
3. L'attività di controllo delle dichiarazioni e di ricerca dei soggetti che ne hanno omesso la
presentazione, effettuata, sulla base di criteri selettivi.
124
Le direttiva tracciate nei decreti si traducono in una concreta linea guida per l'azione degli organi
addetti alla funzione istruttoria principalmente attraverso il filtro delle cd. Liste di posizioni
soggettive e cioè elenchi nominativi di soggetti predisposti dai centri informativi
dell'Amministrazione finanziaria.
Nel condurre le indagini gli Uffici non sono obbligati ad esercitare tutti i poteri messi loro a
disposizione dal legislatore né sono obbligati ad esercitarli secondo un ordine prestabilito (salvo
ipotesi particolari) o con la medesima intensità nei confronti di tutti i soggetti controllati.
Si deve ritenere che nel compimento di queste scelte l'agire degli Uffici non sia libero ma
discrezionale in quanto impone di contemperare l'interesse pubblico affidato alla cura degli Uffici
con gli interessi privati suscettibili di essere vulnerati.
Anche nella scelta del mezzo o dei mezzi istruttori da utilizzare, gli Uffici devono conformarsi
a criteri di adeguatezza o di proporzionalità tra mezzi impiegati e fini perseguiti.
La Pubblica Amministrazione deve esercitare i poteri di cui è dotata in modo da ottenere la
soddisfazione dell'interesse pubblico con il minor sacrificio di quello privato.
3. Invitare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini
dell'accertamento nei loro confronti;
4. Richiedere alle pubbliche amministrazioni, agli enti pubblici alle società ed enti di
assicurazione, agli enti e società che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per
conto terzi, ovvero attività di gestione o intermediazione finanziaria, anche in forma
fiduciaria, la comunicazione di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per
categorie;
5. Richiedere copie o estratti di atti e documenti depositati presso notai, procuratori del registro,
conservatori di registri immobiliari e gli altri pubblici ufficiali;
6. Richiedere alla società enti ed imprenditori commerciali obbligati alla tenuta delle scritture
contabili dati, notizie e documenti relativi alle vendite, agli acquisti, alle forniture, alle
corresponsioni a titolo di compenso e rimborso spese verificatisi in un determinato periodo
d'imposta con clienti, fornitori, prestatori di lavoro autonomo, nominativamente indicati;
7. Invitare ogni altro soggetto a esibire o trasmettere dati e documenti fiscalmente rilevanti
concernenti specifici rapporti intrattenuti col soggetto indagato e a fornire i relativi
chiarimenti.
125
Accessi, ispezioni e verifiche; il processo verbale di constatazione.
Gli Uffici delle imposte sui redditi e gli Uffici IVA hanno inoltre il potere di effettuare nei confronti
del soggetto indagato accessi al fine di eseguire ispezioni, verifiche, ricerche ed ogni altra
rilevazione ritenuta utile per l'accertamento dell'imposta.
ISPEZIONE è un esame della documentazione contabile in possesso del soggetto, esame che
può estendersi a tutti i libri, registri, documenti e scritture che si trovano nei
locali, compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sono obbligatorie.
VERIFICA consiste in un controllo attinente al personale agli impianti e alle merci al fine di
effettuare un riscontro sulla correttezza della contabilità.
Per accedere in locali adibiti anche ad abitazione, oltre alla suddetta autorizzazione, è necessaria
l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica.
L'autorizzazione del Procuratore della Repubblica è necessaria altresì per accedere in locali diversi
da quelli ricordati, come ad esempio locali adibiti esclusivamente ad abitazione o a circolo privato.
In questo caso il rilascio dell'autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica è
subordinata alla sussistenza di gravi indizi di violazioni delle norme sulle imposte sui redditi e sul
valore aggiunto e deve apparire funzionale al reperimento di libri, registri, documenti, scritture ed
altre prove delle violazioni in questione.
Al fine di portare a compimento le ispezioni e le verifiche ritenute opportune nel corso dell'accesso
gli impiegati non sono vincolati ad utilizzare unicamente gli elementi e i materiali messi a
disposizione, spontaneamente o dietro richiesta, dal soggetto investigato, ma possono procedere
all'effettuazione di ricerche.
Tuttavia è necessaria apposita autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell'autorità
giudiziaria più vicina per procedere a perquisizioni personali, o alla apertura coattiva di pieghi
sigillati, borse casse forti, mobili, ripostigli e simili.
Tutte le attività compiute nel corso dell'accesso devono essere descritte cronologicamente ed
analiticamente dagli impiegati procedenti in un apposito processo verbale, detto processo verbale di
verifica.
Al termine delle operazioni costoro devono inoltre curare la stesura di un processo verbale di
constatazione, nel quale vengono sintetizzati i risultati delle indagini condotte e le violazioni tramite
esse riscontrate.
Entrambi i processi verbali devono essere sottoscritti dal contribuente o dal suo
rappresentante e sono da considerarsi atti pubblici (per cui fanno piena prova fino a querela di falso
della loro provenienza del pubblico ufficiale che li ha formati e degli atti o fatti avvenuti in sua
presenza o da lui compiuti).
Occorre però porre in risalto come alla descrizione delle operazioni compiute dai funzionari ed
impiegati nei processi verbali si affianca una parte definibile come valutativa, nella quale vengono
126
elaborati dati e notizie raccolte, formulati ragionamenti e giudizi, ricostruiti e qualificati
giuridicamente i fatti, etc.
NB. La forza probatoria privilegiata di cui all'Art. 2700 Cc è appannaggio esclusivo delle
statuizioni appartenenti alla fase descrittiva del verbale e non si estende a quelle che ne
rappresentano il momento valutativo.
Qualora le banche (o l'Amministrazione postale) non trasmettano nei termini i dati richiesti, ovvero
qualora abbiano il fondato sospetto che i dati trasmessi siano inesatti o incompleti, gli Uffici, previa
autorizzazione della Direzione regionale, possono disporre l'accesso di propri funzionari presso le
banche.
Tanto delle richieste che degli accessi deve essere data, a cura della banca o dell'Ufficio postale,
tempestiva notizia al soggetto interessato.
Quanto al segreto professionale, in primis, all'accesso presso locali adibiti a studi professionali, pur
non essendo necessaria alcuna speciale autorizzazione (se non quella del capo dell'ufficio), deve
essere presente il professionista o un suo delegato.
La Guardia di finanza è di regola dotata dei medesimi poteri investigativi di cui dispongono, in base
alle singole leggi d'imposta, i diversi Uffici finanziari ed in ogni caso del potere di effettuare accessi
presso pubblici esercizi e locali adibiti ad aziende industriali o commerciali per eseguire
verificazioni e ricerche.
127
Il coordinamento dell'attività investigativa della Guardia di finanza con quella condotta dagli Uffici
finanziari è assicurato attraverso degli accordi che intervengono periodicamente.
Inoltre gli Uffici e i Comandi territoriali devono dare immediata comunicazione delle
ispezioni e verifiche intraprese, al dine di consentire all'Ufficio o al Comando che la riceve di
richiedere all'organo inquirente di eseguire specifici controlli comunicandogliene i risultati.
Oltre a servire quale organo di polizia tributaria, la Guardia di finanza è organo di polizia
giudiziaria, operante, in tale ruolo, alle dipendenze e sotto la direzione dell'autorità giudiziaria,
nelle forme e con i poteri previsti nel codice di procedura penale.
Gli elementi probatori concernenti violazioni della normativa tributaria acquisiti dalla Guardia di
finanza in qualità di organo di polizia giudiziaria, diversamente da quelli reperiti nell'esplicazione di
funzioni di polizia tributaria, si trovano a sottostare alla disciplina del segreto investigativo e
pertanto non possono essere comunicati agli Uffici finanziari.
Tuttavia l'Art. 33 del dpr 600/1973 per quanto riguarda le imposte sui redditi, e l'Art. 63 del dpr
633/1972 per quanto attiene all'IVA, prevedono che in questa ipotesi l'Autorità giudiziaria,
soppesando le contrapposte esigenze del rispetto del segreto e dell'accertamento tributario, possa
autorizzare con provvedimento motivato la trasmissione agli Uffici finanziari di documenti, dati e
notizie raccolti direttamente dalla Guardia di Finanza (come organo di polizia giudiziaria e
valutaria) o da quest'ultima ottenuti dalle altre forze di polizia nell'esercizio dei poteri di polizia
giudiziaria.
Il contraddittorio.
La normativa tributaria non riconosce in via generale al privato il diritto ad essere avvertito
dell'inizio dello svolgimento o (anche solo) della chiusura di un'indagine fiscale a suo carico.
L'esercizio di questi poteri non p obbligatorio, né preordinato a garantire il diritto di difesa
dell'indagato.
Il diritto del privato ad intervenire nella fase istruttoria onde dedurre elementi di prova a se
favorevoli è attualmente previsto solo da talune disposizioni introdotte di recente nell'ambito di
provvedimenti legislativi.
Inoltre l'invio di una “richiesta di chiarimenti” viene ritenuto obbligatorio per l'Ufficio
procedente, in due ipotesi:
A) Negli accertamenti fondati sul metodo sintetico di determinazione del reddito complessivo,
al fine di porre il contribuente nella condizione di esercitare concretamente quella facoltà di
dimostrare l'esistenza di circostanze impeditive all'operare del redditometro che gli è
riconosciuta ai sensi dell'Art. 38, 6°comma dpr 600/1973.
Ulteriori esempi di istituzionalizzazione della partecipazione del contribuente alla fase istruttoria
sono rilevabili:
dall'Art. 37-bis, 4°comma dpr 600/1973, in tema di accertamenti basati sul potere di
128
disconoscimento dei vantaggi tributari derivanti da determinate condotte elusive;
dall'Art. 76, comma 7-ter, del TUIR in materia di deducibilità dei componenti negativi del
reddito di impresa derivanti da operazioni con società residenti nel cd. Paradisi Fiscali.
A parte queste ipotesi non vi è dubbio che l'indagato possa, ove venga a conoscenza dell'istruttoria
apertasi nei suoi confronti, attivarsi spontaneamente comunicando all'organo inquirente quei dati e
quelle notizie che considera utili ai fini difensivi.
I vizi degli atti istruttori, derivanti dall'inosservanza da parte degli Uffici finanziari delle norme che
ne regolano l'azione, non si ripercuotono necessariamente sulla validità dell'avviso di accertamento
o di irrogazione di sanzioni.
si estrinseca nella pretesa ad un comportamento attivo del destinatario. Qui il destinatario può
rifiutarsi di attuare il comportamento richiesto e dare valere l'illegittimità dell'atto istruttorio
in sede di impugnazione di un eventuale avviso di irrogazione di sanzioni emesso
dall'Ufficio procedente in relazione al codesto inadempimento.
non si estrinseca in una simile pretesa (ad esempio un accesso). Vista la tassatività dell'elenco
degli atti impugnabili davanti le Commissioni tributarie, appare precluso il ricorso
immediato a queste ultime contro l'esercizio illegittimo dei poteri istruttori o contro
l'esercizio di poteri istruttori diversi da quelli accordati dalla legge.
Dunque non rimane che ritenere che il soggetto danneggiato da un'attività istruttoria illegittima
possa rivolgersi al giudice amministrativo o al giudice civile secondo le ordinarie regole che
presiedono alla ripartizione della giurisdizione.
Le garanzie predisposte per la fase delle indagini dallo Statuto dei diritti del contribuente.
Le disposizioni dello Statuto che riguardano l'attività di indagine dell'amministrazione non hanno
introdotto alcuna restrizione in relazione ai mezzi di indagine utilizzabili né limitazioni alla
potenziale efficacia dei medesimi.
Lo Statuto ha semplicemente introdotto nel tessuto normativo preesistente, una serie di
prescrizioni marcatamente garantiste per porre un argine a possibili abusi nell'esercizio dei poteri
istruttori.
Sono stati introdotti alcuni obblighi e delle limitazioni in capo all'amministrazione. Questi devono:
129
1. Informare il contribuente di ogni fatto o circostanza dai quali possa derivare l'irrogazione di
una sanzione (Art. 6, comma 2°);
3. Motivare tutti gli atti secondo quanto prescritto dall'Art. 3 della legge 241/1990 (Art. 7);
4. Informare i rapporti con il contribuente ai principi di buona fede e collaborazione (Art. 10);
5. Compiere accessi, ispezioni e verifiche nei locali destinati all'esercizio di attività
commerciale, industriale, agricola, artistica o professionale, solo sulla base di effettive
esigenze di indagine e controllo sul posto (Art. 12);
6. Permanere, presso la sede del contribuente, per effettuare verifiche, per non più di 30 gg
lavorativi, prorogabili per ulteriori 30 gg (5°comma);
7. Ritornare nella sede del contribuente solo per esaminare le osservazioni e le richieste
eventualmente presentate dal contribuente dopo il termine delle operazioni di verifica
oppure, previo assenso motivato del dirigente dell'ufficio, per specifiche ragioni;
9. Osservare il termine di 60 gg, salvo casi di particolare e motivata urgenza tra la data del
rilascio della copia del processo verbale di chiusura della veridica e quella di emanazione
dell'avviso di accertamento (7°comma).
(a) Essere informato, quando inizia la veridica delle ragioni che hanno giustificato la verifica
medesima e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista
abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli
obblighi che vanno riconosciuti al contribuente (Art. 12, 2°comma);
(b) Chiedere che l'esame dei documenti amministrativi e contabili venga effettuato nell'ufficio
dei verificatori o presso lo studio del professionista (3°comma);
(c) Rivolgersi al garante del contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con
modalità non conformi alla legge (6°comma);
(d) Comunicare entro 60 gg dal rilascio del processo verbale, osservazioni e richieste
(7°comma).
130
formato da 3 membri scelti e nominati dal Presidente della Commissione tributaria tributaria
regionale, tra gli appartenenti ad alcune categorie precisate dalla norma.
Il collegio deve essere costituito, per i 2/3 da persone di estrazione accademica e forense
(prof. universitari, magistrati, avvocati..).
1. Rivolgere richieste di documenti o chiarimenti agli uffici competenti (Art. 13, 6°comma);
3. Rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e della
migliore organizzazione dei servizi (7°comma);
5. Richiamare gli uffici al rispetto delle norme poste a garanzia del contribuente e dei termini
previsti per il rimborso dell'imposta (commi 9° e 10°);
7. Prospettare al Ministro delle finanze i casi in cui possono essere esercitati i poteri di
rimessione in termini per cause di forza maggiore (11°comma).
Ogni sei mesi, il Garante del contribuente presenta una relazione sull'attività svolta al Ministro delle
finanze, al direttore regionale delle entrate, ai direttori compartimentali delle dogane e del territorio
nonché al comandante di zona della Guardia di finanza, individuando gli aspetti critici più rilevanti
e prospettando le relative soluzioni.
Il Ministro delle finanze riferisce annualmente alle competenti Commissioni parlamentari in ordine
al funzionamento del Garante del contribuente.
È di tutta evidenza che il Garante non ha potere di porre fine ad eventuali violazioni dei diritti
fondamentali.
131
Cap. 20
LE SANZIONI FISCALI
SEZIONE I
LE SANZIONI AMMINISTRATIVE
La summa divisio tra sanzioni penali e sanzioni amministrative. Rilevanza di detta distinzione.
Per assicurare l'osservanza delle numerose situazioni passive di diverso contenuto e tipo (obblighi,
obbligazioni, etc) posti a carico dei soggetti passivi o di terzi la legge tributaria prevede numerose
sanzioni volte a prevenire e a reprimere le violazioni.
Pertanto si può affermare che non esiste obbligo la cui violazione vada indenne da sanzione (cd.
Carattere pansanzionatorio del diritto tributario).
Tradizionalmente si distinguono, nella materia tributaria, gli illeciti penali dagli illeciti
amministrativi.
La distinzione tra sanzioni penali e sanzioni amministrative è rilevante sotto molteplici aspetti:
2. Qualora l'illecito sia imputabile a più soggetti, mentre nell'ipotesi di illecito penale troveranno
applicazione le norme sul concorso di persone di cui al capo III del Titolo IV del Cp; nel
caso di illecito amministrativo la situazione è più complessa:
Prima del 472/1997 trovava applicazione il modulo della solidarietà passiva paritaria per
cui tutti i condebitori della stessa soprattassa o della stessa
pena pecuniaria erano obbligati al pagamento dell'intero ma il
pagamento da parte di uno solo aveva effetti liberatori per tutti.
132
Dopo il 1997 il modulo della solidarietà passiva paritaria è stato abbandonato per la
categoria degli illeciti amministrativi commessi con dolo o colpa grave,
mentre è stato mantenuto, con alcune correzioni a fronte di illeciti
contrassegnati da colpa non grave.
3. Mentre la morte costituisce un'ipotesi di estinzione del reato e della sanzione penale (Artt.
150 e 171 Cp), l'obbligazione derivante dall'irrogazione delle sanzioni amministrative può
sopravvivere alla morte dell'autore dell'illecito e subire vicende traslative.
La riforma delle sanzioni amministrative del d.lgs. 472/1997 ha statuito per la sanzione pecuniaria
il principio di intrasmissibilità agli eredi. Ha, però, fortemente temperato tale intrasmissibilità,
statuendo che si i trasgressori hanno agito quali funzionari e amministratori di società, in ogni caso,
la sanzione si trasmette al soggetto collettivo (società, ente, etc), anche quando al momento della
morte del trasgressore, essa non sia stata ancora irrogata.
(a) Le due pregresse sanzioni pecuniarie (soprattassa e pena pecuniaria) vengono unificate e
confluiscono in una unitaria sanzione pecuniaria che si può presentare:
◦ in veste elastica variabile e quindi tra limiti minimi e massimi, come la precedente
pena pecuniaria.
(b) Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa chi, al momento della commissione
del fatto illecito, non aveva in base ai criteri indicati dal codice penale, la capacità di
intendere e di volere (cd. Principio di imputabilità).
(c) Nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione,
cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa (cd. Principio di colpevolezza).
(d) Quando più persone concorrono in una violazione, non ricorre il fenomeno della solidarietà
passiva e ciascuna di essa soggiace alla sanzione per questa disposta.
(e) La sanzione è direttamente riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a
commettere la violazione, mai a società o enti.
(g) L'obbligazione al pagamento della sanzione si estingue con la morte del colpevole (cd.
133
Principio di intrasmissibilità agli eredi).
Divieto di retroattività, per cui nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di
una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione.
Principio per cui, salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a
sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce una violazione
punibile.
Principio della applicabilità della legge più favorevole se la legge in vigore al momento in cui
è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni differenziate.
Quanto alla retroattività di cui sub i) e ii), la stessa incontra limiti diversificati:
Principio di riserva assoluta di legge, il quale comporta il divieto di introdurre sanzioni con
fonti diverse dalla legge. Dal principio di riserva assoluta discendono i due corollari della
tassatività delle previsioni normative sanzionatorie e il divieto della integrazione analogica
(analogia legis e analogia iuris).
Cause di non punibilità. Sono state codificate le cause di non punibilità che a seguito
dell'entrata in vigore dello Statuto dei diritti del contribuente risulta ampliato con l'aggiunta
di una ulteriore ipotesi.
La punibilità è esclusa, secondo tale ulteriore ipotesi, in caso di violazioni che non arrecano
pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base
imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo.
In materia di illeciti tributari extrapenali la sola forma di dolo possibile è quello specifico e
diretto. Infatti in base all'Art. 5 è essenziale ai fini della sussistenza del dolo che l'agente
persegua l'obiettivo dell'inesatta determinazione dell'imponibile o dell'imposta o di creare
ostacoli all'attività amministrativa di accertamento.
La definizione di colpa grave è fornita dal 3°comma dell'Art. 51. Essa è grave quando
134
l'imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non è possibile dubitare
ragionevolmente del significato e della portata della norma violata e, di conseguenza, risulta
evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari.
E' stata predisposta una norma (Art. 10) per disciplinare la fattispecie relativa all'autore
mediato. Essa prevede, fatta salva l'ipotesi di concorso di persone, che chi, con violenza o
minaccia o inducendo altri in errore incolpevole ovvero avvalendosi di persona incapace,
anche in via transitoria, di intendere e di volere, determina la commissione di una violazione
ne risponde in luogo del suo autore materiale.
◦ Per il concorso formale di più illeciti, che si ha quando con una sola azione od
omissione si violano diverse disposizioni anche relative a tributi diversi (Art. 12,
1°comma, d.lgs. 472/1997).
◦ Per il concorso materiale consistente nella reiterata violazione della stessa disposizione
formale con più azioni od omissioni, in tempi diversi (1°comma).
Il pagamento della sanzione ridotta deve essere contestuale alla regolarizzazione del pagamento
omesso ed al pagamento degli interessi moratori.
Non è più prevista alcuna ipotesi in cui il ravvedimento determini l'esclusione dell'applicazione
della sanzione. Nei cadi di omissione o di errore che non ostacolano un'attività di accertamento in
corso e che non incidono sulla determinazione o sul pagamento del tributo, il d.lgs. 472/1997
prevedeva l'esclusione dell'applicazione della sanzione, se interveniva il ravvedimento, ovvero la
regolarizzazione entro tre mesi dall'omissione o dall'errore. A seguito delle modifiche apportate
all'anzidetto decreto dall'Art. 7 d.lgs. 32/2001 questi illeciti amministrativi non sono più sanzionati.
Pertanto, non occorre alcun ravvedimento.
NB. L'obbligazione sanzionatoria è strettamente legata al rapporto di imposta, tanto che venuto
meno quest'ultimo, case automaticamente anche la prima.
Due tipologie di illecito fiscale disciplinate in modo differente: illecito caratterizzato da dolo o
colpa grave, da una parte ed illecito contrassegnato da colpa lieve, dall'altra.
Distinguiamo:
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indipendentemente da chi lo abbia eseguito.
Pertanto, la società (ad esempio Alfa) non è mai obbligata principale, bensì coobbligata dipendente,
non assistita da beneficio di escussione, la sua posizione è identica a quella del cd. Responsabile
d'imposta. Può essere subito costretta a pagare la sanzione irrogata e per di più la sanzione di
ammontare maggiore, ma in quanto mera responsabile, può rivalersi sull'obbligato principale
(l'autore dell'illecito) per la totalità del debito pagato.
Per quanto riguarda la quantificazione della sanzione in concreto irrogabile, è da ricordare che
l'Art. 7 della legge generale del 1997 attribuisce agli organi preposti alla irrogazione della
sanzione pecuniaria un potere discrezionale analogo a quello conferito al giudice penale dall'Art.
133 Cp, atteso che la somma da pagare deve essere determinata avendo riguardo alla gravità della
violazione.
Tale gravità è modulata sull'ammontare dell'evasione ma non solo su di essa. Grande rilievo si
attribuisce alla condotta dell'agente, all'opera da lui svolta per l'eliminazione o l'attenuazione delle
conseguenze nonché la sua personalità e alle sue condizioni economiche e sociali.
Sono previste aggravanti per il recidivo (fino alla metà) e attenuanti (fino alla metà) in caso di
irrisorietà della violazione rispetto alla sanzione irrogabile.
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Il procedimento di irrogazione.
La nuova legge prevede due tipi di procedimento di irrogazione della sanzione:
A) SEMPLIFICATO
E' previsto in caso di sanzioni collegate al tributo, involgenti violazioni che hanno dato luogo ad
evasioni di imposta, le sanzioni stesse possono essere irrogate senza previa contestazione
dell'illecito al trasgressore e con l'applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni che
regolano il procedimento di accertamento del tributo, mediante la notifica di un atto motivato a pena
di nullità, contestuale all'avviso di accertamento o all'avviso di rettifica.
3. il soggetto può presentare deduzioni difensive. In tal caso l'ufficio, nel termine di
decadenza di un anno irroga se del caso le sanzioni con atto motivato a pena di nullità
anche in ordine alle deduzioni difensive prodotte. Tale atto è impugnabile entro 60 gg.
(a) Interdizione dalle cariche di amministratore, sindaco o revisore di società di capitali e di enti
con personalità giuridica, pubblici o privati; per una durata massima di 6 mesi.
(b) Interdizione dalla partecipazione a gare per l'affidamento di pubblici appalti e forniture, per
la durata massima di 6 mesi.
Deve ritenersi sanzione accessoria alle sanzioni amministrative anche la confisca, purché la stessa
non acceda ad una sanzione penale, nel qual caso assume la natura di misura amministrativa di
sicurezza ai sensi dell'Art. 240 Cp.
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Le sanzioni civili o sanzioni ripristinatorie.
Accanto alle sanzioni amministrative la legislazione tributaria prevede altre sanzioni alle quali
riconosce una natura civilistica, avendo esse la funzione di reintegrare il danno subito dallo Stato in
conseguenza della violazione della norma.
Per queste sanzioni la trasmissione agli eredi è fuori discussione.
gli interessi moratori, i quali decorrono dal giorno in cui il tributo è divenuto esigibile e sono
dovuti, attualmente, secondo il tasso del 3% semestrale;
I tre raggruppamenti degli illeciti amministrativi nei vari tipi di imposte e la modulazione
delle sanzioni ad esse correlate.
il d.lgs. 473/1997 in materia di tributi sugli affari, sulla produzione e sui consumi, nonché su
altri tributi indiretti
semplificano e razionalizzano la normativa raccogliendo attorno a tre fulcri tutti i tipi di illecito.
Va premesso che la legge 80/2003 di delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale,
138
aveva fissato il principio per cui:
Tale principio è incompatibile con la visione parapenalistica contenuta nella legge delega del 1996.
Per ovviare a tale incongruità si è ritenuto di operare un limitato intervento correttivo circoscritto
alla responsabilità per le sanzioni amministrative conseguenti alle violazioni riguardanti i soggetti
dotati di personalità giuridica.
L'Art. 7, 1°comma, d.lgs. 269/2003 ha infatti stabilito che
In tal senso è stato reintrodotto nel nostro ordinamento il principio della esclusiva riferibilità alle
società o enti dotati di personalità giuridica delle sanzioni amministrative relative alla violazione
degli obblighi tributari di qualsiasi natura riguardanti le società predette, ed è stato al tempo stesso
stabilito che, per quanto riguarda le sanzioni relative a tali violazioni, le disposizioni del d.lgs.
472/1997 si applicano solo in quanto compatibili (3°comma).
Inoltre, nel caso di violazioni riguardanti le società di capitali risulterà irrogabile un'unica sanzione
anche nel caso in cui più dipendenti della società abbiano concorso tra loro alla commissione
dell'illecito.
L'assurdo cumulo delle sanzioni continua invece a trovare applicazione per gli illeciti
commessi con dolo o colpa grave da più dipendenti di una società di persone in contrasto tra loro.
SEZIONE II
LE SANZIONI PENALI
Evoluzione storica della repressione penale in materia di imposte sui redditi ed IVA e caratteri
essenziali della riforma del 1999/2000.
la legislazione penale in materia di imposte sui redditi fino al 1956 prevedeva reati
contravvenzionali puniti con la sola pena dell'ammenda ed oblazionabili.
L'inversione di tendenza si ebbe, seppure timidamente con la legge 1/1956 che punì con la
detenzione fino a 6 mesi l'omessa denuncia dei redditi superiori ad una certa soglia e previde, per la
prima volta il delitto di frode fiscale, punito anch'esso con la reclusione fino a 6 mesi.
Dopo una prima riforma degli anni 1971/1973, nel 1982 se ne ebbe una seconda tra le più radicali
del sistema sanzionatorio tributario.
L'obiettivo perseguito era quello di evitare di incentrare sull'evento evasione dell'imposta il sistema
penal-tributario e ridurre le fattispecie penali ad un catalogo analitico di fatti semplici, suscettibili di
facile e spedito acclaramento, i prodromici ovvero forniti di idoneità segnaletica rispetto all'evento
di evasione.
La scelta legislativa orientata ad abbandonare il criterio di selezione dei fatti in base alla
gravità dell'offesa al bene protetto e volta a reprimere le condotte prodromiche, ha dato luogo ad un
forte ampliamento della platea degli autori di reati tributari, contribuendo a congestionare il
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funzionamento della giustizia penale.
La legge 25/1999 ha dato delega al Governo di ridisegnare i contorni della disciplina dei reati
tributari in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Con tale legge delega sono stati fissati alcuni criteri direttivi che hanno portato ad una drastica
riduzione dei reati. Inoltre sono state previste delle soglie di punibilità atte a limitare l'intervento
penale esclusivamente alle ipotesi di illeciti economicamente più significativi e introdotti dei
meccanismi premiali idonei a favorire il risarcimento del danno.
Infine onde evitare il cumulo di sanzioni penali ed amministrative, la legge delega ha stabilito
l'applicazione della sola disposizione speciale, nel caso in cui un medesimo fatto risultasse punibile
in base a due differenti disposizioni, irroganti l'una sanzioni penali, l'altra amministrative.
In attuazione di detta legge delega è stato emanato il d.lgs. 74/2000 recante la nuova disciplina dei
reati tributari.
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finalità di evadere le imposte sui redditi e IVA.
Le valutazioni estimative. L'Art. 7 intitolato Rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio,
costituisce una delle disposizioni più controverse e complesse della nuova normativa. La norma
prevede che non diano luogo a fatti punibili a titolo di dichiarazione fraudolenta mediante altri
artifici (Art. 3) e di dichiarazione infedele (Art. 4) le rilevazioni, nelle scritture contabili e nel
bilancio, eseguite in violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, ma
comunque in base a metodi costanti di impostazione contabile.
La punibilità per tali reati è esclusa quando i criteri concretamente applicati nell'effettuare le
rilevazioni e le valutazioni estimative siano stati comunque indicati nel bilancio.
Non danno inoltre luogo a fatti punibili a titolo di dichiarazione fraudolenta ex Art. 3 ed ex Art. 4,
le valutazioni estimative che, singolarmente considerate differiscono in misura inferiore al 10% da
quelle corrette (2°comma Art. 7).
Questo perché, senza le disposizioni della norma in esame, tutte le alterazioni dei valori che
determinano una sottrazione di materia imponibile, risulterebbero penalmente rilevanti
indipendentemente dal fatto che trovino o meno la loro fonte in una valutazione estimativa.
In tal senso, la norma in questione ha funzione garantista, e cioè di non far ricadere
nell'ambito della rilevanza penale le valutazioni non corrette.
Il tentativo. I delitti previsti dagli Artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. 74/2000 non sono punibili a titolo di
tentativo.
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2. Delitti in materia di documenti, i quali si distinguono:
(a) Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (Art. 8).
Il soggetto che emette o rilascia fatture o altri documenti relativi ad operazioni inesistenti è punito
con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.
Il fatto deve essere commesso al fine di consentire a terzi di evadere le imposte sui redditi o
l'imposta sul valore aggiunto.
Non è prevista alcuna soglia di rilevanza penale ma si applica la sanzione meno grave della
reclusione da 6 mesi a 2 anni se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei
documenti è inferiore a 300 milioni di lire per periodo di imposta (2°comma).
Il soggetto che emette i documenti in questione non concorre nel reato commesso dal soggetto che
utilizza tali documenti, così come quest'ultimo non concorre nel reato previsto e punito dall'articolo
di cui trattasi (Art. 9).
L'Art. 10-ter, reca Omesso versamento di IVA, e prevede, nei limiti, lo stesso regime del
-bis a chiunque non versi l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione
annuale; entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta
successivo.
142
La violazione del principio di alternatività da parte del legislatore delegato.
La legge delega per la riforma delle sanzioni penali conteneva la previsione dell'abolizione del
principio del cumulo fra sanzioni penali e tributarie di natura amministrativa. Tuttavia il legislatore
delegato ha reintrodotto tale principio.
Infatti l'Art. 19 del d.lgs 74/2000 dispone per i soggetti ex Art. 11, 1°comma del d.lgs 472/1997,
che non si siano persone fisiche concorrenti nel reato, la permanenza della responsabilità per la
sanzione amministrativa.
I destinatari dell'effetto giuridico prodotto dalla norma sono società, associazioni ed enti,
dotati o privi di responsabilità giuridica.
Il mancato rispetto del principio di alternatività disposto dall'Art. 19 sembra pertanto configurare il
vizio di eccesso di delega, con annessa violazione dell'Art. 3 Cost per discriminazione tra
dipendente e/o legale rappresentante (nei confronti del quale opererà il cumulo di sanzioni) e altri
contribuenti (verso i quali il cumulo è inoperante).
Per i reati più gravi (Artt. 2, 3 e 8 d.lg. 74/2000) la cui pena max prevista è 6 anni di
reclusione, sono applicabili i termini prescrizionali ordinari in base ai principi generali del
codice penale. Tali termini sono di 10 anni (fino ad un max di 15 a seguito di atti
interruttivi).
Se in relazione ad una verifica tributaria compiuta prima della scadenza del decennio,
l'Amministrazione finanziaria presenta denuncia all'Autorità giudiziaria, potrà essere aperto un
procedimento penale a carico del contribuente verificato. In tale caso l'Amministrazione stessa potrà
costituirsi parte civile.
Per quanto riguarda il risarcimento del danno, l'Art. 13 prevede che, il pagamento dei debiti
tributari prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di I°grado, sia una mera circostanza
attenuante speciale che non estingue, quindi, il reato medesimo.
Il relazione al rimborso di quanto versato per il pagamento dei debiti tributari, si debbono
considerare due ipotesi a seconda che il pagamento sia avvenuto:
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