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Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano

Facoltà di Psicologia
Anno Accademico 04/05
Corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche

IL COSTRUTTO (TEORICO) DI
NARCISISMO: ASPETTI TEORICI E
DATI EMPIRICI

Relatore:
Professor Pier Luigi Baldi

A cura di:
Guido Mazza
Matricola n°3104668
INDICE

INDICE

Introduzione 3

Parte Prima
1. IL COSTRUTTO DI NARCISISMO
1.1 Evoluzione storica del concetto di narcisismo 5
1.2 Il pensiero di Sigmund Freud 7
1.3 Il pensiero di Melanie Klein ed Herbert Rosenfeld 8
1.4 Il pensiero di Béla Grungerger 10
1.5 Il pensiero di Heinz Kohut 11
1.6 Il pensiero di Otto Kernberg 13

Parte Seconda
2. QUADRO CLINICO
2.1 Il Disturbo Narcisistico di Personalità 14
2.2 ICD-10 e DSM-IV a confronto 18
2.3 Due tipologie cliniche 19

Parte Terza
3. NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI
3.1 Il Narcissistic Personalità Inventory 23
3.2 La versione italiana del NPI 24
3.3 La ricerca 24

Conclusioni 32

Bibliografia 34

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INTRODUZIONE

INTRODUZIONE

Oggi il concetto di narcisismo è considerato in psicoanalisi uno dei costrutti più importanti e,
paradossalmente, uno dei più controversi. La storia di questo concetto mostra le difficoltà incontrate dal
movimento psicoanalitico per arrivare ad una teorizzazione sobria e coerente nell’utilizzare le
formulazioni metapsicologiche di volta in volta proposte per rendere conto del dato clinico. Queste
difficoltà erano già presenti nel lavoro di Freud, il quale non a caso più volte si disse insoddisfatto della
sua elaborazione teorica del narcisismo e non esitò a rivederla. Ma più d’ogni altra cosa, l’evoluzione
storica del narcisismo mostra le difficoltà incontrate dalla psicoanalisi nel perseguire l'ambizioso
programma che si era proposta, quello di collegare il piano metapsicologico a quello clinico senza
cadere in ambiguità o in facili astrazioni.
L’uso indiscriminato che si fa attualmente di questo termine ne fa perdere ogni specificità, fino a
giungere, nell’uso clinico, a ridurne la complessità alla semplicistica dizione di narcisismo sano o
patologico: il che poco ci dice sulla reale situazione psicopatologica del soggetto, ma ancora meno sulla
reale natura del narcisismo. Dobbiamo quindi chiederci, nell’utilizzare questo termine, a cosa
esattamente esso faccia riferimento. Se ad un tratto di personalità, ad una patologia psicotica o
borderline, ad uno stadio dello sviluppo, ad un’istanza psichica, ad una particolare modalità relazionale
oppure ad una difesa da angosce primitive.

In questa trattazione verranno affrontati alcuni aspetti del complesso tema del narcisismo,
delineandone l’evoluzione teorica all’interno della psicologia dinamica e descrivendo gli esiti pratici di
questa evoluzione, in campo clinico e diagnostico.
Nella prima parte verrà esposto il ruolo che il concetto di narcisismo riveste all’interno delle
teorizzazioni metapsicologiche e delle ipotesi sull’organizzazione psichica, formulate dai maggiori
autori che si sono occupati di questo tema. Si tratterà dell’evoluzione storica del concetto di narcisismo
nei suoi aspetti psicodinamici, prima seguendone il complesso sviluppo nel pensiero di Freud, e poi
accennando alle posizioni di autori come Rosenfeld, Grunberger, Kohut e Kernberg, che nel corso dello
scorso secolo hanno contribuito ad ampliare ed approfondire quest’argomento.

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INTRODUZIONE

Nella seconda parte verrà esposto il processo di inclusione del narcisismo, come “Disturbo
Narcisistico di Personalità”, all’interno del sistema tassonomico del DSM, descrivendo il procedimento
che ha condotto alla selezione e alla stesura dei criteri diagnostici che individuano questo disturbo.
Verrà operato, inoltre, un confronto tra i criteri con i quali viene definita la diagnosi di personalità
narcisistica nel sistema diagnostico del DSM-IV e i criteri impiegati all’interno del sistema diagnostico
ICD-10; e si analizzerà l'interpretazione psicodinamica della personalità narcisista fatta da due tra i
principali autori che hanno approfondito questo quadro clinico, rispettivamente Kohut e Kernberg, il cui
confronto teorico su questa patologia rappresenta oggi uno dei problemi aperti più interessanti nel
dibattito psicoanalitico.
La terza parte è invece dedicata alla presentazione dell’Narcissistic Personality Inventory, uno dei
principali strumenti self-report di misurazione del narcisismo, e al resoconto di una ricerca in corso
sull’applicazione di questo inventario ad un campione italiano, seguita da alcune considerazioni sui
risultati finora raggiunti.

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IL COSTRUTTO DI NARCISISMO

Parte Prima
1. IL COSTRUTTO DI NARCISISMO

1.1 Evoluzione storica del concetto di narcisismo

Se il costrutto di narcisismo è uno dei contributi più importanti della psicoanalisi alla comprensione
del funzionamento psichico, esso è anche un concetto molto controverso, per non dire confuso, sul quale
si addensano molte definizioni e altrettanto numerosi riferimenti teorici.
Innanzitutto l'origine etimologica del termine: Narciso, secondo la mitologia greca, era un giovane di
Tespi di eccezionale bellezza, figlio della ninfa Liriope e del Dio del fiume Cefiso. Alla sua nascita
l’indovino Tiresia aveva vaticinato che il ragazzo sarebbe vissuto a lungo solo a patto che non
conoscesse mai se stesso. L'oscura profezia dell'indovino fu chiara solo il giorno in cui Narciso vide la
propria immagine riflessa nelle acque di una fonte, e se ne innamorò perdutamente. Egli fu talmente
attratto dalla bellezza della propria immagine riflessa da non allontanarsi mai più da questa fonte,
estenuandosi sino alla morte nella propria inane contemplazione; secondo un'altra versione del mito,
consumato dal dolore per non poter raggiungere la propria amata immagine, si trafisse il petto con una
spada e dal suo sangue nacque il fiore che porta il suo nome.
Sul piano filosofico il concetto di narcisismo, in nuce, era già presente in Cartesio, Kant e soprattutto
in Hegel che lo ha drammatizzato, nella Fenomenologia dello Spirito, con la nota dialettica dello
schiavo e del padrone.
In psichiatria il termine “narcisismo” fu usato per la prima volta da Havelock Ellis nel 1892 in uno
studio psicologico sull'autoerotismo. Egli descrisse accuratamente le radici mitologiche e letterarie del
mito di Narciso e per la prima volta propose l’estensione del termine narcisismo al comportamento non
manifestamente sessuale. In seguito anche Näcke nel 1899 usò il termine narcisismo per identificare una
perversione sessuale, ma fu Isidor Sadger che nel 1908 lo fece entrare nella terminologia psicoanalitica.
Freud usò per la prima volta questo termine in una riunione del 10/11/1909 della Società Psicoanalitica
di Vienna, accreditando chiaramente a Sadger l'introduzione del concetto in un suo lavoro che fu
pubblicato più tardi nel 1910. Otto Rank nel 1911, con il primo scritto dedicato specificamente al
narcisismo, per la prima volta lo collegò non implicitamente, ma esplicitamente, a fenomeni non
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IL COSTRUTTO DI NARCISISMO

sessuali, come la vanità e l'autoammirazione: disse inoltre che « amare il proprio corpo è un importante
fattore della normale vanità femminile » (anticipando dunque di molti anni il concetto di “narcisismo
sano” di Kohut) e intravide anche per la prima volta una possibile natura difensiva del narcisismo, come
nel caso di quelle donne che « si rifugiano nell'amore di sé ferite a causa di uomini cattivi e incapaci
d’amare » (vediamo qui già il concetto di “ritiro narcisistico” causato da ferite oggettuali, cioè il
chiudersi in se stessi per frustrazioni nei rapporti interpersonali, tematica che verrà ripresa e meglio
teorizzata da Freud).
Ma fu l'importante lavoro di Freud del 1914 Zur Einführung des Narzissmus, pubblicato in italiano
col titolo Introduzione al Narcisismo, quello che segnò per così dire la nascita ufficiale di questo
concetto in psicoanalisi. Questo studio, come lo stesso Freud riconoscerà, in una lettera ad Abraham,
nasce male: « il Narcisismo (…) ha avuto una nascita difficile testimoniata da tutte le trasformazioni del
caso. E' ovvio che non mi piace particolarmente, ma per il momento non posso dare altro. Ha ancora
bisogno di parecchi ritocchi ». Scritto molto in fretta perché finalizzato ad opporsi alle critiche di Jung
circa l’impossibilità di applicare la teoria della libido per spiegare la psicosi schizofrenica, presenta
evidenti incongruità. Comunque non bisogna sottovalutare che con questo lavoro Freud cerca di
impostare una teoria complessiva dello sviluppo psichico dell’uomo; e questo spiega la persistenza di
questa tematica, nonostante l’incerta e fragile teorizzazione iniziale.
Da allora in poi, la storia del costrutto di narcisismo appartenne prevalentemente al movimento
psicoanalitico. Tra gli storici contributi di alcuni dei principali autori che sino ai giorni nostri, si sono
occupati di questo concetto, vanno menzionati quelli di Karl Abraham (1919, trad. it. 1975), che
individuò le resistenze transferali nel trattamento di questi pazienti, e di Ernest Jones (1951), che per la
prima volta descrisse i tratti della personalità narcisista; mentre tra i lavori pubblicati negli Stati Uniti
vanno ricordati soprattutto due articoli di Annie Reich del 1953 e del 1960, e il libro di Edith Jacobson
Il Sé e il mondo oggettuale (1964, trad. it. 1974). Gli autori più recenti che hanno studiato i disturbi della
personalità narcisista sono in Inghilterra Herbert Rosenfeld (1964, trad. it 1973; 1987, trad. it. 1989),
che elaborò le importanti intuizioni di Melanie Klein contenute nel libro del 1957 Invidia e gratitudine
(trad. it. 1969), e in Francia Béla Grunberger col libro del 1971 Il narcisismo (trad. it. 1977); negli Stati
Uniti invece sono stati Otto Kernberg (1975, trad. it. 1978; 1984, trad. it. 1988) e soprattutto Heinz
Kohut (1971, trad. it. 1976; 1977, trad. it. 1980; 1984, trad. it. 1986), coloro che hanno dato i principali
contributi allo studio di questo disturbo. Solo negli anni recenti, e precisamente col DSM-III del 1980, la
personalità narcisista è entrata a far parte ufficialmente della diagnostica psichiatrica.

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IL COSTRUTTO DI NARCISISMO

1.2 Il pensiero di Sigmund Freud

Inizialmente Freud [Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Un ricordo di infanzia di Leonardo da
Vinci (1910)] parla di narcisismo in relazione alla scelta d’oggetto degli omosessuali, i quali in seguito
al forte investimento libidico nei confronti della madre, si identificano con essa prendendo sé stessi (e in
seguito altri simili a sé) come oggetto d'amore. Anche nel Caso clinico del presidente Schreber (1911) il
concetto di narcisismo è legato in qualche modo ai meccanismi psicologici che sottendono la scelta
omosessuale e Freud ne fa uso per riferirsi ad una fase dello sviluppo psico-sessuale successiva a quella
auto-erotica e precedente quella dell'amore oggettuale maturo.
Ma è con la nascita ufficiale del concetto di narcisismo in psicoanalisi, e cioè con Introduzione al
Narcisismo (1914), che ha inizio quella molteplicità di significati che definirà questo concetto negli anni
a venire. In questo testo denso e in molte parti anche piuttosto oscuro, Freud parla di narcisismo per
riferirsi:
• ad un tipo di scelta oggettuale in cui l’oggetto verrebbe scelto in quanto rappresenta ciò che il
soggetto è stato, o vorrebbe essere;
• alla caratteristica della scelta d'oggetto omosessuale;
• ad uno stadio del normale sviluppo libidico;
• ad un aspetto patognomonico di forme psicopatologiche gravi (le nevrosi narcisistiche) nelle quali la
libido verrebbe ritirata dal mondo esterno e investita sul soggetto.
Già da queste diverse definizioni è possibile intravedere la complessità, per non dire la confusione, che
circondò questo concetto negli anni successivi, e che per certi versi permane tuttora. Freud affrontò il
problema del narcisismo sia dal punto di vista normale che patologico e illustrò come quel che può
risultare patologico in un certo stadio della vita, può essere al contrario normale in un altro. Egli pose la
distinzione fra libido dell’Io e libido oggettuale e introdusse il concetto di Ideale dell’Io; ma aspetto
fondamentale di questo scritto fu la creazione delle categorie di narcisismo primario e secondario. Con
narcisismo primario Freud intese quello stato precoce, in cui il bambino investe tutta la sua libido in se
stesso prima di scegliere degli oggetti esterni. Con narcisismo secondario indicò, al contrario, un
ripiegamento sull’Io della libido che verrebbe cosi sottratta ai suoi investimenti oggettuali.
« La libido narcisistica diviene libido oggettuale solo quando è possibile una differenziazione fra sé e
l’oggetto; tuttavia, l’investimento libidico originario dell’Io permane e ha con gli oggetti la stessa
relazione che il corpo di un organismo ameboide ha con gli pseudopodi che emette ». Gli investimenti
libidici sono sempre suscettibili di essere ritirati. Libido narcisistica e libido oggettuale sono i poli di un

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IL COSTRUTTO DI NARCISISMO

continuum dinamico che dà equilibrio agli impulsi e si differenziano non per la qualità dell’impulso, ma
per il suo oggetto. Ecco dunque il punto che aprì dei problemi nella prima teoria delle pulsioni di Freud:
se nella fase di narcisismo primario il soggetto ama se stesso (per poi nella fase successiva rivolgere la
libido agli oggetti), diventa difficile distinguere in questa fase tra pulsioni dell'Io e pulsioni sessuali, in
quanto entrambe rivolte all'Io (si ricordi che Freud non faceva distinzione tra Io e Sé). Freud in questa
fase volle comunque mantenere questa dualità delle pulsioni, (anche perché si confaceva con le ipotesi
biologiche dell'epoca) spostando però la dicotomia, che venne ora riferita non tanto alla fonte quanto
alla direzione della pulsione: concepì cioè due tipi di libido, quella narcisistica (rivolta all'Io) e quella
oggettuale (rivolta agli oggetti). Fu proprio questa concettualizzazione che, seppur basata sull’acuta
osservazione di alcuni fenomeni clinici, doveva poi rivelarsi inadeguata per l'estensione esageratamente
ampia che il termine “narcisismo” doveva assumere, e che avrebbe pesato molto sulla sua specificità,
poiché non rendeva conto della possibilità di poter investire nel mondo esterno (amare, avere successo,
ecc.) e contemporaneamente mantenere una buona autostima.
Con queste osservazioni, implicitamente Freud aprì la strada alle considerazioni teoriche e cliniche
degli autori più moderni, che hanno sottolineato l'importanza e il valore del narcisismo per la salute
psichica e anche fisica, per l'adattamento relazionale e per la realizzazione del sé.
Infine, con Al di là del principio di piacere (1920) e L'Io e l'Es (1923), Freud introdusse il modello
strutturale e la teoria duale degli istinti con cui integrò la sua teoria sul narcisismo. Il serbatoio
dell’energia pulsionale venne ora individuato nell’Es e non più nell’Io, il che portò a rivedere la
distinzione tra narcisismo primario e secondario, caratterizzando il primo per la sua indifferenziazione
strutturale e il secondo per la desessualizzazione cui va incontro la libido staccata dagli oggetti e rivolta
all’Io. Inoltre l’esistenza di due istinti contrapposti, l’istinto di vita (Eros) e quello di morte (Thanatos),
lo indusse a rivedere il concetto di narcisismo prima con la suddivisione tra pulsioni narcisistiche di vita
e di morte e successivamente associandolo alle sole pulsioni aggressive.

1.3 Il pensiero di Melanie Klein ed Herbert Rosenfeld

La tendenza dell’ultimo Freud verso un certo pessimismo e l’identificazione di un legame tra


narcisismo e pulsioni aggressive vennero raccolte, e per certi versi enfatizzate, da Melanie Klein e da
altri autori della scuola delle relazioni oggettuali che si occuparono di pazienti psicotici e della relazione
tra narcisismo, processi interni (scissione e proiezione) ed espressione dell’aggressività.

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IL COSTRUTTO DI NARCISISMO

Nell’opera di quest’autrice non troviamo un’esplicita trattazione del narcisismo, ma la tematica


narcisistica viene collocata all’interno del più ampio problema dell’organizzazione difensiva con cui
fronteggiare la frustrazione. Melanie Klein postulò l'esistenza di una pulsione di morte connaturata al
bambino, la quale gli provocherebbe una profonda angoscia di disintegrazione. Questa autrice afferma
che lo stato in cui il bambino sia talmente invaso dall'angoscia da non avere più capacità di relazionarsi
al mondo, può essere definito stato narcisistico. Secondo la Klein alla base di un disturbo narcisistico vi
deve essere un rifiuto degli oggetti che, nella sua teorizzazione, segue uno specifico percorso: il
bambino proietta sulla madre i propri contenuti interni distruttivi, per liberarsi dall'angoscia della
pulsione di morte; attraverso questa proiezione rende cattivo l'oggetto-madre e solo successivamente lo
rifiuta.
In uno dei suoi saggi più famosi, Alcune note su alcuni meccanismi schizoidi (1946), la Klein afferma
che narcisismo e psicosi hanno la loro radice in uno stadio di sviluppo precoce, ma che questo non è uno
stadio anoggettuale ma implica piuttosto relazioni oggettuali primitive. Anzi la concezione stessa di
stadio viene rimessa in discussione come fase temporalmente definita a favore piuttosto dell'idea di
stato, cioè di una dimensione di funzionamento che coesiste sempre e comunque con altri stati più
maturi ed evoluti. Possiamo perciò a buon titolo, da questo punto di vista, parlare di relazioni con
l’oggetto e relazioni oggettuali narcisistiche (per i kleiniani le relazioni oggettuali narcisistiche sono
quelle caratterizzate da identificazioni proiettive intense).
Fra gli autori kleiniani quello che più approfondì la dinamica narcisistica fu Herbert Rosenfeld, che
diede delle descrizioni cliniche delle relazioni d’oggetto basate sull’onnipotenza grandiosa e sulla
negazione della dipendenza. Egli elaborò una teoria sugli aspetti aggressivi del narcisismo patologico
operando una distinzione tra gli aspetti libidici e quelli distruttivi del narcisismo. Rosenfeld (1971)
affermò: « Nel considerare il narcisismo sotto l’aspetto libidico, si può osservare che l’ipervalutazione
del Sé ha una parte centrale, basata principalmente sull'idealizzazione del Sé. Tale idealizzazione è
mantenuta mediante identificazioni onnipotenti introiettive e proiettive con gli oggetti buoni e con le
loro caratteristiche. In questo modo il narcisismo sente che tutto ciò che conta, in rapporto agli oggetti
esterni e al mondo esterno, è parte di lui o è da lui controllato in modo onnipotente. Similmente, quando
consideriamo il narcisismo sotto l’aspetto distruttivo, noi troviamo che di nuovo l’idealizzazione del Sé
ha una parte centrale, ma è ora l’idealizzazione delle parti distruttive onnipotenti del Sé. Esse sono
dirette sia contro qualunque relazione oggettuale libidica positiva, sia contro ogni parte libidica del Sé
che prova il bisogno di un oggetto e il desiderio di dipendere da esso ».

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IL COSTRUTTO DI NARCISISMO

Nel descrivere queste forme di narcisismo distruttivo Rosenfeld (1964, trad. it. 1973) paragonò
l'organizzazione psichica di questi pazienti all'assoggettamento di una parte sana della personalità ad
una gang di delinquenti che con le proprie imprese procura gratificazioni onniscienti e onnipotenti. La
gang delinquenziale viene idealizzata, e talvolta anche erotizzata, perché difende dall'invidia e dalla
dipendenza dall'oggetto. Rosenfeld (1987, trad. it. 1989) ha successivamente distinto due forme di
patologia narcisistica: i narcisisti “a pelle spessa” e i narcisisti “a pelle sottile”. I primi, che
corrispondono alle descrizioni del narcisismo distruttivo, sono arroganti, aggressivi, tendono a
distruggere l'oggetto e sopravvivono grazie all'investimento in un sé idealizzato. I narcisisti a pelle
sottile, invece, sono vulnerabili, provano vergogna e senso d’inferiorità, cercano approvazione e sono
iper-sensibili a qualsiasi critica.

1.4 Il pensiero di Béla Grunberger

Nel 1971, raccogliendo il frutto di lavori scritti a partire dal 1956, lo psicoanalista francese Béla
Grunberger pubblica un accurato studio dal titolo: “Il narcisismo”. La tesi centrale è la seguente: il
narcisismo è un’energia psichica autonoma e specifica, che trova origine nello stato di “elazione”
prenatale. Il feto vive in una fase di totale beatitudine, autonomia e onnipotenza (che Grunberger
definisce appunto elazione) caratterizzata da una perfetta omeostasi in assenza di bisogni, poiché essi
sono automaticamente soddisfatti. Le tracce elazionali e magalomaniche formeranno quel nucleo
narcisistico, fonte di una specifica energia, che, se non bloccata, durerà, dopo la nascita, per tutta la vita.
Dopo la nascita, il bambino deve affrontare le inevitabili frustrazioni dovute al rapporto con la realtà.
In uno sviluppo sano, il bilanciamento tra libido oggettuale e libido narcisistica non sarà un equilibrio
tra narcisismo e libido oggettuale, ma una relazione dialettica fra componente istintuale-pulsionale e
componente narcisistica. Per realizzarsi nel modo più favorevole, questa dialettica narcisismo-pulsioni,
dovrà poggiarsi su due momenti o forme relazionali.
La prima consiste nella “valorizzazione narcisistica speculare”: rispecchiandosi nel genitore, che gli
conferma attraverso l’amore il narcisismo, « egli (il bambino) legge ora la propria conferma narcisistica
negli occhi di sua madre che gli conferma che è l’unico e che ha un valore ». Questo apporto (madre)
non potrà tuttavia essere sempre completo, di qui la necessità di una seconda forma di valorizzazione
(solitamente il padre) alla quale sarà dato un valore unico ed esclusivo. Essa sarà idealizzata, divenendo
il supporto dell’ideale dell’Io (Super Io) per il bambino.

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IL COSTRUTTO DI NARCISISMO

Quanto più precoci e intense saranno state le ferite narcisistiche, tanto più rigorosa diventerà questa
istanza (Super Io) e più difficile l’integrazione con la componente pulsionale. Una distanza sempre
maggiore tra l’Io e il suo ideale porterà a sentimenti di vergogna e a movimenti in senso depressivo.
Questa teorizzazione porterà l’autore a considerare il narcisismo non solo come fattore autonomo, ma
addirittura come una terza forza, non istintuale, che avrà enorme influenza per la formazione di un Io
sano, valido e coeso.

1.5 Il pensiero di Heinz Kohut

Pur con argomentazioni diverse, le ipotesi di Grunberger sembrano essere assimilabili a quelle
elaborate indipendentemente da Heinz Kohut. Secondo Kohut, il Sé grandioso del bambino esige
empatia e tenerezza rispecchiante (mirroring) da parte della madre, la cui presenza affettiva assicura il
consolidamento di questo arcaico Sé grandioso che, proprio sulla base di questo rinforzo, evolverà
gradualmente nelle forme dell’autostima e della fiducia in se stesso, sviluppo che implica un sempre
minor bisogno di rispecchiamento. Infatti, un’ottima relazione con l’oggetto-Sé permetterà al bambino,
nel corso dello sviluppo, di attuare la formazione di un’imago (oggetto-Sé idealizzato) che
nell’interiorizzazione transmutante diventerà una funzione stabile dell’Io costituendo l’ideale dell’Io
che, da questo momento in poi, sarà il principale fornitore e regolatore dell’autostima.
Alla nascita, il bambino per mantenere un senso di benessere a fronte delle difficoltà e delle delusioni
della realtà esterna, crea un’immagine grandiosa ed esibizionistica del Sé (Sé grandioso) che
successivamente verrà trasferita su un oggetto-Sé transizionale che è la madre. Il bambino può
mantenere questa immagine positiva (Sé grandioso), solo se trova un reale oggetto che gli rinforza
questo sentimento. « L’accettazione speculare della madre conferma la grandiosità nucleare del
bambino; il suo tenerlo e portarlo in braccio permette esperienze di fusione con l’onnipotenza
idealizzata dell’oggetto-Sé ». Se ci sono invece situazioni eccessivamente frustranti, si produce un
arresto evolutivo ed una messa in crisi traumatica del Sé grandioso che si manifesterà, successivamente,
come disturbo narcisistico di personalità. Al contrario, nel caso in cui le inevitabili frustrazioni esterne
siano ottimali, le funzioni psichiche dell’oggetto-Sé e del Sé grandioso saranno progressivamente
neutralizzate per dar vita a funzioni d’altro tipo, come gli aspetti ideali e le ambizioni a carattere
realistico che diventeranno così fornitori di un’adeguata autostima.
« Il narcisismo – sostiene Kohut in Narcisismo e analisi del Sé (1971, trad. it. 1976) - è definito non
dall’obiettivo dell’investimento pulsionale, ma dalla natura e dalla qualità della carica pulsionale ».

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IL COSTRUTTO DI NARCISISMO

Quindi investimento narcisistico ed investimento oggettuale si differenziano soprattutto per un diverso


vissuto esperenziale.
E’ evidente che l’investimento narcisistico comporta la possibilità di esercitare un controllo sulla
propria mente e sul proprio corpo, possibilità necessaria a sopperire la fragilità e la dipendenza del
bambino e renderlo capace di poter investire l’oggetto con sicurezza, sicurezza che gli nasce proprio da
questo vissuto. Quindi il narcisismo è non solo originario, ma è una istanza fondamentale per lo
sviluppo del piccolo dell’uomo, proprio a causa della sua intrinseca fragilità e dipendenza. Tutto questo
porta l’autore ad ipotizzare due linee evolutive dell’organizzazione psichica: linee separata ma
interdipendenti. Una che porta dall’autoerotismo, attraverso il narcisismo, all’amore oggettuale; l’altra
che invece conduce a forme più evolute di narcisismo (ambizioni e ideali dell’Io). Questo complesso
quadro di sviluppo, che pone il narcisismo al centro dello sviluppo psichico, porta l’autore a definire due
tipi fondamentali di uomo. L’uomo tragico alla ricerca del Sé e che gode delle sue creazioni e l’uomo
colpevole (guilty man) che ricerca il piacere nella continua riduzione dei propri conflitti.
Già da questi pochi accenni si può intravedere la radicale diversità della teoria kohutiana da quella
freudiana classica. Kohut concepisce il Sé come qualcosa che dipende dall'ambiente, che può farlo
crescere o arrestare a seconda di determinate proprie caratteristiche (come l'empatia dei genitori); il
conflitto è quindi tra il Sé e gli oggetti, e non è intrapsichico, come vuole la teoria classica che postula
una conflittualità tra Io, Es e Super-Io. Il Sé di Kohut quindi è un'entità priva di conflitto in se stessa,
che appartiene ad un livello di astrazione completamente diverso da quello della struttura tripartita
Io/Es/Super-Io, poiché non viene concepito come una funzione dell'Io secondo la definizione di
Hartmann, il quale suggerì un’accezione ristretta del Sé come “rappresentazione del Sé”, cioè della
persona, da parte dell'Io. Queste concezioni hanno profonde implicazioni. Infatti, il concetto di
conflittualità intrapsichica, che è centrale in psicoanalisi, è strettamente legato a quello di pulsione, cioè
all'Es; le pulsioni entrano in conflitto con altre strutture psichiche, come ad esempio il Super-Io. Ed è
per questo che Kohut, coerentemente, nega l'esistenza autonoma delle pulsioni, e afferma che le loro
manifestazioni (aggressività, sessualità, il complesso di Edipo, e così via fino a comprendere lo stesso
conflitto intrapsichico) sono già di per sé dei “prodotti di disintegrazione” della libido narcisistica nel
momento in cui il soggetto (il Sé) entra in un rapporto non empatico o frustrante con le figure parentali
(gli oggetti).
Secondo molti autori, Kohut non è riuscito a fondare un sistema teorico coerente e realmente
alternativo a quello della psicoanalisi classica, e la sua posizione, per l’implicita negazione della
centralità del conflitto intrapsichico, rischia di rappresentare un ritorno a psicologie pre-psicanalitiche

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IL COSTRUTTO DI NARCISISMO

come quelle di Janet e Charcot. Nonostante queste riserve, sembra evidente che molte intuizioni cliniche
di Kohut costituiscono un notevole progresso non solo per la comprensione della natura del narcisismo,
ma anche per la comprensione delle sue distorsioni.

1.6 Il pensiero di Otto Kernberg

Come riscontro all’impostazione Kohutiana, che chiaramente propone una genesi difettuale e
strutturale del disturbo, si pone Otto Kernberg che invece ritiene la patologia narcisistica come effetto di
processi difensivi arcaici. Kernberg (1975, trad. it. 1978; 1984, trad. it. 1988) concepisce la personalità
narcisista in modo più tradizionale. Egli, d’accordo con Kohut nel ritenere che la patologia s’incentri
attorno ad un disturbo della regolazione dell'autostima e alla persistenza di un Sé grandioso, non crede,
tuttavia, che questo sia la riattivazione di una fase dello sviluppo infantile normale, ma bensì patologico.
Infatti, dove Kohut parla di “Sé grandioso arcaico”, Kernberg non a caso parla di “Sé grandioso
patologico”. Per Kernberg (il quale tra l’altro, seguendo Hartmann, concepisce il Sé come
“rappresentazione del Sé”, cioè come una funzione dell'Io, e non come un’entità sovraordinata e
autonoma) il futuro narcisista, attorno ai 3-5 anni, invece di integrare realisticamente le immagini buone
e cattive del Sé e dell’oggetto in rappresentazioni coerenti e stabili, mette insieme le rappresentazioni
positive ed idealizzate (sia del Sé che dell'oggetto) formando conseguentemente un Sé grandioso
patologico, cioè un’idea irrealistica e idealizzata di sé, la quale ovviamente è fragilmente mantenuta per
cui il paziente ha sempre bisogno di rinforzi esterni per la sua autostima ed è soggetto a continue
disillusioni. Quello che favorisce (ma non determina, come vorrebbe Kohut) la formazione di questo Sé
grandioso patologico è l'atteggiamento di genitori freddi, distaccati, ma nel contempo pieni di esagerate
ammirazioni e aspettative dal bambino. La vera possibile causa della formazione di questo Sé grandioso
patologico è, secondo Kernberg, un’eccessiva pulsione aggressiva, che impedirebbe alle
rappresentazioni positive di integrarsi normalmente con quelle negative, portando così alla formazione
d’immagini scisse, eccessivamente idealizzate e grandiose, o eccessivamente negative. La
psicodinamica a questo livello è molto simile a quella della personalità borderline, che secondo
Kernberg ha appunto una genesi qualitativamente simile a quella narcisista, e la cui organizzazione
intrapsichica è simile in molti disturbi di personalità.

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QUADRO CLINICO

Parte Seconda
2. QUADRO CLINICO

2.1 Il Disturbo Narcisistico di Personalità

Per comprendere come mai la personalità narcisista acquistò una tale importanza sulla scena
psichiatrica da essere inclusa nel 1980 dall'American Psychiatric Association (APA) nella terza edizione
del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM), occorre conoscere e comprendere
alcuni sviluppi, avvenuti sia in campo sociale che psicoanalitico, che si sono rivelati determinanti nel
conferire importanza a questa diagnosi e a diffonderne l'uso negli ambienti professionali fino al punto da
farne un termine alla moda se non addirittura un cliché psicoanalitico.
In campo sociale, basti pensare al famoso libro del 1978 La cultura del narcisismo (trad. it. 1981) di
Christopher Lasch; cultura che caratterizzerebbe l’era del benessere delle società avanzate, in cui la crisi
dei valori e altre complesse trasformazioni sociali avrebbero letteralmente stravolto il significato
dell’esistenza dell’uomo facendolo per così dire “ripiegare su se stesso”. E’ ormai un luogo comune dei
mass media definire le ultime decadi di questo secolo come “l’era del narcisismo”.
Per quanto riguarda invece gli sviluppi avvenuti in psicoanalisi è stato probabilmente il già citato
Kohut l'autore che ha contribuito in modo decisivo a stimolare l'interesse attorno al disturbo della
personalità narcisista: autorevole analista di Chicago, e già vice presidente dell'International
Psychoanalytic Association, Kohut ha ispirato un vasto movimento all'interno della psicoanalisi definito
“Psicologia del Sé”, in aperto contrasto con la corrente psicoanalitica tradizionale nota come “Psicologia
dell'Io”. Il movimento kohutiano, che secondo alcuni rappresenta la più potente corrente di dissidenza
all'interno della psicoanalisi contemporanea, ha posto al centro della teorizzazione il concetto più
esperienziale e fenomenico di Self (il Sé, contrapposto a quello di Io, più impersonale ed astratto), ha
fatto leva su certe debolezze della tecnica interpretativa classica riproponendo l'importanza di fattori
quali l’“empatia”, ponendo vari interrogativi sulla concezione tradizionale dei fattori terapeutici della
psicoanalisi. Pare comunque che, dopo più di due decenni dalla nascita di questo movimento, esso non
sia riuscito a sviluppare tutte le sue potenzialità rivoluzionarie come avevano sperato i suoi seguaci, e

14
QUADRO CLINICO

sia rimasto un movimento minoritario, seppur importante e foriero di molti stimoli sia clinici che teorici
per gli analisti di tutti gli orientamenti.
Si può dire quindi che l’APA decise di assegnare alla personalità narcisista l'importanza di una
diagnosi a sé stante inserendola nel DSM-III a fronte della crescente mole di studi attorno a questo
problema soprattutto in campo psicoanalitico e psicoterapeutico. Se da un lato ciò rappresentò un
riconoscimento di alcune acquisizioni della psicoanalisi da parte del mondo psichiatrico, dall'altro vi fu
chi, anche da parte psicoanalitica, criticò questa scelta, per il fatto che legava troppo il DSM-III alle
mode culturali del momento. Il costrutto di narcisismo passò così dall’ambito psicodinamico, nel quale
era riferito a un insieme di strutture e modalità di funzionamento psichico e relazionale, a quello
diagnostico-descrittivo, in cui venne reso come un disturbo caratterizzato da alcuni sintomi specifici.
La terza edizione del DSM presentava notevoli innovazioni metodologiche rispetto alle precedenti: si
decise di assumere un approccio esclusivamente descrittivo, evitando accuratamente ipotesi eziologiche
e utilizzando criteri espliciti per la diagnosi, e di introdurre il sistema multiassiale di classificazione
ponendo sull’Asse II i disturbi di personalità, tra i quali nel Cluster B venne incluso il Disturbo
Narcisistico di Personalità (NPD). Gli aspetti che maggiormente vennero sottolineati nella stesura dei
criteri diagnostici che caratterizzavano questa patologia furono soprattutto l'oscillazione dell'autostima e
una sensazione di grandiosità (la quale in senso psicodinamico può essere concepita come la negazione
difensiva di un senso di inferiorità o impotenza), inoltre di conseguenza un’eccessiva facilità ad essere
feriti da eventuali commenti o giudizi critici, e una difficoltà ad empatizzare con i bisogni degli altri.
Questi criteri diagnostici vennero derivati da un gran numero di studi e ricerche empiriche che
furono presi in considerazione dal “Workgroup per l’Asse II”, un gruppo di autori coordinati da Millon,
che si rifecero sostanzialmente al tipo libidico narcisistico tratteggiato da Freud, al disturbo fallico-
narcisistico di Reich (1933), agli scritti di Karen Horney (1939) e a quelli allora molto recenti di Heinz
Kohut (1971) e Otto Kernberg (1970, 1975).
In particolare il DSM-III propose cinque criteri principali e quattro sotto-criteri riguardanti la sfera
delle relazioni interpersonali:

« (…) Le seguenti sono caratteristiche del funzionamento attuale e a lungo termine dell’individuo,
non sono limitate agli episodi di malattia, e causano un’alterazione significativa del funzionamento
sociale o lavorativo, o sofferenza soggettiva.

• A. Senso grandioso di importanza o di unicità, cioè esagerazione delle cose raggiunte o del proprio
talento, focalizzazione sulla natura speciale dei propri problemi;

15
QUADRO CLINICO

• B. Preoccupazioni connesse con fantasie di successo illimitato, potere, prestigio, bellezza e amore
ideale;
• C. Esibizionismo: la persona richiede un’attenzione e un’ammirazione costanti;
• D. Indifferenza fredda o sentimenti marcati di rabbia, inferiorità, vergogna, umiliazione o vuoto in
risposta alla critica, all’indifferenza degli altri o alla sconfitta;
• E. Perlomeno due delle seguenti caratteristiche di disturbi delle relazioni interpersonali:

- 1. Tutto è dovuto: aspettative di favori speciali, senza assumersi responsabilità reciproca, cioè
sorpresa e rabbia se la gente non fa quello che viene desiderato;
- 2. Comportamenti di sfruttamento del prossimo: approfittare degli altri per poter soddisfare i
propri desideri e per la propria gloria; non considerazione per l’integrità personale e i diritti degli
altri;
- 3. Relazioni che caratteristicamente oscillano tra gli opposti dell’iperidealizzazione e della
svalutazione;
- 4. Mancanza di empatia: incapacità di riconoscere che cosa gli altri sentano, per esempio
incapacità di comprendere il malessere di qualcuno che è gravemente malato ».

I criteri scelti per identificare il NPD vennero ritoccati per la revisione del DSM-III-R (1987) e
soprattutto per la nuova edizione, il DSM-IV, pubblicata nel 1994. Il “Workgroup per l’Asse II” passò
nuovamente in rassegna la letteratura sul narcisismo e sul disturbo narcisistico di personalità, e inoltre
procedette ad uno studio dei vecchi criteri e della loro consistenza clinica. Si riconobbe, infatti, che
spesso i criteri scelti non identificavano chiaramente i pazienti diagnosticati come narcisisti, risultando
da una parte insufficienti e dall’altra spesso ridondanti. Un'altra serie di studi mise a confronto i criteri
per il NPD con quelli degli altri disturbi di personalità del Cluster B, evidenziando sovrapposizioni tra i
diversi disturbi, ovvero una forte tendenza alla comorbilità. Vennero analizzate anche le correlazioni tra
i singoli criteri per il NPD e le diagnosi di altri disturbi, evidenziando anche in questo caso una certa
tendenza alla confusione.
Per questi motivi si pose particolare attenzione nella stesura dei criteri del DSM-IV, che rimasero
interamente politetici come nel DSM-III-R (scelta che, si è visto, favorisce la sovra-diagnosi), ma
vennero disposti in ordine decrescente di rilevanza in base alle indicazioni raccolte dagli studi sopra
citati, in modo da facilitare l’individuazione del disturbo; vennero inoltre aggiunte importanti
indicazioni per la diagnosi differenziale, che approfondiscono le caratteristiche comuni o fortemente

16
QUADRO CLINICO

sovrapponibili del NPD con gli altri disturbi di personalità e con alcuni disturbi dell’Asse I. I criteri
diagnostici pubblicati furono quindi i seguenti:

« Un quadro pervasivo di grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), necessità di ammirazione


e mancanza di empatia, che compare entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti,
come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:

• 1. Ha un senso grandioso di importanza (per esempio: esagera risultati e talenti, si aspetta di essere
notato come superiore senza un'adeguata motivazione);
• 2. E’ assorbito da fantasie di illimitato successo, potere, fascino, bellezza, e di amore ideale;
• 3. Crede di essere “speciale” e unico, e di dover frequentare e poter essere capito solo da altre
persone (o istituzioni) speciali o di classe elevata;
• 4. Richiede eccessiva ammirazione;
• 5. Ha la sensazione che tutto gli sia dovuto, cioè, l’irragionevole aspettativa di trattamenti di favore o
di soddisfazione immediata delle proprie aspettative;
• 6. Sfruttamento interpersonale, cioè usa gli altri per raggiungere i propri scopi;
• 7. Manca di empatia: è incapace di riconoscere o identificarsi con i sentimenti e le necessità degli
altri;
• 8. E’ spesso invidioso degli altri, o crede che gli altri lo invidino;
• 9. Mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti e presuntuosi. »

Va anche notato che oggi, a più di 20 anni dalla definizione diagnostica del Disturbo Narcisistico di
Personalità (NPD), si è rilevato che tra i disturbi dell’Asse II questa è una delle diagnosi più
controverse, essendovi una tale sovrapposizione con altri disturbi da indurre molti a mettere in questione
lo status nosologico di questo costrutto e a suggerire che esso sia più adatto a descrivere un insieme di
tratti patologici comuni a vari disturbi piuttosto che un'entità nosologica distinta. Il problema è dovuto al
fatto che i criteri del DSM sono puramente fenomenici, mentre le manifestazioni della dinamica
narcisista non sono univoche. Per riconoscere la natura narcisista di determinati comportamenti e
atteggiamenti è necessario accedere al significato che essi hanno per il soggetto nonché al contesto
ambientale e relazionale in cui essi hanno luogo.

17
QUADRO CLINICO

2.2 ICD-10 e DSM-IV a confronto

L’equivalente internazionale del DSM-IV è l’ICD-10, cioè la decima edizione dell'International


Classification of Mental and Behavioural Disorders, pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) di Ginevra (1992). Il sistema diagnostico dell’OMS, che dovrebbe essere adottato da tutti
gli stati, è sostanzialmente in competizione con i DSM: i DSM (che in genere vengono pubblicati due
anni dopo gli ICD) si sono imposti maggiormente a livello internazionale di quanto non sia accaduto per
gli ICD, poiché, soprattutto a partire dal DSM-III, si sono rivelati più attendibili per la presenza di
precisi criteri diagnostici (un elenco di caratteristiche sintomatologiche di tipo nosografico-descrittivo
che devono essere presenti in un numero minimo affinché possa essere formulata la diagnosi; ad
esempio per l’NPD 5 criteri su 9). Per questo motivo ora anche l’ICD-10, pubblicato nel 1992, contiene
i criteri diagnostici.
Un’importante differenza tra l’ICD-10 e il DSM-IV è che l’ICD-10 contiene due tipi di criteri
diagnostici, cioè due diversi manuali, uno per il clinico, più flessibile, e l'altro per il ricercatore, più
preciso, in quanto l’OMS ha ritenuto pericoloso per la pratica clinica l'adozione di rigidi criteri
diagnostici come fa il DSM. Infatti, l’uso un po’ meccanico del DSM rischia di snaturare quello che
viene chiamato “giudizio clinico”, ritenuto ancora indispensabile in un campo così complesso come
quello psichiatrico, necessariamente basato sul rapporto interpersonale. I DSM invece hanno deciso di
mantenere un unico tipo di criteri diagnostici, per rimanere fedeli all'ideale scientifico secondo il quale
la ricerca deve influenzare la clinica e viceversa.
Secondo molti ricercatori, il sistema americano è molto più accurato, ma il sistema dell'OMS verrà
necessariamente diffuso in quasi tutti i paesi del mondo dove è d'obbligo per precisi accordi
internazionali.
Il sistema diagnostico dell’OMS descrive i disturbi della personalità come: « a severe disturbance in
the characterological constitution and behavioural tendencies of the individual, usually involving several
areas of the personality, and nearly always associated with considerable personal and social disruption
». Ma poiché l’ICD-10 non fissa nello specifico le caratteristiche del Disturbo Narcisistico di
Personalità, esso viene classificato nella categoria “F60.8 Other Specific Personality Disorders” che
include anche: « eccentric, “haltlose” types, immature, passive-aggressive, and psychoneurotic
personality disorders ». L’ICD-10 definisce l’NPD come: « a personality disorder that fits none of the
specific rubrics F60.0-F60.7 ». Di conseguenza questo disturbo della personalità non soddisfa i criteri
diagnostici di nessuna delle seguenti patologie:

18
QUADRO CLINICO

• F60.0 Paranoid Personality Disorder

• F60.1 Schizoid Personality Disorder

• F60.2 Dissocial (Antisocial) Personality Disorder

• F60.3 Emotionally unstable (borderline) Personality Disorder

• F60.4 Histrionic Personality Disorder

• F60.5 Anankastic (Obsessive-Compulsive) Personality Disorder

• F60.6 Anxious (Avoidant) Personality Disorder

• F60.7 Dependent Personality Disorder

Come appare evidente operando un semplice confronto tra i criteri diagnostici impiegati dai due
sistemi di classificazione per la definizione della diagnosi di NPD, il DSM-IV risulta maggiormente
accurato e puntuale nella caratterizzazione di questa patologia; nonostante le forti sovrapposizioni con
gli altri disturbi di personalità del cluster B (antisociale, borderline, istrionico) e con alcuni disturbi
dell’Asse I (ad esempio gli episodi maniacali o ipomaniacali, che possono essere confusi con sintomi di
grandiosità del NPD, o alcuni sintomi di disturbi correlati all’uso di sostanze come la cocaina).

2.3 Due tipologie cliniche


La classificazione offerta dal DSM, per quanto chiara ed interessante a livello clinico, ha però il limite
di mostrare la realtà del narcisismo come monodimensionale, cosa che non ha riscontro nella realtà. Fin
dagli studi di Kohut e Kernberg si è potuto notare come i due autori descrivessero persone che in
apparenza avevano disturbi diversi tra loro. Queste due fenomenologie cliniche così differenti fra loro,
ma da vedere entrambe come prodotto di una dinamica narcisistica, danno ragione, almeno in parte,
delle divergenti concezioni sul narcisismo dei due autori.
Per Kohut il disturbo narcisistico parte da un arresto dello sviluppo causato dalla mancanza di
risposte empatiche da parte dei genitori. In considerazione di ciò, il Sé del narcisista non è propriamente
disturbato, ma solo bloccato. Il narcisista di questo tipo mostra caratteristiche fondamentalmente diverse
da quelle che ci si aspetterebbe secondo il sentire comune. Egli è infatti schivo, estremamente sensibile
all’altrui giudizio, ha la tendenza ad allontanare quanto più possibile l'attenzione da sé e viene ferito con
molta facilità. Per chiarire ulteriormente la posizione di Kohut bisogna ricordare che egli lavorava con
pazienti ambulatoriali, quindi con persone relativamente adattate, con un funzionamento piuttosto
buono. Risulta quindi ovvio che le sue osservazioni fossero influenzate dal tipo di campione che si
trovava a trattare.

19
QUADRO CLINICO

Dal canto suo Kernberg considerò il narcisismo come qualcosa di molto vicino al disturbo borderline
di personalità e osservando i suoi pazienti notava che sebbene in genere essi avessero un funzionamento
discreto in determinati ambiti, in altri presentavano caratteristiche apertamente borderline. Kernberg
riteneva che i pazienti narcisisti avessero un Sé integrato (a differenza del Sé dei pazienti borderline),
ancorché patologico, che a prima vista li faceva apparire meno frammentati. In contrasto con Kohut,
Kernberg non riteneva che il Sé del narcisista fosse una struttura in un certo senso normale, seppur
bloccata, ma ipotizzava che si trattasse di una struttura altamente patologica e molto diversa dal normale
Sé grandioso presente nei bambini. Inoltre, mentre Kohut riteneva che in queste persone l'aggressività
fosse un fenomeno secondario, indotto dalle mancanze genitoriali, secondo Kernberg si trattava di un
elemento primario, costituzionale od ambientale, che induceva il narcisista ad essere potentemente
distruttivo nei confronti delle persone con cui avesse avuto a che fare. Anche nel caso di Kernberg le sue
considerazioni risentono molto del tipo di pazienti che aveva a disposizione, essendo per la maggior
parte persone ricoverate in istituzioni di tipo psichiatrico, gravemente disturbate, e con livelli di
funzionamento notevolmente bassi.
Quindi mentre Kohut trattava soprattutto pazienti con un sé vulnerabile, simili a quelli che Rosenfeld
avrebbe chiamato “a pelle sottile”, Kernberg lavorava con pazienti arroganti, aggressivi, apertamente
grandiosi, quelli che Rosenfeld avrebbe chiamato “a pelle spessa”.
Che la patologia narcisistica si possa presentare in due configurazioni (raramente nelle due forme-
tipo, più spesso in forme miste) è un altro elemento che, oltre alle questioni metapsicologiche sopra
menzionate, contribuisce a rendere confuso il terreno del narcisismo. Vari autori hanno puntato la
propria attenzione alla varietà della tipologia narcisistica che è possibile incontrare nella pratica clinica,
una tipologia che è da intendere tanto come tratto che come patologia, ed hanno proposto di suddividerla
in due gruppi: il primo in cui prevalgono atteggiamenti caratterizzati da grandiosità ed esibizionismo e
l'altro da vulnerabilità e sensibilità.
Il primo tipo di narcisista, chiamato “overt” da Akhtar (1982, 1989) e “inconsapevole” da Gabbard
(1994), è molto soddisfatto di sé, esibizionistico, vanitoso, arrogante, sprezzante e invadente. E'
bisognoso di protagonismo, desideroso di affermarsi ed essere al centro dell’attenzione. Manipola a
proprio vantaggio, seduce ed intimidisce. E' poco attento agli stati d'animo degli altri, a cui è
sostanzialmente indifferente: ha una “pelle dura”, che è come uno scudo che lo rende impermeabile agli
altri, insensibile. La dimensione della vista e dell'apparire è importante. Può anche essere molto
competitivo, con la finalità di avere riconoscimenti e immediate gratificazioni. Si sente speciale, per cui
dà per scontato che gli siano dovuti privilegi e trattamenti particolari, e prova rabbia e irritazione quando

20
QUADRO CLINICO

questo non avviene. Come difese prevalenti usa l'onnipotenza e l'idealizzazione di sé e,


corrispondentemente, la svalutazione dell'oggetto. La sua grandiosità è ego-sintonica, il suo senso di
superiorità è ovvio. Ha un Super-Io debole. Dall'oggetto, alla cui realtà e individualità in sé è
disinteressato e indifferente, si aspetta solo che ammiri e rispecchi il suo sé grandioso. Nella relazione
terapeutica questo atteggiamento produce controtransferalmente delle sensazioni di noia, inutilità e
talora anche irritazione nel terapeuta, che viene immobilizzato nel ruolo di uno spettatore passivo ed
inutile. Questo tipo di narcisista può avere delle somiglianze con la personalità psicopatica. Nel DSM è
questa prima tipologia narcisistica (overt) a venire considerata patologica.
Il secondo tipo di narcisista, chiamato “covert” o “timido” da Akhtar (shy narcissist 2000) e
“ipervigile” da Gabbard, è l'immagine speculare del tipo precedente: è inibito e schivo, evita di essere al
centro dell'attenzione, ha difficoltà nelle relazioni. E' molto sensibile e reattivo agli atteggiamenti degli
altri, che considera perfetti (in modo idealizzato) ed è pronto a cogliere in loro accenni alla critica, da
cui viene facilmente ferito. Prova vergogna e umiliazione, e va incontro a sentimenti cronici di
inadeguatezza, impotenza e disperazione. Ha per lo più una sintomatologia depressivo-ansiosa, o
ipocondriaca. La depressione ha la qualità della vergogna e dell'umiliazione, più che quella della perdita
dell'oggetto, tipica del borderline. Può avere delle somiglianze con la personalità ossessiva e con quella
schizoide. A prima vista questo secondo tipo di narcisista (covert) appare più sano, anche se tende ad
avere meno successo nella vita, proprio per la sua tendenza ad auto-svalutarsi.
Chi chiede, o si aspetta, compulsivamente affetto, protezione e favori ad una figura vissuta come
onnipotente e chi agisce come se fosse tale figura onnipotente a cui tutto è dovuto, vanno dunque visti
come due facce della medesima medaglia. Entrambi si danno da fare per salvaguardare il proprio sé
vulnerabile, per sanare la propria ferita narcisistica; il primo mettendosi in relazione con l'oggetto con
l'idea di godere delle prerogative onnipotenti di cui lo ritiene magicamente dotato, il secondo ponendo
l'oggetto al servizio delle proprie aspettative e pretese onnipotenti. Quando è in gioco la dinamica
narcisistica, dietro uno stato d'animo depressivo, impotente e inibito, c’è sempre una fantasia inconscia
di grandezza, la fantasia di essere stato privato ingiustamente della forza di cui è dotato l'oggetto. In
modo reciproco, dietro la grandiosità di chi appare tanto sicuro di sé è sempre in agguato un sentimento
di fragilità, di impotenza e di nullità che solo la sicurezza di tenere gli altri sotto il proprio controllo e
dominio può esorcizzare. In ogni narcisista fatuo e grandioso si nasconde un bambino impacciato e
vergognoso e in ogni narcisista depresso e autocritico si nasconde un’immagine grandiosa di sé, della
persona che egli vorrebbe o potrebbe essere. A tutti, al di là della facciata che esibiscono all’esterno, è
comune un senso interiore di inadeguatezza, vergogna, debolezza, inferiorità. Ciò in cui i narcisisti

21
QUADRO CLINICO

differiscono sono i comportamenti compensatori, i modi cioè in cui riparano il loro senso di
inadeguatezza, la loro ferita narcisistica.
L'estesa letteratura sul narcisismo è piena di casi clinici che descrivono strutture di personalità con
una gran varietà di ferite e difese narcisistiche più o meno stabili. Questa osservazione ci deve indurre a
considerare i due tipi di personalità narcisistica sopra menzionati (overt e covert) più come paradigmi di
organizzazione narcisistica che come veri e propri tipi clinici realmente dotati di tutte le caratteristiche
descritte.

22
NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI

Parte Terza
3. NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI

3.1 Il Narcissistic Personalità Inventory


La presente ricerca sulla personalità narcisistica è stata condotta con la somministrazione di un
inventario di self-report, il Narcissistic Personality Inventory (NPI), nella sua traduzione italiana.
Inizialmente l’NPI fu progettato per valutare le differenze individuali di narcisismo in popolazioni
non cliniche e venne messo a punto da Raskin e Hall nel 1979 a partire da un gruppo di 220 item
dicotomici che riflettevano i criteri diagnostici del Disturbo Narcisistico di Personalità secondo il DSM-
III. In seguito a vari studi finalizzati ad aumentarne la coerenza interna, venne costruita una prima
versione, formata da 54 item, con buona validità di costrutto (coefficiente alfa di Cronbach compreso tra
.80 e .86), ma la cui potenzialità risultava limitata dalla strategia costruttiva sottostante che tendeva ad
aggregare importanti sottocomponenti in un costrutto generale e indifferenziato. Un interessante spunto
per la revisione dell’inventario fu dato da Emmons (1984), che attraverso l’analisi fattoriale per
componenti principali individuò quattro componenti che denominò strumentalizzazione/ presunzione,
supremazia/autorità, superiorità/arroganza e interesse esclusivo per sé/auto-ammirazione. Raskin e Terry
procedettero quindi ad una revisione dello strumento, analizzando le correlazioni tetracoriche alla
ricerca di dimensioni significative, per far si che esso riflettesse meglio la complessità del costrutto di
narcisismo. Gli item furono ridotti da 54 a 40 e furono individuate 7 componenti significative, in grado
di spiegare il 52% della varianza totale: autorità, autosufficienza, superiorità, esibizionismo,
strumentalizzazione, vanità e presunzione.
L’NPI ha dato prova di una buona validità di costrutto ed è stato oggetto di numerose ricerche al fine
di misurane la validità convergente con altre scale di misura del costrutto di narcisismo e di altri tratti di
personalità. In un confronto con alcune scale del MMPI (Raskin e Novacek, 1989) sono state trovate
numerose correlazioni significative tra il punteggio totale dell’NPI e alcune sottoscale del MMPI:
positiva con la sottoscala Mania, negative con Depressione, Psicoastenia, Introversione sociale, Forza
dell’Io, Ansietà e Repressione, confermando le ipotesi degli autori.

23
NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI

3.2 La versione italiana del NPI


La versione italiana dell’NPI (Baldi, 1998) è stata applicata ad un gruppo di 800 studenti universitari
delle Facoltà di Economia, Lettere, Giurisprudenza e Scienze Politiche dell’Università Cattolica del
Sacro Cuore di Milano e dell’Università degli Studi di Milano. Dall’analisi statistica dei risultati,
effettuata seguendo il procedimento già utilizzato per l’originale americano (Raskin e Terry, 1988), sono
emerse 10 componenti con autovalore superiore a 1, tra le quali sono state prese in esame solo le prime
quattro, che spiegano il 46% della varianza e che sono state denominate: autorità, egocentrismo
presunzione e superiorità. È stata riscontrata una generale prevalenza di risposte “non narcisistiche” e
nel confronto tra gruppi una significativa differenza tra maschi e femmine, risultando queste ultime
tendenzialmente meno narcisiste. Nel confronto tra Facoltà gli studenti di Scienze Politiche ed
Economia hanno mostrato un maggiore bisogno di autoaffermazione, a differenza di quelli di Lettere e
Filosofia, che hanno dato le risposte meno “narcisistiche” in assoluto.
La motivazione della prevalenza di risposte “non narcisistiche” è stata indicata da Baldi (1998) nella
connotazione socialmente poco desiderabile di molti comportamenti caratterizzanti la personalità
narcisistica, effetto accentuato dalla diversità dell’ambiente culturale italiano rispetto a quello
americano. Inoltre si è ipotizzato che le risposte fortemente negative ad alcuni item rispecchino una
forma di difesa dall’intrusività esterna (ad esempio riguardo al giudizio altrui sul proprio aspetto, al
trovarsi “al centro dell’attenzione” ecc…). Qualora non venga percepito questo pericolo sembra che i
comportamenti narcisistici possano essere liberamente espressi.

3.3 La ricerca
Durante il periodo tra l’ottobre 2004 e il maggio 2005, la versione italiana dell’NPI è stata applicata
ad un campione di 300 soggetti composto da studenti universitari, tra i 19 e i 24 anni, suddivisi per
facoltà (Lettere e Filosofia, Scienze Politiche), sede universitaria (Università Cattolica e Statale di
Milano) e genere, come indicato in Tab. 1.
Scopo dell’applicazione era quello di operare un confronto tra i nuovi dati e quelli prodotti della
precedente ricerca del 1998. Si è cercato di mantenere lo stesso disegno di ricerca utilizzato nella
precedente applicazione. A causa della laboriosità del reperimento dei questionari, si è deciso di
fermarsi a 300 protocolli anziché arrivare agli 800 previsti e di limitare quindi l’analisi ai soli studenti di
Lettere e Filosofia e Scienze Politiche dell’Università Cattolica (N=200) e di Lettere e Filosofia
dell’Università Statale (.=100). I questionari sono stati somministrati in forma anonima e sono stati
24
NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI

raccolti quasi interamente all’interno delle sedi universitarie d’appartenenza, impegnando gli studenti,
nella loro compilazione, per circa 10 minuti. I dati ottenuti sono stati raccolti in tabelle di Excel e sono
stati calcolati i punteggi di
“narcisismo” di ogni item,
il punteggio
di
“narcisismo”
totale di ogni
questionario
e,
successivame
nte, alcuni dati statistici di base relativi all’intero campione. Ai dati raccolti è stato applicato il test “t”
per campioni indipendenti, che ha evidenziato una differenza significativa fra le medie dei punteggi di
narcisismo degli studenti di Lettere dell’Università Cattolica e quelli di Scienze Politiche della stessa
Università (Tab. 2). Ne consegue quindi che, all’interno del gruppo della Cattolica, gli studenti di
Scienze Politiche sarebbero mediamente più narcisisti dei colleghi di Lettere, riconfermando quanto già
emerso dalla precedente ricerca. Non si sono invece rilevate differenze di genere significative.

Sui dati ricavati da


tutti i 300 protocolli è
stata successivamente
eseguita un’analisi
fattoriale per
componenti principali,
dalla quale sono
risultate 13
componenti con
autovalore > 1; la
prima con autovalore
pari a 5,89, corrispondente ad una percentuale di varianza spiegata del 14,72%, seguita ad una distanza
abbastanza rilevante dalla seconda, con autovalore di 2,5 e percentuale di varianza spiegata pari 6,26%

25
NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI

(vedi Tab. 3). Restringendo l’analisi ai soli studenti di Lettere e Filosofia di entrambi gli Atenei, le
componenti con autovalore > 1 sono risultate 14, con una rilevante differenza di percentuale di varianza

spiegata tra le prime due componenti, la prima con autovalore pari a 5,47 e varianza spiegata pari al
13,68% e la seconda con autovalore di 2,72 e una percentuale di varianza del 6,8% (vedi Tab. 4).

Sui dati ottenuti, sia dal totale dei soggetti, sia dai soli studenti di Lettere e Filosofia, è stata eseguita
una rotazione ortogonale degli assi, secondi il metodo Varimax, con normalizzazione di Kaiser. In
entrambi i casi si è scelto di limitare l’esame alle prime quattro componenti, che spiegano più del 30%
di varianza cumulata. L’esame delle saturazioni più elevate (>.45) ha permesso di confrontare i nuovi
valori sia con i quattro fattori individuati da Baldi nel 1998 e denominati autorità, egocentrismo,
presunzione e superiorità, sia con i 7 fattori indicati nella versione originale, a 40 item, dell’NPI e
definiti autorità, esibizionismo, superiorità, presunzione, strumentalizzazione, autosufficienza e vanità.

26
NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI

Consideriamo innanzitutto la totalità dei soggetti e gli item che dopo la rotazione degli assi sono
risultati maggiormente saturati nella componente con autovalore più elevato (Tab. 5). Tutti gli item

di questa componente appartengono al fattore che Baldi aveva indicato come “egocentrismo” e che
risultava essere il secondo fattore spiegato. Rispetto alla precedente ricerca gli item di questo gruppo
sono però in numero inferiore; inoltre alcuni degli item che avevano contribuito a determinarlo, ora
evidenziano saturazioni maggiori in altre componenti. Ci sembra che questa componente possa essere
definita, come nel lavoro di Baldi, egocentrismo, su cui sembra avere un certo peso il compiacimento e
l’esibizione del proprio corpo. L’analisi delle componenti principali sui soli studenti di Lettere e
Filosofia fa rilevare, al secondo posto, la stessa componente, che spiega il 6,8% di varianza. In entrambi
i casi si notano comunque un numero quasi uguale di risposte narcisistiche (R = 1) e non (R = 0) per
quanto riguarda gli item 7 e 30, e una significativa prevalenza di risposte non narcisistiche all’item 20.
A questo proposito si può dire che, tra i soggetti che compongono il campione, non emerge una
preferenza riguardo all’essere o meno al centro dell’attenzione, mentre si osserva un chiaro evitamento
di occasioni per esibirsi. La maggioranza di risposte non narcisistiche all’item 20 conferma la tendenza
individuata nella ricerca del 1998 e definita da Baldi difesa dall’intrusività, dimensione sgradita a molti,
che si sviluppa a seguito di un’attenzione curiosa degli altri nel momento in cui ci si esibisce in
pubblico.
Il secondo fattore individuato rispetto al totale dei soggetti può essere definito “autorità” (vedi Tab.
6). Nella precedente ricerca questo fattore risultava essere al primo posto spiegando una percentuale di
varianza del 26,7%; ora invece spiega una varianza pari al 6,26%. L’autorità mantiene invece la sua
posizione al primo posto se si considera solo la facoltà di appartenenza: risulta infatti spiegare il 13,68%
di varianza nel campione degli studenti di Lettere e Filosofia. Complessivamente i soggetti che
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NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI

compongono il campione non mostrano particolare interesse verso il potere, data la prevalenza di
risposte non narcisistiche a tutti gli item di questa componente.
Risultano saturati nella terza componente (4,9% di varianza spiegata) item che nella ricerca
precedente non erano altamente saturati in nessun fattore e che inoltre, in questa ricerca, non risultano
significativamente saturati in nessuna delle prime quattro componenti del gruppo degli studenti di
Lettere e Filosofia (vedi Tab. 7). Caratteristica di questa componente sembrano essere sicurezza,
autoaffermazione e indipendenza: per questo si è deciso di chiamarla “presunzione”, utilizzando la
definizione data dalla versione americana dell’NPI. L’analisi delle risposte agli item saturati in questa
componente fa emergere un quadro di generale insicurezza delle proprie capacità da parte degli studenti.
L’ultimo fattore del campione di 300 studenti è stato da noi definito “esibizionismo” (vedi Tab. 8). Si
può notare che per la prima volta si ha un item (29) con un numero maggiore di risposte narcisistiche,
prevalenza che era emersa anche nella ricerca del 1998, soprattutto nel sottogruppo femminile. Si può
pensare quindi che agli studenti universitari non piaccia particolarmente mostrare in pubblico il proprio

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NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI

corpo, come già messo in evidenza a proposito del fattore “egocentrismo”, ma che provino comunque
un certo piacere nell’ammirarsi, lontano da occhi indiscreti.
Prendendo infine in esame i risultati dei soli studenti di Lettere e Filosofia, emergono invece altri due
fattori che saturano item non saturati dal campione intero. Sulla determinazione della terza componente
hanno un peso determinante item che nelle ricerche precedenti erano saturati in altri fattori: gli item 8 e

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NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI

33 erano altamente saturati nella componente autorità, l’item 18 nella presunzione e il 37 nella
superiorità. Ci sembra che questa componente possa essere definita “superiorità” (Tab. 9).

Il maggior numero di risposte narcisistiche all’item 18 evidenzia un desiderio di valorizzazione da parte


degli altri, a fronte di un esplicito disconoscimento dell’importanza del successo personale negli altri
item. L’ultimo fattore considerato può essere definito “vanità” (Tab. 10.).

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NARCISISMO E STUDENTI UNIVERSITARI

Si osserva che gli studenti di Lettere amano poco mettersi in mostra e farsi notare a livello fisico.
L’analisi di questo gruppo di risposte e delle sue prime quattro componenti evidenzia la scarsa
importanza data dagli studenti di Lettere ad autorità e leadership, ma contemporaneamente fa emergere
quanto gli stessi ci tengano al riconoscimento del proprio valore, in relazione alle proprie competenze.
Gli stessi studenti sembrano poco egocentrici ed esibizionisti.

L’analisi condotta sul gruppo di 300 studenti universitari ha messo in evidenza la tendenza generale a
dare risposte non narcisistiche, in misura maggiore della precedente applicazione. Gli studenti non
amano cercare occasioni per mettersi in mostra, ma le loro risposte esprimono un medio gradimento
dell’attenzione positiva da parte degli altri. Sembra che preferiscano difendere la loro intimità e,
contemporaneamente, provino piacere nell’ammirare il proprio corpo. In generale non amano una forma
di esibizionismo dichiarato, forse per la sua connotazione culturale non molto positiva; sono invece
preoccupati di difendere la propria privacy e la propria immagine corporea.
Inoltre, analizzando gli item del fattore autorità, emerge come questi stessi giovani non nutrano
particolari brame di successo e non si considerino capaci di esercitare la leadership. Nei soli studenti di
Lettere e Filosofia affiora un desiderio di riconoscimento del proprio valore personale.

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CONCLUSIONI

CONCLUSIONI

Da questa breve trattazione è emersa, come elemento ricorrente nella storia del concetto di
narcisismo, una certa difficoltà nel trovare una definizione chiara e univoca. I numerosissimi studi
dedicati a questo argomento non hanno dissolto la confusione che circonda questo concetto sin dalla sua
introduzione nel dibattito psicoanalitico ad opera di Freud; anche perché, come è facilmente intuibile,
ogni modello psicoanalitico ha collocato tale costrutto all’interno della propria specifica prospettiva
teorica definendo “narcisismo” qualcosa di diverso, con un differente ruolo nella metapsicologia e con
ipotesi eziologiche e quadri sintomatici anche fortemente divergenti.
Nemmeno un approccio rigorosamente descrittivo come quello del DSM ha permesso di raggiungere
la chiarezza e l’univocità auspicate. I consistenti problemi di sovrapposizione tra criteri diagnostici di
diversi disturbi e la forte tendenza alla comorbilità che sono emerse dalla pratica clinica, hanno
dimostrato la parzialità e le carenze di questi medesimi criteri, che si sono rivelati essere insufficienti ed
inadatti ad identificare tutte le varie forme di narcisismo.
Il concetto di narcisismo è tuttora vivo e dibattuto e il suo sviluppo è ancora lontano dalla
conclusione. Esso ha contributo a mettere in discussione il già ampiamente contestato approccio
nosografico-descrittivo impiegato nel DSM, favorendo una parziale e progressiva rivalutazione dell’uso
di concetti e strumenti psicodinamici nella diagnosi e nella spiegazione di fenomeni clinici complessi
come il disturbo narcisistico di personalità.

A conclusione di questa breve trattazione che ha affrontato, senza alcuna pretesa di completezza,
alcuni aspetti della intricata questione teorico-clinica inerente al complesso problema del narcisismo e
della sua definizione, mi sembra opportuno richiamare l’attenzione sul pensiero di Alexander Lowen,
psicoanalista formatosi alla scuola di Wilhelm Reich, e autore di un libro in cui affronta la natura del
narcisismo sotto punti di vista nuovi e pluridimensionali.
Lowen ha considerato il narcisismo anche da un punto di vista sociale, arrivando quasi fino a
formulare una sorta di “diagnosi di narcisismo” alla società moderna. A suo avviso, i problemi principali
della nostra società sono i seguenti: eccesso di stimolazioni, mancanza di tempo, assenza di limiti e

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CONCLUSIONI

cambiamento dei valori. La tesi portata avanti da Lowen è che il narcisista nella società moderna sia in
genere non solo una persona perfettamente adattata, ma più spesso una persona con molto successo. E
questo dovrebbe probabilmente far riflettere sulla possibilità che il problema non sia più soltanto
individuale, ma anche sociale. Secondo Lowen, il narcisismo culturale identifica erroneamente
l'appagamento con il successo; il successo però, nutre solo l’Io e lascia il Sé insoddisfatto e vuoto.
Nel suo libro, Lowen fa molti esempi di questo stato di cose. Il successo delle modelle, che lui
definisce come dei manichini, indica una predilezione per immagini statiche che non hanno nulla di
vitale. Altro esempio è la ricerca del potere che, a suo giudizio, è tipicamente narcisistica ed opposta alla
dignità, elemento importantissimo per l'essere umano, ma attualmente molto raro.
I risvolti del pensiero Loweniano appaiono oltremodo attuali ed allarmanti e dovrebbero indurci ad
una riflessione su quali siano realmente le dinamiche che sottendono lo sviluppo di questa società
dell’apparire che si usa oramai definire postmoderna.

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