A = originale/aggiunto; B = uguale; C = modificato; D = rimosso.
La campagna di Staraja Tjaga (Antica Tradizione) si trova in un piacevole territorio
collinare, su di un piccolo poggio. Da una parte di questo scorre il piccolo, stretto fiumiciattolo Tjaženka. Sopra questo fiumicello è disposto un ponte dal quale si diramano due vie: una verso il villaggio di Myškin e l'altra verso la vicina campagna di Nikitin. Il suo territorio abbonda di fonti e sorgenti sotterranee, a causa delle quali il suolo qui è sottile e paludoso, al punto che infatti qui si trova un boschetto di betulle, al confine della campagna, quasi alle stalle dei contadini, chiamato semplicemente palude. La campagna era circondata da tutti e quattro i lati da campi e boschi, che negli ultimi anni sono quasi tutti spariti. Il suo vicino più prossimo si trova nella campagna di Kopcev. In mezzo ad essa c'è un piccolo poggio, dove hanno posto la capanna dei pompieri. Qui gran parte dei contadini della campagna si raccolgono in riunione; ed è così che nei giorni festivi, non avendo niente da fare, si riuniscono qui e restano a chiacchierare del più del e del meno e a bere vodka contadina. Un giorno, dato il caso che fosse Pasqua, gli uomini si riunirono in quello stesso modo. Era una stupenda sera di aprile, una di quelle sere che capitano solo quando il tempo è rimasto stabile a lungo. Sin dal primo mattino il cielo è limpido; l'alba (mattutina) non divampa come un incendio; espande un vivido rossore. Il Sole, non è ardente, non è rosso incandescente come durante i periodi dell'arsura afosa, non livido come prima della tempesta, ma luminoso e amichevolmente raggiante, spunta placido da una nuvoletta lunga e sottile, risplende e si immerge nella sua nebbia lilla. Il sottile lembo della nuvoletta allungata emana serpentelli, il cui luccichio è come il luccichio dell'argento battuto. ... Ma ecco guizzare di nuovo i raggi giocherelloni e l'astro possente si leva allegro, grandioso come spiccasse il volo. Verso mezzogiorno di solito compare una moltitudine di alte nubi tonde, grigio dorate, dai teneri orli bianchi. Simili ad isole disseminate su uno sconfinato fiume in pieda che le avvolge in profondità con le maniche trasparenti del suo azzurro uniforme, esse quasi quasi non si muovono; più in là, verso l'orizzonte, si accostano, si stringono, l'azzurro tra di esse non si vede più, ma esse stesse sono azzurre come il cielo, penetrate dalla luce e dal tepore. Il colore della volta celeste, tenue, lilla chiaro, rimane immutato per tutto il giorno e del tutto uniforme; il cielo non si incupisce, nè si addensa la tempesta; qui e là a volte si allungano dall'alto in basso strisce azzurrognole: allora cade una pioggerella appena visibile. Verso sera queste nuvole scompaiono; le più tardive, nerastre e indistinte come il fumo, si adagiano in ammassi rosa di fronte al sole calante; là dove il sole è tramontato adagio come quando è sorto, indugia una luce purpurea sulla terra oscurata, e, scintillando fievolmente come una candela mossa con cautela, sorge la stella vespertina. In giorni simili i colori sono tutti affievoliti, luminosi ma non vivaci, su ogni cosa sembra impresso il sigillo di una dolcezza commovente. In quei giorni la calura a volte può essere estremamente intensa, accade anche che i pendii del campo emanino vapori; ma il vento disperde, rimuove l'arsura accumulatasi e i mulinelli, segno inconfutabile del tempo stabile, vagano in alte colonne bianche per le strade tra i campi coltivati. L'aria secca e limpida odora di assenzio, segale falciata, grano saraceno; non si avverte l'umidità neanche un'ora prima che cali la notte. L'agricoltore si augura un tempo simile per la mietitura... E così tutto il giorno passa caldo, luminoso e sereno. La sera cala silenziosa, chiara, fresca. Nel cielo appaiono con mitezza le stelle scintillanti. Attorno non si sente quasi nessun rumore. Solo occasionalmente nel fiume vicino, con un suono inaspettato, guizza un piccolo pesce e sulla riva i cespugli rumoreggiano piano, disturbati dal vento in arrivo. Eliminata la figura del cacciatore, sostituita da un non precisato narratore intero e la descrizione dettagliata del luogo e del percorso (sostituita dall'introduzione). Sostituiti i bambini nel prato di Bež con dei contadini ed eliminata la loro descrizione. pp. 88-93. [personaggi contadini, anziani e superstiziosi, usati per mettere in risalto la loro ignoranza e impressionabilità, rispetto ai bambini che sono figure innocenti e tendenzialmente inclini a fantasticare]. Quella volta si erano riuniti tutti i contadini anziani ed importanti; tra di loro c'era anche un tale venerabile anziano come Il'ja Markelov, che sopravvive nel mondo già da otto decenni, ma è ancora un anziano piuttosto energico e resistente. Lui ha vissuto molto nel proprio secolo. Ha provato molto, ha visto e sentito molte cose, e pertanto da lui c'è da ascoltare. Quando sono andato da loro, hanno sospeso le proprie chiacchiere per un momento. Io mi sono seduto lì con loro e mi sono preparato ad ascoltare. I contadini poco a poco hanno ripreso di nuovo il discorso. Da principio hanno chiacchierato del più e del meno, dell'imminente lavoro primaverile, dei terreni coltivati e degli arretrati; ma ad un tratto Fedor Buchtin si rivolse ad Il'ja Markelov e come per riprendere una conversazione interrotta, gli domandò: – E così hai proprio visto il domovij (spirito del focolare)? – No, non l'ho visto, è impossibile vederlo – rispose Il'ja Markelov con una voce rauca e senile che meglio non poteva adattarsi all'espressione del suo viso, decorato con una grande, cespugliosa barba grigia. – E dove sta da voi? - domandò Pavel Silaevič lo Zoppo, che era particolarmente diffidente su tutti quei racconti riguardo ai domovoj, vodjanoj (spiritello delle acque), lešij (orchi) e rusalki. – Questo lo interpretiamo secondo gli antici usi – ha spiegato Il'ja Markelov. - Quando ancora a Pareč c'era una fabbrica di tessuti in piena attività, e da noi a Staraja Tjaga, sul nostro fiume Tjaženka, non molto più in su del "Tratto Lungo", c'era un mulino, del quale ora non è rimasto il nome. Sarà stato quasi settant'anni fa, quando io stesso ero ancora un piccolo bambino e vivevo nella fabbrica... – E tu lo avresti incrociato in qualche modo! - lo interruppe Vasja "il Liquido" – tu sai che lui per nulla al mondo ci crederà e domanda così solo per beffa... ma tu racconta, come è continuata la faccenda? Dici che non lo hai visto di persona?.. – Sì, io personalmente non l'ho visto – rispose Il'ja Markelov – ma l'ho solo sentito... e non soltanto io. – In che modo? Tu dici che era nella fabbrica? – Sì, nella fabbrica a Poreč. Vivevo là nei filari del filatoio (i filari sono fatti di pezzi di fili di lana avvolti sulle macchine n.d.a). – Guarda un po'; significa che non hai passato il tempo solo sui rocchetti, ma anche sui filari... – Be', com'è che l'hai sentito? - Domandò Fedor Buchtin. – Ecco come. C'eravamo io, mio fratello Adjuška, Vasily Markelov, Fedor Nikitinskij, Ivan, Kos', un altro Ivan Cholmovskij ed ancora Peter Kopcovskij ed anche altri ragazzi, eravamo in tutto una decina, insomma tutta la squadra; Dovevamo passare la notte nell'alloggiamento in basso, cioè non è che dovevamo, ma Nazarov, il sorvegliante, ci aveva proibito (di andare via) dicendo: "A che serve andare sino a casa, ragazzi; domani ci sarà molto lavoro, quindi voi ragazzi non tornerete a casa". Così rimanemmo e ce ne stavamo sdraiati tutti vicini, quando Vasilj (Adjuška) comincia a dire: "Amici, e se viene il domovoj?"... ed il posto era in basso, proprio sotto la ruota, accanto alla diga... non aveva finito, Vasilj, di dirlo quando all'improvviso qualcuno si mette a camminare sopra le nostre teste... ma noi eravamo sdraiati, vi dico, giù e lui camminava sopra, vicino alla ruota. Sentiamo che cammina, le assi si piegano sotto di lui e scricchiolano; ci passa proprio sopra le teste; l'acqua all'improvviso fa rumore sulla ruota, fa rumore; la ruota batte, batte e gira; ma i fermi sul "palazzo" erano abbassati, l'acqua non poteva passare. Noi ci meravigliamo: chi li ha alzati per far passare l'acqua? E la ruota girava, girava ma ad un tratto si fermò. Quello là sopra andò di nuovo verso la porta, cominciò a scendere le scale e scendeva senza fretta. Persino i gradini cigolavano sotto di lui... allora, si avvicinò alla nostra porta, aspetta, aspetta e la porta si spalanca all'improvviso.Noi, Allarmati, guardiamo: niente... d'un tratto, ecco, in una macchina la ruota iniziò a girare e il mandrino iniziò a saltare con tutto il filato, come se qualcuno avesse messo in funzione la macchina di proposito. Girava, girava così la ruota e di nuovo si è fermata. Poi il gancio di un'altra macchina si sgancia e di nuovo si aggancia al chiodo, poi sembra che qualcuno vada verso la porta, e tossisca all'improvviso, raschi la gola come una pecora, ma così forte... noi ci buttammo a terra di botto, uno sull'altro... che spavento che ci siamo presi quella volta! – Ma vedi un po'! - disse Pavel Silaev – e perchè tossiva? – Non so, forse per l'umidità. Tutti rimasero in silenzio. Michailo Šutov si girò a fumare una "sigaretta" di carta di giornale e, avendola riempita di tabacco, fumò, sputò di lato, aspirò circa quattro volte e passandola a Timonja Luškin, mormorò: – visto come ha schizzato? Deve essere un grosso pesce – aggiunse, rivolgendo il viso in direzione del fiume – deve essere un luccio oppure una bottatrice... ed ecco è caduta una stellina. Solo le donne fatto pettegolezzi di questo, dei domovoj, di tutte queste stronzate. – No adesso fratelli vi racconterò una cosa – prese a dire Falja, un contadino di trent'anni, ma che sembrava più giovane della propria età, al punto che sul viso era rimasta impressa per sempre un'espressione infantile e non aveva neanche la minima traccia di baffi o barba – ascoltate quel che ha detto mio padre davanti a me qualche giorno fa. – Beh, stiamo ascoltando quel che ci stai dicendo, Banifat Ivanovič – disse Fedor Buchtin in tono protettivo. – Voi conoscevate il defunto Gavrila Pilkov, il falegname del villaggio, vero? – Eccome, naturalmente lo conoscevamo. – E lo sapete perchè era sempre così triste prima di morire e non parlava mai, lo sapete? – Di quello non abbiamo sentito. – Ecco perchè era così triste: una volta lui è andò, così ha detto il babbo, andò, fratelli miei, nel bosco per raccogliere nocciole. Allora, andò nel bosco per raccogliere le nocciole e si perse; andò a finire, andò Dio sa dove. Camminava, camminava, fratelli miei, ma niente! Non riesce a trovare la strada e faceva già buio. Allora si sedette sotto un albero: "Beh, aspetterò fino a domani"pensò e si addormentò. Allora mentre dormiva sente all'improvviso che qualcuno lo chiama. Guarda, ma non c'è nessuno. Si addormenta di nuovo, ma lo chiamano ancora. Di nuovo guarda e riguarda: davanti a lui, su un ramo era seduto una rusalka, che si dondola e lo chiama a sè, mentre lei muore dalle risate, se la ride... e la Luna splende forte, così forte, così chiara splende la Luna che si vede tutto, fratelli miei, come di giorno. Lei lo chiama, ed è così luminosa lei stessa, bianca seduta sul ramo, come una lasca o un ghiozzo e anche il carassio a volte è così bianchiccio e argentato... il falegname Gavrila rimase così di stucco, fratelli miei, mentre lei rideva e continuava a chiamarlo a sè così con la mano. Allora Gavrila si alzò, per obbedire alla rusalka, fratelli miei, ma forse il Signore gli suggerì di farsi il segno della croce...ma gli fu così difficile farsi il segno della croce, fratelli miei, dice che il braccio era come di pietra, non riusciva a muoverlo... ah, tu, immonda kalanika! (?) allora si fece la croce, fratelli miei, così la rusalka smise di ridere e all'improvviso come piangeva! Piangeva, fratelli miei, si asciugava gli occhi con i capelli e aveva i capelli verdi come la canapa. Gavrila la guardava, la guardava e poi le domandò: "Perchè piangi, strega del bosco?". E la rusalka gli disse: "Uomo, se non ti fossi fatto il segno della croce avresti vissuto felice con me fino alla fine dei giorni, piango e mi dispero perchè ti sei fatto il segno della croce, ma non mi dispererò io sola: ti dispererai anche tu fino alla fine dei giorni". In quel momento, fratelli miei, quella scomparve e a Gavrila fu subito chiaro che doveva uscire dal bosco... e da allora lui se n'è andato in giro con l'aria triste. – Ma vedete un po'! - disse Fedor, dopo un breve silenzio – Come può essere che una simile canaglia dei boschi possa rovinare così un'anima cristiana, dopotutto lui non le ha dato ascolto? – Provaci un po' tu! - disse Falja – E Gavrila ha anche detto che quella aveva una vocina sottile, lamentosa, come quella di un rospo. – Te lo ha raccontato proprio tuo padre questo? - proseguì Fedor. – In persona. Lui parlava nell'Isba, io ero sdraiato sul soppalco ed ho sentito tutto. – Che cosa strana! E perchè lui doveva essere triste?... si vede che le era piaciuto, l'aveva pure chiamato. – Naturalmente le era piacito! Intervenne Il'ja Markelov – E come no, lo voleva stuzzicare, ecco cosa voleva. È quella la loro arte, di quelle rusalke. – Ma, dunque, anche qui da noi nel bosco presso Poreč, ci dovrebbero essere delle rusalke – notò Fedor. – No – rispose Falja – qui il posto è libero, pulito. Solo la palude è vicina. Tutti tacquero. All'improvviso, da qualche parte in lontananza si levò un suono prolungato, stridulo, simile a un urlo, uno di quei suoni notturni incomprensibili che prorompono nel silenzio assoluto, si levano, permangono nell'aria e si affievoliscono lentamente infine come se si estinguessero. Ti metti in ascolto ed è come se non ci fosse nulla, eppure stride. Sembrava che qualcuno avesse gridato a lungo, molto a lungo laggiù all'orizzonte e che qualcun altro gli rispondesse dal bosco con una risatina sottile, affilata, e un fischio debole, sibilante, si diffondesse per il fiume. I contadini si guardarono e trasalirono... – che la forza della croce sia con noi – sussurò Il'ja Markelov. – Ehi voi, imbecilli! - gridò Pavel lo Zoppo – di che cosa vi siete allarmati. Forse qualche donna ubriaca se la sta spassando in un fienile! E niente di più! [non lascia la sospensione, spiega il soprannaturale] Elimina la seconda scena del convivio tra i ragazzini, sostituito da una discussione tra contadini. Tutti risero [superamento del condizionamento della superstizione]. – Tu cosa! Hai fumato tutto? E non me l'hai lasciato? - Disse Falja, rivolto al "Liquido" – Ah tu, maledetto ebreo! – Ma giralo tu stesso! - Rispose quello. – Giralo da solo! Passa il tabacco! – Allora, se è così, fratello fatti una passeggiata a Poreč e così anche a Kopcev da Kulakov, lui ne ha molto! Noi per voi non ne abbiamo in serbo. – E allora tu, fratello, insegna a tua moglie come bollire il minestrone, mentre noi anche senza di voi sappiamo dove prendere il tabacco! Ma tu non lo avrai per sempre, faccia da ebreo! – Ma come, per questo si sono azzuffati! Basta voi! - Disse Miša Šutov e poi ha aggiunto rivolto a Falja: - allora, porta il tabacco! Falja ha preso il tabacco che gli era stato regalato e con calma ha iniziato a fare una sigaretta. – E avete sentito, ragazzi, - iniziò di nuovo Il'ja Markelov – che cosa è successo in passato nel nostro mulino? – Presso la diga? - domandò Fedor. – Sì, sì, presso la diga, quella sfondata. Quello era un posto impuro, proprio impuro e così desolato. Tutt'intorno non ha che borri e burroni e nei burroni è pieno di serpi. – Che cosa è successo allora? Racconta... – Ecco cosa è successo. Tu forse Fedor Silaič non sai, ma proprio da noi è sepolto un annegato ed è annegato tanto tempo fa, quando ancora il "Tratto Lungo" era profondo fino a tre braccia e non molto più lontano da quella c'era un mulinello profondo, molto profondo. Adesso si vede solo la sua tomba ed anche quella appena appena: un monticello, ecco tutto... poi, si sa, c'erano i tassi. Lì alcuni giorni fa il fattore ha chiamato il costude dei cani Nikita e gli dice: "Nikita, vai alla posta, a Bolyčev". Da noi Nikita è quello che andava sempre alle poste, i suoi cani da tasso li ha fatti morire tutti ora. Non gli sopravvivono in nessuno modo, così come non gli sono mai sopravvissuti, eppure è un buon custode di cani, il migliore. Allora Nikita è andato in posta, ma si è trattenuto a Boličev, e al ritorno era già ubriaco. Mentre la notte è chiara, molto chiara, come il giorno. La Luna splende luminosa. Allora Nikita passa attraverso la diga di Kopcev: la strada passava già da quella. Mentre procede, il custode Nikita vede sulla tomba dell'annegato un agnello, così bianco, ricciolo, che va su e giù con calma. Allora Nikita pensa: "Ora me lo piglio, perchè deve andar perduto così?" poi è sceso e lo ha preso in braccio. E l'agnello come se niente fosse. Allora Nikita torna dal cavallo, ma il cavallo sbarra gli occhi, sbuffa, allontana la testa; lui lo ha calmato, è salito con l'agnello ed ha proseguito di nuovo, tenendo l'agnello davanti a sè. Lui guarda l'agnello e anche l'agnello lo guarda dritto negli occhi. Il custode Nikita cominciava a sentirsi un po' a disagio, pensava: "non ricordo di aver mai visto un agnello che guardi in questo modo, ma fa niente". Ha preso ad accarezzarlo sulla lana e dice: "Capretto, capretto!" e l'agnello all'improvviso scopre i denti e gli risponde anche lui: "Capretto, capretto!..". Ora Nikita non ricorda più come abbia fatto a libersarsene dal carro e come sia arrivato fino a casa... è del tutto impazzito e fino alla sua morte non lo ha raccontato a nessuno, tanto è stato lo spavento!... ed un'altra volta, anche Maksim il cacciatore ha visto un agnello in questo stesso posto, e anche lui lo ha preso subito in braccio. Ma quella notte c'è stato un forte temporale, che paura! Il fulmine sferza ed il tuono rimbomba... allora si affretta a sbarazzarsi dell'agnello... ma l'agnello gli si aggrappa, si aggrappa. Anche Maksim si è preso uno spavento! Lo guarda e l'agnello all'improvviso dice: "nascondimi – dice – offrimi un riparo dalla tempesta... lasciami entrare - dice – nella tua bocca... Maksim, semplicemente sbalordito, scaglia a terra l'agnello e si mette velocemente a fare il segno della croce... improvvisamente scoppia un terribile tuono e una saetta colpisce dritta quell'agnello! Allora è sprofondato attraverso la terra negli inferi... mentre Maksim, peggio che ubriaco, alzò i tacchi e con noncuranza tornò a casa, dove ha smaltito la sbornia! Non si ricorda la corsa verso casa, e fino alla sua morte non lo ha mai raccontato a nessuno... ed ecco quel che è successo. Elimina un'altra parte della scena dei ragazzi attorno al fuoco, ma prosegue invece con la storia aggiungendone poi una seconda più breve ma che termina con un vero e proprio atto divino che salva l'uomo dal demonio. – Ah, che storie paurose ci racconti, Il'ja Markelič – Esordì Fedor – e ho sentito proprio da un anziano che che quel posto era impuro... ed inoltre parla anche di in un certo posto "buono" di Peredešk, come ci si arriva da Poreč? – A Peredešk?.. Come no! Altro che se è impuro! Dicono di aver visto più di una volta il vecchio padrone, il padrone defunto. Porta un caffettano a lunghe falde, dicono, e si lamenta di continuo, cerca qualcosa per terra. Una volta il nonno Trofim Bosov, il padre di Michajl Trofimov, l'ha incontrato per la strada e gli ha chiesto: "Padre, Sergij Semenyč, ditemi di grazia cosa cercate per terra? – Gliel'ha domandato? - chiese Fedor sconcertato. – Sì, gliel'ha domandato. – E bravo Trofim! E quello che ha risposto? – "cerco le erbe della crepa" dice, ma lo dice con una voce così cupa, così cupa: le erbe della crepa. "E a cosa ti servono, padre, Sergij Semenyč, le erbe della crepa?". "Soffoca, dice, la tomba soffoca, Trofim: fuori, vuole uscire fuori". – Guarda un po'! - notò Fedor – si vede che ha vissuto poco. – Che prodigio! - Disse Timonja – ma io pensavo che i morti si potessero vedere solo il giorno dei defunti (roditel'skij subbotu). – I morti, cioè (tu is'=to est' - colloquiale), li puoi vedere a qualsiasi ora – intervenne tutto contento Il'ja Markelov, che a quanto aveva notato, conosceva le credenze contadine (selskije=popolari -> derevenskija=contadine) meglio degli altri... "ma il giorno dei defunti puoi vedere, cioè, anche il vivo, cioè quello a cui tocca morire durante quell'anno. Bisogna solo sedersi di notte sul sagrato della chiesa e guardare la strada. Quelli che passano vicino a te, cioè, per la strada sono quelli che moriranno entro l'anno. L'anno scorso, cioè, la nostra contadina Ul'jana è andata sul sagrato. – E allora ha visto qualcuno? - chiese Timonja incuriosito. – Come no! Cioè, prima se ne stette seduta a lungo, a lungo, e non vide nè sentì nessuno... sentiva solo un cane che abbaiava da qualche parte... all'improvviso guarda: un giovane contadino va per la strada solo con la camicia (usa il termine popolare). Guarda bene ed è Fetis Vasil'ev... – Quello, il suocero di Ivan Semenov, che è morto d'estate? - chiese Timonja. – Lui in persona. Cammina senza alzare la testa... ma, cioè, ugualmente Ul'jana lo ha riconosciuto...ma guarda ancora e vede una vecchia... la fissa e vede che è la nonna di Chriton' Fetisov... poi, guarda, cioè, di nuovo: passa una contadina. Di nuovo la fissa, la fissa, - Ah, Dio mio! - lei stessa camminava per la strada, Ul'jana in persona. – Proprio lei? - domandò Fedor. – Lei (non nomina nuovamente Dio), proprio lei. – Ma perchè lei non è ancora morta? – Cioè, perchè l'anno non è ancora finito. Ma tu guardala: la sua anima è appesa ad un filo!.. Tutti tacquero nuovamente. Elimina un'altra scena dei bambini attorno al fuoco e la sostituisce con i contadini impegnati nelle proprie tipiche attività p. 100 Falja si girò per fumare, accese un fiammifero ed iniziò a fumare. Il tabacco iniziò a crepitare immediatamente nel fuoco scoppiettante, i rametti cominciarono a piegarsi. Il riflesso della luce divampò tremolando in tutte le direzioni, soprattutto verso l'alto. All'improvviso, da chissà dove, spuntò una colomba bianca, volò dritta verso il gruppo di contadini, si avvitò su se stessa spaventata, investita dalla bruciante luminosità e scomparve, con le ali fruscianti. – forse ha perso la strada di casa – notò, arrivando in quel momento, Pavel Savelichin, che viveva a Kopcev da sua sorella – Adesso volerà finchè non picchierà da qualche parte, e lì dove avrà picchiato si fermerà per la notte sino all'alba. – Che dici Pavel – domandò Falja – non può essere un'anima pia che vola in cielo? Allora Pavel si sedette su un tronco ed iniziò a riepire la sua pipa di tabacco. – può essere – disse finalmente. – E dimmi, per favore, Pavel – esordì Fedor – anche da voi a Kopcev s'è visto il presagio celeste? (Così da noi i contadini chiamano l'eclissi di sole n.d.a) – Quando il sole non si vedeva più? Sì anche da noi. – E di', vi siete spaventati pure voi? – Ma non solo noi. Il padrone Bolyčevskij, anche se ce lo aveva detto in anticipo che ci sarebbe stato il presagio, quando si è fatto buio, dicono che si è spaventato pure lui. E nella casa padronale la cuoca, quando si è fatto buio, sentite, ha preso con il forchettone da forno tutte le pentole e le ha spaccate sul pavimento: "Chi mangerà più ora" ha detto "è la fine del mondo". E così si bruciò la minestra di cavoli. Mentre a Kopcev, per tutto il villaggio, giravano certe voci, fratello, dicevano che lupi bianchi sarebbero pimbati sulla terra e avrebbero mangiato le persone e sarebbe arrivato un uccello rapace. Avremmo anche visto Triška (Nella credenza ti Triška probabilmente si rifletteva la leggenda dell'anticristo n.d.a). Elimina la descrizione dell'anticristo come figura nota ai contadini, dei suoi poteri che mettono gli uomini gli uni contro gli altri e di sfuggire alla giustizia terrena. Non viene fatta menzione della sua attesa da parte dei contadini superstiziosi che vedono nei presagi un segno dell'apocalisse. Anche la storiella, seppur capace di de-mitizzare la figura attraverso un processo di straniamento, non viene riportata pp. 100-101. Tutti i contadini scoppiarono a ridere e tacquero di nuovo per un po' come capita spesso alla gente che chiacchiera all'aria aperta. Guardai in giro: la notte imperava solenne e regale; l'umida frescura della tarda sera veniva sostituita dal tepore secco di mezzanotte che avrebbe ricoperto a lungo, come una morbida cortina, i campi assopiti; mancava ancora molto al primo mormorio, al primo frusciare e stormire del mattino, alla prima rugiada dell'alba. Non c'era la Luna in cielo: in quel periodo sorgeva tardi. Una miriade di stelline dorate, sembravano scorrere, scintillando a gara, tutte verso sud... e osservandole sembrava di avvertire confusamente l'affaccendata, incessante corsa della Terra... uno strano grido, brusco e lamentoso, si levò improvvisamente due volte di seguito sul fiume e dopo qualche istante si ripetè più in là... Falja trasalì: - che cos'è? – è un airone che grida – replicò calmo Pavel. – Un airone – ripetè Falja – e che cos'era quello che ho sentito ieri sera, Pavel? - disse dopo una breve pausa – forse tu lo sai... – che cosa hai sentito? – Ecco che cosa ho sentito. Stavo andando da Chatanok a Natal'in e ho attraversato prima tutti i noceti di Natal'in, poi mi avviai su di un praticello... sai là dove svolta bruscamente in un burrone, lì c'è un borro (un buco profondo con acqua primaverile, rimasta dopo un'alluvione, che non si asciuga neanche in estate n.d.a), sai quello pieno di canne (kamiš'->trostnik); allora io passavo accanto a quel borro, fratelli miei, e all'improvviso da quel borro qualcuno si mette a gemere, così lamentosamente, lamentosamente... "u-u...u-u!..." fui preso dal terrore, fratelli miei: era molto tardi e la voce era così addolorata. Per poco non mi mettevo a piangere anche io... che cosa poteva essere? Eh! – In quel borro due anni fa il guardiaboschi Akim fu affogato dai ladri – notò Pavel – quindi può essere la sua anima che si lamenta. – Forse è così, fratelli miei – disse Falja spalancando gli occhi grigi – e non sapevo che avessero affogato Akim proprio in quel borro: altrimenti non mi sarei spaventato così tanto. – Si dice che ci siano delle ranocchie piccolissime – proseguì Pavel – che gracidano così lamentosamente. – Ranocchie? No, non erano ranocchie... come potevano essere ranocchie (l'airone urlò di nuovo sul fiume). Eccolo! - disse involontariamente Falja – il lešij grida così! – Il lešij non grida, è muto – intervenne Il'ja Markelov – cioè, lui batte solo le mani e schiamazza. – Perchè tu avresti visto un lešij? - lo interruppe beffardo Falja. – Cioè, io ho visto quello e Dio non voglia che lo veda, ma altri lo hanno visto. Ecco, non molto tempo fa ha preso in giro Naum Mareev. Lui, Naum, stava andando da Poreč un po' brillo e così lui lo ha portato in giro, in giro per il bosco e sempre intorno alla stessa radura... quello è riuscito ad arrivare a casa che era quasi l'alba. – Beh e l'ha visto? – Lo ha visto. Dice che è grande grande, scuro, sempre nascosto dietro qualche albero, non riesci a vederlo bene, come se si nascondesse dalla luna, e guarda, guarda con degli occhiacci, li sbatte, li sbatte... – Eh, porcherie – eslamò Falja, trasalendo leggermente e stringendosi nelle spalle – basta!... – E perchè crescono tali mostri al mondo? - commentò Pavel – non capisco, davvero. – Non insultarlo: bada che ti può sentire – disse Il'ja Markelov. Ci fu di nuovo silenzio. – Guardate, guardate compagni – si udì la voce di Timonja – guardate, le stelline di Dio, sciamano come api!.. Gettò la sua testa all'indietro e alzò gli occhi al cielo. Anche gli occhi di tutti i contadini si alzarono al cielo e non si abbassarono presto. La successiva sequenza del racconto sul vodjanoj, altro spirito del folklore, è rimossa in favore di di altre storie molto più violente sul domovoj. I bambini e le loro interazioni sono come al solito eliminati. Infine prendendo la voce di un altro contadino il narratore confuta i fatti e le superstizioni dando prove ed insegnamenti comprensibili ad un contadino. – allora, perchè siete rimasti tutti in silenzio? - chiese Miša Šutov – raccontate qualcos'altro? – Sì qualcosa da raccontare! - Disse di nuovo Il'ja Markelov – ecco non lontano si racconta, voi non lo ricordate, come il "domovoj" ha strangolato un'anziana, la madre di Pyl'ichin. – Come può essere? – Sì è così. Lei, infatti, ancora sei mesi prima della morte, ogni notte sentiva il domovoj bussare da qualche parte nel loro corridoio, fino in fondo! E poi una volta stava per passare sotto un ponte a prendere delle uova, le galline le deponevano lì, e allora il domovoj l'ha aggredita e soffocata... l'hanno trovata tutti i figli il giorno seguente. – E chi lo ha visto come il domovoj la stava soffocando? – Chi ha visto... nessuno ha visto... dicono, ma chi se no? E poi qui da noi c'era anche il vecchio Šljaga, che il domovoj ha strangolato così dentro la sauna. Lui raggiunta la sauna stava per farsi un bagno di vapore mentre nell'isba non c'era nessuno, solo una bambina piccina, di dieci anni circa... lui ha chiuso le serrande ed ha iniziato il bagno di vapore, pensa: "Se dovessi cadere, urlo a quella ragazzina e lei mi apre le serrande". Allora, bene. Ecco che ha inziato la sauna, all'improvviso, chissà da dove, dritto verso la sauna arriva un puledro, è salito sul posatoio e si è fermato dritto davanti alle serrande... la bambina si è spaventata ed è corsa via... e così allora lui è spirato col vapore. – Eh – disse Miša Šutov – voi vecchi siete venerabili, ma a volte sciocchi! [vuole smontare la superstizione insita nelle passate generazioni] Avete vissuto un secolo, ma non avete accumulato saggezza? E dicono certe sciocchezze! Non ascoltate nulla! E come fate a non vergognarvi! Perchè credete che tutte queste favolette da donnicciole siano vere? Esattamente così è andata! Allora giudicate voi stessi: di tutto quello che voi avete sputato qui e ora, c'è una sola parola di vero? E ci si può credere? Se Nikita dei cani ha visto un agnello sulla diga, e così anche Maksim, perchè entrambi erano ubriachi fradici e da ubriachi non si sa mai che cosa possa sembrare! E poi in aggiunta, forse, hanno ascoltato diverse sciocchezze dalle donne e allora gli è sembrato così. Mentre riguardo a Naum, non dico niente, quello racconta un sacco di menzogne anche da sobrio... e anche riguardo alla vecchia Pyl'nichnin non c'è niente da dire: chi ha visto come il domovoj l'ha strangolata! Nessuno! Lei è morta da sola, vuol dire che non ha potuto raccontare a nessuno che il domovoj l'ha strangolata o no: ma la gente, soprattutto le donne, non si sa mai cosa spettegola, non si può credere a nessuno; non a caso il proverbio dice: non credere ad ogni voce. Oppure un altro: non credere ai discorsi degli sconosciuti ma credi alla tua ritrosia. [proverbi, usa la saggezza popolare per dare un insegnamento utile e comprensibile] Questo, suppongo, è così anche per il vecchio Šljaga. Suppongo che la ragazzina è corsa a giocare con gli amici, non volendo restare nell'isba, mentre lui lì è soffocato. Non c'era nessuno per aprire le serrande. E di nuovo non c'è nessuno che abbia visto, mentre la ragazzina si è dovuta giustificare in qualche modo. Eh! Ecco l'interpretazione! Sono tutte stronzate su stronzate! - Ecco Egor Bobkov, che non aveva mai visto un domovoj e nemmeno altri di quei lešij ma aveva sentito una volta in qualche modo che c'è un posto impuro a Peredešk e così a mezzanotte per circa dieci volte era andato lì ed era restato volontariamente all'aperto: "esci – diceva – ora! Se c'è qualcuno di quei lešij, voglio darti almeno un'occhiata! E quello che arriva con una prova del contatto con tutte le persone, sì con le persone, anche solo di una roba da ridere, qualche volta in cui sono capitati i diavoli!"ma no, non è riuscito a far venire nessuno chiamando, nessuno è andato da lui. Così, pertanto, non ha visto nemmeno un lešij... e ora non ne vuol sentir parlare. Tutto questo, dice, sono stupidaggini e stronzate e niente di più. E poi quello dice: in realtà sono stronzate, infatti lo scorso, anno in estate e fino all'autunno stesso, a Pyl'nich dicono che abbia colpito il domovoj. Pare, che si nascondesse nelle soffitte, facesse tremare tutto, ma una ragazza non impaurita ha dormito tutta notte tranquilla in corridoio... e quando l'estate è passata, come hanno affittato a dei soldati l'archivio di Poreč e anche le nostre cuccette, a Pyl'nich hanno portato la pace e la tranquillità... niente attacchi, pertanto, e niente rumori. Ed è girata la voce che il domovoj fosse andato dalla figlia di Dunjašk. Allora si potrebbe chiedere a lei di ciò. Eppure non parla. Quindi? [il domovoj diventa quasi un fuorilegge donnaiolo, altro tipico personaggio delle storie della lubočnaja literatura] – Ma, forse è così – concordarono molti e poco a poco iniziarono ad avviarsi sulle vie di casa. Solo alcuni vecchi, pare, non diedero del tutto fiducia a Šutov e andandosene dubbiosi dondolavano la testa. – Erano già passate più di tre ore da quando mi ero unito ai contadini. La luna si era levata finalmente, ma non me ne ero accorto velocemente tanto era piccola e stretta. Anche io mi avviai a casa. Elimina l'ultima sequenza della separazione tra il cacciatore ed i ragazzi.