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Campagna Aree protette:

Ottobre 2004
Missione: Salviamo il Gran Sasso D'Italia
Manifestazione congiunta di 10 associazioni per provare a fermanre il "Progetto
Scindarella-Monte Cristo" sul versante aquilano del Gran Sasso.
Il Gran Sasso d'Italia è diventato Parco nazionale nel 1991, al termine di una
lunga campagna a favore della sua istituzione durata oltre 20 anni. La scelta di
ricorrere al più importante strumento di tutela previsto dall'ordinamento
italiano è stata dettata dalla straordinaria valenza naturalistica della principale
vetta dell'Appennino. Il Parco è stato voluto proprio per tutelare un grande
patrimonio di biodiversità, unico per l'Italia centrale: un patrimonio, la cui
importanza non è sfuggita alla stessa Unione Europea che sul Gran Sasso ha
individuato una Zona di Protezione Speciale (ZPS) per l'avifauna e numerosi Siti
di Interesse Comunitario (SIC) per la tutela di habitat e specie prioritarie.
L'istituzione del Parco è stata giustamente intesa anche come occasione per
valorizzare un territorio da sempre marginale che, a causa dell'emigrazione
accentuatasi nell'immediato dopoguerra e perdurato fino agli inizi degli Anni
'70, si è andato via via spopolando. Indubbiamente, il Parco, anche se non
costituisce la soluzione definitiva a problemi di spopolamento generati da
diverse concause, può rappresentare per le popolazioni locali un'occasione in
più di crescita, sia sociale che economica, a condizione che conservi
quell'ambiente naturale che costituisce il suo patrimonio principale. Oggi, il
Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, così come tanti altri parchi
in Italia, si trova di fronte alla riproposizione di progetti vecchi di trent'anni
tornano a minacciare la montagna nel suo complesso. Lo sviluppo dei bacini
sciistici incombe su settori sempre più ampi del Gran Sasso. Si tratta di uno
sviluppo irrazionale e senza futuro che distrugge la vera ricchezza di questi
luoghi: la natura. Su entrambi i versanti si rincorrono progetti, piani ed ipotesi
che non tengono in alcun conto le esigenze della tutela e della conservazione e
che sembrano configurare un modello di turismo che ormai, nonostante le
condizioni sicuramente più favorevoli, viene messo in discussione persino sulle
Alpi dopo che molti impianti sono stati dismessi a causa dei bilanci
perennemente in passivo. Tra i tanti progetti in discussione, sopra ogni altro,
preoccupa il "Progetto Speciale Territoriale Scindarella - Monte Cristo" sul
versante aquilano del Gran Sasso. Questo Progetto, dopo aver ottenuto
l'inopportuna approvazione a maggioranza da parte del Consiglio Direttivo
dell'Ente Parco, il parere favorevole sulla valutazione di incidenza ambientale,
l'approvazione da parte del Consiglio regionale, si appresta a passare alla fase
di progettazione esecutiva. Si tratta di un piano destinato a modificare per
sempre una parte importante di Campo Imperatore con una cementificazione
senza precedenti: aumento del 35% delle cubature esistenti nell'area,
parcheggi e strutture di servizio, 7 nuovi impianti di risalita tra cui il
collegamento sulla cresta della Scindarella tra i due bacini di Campo
Imperatore e Monte Cristo, 64 nuovi chilometri di piste, sbancamenti e
movimentazione terra per la sistemazione delle piste, recupero ed
ampliamento delle strutture, per giunta mai utilizzate ed in parte già distrutte,
della Fossa di Paganica! Un insieme di interventi che rappresentano la
negazione della stessa idea di area naturale protetta a causa dell'impatto
paesaggistico, dell'impatto ambientale su habitat e specie prioritarie, del
legame ad un modello di sviluppo fallimentare che non ha portato alcun reale
vantaggio alle popolazioni locali, nonché degli innumerevoli costi di gestione
sorretti da finanziamenti pubblici.
Ma non è solo il versante aquilano del Gran Sasso ad essere minacciato. Anche
quello teramano, dopo le ferite inferte per la realizzazione di una strada
abusiva, necessaria per la costruzione della nuova seggiovia ai Prati di Tivo, è
oggetto di nuove/vecchie ipotesi progettuali, compresa quella mai
abbandonata di creare un collegamento con il versante aquilano attraverso
Campo Pericoli. Ma non solo! È addirittura in atto una dura contrapposizione tra
il Comune di Pietracamela e quello di Isola del Gran Sasso portatori di due
distinti e contrastanti progetti per un ulteriore arroccamento ed
infrastrutturazione sul Gran Sasso tramano: da un lato, quello del Comune di
Isola del Gran Sasso per la realizzazione di un'ovovia che da Fano a Corno porti
a Cima Alta, dall'altro, quello del Comune di Pietracamela che da Isola,
attraverso un treno a cremagliera, seguendo il tracciato di una strada ormai in
disuso, porti anch'essa a Cima Alta. Negli anni passati, simili progetti sono stati
bloccati grazie all'azione di tanti, veri appassionati delle nostre montagne che
hanno potuto contare su un'ampia mobilitazione nazionale e su normative
generali valide per tutto il territorio. È mai possibile che oggi, con il Gran Sasso
ricompreso in un Parco nazionale, questi progetti vadano avanti, in alcuni casi,
anche con l'avallo del Parco stesso? È evidente che i progetti presentati, e che
presto potrebbero essere realizzati, vanno ben al di là di semplici interventi di
sostituzione o di razionalizzazione degli impianti esistenti ai quali nessuno
vuole opporsi. Quanto sta avvenendo rappresenta, al contrario, uno smisurato
ampliamento dei bacini sciistici su aree del Gran Sasso prive di strutture e fino
ad oggi contrassegnate da un carico antropico moderato, se non inesistente.
Gli interessi di pochi stanno fortemente condizionando le scelte di
pianificazione di un Parco Nazionale che dovrebbe essere messo nelle
condizioni di conservare il suo patrimonio naturale e di creare le occasioni per
un vero sviluppo sostenibile. La realtà dei parchi abruzzesi dimostra come dalla
conservazione del territorio possano derivare anche occasioni occupazionali.
Eppure i fondi assegnati ai parchi diminuiscono di anno in anno, mentre si
continuano a finanziare nuove piste da sci e nuovi impianti di risalita. Al
riguardo è emblematico il caso del Centro Turistico Aquilano che gestisce gli
impianti di Campo Imperatore. Ogni anno, nonostante i cospicui finanziamenti
regionali e comunali che riceve, il Centro chiude il proprio bilancio con un
pesante passivo; eppure, in una regione in forte crisi economica e in un
comune in continua emergenza occupazionale, si continuano a trovare fondi
per finanziare i vari progetti di infrastutturazione del Gran Sasso presentati da
questo Centro. Non solo! Per assicurare l'approvazione di questi progetti
nacque addirittura una sedicente Authority con a capo le più alte cariche
regionali, provinciali, comunali, e persino esponenti del Governo nazionale: uno
spiegamento di forze mai visto, neppure di fronte ai licenziamenti nelle
imprese del polo elettronico aquilano che da un giorno all'altro stanno
mettendo centinaia di famiglie sul lastrico.

Di fronte a tutto questo le Associazioni, i Comitati ed i Movimenti firmatari


hanno deciso di attivarsi in maniera congiunta creando un coordinamento che
avvii una campagna in difesa del Gran Sasso d'Italia. Sul modello di quanto già
fatto e si continua a fare contro il terzo traforo e l'ampliamento dei Laboratori
di Fisica Nucleare, le Organizzazioni firmatarie, consapevoli dell'importanza
della posta in gioco, si attiveranno in tutte le sedi per tutelare la vetta più alta
degli Appennini e per assicurare il rispetto del principio alla base della legge
istitutiva del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e di tutte le
aree naturali protette italiane: "garantire e promuovere la conservazione e la
valorizzazione del patrimonio naturale".

Il programma della missione


In marcia per il Gran Sasso Sabato 25 e domenica 26 settembre:
Escursione di 2 giorni con pernottamento in tenda o rifugio. Ritrovo ore 11:00
di sabato 25 settembre presso piazzale di Prati di Tivo di fronte Gran Baita.
Per maggiori informazioni contattare Massimo Fraticelli di Mountain Wilderness
Italia numero 348.3717423. Pernottamento in tenda o in rifugio.
Domenica 26 settembre: due diverse escursioni che, partendo dal versante
teramano ed aquilano, si ricongiungeranno a Campo Pericoli presso il rifugio
Garibaldi.
Da Teramo - ritrovo nel piazzale di Prati di Tivo alle ore 8:45 con partenza alle
9:00. Tempo di percorrenza circa 3 ore. Riferimento Gennaro Pirocchi del CAI
telefono 329.2737061.
Da L'Aquila e Roma - ritrovo nel piazzale di Campo Imperatore alle ore 10
con partenza alle ore 10:15. Tempo di percorrenza circa 2 ore. Riferimento
Luciano Del Sordo del WWF telefono 348.3855926.
Da Pescara - ritrovo sempre nel piazzale di Campo Imperatore alle ore 10 con
partenza alle ore 10:15. Tempo di percorrenza circa 2 ore. Riferimento Augusto
De Sanctis del WWF telefono 368.3188739.
Entrambe le escursioni non presentano particolari difficolta' (indispensabili
scarponcini da trekking/montagna e k-way o mantellina in caso di pioggia).
Pranzo al sacco.

Com'è andata
Sabato ore 12 circa Massimo entra nell'unico bar aperto a Prati di Tivo, e
chiede se qualcuno di Mountain Wilderness si è fatto vivo per la
manifestazione.
La vostra associazione qui non è gradita" è la risposta seccata, e giù una
filippica contro chi viene qui a decidere i destini dei residenti che fanno grandi
sacrifici.
Cominciamo bene... alle 13 piove ancora, ha iniziato il giorno precedente e
pare non voglia smettere; alle quote superiori ai 1700 metri il terreno è
imbiancato, il gestore del rifugio Garibaldi ha chiuso baracca ed è sceso a valle
con 10-15 cm di neve fresca. Per oggi non si fa nulla, vediamo domani. Da
Campo Imperatore arrivano le prime notizie, Renato dice che nevica anche lì,
forse è la maledizione di Marzabotto che ci segue e si sposta a sud. Andiamo a
mangiare qualcosa a Pietracamela mentre decidiamo il da farsi per il giorno
seguente, poi ci spostiamo ad un albergo dove si sta tenendo un corso di
aggiornamento del CAI, mentre i telefoni suonano ripetutamente.
E' un buon segno: da diversi anni non si vedeva un interesse così ampio e
coordinato sul Gran Sasso, si può dire che tutte le associazioni hanno aderito in
modo attivo per costituire un tavolo di lavoro partecipato e propositivo.
La mattina successiva a Prati di Tivo i bar aperti sono ben due, è un grande
risultato considerando che il giorno precedente sui giornali era uscita la
minaccia di una serrata degli esercenti per protestare contro la manifestazione;
alle nove del mattino gli unici a consumare siamo noi, pecunia non olet.
Mentre stiamo uscendo entra una signora dall'aria aristocratica, "oggi non
potrete manifestare, che bello!" afferma esprimendo democraticamente il
proprio pensiero.
Due chiacchiere con i gestori degli impianti, qui per lavori di manutenzione:
sembrano alquanto aperti al dialogo, dicono che sul progetto e l'ubicazione
degli impianti loro non hanno potuto mettere bocca, che è anche loro interesse
preservare un ambiente montano che gli dà da vivere e deve potergli garantire
un futuro.
Continua a piovere senza interruzione, la stazione del Soccorso Alpino ci offre
una stanza per riunirci.
Siamo circa 25 persone, tante considerando il maltempo: rappresentanti di
WWF, CAI, MW, Legambiente ed altri ancora, amici oltre che dall'Abruzzo giunti
dal Lazio e dalle Marche.
Utilizziamo la mattinata per mettere a punto le strategie utili all'incontro del
prossimo 30 ottobre, il presidente del Parco dopo essersi sottratto diverse volte
alle richieste degli ambientalisti ha garantito la propria presenza, si aspetta
solo la conferma dell'assessore regionale all'ambiente; sarà un momento
importante per discutere sulle nostre ragioni di opposizione ai nuovi piani
sciistici del bacino del Gran Sasso d'Italia, parte dei quali già approvati in linea
di massima dall'ente Parco sul versante aquilano di Campo Imperatore. Il fronte
ambientalista è assai compatto, avevo bisogno di spostarmi di quasi
cinquecento chilometri da casa per ritrovare un'unità di intenti che da tempo
non si riscontra sulle Alpi.
La delegazione regionale del CAI ha votato all'unanimità un documento che li
impegna sulla tutela ambientale del territorio, il WWF è fortemente impegnato
con uomini e mezzi, MW è presente fin dai tempi delle battaglie per l'istituzione
stessa del Parco, ma il comitato è rappresentato anche da tante associazioni
meno in vista ma molto inserite nel tessuto sociale e politico della regione;
tutto questo dà una grande forza al movimento che cerca di difendere una
montagna che qui è fonte di vita non solo economica, dato che dal suo interno
sgorga l'acqua che alimenta buona parte dell'acquedotto per gli usi civili,
agricoli ed industrialii
A proposito, la vertenza sul terzo traforo pare stia imboccando un binario
positivo, ma su questo daremo ragguagli più precisi e speriamo definitivi nel
prossimo futuro.

Ora concentriamoci sull'appuntamento del 30 ottobre a Teramo: al mattino è


previsto un tavolo tecnico, nel quale verranno presentate diverse relazioni sui
possibili sviluppi dell'economia e della tutela ambientale del massiccio, anche
attingendo ad esperienze già avviate in altre zone montane d'Italia e d'Europa;
nel pomeriggio ci sarà l'incontro con le istituzioni, e qui dovremo giocarci le
nostre carte di credibilità per guadagnarci un posto al tavolo di concertazione
sul futuro del Gran Sasso, posto che già ci spetterebbe di diritto per quanto è
stato espresso fino ad oggi. Il cartello di associazioni è rappresentativo,
raccoglie esperienze e conoscenze tecniche, deve poter esprimere la propria
posizione con un riconoscimento di autorevolezza che il mondo politico ed
economico non può disconoscere o ignorare; si deve prendere atto che
l'ambientalismo moderno, qui ben fotografato, non è più quello dei "no" bensì
quello dei giudizi motivati e delle proposte alternative, in un'ottica di
collaborazione critica e non di contrapposizione di principio.
Una pastasciutta improvvisata conclude la mattinata che lascia impressioni
positive, ci si divide i compiti per le prossime settimane, c'è soddisfazione per i
risultati raggiunti e la consapevolezza di un impegno gravoso ma necessario
che ci attende e che deve condurre a risultati che intravediamo possibili grazie
alla collaborazione di tutti quanti. Un ambiente sereno e la consapevolezza
delle proprie potenzialità rappresentano condizioni favorevoli per la tutela del
Gran Sasso, un esempio che speriamo si possa esportare in altre situazioni.

Aprile 2004
Tenda Gialla per il Gran Sasso
Gran Sasso (Aq)
Manifestazione congiunta di 10 associazioni ambientaliste per provare a
fermanre il folle "Progetto Scindarella-Monte Cristo" sul versante aquilano del
Gran Sasso, che prevede: cementificazione, parcheggi, strutture di servizio, 7
nuovi impianti di risalita, 64 nuovi chilometri di piste, sbancamenti e
movimentazione terra.
Gran Sasso d'Italia è diventato Parco nazionale nel 1991, al termine di una
lunga campagna a favore della sua istituzione durata oltre 20 anni. La scelta di
ricorrere al più importante strumento di tutela previsto dall'ordinamento
italiano è stata dettata dalla straordinaria valenza naturalistica della principale
vetta dell'Appennino. Il Parco è stato voluto proprio per tutelare un grande
patrimonio di biodiversità, unico per l'Italia centrale: un patrimonio, la cui
importanza non è sfuggita alla stessa Unione Europea che sul Gran Sasso ha
individuato una Zona di Protezione Speciale (ZPS) per l'avifauna e numerosi Siti
di Interesse Comunitario (SIC) per la tutela di habitat e specie prioritarie.
L'istituzione del Parco è stata giustamente intesa anche come occasione per
valorizzare un territorio da sempre marginale che, a causa dell'emigrazione
accentuatasi nell'immediato dopoguerra e perdurato fino agli inizi degli Anni
'70, si è andato via via spopolando. Indubbiamente, il Parco, anche se non
costituisce la soluzione definitiva a problemi di spopolamento generati da
diverse concause, può rappresentare per le popolazioni locali un'occasione in
più di crescita, sia sociale che economica, a condizione che conservi
quell'ambiente naturale che costituisce il suo patrimonio principale.
Oggi, il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, così come tanti altri
parchi in Italia, si trova di fronte alla riproposizione di progetti vecchi di
trent'anni tornano a minacciare la montagna nel suo complesso. Lo sviluppo
dei bacini sciistici incombe su settori sempre più ampi del Gran Sasso. Si tratta
di uno sviluppo irrazionale e senza futuro che distrugge la vera ricchezza di
questi luoghi: la natura. Su entrambi i versanti si rincorrono progetti, piani ed
ipotesi che non tengono in alcun conto le esigenze della tutela e della
conservazione e che sembrano configurare un modello di turismo che ormai,
nonostante le condizioni sicuramente più favorevoli, viene messo in
discussione persino sulle Alpi dopo che molti impianti sono stati dismessi a
causa dei bilanci perennemente in passivo.

Tra i tanti progetti in discussione, sopra ogni altro, preoccupa il "Progetto


Speciale Territoriale Scindarella - Monte Cristo" sul versante aquilano del Gran
Sasso. Questo Progetto, dopo aver ottenuto l'inopportuna approvazione a
maggioranza da parte del Consiglio Direttivo dell'Ente Parco, il parere
favorevole sulla valutazione di incidenza ambientale, l'approvazione da parte
del Consiglio regionale, si appresta a passare alla fase di progettazione
esecutiva. Si tratta di un piano destinato a modificare per sempre una parte
importante di Campo Imperatore con una cementificazione senza precedenti:
aumento del 35% delle cubature esistenti nell'area, parcheggi e strutture di
servizio, 7 nuovi impianti di risalita tra cui il collegamento sulla cresta della
Scindarella tra i due bacini di Campo Imperatore e Monte Cristo, 64 nuovi
chilometri di piste, sbancamenti e movimentazione terra per la sistemazione
delle piste, recupero ed ampliamento delle strutture, per giunta mai utilizzate
ed in parte già distrutte, della Fossa di Paganica! Un insieme di interventi che
rappresentano la negazione della stessa idea di area naturale protetta a causa
dell'impatto paesaggistico, dell'impatto ambientale su habitat e specie
prioritarie, del legame ad un modello di sviluppo fallimentare che non ha
portato alcun reale vantaggio alle popolazioni locali, nonché degli innumerevoli
costi di gestione sorretti da finanziamenti pubblici.

Ma non è solo il versante aquilano del Gran Sasso ad essere minacciato. Anche
quello teramano, dopo le ferite inferte per la realizzazione di una strada
abusiva, necessaria per la costruzione della nuova seggiovia ai Prati di Tivo, è
oggetto di nuove/vecchie ipotesi progettuali, compresa quella mai
abbandonata di creare un collegamento con il versante aquilano attraverso
Campo Pericoli. Ma non solo! È addirittura in atto una dura contrapposizione tra
il Comune di Pietracamela e quello di Isola del Gran Sasso portatori di due
distinti e contrastanti progetti per un ulteriore arroccamento ed
infrastrutturazione sul Gran Sasso tramano: da un lato, quello del Comune di
Isola del Gran Sasso per la realizzazione di un'ovovia che da Fano a Corno porti
a Cima Alta, dall'altro, quello del Comune di Pietracamela che da Isola,
attraverso un treno a cremagliera, seguendo il tracciato di una strada ormai in
disuso, porti anch'essa a Cima Alta.

Negli anni passati, simili progetti sono stati bloccati grazie all'azione di tanti,
veri appassionati delle nostre montagne che hanno potuto contare su un'ampia
mobilitazione nazionale e su normative generali valide per tutto il territorio. È
mai possibile che oggi, con il Gran Sasso ricompreso in un Parco nazionale,
questi progetti vadano avanti, in alcuni casi, anche con l'avallo del Parco
stesso? È evidente che i progetti presentati, e che presto potrebbero essere
realizzati, vanno ben al di là di semplici interventi di sostituzione o di
razionalizzazione degli impianti esistenti ai quali nessuno vuole opporsi. Quanto
sta avvenendo rappresenta, al contrario, uno smisurato ampliamento dei bacini
sciistici su aree del Gran Sasso prive di strutture e fino ad oggi contrassegnate
da un carico antropico moderato, se non inesistente.

Gli interessi di pochi stanno fortemente condizionando le scelte di


pianificazione di un Parco Nazionale che dovrebbe essere messo nelle
condizioni di conservare il suo patrimonio naturale e di creare le occasioni per
un vero sviluppo sostenibile. La realtà dei parchi abruzzesi dimostra come dalla
conservazione del territorio possano derivare anche occasioni occupazionali.
Eppure i fondi assegnati ai parchi diminuiscono di anno in anno, mentre si
continuano a finanziare nuove piste da sci e nuovi impianti di risalita. Al
riguardo è emblematico il caso del Centro Turistico Aquilano che gestisce gli
impianti di Campo Imperatore. Ogni anno, nonostante i cospicui finanziamenti
regionali e comunali che riceve, il Centro chiude il proprio bilancio con un
pesante passivo; eppure, in una regione in forte crisi economica e in un
comune in continua emergenza occupazionale, si continuano a trovare fondi
per finanziare i vari progetti di infrastutturazione del Gran Sasso presentati da
questo Centro. Non solo! Per assicurare l'approvazione di questi progetti
nacque addirittura una sedicente Authority con a capo le più alte cariche
regionali, provinciali, comunali, e persino esponenti del Governo nazionale: uno
spiegamento di forze mai visto, neppure di fronte ai licenziamenti nelle
imprese del polo elettronico aquilano che da un giorno all'altro stanno
mettendo centinaia di famiglie sul lastrico.

Di fronte a tutto questo le Associazioni, i Comitati ed i Movimenti firmatari


hanno deciso di attivarsi in maniera congiunta creando un coordinamento che
avvii una campagna in difesa del Gran Sasso d'Italia. Sul modello di quanto già
fatto e si continua a fare contro il terzo traforo e l'ampliamento dei Laboratori
di Fisica Nucleare, le Organizzazioni firmatarie, consapevoli dell'importanza
della posta in gioco, si attiveranno in tutte le sedi per tutelare la vetta più alta
degli Appennini e per assicurare il rispetto del principio alla base della legge
istitutiva del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e di tutte le
aree naturali protette italiane: "garantire e promuovere la conservazione e la
valorizzazione del patrimonio naturale".
Novembre 2004
La Giornata di studio sul Gran Sasso a Teramo
Proficuo confronto tecnico, ma incomprensibile atteggiamento del Presidente
dell’Ente Parco
La Giornata di studio “Gran Sasso, tra turismo invernale e tutela”, organizzata
dall’Osservatorio sulla tutela del Gran Sasso promosso da tutte le Associazioni
ambientaliste, ha offerto l’occasione per fare il punto sulla situazione dei bacini
sciistici presenti sulla vetta più alta degli Appennini.
La mattinata è stata dedicata ad una serie di qualificati interventi tecnici che
hanno evidenziato l’insostenibilità ambientale ed economica delle ipotesi di
ampliamento dei bacini esistenti sul Gran Sasso, in particolare di quelli sul
versante aquilano legati al Piano d’Area “Scindarella – Montecristo”, già
approvato da Parco e Regione e del quale è stato sottolineato il probabile
impatto idrogeologico, fino ad oggi mai studiato.
Le relazioni hanno permesso di confrontare la situazione appenninica con
quella alpina che, nonostante condizioni sicuramente più favorevoli rispetto
all’Abruzzo, sta mostrando tutti i limiti ambientali e gestionali di un turismo
legato prevalentemente allo sci. Si sono poi evidenziati gli impatti ambientali
degli interventi sostenuti fino ad oggi sul Gran Sasso teramano ed aquilano con
la sostituzione delle funivie esistenti con due seggiovie quadriposto.
Sono state infine avanzate proposte alternative meno impattanti sia in tema di
pianificazione che in tema di turismo: in particolare è stata messa in luce la
crescita della domanda di ecoturismo registrata in questi ultimi anni in tutte le
aree naturali protette.

Il pomeriggio, dedicato al confronto tra Associazioni ed Amministratori, non è


riuscito a centrare l’obiettivo principale, sia per l’assenza della Regione sia per
il comportamento incomprensibile del Presidente dell’Ente Parco, Walter
Mazzitti, il quale, di fronte alle osservazioni di alcuni relatori relativamente al
Piano d’Area “Scindarella – Montecristo”, si è lasciato andare ad attacchi
scomposti nei confronti dei relatori stessi e di altre persone presenti in sala; pur
continuando a dirsi aperto al dialogo in qualunque momento, ha parlato di
posizioni inconciliabili e protestato per un presunto processo nei propri
confronti abbandonando poco coerentemente l’incontro senza ascoltare le
repliche, né gli interventi di coloro tra il pubblico che si erano prenotati a
parlare. Un atteggiamento, questo, che denota un’evidente difficoltà nel
giustificare la scelta, ad altissimo impatto ambientale, di approvare il Piano
d’Area “Scindarella – Montecristo”.
Questo comportamento è stato criticato non solo dai rappresentanti nazionali e
regionali delle associazioni, alcuni dei quali avevano percorso centinaia di
chilometri per partecipare a questo incontro, ma anche da alcuni
amministratori locali presenti.
Un comportamento tanto più incomprensibile visto lo spirito costruttivo con il
quale le associazioni ambientaliste hanno organizzato il confronto di sabato,
nato dalla volontà di trovare punti di incontro su un tema fondamentale per
un’area protetta montana come la pianificazione degli interventi in alta quota,
in un periodo di relativa calma dalla polemica politica.
Di “occasione perduta” ha giustamente parlato il Presidente nazionale di
Mountain Wilderness, Fabio Valentini, che ha concluso la giornata evidenziando
come non sia accettabile che il responsabile di un Ente Parco si sottragga in
questo modo al confronto con rappresentanti nazionali e regionali di tutte le
associazioni ambientaliste italiane.
Le Associazioni confermano il loro impegno per salvare il Gran Sasso da
qualsiasi intervento che possa compromettere una delle aree più importanti
dell’Appennino centrale, oggetto di tutela anche da parte dell’Unione Europea:
come già fecero nel passato, prima dell’istituzione del parco, sono mobilitate
per evitare che progetti vecchi di decenni vengano a modificare ambienti e
paesaggi unici in Europa.
Il mondo ambientalista è comunque disponibile a riprendere il dialogo con tutti
i soggetti, essendo interessato esclusivamente a garantire la protezione ed un
durevole sviluppo sostenibile del Gran Sasso, così come stabiliscono le
normative italiana ed europea in materia di tutela ambientale.
ALTURA, Abruzzo Social Forum, Adiconsum, Club Alpino Italiano, Comitato per
la difesa delle acque del Gran Sasso, Comitato nazionale per la protezione del
paesaggio, CTS, FAI, Legambiente, LIPU, Mountain Wilderness, Pro Natura,
WWF

Ottobre 2004
Il ponte sul Gran Sasso
Fosche nubi si addensano sul Gran Sasso, e non si tratta di un temporale
estivo. E’ il completamento di un’opera di conquista iniziata diversi anni fa
dapprima con l’accerchiamento, poi con gli scavi sotterranei, infine con
l’assalto alle pareti: la grande fortezza, come in un poema epico medioevale,
sta per cedere all’attacco delle forze maligne? Nella terra d’Abruzzo le difese
sono allo stremo. Le riserve d’acqua sono diminuite, e si tenta di avvelenare le
sorgenti rimaste; si studiano nuove gallerie che minano il cuore del massiccio;
aumentano le seggiovie che risalgono le pendici montuose…
Sembra fantasy, è dura realtà. La lotta per la tutela del Gran Sasso d’Italia,
iniziata nei lontani anni settanta, nonostante l’istituzione del Parco nel 1991
non si è mai interrotta: nemmeno una legge dello Stato è servita a
tranquillizzare i suoi difensori, che cos’altro serve? Forse una maggiore
coscienza civica, ed un più ampio sforzo di carattere culturale da parte di
amministrazioni e cittadini.
Quello che da sempre viene proposto nell’area del Gran Sasso è un modello di
sviluppo che non ha futuro. La cementificazione, le montagne addomesticate, a
cosa porteranno? Ad un maggiore afflusso turistico? Ma ne siamo sicuri? E’
stato proprio così in questi lunghi decenni di imprenditorialismo illuminato?
L’esperienza abruzzese non è dissimile da altre sparse sul territorio nazionale.
Il denominatore comune è uno solo: i soldi. Gli impianti vengono realizzati non
tanto per una reale necessità, quanto per poter accedere a finanziamenti
pubblici e privati; una volta iniziati i lavori i costi lievitano in modo
“imprevisto”, spesso non si riesce nemmeno a terminare le opere, tanto chi
doveva intascarsi il denaro lo ha già fatto, un’impresa fallita non è poi la fine
del mondo. Brillante esempio è il progetto per la nuova funivia del Monte
Bianco, che a fronte di una frequentazione diminuita negli ultimi quindici anni
del 50% prevede il raddoppio delle portate attuali, senza considerare che l’alta
quota alla quale arriva la funivia (oltre 3300 m) non può sopportare una tale
pressione antropica.
Si può dire che oggi non esistano impianti di risalita con il bilancio in attivo.
Ormai sono considerati alla stregua degli autobus urbani, un servizio in
costante perdita di esercizio da mantenere in attività per scopi sociali. Ma quali
scopi sociali ha una seggiovia? Non certo quello di offrire nuovi posti di lavoro,
ormai i nuovi impianti riducono all’osso la presenza degli operatori. E allora? Si
dice: “così la montagna è alla portata di tutti”, il ricco uguale al povero, l’atleta
uguale al pantofolaio.
E’ questa l’uguaglianza? No, questa è la banalizzazione. La montagna è un
ambiente particolare, ha proprie leggi e proprie regole che vanno conosciute e
rispettate. Se volete vivere l’emozione di una maratona dovete allenarvi e poi
correre: se percorrete i 42 km in automobile, è tutt’altra cosa. Portare gente in
montagna va bene, ma se non sanno cos’è una montagna è come guardare
una cartolina, solo un po’ più costoso. Chi dice che associazioni come la nostra
propongono un turismo elitario è in malafede, quello che noi proponiamo non è
un turismo rivolto a pochi eletti bensì un turismo intelligente e rispettoso,
confidiamo che gli intelligenti e i rispettosi siano davvero tanti e che possiamo
contribuire ad accrescerne ulteriormente il numero. Se i soldi anziché spenderli
in impianti li spendessimo in centri visita del Parco, per esempio, forse
avremmo turisti più consapevoli ed un ambiente meno maltrattato.
E’ difficile progettare il futuro, occorre visione prospettica e un certo distacco
dai condizionamenti di carattere politico ed economico: chi progetta ed
impianta un bosco non vedrà mai il frutto del proprio lavoro, ma chi verrà dopo
di lui ne coglierà i frutti. Il Parco ha soprattutto una funzione sociale, è un bene
della collettività, e come tale deve essere gestito per garantire alle prossime
generazioni di poterne ancora usufruire. Enti parco, amministrazioni locali,
comunità montane oggi più di ieri devono confrontarsi con l’universo
ambientalista che ha da tempo abbandonato le posizioni del NO, per lanciarsi
con competenza e attendibilità sul terreno della proposta e del dialogo. La
montagna può produrre reddito, e per sopravvivere nella nostra società dei
capitali deve farlo, ma il reddito deve essere diffuso; se a guadagnare sono
sempre e solo i soliti noti, allora la nostra italietta potrà anche essere entrata in
Europa, ma l’Europa ci guarderà sempre come il giullare di corte, come quelli
che propongono le grandi opere ma poi non trovano i soldi per sbarcare il
lunario nella vita quotidiana.
E allora perché no, attiviamo un grande ponte umanitario che attraversi il Gran
Sasso ed unisca i diversi versanti, questa sì è una grande opera realizzabile;
diamo forza alle nostre idee, diamogli visibilità, costruiamo un fronte congiunto
per respingere l’assedio. Sarà un ponte con i colori dell’arcobaleno.

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