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Proteine che legano O2: mioglobina ed emoglobina

L’ossigeno molecolare ha un ruolo importantissimo a livello metabolico, dal momento che permette
l’attuazione di processi ad alta resa energetica come il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa.
Per questo motivo, esistono nel corpo umano delle proteine che trasportano, depositano e legano
O2 permettendone l’utilizzazione: stiamo parlando dell’emoglobina, della mioglobina e della
citocromo c-ossidasi. L’ossigeno che perviene nel corpo umano tramite le vie respiratorie è legato
all’emoglobina- una proteina ad affinità variabile per l’ossigeno che negli alveoli, in cui la Po2 è circa
100 mmHg, ha alta affinità per l’ossigeno. L’emoglobina, giunta ai tessuti, dove la Po 2 è circa 30
mmHg, cede l’ossigeno alla mioglobina che ha un’affinità più alta e funge da deposito a livello delle
fibre muscolari. Nel citosol, l’ossigeno diffonde verso la citocromo c-ossidasi che ha un’affinità
ancora maggiore della mioglobina e che ne permette l’utilizzazione come accettore finale di
elettroni nella catena di trasporto. Queste tre proteine hanno in comune il gruppo prostetico, cioè
il gruppo eme.
L’eme è formato da una protoporfirina, cioè un anello tetrapirrolico al cui centro si trova un atomo
di Fe2+, a formare la ferroprotoporfirina IX, in cui l’atomo ferroso è esacoordinato, cioè presenta
quattro legami planari con quattro atomi di azoto della protoporfirina e due legami perpendicolari
all’anello, uno con l’ossigeno ed uno con una particolare istidina della catena F, chiamata istidina
prossimale F8.

Il fatto che l’EME si trovi all’interno di una proteina e non isolato è di fondamentale importanza, ed
è questo il fattore che permette l’utilizzo di ossigeno e previene la sua qualità di specie ossidante.
Un gruppo EME isolato subisce la reazione Fe2+ + O2 Fe3+ + O2- cioè la formazione di una specie
ROS, più nello specifico dello ione superossido. La presenza dell’eme in una tasca proteica previene
la formazione dello ione superossido poiché quando l’ossigeno viene a legarsi al ferro nella forma
ferrosa, esso viene legato anche ad una particolare istidina, l’istidina E7 distale, cosicché si realizzi
una reazione di ossigenazione e non di ossidazione.
Mioglobina (Mb)
La Mioglobina è una proteina globulare e monomerica, del peso di 17 kDa, appartenente al gruppo
delle emoproteine, quel particolare insieme di proteine coniugate ad un gruppo prostetico che è
l’EME. L’apoproteina è composta da una catena di 153 residui amminoacidici, in cui è abbondante
la presenza di alpha-eliche che costituiscono all’incirca l’80% della catena. Più specificatamente, le
eliche sono 8, indicate dalla lettera A alla lettera F, e sono collegate da ripiegamenti ß tipici della
mioglobina e dell’emoglobina, che prendono il nome di ripiegamenti globinici. L’EME è composto
da una ferroportoporfirina IX con 4 gruppi metilici e 2 vinilici interni e 2 propionici esterni; l’atomo
di Fe2+ al centro della protoporfirina è esacoordinato con 4 legami planari agli atoni di azoto della
protoporfirina e con 2 legami perpendicolari all’anello tertrapirrolico, uno con l’istidina prossimale
F8 ed uno con l’ossigeno. L’EME è inserito in una tasca idrofobica a livello delle eliche E ed F e
l’importanza dell’EME come gruppo coniugato all’apoproteina sussiste nel fatto che esso permette
il deposito di O2,senza che questo si riduca a ione superossido una volta ossidato il ferro. Questa
proprietà particolare è dovuta al fatto che, quando il ferro viene legato all’ossigeno, quest’ultimo
forma un legame con l’istidina E7 distale. La Mioglobina è una proteina avente un’affinità per
l’ossigeno maggiore rispetto all’emoglobina e questa affinità è quantificabile ricorrendo alla Kd, una
costante termodinamica di dissociazione che esprime l’equilibrio Mb + O2 MbO2 in funzione
[𝑀𝑏][𝑂2]
della reazione in cui la mioglobina cede l’ossigeno. Kd= [𝑀𝑏𝑂2] da cui è chiaro che se Kd0, allora
l’affinità proteina-ligando +∞.
E’ possibile quantificare l’affinità della mioglobina per l’ossigeno come rapporto tra il numero di siti
[𝑀𝑏𝑂2]
occupati e il numero di siti liberi (𝜃), cioè come la frazione di mioglobina satura. 𝜃=[𝑀𝑏]+[𝑂2], se il
rapporto tende a zero allora i siti liberi saranno più dei siti occupati, mentre se il rapporto tende ad
1 la situazione sarà quella opposta. Riscrivendo questa equazione in funzione della costante di
dissociazione, otteniamo l’equazione di un’iperbole:
[𝑂2] 𝑃𝑜2
𝜃 = 𝐾𝑑+[𝑂2] = 𝐾𝑑+𝑃𝑜2
Dalla curva di saturazione della
mioglobina si nota che 𝜃 tende
asintoticamente ad 1, inoltre,
esiste un valore di Po2 per cui il
50% della mioglobina è saturata,
questo valore, chiamato anche P50
equivale a 2.8 mmHg. Dato che nel
citosol la pressione parziale
dell’ossigeno raggiunge valori di
10 mmHg, nell’ambiente cellulare
quasi il 90% della mioglobina è
saturata.
E’ questo che ci permette di
ribadire la funzione della mioglobina di deposito di ossigeno. L’affinità della mioglobina per
l’ossigeno dipende dunque dalla pressione parziale del gas e dalla conformazione della proteina.
Ribadiamo, dunque, il concetto per cui l’EME isolato lega il ferro in una trasformazione altissima e
irreversibile, ma quando questo è ospitato dalla mioglobina nella tasca offerta dalle eliche E ed F, la
sua affinità è minore, la trasformazione non è più irreversibile, non si realizza l’ossidazione ma solo
l’ossigenazione di Fe2+ e gran parte del merito è dell’istidina E7 distale.
Emoglobina (Hb)
L’emoglobina è una proteina tetramerica, a struttura quaternaria, deputata al trasporto di ossigeno
dagli alveoli ai tessuti. Le catene dell’emoglobina sono codificate a partire da alcuni geni, chiamati
globinici, i quali codificano per le catene 𝛼 e per le catene ß. Del primo gruppo fanno parte le catene
𝛼 e 𝜁, mentre del secondo gruppo fanno parte le catene ß, 𝛾, 𝛿 𝑒𝑑 𝜀.
A seconda dell’epoca dell’individuo i geni delle globine vanno incontro a meccanismi di regolazione
dell’espressione genica che determinano quale delle sequenze codificanti debba essere trascritta in
mRNA. Durante la vita embrionale le prime catene ad essere tradotte sono zheta ed epsilon, intorno
al terzo mese le catene zheta sono sostituite dalle catene alpha e quelle epsilon dalle catene gamma.
Durante il periodo fetale l’emoglobina è per la massima parte composta da catene alpha e gamma
ed in piccola parte da catene alpha e beta. Fin dal terzo mese di vita, l’emoglobina è costituita per
la massima parte da catene alpha e beta e in minima parte da catene alpha e delta.
L’emoglobina adulta, 𝜶𝟐𝜷𝟐, è una proteina globulare di peso 64.5kDa e del diametro di circa 5.5
nm composta da due catene alpha di 141 residui amminoacidici e due catene beta di 146 residui
amminoacidici. Come nella Mioglobina, anche nell’Emoglobina l’80% circa della molecola è
organizzata in strutture α-elica e ogni subunità ospita un gruppo EME nella tasca idrofobica
delimitata dalle catene E ed F; anche in questo caso l’atomo di Fe2+ è esacoordinato da quattro
legami planari con gli atomi di azoto della ferroprotoporfirina IX, dal legame con l’ossigeno e dal
legame con l’istidina F8 prossimale. A differenza, però, della Mioglobina, l’Emoglobina non
possiede l’elica D nelle catene alpha, è una proteina deputata al trasporto, non al deposito, di
ossigeno ed è organizzata in una struttura quaternaria, in cui è possibile distinguere due protomeri
𝛼1𝛽1 e 𝛼2𝛽2: la struttura quaternaria è stabilizzata da interazioni non covalenti, vale a dire da forze
intermolecolari di Van der Waals –ponti salini ed interazioni idrofobiche- le quali coinvolgono 30
residui amminoacidici (quelli delle eliche B,G,H e del loop BG), quando si instaurano tra le catene
interne al protomero, e 19 residui (quelli delle eliche C e G e del loop FG) quando si instaurano tra
i due protomeri.
Il fatto che l’Emoglobina sia una proteina a struttura quaternaria determina due proprietà che sono
fondamentali nel delineare l’affinità al suo ligando che è l’ossigeno: queste due proprietà sono
cooperatività ed allosterismo. Per cooperatività si intende l’effetto causato dall’ossigeno di
modificazione conformazionale delle subunità, dovuta ad interazione tra una subunità legante
l’ossigeno e quella adiacente, vale a dire che, quando una delle quattro subunità lega l’ossigeno
cambiando conformazione, essa stessa induce un cambiamento conformazionale nella subunità
vicina che presenterà, a quel punto, un’affinità maggiore per il ligando. È questo un esempio di
omoallosterismo, cioè di un cambiamento conformazionale indotto da un modulatore allosterico
che è il ligando stesso, mentre di eteroallosterismo si parla quando il modulatore, essendo diverso
dal ligando, lega la proteina in un sito che non è quello di binding del ligando.
La cooperatività e l’allosterismo, caratterizzanti l’emoglobina, fanno sì che l’emoglobina sia una
proteina ad affinità variabile per il suo ligando: se l’emoglobina fosse una proteina ad alta affinità
per l’ossigeno, una volta legatolo a livello alveolare, non lo rilascerebbe a livello tissutale; al
contrario, se fosse a bassa affinità non potrebbe avvenire, se non in minima parte, il legame con il
ligando. Questa variabile affinità dell’emoglobina per il suo ligando è, sì, funzione della Po 2 (100
mmHg negli alveoli e 20-30 mmHg nei tessuti) ma dipende anche in gran parte dalle transizioni
allosteriche della molecola, cosicché la curva di saturazione dell’emoglobina abbia un andamento
sigmoide. Infatti, se l’affinità fosse solo funzione della pressione parziale di ossigeno, la curva di
saturazione dell’Emoglobina assumerebbe andamento iperbolico, similmente a quella della
mioglobina.
Dal grafico si nota come l’Emoglobina abbia alta affinità
per l’O2 ad alte pressioni parziali, tant’è vero che negli
alveoli, dove la Po2 raggiunge valori di 100 mmHg, la
percentuale di saturazione tende asintoticamente al
100%. Il discorso opposto si può applicare alle sedi
tissutali ove la Po2 assume valori compresi tra 20-40
mmHg e in cui l’Emoglobina rilascia ossigeno. In
particolare, la P50, cioè la pressione a cui l’emoglobina
rilascia il 50% dell’ossigeno che lega è 26 mmHg. Gran
parte del perché l’affinità dell’Emoglobina per O2 sia
variabile è spiegato dalla cooperatività e
dall’allosterismo. Infatti, i 4 gruppi EME non legano
contemporaneamente l’ossigeno, ma il legame di una
subunità induce cambiamento conformazionale in quella vicina che lega il ligando con una affinità
maggiore e così via fino alla quarta subunità che presenta l’affinità massima per l’ossigeno il quale
è legato con velocità massima, cosicché le subunità siano inter-dipendenti: si parla in tal caso di
cooperatività positiva di legame.
Le transizioni allosteriche ossi/desossi-emoglobina riguardano essenzialmente la rottura dei ponti
salini che stabilizzano le catene dei due protomeri (30 AA delle eliche B,G,H e del loop BG) e i due
protomeri (19 AA delle eliche C,G e del loop FG), che determina una rotazione di 15° tra i due
protomeri, nonché il restringimento della tasca idrofobica che ospita l’EME, e il passaggio dallo
stato T a bassa affinità allo stato R ad alta affinità. Questi due stati sono in equilibrio, il quale è
spostato verso lo stato T avente più bassa energia poiché stabilizzato dalla presenza dei ponti salini,
e il passaggio da uno stato all’altro è determinato dalla presenza di ossigeno.
Uno dei più importanti ponti salini che stabilizzano lo stato T è quello che si instaura nella catena ß2
tra Asp94 e His146, la quale è carbossi-terminale e presenta il gruppo carbossilico depronotato,
quindi instaura un ponte salino con Lys40 della catena 𝛼 1.
Tra le catene 𝛼 1 𝑒 𝛼 2 (e viceversa) si instaura un ponte salino tra Arg141 di una catena ed Asp126
dell’altra catena . Come detto, il principale artefice delle transizioni allosteriche è l’ossigeno, quale
modulatore omoallosterico positivo: quando Fe2+ non è ossigenato, si trova al di fuori dell’anello
tetrapirrolico di circa 0.6 Å, quasi a formare una cupola. Il ferro può formare dei composti di
coordinazione (come lo ione esacianoferrato) e a seconda delle circostanze può trovarsi nello stato
ad alto spin, cioè con un orbitale d occupato e 5 semioccupati, o nello stato a basso spin, con due
orbitali d vuoti e tre occupati completamente. Quando O2 lega l’atomo di ferro, questo passa dallo
stato ad alto spin allo stato a basso spin, così da ridurre il suo raggio atomico e venire a trovarsi
sfalsato di soli 0.2 Å rispetto al piano della ferroprotoporfirina IX. Il ferro presenta un legame di
coordinazione con l’istidina F8 prossimale dell’elica F: quando riduce il suo raggio atomico nella
configurazione a basso spin, tira verso di sé l’istidina prossimale determinando una riduzione della
tasca idrofobica in cui alloggia l’EME, quella delimitata dalle eliche E ed F, e
I modelli utilizzati per spiegare le transizioni allosteriche dell’emoglobina sono quello concertato di
Monod e quello sequenziale di Koshland. Il primo prevede che la molecola di emoglobina sia in
equilibrio tra lo stato T e lo stato R e che i cambiamenti conformazionali siano determinati da uno
spostamento dell’equilibrio TR indotto dall’O2 il quale può legare sia l’emoglobina in forma T
che l’emoglobina in forma R, quest’ultima con maggiore affinità, determinando un cambiamento di
tutta la molecola dallo stato T a quello R. Questo modello, non contemplando la coesistenza di
subunità in conformazione differente non rende atto al fenomeno della cooperatività positiva di
legame. Il modello di Koshland, altresì detto sequenziale, prevede che in assenza di O2 l’emoglobina
esista solo nella forma R e che il cambiamento conformazionale sia indotto dall’ossigeno quando
lega una delle quattro subunità, la quale a sua volta permette la transizione allosterica della
subinutà adiacente che si ossigenerà con affinità ancora maggiore rispetto alla precedente. Questo
modello considera il fenomeno della cooperatività di legame ed è la base del modello attuale che
prevede prima l’ossigenazione delle catene 𝛼 e poi delle catene ß, con affinità sempre crescente.
Essendo una proteina sia omoallosterica che eteroallosterica, l’emoglobina possiede sia un
modulatore omotropico positivo che modulatori eterotropi negativi, che sono CO2, H+, e 2,3-
bisfosfoglicerato.
L’anidride carbonica, prodotto della degradazione ossidativa completa del glucosio nel ciclo di
Krebs, viene trasportata all’80% tramite trasporto indiretto e al 20% per trasporto diretto, vale a
dire legata covalentemente all’emoglobina in un sito diverso da quello di binding dell’ossigeno.
L’anidride carbonica è un gas che a livello tissutale diffonde per gradiente di concentrazione
(Pco2=40 mmHg) nelle membrane degli eritrociti, in cui l’enzima anidrasi carbonica idrata la
molecola in acido carbonico il quale si dissocia in idrogenioni (che contribuiscono ad acidificare il
pH e stabilizzare la forma T a bassa affinità) e ione bicarbonato, il quale viene trasportato nel plasma
da una proteina trasportatrice elettro-neutra, che immette il cloruro nell’eritrocita. Per trasporto
diretto, invece, a livello tissutale l’anidride carbonica lega i residui ammino-terminali, con
espulsione di un protone che acidifica anch’esso il pH, stabilizzando i ponti salini della forma T
(O=C=O + NH2—R  O=C-O---NH + H+).
Dunque, l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno è anche funzione del pH e questa particolare
correlazione prende il nome di effetto Bohr (dal nome del fisiologo danese Christian Bohr, padre del
fisico Niels). Ciò che prescrive l’effetto Bohr è che l’equilibrio di associazione/dissociazione
dell’emoglobina possa essere scritto in funzione sia della pressione parziale dell’ossigeno sia in
funzione della concentrazione degli idrogenioni: HbH++ 4O2Hb4O2+H+.
Il motivo di questa modulazione negativa dei protoni sull’emoglobina è dovuto alla stabilizzazione
di alcuni ponti salini: lo stato T è stabilizzato principalmente dal legame tra Asp94 e His146, alla quale
può legarsi lo ione H+ (poiché le istidine 146 si trovano nelle due catene ß, ogni emoglobina lega 2
protoni). Quando His146 è protonata si viene a creare una coppia ionica con Asp94 carico
negativamente che stabilizza la forma protonata dell’anello imidazolico, il quale viene ad assumere
un pKa alto, essendo il valore del pK più alto del pH tissutale, l’istidina non deprotona. Al contrario,
quando si giunge nei polmoni, dove la pressione parziale di O2 è massima, l’affinità dell’emoglobina
per l’ossigeno tende a salire, dunque questa lega l’ossigeno e avviene la transizione dalla forma T
alla forma R che implica la rottura del ponte salino, la diminuzione del pK a dell’istidina (circa 6.5), e
il pH polmonare di 7.6 contribuisce a spostare l’equilibrio HbH++4O2Hb4O2+H+ destra, cosicché
venga legato ossigeno. Inoltre, sempre a livello polmonare, dove la Pco2 tende a zero, l’equilibrio di
dissociazione dell’acido carbonico CO2+H2OH2CO3H++HCO3- si sposta verso sinistra, cioè
verso il rilascio di anidride carbonica, a partire da ione bicarbonato, il quale associandosi con i
protoni liberati dall’istidina 146 forma acido carbonico il quale è scisso dall’anidrasi carbonica in
acqua e anidride carbonica, che viene espulsa. Contemporaneamente, nella carbammino-
emoglobina, quella che trasporta direttamente anidride carbonica a livello dei polmoni, l’anidride
carbonica legata all’N-terminale (O=C-O--- NH) si sgancia: l’ossigeno carico negativamente riprende
il doppietto condiviso con l’azoto ed avviene l’uscita.
Non è dunque un caso che l’emoglobina si trovi nello stato T a bassa affinità nei tessuti, dove la
presenza di CO2, che acidifica il pH, fa sì che i protoni leghino l’istidina 146 la quale ha un pK di
dissociazione relativamente alto nelle sedi tissutali e non deprotona, stabilizzando lo stato T per
formazione del ponte salino con Asp94. Al contrario, a livello polmonare, la pressione parziale
dell’ossigeno induce un aumento dell’affinità dell’emoglobina, che legandolo rilascia protoni, che si
associano allo ione bicarbonato (giunto per trasporto indiretto) riformando acido carbonico, il quale
viene convertito in anidride carbonica che viene espulsa –la reazione catalizzata dall’anidrasi
carbonica è reversibile.
Un altro modulatore allosterico negativo molto importante è il 2,3-bisfosfoglicerato, che deriva da
un intermedio della glicolisi: l’1,3-difosfoglicerato che grazie all’enzima mutasi è convertito nel
modulatore eteroallosterico negativo dell’emoglobina. Il 2,3-BPG è un modulatore molto
importante, dal momento che è uno dei principali stabilizzatori dello stato T. Inseritosi tra le due
catene ß, il 2,3-BPG instaura ponti salini con His143, Lys82 e His2. Quindi, per descrivere l’affinità
dell’emoglobina verso l’ossigeno introduciamo un altro equilibrio chimico:
Hb—2,3-BPG + O2  HbO2+ 2,3-BPG
da cui è chiaro che a basse pressioni parziali di ossigeno, l’organismo tende a far aumentare la
concentrazione del 2,3-bisfosfoglicerato (da 5 mM ad 8-10 mM) in modo tale da spostare
l’equilibrio verso la cessione di ossigeno ai tessuti, grazie alla formazione di legami tra His2, His143,
Lys82 e i gruppi anionici del modulatore allosterico.
La presenza nell’emoglobina fetale di catene 𝛾, in cui è mancante His143, è la causa della maggiore
affinità verso l’ossigeno: formando il 2,3-BPG un ponte salino in meno, questi stabilizza in maniera
minore la forma T dell’emoglobina.
Oltre che avere affinità per l’ossigeno, l’emoglobina ha anche affinità per il monossido di carbonio
che può anche legare l’EME della mioglobina e della citocromo c-ossidasi (come NO). Come l’affinità
di mioglobina ed emoglobina per l’ossigeno dipende dal fatto che l’EME si trovi all’interno di una
tasca proteica idrofobica, anche per il CO vale lo stesso discorso. Quando l’EME è isolato, il CO lega
l’atomo ferroso disponendosi perpendicolarmente al piano della ferroprotoporfirina IX, mentre la
presenza dell’istidina distale E7, che causa un ingombro sterico, fa sì che l’angolo di legame sia quasi
uguale a quello dell’ossigeno cosicché l’affinità per il monossido di carbonio sia solo 200 volte
maggiore, mentre se l’EME è isolato l’affinità è 20000 volte quella dell’ossigeno. Molecole leganti
per il 50% CO mostrano una ridotta capacità di rilasciare a livello tissutale l’ossigeno, hanno cioè
un’affinità maggiore.

Grafico di saturazione dell’emoglobina


quando il 50% dei siti di binding
dell’ossigeno sono occupati dal monossido
di carbonio

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