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L’IMPERO ZARISTA
La Russia zarista fra arretratezza e modernizzazione
Nel febbraio del '17 uno sciopero, seguito da un'insurrezione dell'esercito, costrinse lo zar ad abdicare (15 marzo).
Venne istituito un governo costituente presieduto da Kerenskij (vicino alle idee socialiste rivoluzionarie). Le cause
del crollo del regno degli zar, che solo pochi anni prima (dal 1861) aveva dato inizio ad un processo di
modernizzazione della Russia (abolizione servitù della gleba, industrializzazione ecc.) sono principalmente:
Questione contadina: la liberazione della servitù determinò un incremento della produzione ed esportazione
agricola nel paese, ma continuava a sussistere il problema delle terre; queste erano infatti suddivise in maniera
estremamente diseguale. Quasi la metà dei campi coltivabili erano in possesso di grandi proprietari terrieri e dei
Kulaki (contadini agiati); il resto era distribuito tra milioni di contadini poverissimi, che non riuscivano così ad
acquistare merci che non fossero di prima necessità.
Questione operaia: nonostante l'industrializzazione iniziata nell'ultimo decennio dell'800, la classe operaia era
molto poco numerosa; questo perché mancava in gran parte una mentalità imprenditoriale, le industrie
nascevano solo grazie a investimenti statali o esteri. In questa condizione i lavoratori erano ben poco tutelati e
lavoravano in condizioni pessime, con salari bassissimi e orari prolungati.
I partiti d'opposizione e gli obiettivi della lotta politica
La Russia, politicamente, agli inizi del '900 era autocratica e si riteneva che il potere dello zar derivasse da Dio,
quindi non esisteva parlamento e l'attività politica era strettamente controllata; nonostante tutto si
organizzarono diversi partiti d'opposizione:
Partito costituzionale-democratico: d'ispirazione borghese liberale, aveva come principale obiettivo l'istituzione di
un parlamento elettivo e forte.
Partito social-rivoluzionario: nasce nel 1901 ispirato al populismo russo; il suo obiettivo è la redistribuzione della
terra e la valorizzazione delle tradizioni comunitarie del mondo contadino.
Partito operaio socialdemocratico: di orientamento marxista e in linea con le idee della Seconda Internazionale,
nasce nel 1898; riteneva che solo lo sviluppo di una forte classe operaia avrebbe permesso la rivoluzione; infatti le
rivendicazioni dei contadini erano ritenute di tipo conservatore. Dal 1903 iniziò a crearsi una profonda spaccatura
tra i moderati Menscevichi e i rivoluzionari Bolscevichi; le principali polemiche furono:
Concezione del partito:
Menscevichi: doveva organizzarsi come un'organizzazione di massa aperta ad ogni simpatizzante.
Bolscevichi: doveva essere forte e amministrato da pochi ristretti “gruppi” rivoluzionari, con un potere
fortemente centralizzato.
Valutazioni sulle possibilità e modalità di riuscita della rivoluzione:
Menscevichi: ritenevano le possibilità che scoppiasse e riuscisse molto remote, data la debolezza della classe
operaia; puntavano dunque su una rivoluzione democratico-borghese, per far crollare il regime zarista.
Bolscevichi: guidati dalle idee di Lenin, ritenevano che la borghesia non fosse in grado di portare avanti alcuna
rivolta; doveva quindi essere il proletariato a far scoppiare una rivoluzione democratico-borghese come preludio
di quella socialista; inoltre Lenin era convinto che le condizioni fossero ormai propizie per far questo.
La rivoluzione del 1905
La prima esplosione rivoluzionaria ebbe luogo a causa della guerra russo-giapponese, che vide la marina dello zar
in grave difficoltà. Fu così che nel gennaio 1905, contro il governo, scoppiò uno sciopero seguito da una grande e
pacifica manifestazione popolare in favore del miglioramento delle condizioni dei lavoratori e dell'istituzione di
un'assemblea costituente. La risposta a questa manifestazione fu brutale: i soldati spararono sulla folla. Il giorno
viene ricordato come “Domenica di sangue” e fece dissolvere momentaneamente i contrasti fra le opposizioni che
si unirono contro il regime. Nell'ottobre del '05, a causa degli scioperi, lo zar istituì un parlamento: la Duma. I
liberali a questo punto, ritenendosi soddisfatti, abbandonarono le altre opposizioni (che invece continuavano a
chiedere riforme più sostanziali). Alle nuove richieste lo Zar rispose sciogliendo la Duma, che in seguito fu riaperta
ma con un suffragio molto ristretto, in modo che fosse costituita da forze unicamente conservatrici.
La rivoluzione del '05 convinse i bolscevichi riguardo la veridicità delle loro idee, e cioè:
Dell'incapacità della borghesia a portare avanti un processo rivoluzionario, dato che questa era troppo spaventata
dalla possibilità che lo scontro sociale si trasformasse in una rivoluzione proletaria, preferendo quindi allearsi con
la vecchia aristocrazia che voleva abbattere.
Del fatto che la classe operaia era matura per portare avanti la rivoluzione alleandosi come i contadini; questo fu
dimostrato dall'istituzione del Soviet dei lavoratori, seppure avesse poi avuto vita brevissima.
Le riforme di Stolypin e i rapporti sociali nelle campagne.
Il nuovo governo cercò così di ottenere il successo per mezzo di una politica riformatrice riguardo la questione
delle terre. Il primo ministro Stolypin emanò così dei provvedimenti al fine di:
Creare un ceto medio agrario che doveva rafforzare la produzione e dare maggiore stabilità sociale allo stato. Fino
a quel momento infatti le terre erano in mano o ai grandi proprietari terrieri, o ai Mir (assemblee dei villaggi che
ogni anno distribuivano le terre tra i contadini e li pagavano per il loro lavoro). Stolypin diede, dunque, in
possesso ai contadini quei terreni che prima venivano affidati loro annualmente dai Mir.
La riforma però ebbe anche diversi risvolti negativi:
I contadini, privi dei mezzi per sostenere i terreni acquisiti, furono costretti a rivenderla, non più ai Mir, ma ai
contadini ricchi; questi, che avevano precedentemente ceduto anche parte dei loro terreni venendo rimborsati
dallo stato, li ricomprarono così a prezzo più basso.
I contadini agiati (Kulaki) furono così i veri beneficiari della riforma, dato che riuscirono ad arricchirsi
enormemente. Così i contadini ormai senza terra diventarono Braccianti o andarono a cercare lavoro come operai
nelle città; l'esiguo numero delle industrie però non poteva soddisfare l'enorme richiesta di lavoro, pertanto
aumentò tantissimo la tensione sociale. L'obiettivo bolscevico dell'alleanza tra contadini e operai era sempre più
vicino.
LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE
La crisi di luglio: disgregazione dell'esercito e delegittimazione del governo
La possibilità di realizzare il programma di Lenin aumentarono in Luglio. Tutto ciò a causa di un'offensiva in Galizia
che si rivelò fallimentare e che ebbe gravi ripercussioni sulla stabilità del governo di Kerenskij. Infatti:
L'esercito si disunì generalmente.
I contadini intensificarono le azioni di occupazione dei terreni signorili.
Il governo era ormai in gravissima crisi e i Menscevichi, che lo avevano appoggiato, persero credibilità insieme ad
esso; si stava creando un vuoto di potere. La situazione venne così sfruttata dai soldati, che con un tentativo di
colpo di stato misero fuorilegge i bolscevichi e cercarono di instaurare una dittatura militare (liquidando i Soviet)
guidata dal capo di stato maggiore Kornilov; il tentativo fallì grazie alla resistenza dei soldati rivoluzionari di
Pietrogrado. Nel mentre l'inflazione cresceva enormemente; la quantità di cartamoneta in circolo e i prezzi erano
aumentati esponenzialmente. Esplosero dunque varie rivolte all'interno dell'esercito: i reparti si rifiutavano di
partire al fronte; la situazione per l'esecutivo di Kerenskij era ormai disperata. Alla successive elezioni della Duma,
i Bolscevichi, che prima erano in minoranza, ottennero la maggioranza relativa e iniziarono a concretizzare il loro
progetto.
La scelta rivoluzionaria e la presa del Palazzo d'inverno
Il 10 ottobre fu convocato il comitato centrale bolscevico e fu approvato il programma che sarebbe stato portato
avanti, si scelse la soluzione rivoluzionaria:
Rovesciare Kerenskij.
Impadronirsi del potere.
Prevenire l'Assemblea costituente.
Fu così eletto, per la prima volta, il Politbjuro (ufficio politico) cui delegare le più importanti scelte politiche, ne
facevano parte i più importanti esponenti del partito. I Soviet, nel vuoto legale che si era formato nel mentre,
erano ormai l'unico punto di riferimento politico riconosciuto dalla popolazione. Nell'ottobre (ortodosso) del '17
ebbe quindi inizio l'insurrezione guidata dall'appena istituito Comitato militare rivoluzionario; la rivolta fu guidata
da Trockij e portò i rivoluzionari ad impadronirsi di punti strategici, appoggiati dall'esercito e dagli operai. Il
governo fu sciolto dopo l'assalto al Palazzo d'inverno e al suo posto venne instaurato il Consiglio dei commissari
del popolo (presieduto da Lenin) che da novembre promulgò i primi provvedimenti:
Pace senza annessioni né indennità.
Sopprimere le grandi proprietà per spartirle tra i contadini.
Istituire un controllo per operai e impiegati.
Uguaglianza e autodecisione di tutti i popoli russi.
La rivoluzione era basata sull'alleanza tra contadini e operai e riconosceva il potere dei Soviet. A novembre, come
previsto, si votò per l'Assemblea costituente (sperando che il potere venisse definitivamente legittimato), ma i
bolscevichi vennero battuti dal partito Socialrivoluzionario; aperta l'assemblea, i bolscevichi non la riconobbero
come valida e la sciolsero; la sovranità era infatti solo dei Soviet, in realtà il potere era ormai nelle mani del
partito, che si era ribattezzato Partito Comunista dell'Unione Sovietica.
L'uscita dalla guerra: la pace di Brest-Litovsk
Il problema più complesso e urgente che il nuovo governo rivoluzionario dovette affrontare fu l'uscita della Russia
dalla guerra. Il problema principale era rappresentato dal fatto che le forze alleate erano contrarie e si erano
dichiarate disposte ad appoggiare finanziariamente, militarmente ecc. coloro che si opponevano al nuovo
governo. La scelta dunque oscillava tra due opzioni:
Impiegare le proprie risorse, militari e non, per una guerra estenuante contro l'esercito tedesco al fine di
esportare la rivoluzione in Germania.
Concentrare le forze nella guerra civile che sarebbe scoppiata, in difesa del nuovo stato sovietico, contro le forze
controrivoluzionarie che andavano organizzandosi (come l'Armata Bianca).
Dopo grandi polemiche, si appoggiò la posizione di Lenin e venne approvato il secondo progetto. Fu firmata così la
pace di Brest-Litovsk, che sanciva la perdita di grandi territori e la cessione di molte industrie. Questa catastrofica
resa era comunque ritenuta indispensabile per:
Rafforzare il governo.
Ricostruire il paese.
Affrontare la guerra civile che, comunque, sarebbe scoppiata in ogni caso (anche se la guerra fosse continuata).
LA NASCITA DELL’URSS
Fine del “comunismo di guerra”” e nascita dell'Urss
Nel 1921 il regime comunista trovò stabilità interna, che prima di tutto si tradusse con l'abbandono dell'economia
di guerra; la classe dirigente bolscevica introdusse la Nep, in cui sarebbero dovuti coesistere i principi del
socialismo e la crescita di libere forze economiche. Nel '22 fu poi definito l'assetto istituzionale dello stato:
federazione → Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS); all'interno dello stato federale formalmente
tutte le repubbliche avevano gli stessi diritti della Russia. Negli anni seguenti l'URSS si riprese economicamente e
ottenne i primi riconoscimenti diplomatici, stava quindi diventando un punto di riferimento per la “rivoluzione
mondiale”. Lenin inoltre proponeva la nascita della Terza internazionale (il “partito internazionale
dell'insurrezione”), la quale avrebbe dovuto avere:
Lo spirito intransigente e rigoroso della prima internazionale.
Il senso dell'organizzazione della seconda. Rifiutando però da questa il parlamentarismo e l'inclinazione al
compromesso.
La Terza internazionale e la nascita dei partiti comunisti
All'interno della Terza internazionale si definirono due correnti:
Una con sede ad Amsterdam, seguace del sindacalismo rivoluzionario e della concezione di democrazia popolare.
L'altra con sede a Berlino, fedele alle posizioni di Lenin e Trockij.
Riuscì a prevalere questa linea: Lenin in un opuscolo ( L'estremismo, malattia infantile del comunismo) sosteneva
la necessità di abbandonare il sindacalismo rivoluzionario, cercare una più matura organizzazione e aderire ai
sindacati maggioritari (anche se di estrema destra). Al congresso di Mosca vennero poi stabilite le 21 condizioni
per aderire all'Internazionale: i partiti dovevano conformarsi al modello bolscevico, quindi optare per il
“centralismo democratico” scegliendo una struttura interna rigida e gerarchica, inoltre il partito doveva orientarsi
alla prospettiva rivoluzionaria, solidale con l'Unione Sovietica, e espellere le correnti rivoluzionarie.
Ecco che in Francia (1920), Italia (1921) e Germania a causa di varie scissioni fra i socialisti nacquero i nuovi partiti
comunisti, quelli cioè che avevano accettato, fra i vecchi socialisti, le condizioni per entrare nell'Internazionale.
L'Internazionale era un'organizzazione molto vasta, ma divisa al suo interno. C'era infatti chi sperava in una
rivoluzione in tempi brevi (questione accantonata durante i congressi) e criticava la Nep; la dirigenza reagì in
maniera netta e intransigente nei loro confronti.
Accumulazione o pianificazione: i contrasti sulla Nep
Nel 1921 prese via la Nep che introdusse una debole economia di mercato (i contadini potevano vendere i loro
prodotti, pagando un'imposta), tornò in circolo la moneta unica e fu ripristinata parzialmente la proprietà
privata; infatti le piccole aziende con meno di 20 operai erano a conduzione privata, le restanti (medie e grandi)
erano invece controllate dallo stato. Il massimo teorico della Nep, Bucharin, era convinto che si sarebbe potuto
avviare un processo industriale solo dopo il rafforzamento dell'economia agricola (con il motto “contadini
arricchitevi”), grazie alla quale sarebbe aumentata la domanda industriale avviando così un circolo virtuoso. La
Nep infatti riuscì a risanare le finanze russe e a rimediare all'inflazione. Gli oppositori, capeggiati da Lev Trockij,
sostenevano invece un programma di pianificazione economica fortemente centralizzata con il
ridimensionamento dell'agricoltura.