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Arktika
La sfida dell‟Artico
Il Polo Nord tra geopolitica e risorse energetiche
Fuoco Edizioni
© Fuoco Edizioni - www.fuoco-edizioni.it
ISBN 978-88-904658-1-9
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dell'allora Segretario di Stato nordamericano, l'acquisizione dell'Alaska
rappresentava, almeno per quell'epoca, il punto d'arrivo della politica
"nordica" di Washington.
Infatti gli Stati Uniti, intenzionati a proiettare la propria potenza verso il
Polo artico, avevano intavolato, negli stessi anni, alcune trattative con la
Danimarca in merito all'acquisto della Groenlandia.
Come noto, gli USA raggiunsero l'obiettivo strategico di controllare
gran parte del Circolo Polare Artico solo dopo la Seconda Guerra Mon-
diale, istallando proprio nell‟Isola Verde la base militare di Thule.
Con l‟ingresso del nuovo arrivato nel club delle nazioni circumpolari
cominciano a germinare le frizioni che contrassegneranno la successiva
storia geopolitica dell‟Artide.
È questo il ciclo della sovranità o delle rivendicazioni territoriali, che
iniziato per l‟appunto nel 1826 con una delimitazione di frontiere termi-
na nel 1991, con lo scioglimento dell‟URSS.
Esso è caratterizzato dalla enunciazione delle teorie sulla spartizione
della regione e dalla sua crescente militarizzazione, la quale, avviata nel
corso delle due guerre mondiali, fu, senza soluzione di continuità, pro-
seguita ed intensificata nel contesto della Guerra Fredda.
L‟importante funzione geostrategica dell‟area artica che ne fa, ancora
oggi, una delle principali piattaforme di dissuasione nucleare, venne
pienamente riconosciuta dai principali attori regionali, in primo luogo
dagli USA e dall‟URSS e secondariamente dal Canada, ed inserita nelle
rispettive dottrine geopolitiche del tempo.
Il terzo ciclo, che potremmo definire della identità regionale artica o
del multilateralismo e situare tra il 1990 ed i primi anni del secolo attua-
le, è contraddistinto dallo scarso impegno di Mosca - geopoliticamente
ripiegata su stessa dopo il collasso dell‟edificio sovietico - nel sostenere
i propri interessi regionali, dalle rinnovate tensioni tra il Canada e gli
USA, da una timida presenza dell‟Unione Europea, che enuncia la co-
siddetta “politica della dimensione Nordica”, e, in particolare, da alcune
iniziative internazionali o multilaterali.
Queste ultime, che si basano principalmente sulla comune identità arti-
ca, sull‟idea del “mediterraneo artico”, sul rispetto delle minoranza e
dell‟ambiente e sul cosiddetto sviluppo sostenibile, sono tese sia al raf-
forzamento dell‟internazionalizzatone dell‟area, sia all‟attenuamento
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degli attriti emersi in seno al ristretto club della nazioni circumpolari in
relazione alla sovranità.
Bisogna tuttavia osservare che sul piano dei reali rapporti di forza, in
particolare quelli concernenti gli ambiti militare e geostrategico, gli U-
SA detengono, nel corso di questo breve ciclo, il primato di nazione
egemone dell‟intera zona, sia direttamente, sia attraverso l‟Alleanza
Atlantica; gli altri attori recitano il ruolo marginale di semplici compar-
se.
L‟Artico è attualmente, nel quadro della strutturazione del nuovo siste-
ma multipolare, una delle aree più contese del Pianeta, in ragione non
solo delle risorse energetiche e minerarie presenti sotto il pack, della sua
particolare posizione geostrategica e degli effetti che il riscaldamento
globale potrebbe produrre riguardo alla sua maggiore praticabilità, ma
soprattutto a causa del ritorno della Russia quale attore globale.
Considerato per lungo tempo di limitato interesse geopolitico, a causa
principalmente della sua inaccessibilità, il Circolo Polare Artico è infatti
diventato - a far data dal 2 agosto 2007, quando l‟equipaggio di due sot-
tomarini deposero il tricolore russo sui fondali del Mar Glaciale Artico,
a 4.200 metri di profondità - una zona di crescenti contrasti, sia territo-
riali che strategici, tra i Paesi circumpolari e di grande interesse anche
per la Cina ed il Giappone.
Questa data, che molto probabilmente celebra l'inizio di una nuova era
geopolitica per la storia della regione artica, evidenzia innanzitutto il
rinnovato interesse dei Russi per la difesa del loro spazio continentale e
costiero, nonché la determinazione perseguita dal Cremlino di concorre-
re alla costituzione di un nuovo ordine planetario, dopo la lunga stagio-
ne del bipolarismo Est-Ovest ed il breve, e geopoliticamente catastrofi-
co, “momento unipolare”.
La “rivendicazione” russa dello spazio artico si inserisce, dunque, a pie-
no titolo nella Dottrina Putin volta a ristabilire, in una prospettiva multi-
polare, il giusto peso della Russia nell‟intero e complesso scacchiere
mondiale.
Una “rivendicazione”, o piuttosto un‟assunzione di responsabilità in
riferimento al nuovo scenario mondiale, che anche il Presidente Medve-
dev, attuale inquilino del Cremlino, pare sostenere con convinzione.
Mosca, dopo aver riacquistato prestigio nel Caucaso ed in Asia centrale,
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riannodato i rapporti con la Cina e soprattutto limitato, per quanto pos-
sibile, lo sfaldamento del suo “estero vicino”, si rivolge ora a Nord.
Ciò non deve affatto stupire, essendo il territorio russo, come ci ricorda
Pascal Marchand, il risultato di un processo storico contraddistinto da
due caratteri geografici: la continentalità, vale a dire l’espansione nella
massa continentale eurasiatica e la nordicità , cioè l’espansione verso
l‟Artico.
Queste due direttrici, oltre la spinta verso l‟Oceano Indiano, segneranno
ancora una volta il destino della Russia nel nuovo grande gioco del XXI
secolo.
È in questo quadro di riferimento che l‟Artico, la mitica dimora dei po-
poli vedici secondo gli studi effettuati dal politico ed intellettuale india-
no Bal Gangadhar Tilak, diverrà, come egregiamente esposto nel pre-
sente saggio, una delle principali poste in gioco del prossimo ventennio.
Tiberio Graziani
Direttore della Rivista di Studi Geopolitici Eurasia
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Introduzione
Da pochi anni assistiamo ad una sfida sempre più decisa tra le nazioni
prospicienti l‟Oceano Artico, che ha ormai assunto i caratteri di una
crescente militarizzazione della regione e minaccia di avere gravi con-
seguenze politiche globali.
Il processo di militarizzazione evidenzia che vi sono interessi conver-
genti nell‟Artico data la presenza di vaste risorse ed opportunità econo-
miche, ma che rimangono incerti i diritti di proprietà dei singoli Stati
derivanti dalle disposizioni della Convenzione ONU sul Diritto del Ma-
re (UNCLOS) di Montego Bay, ed è imprevedibile la condotta che cia-
scuno di essi potrebbe adottare all‟insorgere di eventuali conflitti di de-
limitazione.
Russia, Stati Uniti, Canada, Danimarca e Norvegia rivendicano, infatti,
maggiori poteri e diritti sui fondali del Mare Artico, territori sottomarini
ricchi di depositi di metalli quali: oro, argento, uranio, piombo, zinco e
rame oltre che diamanti ed in cui, inoltre, secondo recenti rilevazioni
dell‟Us Geological Survey, potrebbero trovarsi un quarto delle riserve di
petrolio e gas naturale del Pianeta.
Nel 1988, è stato scoperto un giacimento di 3,7 mila miliardi di metri
cubi di gas ed un milione di tonnellate di gas liquido: abbastanza per
rifornire il fabbisogno del mondo intero per un anno.
L'Oceano Artico si estende per 14 milioni di km quadrati. All‟interno
del Circolo Polare sono compresi, anche 3,4 milioni di chilometri qua-
drati di terra: il nord della Siberia, della Penisola scandinava,
dell‟Alaska, buona parte delle isole canadesi e quasi tutta la Groenlan-
dia. Regioni, queste, abitate complessivamente da 4 milioni di persone.
Ora, sul potenziale tesoro di idrocarburi nascosti sotto il Polo sono arri-
vate prepotentemente anche le compagnie private. La Artic Oil & Gas,
società che conta nel suo direttivo anche l‟ex senatore canadese Edward
Lawson, ha presentato, infatti, all‟ONU una richiesta per agire da
“agente di sviluppo” esclusivo della zona, che secondo l’azienda cela
nel sottosuolo 400 miliardi di barili di oro nero. Per l‟azienda, pur rico-
noscendo che i depositi di idrocarburi costituiscono un patrimonio co-
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mune dell‟umanità, la regione artica ha bisogno di un gestore privato,
che possa mettersi a capo di un consorzio internazionale di società pe-
trolifere interessate a spartirsi le risorse in modo equo.
La pressione internazionale sull‟area è aggravata dall‟impatto dello
scioglimento dei ghiacci polari, che renderà sempre più accessibili risor-
se e rotte di navigazione. E non è un caso che, negli ultimi tempi, il nu-
mero degli attori che tentano di inserirsi nella partita dell‟Artico sia si-
gnificativamente cresciuto. Tra questi figurano anche la Cina, che nel
2008 ha ottenuto lo status di osservatore presso il Consiglio dell’Artico
(Arctic Council), la Corea del Sud, che essendo un’importante potenza
mercantile guarda con interesse l‟aprirsi di potenziali rotte e si sta a sua
volta muovendo per diventare osservatore, ed il Giappone, il cui ingres-
so nell‟organo multilaterale è stato auspicato dallo stesso presidente
della commissione statunitense per la ricerca sull‟Artico.
Dinanzi a questi crescenti appetiti, un recente documento russo non ha
escluso l‟eventualità di un conflitto armato per le risorse dell‟Artico,
mentre un rapporto dell‟Unione Europea del novembre 2008 sottolinea
“potenziali conseguenze per la stabilità internazionale e gli interessi di
sicurezza europei”.
Da parte loro gli Stati Uniti hanno aggiornato la loro politica artica fin
dal 1994 e, recentemente, con una direttiva presidenziale diramata nel
gennaio 2009. Il nuovo documento sposta l‟accento dall‟interesse quasi
esclusivamente scientifico del passato a quello per l‟affermazione di
una più netta sovranità nell‟area. La direttiva, infatti, afferma che “gli
Stati Uniti sono una nazione artica, con forti e variegati interessi nella
regione... compresi ampi e fondamentali interessi di sicurezza naziona-
le”. Tra questi, si richiamano, oltre alle risorse, anche la libertà di navi-
gazione, la sicurezza marittima, l‟allerta antimissilistica e la dissuasione
strategica.
Gli USA, in realtà, sono attivi nell‟Artico da alcuni anni. Nel 2001 il
rompighiaccio USS Healy della Guardia Costiera americana ha esplora-
to la Dorsale sottomarina di Gakkel, dove di recente l‟U.S. Geologial
Survey ha realizzato un‟indagine sulla presenza di idrocarburi. Nel 2003
poi Washington ha fatto anche dei rilevamenti del fondale dell‟Oceano
Artico da cui si evince che gli USA potrebbero rivendicare diritti su 600
mila chilometri quadrati della piattaforma continentale che si estende
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Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
discordie.
Ma i rischi di un conflitto per il controllo delle risorse energetiche e del-
le rotte marittime si fanno sempre più evidenti. Ed a prospettare un con-
fronto imminente sono non soltanto analisti militari danesi e inglesi, ma
anche esperti delle forze armate australiane, che prevedono l‟apertura di
ostilità tra gli Stati rivieraschi nel breve periodo.
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Capitolo I
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gramme, “e i gas serra imprigionati nel permafrost verranno rilasciati
nell’atmosfera. Inoltre il livello del mare si alzerà e potrebbe provocare
inondazioni, affliggendo un quarto della popolazione mondiale”.
Gli effetti di tutti questi fenomeni avranno delle gravi conseguenze
sull‟economia planetaria, a causa dei cambiamenti climatici su agricol-
tura, foreste e risorse idriche. In conseguenza della disgregazione dei
ghiacciai si verificherà un innalzamento dei livelli dei mari, che provo-
cherà inondazioni e siccità.
Un altro rapporto, l‟Artic report card, pubblicato a ottobre 2009 dal Na-
tional Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) del Diparti-
mento USA del Commercio, ha evidenziato che i cambiamenti climatici
del Polo sono più evidenti che in tutto il resto del Pianeta. Tutto questo
è l‟epilogo di un processo in corso da qualche decennio. Infatti, già dal
mese di settembre 2007, l‟area coperta dai ghiacci artici aveva raggiun-
to il livello più basso mai registrato, da quando nel 1979 iniziarono i
rilevamenti satellitari. È stato osservato infatti che la maggior parte de-
gli effetti del surriscaldamento globale si sono verificati nell‟emisfero
settentrionale ed hanno colpito in particolare l‟ecosistema artico. La
regione è dunque estremamente vulnerabile ai cambiamenti climatici,
molto più dell‟Antartide, nella quale tali effetti, secondo gli esperti, si
produrranno in un arco di tempo più lungo. Molti scienziati spiegano
questa differenza con il fatto che gran parte della calotta glaciale antarti-
ca si trova sul Continente, dove le temperature raramente salgono sopra
lo zero termico, e non direttamente sull‟Oceano, come invece avviene al
Polo Nord, dove le temperature sono più miti durante il periodo estivo,
con conseguenti maggiori effetti sulla copertura di ghiaccio e neve e sui
mutamenti climatici.
Le ragioni per cui l‟Artico ha così tanta influenza sul clima mondiale
sono, quindi, sostanzialmente tre. In primo luogo, a causa del consisten-
te strato di neve e ghiaccio che ricopre la regione, la maggior parte
dell‟energia solare viene riflessa nello spazio, grazie al fenomeno defi-
nito come “albedo”, esattamente il contrario di quanto avviene nelle
regioni tropicali. I ghiacci marini, ad esempio, riflettono circa il 90%
dei raggi solari, al contrario dell‟acqua, che invece assorbe il calore.
Appare quindi evidente che le riduzioni dell‟albedo provocano il surri-
scaldamento degli oceani e di conseguenza un ulteriore scioglimento dei
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Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
sarà libero completamente dai ghiacci alla fine dell‟estate del 2100.
Un‟analisi fatta sulla base di diciotto diversi modelli climatici e sulla
osservazione di quanto accaduto negli ultimi anni mostra che “l’Oceano
Artico sarà probabilmente libero dai ghiacci in settembre prima della
fine del secolo”. Lo scioglimento della calotta di ghiaccio che ricopre la
sola Groenlandia, in particolare, farebbe alzare il livello degli oceani di
circa sette metri.
Anche lo scienziato russo Vladimir Katsov è convinto che entro la fine
del secolo, in estate, la regione sarà completamente priva dei ghiacci. Il
rapporto del Consiglio Artico del 2004, The Arctic Climate Impact As-
sessment, ha invece previsto l’evento per il 2050.
Meno ottimista il premio Nobel ed ex vice Presidente americano Al Go-
re, che ha presunto il completo scioglimento estivo dei ghiacci artici per
il 2014.
Persino alcuni esperti del governo canadese, l‟11 agosto del 2008, han-
no rilevato che lo strato di ghiaccio dell‟Artico, che fino a quell‟estate
sembrava tornare ad assestarsi dopo lo scioglimento da record del 2007,
aveva iniziato a disintegrarsi rapidamente. In quell‟occasione gli esperti
erano rimasti stupiti dello stato del Mare di Beaufort: “non si era mai
vista nella storia un’apertura tra i ghiacci come questa”, aveva dichia-
rato Luc Desjardins, responsabile delle previsioni del Canadian Ice Ser-
vice. “Non rappresenta solo un record: è senza precedenti. Non somi-
glia a nulla di ciò che abbiamo visto fino a ora”.
Secondo gli specialisti la rotta del Passaggio a Nord-Ovest, che va dal
Nord dell'Isola di Baffin fino al Mare di Beaufort a sud dell'Isola di Vit-
toria, molto probabilmente diventerà completamente navigabile per la
terza estate consecutiva, un anno dopo che il mitico passaggio maritti-
mo ha attirato l‟attenzione mondiale aprendosi come mai prima.
Sempre il Canadian Ice Service ha segnalato anche l‟apertura nelle ac-
que nel Mare di Beaufort, a Nord del confine Yukon-Alaska, dove
l‟atteso aumento del traffico marittimo ha spinto la guardia costiera a-
mericana a creare due nuovi avamposti sulla costa a Nord dell‟Alaska
per rafforzare il sistema di osservazione delle navi di passaggio e le pro-
prie capacità di ricerca e soccorso.
Anche gli studi condotti dal geofisico Christian Haas, dell‟Università
dell‟Alberta, hanno rivelato una drastica riduzione fino al 50% dello
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spessore del ghiaccio e predetto che presto il Polo Nord sarà completa-
mente privo di ghiaccio durante l‟estate.
Di fronte a questi mutamenti epocali i Paesi che si affacciano
sull‟Artico dovranno assolutamente provvedere alla sicurezza delle loro
coste. La Russia in particolare dovrà far fronte alle catastrofi che po-
trebbero colpire i suoi territori settentrionali, quando i ghiacci artici si
scioglieranno accompagnati dal permafrost che copre il Nord della Fe-
derazione. Nel giugno 2008 il Ministero delle Emergenze russo ha lan-
ciato l‟allarme, rivelando che il permafrost della Siberia occidentale si
sta riducendo velocemente al ritmo di 4 centimetri l‟anno, mettendo a
rischio installazioni militari e depositi di riserve energetiche. Con lo
scioglimento poi verrà rilasciato nell‟aria gran parte del gas metano in-
trappolato sotto la crosta gelata e l‟acqua andrebbe ad aumentare il vo-
lume dei fiumi provocando enormi alluvioni. Di fronte a questi catastro-
fici pronostici è evidente che oltre a poter sfruttare le immense ricchez-
ze energetiche ed economiche dell‟Artico, sorgeranno nuovi ed enormi
problemi per i territori e le popolazioni locali.
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Capitolo II
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sul Mare di Barents, a bordo del rompighiaccio a propulsione nucleare
Rossiya, con a bordo il deputato di Edinaja Rossija - Russia Unita, fa-
moso esploratore polare e Vice-Presidente della Duma, Artur Nikolaye-
vich Chilingarov, che insieme alla nave appoggio Akademik Fedorov
era incaricata della missione.
Dopo il successo della missione, Anatoly Segalevich, capo dell‟Istituto
Oceanografico Russo, Chilingarov e gli altri componenti della spedizio-
ne sono stati insigniti dell‟onorificenza di “Eroe della Federazione rus-
sa” dal Presidente Vladimir Putin “per il coraggio e l’eroismo dimo-
strato in condizioni estreme e il completo successo della spedizione in
acque profonde all’estrema latitudine dell’Artico” .
La Federazione considera anche la Dorsale Mendeleev come un prolun-
gamento del suo territorio, tanto che nel 2005 ha inviato anche lì una
spedizione per effettuare studi e ricerche.
Secondo le autorità di Mosca, la Russia, che già negli Anni Settanta e
Anni Ottanta, ai tempi dell‟Unione Sovietica, aveva deciso l‟invio nella
zona di rompighiaccio a propulsione nucleare, sarebbe in possesso di
elementi comprovanti che il territorio del quale viene reclamata la so-
vranità è un'estensione geologica sommersa del cosiddetto “Scudo sibe-
riano”.
A completare il quadro finora delineato, il 17 ottobre 2009, la Russia ha
reso noto che a partire dal 2011 comincerà a costruire dei nuovi rompi-
ghiaccio nucleari indispensabili per difendere gli interessi della Federa-
zione nell‟Artico.
Mosca sostiene da tempo che la Federazione Russa ed il Polo Nord sono
parte della stessa piattaforma continentale e già ai tempi di Brezhnev in
Russia si parlava di Artico sovietico, anche se la comunità internaziona-
le non ha mai riconosciuto la sovranità esclusiva sulle acque del Polo
che, da sempre, sono dichiarate mare internazionale su cui tutti gli Stati
hanno eguali diritti.
Ma il Cremlino non ha mai smesso, comunque, di rivendicare i suoi
interessi nella zona, data la sua importanza strategico-economica, basti
pensare che nel 1995, l‟Ammiraglio russo V. Aleskin chiariva, con que-
ste parole, parafrasando una celebre locuzione del fondatore della geo-
politica, il britannico Halford John MacKinder - il suo pensiero riguardo
alla politica artica della Russia: “Colui che controlla l’Artico controlla
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Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
Secondo alcuni studiosi è proprio nelle terre dell‟Estremo Nord che po-
trebbe giocarsi il prossimo conflitto tra Russia e NATO.
Prima dell‟invasione della Georgia da parte della Russia, la guerra per
l‟Artico appariva piuttosto improbabile, ma dal momento in cui il Presi-
dente Medvedev ha approvato la nuova Strategia di Sicurezza e predi-
sposto un ammodernamento delle forze armate nazionali - ribadendo la
ferma volontà di mantenere o acquisire il controllo sulle risorse energe-
tiche dell‟area polare- lo scenario comincia a farsi quanto mai possibile.
Secondo la legge internazionale sono cinque gli Stati (Canada, Norve-
gia, Russia, Stati Uniti e Danimarca, tramite la Groenlandia), che,
all‟interno del territorio del Circolo Polare Artico, hanno il controllo su
una “zona economica” di 200 miglia al largo delle proprie coste con il
conseguente diritto di sfruttarne le risorse naturali (che siano gas natura-
le, petrolio o pesca).
La Danimarca, tuttavia, ha accordato alla Groenlandia un‟ampia autono-
mia in ambito legislativo, giudiziario e nella gestione delle risorse natu-
rali, a seguito del referendum del novembre 2008, fatto che potrebbe
privare l‟intera UE della possibilità di accampare diritti nell‟area.
Come detto, però i cambiamenti climatici e la conseguente possibilità di
accesso alle terre artiche hanno riaperto una questione internazionale
mai risolta riguardante la sovranità dei fondali marini del Polo Nord - da
sempre contesa tra i cinque Stati interessati - e che acquista ora
un‟importanza fondamentale in ambito geopolitico.
Nel dicembre 2001, la Russia ha presentato alle Nazioni Unite una do-
manda per fissare i limiti esterni della sua piattaforma continentale
dell‟Artico (le Dorsali Lomonosov e Mendeleev), insieme a quelle dei
Mari di Bering e di Okhotsk (per una superficie complessiva pari a 1,2
milioni di chilometri quadrati). La richiesta è stata fortemente contestata
dai Paesi confinanti ed in particolare dal Canada.
La Commissione ONU sui limiti della piattaforma continentale, che
include i rappresentanti di 21 Stati tra cui la Russia, nel quadro della
Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare del 1982, ha con-
cluso che i dati forniti da Mosca non erano sufficienti per valutare le
aree del Mare Glaciale Artico indicate come parte della piattaforma
continentale russa, e ha raccomandato ulteriori studi. Mosca si è impe-
gnata a presentare nuove prove documentali alle Nazioni Unite sui con-
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fini esterni della sua piattaforma territoriale e a ricevere una risposta
entro il 2010. Lo scienziato russo Chilingarov ha dichiarato che la Fede-
razione è pronta a presentare nuovamente le sue rivendicazioni
sull‟Artico alle Nazioni Unite entro il 2013, dopo aver raccolto ulteriori
dettagli e informazioni.
La Russia è in possesso di sei rompighiaccio a propulsione nucleare ed
è attualmente l‟unica nazione ad avere una flotta atomica di questo tipo,
tale da permettergli un accesso alle acque artiche senza particolari pro-
blemi. Anche se, va sottolineato, queste navi sono tutte da rimodernare,
essendo per buona parte di origine ex sovietica. Si tratta, infatti, della
NS Arktika, vicina alla demolizione, della NS Rossija, in grado di navi-
gare solo sino al 2010, della NS Sibil, della NS Sovetskij Sojuz e della
NS Jamal, che dovrebbero terminare il loro corso tra il 2013 ed il 2017,
ed infine della NS Let Pobedy, varata invece nel 2007.
Per questo, il 16 ottobre 2008, il Primo Ministro Putin, incontrando il
responsabile della compagnia atomica di stato Rosatom, Sergej Kiriyen-
ko, ha chiesto l‟avvio di un piano di lungo termine per lo sviluppo di
una flotta di rompighiaccio nucleari che vada oltre i prossimi 15 anni.
Dal canto suo il vice direttore della compagnia di stato Atomflot, An-
drei Smirnov, nell‟ottobre 2009, ha precisato che la Russia sta pianifi-
cando, per i prossimi tre anni, delle nuove missioni nell'Artico con dei
rompighiaccio per compiere una ulteriore dettagliata analisi geologica
del fondo marino. Mosca prevede infatti di inviare un rompighiaccio
atomico ed una nave scientifica nella regione, entro l‟estate del 2010.
Smirnov ha poi ribadito che missioni analoghe avranno luogo anche nel
corso del 2011 e del 2012.
Durante il vertice del Consiglio di Sicurezza russo del settembre 2008,
il Presidente Medvedev ha approvato i fondamenti della politica russa
dell‟Artico per il 2020. Nel documento si è voluto affermare che la re-
gione ha una valenza strategica per la Federazione e diverrà la principa-
le fonte delle risorse primarie per il XXI secolo.
A questo scopo il Consiglio ha deciso un certo numero di priorità nazio-
nali: determinare i confini esterni della piattaforma continentale russa;
sviluppare le infrastrutture per i trasporti (inclusi quelli aerei), poiché la
rotta del Mar del Nord costituirà un elemento fondamentale di questa
politica, ma anche una rotta strategica di rilevanza nazionale; sviluppare
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Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
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Capitolo III
Fin dalla prime esplorazioni artiche, gli Stati prospicienti il Polo Nord
cercarono di elaborare delle teorie che permettessero di determinare la
loro sovranità sull‟immensa distesa di ghiaccio e sulle numerose isole
del Mar Glaciale Artico o che comunque ne avvalorassero le rispettive
rivendicazioni territoriali.
Nel 1907, infatti, il senatore canadese Pascal Poirier, per tutelare i diritti
del suo Paese, elaborò una teoria definita “Arctic Sectoral Concept”.
Questa prevedeva che “qualunque Stato, i cui possedimenti territoriali
si affaccino sull’Oceano Artico, ha diritto ad estendere la sua sovranità
su tutti i territori che si trovano nelle acque comprese tra le linee che
congiungono rispettivamente l’estremo nord-orientale e quello occiden-
tale dello Stato con il Polo Nord”. Queste zone sono appunto definite
settori. La suddetta teoria presentata al parlamento di Ottawa aveva co-
me scopo quello di favorire le rivendicazioni del Canada rispetto agli
esploratori stranieri: da una parte per rifiutare i diritti accampati dalla
Norvegia sulle terre di Svedrup e dall‟altra per prevenire eventuali ri-
vendicazioni danesi sulle scoperte di Knud Johan Victor Rasmussen.
La teoria di Poirier, benché rigettata dall‟Assemblea nazionale di Otta-
wa, influenzò per tutti gli anni Venti la politica canadese.
Successivamente, durante la Prima Guerra Mondiale, iniziò la militariz-
zazione dell‟Artico, allorché le Nazioni dell‟Intesa equipaggiarono
l‟esercito zarista attraverso i porti di Arkhangelsk e Murmansk affaccia-
ti sul Mare di Barents. Lo scalo marittimo di Murmansk fu costruito nel
1916 proprio per garantire l’invio di materiale militare all’esercito russo
in difficoltà.
Nel 1918, poi la guerra civile fra Bianchi e Rossi intensificò le attività
militari degli eserciti occidentali, i quali inviarono dei corpi di spedizio-
ne internazionale costituiti da inglesi, americani, canadesi, italiani e ser-
bi, che sbarcarono nei due porti russi, aiutati dalle forze armate finlan-
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desi, con l‟obiettivo di conquistare San Pietroburgo.
Nel 1925 e 1926, rispettivamente il Canada e l‟Unione Sovietica, fonda-
rono la loro legislazione sulla teoria del senatore Poirier e dichiararono
la sovranità sui territori all‟interno dei rispettivi settori. Gli scienziati
sovietici diedero il massimo supporto a questa teoria ed alcuni tentarono
addirittura di equiparare le distese di ghiaccio al suolo, sostenendo che
la sovranità doveva essere estesa anche a queste se si trovavano
all‟interno del settore.
Nel frattempo, in attesa di giungere ad un accordo generale su quale
doveva essere la normativa che avrebbe regolato la sovranità nella re-
gione, sorsero alcune intese, la cui applicazione era limitata solo a certe
zone dell‟area.
Il Trattato delle Spitzbergen, firmato a Parigi il 9 febbraio 1920 ed en-
trato in vigore nel 1925 con il relativo protocollo addizionale, rappre-
sentò appunto il primo tentativo, sia pur parziale, di ordinamento giuri-
dico dell‟Artico. Con esso, pur riconoscendo la formale sovranità nor-
vegese sull‟Arcipelago delle Spitzbergen, le odierne Svalbard, a metà
strada tra Norvegia e Polo Nord, si assicurava ai quarantuno Stati firma-
tari pari diritti nello sfruttamento delle risorse dell‟Arcipelago, tant‟è
che fino al 2000 sono stati attivi su queste isole i due insediamenti russi
di Barentsburg e Pyramiden, più o meno autonomi, con una popolazione
maggiore di quella stanziale norvegese.
Durante la Seconda Guerra Mondiale avvenne un‟ulteriore militarizza-
zione della regione artica, messa in atto con l‟attacco e la conquista del-
la Norvegia e della Danimarca da parte della Germania nazista, per
l‟apertura del cosiddetto “fronte artico”. Il fronte suddetto venne prece-
duto dalla breve guerra fra Russia e Finlandia, voluta dall‟URSS
nell‟inverno del 1939.
L‟entrata in guerra degli Stati Uniti, alla fine del 1941, trasformò
l‟interesse strategico del Polo. Infatti, questo divenne un elemento es-
senziale del controllo dell‟Atlantico del Nord attraverso il quale passa-
vano le rotte marittime fondamentali per rifornire prima la Gran Breta-
gna di materiale strategico, poi per inviare il corpo di spedizione ameri-
cano che avrebbe liberato l‟Europa dalla morsa di Hitler.
Per i tedeschi l‟obiettivo fondamentale delle campagne del 1940 contro
Danimarca e Norvegia era la distruzione delle stazioni meteorologiche
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Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
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Capitolo IV
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Esteri, Peter Mackay, ha commentato infatti la spedizione Arktika 2007
con queste parole: “Non c’è questione riguardo alla sovranità canadese
sull’Artico. Noi abbiamo chiarito molto tempo fa che queste sono acque
canadesi e questa è nostra proprietà. Non si può al giorno d’oggi anda-
re in giro a piantare bandiere. Questo non è il quattordicesimo o il
quindicesimo secolo”. Ed ancora: “La questione della sovranità
sull’Artico non esiste. È chiaro. È il nostro paese. Sono le nostre acque.
Loro si sbagliano, se credono che piantare una bandiera sul fondo
dell’oceano cambi qualcosa”.
Nel luglio 2007, circa tre settimane prima della spedizione russa, era
stato il Primo Ministro canadese, Stephan Harper, leader del Partito
Conservatore, ad affermare la sovranità del suo Paese sull‟Artico, soste-
nendo l‟importanza dello sviluppo delle “risorse settentrionali”. Per
Harper infatti le priorità erano essenzialmente tre: giuridica, il diritto
internazionale e il diritto marittimo devono garantire gli interessi del
Canada; economica, legata alle risorse minerarie e fossili, oltre che alla
circolazione marittima; ed infine militare, per la difesa degli interessi
nazionali. Contemporaneamente il governo canadese stanziava cinque
miliardi di euro per portare da sei a otto il numero delle navi classe Po-
lar utilizzabili per il pattugliamento della zona, allestire un porto in ac-
que profonde nei pressi di Iqualuit e creare un sistema di sorveglianza
che consenta l‟individuazione dei sottomarini e delle imbarcazioni non
canadesi nell‟area.
Nell‟agosto dello stesso anno il Primo Ministro ha annunciato anche il
progetto di installare una nuova base militare per l‟addestramento in
condizioni climatiche proibitive a Risolute Bay, l‟Arctic Warfare
Training Center, e di rimettere in funzione il porto nei pressi delle anti-
che miniere di zinco di Nanisivik, per permettervi l‟accesso e lo stazio-
namento di nuove unità navali.
A quanto detto sino ad ora bisogna aggiungere che, il 7 agosto 2007, c‟è
stata una risposta anche di tipo operativo dell‟esercito canadese, che ha
avviato un‟operazione di dieci giorni, chiamata Nanook 07, la quale ha
impiegato un numero ingente di uomini e mezzi per eseguire esercita-
zioni in ambiente artico.
Tutti questi interventi logistico-militari necessari per affrontare un con-
testo più che mai insicuro come quello artico, rientrano nella proposta
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Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
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Capitolo V
Alla disputa fra gli Stati membri della NATO e la Russia per il controllo
strategico dell‟Artide si aggiungono diverse diatribe territoriali fra la
Russia e singoli Paesi confinanti con la regione.
Tra i Paesi che si affacciano direttamente sull‟Oceano Artico e che
quindi hanno il diritto di rivendicarne una parte come zona economica
esclusiva ed eventualmente come estensione della propria piattaforma
continentale, secondo il diritto internazionale, la Norvegia è l‟unico Sta-
to a non aver partecipato alle recenti dispute sulla sovranità. Questo è
dovuto in larga misura alla forte cooperazione economica instaurata con
la Federazione Russa in questi ultimi anni.
Fin dal 2002, infatti, i due governi hanno prodotto una serie di dichiara-
zioni che sanciscono una partnership volta allo sviluppo dell‟attività di
estrazione di risorse energetiche nell‟Artico.
Le compagnie petrolifere norvegesi Statoil e Norsk Hydro hanno alme-
no trentacinque anni d‟esperienza nel campo dell‟estrazione degli idro-
carburi in condizioni estreme, maturati operando sulla piattaforma con-
tinentale a nord della Norvegia. Oslo, attraverso le sue piattaforme off-
shore nel Mare del Nord, è il secondo esportatore di greggio al Mondo
dopo l‟Arabia Saudita. Tale competenza potrebbe rivelarsi molto utile
per i colossi dell‟industria estrattiva russa, quali Rosneft e Gazprom, se
procederanno nel loro sviluppo verso nord. Questo spiega dunque il
basso profilo assunto sino ad ora dal governo norvegese nei confronti
delle recenti manovre russe in territorio artico, anche se non va dimenti-
cato che con Mosca, nonostante le ottime relazioni intrattenute recente-
mente, Oslo ha ancora aperta la questione della sovranità su un‟ampia
area del Mare di Barents.
49
nord della Norvegia e della Russia. È delimitato a ovest dal Mar di Nor-
vegia, a nord-ovest dalle Isole Svalbard, a nord-est dalle Terre di Fran-
cesco Giuseppe e ad est dall‟Isola Novaja Zemlja.
Grazie alla corrente nord-atlantica il Mare di Barents ha una produzione
biologica elevata rispetto ad altri mari che si trovano alla medesima lati-
tudine ed è dunque molto pescoso. Il suo fondale custodisce, inoltre,
importanti giacimenti di petrolio e gas naturale. Le suddette caratteristi-
che hanno sempre posto, quindi, questo mare al centro di una contesa
territoriale tra Russia e Norvegia; entrambi i Paesi hanno sempre cerca-
to infatti di sancire il diritto allo sfruttamento esclusivo delle sue risorse,
sia ittiche, che più recentemente, energetiche.
Con il Trattato di Spitzbergen del 9 febbraio 1920, firmato da quaranta
nazioni, era stata risolta la questione della sovranità territoriale sulle
Isole Svalbard a favore della Norvegia. Finora i governi di Mosca e di
Oslo non sono ancora giunti però, ad un accordo per la delimitazione
dei confini marittimi nel Mare di Barents. L‟intesa del 15 febbraio
1957, relativa alla delimitazione delle piattaforme continentali nel Va-
rangerfjord, ha lasciato aperta la controversia concernente i diritti di
pesca e di estrazione dal fondale marino nella regione. Infatti, la zona
economica esclusiva dichiarata dalla Norvegia per 200 miglia a largo
della propria linea costiera internazionale ed intorno alle Isole Svalbard,
secondo il principio dell‟equidistanza, entra in rotta di collisione con
quella dichiarata dalla Russia. Il governo di Mosca sostiene, infatti, che
per delimitare le rispettive zone economiche nell‟area in questione si
debbano considerare due speciali circostanze: in primis il fatto che nel
Mare di Barents, fin dal 1926, l‟Unione Sovietica aveva applicato il cri-
terio della divisione in settori o “Arctic Sectoral Concept” che, anche
secondo l‟attuale governo russo, costituisce un precedente storico rile-
vante; in secondo luogo va tenuto conto delle dimensioni dei territori
dei due Stati. Si è pertanto determinata in quest‟area una sovrapposizio-
ne delle due zone economiche nella cosiddetta “Grey Zone”, che si e-
stende all‟incirca per 155.000 chilometri quadrati. Questa attualmente è
sottoposta all‟applicazione di un regime transitorio congiunto russo-
norvegese nel quale, in base ad un accordo bilaterale Grey Zone Agree-
ment tra i due Paesi, siglato nel 1978, si è cercata una soluzione com-
promissoria per eliminare le ambiguità ed i limiti dei precedenti accordi
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Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
58
Capitolo VI
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della regione in chiave antirussa. Un disegno quello di Bush sullo Scudo
antimissile in atto sin dalla sua prima elezione presidenziale e finalizza-
to a dislocare una componente dello stesso nella base di Thule
(Groenlandia), tanto che, il 6 agosto 2004, Stati Uniti, Danimarca e
Groenlandia avevano firmato a Igaliku (sud della Groenlandia) un ac-
cordo per ammodernare la base radar americana di Thule posta nel nord
-ovest dell‟Isola.
La stazione radar di Thule, istituita in base ad un accordo in materia di
difesa tra Washington e Copenaghen che risale al 1951, fu utilizzata
come posto di prima allerta contro eventuali attacchi sovietici durante la
Guerra Fredda. La base ha rappresentato uno dei principali anelli della
Distant Early Warning (DEW), successivamente modernizzata e rim-
piazzata negli Anni Ottanta dal North Warning System (NWS), assieme
ad un‟altra dozzina di basi dotate anche di ordigni nucleari e con un to-
tale circa di 60.000 militari dislocati. Tuttavia la funzione principale di
Thule era quella di costituire l‟elemento centrale del Balistic Missile
Early Warning System (BMEWS), un sistema realizzato nel 1959 per
segnalare eventuali attacchi missilistici dall‟ex Unione Sovietica.
Situata nella contea di Avannaa, Thule è la base aerea più a nord in pos-
sesso dell‟United States Air Force, ed è posizionata a 1.118 km a nord
del Circolo Polare Artico ed a 1.524 km a sud del Polo Nord. Secondo il
censimento condotto nel 2005, la base era abitata da 235 persone. Nel
1953 gli Stati Uniti comprarono l’area e gli inuit che abitavano nella
zona furono costretti dal governo danese a trasferirsi a 130 km a nord,
dove ora si trova la cittadina di Qaanaaq.
Grazie alla sua collocazione strategica tra Europa e Nordamerica, essa
adempie tuttora ad una fondamentale missione di sorveglianza
nell‟emisfero nord.
L‟accordo per l‟ammodernamento della base di Thule venne firmato nel
2004 dall’allora Segretario di Stato americano Colin Powell, dal Mini-
stro degli Esteri danese dell‟epoca Per Stig Moeller e dal suo omologo
groenlandese Josef Motzfeldt. Alla cerimonia per la firma Powell di-
chiarò: “Insieme faremo fronte alle sfide di sicurezza del Ventunesimo
secolo, dalla difesa antimissile al terrorismo internazionale”. Tre mesi
prima, il 20 maggio 2004, il Ministro degli Esteri danese aveva già an-
nunciato l‟intesa affermando che il suo Paese avrebbe concesso al Pen-
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Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
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Capitolo VII
71
questi sforzi per la cooperazione è il Consiglio Artico (Arctic Council),
sorto nel 1996, come massimo forum in materia di cooperazione inter-
nazionale artica ed attualmente sotto la presidenza norvegese. Il Consig-
lio, oltre ad avere come membri le delegazioni di tutti gli Stati artici,
prevede la partecipazione permanente di un certo numero di organiz-
zazioni transnazionali delle popolazioni autoctone. I suoi obiettivi sono
la promozione della sostenibilità ambientale e la creazione di un ordine
sociale stabile nell‟area artica.
Le questioni più delicate, come la politica di sicurezza, non vengono
invece trattate in questo forum e rimangono di competenza nazionale.
Vi sono state, tuttavia, alcune intese riguardanti le questioni ambientali
connesse alle attività militari, ma solo all‟interno di iniziative di tipo
bilaterale o trilaterale. Un esempio di ciò è l’Arctic Military Environ-
mental Cooperation, un forum creato da Stati Uniti e Russia nel 1996.
È quindi possibile affermare che troppo pochi sforzi sono stati fatti per
dotare il Consiglio Artico di funzioni sostanziali. Notevoli risultati sono
stati, invece, raggiunti nel campo della cooperazione scientifica, come
testimonia la creazione nel 1990 dell‟International Arctic Science Com-
mitee.
La terza componente riguarda il cambiamento della natura delle relazi-
oni tra l‟Artico ed il mondo esterno. In questo senso la rilevanza mili-
tare che l‟area ha acquisito durante la Guerra Fredda è stata integrata dal
suo ruolo strategico nell‟economia globale, basato sulla ricchezza delle
sue risorse naturali, attualmente sempre più in primo piano. Questa rile-
vanza economica, però pone un freno alla cooperazione internazionale
nella regione, la quale rimane limitata a questioni strategicamente meno
importanti. In sintesi possiamo dunque interpretare il “Processo di Ro-
vaniemi” e l‟AEPS come un sofisticato meccanismo con il quale i gov-
erni nazionali possono recuperare il controllo sulla cooperazione inter-
nazionale nell‟artico e riaffermare i loro interessi come stati sovrani.
Le istituzioni ed i principali attori, che operano nella regione artica, pos-
sono essere quindi suddivisi in cinque categorie:
Il Consiglio degli Stati del Mar Baltico (Council of the Baltic Sea
States - CBSS)
La sua nascita risale al 5-6 marzo 1992 a Copenaghen durante una ri-
unione dei Ministri degli Affari Esteri degli Stati della regione. È costi-
tuito da un forum politico per la cooperazione regionale intergoverna-
tiva. Ed è stato creato allo scopo di rispondere ai cambiamenti geopoli-
tici nella regione del Mar Baltico dopo la fine del conflitto Est-Ovest. I
membri del Consiglio sono gli undici Stati baltici più la Commissione
Europea.
Dal 1998, il Consiglio dispone di un segretariato internazionale perma-
nente con sede a Stoccolma. La presidenza di turno dura un anno. Stati
Uniti, Francia, Italia, Paesi Bassi, Slovacchia, Ucraina e Regno Unito
hanno iniziato a far parte del Consiglio in qualità di osservatori a partire
dal 2006.
76
Capitolo VIII
Nel corso dei prossimi dieci o quindici anni, come detto, lo sciogli-
mento dei ghiacci renderà praticabili nuove rotte commerciali attraverso
l‟Artide. Attualmente infatti, nell‟area la navigazione è ancora proibi-
tiva per le navi non scortate dai rompighiaccio, tanto da non risultare
economicamente conveniente. La situazione sta, però mutando molto
velocemente e la Russia, così come altri Paesi, si sta preparando a
sfruttare a pieno queste nuove tratte.
Le previsioni indicano che il traffico marittimo nella regione passerà da
tre milioni di tonnellate di merci nel 2005 ai quattordici milioni nel
2015. Tra le tante possibili vie marittime che si apriranno nella regione
artica due sono quelle principali e più importanti: il Passaggio a Nord-
Est, o Northern Sea Route, e la tratta attraverso il famoso Passaggio a
Nord-Ovest.
Il Passaggio a Nord-Est è una rotta che, partendo dal Mare del Nord,
prosegue nel Mare Glaciale Artico lungo la costa della Siberia e, at-
traversato lo stretto di Bering e il Mar di Bering, raggiunge l‟Oceano
Pacifico. Il primo a ipotizzare l‟esistenza di questa via marittima fu Se-
bastiano Caboto, figlio del famoso Giovanni, che divenuto cittadino
inglese, ebbe l‟idea di effettuare una spedizione per trovare il passaggio.
Il primo esploratore che tentò di solcare la tratta fu, però l‟inglese Hugh
Willoughby, che nel 1553 guidò una missione che, dopo aver avvistato
l‟Arcipelago della Novaja Zemlja, riuscì a raggiungere la Lapponia, ma
la sua nave rimasta bloccata fra i ghiacci per mesi comport la morte di
tutto l‟equipaggio.
Il primo, a percorrere completamente il passaggio fu invece l‟esplora-
tore svedese Adolf Erik Nordenskiöl che, partito da Göteborg il 4 luglio
1878, con la baleniera Vega, dopo essere rimasto anche lui bloccato dai
ghiacci nei pressi dello stretto di Bering nel settembre dello stesso anno,
se ne liberò dieci mesi dopo, riuscendo a raggiungere infine il porto di
Yokohama.
77
Paragonata alle rotte tradizionali, attraverso il Canale di Suez o quello
di Panama, il Passaggio a Nord-Est offre una considerevole riduzione
della distanza da percorrere (circa il 40%) nei viaggi dall‟Europa verso
la costa occidentale degli Stati Uniti, quella nord-orientale dell‟Asia e
l‟Estremo Oriente. Per esempio la tradizionale rotta meridionale
(attraverso il Canale di Suez) da Amburgo a Yokohama è di 11.430
miglia; la Northern Sea Route riduce questa distanza a sole 6.900
miglia.
Nelle condizioni attuali la rotta è accessibile solo durante il periodo es-
tivo ma, secondo le previsioni degli scienziati, nei prossimi 20 o 30 anni
potrebbe divenire accessibile durante tutto l‟anno, naturalmente a navi
con caratteristiche adeguate.
La Northern Sea Route ha quindi le potenzialità per divenire un‟opzione
importante nei commerci marittimi, specialmente se consideriamo l‟in-
stabilità politica in Medio Oriente e la congestione che caratterizza i
canali di Suez e di Panama. La Russia, però, nonostante abbia aperto la
rotta alle navi straniere, deve ancora risolvere alcune questioni fonda-
mentali per renderla competitiva ed attrattiva.
Il Passaggio a Nord-Ovest attraversa invece l‟Arcipelago canadese, col-
legando gli Oceani Atlantico e Pacifico.
Tra la fine del XV e il XX secolo, gli europei hanno cercato di stabilire
una rotta commerciale marina che passasse a nord e ad ovest del conti-
nente europeo. Gli inglesi chiamarono la rotta Passaggio a Nord-Ovest,
mentre gli spagnoli la battezzarono Stretto di Anián.
Il desiderio di trovare questa rotta motivò l‟esplorazione europea di en-
trambe le coste del Nord America.
Nel 1539 Hernán Cortés incaricò Francisco de Ulloa di navigare lungo
l‟odierna Baja California alla ricerca dello Stretto che si supponeva con-
ducesse al Golfo di San Lorenzo.
L‟8 agosto 1585, fu invece l‟esploratore inglese John Davis che entrò
nello Stretto di Cumberland vicino alla costa dell‟Isola di Baffin.
Nel 1609, Henry Hudson navigò lungo il fiume che oggi porta il suo
nome alla ricerca anche lui del passaggio. Hudson in seguito esplorò
l‟Artico canadese e scoprì anche la Baia che prese il suo nome.
Nel 1845 una ben equipaggiata missione di due navi, guidata da Sir
John Franklin, tentò di forzare il passaggio attraverso i ghiacci artici
78
Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
81
La Northern Sea Route e la rotta marittima classica Oriente-Occidente
Capitolo IX
83
ture produttive del sito, mentre la licenza operativa più il metano pro-
dotto a Shtokman rimarranno in mano a un‟altra sussidiaria, di cui Gaz-
prom controllerà il 100 per cento.
La compagnia di Stato russa ha raggiunto poi un accordo con la
norvegese StatoilHydro, che ha ottenuto il 24% della società russo-
francese, attingendo alle quote di Gazprom, che si riserverebbe comun-
que il 51 per cento dei profitti. L‟intesa raggiunta con la società
norvegese per sviluppare il gigantesco giacimento ha assunto chiara-
mente connotazioni strategiche e politiche.
Dopo la firma dell‟accordo l‟ex presidente Putin aveva telefonato all‟al-
lora Primo Ministro norvegese Stoltenberg, sottolineando che la coop-
erazione generale russo-norvegese aveva ricevuto un impulso dalla col-
laborazione congiunta a Shtokman. Gli interessi energetici fra Mosca e
Oslo sono infatti molto forti. Ma si è tentato anche di stabilire degli ac-
cordi con la Norvegia sulle rivendicazioni territoriali. Putin ha firmato
una legge che ratifica un trattato con Oslo, in grado di stabilire i limiti
esterni del fiordo norvegese di Varanger. Tuttavia per risolvere la con-
tesa sui 155 mila chilometri quadrati della zona del Mare di Barents è
necessario un accordo definitivo non ancora sviluppato. L‟area contesa,
ricca di idrocarburi, si trova ad occidente del giacimento di Shtokman.
La prima fase del progetto Shtokman richiederà investimenti compresi
tra 15 e 18 miliardi di dollari: la quota di Total sarebbe di 3-4,5 miliardi.
La produzione di gas, che la Russia vuole utilizzare per potenziare le
proprie esportazioni di energia verso l‟Europa (è in corso la costruzione
di un nuovo gasdotto nel Baltico tra Russia e Germania), comincerà nel
2013, mentre l‟anno dopo sarà avviata la produzione del gas naturale
liquefatto, destinato in prevalenza al mercato americano.
L‟accordo tra Total e Gazprom è stato firmato a Mosca il 13 giugno
2007. Per gli analisti, la scelta di Total, finora considerata un outsider
del settore energetico russo, rappresenterebbe una mossa politica del
Cremlino, che in questo modo cercherebbe di consolidare le relazioni
con Parigi in funzione anti-anglosassone.
Quello di Shtokman è considerato il più grande giacimento di gas del
Mondo: le sue riserve sarebbero sufficienti a soddisfare l‟intero fabbi-
sogno mondiale per più di un anno, con una riserva di gas naturale valu-
tata in 3,8 trilioni di metri cubi.
84
Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
88
Appendice
89
ulteriore delle temperature. Quest‟ultime variano da una zona all‟altra e
sono variazioni dovute principalmente alla presenza del mare. La tem-
peratura media durante l‟inverno è di -33 ˚C sulla calotta glaciale della
Groenlandia, mentre sulle coste vicine raggiunge i -7 ˚C.
Le regioni più fredde sono situate nella Siberia Nord-orientale. Le pre-
cipitazioni sono piuttosto flebili e inferiori ai 250 mm l‟anno. La ban-
chisa con gli iceberg costituisce un ostacolo importante per la navigazi-
one sul Mare Artico e rappresenta l‟insieme dei ghiacci della regione
polare frutto del congelamento delle acque del mare.
Una dorsale sottomarina, la Dorsale di Lomonosov, divide il Mare Gla-
ciale Artico in due bacini: quello Euroasiatico (o di Nansen), che è pro-
fondo da 4.000 a 5.450 metri, e quello Nordamericano, profondo circa
4.000 metri. La topografia del fondo oceanico è segnata da dorsali, pi-
anure abissali, fosse e bacini.
Nella terminologia geografica inglese e russa, questo Mare viene con-
siderato come un oceano (Oceano Artico).
I porti principali di questo Mare sono le città russe di Murmansk e Ar-
changel‟sk (Arcangelo) in Russia, Churchill in Canada, e Prudhoe Bay
in Alaska (USA).
La navigazione spesso è possibile solo d'estate, quando il ghiaccio las-
cia libera una parte dell'acqua.
Il ghiaccio copre la maggior parte della superficie del Mare per tutto
l‟anno, e di conseguenza le temperature sono sottozero per la maggior
parte del tempo. L‟Artico è una grande sorgente di aria fredda che si
muove verso l‟equatore, incontrando nel suo passaggio aria più calda
alle medie latitudini e provocando piogge e nevicate. La sua posizione
polare fa sì che l'inverno sia lungo e per la maggior parte nell'oscurità.
In tale periodo, il tempo è freddo stabile e il cielo generalmente pulito.
In estate, la notte si riduce quasi a zero, ma la maggiore radiazione so-
lare non fa alzare di molto le temperature. Il tempo è nebbioso, con de-
boli cicloni che portano pioggia e neve.
Le profondità marine pari a -4.000 metri sono meno estese di quanto si
credeva un tempo, poiché non ricoprono che un quarto della superficie
totale. È stato dimostrato infatti, da ricerche sovietiche, che le depres-
sioni citate sono presenti soltanto in due grandi bacini separati da una
stretta dorsale (dorsale di Lomonosov), che si allunga dalle isole della
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Andrea Perrone - Arktika. La sfida dell’Artico
92
Indice
Prefazione pag. 5
Introduzione 9
Capitolo I
Il surriscaldamento globale e le sue conseguenze sull‟Artico 17
Capitolo II
La Russia rivendica i suoi diritti sul Polo 23
Capitolo III
Il regime giuridico dell'Artico e la Convenzione di Montego Bay 31
Capitolo IV
I protagonisti della contesa e le reazioni alla spedizione russa 39
Capitolo V
Le controversie territoriali aperte 49
Capitolo VI
Le prospettive strategiche della NATO e la Base di Thule 59
Capitolo VII
L‟Artico e le istituzioni internazionali 71
Capitolo VIII
I nuovi flussi commerciali attraverso l'Oceano Artico 77
Capitolo IX
Risorse energetiche e compagnie petrolifere 83
Appendice 89
93
Le mappe inserite in questo testo sono protette da licenza copyleft della
GNU Free Documentation License (GNU FDL).
95