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PIETRO VENERONI
MA NU AL E
DI LI TURGI A
Nona Edizione
completamente riveduta e corretta da
Mons. Maiocchi - Vic. Gen. di Pavia
V o l u me S e c o n d o
DIVINO UFFICIO
EDITRICE "ÀNCORA.,
Milano - Bologna - Brescia - Genova - Monza - Pavia - Trento
Proprietà letteraria riservata a termine di legge.
Dell'Ufficio divino
in g e n e r a l e
CAPO I
Natura e costituzione del divino Ufficio.
8. Periodi principali.
L’Ufficio divino considerato nella sua sostanza è
antico, si può dire, quanto il mondo. Le divine lodi
hanno la loro origine in cielo dagli Angeli, anzi dal
lo stesso Dio (1); si perpetuarono sulla terra per
mezzo dei patriarchi, del popolo d’Israele, per boc
ca dei leviti, dei profeti e dei re, specialmente del
reale Salmista, dopo il quale la più bella poesia di
vinamente ispirata e disposta alla musica, risuona
va nel tempio di Gerusalemme e nella stessa terra
d’esilio. I sacrifici, le libazioni, le offerte, le puri
ficazioni, quanto insomma costituiva il culto pub
blico ebraico, era accompagnato dalle preghiere
pubbliche del sacerdote, spesso anche da Inni.
Da quando poi N. S. Gesù Cristo, compiendo i
voti dei patriarchi e dei profeti, venne per redime
re Fucino e risollevarlo aiFanitica dignità ed al siuo
vero fine, nell’Epoca cristiana si vede la preghiera
pubblica, rinnovellata e quasi diversamente sostan
ziata rispuntare, svolgersi, perfezionarsi, diffondersi
costruirsi un codice, per compiere nel mondo la
sua divina missione.
Queste varie fasi delFUfficiio divino e dell Brevia
rio che ne è il codice si svolgono in cinque grandi
periodi, attraverso i quali corre la storia che stiamo
per accennare.1
(1) Card. Bona, De divina psalmodia, c. I. § 2.
Breve storia delVVfficio divino 17
27* L’epatta.
Il numero aureo, come si è detto, serve per tro
vare i novilunii. Ma siccome questi non ritornano
alla stessa ora ad ogni periodo di 19 anni, ma an
ticipano di un’ora, 27’, 32”, 53’”, occorreva un nuo
vo computo più esatto. Ad ovviare a questo inco
modo si introdussero le epatte, le quali essendo se
gnate ad ogni giorno del mese, determinano anche
più precisamente il novilunio (1).
Chiamasi epatta il numero dei giorni pei quali
l’anno solare di 365 giorni eccede il lunare di 354
giorni, ossia, più brevemente, l’età della luna al
principio dell’anno. Onde se l’epatta del primo an
no èli, essendo appunto questo il numero dei giorni
per cui l’anno solare eccede il lunare, nell’anno se
guente i novilunii avverranno 11 giorni prima del
l’anno precedente. Quindi l’epatta del secondo an
no sarà 22, perchè in questo l’anno solare supera1
(1) Uberti, 0. c. p. 141.
Del computo ecclesiastico 67
(1) Mediante l’epatla si può poi determinare anche l’età della lu-
ni colla seguente rc?<It Al numero del giorno dato del mese si
aggiunga qudlo del^’epatta dell’anno, eoU’aumento di tante unità
quanti sono i mesi interi trascorsi dal principio dell’anno (se il
mese considerato è gennaio o febbraio) o dal primo marzo' (per
gli altri mesi): il numero così ottenuto (se minore di 30) e Pec-
•cesso di questo numero sopra 30 esprime l’età dimandata della luna.
Riboi di, Elementi di Fisica Ediz. II. Milano 1872, Voi. IIL
pag. 35.
Del computo ecclesiastico 71
ci) Vi sono- anche le edizioni così dette Totum che in sol vo
lume contengono tutto l’anno ecclesiastico e civile, la parte del
Tempo e dei Santi.
80 Caspa VI.
33. Il Martirologio.
E’ il libro più importante dopo il Breviario per
la recita dell’Ufficio divino. Come è noto, esso è
un elenco disposto secondo i mesi e i giorni dell’an
no nel quale sono menzionati con un' breve elogio
i Santi via via che ricorrono, cioè nel loro giorno
natalizio o in un altro assegnato dalla Chiesa alla
loro celebrazione.
Tutte le Chiese particolari, si può diire, e buon
numero di Ordini religiosi hanno il loro Martiro
logio. Quello usato dalla Chiesa Romana fu prepara
to e pubblicato nel 1586 per comando di Gregorio
XIII, riveduto poi per incarico di Urbano Vili, e
di Clemente X, ripubblicato poi con molte aggiun
te e correzioni nel 1749 da Benedetto XIV, e final
mente sottoposto a nuove aggiunte e correzioni du-1
Uf fici o d e l l e Feste
CAPO I
ti) Fornici, O. c., pag. 136. Non lutiti però i liturgisti sono d’ac
cordo sull'origine di questo parolai
Ufficio di rito semidoppio 103
(1) O, c,, p.
104 Capo IL
Ufficio dell’Ottava
49. Che cos’è l’OjLtava - Origine - Rito antico.
Per Ottava s’intende una Festa o solennità il cui
Ufficilo' si protrae per otto giorni e come dice Rodol
fo dii Tongres, (Prop. 19) «est nota et index magnae
solemnitatis».
L’Ottava è un costume che roteale agli ebrei^ pres
so i quali le maggiori solennità, quali la Pasqua^
la Pentecoste, la Festa dei Tabernacoli, la Dedica
zione del! Tempio duravano otto giorni, e il primo
e l’ottavo erano più solenni (1); e noi sappiamo
che G. C. andò a Gerusalemme per la Festa della
Scenopegia e vi rimase fino al giorno ottavo (21.
Gli Apostoli raccolsero e consacrarono nella li
turgia cristiana tale pratica, e le Feste più solenni
del Signore, come la Pasqua e la Pentecoste ebbero
un’Ottava. Le Ottave delle Feste degli Apostoli e
dei Santi ebbero origine più tardi, nel secolo Vili
(3) e si accrebbero nel XIII.
Il modo antico di celebrare l’Ottava differiva
dall’odiierno ; cioè non si faceva che ripetere la Fe
sta, e quindi la liturgia, nel giorno ottavo, mentre
nei giorni intermedi- non se ne faceva alcuna men*
(1) Levit. XXIII, 35-56; II Paralip. XXIX, 17; I Mach. IV, 56.
Cfrf. Grancolas nella Prefaz. alVOctavarium Romanum.
(2) Ioan. VII et X.
(3) Una prova di fatto l’abbiamo dalle liturgie greche ed ambro
siana, dove non vi hanno Ottave di Santi.
no Capo IV.
di S. R. C, d. 687.
(2) Addit, et Varit. in R. B. III. 5.
(3) S. R. C., d. 1875.
(4) Merati Sect. 3, c. 8. n. 5; Lohner p. 5 in Rubr. Brev. Tit.
7. Rub. I lilt. I; Cavalieri t. 2. Decr. 154, n. 2.
116 Capo IV.
(1) S. R. C. d. 2395, V.
(2) S. R. C., d. 2624, ad VI et VII.
(3) S. R. C, d. 3952, IL
(4) S. R. C. d. 2915. 3.
Del Titolare e del Patrone 197
(1) S. R. C, d. 360. I.
CAPO II
(1) Fornici, c, I.
108
2. Feste proprie.
(1) S. R. C, d. 2053.
S. R. C. d. 3919 II.
m Capo IV.
6. Poppi maggiori.
Quando una Festa di rito maggiore concorre:
a) Con una Domenica, con un doppio di second
classe, un giorno Ottavo doppio maggiore, si fanno
i Vespri diéi seguente e commemorazione del dop
pio maggiore precedente.
ò) Con un doppio di prima classe, i Vespri sono
del seguente e nulla si fa del precedente;
c) Con un Doppio maggiore, si fa tutto del più
nobile, colla commemorazione dell’altro; a pari no
biltà si fa dal Capitolo del seguente e commemora
zione del precedente.
— Per quest’ultima legge di concorrenza fra due
Doppi maggiori, una Festa del Signore di rito dop
pio maggiore secondario cede i Vespri alle Feste
(Mio stesso rito òhe siano della B. V. o dei Santi
che sono primarie. Tuttavia quando una tale Fe
sta del Signore di rito doppio maggiore secondario
occorre in giorno di Domenica e nel giorno seguen
te corre una Festa di rito doppio maggiore prima
rio della B. V., degli Angeli, o dei Santi, i Vespri
saranno della Festa precedente colila commemora
zione della Festa seguente, perchè in tal caso l’Uf
ficio della Festa del Signore è subrogato alPUfficio
domenicale (1).
7. Doppi minori.
Quando una Festa di rito doppio minore con
corre :1
Doppio di I. classe 0 1 3 I 3 3 3 3 3 3 6 5 3 6 3 3 6
0 3 3 3 3 4 3 3 3 7 4 4 4 0 4 4 4
Giorno Ottavo comune
Doppio maggiore 0 3 3 3 3 4 3 3 7 4 4 4 4 4 4 4 4
Doppio minore 0 3 3 3 3 4 3 7 4 4 4 4 4 4 4 4 4
Semidoppio 0 3 3 3 4 7 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4
Vigilia 0 3 2 4 4 4 4 4 4 4 4 4 |2 2 0 0 0
Semplice 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 2 4 4 |4 4
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o G io rn o f ra O tta v a I I O r d in e .
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G io rn o O tta v o S e m p lic e .
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D o m e n ic a I e la ta e .
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2. Officio del 2, nulla del 1. © B H T3 H
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1
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1
1
Quando coacorre:
Pieoede
Domenica 4 0 44 4
I4
4 43 3 Q
Doppio I. Classe 2 2 2 4 4 4 4 4 45 4
Doppio II. Classe 2 2 2 4 4 4 4 4 53 4
Giorno Ottavo privilegiato 4 4 4 4 4 4 4 4 3 3 4
Doppio maggiore 4 4 4 4 4 4 5 3 3 1 3
Doppio minore 4 4 4 4 53 3 3 1 1 3
Semidoppio 4 0 0 0 33 3 3 3 3 3
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• Doppio I elaaae.
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4. Tutto del precedente, commini, del CA
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seguente. 7 •cr 3 *e
3
privileg.
1
I
196 Capo IV.
Delle Commemorazioni
Delle Ore c a n o n i c h e
CAPO I.
D el Ma t t u t i n o
104. Premesse.
Studiato il' divino Ufficio nella sua natura ed o*
rigine, nelle sue specie, nel suo oggetto e nelle sue
relazioni, ci prepariamo a studiarlo nelle sue parti
organiche, ossia nelle Ore canoniche, delle quali
esso risulta.
Sotto questo aspetto il divino Ufficio si divide
in notturno e diurno. 11 primo ha piuttosto' un ca
rattere contemplativo, tendle cioè a sollevare Fani
ma a Dio, affine di meditarne le perfezioni e lei o-
pere; il secondo è prevalentemente attivo, ossia' è
ordinato ad ottenere i divini aiuti sulle operazioni
della vita secondo Ite varie parti della giornata.
Nel complesso dell’Ufficio divino alcuni ravvisa
no la vita spirituale dell’anima, cioè la purificati
va (Ore notturne e diurne), Ila illuminativa (Lodi
e Vespro) e la unitiva (Prima e Compieta) (1).
In questa parte si tratterà del Mattutino, delle
Lodi, delle Ore Minori, del Vespro e della Com
pieta,
105. L’antica preghiera notturna - tempo in
•i faceva nella Chiesa - ragione di questo tempo.
La Chiesa cattolica, a somiglianza della celeste
Gerusalemme i cui custodi sciolgono incessanti lo-
D el Vespro.
(1) S. R. C. d. 2390, 6.
CAPO V.
Della Compieta.
Degli Inni
127. Premesse.
Il divino Ufficia è preghiera eccellente non solo
penòhè preghiera pubblica della Chiesa, che è san
ta anche nella sua Liturgia, e perchè abbraccia tut
to dir tempo e Ilo consacra a Dio, ma in modo spe
ciale per le parti di cui risulta. Gli Inni, le Anti
fone, i Salimi, ii Cantici, i Versetti, le Assoluzioni, le
Benedizioni), le Lezioni della Scrittura e dei Padri1,
i Responsori, Ite Orazioni:, le Professioni di fiedle,
le Plreci, e Invocazioni ai Santi, alla B. V., tutto
adattato a'1 Tempo* od! alla Festa che si celebra, for
mano un mirabilie intreccio, pieno di una ricchez
za inesauribile dà pensieri e di affetti i più santi
della religiionie. E’ dà queste parti, delle quali risul
tano le Ore canoniche, che veniamo qui a parlare.
128. Che cosa è l’Inno sacro. Sua antichità. Prin.
cipali innografi sacri.
L’inno sacro in sensa ampio, èf definito da San
Agostino : «Cantus cum laude Dei». E spiegando
continua : «Si laudas Deum, et non cantas non di
cis hymnum. Si laudas aliquid quod non pertinet
ad laudem Dèi etsi cantando laudes, non dicis hym
num» (1). In questo senso anticamente e nel me
(1) A titolo di saggio, diamo per intero l’Inno dei Vespri del
la Dedicazione della Chiesa nella sua forma antica e nella nuo
va, secondo la correzione uirbaniiana.
1. Nel Salterio
Domenica • '
A Mattutino: 1. Primo die (pio Trinitas. S. Gregorio M.
(t 604).
2. Nocte surgentes vigilemus omnes Id.
Alle Lodi: 3. Aeterne rerum cónditor. S. Ambrogio di Milano
(t 397).
4. Ecce iam noctis tenuatur umbra. Id.
A Vespro': 5. Lucis creator optime. S. Gregorio M.
A Prima: 6. Iam lucis orto sidere. S. Ambrogio.
A Terza: 7. Nunc sancte nobis Spiritus. Id.
Sesta: 8. Rector potens, verax Deus. Id.
A Nona: 9. Rerum, Deus, tenax vigor. Id.
Feria II.
A Mattutino : 10. Sommo refecti, artubus Id.
Alle Lodi: 11. Splendor paternae dexterae. Id.
A Vespro: 12. Immense coeli conditor. Id.
Feria III.
A Mattutino: 13. Consors paterni luminis. Id.
Alle Lodi: 14. Ales diéi nuntius. Prudemzilo (t 410).
A Vespro: 15. Telluris alme cónditor. S, Ambrogio.
Feria IV.
A Mattutino: 16. Rerum creator optime. Id.
Afille Lodi: 17. Nox et ténebrae et nubila• Prudenzio.
A Vespro: 18. Coeli Deus sanctissime. S. Ambrogio.
Feria V.
A Mattutino: 19. Nox atra rerum contegit. M.
Alle Lodi: 20. Lux ecce surgit aurea. Prudenzio.
A Vespro: 21. Magnae Deus potentiae. S. Ambrogio.
Feria VI.
A Mattutino : 22. Tu Trinitatis- Id.
Alle Lodi: 23. Aetérna coeli gloria. Id.
A Vespro: 24. Hóminis superne conditor Id.
Sabato
A Mattutino: 25. Summae Parens clementiae. Id.
Alle Lodi: 26. Aurora iam spargit polum Id.
A Vespro: 27. Iam sol recedit igneus. Id.
A Compieta: 28. Te lucis ante terminum. Id.
Alle Lodi: 29. Te Deum laudamus. Probab. Id.
(1) Per questi numeri e pei seguenti crf. Rubr. gen. Rom.,
Tit.. XX; S. R. C., d. 4262 ; 4078
Degli Inni 259
(1) S. R. d. 4283, 1.
(2) S. R. C., d. 4033. Così nell’Ufficio di S. Carlo a Mattutino
è ai' Vespri dà giamo 4, che è ig/ijomo' assegnato^, si mut» il tea>
zo verso. Rubr. Brev. 4 nov.
(3) S. R. C., d. 2365. 3. .
(4) S. R. d. 2365, 3.
CAPO TI.
(1) Cfr. Malth. XXVI, 30; XXVII 46; ;Luc. XXII 41; Manuale
per io/ studilo eiod. Voi. 1. n. 14.
Capo IL
(Salimi 32, 65, 75, 95, 97, 99, 102, 116, 147, 150).
Con questi, evid^teruente, chii recita il Breviiaiiio
non ringrazila sollo Dio per quegli antichi benefici,
ma primariamente per quelli che in G. C. e nella
Chiesa ha fatto a tutta l’umanità. Molti Salmi con*
tengono vive preghiere di tutta la nazione giudaica
quando stava nell’esilio odi in 'altre necessità, ove
confessa i propri peccati edl invoca il divino aiuto
(Salimi 79, 82, 101, 105, 131); altri1contengono in
vocazioni di persone particolari per ottenere perda
no ed aiuto (Salmi 6, 37, 50) o liberazione, da uo
mini' iniqui e persecutori (Saiimo 3, 4, 5, 7, 10,
30, 34, 35, 36, 51, 108 eoe.) ; altri sono fervidi rin
graziamenti di speciali persone per Faiuto divino
ottenuto (Salmo 17). Tutti questi Salimi si recitano
nel Breviario in senso specificamente cristiano,\ in
senso accomodato, che viene espresso o dallo stato
generale della Chiesa o !da quello di particolari mem
bri» (1).
d i S. R. C. & 1384. 6.
(2) S. R. C. d 3780. 1.
(3) S. R. C., d. 4141, 1.
Dello Antifone
(1) «Versus a reversione noumeni tònalhit... let «Ulta <e(t acuita vone
diciUur 'aldi exditamdium pigros qui in laudando Denum «WinteMIiigienido
divina fcolrpetrtt, revertantur ad cor odt vildelliiiciet, eo audito om
nis cogitatio, quac forte videndo temporalia foras exiit, reduca
tur intra nos». Durando (X c. lib. V. c. I. n. 40 «Ante cantica
evangelica in Laudibus, Vesperis et Completorio excitamur Ver
sibus ad intelligentiam eórum et ad orationem et in commemora
tionibus sempre adhibetur Versus ut oratio ferveat» Gavantto S.
V. c. X. n. 2; Cfr. pure Bona 0 . c. Cap. XV. §‘. 13.
Capo IV.
(1) S. R. G, d. 4262.
Capo V•
2 Nott. 1
3 Notti
NOME E SECOLO DELL’AUTORE
Dei Responsorii
Delle Orazioni
Orazione domenicale e Salutazione Angelica
ti) Gfr. su quanto tfè detto Rubr. Gen. Rrev. Ro. Tìt. XXX.
(2) S. R. C. d. 2637.
(3) S. R. C. d. 3642 I.
Delle Orazioni 333
so dopo dii esso sii dice il' Pater noster con VAve Ma
ria per il principilo delPOra seguente : finita la qua*-
le si dice Pater Noster, dmguisa che sia sempre diet
to in fine dielPulttima Ora. Se poi dopo il Vespro se
gue immediatamente Compieta, detto il Fidélium
animae, si dice il1Versetto : Jube domne benedicere.
2. Quando alla fine dtelfli’O'razione domenicale si
deve proferire a chiara voce Et ne nos inducas etc.
nel principio, con la medesima voce si proferiranno
sempre queste parole Pater noster, come si suol1fa
re alle Preci, ed in altre occasioni consimili; altri
menti mai non si proferiranno, ma si dirà tutto in
segreto. Alle Lodi poi e ai Vespri, quando neliPUf-
ficdo feriale si dicono Ite Preci, il Pater noster si
dice tutto a chiara voce dall’Ebdomadario.
3. La salutazione Angelica si dice avanti l’Ufficio
della B. V., quando non si oongiunge eoi divino
Ufficio, perché allora basta averla detta nel princi
pio ooli’Orazione domenicale (1).
Il modo poi di recitare l’Orazione domenicale
nel divino Ufficio è triplice cioè :
a) tutto in segreto, come in fine dii Compieta, in
principio ideile altre Ore, prima dello Lezioni nel-
l’Ufficio dei defunti; e durante il Triduo avanti Pa
squa, prima del Miserére;
b) a voce alta, come nelle preci feriali alle Lodi
ed ai Vespri;
c) parte in segreto parte a voce alita, cioè a voce
nasitmo «he porta, gli fa dato nel secolo V, e per la «ua esattez
za nelle espressioni ebbe sempre grande autorità. Per maggiori
notizie, vedi: Gavanto-Merati, Sect. V. c. 20.
(1) Rubr. Psalt. reform, in hoc. loco. S. R. C. 9 febbraio1 1912.
(2) S. R. C. d. 1918, 3; 2194, 1, Rubr. Gen. Brev. Ro., Tit.
XXXIII; Addit et Vanii, alni Rubr* Rrev. Rota:, Tilt. V ili, n: 2,2•
CAPO X
(1) Durando I. c. V. n. 11
(2) Amalario, lij>. 3 e. 6. ^
(-3) Cfr. Baumer, Studien und Mittheilungen coi» dent Bonedv-
ctineordm, 1886 pa®. 28 «Big. j
332 Capo X •
CAPO I.
(1) Cioè: 1. Indulg. plen. per chi lo redta intero per un mese;
2. Indili, di 7 anni e 7 quarantenne in qualsiasi giorno in cui
9i recita l’intero Ufficio; 3. Indulg. di 300 giorni da lucrarsi una
volta sola al giorno, quando si recita il I Mattutino colle
9 0 0
(1) S. R. C. d. 2658.
(2) Rubr Psalto. Tilt. V ili n. 3.
(3) Rub. gen. Ttit. XXXVII 2; S. R. C. d. 1334, .6.
(4) S. R. C. d. 3572.
(5) ' S. R. C. d. 3659.
CAPO IL
ÙJ Rubrica locale.
Dell'Ufficio dei Defunti 351
P A R T E 1.
Dell’Ufficio Divino in generale
Capo I. Natura e costituzione del Divino Ufficio pag- 7-15
1. Lai preghiera pubblica ned disegno di Gesù
Griislto — 2. Definizione deli Divino Ufficio —
3. Nomi! diedi Divino Ufficilo — 4. Eccedenza <M
Diivàinlo, Ufficilo — '5. L’Uffflcdlo 'Diilwiinoi preghiera
tdefli giamo — 6. L’Ufficio Divino preghiera
dedita Sdttlimiajua — 7, L’Uffiicioi Divino preghie
ra dleE’aimoi.
Capo li. Breve storia dell’Ufficio Divino , 16-46
8- Periodi pritnoipali — 9. Il periodo da S. Pietro
a S. DanHaso (35-366) — IO. II. (periodo dia S.
Damalo a S. Gnegarilo M. (366-590) — 11. IH.
perijoido da S. Gregario. M. a S. Gregorio VII
(590-1072) — 12. IV. periodo da S- Gragouiiioi VII
» S. Pio V '.(1072-1506) — 13. V. periodo da
S. Pliio V a Pio X (1566-1903) — 14. La rifar-
nuai kii Fi)» X (1914L
Capo 111. Varietà dei riti nel Divino Ufficio , 47-52
1S. Ragione .dedita varietà diedi riti. — 16. Riitii io*-
rienttadli — 17. Riti oiediideintalli-
Capo IV. Recita dell’Ufficio Divino 53-61
18. Obbligo dlellai recita — 19. Gaiulse scusanti dalll-
B)a retali® — 20. Tempo dedla, recita '— 21. Luo
go- dedla1rendita — 22. Modo dldUja recital — 23»
Recita pvivaitak
Capo V. Del computo Ecclesiastico. 62-76
24. Ghie cosa c e coirne sii dfflvàdie —1 25. Dedl’an-
ito £ «uà correritorte — 26. Il ciclo dei mumiero
«ureo — 27. L’epatBa — 28. La lieltltiera dloimelni-
,calia — 29. LTtafiaikune rottnaina — 30. La Pa-
eq.ua e le feste mobili.
364 INDICE
P A R T E IL
Pa r t e ih
PARTE IV.
PARTE V.
PARTE VI
Delle parti delle Ore Canoniche
Capo 1. Degli Inni pag. 245-264
127. Premesse — 128. Che eolia è riamo sacro.
Sua antichità. Piitacrilpaii innografi «acni — 129.
Correzione /dogli Inni aitffrcihi fatta dia Urbano
V ili — 130. Ellenico dleglà Inni del Breviario
Romano e 'loro aaitorj) — -131. Modalità melila rie
dita \ dleigiUii Inaili. — 132. Quando e icpmie
gTIniM, sii tàuniiiscamo — 133. Coinicibsifone dlegHi
Inaia. Loro inmtaizioaiiil.
Capo U. Dei Salmi e dei Cantici . 265-276
134. Che cosa è il Ballino. Antico uso liturgico
dedi Saloni — 135l I Safllnaii, convemienitiisdilmB, pre
ghiera pubblica dlelfLa Chiesa — 136* DistrdhuziiiOK
ne iddi Salmi nel Dliiviln>oi Ufficio — 137. Ohe
cosa 'ci il Cantico. Uso liturgico antico e altfcuaiie
138« Colme sotto distinti i cantici ned Divino Uff.
139. I Cantici diéi Nuovo Te^tSamtenlto — 140.
Comcllusiond dleii Baimi e :Galn!tlici' — 141. Quali
Salimi e !Cantici si dicono nel Divino Ufficilo.
Come si dlevono recitatele iln coro.
Capo 111. Delle Antifone . 277-262
142. Che calda «orto le Antifone. Come sij id!idliin>
gnomo — 143. CXrdjgitne delle Antifone — 144.
Dove ai trovano le Antifone; quali ai dliooauo
— 145. Come si reciiiainio Ole AnltBlfolnie — 146.
Riedita dolile Antifone contenenti il primo ver
setto diéi Salinioc
Capo IV. Dei Versi, Assoluzioni, Benedizioni . 283*289
147. Che cosa sono i Versi nel Divino Ufficilo.
Quiale scopol hanno — 148. Dove si recitano! £
Versetti: — 149. Che cosa sono ile lAsfloQiuziomà
INDICE 369
Capo IX. Dell’inno To Deum e dei simboli di Fede pag. 325 330
177. Origine del' Te Deium - quando vanne In-
Itjroidloitnio rieOl’Ufficio! - siuie parili - oalria/tpfcbne spe
d a le — 178. Q uiaindo si nelcilta nel1divino Uffildio
— 179. Simboli dii Fedle medi dirimo! Uiffficio.
ERRATA-CORRIGE
^ p a g . 97 - La festa del Preziosissimo Sangue -
fig u ra tra - i doppi d i 2. classe secondari invece è •
doppio di 1. classe secondari.