(Movimenti) arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il I limoni [miracolo: Non chiederci la parola che squadri da ogni il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro Ascoltami, i poeti laureati [lato di me, con un terrore di ubriaco. si muovono soltanto fra le piante l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. lo dichiari e risplenda come un croco Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di Io, per me, amo le strade che riescono agli perduto in mezzo a un polveroso prato. [gitto [erbosi alberi case colli per l’inganno consueto. fossi dove in pozzanghere Ah l’uomo che se ne va sicuro, Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto mezzo seccate agguantano i ragazzi agli altri ed a se stesso amico, tra gli uomini che non si voltano, col mio qualche sparuta anguilla: e l’ombra sua non cura che la canicola [segreto. le viuzze che seguono i ciglioni, stampa sopra uno scalcinato muro! discendono tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni. Non domandarci la formula che mondi possa *** [aprirti, Meglio se le gazzarre degli uccelli sì qualche storta sillaba e secca come un Cigola la carrucola del pozzo, si spengono inghiottite dall’azzurro: ramo. l’acqua sale alla luce e vi si fonde. più chiaro si ascolta il susurro Codesto solo oggi possiamo dirti, Trema un ricordo nel ricolmo secchio, dei rami amici nell’aria che quasi non si ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. nel puro cerchio un’immagine ride. [muove, Accosto il volto a evanescenti labbri: e i sensi di quest’odore si deforma il passato, si fs vecchio, che non sa staccarsi da terra *** appartiene ad un altro... e piove in petto una dolcezza inquieta. Ah che già stride Qui delle divertite passioni Meriggiare pallido e assorto la ruota, ti ridona all’atro fondo, per miracolo tace la guerra, presso un rovente muro d’orto, visione, una distanza ci divide. qui tocca anche a noi poveri la nostra parte ascoltare tra i pruni e gli sterpi di schiocchi di merli, frusci di serpi. (Meriggi e ombre) [ricchezza Nelle crepe del suolo o su la veccia ed è l’odore dei limoni. spiar le file di rosse formiche L’agave su lo scoglio ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano Scirocco Vedi, in questi silenzi in cui le cose a sommo di minuscole biche. s’abbandonano e sembrano vicine O rabido ventare di scirocco a tradire il loro ultimo segreto, Osservare tra i frondi il palpitare che l’arsiccio terreno gialloverde talora ci si aspetta lontano di scaglie di mare bruci; di scoprire uno sbaglio di Natura, mentre si levano tremuli scricchi e su nel cielo pieno il punto morto del mondo, l’anello che non di cicale dai cavi picchi. di smorte luci [tiene, trapassa qualche biocco il filo da disbrogliare che finalmente ci metta E andando nel sole che abbaglia di nuvola, e si perde. nel mezzo di una verità. sentire con triste meraviglia Ore perplesse, brividi Lo sguardo fruga d’intorno, com’è tutta la vita e il suo travaglio d’una vita che fugge la mente indaga accorda disunisce in questo seguitare una muraglia come acqua tra le dita; nel profumo che dilaga che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. inafferrati eventi, quando il giorno più languisce. luci-ombre, commovimenti Sono i silenzi in cui si vede delle cose malferme della terra; in ogni ombra umana che si allontana *** oh alide ali dell’aria qualche disturbata Divinità. ora son io Spesso il male di vivere ho incontrato: l’agave che s’abbarbica al crepaccio Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo era il rivo strozzato che gorgoglia, dello scoglio nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra era l’accartocciarsi della foglia e sfugge al mare da le braccia d’alghe soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. riarsa, era il cavallo stramazzato. che spalanca ampie gole e abbranca rocce; La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta Bene non seppi, fuori del prodigio e nel fermento il tedio dell’inverno sulle case, che schiude la divina Indifferenza: d’ogni essenza, coi miei racchiusi bocci la luce si fa avara - amara l’anima. era la statua nella sonnolenza che non sanno più esplodere oggi sento Quando un giorno da un malchiuso portone del meriggio, e la nuvola, e il falco alto la mia immobilità come un tormento. tra gli alberi di una corte [levato. ci si mostrano i gialli dei limoni; e il gelo del cuore si sfa, e in petto ci scrosciano le loro canzoni le trombe d’oro della solarità. *** Incontro LE OCCASIONI (1928 - 1939) Lontano, ero con te quando tuo padre entrò nell’ombra e ti lasciò il suo addio. Tu non m’abbandonare mia tristezza a I. B. Che seppi fino allora? Il logorío sulla strada di prima mi salvò solo per questo: che urta il vento forano IL BALCONE co’ suoi vortici caldi, e spare; cara che t’ignoravo e non dovevo: ai colpi tristezza al soffio che si estenua: e a questo, Pareva facile giuoco d’oggi lo so, se di laggiù s’inflette sospinta sulla rada mutare in nulla lo spazio un’ora e mi riporta Cumerlotti dove l’ultime voci il giorno esala che m’era aperto, in un tedio o Anghébeni - tra scoppi di spolette viaggia una nebbia, alta si fletta un’ala malcerto il certo tuo fuoco. e i lamenti e l’accorrer delle squadre. di cormorano. Ora a quel vuoto ho congiunto La foce è allato del torrente, sterile ogni mio tardo motivo, *** d’acque, vivo di pietre e di calcine; sull’arduo nulla si spunta ma più foce di umani atti consunti, l’ansia di attenderti vivo. d’impallidite vite tramontanti La speranza di pure rivederti oltre il confine La vita che dà barlumi m’abbandonava: che a cerchio ci rinchiude: visi emunti, è quella che sola tu scorgi. mani scarne, cavalli in fila, ruote A lei ti sporgi da questa e mi chiesi se questo che mi chiude stridule: vite no: vegetazioni finestra che non s’illumina. ogni senso di te, schermo d’immagini, dell’altro mare che sovrasta il flutto. ha i segni della morte o dal passato è in esso, ma distorto e fatto labile, Si va sulla carraia di rappresa I un tuo barbaglio: mota senza uno scarto, simili ad incappati di corteo, (a Modena, tra i portici, sotto la volta infranta ch’è discesa un servo gallonato trascinava quasi a specchio delle vetrine, A LIUBA CHE PARTE due sciacalli al guinzaglio). in un’aura che avvolge i nostri passi fitta e uguaglia i sargassi Non il grillo ma il gatto umani fluttuanti alle cortine del focolare *** dei bambù mormoranti. or ti consiglia, spendido lare della dispersa tua famiglia. Ecco il segno; s’innerva Se mi lasci anche tu, tristezza, solo La casa che tu rechi sul muro che s’indora: presagio vivo in questo nembo, sembra con te ravvolta, gabbia o cappelliera?, un frastaglio di palma che attorno mi si effonda sovrasta i ciechi tempi come il flutto bruciato dai barbagli dell’aurora. un ronzio qual di sfere quando un’ora arca leggera - e basta al tuo riscatto. sta per scoccare; Il passo che proviene e cado inerte nell’attesa spenta dalla serra sí lieve, di chi non sa temere non è felpato dalla neve, è ancora su questa proda che ha sorpresa l’onda tua vita, sangue tuo nelle mie vene. lenta, che non appare. II *** Forse riavrò un aspetto: nella luce MOTTETTI radente un moto mi conduce accanto Il ramarro, se scocca a una misera fronda che in un vaso Lo sai: debbo riperderti e non posso. sotto la grande fersa s’alleva s’una porta di osteria. Come un tiro aggiustato mi sommuove dalle stoppie - A lei tendo la mano, e farsi mia ogni opera, ogni grido e anche lo spiro un’altra vita sento, ingombro d’una salino che straripa la vela, quando fiotta forma che mi fu tolta; e quasi anelli dai moli e fa l’oscura primavera e s’inabissa al salto alle dita non foglie mi si attorcono di Sottoripa. della rocca - ma capelli. Paese di ferrame e alberature il cannone di mezzodì Poi più nulla. Oh sommersa!: tu dispari a selva nella polvere del vespro. più fioco del tuo cuore qual sei venuta, e nulla so di te. Un ronzio lungo viene dall’aperto, e il cronometro se La tua vita è ancor tua: tra i guizzi rari strazia com’unghia ai vetri. Cerco il segno scatta senza rumore - dal giorno sparsa già. Prega per me smarrito, il pegno solo ch’ebbi in grazia ... allora ch’io discenda altro cammino da te. che una via di città, E l’inferno è certo. e poi? Luce di lampo nell’aria persa, innanzi al brulichio invano può mutarvi in alcunché dei vivi; ch’io ti senta accanto; ch’io di ricco e strano. Altro era il tuo stampo. scenda senza viltà. *** ***