1
Prefazione
V. Musica e modellazione
1. Musica e modellazione primaria
2. Musica e realtà
3. Musica e ideologia
Riferimenti bibliografici
Prefazione
A noi invece, che abbiamo di mira l'utile, serve un poeta e mitologo più
austero e meno piacevole, che imiti il linguaggio della persona dabbene.. (398b).
3. Musica e ospitalità
[...]
1. Il testo
Diastema: se seguiamo l'indicazione di prestare ascolto alla
parola greca, di lasciare che essa sia messa nelle condizioni di
esprimersi da sé, scopriamo che la prima operazione da compiere è
quella di ritirare la fiducia nella sua traduzione corrente: intervallo.
Traduzione, questa, tanto più inadeguata, quanto più le si associa un
numero, trasformando così l'intervallo in valore numerico di una
distanza e trasformando una parola che potrebbe aprire un orizzonte
sulla fenomenologia della musica in un termine tecnico.
Fondamentalmente la caduta di senso che la traduzione comporta si
manifesta nella sua aderenza alla concezione della musica come arte
dei suoni. La definizione di una distanza presuppone infatti un
insieme di oggetti, ma nulla ci dice sulla sua funzione di entrata, né
sul processo di oggettivazione. Diastema, al contrario, se accostata
senza questo pregiudizio, ci fa assistere alla nascita stessa della
musica, a quell'istante in cui il suono si offre all'ascolto opponendosi
al rumore. Istemi significa collocare, porre, anche nel senso di
stabilire istituendo. Dia significa separazione, ma solo
secondariamente come distanziamento di ciò che è già separato, che
è già pluralità di oggetti, nel nostro caso pluralità di suoni. Innanzi
tutto ci richiama alla rottura di una unità. Il carattere di attività cui
questi sensi rinviano ci suggerisce allora di interrogare a questo
punto il verbo, che svela così il suo significato di azione che
istituisce la differenza. Diistemi significa istituire la differenza
producendo il differire. Così, passando per Aristosseno, la parola
greca ci conduce per mano fin dentro i problemi più attuali, là dove
l'intrigo fra semiotica, filosofia del linguaggio e ontologia si fa più
denso. Gli oggetti della musica non sono quindi note che si offrono
alla misurazione di una distanza, note che producono intervalli, ma
intervalli che producono note, se per intervallo intendiamo differenza
(dia) istituita (istemi). Il riferimento a quest'ultimo senso ci permette
ora di procedere oltre l'ambito del sistema delle altezze, cui la
nozione di diastema è storicamente riferita: possiamo così, seguendo
Aristotele, estendere il significato della parola in direzione del suo
senso di ratio, rapporto. Questo ci permette di considerare la
temporalità della musica come articolazione temporale, rapporto di
durate1. Anche in questo caso diistemi mantiene il senso dell'azione
che istituisce. L'istituito è ancora la differenza, questa volta
all'interno di un orizzonte temporale. Longa significa così, in termini
di ratio, null'altro che un multiplo di brevis, come, più tardi,
semiminima non significherà altro che metà minima.
Lo spazio diastematico, come luogo della differenza è quindi
immediatamente sistema in cui ogni elemento è istituito
esclusivamente dall'insieme degli altri elementi che ne localizzano la
posizione circoscrivendolo come differenza. Il segno si definisce così
come traccia iscritta dagli altri segni del sistema. Ma alla differenza
inscritta nello spazio della scrittura-iscrizione si accompagna una
differenza temporale della scrittura-lettura che è differimento. Questo
è l'insieme di scarti spaziali e ritardi temporali, che da sempre
impedisce al segno di cancellarsi in una presenza, differendo così il
progetto stesso dell'ontologia; è la différance di Derrida: il differire
come discernibilità, distinzione, scarto, spaziamento, e il differire
come ritardo, proroga, riserva, temporeggiamento. Solo su questi
presupposti possiamo dire che la musica è arte dei suoni. Il suono
non è più, infatti, un rumore particolarmente gradevole o fornito di
qualche senso di artisticità: è l'istituito dal diastema. La musica è, in
questo senso, scrittura, indipendentemente dall'evento della sua
1
anche se questo rapporto non esaurisce la temporalità musicale. Cambiando il
metronomo i rapporti rimangono immutati ma la musica non è più la stessa. Lo
stesso problema si pone per le altezze. Nel trasporto è però evidente che cambia il
timbro: nella variazione di metronomo che cosa cambia? Innanzi tutto il rapporto
con la temporalità del corpo, che mantiene i suoi ritmi, e rispetto al quale gli altri
ritmi si confrontano.
visibilità su una superficie di iscrizione; indissolubilmente scrittura
dello spazio e del tempo, differenza e differimento.
Allo stesso risultato giungiamo partendo da un'altra parola
greca, altrettanto importante per la sua centralità teorica: harmonia. I
suoi percorsi di significazione richiamano le azioni di congiungere,
connettere, adattare e quindi scendere a patti, definire e stipulare
una convenzione; il suo significato più antico nell'ambito della
pratica musicale ci rimanda all'atto di accordare uno strumento a
corda. Harmozo significa quindi adattare la tensione delle corde a
qualcosa rispetto a cui si viene a patti stipulando una convenzione, o
rispetto a cui ci si con-forma:
2
Poetae melici Graeci, ed. D. L. Page, Claredon Press, Oxford 1962 (1965), fr.
702.
L'adattamento reciproco della tensione delle corde,
accordatura-accordo, è richiesto perché ci sia conformità, ma ciò
rispetto a cui ci si conforma è l'orizzonte esterno del suono, quel
campo vettoriale di tensioni armoniche rispetto al quale il suono si
presenta in primo piano come oggetto localizzato di un ascolto che
ha sospeso l'ontologia. Ora, nulla, se non una ontologia che mostra
ormai la sua chiusura, ci autorizza a dichiarare più originario un
orizzonte rispetto a una pratica, né a ritenere che una pratica
istituisca e apra un orizzonte. Il problema della priorità, della ricerca
del "più originario" fra la pratica significante dell'accordatura e la
struttura formale significata dello spazio diastematico semplicemente
non può porsi se non nell'irriducibilità fra signans e signatum, nella
metafisica del merum signum e del primum signatum. Ma proprio
questo la pratica musicale mostra con più evidenza di qualsiasi altra
pratica significante: signans e signatum sono entrambi provvisori; il
primum signatum è già secondo.
L'ultima parola che ci mostrerà ancor più da vicino l'essenza
scritturale della musica è proprio la parola scrittura, che
assumeremo, però, nei suoi significati più antichi. Grapho significa
in generale scrivere soltanto in senso metonimico. Nella sua radice
indo-europea gerph significa innanzi tutto incidere, raschiare,
intaccare. Evidentemente una superficie non è scritta finché non è
intaccata, finché la sua uniformità in cui nulla si oppone a nulla non è
signata. Non è neanche uno spazio nel senso greco del termine,
perché nulla vi ha luogo. Se ora esaminiamo la tacca incisa sulla
superficie della canna, ci accorgiamo che anch'essa è strettamente
implicata con l'harmonia. L'incisione delle tacche, atto di scrittura
per eccellenza, si produrrebbe infatti per realizzare un'harmonia, per
portare nel mondo sensibile una struttura formale che come sintassi
astratta è forma intelligibile. Anche in questo caso, naturalmente,
potremmo riproporci il problema in termini di signans e signatum,
ovvero il problema dell'originario e del differito: è più originario il
gesto di scrittura-incisione, il graphein che produce i fori dell'aulos o
il modello astratto, la struttura formale a cui il gesto si riferisce?
Naturalmente la risposta non può che contestare di nuovo i termini
della domanda: signans e signatum sono entrambi provvisori là dove
si sospende l'ontologia, e la musica nasce nella dimensione
dell'ascolto solo quando l'ascolto sospende la domanda ontologica.
Con la separazione del sopra-sensibile, le pratiche musicali,
l'accordatura della cetra come l'incisione dei fori dell'aulòs, possono
essere assunte alla dignità della tematizzazione solo se assorbite e
dissolte in quell'equivalente universale che è l'harmonia, struttura
formale dell'intelligenza non soggetta a corruzione e, principalmente,
priva di corpo, grana, materialità e ambiguità. Ma la musica,
sospendendo la domanda ontologica, ne sospende anche la tesi. Il
problema del rapporto fra il gesto di incisione-scrittura e la struttura
formale cui il gesto si ispirerebbe come a modello, si pone per restare
insolubile soltanto in conseguenza della istituzione del dualismo
ontologico. Porre l'autonomia dell'anima, del razionale e del
soprasensibile comporta una inevitabile degradazione del corpo e
della sensibilità, significa sottrarre al corpo la sua intelligenza per
collocarla altrove e gettare la sensibilità in balia del mondo. Ma
nell'ordine del ritmo, che è l'ordine della musica, il corpo che si
muove iscrivendo forme nello spazio mostra che l'intelligenza di
queste forme gli appartiene.
2. Composizione e interpretazione
La scrittura musicale occidentale sembra nascere come
mnemotecnica, o, almeno, questo ci racconta la Storia: tecnica al
servizio della memoria; memoria al servizio della pratica musicale,
pratica musicale al servizio dell'anima, affinché, "purgata atque
exonerata, revolet ad quietem, et intret in gaudium Domini sui" (De
Musica 6, 14, 43). Che dei monaci abbiano sentito il bisogno di
inventare un sistema di tracce iscritte per ricordare il canto liturgico
sembra un evento talmente ovvio, che quasi ci chiediamo come mai
non ci avessero pensato prima. Evidentemente le nozioni di tecnica,
scrittura e memoria non sono affatto ovvie, come non sono ovvie le
relazioni che fra esse si instaurano. Tecnica e scrittura appartengono
entrambe all'ordine dell'esteriorità, del differimento e
dell'inautentico. Sono sempre tecnica e scrittura di qualcosa che è in
sé, in un movimento di subordinazione e di autocancellazione del
segno che possono però anche pericolosamente disattendere. Ciò che
le rende sospette è la loro inaffidabilità; entrambe pericolose perché
possono prenderci la mano, acquistare autonomia, sfuggire al nostro
controllo. I computer sfuggono al loro pro-gramma instaurando, nel
moderno mito fantascientifico, la dittatura delle macchine. Ma la
scrittura a quale controllo tende a sottrarsi? Che cosa esercita il
controllo sulla scrittura affinché essa rimanga al suo posto, strumento
al servizio della comunicazione? Una scrittura affidabile e sotto
controllo è una scrittura ai cui grafemi corrisponde univocamente un
significato, alle dipendenze del quale presta servizio. Il significato è
l'esito non patologico della scrittura perché non appartiene all'ordine
sensibile dell'opinione, ma ha la natura universale dell'intelligibile,
dell'identico a sé. Una scrittura sotto controllo è, quindi, una scrittura
fornita di codice, strumento giuridico che ne prescrive la mansione
servile: l'interpretazione univoca. La sua grammatica è la grammatica
dell'Essere e dell'ontologia; è l'ontologia. Ma l'interpretazione
univoca è anche l'organo della memoria. Come la scrittura e la
tecnica, servi indocili e pericolosi, anche il ricordo, che affiora senza
essere stato richiamato, che si ripresenta di sua iniziativa
provocandomi, al di là della mia volontà di ricordare, anche il
ricordo va posto sotto controllo, neutralizzando il suo disordine
anarchico nell'ordine della memoria. Lo spazio del ricordo è, come lo
spazio della scrittura, acentrato. La sua metrica e la sua topologia
non permettono l'installarsi di un punto di vista che lo domini e lo
sottometta ad un unico sguardo. Il suo ordine è incompatibile con
l'ordine dell'identità. La memoria, invece, è la bandiera, le radici,
l'identità. Il suo organo è la narrazione che rispetta l'ordine del
discorso, ordine sequenziale di un progetto finalizzato alla
riconferma del medesimo, che si conferma così come
autocelebrazione del sopravvissuto. Anche i segni della memoria
sono univocamente codificati: l'identità della memoria garantisce
l'identità dell'individuo e della società.
La scrittura come mnemotecnica nasce per definire l'identità
del canto liturgico: identità del testo che garantisca l'identità
dell'interpretazione. Ciò che il canto esprime deve essere definito nel
segno del potere dell'istituzione religiosa: la sua semiotica è, quindi,
la semiotica del potere, la semiotica del codice. Il segno, identico a
se stesso senza eccedenza è giuridicamente legato a un significato sul
quale il potere esercita il suo dominio attraverso il monolinguismo e
l'univocità.
Ma la nozione di scrittura come tecnica della memoria
nasconde contraddizioni insanabili. Innanzi tutto la nozione di
tecnica non può chiarire la nozione di scrittura senza porre più
problemi di quanti possa risolvere. La scrittura non è, infatti, una
specie del genere "tecnica", e neanche la presuppone perché, come
istituzione della differenza e del differimento, mette in crisi le stesse
condizioni di possibilità dell'opposizione tecnica/scienza. La
memoria, quindi, come progetto di identificazione, non potrà mai
adeguare a sé la scrittura che è inadeguazione ed eccedenza,
eversione che nessun potere riesce a riportare completamente
all'ordine dell'identità. L'aveva perfettamente compreso Platone: in
assenza del padre non è in grado di mantenere la retta via. Lo
sapevano perfettamente gli uomini del potere religioso. Se per
l'identificazione del significato la semiotica del codice non è
sufficientemente adeguata a fronteggiare l'eversione della scrittura, si
interviene sulla scrittura stessa. La preghiera diventa liturgia, al
fedele è consentita soltanto l'adesione per ripetizione in una lingua
che non gli è concesso comprendere: l'incomprensione rafforza così
l'esproprio dell'interpretazione, nel tentativo di garantire il sistema
dai limiti del potere del codice.
L'epicentro della strategia di controllo semiotico si può così
collocare nella nozione di significato. Il suo luogo è il soprasensibile
che, immune dal divenire, appartiene all'ordine dell'Essere,
dell'identico a sé. E' concetto, idea, cosa del pensiero, e rispetto al
pensiero non presenta alcuna resistenza, eccedenza, materialità,
alterità irriducibile. E' il riposo definitivo del segno: per modum
concipientis concipitur.
Questo modo di privare l'essere conosciuto della sua alterità può attuarsi
solo se è intenzionato attraverso un terzo termine - termine neutro - che a sua volta
non è un essere. In esso finirebbe con l'attutirsi lo choc dell'incontro tra il
Medesimo e l'Altro. Questo terzo termine può apparire come concetto pensato.
(Levinas 1961: 40)
Resta inteso che l'esecutore si trova innanzi una musica scritta, in cui la
volontà dell'autore è esplicita e risalta da un testo correttamente stabilito. (ivi: 109)
una specie di compiacenza amorosa, il che non significa una collaborazione furtiva
o deliberatamente affermata. (ivi: 110)
Webern, potrei dire con Husserl, sottopose l'esperienza sonora all'epoché, alla
"sospensione del giudizio", riducendo quindi anche la soggettività, nel suo
rapporto con l'oggettività costruttiva, alla intenzionalità diretta verso l'essenza reale
del campo sonoro: essenza originaria se si vuole, Urton, ma eideticamente, non
materialmente intesa. Webern (e non lo Strawinsky del Sacre, la cui tendenza quasi
"ad un diretto contatto con la materia prima della musica" viene da Adorno
inspiegabilmente connessa con la "riduzione al puro fenomeno"; il che rivelerebbe
una "incontestabile affinità con la fenomenologia filosofica che nasce proprio
contemporaneamente"...) rende possibile, attraverso la Weltvernichtung, un
radicale rinnovamento musicale che porta alla positività dell'essenza reale del
suono nella Lebenswelt husserliana: solo intenzionando nel futuro una purificata
visione eidetica, il dualismo fra esperienza e linguaggio formale si risolve in un
nuovo processo dialettico, quindi in un reale progresso nella storia. La musica
ritrova allora se stessa, in una dimensione nella quale il campo tecnico coincide
con quello spirituale, anziché annullarsi nella saturazione della materia preformata.
(Rognoni 1974: 53)
Quid est enim tempus? Quis hoc facile breviterque explicaverit? Quis hoc
ad verbum de illo proferendum vel cogitatione conprehenderit? Quid autem
familiarius et notius in loquendo commemoramus quam tempus? Et intelligimus
utique, cum id loquimur, intelligimus etiam, cum alio loquente id audimus. Quidest
3
ergo tempus? Si nemo ex me querat, scio; si querenti explicare velim nescio.
(Agostino, Confessioni, 11, 14, 17)
Gli uni dicono che è il movimento del tutto, gli altri la sfera stessa.
Pitagora diceva che il tempo è la sfera di ciò che avvolge le cose.
(58 B 33 Diels - Kranz).
In base a tale ragionamento del Dio intorno alla generazione del tempo,
ossia affinché il tempo si generasse, furono fatti il sole e la luna e cinque altri astri,
che hanno nome di pianeti, per la distinzione e la conservazione del tempo. (Timeo,
38 c).
Sed quomodo minuitur aut consumitur futurum, quod nondum est, aut
quomodo crescit praeteritum, quod iam non est, nisi quia in animo, qui illud agit,
tria sunt? Nam et expectat et adtendit et meminit, ut id quod expectat per id quod
adtendit transeat in id quod meminerit. Quis igitur negat futura nondum esse? Sed
tamen iam est in animo expectatio fufurorum. Et quis negat praeterita iam non
esse? Sed tamen adhuc est in animo memoria praeteritorum. Et quis negat praesens
tempus carere spatio, quia in puncto praeterit? Sed tamen perdurat adtentio, per
quam pergat abesse quod aderit. Non igitur longum tempus futurum, quod non est,
sed longum futurum longa expectatio futuri est, neque longum praeteritum tempus,
4
quod non est, sed longum praeteritum longa memoria praeteriti est. (Confessioni
11, 28, 37).
4
Ma come diminuirebbe e si consumerebbe il futuro, che ancora non è, e come
crescerebbe il passato, che non è più, se non per l'esistenza dello spirito, autore di
questa operazione, dei tre momenti dell'attesa dell'attenzione e della memoria?
Così l'oggetto dell'attesa fatto oggetto dell'attenzione passa nella memoria. Chi
nega che il futuro non esiste ancora? Tuttavia esiste già nello spirito l'attesa del
futuro. E chi nega che il passato non esiste più? Tuttavia esiste ancora nello spirito
la memoria del passato. E chi nega che il tempo presente manca di estensione,
essendo un punto che passa? Tuttavia perdura l'attenzione, davanti alla quale corre
verso la sua scomparsa ciò che vi appare. Dunque il futuro, inesistente, non è
lungo, ma un lungo futuro è l'attesa lunga di un futuro; così non è lungo il passato,
inesistente, ma un lungo passato è la memoria lunga di un passato.
tempo degli astri il Leib oppone il tempo del godimento e del
bisogno, del consumo e dell'invecchiamento, della irreversibilità; un
tempo che impedisce alla coscienza di esercitare pienamente la sua
funzione di attribuzione di senso a uomini e cose per assorbirne e
neutralizzarne l'alterità. L'opposizione del corpo è opposizione alla
sua cancellazione, cioè alla sua identificazione e alla sua riduzione: il
corpo è la continua rivendicazione della sua materialità e della sua
temporalità. Tutta la storia della filosofia ha dovuto fare i conti con
questa resistenza: il progetto platonico di edificazione di un mondo
soprasensibile non è riuscito a isolare la materia come residuo puro
perché, fra essere e non essere, non poteva darle una collocazione.
L'impossibilità di una risposta ha trasformato quindi la filosofia, già
sul nascere, in un continuo domandare. Resistenza innanzi tutto
rispetto a un progetto filosofico — e quindi anche semiotico,
musicologico, di semiotica della musica —, dunque, ma anche
resistenza rispetto a una coscienza, a un ordine, a un soggetto, la
materia si presenta in ogni caso sempre resistenza rispetto a
un'identità, che va ad insidiare nel processo stesso di identificazione.
Il progetto teorico che non procede in direzione di una feticizzazione
ideologica non intenderà, quindi, l'astrazione come cancellazione
della resistenza della complessità, della quale accetterà la sfida.
L'astrazione può osservare, così, la materia da un punto di vista
teorico senza sostituirsi ad essa, senza sostituire la temporalità
incorruttibile delle oggettività ideali alla temporalità della materia
vivente. I livelli più profondi della vita del Leib non oppongono,
però, una passività di puro consumo, di perdita assoluta, al
movimento attivo della coscienza come puro guadagno, acquisizione
stabile. L'esperienza immediata, antepredicativa, si mostra già di
notevole complessità e già in essa si possono descrivere tutte le
strutture che resteranno a fondamento dei livelli più alti della
conoscenza,
Quello che, una volta messo "fuori causa" non può venire
reintrodotto se non rinnegando di nuovo l'esperienza musicale, è il
dualismo ontologico, sotto qualsiasi forma si ripresenti. Con esso la
sua semiotica, che è la semiotica della comunicazione. Lo schema
emittente-messaggio-codice-destinatario è equivalente, nel senso che
implica ed è implicato, alla bipartizione del segno come significante-
significato e a tutte le opposizioni binarie dell'ontologia: essere-
divenire, essere-apparire, essere-pensare, essere-dover essere. La
musica ci obbliga ora a pensare insieme lo statuto del segno e il
senso della presenza al di fuori delle categorie dell'essere, che si sono
rivelate categorie dell'identità. E ci invita a riconsiderare, ancora di
nuovo, il diastema dell'identico, che permette che la musica si giochi
sempre di nuovo, consumandosi in ogni esecuzione, e che sia "al
tempo stesso", però, familiare, riconoscibile: il problema cui la
metafisica non riesce a dare una risposta riguarda la possibilità che
ciò che si è consumato si ripresenti. Solo una semiotica
dell'inadeguazione, dello slittamento infinito dello stare pro aliquo
riesce a sostenere la prova della temporalità della musica.
Pensare diversamente la ritenzione e la protensione, rispetto
alla memoria e alla expectatio — è questa l'operazione che Husserl
propone, specialmente in Esperienza e Giudizio — significa in un
certo senso temporalizzare il presente, permetterci di dimorare in un
presente che la tensione dell'ascolto salva dalla corrosione del
passato e del futuro, che tendono a ridurlo a stigmè, punto
inabitabile. Il presente vivo dell'ascolto musicale offre così lo spazio
per un'articolazione interna, un respiro tanto più ampio quanto più è
intensa la concentrazione delle energie dell'attenzione e
dell'interesse, rivolte a mantenere sotto presa tutto ciò che appare in
questo varco della ritensione-protensione. Tenere sotto presa
l'apertura del presente vivo significa scongiurare la sua ulteriore
suddivisione:
5
Solo se si concepisce un periodo di tempo che non sia più possibile suddividere in
parti anche minutissime di momenti, lo si può dire presente. Ma esso trapassa così
furtivamente dal futuro al passato, che non ha una pur minima durata. Qualunque
durata avesse, diventerebbe divisibile in passato e futuro; ma il presente non ha
nessuna estensione.
cultura musicologica, attraverso il giudizio predicativo, ci permette
di possedere come conoscenza stratificata, cioè sempre disponibile
alla rimemorazione. Possiamo "sapere" che stiamo rubando il tempo
per sottolineare una cadenza, vivendo sia il tempo del concetto, che è
il tempo dell'identità, sia il tempo del consumo e dell'irreversibilità.
Possiamo perfino avere il tempo di pensare che ci stanno scivolando
gli occhiali sul naso e, senza "perdere il tempo", attendere una pausa
che ci permetta di riaccomodarli. La coscienza interna del tempo
musicale continua a vivere un tempo che, con uno sforzo di
concentrazione delle energie dell'attenzione, può perfino avere
qualche commercio col tempo oggettivo del mondo. Questo
stratificarsi di temporalizzazioni del presente è reso possibile dalla
continuità con cui le strutture dell'esperienza precategoriale evolvono
in direzione di una maggiore complessità, edificando di nuovo su se
stesse.
Sintomo del prevalere di interessi logocentrici, anche al di là
delle intenzioni teoriche, il livello dell'esperienza più immediata
viene spesso chiamato "antepredicativo". Indubbiamente si tratta di
un piano di esperienza autonomo rispetto al linguaggio, e questo è
dimostrato dal fatto che il linguaggio predicativo non è l'unico
risultato della sua evoluzione. Se "antepredicativo" o
"precategoriale" significa una disponibilità al giudizio apofantico,
l'anteriorità dell'"ante" dovrebbe riferirsi a ulteriori risultati, fra cui
senz'altro al linguaggio musicale, che non è certamente strutturato
secondo lo schema soggetto-predicato, ma non per questo è articolato
in maniera meno complessa, né in alcun senso è meno razionale delle
lingue parlate. I motivi per cui queste ultime sono l'organo della
metafisica mentre la musica ne è la costante contestazione vanno
ricercati innanzi tutto nei modi in cui si temporalizzano. Nell'ambito
della ricettività, la conoscenza non è ancora sorretta da una volontà
di identificazione. E' questo che determina il carattere specifico della
conoscenza predicativa come volontà di mantenere il conosciuto in
un senso che diremmo patrimoniale, disponibile sempre identico
come sostrato di determinazioni. Anche la coscienza puramente
percettiva, a partire dalla ritenzione, ha la funzione e la virtù di
conservare ciò che è stato dato nell'esperienza, ma tale conservazione
è più aperta all'alterità e all'infunzionalità, e non costituisce un vero e
proprio possesso di ciò che è stato esperito. La musica, radicandosi
nei livelli più profondi dell'esperienza percettiva, evolve fino ai più
alti livelli dell'astrazione, ma non interrompe mai i legami col suo
radicamento. Se le lingue sembrano nate già con il segreto intento di
consentire a Platone la costituzione del soprasensibile, ciò si deve
alla temporalizzazione del nominare.
la relazione con l'alterità, con il mistero, cioè con l'avvenire, con ciò che, all'interno
di un mondo dove tutto è presente, non è mai presente, con ciò che può non esser
presente quando tutto è presente. (Levinas 79: 57).
Ciò che si dà — il tempo, l'attacco (che è un altro modo di
dire il tempo), ma anche il temporalizzato, il suono —, proprio per
questa assenza dell'altro al suo segno, per il suo essere sempre in
ritardo rispetto al presente del suo suono, non può appartenere ad
alcuna economia, è un dare in pura perdita, infunzionale. Nella
musica d'insieme sia chi dà, sia chi riceve, sono sempre in ritardo o
in anticipo rispetto al dono, non riescono ad aderirvi. Il dono, a sua
volta, è esso stesso nell'impossibilità di essere contemporaneo a se
stesso; sfugge, cioè, a ogni tentativo di identificazione. Chi dà
l'attacco può dare il tempo solo a condizione di cancellarsi
nell'impersonale, perché nessuno, di cui possa dirsi che è, può dare
ciò che non è: es gibt Zeit, ci invita a pensare Heidegger, perché il
tempo, come l'essere, non è nulla, ovvero, non è presente.
3. La contemporaneità
Riferimenti bibliografici
ADORNO, THEODOR W.
1959 Filosofia della musica moderna, Torino, Einaudi.
AGAMBEN, GIORGIO
1996 Mezzi senza fine. Note sulla politica, Torino, Boringhieri.
AGOSTINO
1969 De musica, trad. it. a c. di G. Marzi, Sansoni.
ARTAUD, ANTONIN,
1961 Il teatro e il suo doppio, a c. di G. Morisco e G. Neri, Pref.
di J. Derrida, Torino, Einaudi.
1988 Van Gog. Il suicidato della società (1947), Milano, Adelphi,
1988.
1989 L'arve e l'aume , suivi de 24 letters a Marc Baberzat, Paris
L'Arbalète.
BARICCO, ALESSANDRO
1992 L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin. Musica colta e
modernità, Garzanti, 1992, p. 39).
BARTHES, ROLAND
198O La camera chiara. Sulla fotografia, Torino, Einaudi.
1985 L’ovvio e l’ottuso, Torino, Einaudi.
BENE, CARMELO
1983 Sono apparso alla madonna, Milano, Longanesi, ora in Bene
1995.
1995, Opere, Milano, Bompiani
BENJAMIN, WALTER,
1977 Il dramma barocco tedesco, Torino, Einaudi.
BIANCHI, CINZIA
1995 Su Ferruccio Rossi-Landi, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane.
BLANCHOT, MAURICE
1949 La letteratura e il diritto alla morte, trad. it. in Id., La follia
del giorno, Milano, Elitropia, 1982.
1955 Lo spazio letterario, trad. it. di G. Zanobetti, Torino,
Einaudi, 1967.
1969 L’infinito intrattenimento, trad. it. di R. Ferrara,
Einaudi,Torino, 1977.
1986 Michel Foucault come io lo immagino, trad. it. di V. Conti,
Genova, Costa & Nolan.
BONFANTINI, MASSIMO A.
1984 Semiotica ai media, Adriatica, Bari.
1987 La semiosi e l’abduzione, Milano, Bompiani.
BOULEZ, PIERRE
1984 Punti di riferimento, a c. di J.-J. Nattiez, trad. di G.
Guglielmi, Torino, Einaudi.
BUBER, MARTIN
1946 Die Erzählungen der Chassidim, M. Buber, trad. it., di G.
Bemporad, I racconti dei Hassidim, Ugo Guanda, Parma,
1992.
CAGE, JOHN
1971 Silenzio, Milano, Feltrinelli.
1981 For the Birds: John Cage in Conversation with Daniel
Charles, Boston: Marion Boyars.
CALVINO, ITALO
1988 Lezioni americane, Milano, Garzanti, 1988.
CAPUTO, COSIMO
1996 Materia signata. Sulle tracce di Hjelmeslev, Humboldt e
Rossi-Landi, Bari, Levante Editori.
CARDINI, GIANCARLO
1996 Suono, gesto, scenicità nella musica contemporanea, in
Bonfantini, Vitali (a c. di) 1996, pp. 159-168.
CHOMSKY, NOAM
1989 La conoscenza del linguaggio, MilanoIl Saggiatore.
CLUB PSOMEGA: BOERI, RENATO; BONFANTINI, MASSIMO
A.; FERRARESI, MAURO
1986 La forma dell’inventiva, Milano, Unicopli.
DEGRASSI, FRANCO
1995, L'esperienza sonora fra reale e virtuale, Athanor, 6, 1995, pp.
135-145.
DELEUZE, GILLES
1991 Francis Bacon. Logica della senzazione, Quodlibet,
Macerata.
DE LISA, ANTONIO
1996 Filosofia delle tecniche strumentali, in Bonfantini, Vitali (a c.
di) 1996, pp. 223-234.
DE PONTE, LORENZO
1995 Il don Giovanni, a c. di G. Gronda, Torino, Einaudi.
DERRIDA, JACQUES
1967La voix et le phénomène, Presses Universitaries de France,
Paris; trad. it. di G. Dalmasso, La voce e il fenomeno, Jaca
Book, Milano, 1968.
1967 La scrittura e la differenza, Torino, Einaudi, 1982.
1978 La verità in pittura, Roma, Newton Compton, 1981.
1991 Donner le temps, Édition Galilée, Paris, trad. it. di G. Berto,
Donare il tempo, Cortina, Milano, 1996.
ECO, UMBERTO
1962 Opera aperta, Milano, Bopiani
EFRON, DAVID
1941 Gesture and Environment, New York, King's Crown
Press,trad. it. di M. Spada, Razza, gesto e cultura, Milano,
Bompiani,1974.
EJZENSTEJN, SERGEJ M.
1981 La natura non indifferente, a c. di P. Montani, Venezia,
Marsilio.
FOUCAULT, MICHEL
1970 L’ordine del discorso, trad. it. Einaudi, Torino, 1972.
1994a Poteri e strategie. L'assoggettamento dei corpi e l'elemento
sfuggente, a c. di P. Dalla Vigna, Milano, Mimesis.
1994b (et alii), Eterotopia. Luoghi e non luoghi metropolitani,
Millepiani, 2, Milano, Mimesis.
1996a Follia, scrittura, discorso, a c; di J. Revel, trad. it. di G.
Costa, Milano, Feltrinelli.
1996b Scritti letterari, Milano, Feltrinelli
1996c Biopolitica del potere. I rapporti di potere passano
attraverso i corpi, Millepiani, 9, Mimesis, Milano.
FUBINI, E.
1976 Musica e linguaggio nell'estetica contemporanea, Torino,
Einaudi.
GOULD, GLENN
1988 L’ala del turbine intelligente, Milano Adelphi.
HEIDEGGER, MARTIN
1927 Sein und Zeit, Niemeyer, Tübingen, trad. it. di P. Chiodi,
Essere e Tempo, Milano, Longanesi, 1976.
1950 Holzwege, Klostermann, Frankfurt am Main, trad. it. di P.
Chiodi, Sentieri i nterrotti, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia,
1984.
1959 Unterwegs zur Sprache, Günther Neske Pfullingen; trad. it. di
A. Caracciolo e M. Caracciolo Perotti, In cammino verso il
linguaggio, Milano, Mursia,1973.
1988 Che cosa significa pensare?, trad. di U. Ugazio e G. Vattimo,
Milano, SugarCo.
HJELMSLEV, LOUIS
1968 I fondamenti della teoria del linguaggio, trad. it. di G.C.
Lepschy, Torino, Einaudi.
HUSSERL, EDMUND
1890 Zur Logik der Zeichen (Semiotik), in Husserliana, vol. XII,
Nijhoff, Den Haag 1970; trad. it. di C. Di Martino, Sulla
logica dei segni.
Semiotica, in Husserl, Semiotica, a c. di C. Di Martino,
introd. di C. Sini, Spirali, Milano1984, pp. 62-96.
1948 Erfahrung und Urteil, Klaassen, Hamburg; trad. it. di F.
Costa e L. Samonà, Bompiani, Milano, 1995.
1950 Cartesianische Meditationen und Pariser Vorträge, Nijhoff,
Den Haag; trad, it di F. Costa, Meditazioni Cartesiane, Bompiani,
Milano 19942
IMBERTY, MICHEL
1990 Le scritture del tempo. Semantica psicologica della musica, a
c. di M. Baroni, Milano, Ricordi Unicopli.
JABES, EDMOND
1982 Il libro della sovversione non sospetta, trad. di A. Prete,
Milano, Feltrinelli, 1984
JAKOBSON, ROMAN
1966 Saggi di linguistica generale, a c. di L. Heilmann, Milano,
Feltrinelli.
1968 Alla ricerca dell’essenza del linguaggio, in Benveniste,
Chomsky et alii 1968, pp. 27-46.
KIERKEGAARD, SOEREN
1843 Enten-Eller, trad. it. di A. Cortese, 5 voll, Milano, Adelphi,
1976-1989.
1995 Opere, a c. di C. Fabro, Casale Monferrato, Piemme.
KRISTEVA, JULIA
1992 Il linguaggio questo sconosciuto, a c. di A. Ponzio, Bari,
Adriatica.
KUNDERA, MILAN
1994 I testamenti traditi,, Milano, Adelphi.
LA RUE, JAN
1970 Guidelines for Style Analysis, Norton & Company, New
York.
LEOPARDI, GIACOMO
1991 Zibaldone dei miei pensieri,, 3 voll., a c. di G. Pacella,
Milano, Garzanti.
LÉVINAS, EMMANUEL
1935 De l’evasion, a c. di J. Rolland, Montpellier, Fata Morgana,
1982; trad. it. a c. di D. Ceccon e G. Frank, Dell’evasione,
Reggio Emilia, Elitropia, 1983
1947 De l’existence à l’existant, Paris, Vrin, 1947; trad. it. di F.
Sossi, Dall’esistenza all’esistente, Casale Monferrato, Marietti,
1986.
1948 "La réalité et son ombre", trad. it. in Id., Nomi propri,
Genova, Marietti, 1984.
1961 Totalité et Infini, La Haye, Nijhoff, 1961; trad.it. Totalità e
infinito, introd. di S. Petrosino, Milano, Jaca Book, 1990.
1967 La traccia dell'altro, trad. di P. Ciaramelli, Napoli, Pironti,
1979.
1972 Humanisme de l’autre homme, Montpellier, Fata Morgana;
Umanesimo dell’altro uomo, trad. it. di A. Moscato, Milano, Il
melangolo, 1995.
1974 Autrement qu’être ou au-delà de l’essence, Nijhoff;
Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, Introd. di S.
Petrosino, Milano, Jaca Book, 1983.
1975 Sur Blanchot, Montpellier, Fata Morgana; trad. it. di A.
Ponzio, Su Blanchot, a c. di A. Ponzio e F. Fistetti, Bari,
Palomar.
1976 Noms propres, Montpellier, Fata Morgana;, trad. it. di F. P.
Ciglia, Casale, Nomi propri, Monferrato, Marietti, 1984.
1979 Le temps et l’autre, Montpellier, Fata Morgana ; trad. it. a c.
di F. P. Ciglia, Il tempo e l’altro , Genova, Il melangolo,
1987.
1982a “Ethique comme philosophie première (1982),“Etica come
filosofia prima”, trad. it. di F. Ciaramelli, in E. Lévinas, A.
Paperzak, Etica come filosofia prima, Napoli, Guerini,
1989.
1982b De Dieu qui vient à l’idée, Paris, Vrin, , trad. it. di
G.Zennaro, Di Dio che viene all’idea, Milano, Jaca Book,
1983
1987, Hors sujet, Montpellier, Fata Morgana; trad. it. di F. P.
Ciglia, Fuori soggetto, Genova, Marietti.
1990 Le sens et l’œuvre, “Athanor. Il senso e l’opera”, 1, pp. 5-
1O.
1991 Entre nous. Essais sur le penser-à-l’autre, Paris, Grasset.
1992 La mort et le temps (1975-76), Paris, Librairie Génerale
Française.
1994 Les imprévus de l'histoire, Montpellier, Fata Morgana.
LÉVI-STRAUSS, CLAUDE
1964 Mythologiques I: Le cru et le cuit, Paris, Plon, trad. it.
Milano, Il Saggiatore.
LOMUTO, MICHELE
1991 Percorsi strumentali e lessico sonoro del '900: il trombone,
"Sonus -Materiali per la musica contemporanea, III, 1, 1991.
1995 Il mondo della musica, "Athanor", 6, 1995, pp. 146-150.
MARX, KARL
1844 Manoscritti economico-filosofici, trad. di N. Bobbio, Torino,
Einaudi, 1978.
1867-94 Il capitale, libri I-III, Roma, Editori Riuniti, 1968-70.
MEDVEDEV, PAVEl N.
1928 Il metodo formale e la scienza della letteratura , Bari, Dedalo.
MORINI, ANNAMARIA
1991 Percorsi strumentali e lessico sonoro del '900: il flauto,
"Sonus - Materiali per la musica contemporanea", II, 4, 1990.
MORINI, ANNAMARIA; PORTA, ENZO
1996 Sul rapporto tra esecutore e nastro magnetico, in Bonfantini,
Vitali (a c. di) 1996, pp.213-221.
MORRIS, CHARLES
1946 Signs, Language and Behavior, trad. it. di S. Ceccato, Segni,
linguaggio e comportamento, Milano Longanesi, 1949.
1956 Varieties of Human Values. Chicago, University of Chicago
Press.
1964 Signification and Significance. A Study of the Relations of
Signs and Values, trad. it. di S. Petrilli, Significazione e
significatività, in Morris 1988, pp. 29-126.
1971 Writings on the General Theory of Signs, a c. di T.A. Sebeok,
Den Haag- Paris, Mouton.
1988 Segni e valori. Significazione e significatività e altri scritti di
semiotica, etica ed estetica, trad. introd. e cura di S. Petrilli,
Bari, Adriatica,.
NATTIEZ, JEAN-JACQUES
1989 Musicologia generale e semiologia, a c. di R. Dalmonte,
Torino, E.D.T.
NIETZSCHE, FRIEDRICH,
1885 Così parlò Zaratustra, trad. it. di M. Montinari, introd. di G.
Colli, Milano, Adelphi, 1991
ORWELL, GEORGE
1949 1984, Milano, Mondadori, 1982.
OTTAVIANO, ROBERTO
1993 Nomade neJazz, “Athanor”, 4, 1993, pp. 73-75.
PERNIOLA, MARIO
1991 Del sentire, Torino, Einaudi.
PETRLLI, SUSAN
1995a Materia segnica e interpretazione, Lecce, Milella.
1995b Che cosa significa significare?,Bari, Edizioni dal Sud.
1998 Su Victoria Welby. Significs e filosofia del linguaggio,
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane.
PIANA, GIOVANNI
1991 Filosofia della musica, Milano, Guerini e Associati
PIRO, SERGIO
1997 Introduzione alle antropologie trasformazionali, Napoli, La
Citta del Sole
PLATONE
1950 Teeteto, trad. it. di M. Valgimigli, Bari, Laterza.
1956 La Repubblica, trad. it. di F. Sartori, Bari,Laterza.
1987 Opere, Roma Bari, Laterza.
1994. Timeo, trad. it. di G. Reale,Milano, Rusconi.
PAGE, D. L.
1965 (a cura di) Poetae melici Graeci, Oxford, Claredon Press.
PONZIO, AUGUSTO
1988 Ferruccio Rossi-Landi e la filosofia del linguaggio, Bari,
Adriatica Editrice.
1990 Man as a Sign, a c. di Susan Petrilli, Berlino-New York,
Mouton de Gruyter.
1992 Production linguistique et idéologie sociale, Montreal,
Editions Balzac.
1993b Signs Dialogue and Ideology, a c. di Susan Petrilli,
Amsterdam, John Bejamins.
1993c La ricerca semiotica (in collab. con Omar Calabrese e Susan
Petrilli), Bologna, Esculapio.
1994a Fondamenti di filosofia del linguaggio (in coll. con Patrizia
Calefato e Susan Petrilli), Bari-Roma, Laterza.
1994b Scrittura, dialogo, alterità. Tra Bachtin e Lévinas, Firenze,
La Nuova Italia.
1994c (a c. di), Materia, Athanor, 5, Ravenna, Longo.
1994d Il silenzio e il tacere fra segni e non segni, in C. Augeri (a c.
di), La retorica del silenzio, Lecce, Milella, pp. 22-45.
1995a La differenza non indifferente. Comunicazione, migrazione,
guerra,
Milano, Mimesis.
1995b I segni dell’altro. Eccedenza letteraria e prossimità, Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane.
1995c El juego el comunicar. Entre literatura y filosofia, a c. di
Mercedes Arriaga Valencia, Episteme.
1995d Segni per parlare dei segni, Bari, Adriatica.
1995 e Responsabilità e alterità in Emmanuel Lévinas, Milano, Jaca
Book.
1995f (a c. di) Mondo, Athanor, 6, Ravenna, Longo.
1996a La rivoluzione bachtiniana. Il pensiero di Bachtin e
l’ideologia contemporanea, Levante Editori, Bari.
1996b (a c. di) Comunicazione, comunità, informazione. Nuove
tecnologie e mondializzazione della comunicazione, Lecce, Piero
Manni.
1997a Metodologia della formazione linguistica,, Roma-Bari,
Laterza.
1997b Elogio dell'infunzionale. Critica dell'ideologia della
produttività, Roma, Castelvecchi.
PONZIO, PIETRO
1588 Ragionamento di musica, Parma, Erasmo Viotto.
1595 Dialogo, ove si tratta della Theorica e Pratica di Musica,
Parma, Erasmo Viothi.
PONZIO, JULIA
1996a Aporie della concezione husserliana della temporalità,
“Pradigmi”, 41, 1996, pp. 288-314.
1996b Il tempo: misurazione o dono, “Idee”, 33, 1996, 143-150.
ROGNONI, LUIGI
1974 Fenomenologia della musica radicale, Milano, Garzanti.
ROLLAND, JACQUES
1983 Dostoïevski. La question de l'autre, Verdier, trad. it. di A.
Dell'Asta, Dostoevskij e la questione dell'altro, Jaca Book,
Milano, 1990.
ROSSI-LANDI, FERRUCCIO
1975 Linguistics and Economics, The Hague, Mouton.
1985 Metodica filosofica e scienza dei segni, Milano, Bompiani.
1992a Il linguaggio come lavoro e come mercato (1a ed. 1968), a c.
di A. Ponzio, Milano, Bompiani.
1992b Between Signs and Non-Signs, a c.di Susan Petrilli,
Amsterdam, John Benjamin.
1994 Semiotica e ideologia (1a ed. 1972), a c. di A. Ponzio,
Milano, Bompiani.
SCHAFF, ADAM
l992 Umanesino ecumenico, trad. di G. Giannico, introd. di A.
Ponzio, Bari, Adriatica, 1994.
1995 Il mio ventesimo secolo, trad. it. di M. Arriaga, Bari,
Adriatica.
SCHUTZ, ALFRED
1976 Fragments on the Phenomenology of Music, in F.J. Smith,
ed., In search of Musical Method, New York, trad. it. di N.
Pedone, Frammenti di fenomenologia della musica, Milano,
Guerini e Associati,1996.
SEEGER, CHARLES
1977 Studies in musicology 1935 - 1975, University of California
Press, Berkeley and Los Angeles.
SEARLE, JOHN R.
1976 Atti linguistici, Torino, Boringhieri, 1976.
SEBEOK, THOMAS A.
1984 Il gioco del fantasticare, Milano, Spirali.
1985 Il segno e i suoi maestri, a c. di S. Petrilli, Bari, Adriatica.
1990 Penso di essere un verbo, Palermo, Sellerio.
1991a A sign is just a sign, Bloomington-Indianapolis, Indiana
University Press.
1991b Sguardo sulla semiotica americana, Milano, Bompiani,
1992.
SEMERARI, GIUSEPPE
1992 Sperimentazioni, Fasano di Brindisi, Schena.
SHERCHEN, HERMAN
1981 Manuale del direttore d'orchestra,trad. it. di G. Deserti; Curci,
Milano.
SOLIMINI, MARIA
1991 (a cura di) I diritti delle differenze. Sul sistema
dell’apartheid, Bari, Edizioni dal Sud.
STRAWINSKY, IGOR
1942 Poetics of Music,, trad. it. di L. Curci, Poetica della musica,
Milano, Curci,1983
TAPIES ANTONIO
1971 La pratique de l’art, Parigi, Gallimard.
TARASTI, EERO
1996 Semiotique musicale., Limoge, Pulim.
VALERY, PAUL
1957 e 1960 Oeuvres, 2 voll.Paris, Gallimard,
VOLOSINOV, VALENTIN N.
1926-30 Il linguaggio come pratica sociale, a c. di A. Ponzio e R.
Bruzzese, Bari, Dedalo, 1980.
1927 Freudismo, a c.di A. Ponzio, Bari, Dedalo, 1977
1929 Marxismo e filosofia del linguaggio, a c. di A. Ponzio, Bari,
Dedalo,
WELBY, VICTORIA
1902 Translation, in J. M. Baldwin (a c. di), Dictionary of
Philosophy and Psychology in Three Volumes,
New York-London, The Macmillan Press, 1901-1905, vol.
2, p. 712.
1903 What is Meaning? Studies in the Development of
Significance, London, 2a ed. a c. di A. Eschbach,
Amsterdam-Philadelphia, Benjamins,1983.
1911a Significs and Language: The Articulate Form of Our
Expressive and Interpretative Resources, London, ora in
Welby 1985a; trad. it. parziale in Welby 1985b.
1911b Significs, in The Encyclopedia Britannica (11a ed.), vol.
XXV, At the University Press, Cambridge; ora in
Hardwick 1977, pp. 167-175; trad. it. in Welby 1985b,
pp. 171-187.
1931 Other Dimensions: A Selection from the Later
Correspondence of Victoria Lady Welby, a c. di Mrs. Henry
Cust, introd. di L.P. Jacks, London, Jonathan Cape, .
1985a Significs and Language, introd. e cura di H. W. Schmitz,
Amsterdam- Philadelphia, John Benjamins, 1a ed. 1911.
1985 Significato, metafora, interpretazione, introd. trad. e c. di S.
Petrilli, Bari, Adriatica.
VYGOTSKIJ, LEV S.
1934 Pensiero e linguaggio, ed. critica a c. di L. Mecacci, Laterza,
Roma-Bari 1990.