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Tali
Quando queste onde penetrano nel sottosuolo interagiscono con la materia: l’obiettivo fondamentale
della Geofisica è capire come i vari sistemi rocciosi interagiscono con un’onda elettromagnetica.
Ogni roccia, però, non è caratterizzata da un unico valore del parametro fisico, bensì da un range di valori
di quel parametro che va da un minimo ad un massimo. Il valore del parametro fisico è indice dello stato
IL CAMPO FISICO
Un campo fisico è una regione di spazio in cui si può definire punto per punto il valore di una grandezza.
- scalare, una funzione che associa uno scalare ad ogni punto dello spazio. Ad esempio
considerando la temperatura, se si riesce a dare un valore della temperatura per ogni punto dello
- vettoriale, funzione che associa ad ogni punto di una regione di uno spazio un vettore dello spazio
stesso. Ad esempio considerando la velocità, se si riesce a definire, per ogni punto dello spazio
il campo fisico statico è il campo di una grandezza fisica che non varia nel tempo;
il campo fisico dinamico, invece, è il campo di una grandezza fisica che varia nel tempo.
Ad esempio, se si immette nel terreno una corrente stazionaria (che non varia nel tempo) continua, tale
LA PROSPEZIONE GEOFISICA
La prospezione geofisica è di tipo non-distruttivo, perché è in grado di valutare le proprietà del sottosuolo
Quindi, si pone sul terreno un sistema per l’invio di una sorgente artificiale (o si utilizza una sorgente
naturale) ed un registratore che misura la risposta del terreno al campo che è stato propagato nel
sottosuolo.
I principi teorici su cui si basano tutti i metodi di prospezione geofisica fanno riferimento alle leggi della
Quindi, ogni metodo lavora su principi dettati dalle leggi della fisica classica.
𝐹⃗ (𝑟⃗, 𝑡) è il segnale d’ingresso, che può essere sia vettoriale che scalare (in generale però è un campo
vettoriale, perché il campo scalare non è altro che un caso particolare di campo vettoriale). Si tratta di un
dal tempo:
- dallo spazio, a causa dell’eterogeneità della Terra (il sottosuolo è diverso da punto a punto).
L’onda si trasforma in virtù del mezzo che sta attraversando, quindi deve necessariamente
dipendere dalla posizione. Per cui, uno stesso campo si comporterà in modo diverso a seconda di
- dal tempo perché vi sono alcuni metodi la cui risposta dipende dal tempo.
Quindi si introduce la funzione di ingresso nel sistema, essa si trasforma in base alle caratteristiche fisiche
del mezzo che sta attraversando, e la registrazione in uscita 𝐺⃗ (𝑟⃗, 𝑡) è una funzione (un campo) che
dipende dal punto in cui viene osservato, ed è collegata alla funzione di ingresso da un parametro ℎ che
viene definito funzione di trasferimento del sistema , che indica come il sistema ha trasferito il segnale
d’ingresso nel segnale d’uscita (cioè come è avvenuto il trasferimento) ovvero la proprietà fisica che è
Ad esempio, consideriamo 𝐹⃗ (𝑟⃗, 𝑡) come intensità di corrente (𝐼), 𝐺⃗ (𝑟⃗, 𝑡) differenza di potenziale (∆𝑉),
ℎ resistività: se si immette nel sottosuolo una corrente continua (𝐹) si misura una differenza di potenziale
∆𝑉
=𝑅
𝐼
Questo, però, è vero solo se il terreno è omogeneo, cioè se il parametro fisico che si sta misurando è lo
Quindi, conoscendo l’ingresso (in quanto siamo noi ad inserirlo), registriamo l’uscita e si può ricavare la
funzione di trasferimento.
METODI E PARAMETRI
tendono a misurare le variazioni di un certo parametro rispettivamente in una, due o tre dimensioni.
Bisogna presupporre che il sistema sia monodimensionale, bidimensionale o tridimensionale cioè che i
parametri varino rispettivamente in una, due o tre dimensioni (in riferimento alla/e direzione/i di
misurazione).
campi che si propagano in tutte le direzioni come fronti d’onda sferici. Tali sfere, se il sottosuolo è
omogeneo, sono perfettamente simmetriche, cioè si comportano nella stessa maniera, se invece il
sottosuolo è eterogeneo si deformano: il rilievo 3D segue la trasformazione del segnale a seconda della
Una volta ottenuto il dato, deve essere elaborato per convertire i valori apparenti in valori reali utilizzando
un modello di terra 3D. Quindi, in base alle conoscenze del sottosuolo si applica un campo e si ipotizza il
comportamento del segnale in uscita, in base alle funzioni di trasferimento dei vari corpi che costituiscono
il sottosuolo, e si calcola una risposta teorica che deve essere confrontabile con quella sperimentale.
presuppone l’inversione delle equazioni che descrivono il fenomeno che si sta studiando.
IL PRODOTTO SCALARE
Si chiama prodotto scalare 𝑎⃗ ∙ 𝑏⃗⃗ (si legge “a scalare b”) tra due vettori 𝑎⃗ e 𝑏⃗⃗ il numero che si ottiene
moltiplicando il modulo del primo per l’intensità del vettore componente del secondo lungo il primo:
𝑎⃗ ∙ 𝑏⃗⃗ = 𝑎𝑏𝑎
dove:
Se l’angolo tra 𝑎⃗ e 𝑏⃗⃗ è acuto, 𝑏𝑎 si prende positivo ed anche il prodotto scalare è positivo:
Se 𝑎⃗ e 𝑏⃗⃗ sono perpendicolari tra loro, 𝑏𝑎 è nullo ed anche il prodotto scalare è uguale a zero:
Se l’angolo tra 𝑎⃗ e 𝑏⃗⃗ è ottuso, 𝑏𝑎 si prende negativo ed anche il prodotto scalare è minore di zero:
𝑎⃗ ∙ 𝑏⃗⃗ = 𝑏⃗⃗ ∙ 𝑎⃗
Ciò significa che 𝑎⃗ ∙ 𝑏⃗⃗ è dato anche dal prodotto del modulo di 𝑏⃗⃗ per l’intensità 𝑎𝑏 del vettore componente
𝑎⃗ lungo 𝑏⃗⃗:
Definiamo la seconda operazione di moltiplicazione tra vettori, detta prodotto vettoriale, che dà come
risultato un vettore.
Dati due vettori 𝑎⃗ e 𝑏⃗⃗, il loro prodotto vettoriale 𝑎⃗ × 𝑏⃗⃗ (si legge “a vettore b”) è un vettore che ha:
Se, invece di 𝑎⃗ × 𝑏⃗⃗, calcoliamo 𝑏⃗⃗ × 𝑎⃗ otteniamo come risultato un vettore che ha la stessa direzione e lo
stesso modulo, ma vesto opposto. Quindi per il prodotto vettoriale vale la proprietà anti-commutativa:
Prodotto Scalare:
𝑣1 ∙ 𝑣2 = 𝑣1 𝑣2 cos 𝜃
Prodotto vettoriale:
𝑣1 × 𝑣2 = 𝑣1 𝑣2 sin 𝜃
LA DERIVATA
𝑓(𝑥) − 𝑓(𝑥0 )
𝑓 ′ (𝑥) = lim
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
definisce in che modo varia una grandezza fisica rispetto alla sua variabile correlata.
IL GRADIENTE
Si consideri una funzione scalare 𝑓 con variabili spaziali 𝑥, 𝑦, e 𝑧, quindi 𝑓(𝑥, 𝑦, 𝑧). Ogni punto della
Si costruisca, in ogni punto dello spazio, un vettore le cui componenti 𝑥, 𝑦, e 𝑧 siano uguali alle derivate
parziali della funzione 𝑓(𝑥, 𝑦, 𝑧). Tale vettore prende il nome di gradiente di 𝒇 (grad𝑓 o ∇𝑓):
𝜕𝑓 𝜕𝑓 𝜕𝑓
⃗⃗𝑓 =
∇ 𝑢𝑥 +
⃗⃗⃗⃗⃗ 𝑢𝑦 +
⃗⃗⃗⃗⃗ 𝑢
⃗⃗⃗⃗⃗
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝑧 𝑧
𝜕𝑓
1. 𝑢
⃗⃗⃗⃗⃗
𝜕𝑥 𝑥
derivata parziale rispetto a 𝑥 per il versore* lungo 𝑥;
𝜕𝑓
2. 𝑢
⃗⃗⃗⃗⃗
𝜕𝑦 𝑦
derivata parziale rispetto a 𝑦 per il versore* lungo 𝑦;
𝜕𝑓
3. 𝑢
⃗⃗⃗⃗⃗
𝜕𝑧 𝑧
derivata parziale rispetto a 𝑧 per il versore* lungo 𝑧.
⃗∇⃗𝑓 è un operatore di derivazione, che agisce su una funzione scalare e ne calcola le derivate:
Questo operatore indica quanto rapidamente varia la funzione nell’intorno di un punto. Ad esempio: la
sua componente 𝑥 è la derivata parziale di 𝑓 rispetto a 𝑥 ed indica quanto rapidamente varia 𝑓 quando ci
si muove lungo 𝑥.
⃗⃗𝑓 in un punto qualsiasi è quella in cui, a partire da quel punto, ci si deve muovere per
La direzione di ∇
Le superfici dove il campo scalare è costante si dicono superfici di livello; su di esse il gradiente è
*Un versore è un vettore di modulo unitario (indica solo una direzione) ed è definito come:
𝑥⃗ |𝑥| ∙ ⃗⃗⃗⃗⃗
𝑢𝑥
= = ⃗⃗⃗⃗⃗
𝑢𝑥
|𝑥| |𝑥|
𝑥⃗
|𝑥|
si legge “𝑥 vettore diviso il modulo di 𝑥”.
LA DIVERGENZA
Φ = ∫ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑆⃗
𝑆
L’integrale di superficie indica “quanto di questo campo esce attraverso la superficie 𝑆 che racchiude il
tutte le superfici:
Φ = ∫ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑆⃗ = ∑ ∫ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑆⃗𝑖
𝑆 𝑖=1 𝑆𝑖
Poiché il nostro obiettivo è quello di valutare le caratteristiche puntuali di una funzione, cioè verificare
punto per punto come essa cambia (ossia, valutare quale è il valore della funzione in quel punto) bisogna
dividere l’integrale esteso alla superficie 𝑆 per il volume racchiuso dalla superficie 𝑆𝑖 :
1
∫ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑆⃗𝑖 ∙
𝑆𝑖 𝑉𝑖
Se il volume tende a 0 diventa un punto, quindi la divergenza di un qualunque campo vettoriale 𝑓 è uguale
al limite per il volume che tende a zero del flusso attraverso la superficie:
1
𝑑𝑖𝑣𝐹⃗ = lim ∫ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑆⃗𝑖
𝑉𝑖 →0 𝑉𝑖 𝑆
𝑖
Quindi, si sta cercando di quantificare questo campo in un punto (perché il volume tende a 0).
Ovviamente quel limite deve esistere perché se non esiste significa che la derivata diverge (una funzione
𝑁 𝑁
∫𝑆 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑆⃗𝑖
Φ = ∫ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑆⃗ = ∑ ∫ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑆⃗𝑖 = ∑ 𝑉𝑖 ( 𝑖
)
𝑆 𝑉𝑖
𝑖=1 𝑆𝑖 𝑖=1
𝑁→∞
il volume tende a 0:
𝑉𝑖 → 0
mentre la sommatoria tende all’integrale del volume (cioè la sommatoria di tutti i volumetti che
costituiscono 𝑉):
∑ 𝑉𝑖 → ∫ 𝑑𝑉
Per cui:
∫ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑆⃗ = ∫ 𝑑𝑖𝑣𝐹⃗ 𝑑𝑉
𝑆 𝑉
cioè, il flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie 𝑆 che racchiude il volume 𝑉 è uguale
Questa relazione rappresenta il Teorema di Gauss (o della divergenza) ed è valido per ogni campo
1
vettoriale per cui la relazione 𝑑𝑖𝑣𝐹⃗ = lim ∫ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑆⃗𝑖 ha un limite.
𝑉𝑖 →0 𝑖 𝑆𝑖
𝑉
⃗⃗ ∙ 𝐹⃗
∇
Nabla (∇) è un operatore vettoriale le cui componenti sono derivate, quindi la divergenza è un operatore
Per esempio, immaginiamo di trovarci in una vasca da bagno e di aprire il rubinetto per cui sgorga acqua.
Se ci poniamo al centro di questa vasca (in modo da non vedere né la sorgente né il pozzo) si osserva un
flusso laminare. La funzione 𝑓, in questo caso, è il campo delle velocità con cui l’acqua si muove. Al centro
della vasca i valori di velocità saranno gli stessi in tutti i punti, come anche il verso e la direzione quindi la
divergenza è nulla. Essa sarà diversa da 0 in prossimità ed in corrispondenza della sorgente e dello scarico
perché in quelle zone la velocità dell’acqua non è uguale in tutti i punti. Nel primo caso essa è positiva,
- nell’esempio precedente essa è 0 al centro della vasca perché lì non ne esistono sorgenti;
- la divergenza del campo “corrente di calore” indica la presenza di sorgenti o pozzi di calore nello
spazio;
- la divergenza del campo magnetico è sempre nulla perché non esistono sorgenti magnetiche
elementari (la sorgente più semplice è un dipolo). Ecco perché il campo magnetico è detto
IL ROTORE
In questo caso anziché considerare gli integrali di superficie consideriamo gli integrali di linea lungo un
percorso chiuso 𝐿:
Γ = ∮ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑙⃗
𝐿
La circuitazione di una funzione lungo un percorso chiuso è uguale al prodotto scalare del vettore per gli
circuitazione di 𝑓 lungo la linea chiusa 𝐿 è data dalla somma delle circuitazioni lungo tutte le micro-linee
𝐿𝑖 :
∮ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑙⃗ = ∑ ∮ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑙⃗𝑖
𝐿 𝑖=1 𝐿𝑖
per cui:
Γ = ∑ Γ𝑖
𝑖=1
Mentre nel caso della divergenza la superficie delimitava un volume, questa volta la linea delimita una
superficie quindi bisogna dividere l’integrale per le corrispondenti superfici 𝑆𝑖 . In questo caso però la
situazione si complica un po’, perché mentre la divergenza era data da un prodotto scalare, il rotore è
⃗⃗ × 𝐹⃗ ) dà come
dato da un prodotto vettoriale questo vuol dire che l’operazione che si compie ora (ossia ∇
risultato un vettore in quanto le superfici sono orientate, quindi scegliamo come direzione quella
perpendicolare alla superficie e verso dato dalla regola della mano destra (se si percorre la linea in senso
antiorario il verso è uscente dalla superficie, se si percorre in senso orario il verso è entrante).
Quindi, si definisce rotore della funzione 𝑓 il limite della circuitazione estesa al percorso 𝐿𝑖 diviso 𝑆𝑖 , per
𝑆𝑖 che tende a 0:
∮𝐿 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑙⃗𝑖 Γ𝑖
𝑟𝑜𝑡𝐹⃗ = lim 𝑖
𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑟𝑜𝑡𝐹⃗ = lim
𝑆𝑖 →0 𝑆𝑖 𝑆𝑖 →0 𝑆𝑖
Il rotore denota e quantifica la presenza di vortici nel campo cioè, nel caso del moto di un fluido, un
movimento in cui la velocità delle singole particelle ha una componente perpendicolare al moto principale
di traslazione che determina la portata. Se questa componente è nulla allora non esiste il moto vorticoso
Se il rotore è diverso da 0 vuol dire che le particelle si influenzano l’un l’altra, cioè vi è una interazione tra
Γ𝑖 ∮𝐿 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑙⃗𝑖
(𝑟𝑜𝑡𝐹⃗ ) ∙ 𝑢
⃗⃗𝑛𝑖 = lim = lim 𝑖
𝑆𝑖 →0 𝑆𝑖 𝑆𝑖 →0 𝑆𝑖
Consideriamo:
Γ = ∮ 𝐹⃗ ∙ 𝑑𝑙⃗ = ∑ Γ𝑖
𝐿 𝑖=1
𝑁
Γ𝑖
∑ 𝑆𝑖 ( )
𝑆𝑖
𝑖=1
Per 𝑁 (numero di micro-linee in cui è stato suddiviso il percorso chiuso L) che tende a infinito:
𝑁→∞
𝑆𝑖 tende a 0:
𝑆𝑖 → 0
Si ha che:
𝑁 𝑁
Γ𝑖
∑ 𝑆𝑖 ( ) = ∑ 𝑆𝑖 ∙ (𝑟𝑜𝑡𝐹⃗ ∙ 𝑢
⃗⃗𝑛𝑖 )
𝑆𝑖
𝑖=1 𝑖=1
quindi:
un circuito chiuso 𝐿 è uguale all’integrale esteso alla superficie 𝑆 (superficie chiusa dal percorso chiuso 𝐿)
⃗∇⃗ × 𝐹⃗
Siccome il risultato prodotto vettoriale tra due vettori ha direzione perpendicolare al piano che li contiene:
la componente 𝑥 considera le componenti del campo nel piano 𝑌𝑍, la componente 𝑦 del rotore considera
le componenti nel piano 𝑋𝑍 e la componente 𝑧 considera le componenti nel piano 𝑌𝑋. Cioè, la
LA CORRENTE ELETTRICA
Una corrente elettrica è un flusso ordinato di cariche per effetto di un campo esterno applicato.
Per generare una corrente elettrica bisogna applicare un campo elettrico, ma non è detto che se si applica
un campo elettrico si genera corrente elettrica in quanto se non ci sono cariche nel sistema non si crea un
1. particelle metalliche;
2. da ioni disciolti.
Se si applica ad una roccia, anche asciutta, un campo elettrico si mettono in moto gli elettroni, in quanto
Nel secondo caso (ioni) la conduzione è di tipo elettrolitico perché la corrente è trasportata fisicamente
da ioni.
Se il sottosuolo non contiene né particelle metalliche né ioni non si potrà mai creare un flusso di cariche
elettriche.
In particolare, la corrente elettrica si definisce stazionaria quando il moto delle cariche non varia nel
tempo. Cioè, se attraverso una certa sezione di sottosuolo passa la stessa quantità di cariche elettriche la
Se si applica un campo elettrico (ossia creare una differenza di potenziale) ad un conduttore metallico si
crea un moto di cariche negative verso il polo positivo. Per convenzione, il flusso della corrente va dal polo
Un altro esempio di corrente elettrica: consideriamo un elettrolita (ossia una soluzione di acqua e sale che
si discioglie in ioni 𝑁𝑎+ e 𝐶𝑙 − ). Se si applica un campo elettrico, le particelle negative (𝐶𝑙 − ) si muovono
verso l’elettrodo positivo, le particelle positive (𝑁𝑎+ ) si muovono verso l’elettrodo negativo generando
a incandescenza che contiene un gas ionizzato ed un filamento metallico si ha la combinazione del flusso
Nel caso invece di una pentola contenente acqua e sale posta sul fuoco non si genera un campo elettrico
perché il calore mette in agitazione le particelle generando un moto disordinato che crea un equilibrio
elettrico.
Per intensità di corrente (𝐼) si intende la quantità di carica (ossia il numero di portatori) che attraversa la
Se ci sono molti portatori di carica vuol dire che nell’unità di tempo passano tante cariche, attraverso la
sezione.
Per elevate intensità di corrente il corpo si dice conduttore. Se attraverso la stessa sezione, nell’unità di
La densità di corrente (𝐽) esprime il numero di portatori di carica che insistono su una superficie:
𝐼 𝐴
𝐽= = 2
𝑆 𝑚
LA FORZA ELETTROMOTRICE
Per poter mettere in moto le cariche bisogna applicare una differenza di potenziale costante (se non lo
fosse la corrente non sarebbe più stazionaria). Esistono molti dispositivi elettrici in grado di mantenere i
loro terminali (chiamati poli) a potenziali diversi (cioè sono in grado di fornire sempre la stessa quantità
di energia), ad esempio la pila e la batteria, che sono in grado di mantenere un campo elettrico all’interno
del conduttore e quindi far fluire al suo interno una corrente stazionaria.
Un generatore di forza elettromotrice è caratterizzato da due elettrodi a polarità opposta tra i quali esiste
una differenza di potenziale chiamata ∆𝑉 che la pila (o la batteria) è in grado mantenere tramite reazioni
Quindi, se si collegano le estremità di un conduttore (un filo di rame o il terreno) di lunghezza 𝑑 ai due
poli della pila, si genera nel conduttore un campo elettrico (𝐸) dato dal rapporto tra la differenza di
∆𝑉
𝐸=
𝑑
Tale campo agisce sulle cariche libere del
di cariche che escono dall’elettrodo positivo ed entrano in quello negativo, creando un circuito chiuso che
Questa corrente ha lo scopo di non far annullare il campo elettrico all’interno del conduttore altrimenti
non si avrebbe più la sorgente all’interno del mezzo, quindi non si può capire come il mezzo reagisce al
Quindi, affinché ci sia un moto ordinato di cariche elettriche, cioè affinché ci sia una corrente, è necessario
Per convenzione il verso della corrente è quello del movimento dei portatori di carica positiva, quindi è
uguale a quello del campo elettrico. Infatti la corrente esce dal polo positivo ed entra in quello negativo.
Però, all’interno della pila la carica negativa esce dall’elettrodo negativo e va verso quello positivo. Quindi,
all’interno della pila, il verso in cui circolano le cariche è opposto a quello della corrente.
positive verso l’elettrodo negativo e le negative verso l’elettrodo positivo, mentre all’interno il campo è
nullo.
LE EQUAZIONI DI MAXWELL
che governano l'interazione elettromagnetica. Esse esprimono l'evoluzione temporale e i vincoli a cui è
soggetto il campo elettromagnetico in relazione alle distribuzioni di carica e corrente elettrica da cui è
generato.
Le equazioni di Maxwell possono essere espresse sia in forma differenziale (locale) che integrale (globale):
le equazioni di Maxwell in forma integrale descrivono il sistema a livello globale quindi descrivono
puntuali quindi non sono di interesse geofisico dato che in questo campo interessano le caratteristiche
La prima equazione di Maxwell è la Legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday che afferma che la
variazione del campo elettrico (𝐸) lungo un percorso chiuso 𝐿 è uguale al flusso cambiato di segno del
𝜕𝐵(𝑟, 𝑡)
∮ 𝐸(𝑟, 𝑡) ∙ 𝑑𝑠 = − ∫ ∙ 𝑛 𝑑𝑆
𝑆 𝜕𝑡
Il primo membro rappresenta il rotore, cioè la variazione lungo un percorso chiuso del campo elettrico è
uguale in modulo ma opposta in direzione alla variazione dell’induzione magnetica (che esce attraverso
In altre parole, questo concetto esprime che il campo magnetico è generato da cariche in movimento,
infatti Ampere dimostrò che il campo magnetico prodotto da un sorgente dipolare può essere assimilata
del vettore campo magnetico è uguale al flusso (integrale esteso alla superficie) totale di carica elettrica
𝜕𝐷(𝑟, 𝑡)
∮ 𝐻(𝑟, 𝑡) ∙ 𝑑𝑠 = ∫ (𝐽(𝑟, 𝑡) + ) ∙ 𝑛 𝑑𝑆
𝑆 𝜕𝑡
Ciò significa che la variazione del campo magnetico lungo la linea chiusa 𝑆 genera una corrente.
corrente di spostamento, ciò vuol dire che individuano due diverse tipologie di corrente, una legata alle
caratteristiche di conduzione del mezzo ed un’altra legata alle caratteristiche dielettriche* del mezzo.
Come detto precedentemente, i materiali conduttori sono quelli che si lasciano attraversare da una
corrente elettrica cioè possiedono cariche che si mettono in moto generando una corrente, ma se queste
cariche non esistono il materiale è resistivo (cioè è un isolante), quindi il mezzo non conduce in quanto
non c’è una corrente di conduzione. In questa chiave 𝐽 dovrebbe essere 0 perché la densità di corrente è
0 perché non c’è carica. Ma, anche in assenza di cariche, il mezzo potrebbe comunque condurre perché è
sottoposto ad un campo elettrico. Infatti, se esiste un campo magnetico significa che c’è un campo
le cariche positive si spostano verso l’armatura negativa e viceversa, creando una polarizzazione
dielettrica cioè un accumulo di carica positiva da un lato ed un accumulo di carica negativa dall’altro.
Laddove si ha una distribuzione anomala di carica il mezzo si dice polarizzato.
Si consideri un poro di una roccia al cui interno circolano fluidi con sali disciolti. Se il sistema non è soggetto
ad un campo elettrico le cariche si distribuiscono in modo tale da creare un equilibrio, quindi una
distribuzione omogenea di cariche positive e negative, per cui non si crea un flusso di corrente:
Se, invece, nel poro in questione è presente una particella di argilla che per sua natura ha uno strato di
cariche negative in superficie, attrae le cariche positive presenti all’interno del fluido generando una
Si parla quindi di polarizzazione dielettrica, cioè si ha uno spostamento di cariche (ossia una corrente di
Se nel sottosuolo non sono presenti materiali dielettrici ma solo materiali conduttori:
𝜕𝐷(𝑟, 𝑡)
=0
𝜕𝑡
Se, invece, sono presenti materiali dielettrici e non sono presenti conduttori:
𝐽(𝑟, 𝑡) = 0
Nei casi più generali coesistono entrambi i contributi, ovvero il contributo dovuto alle cariche di
conduzione e quello dovuto alle cariche di spostamento. Quindi, in generale, la corrente abbina fenomeni
Questa è la Legge della circuitazione di Ampere che in sostanza afferma che un flusso di corrente (dovuto
a cariche di conduzione e di spostamento) che passa attraverso una superficie 𝑆 genera un campo
magnetico.
La terza equazione di Maxwell è la Legge di Gauss elettrica che afferma che il flusso del vettore induzione
elettrica 𝐷 attraverso una superficie chiusa 𝑆 è uguale alla densità di carica elettrica che attraversa
∫ 𝐷(𝑟, 𝑡) ∙ 𝑛 𝑑𝑆 = ∫ 𝜌𝑐 (𝑟, 𝑡) 𝑑𝑉
𝑆 𝑉
Questa legge esprime il principio della conservazione della carica elettrica per cui la densità di carica
elettrica (𝜌𝑐 ) contenuta nel volume 𝑉 è uguale alla variazione, quindi al flusso, di induzione elettrica che
L’ultima equazione di Maxwell è la Legge di Gauss magnetica che esprime la natura solenoidale del flusso
di induzione magnetica:
∫ 𝐵(𝑟, 𝑡) ∙ 𝑛 𝑑𝑆 = 0
𝑆
Ora si può passare dalle equazioni di Maxwell espresse in forma integrale a quelle espresse in forma
𝜕𝐵(𝑟, 𝑡)
∇ × 𝐸(𝑟, 𝑡) = −
𝜕𝑡
𝜕𝐷(𝑟, 𝑡)
∇ × 𝐻(𝑟, 𝑡) = 𝐽(𝑟, 𝑡) +
𝜕𝑡
∇ ∙ 𝐷(𝑟, 𝑡) = 𝜌𝑐 (𝑟, 𝑡)
∇ ∙ 𝐵(𝑟, 𝑡) = 0
Le equazioni di Maxwell (espresse sia in forma integrale che in forma differenziale) descrivono il
comportamento (ossia la propagazione nella materia) di una qualsiasi onda elettromagnetica che è
composta da una componente elettrica ed una magnetica che sono strettamente legate tra loro.
di riferimento.
Per studiare in quel punto quanto vale il vettore induzione magnetica 𝐵 bisogna tracciare un altro vettore.
𝑟 si può esprimere in termini delle tre componenti del campo (𝐸𝑥 , 𝐸𝑦 , 𝐸𝑧 ). Quindi l’equazione si scinde in
tre equazioni: una per la componente 𝑥, una per la componente 𝑦 ed una per la componente 𝑧.
Ogni equazione di Maxwell in forma differenziale può essere scissa in tre equazioni (una per ogni
Il sistema è composto quindi da 12 equazioni e 16 incognite per cui non è risolvibile, perché per risolvere
un sistema di equazioni il numero delle incognite deve essere pari al numero delle equazioni linearmente
dipendenti.
Maxwell è riuscito a sviluppare altre 4 equazioni in modo tale da poter risolvere questo sistema.
La prima è l’Equazione di continuità (o principio di conservazione della carica): la divergenza della densità
di carica in un punto è uguale all’opposto della variazione nel tempo della densità di carica:
𝜕𝜌𝑐 (𝑟, 𝑡)
∇ ∙ 𝐽(𝑟, 𝑡) = −
𝜕𝑡
Quindi se una carica 𝜌𝑐 entra nel sistema e nel tempo questa carica fluisce attraverso una superficie 𝑆, la
quantità che esce deve essere uguale a quella che è entrata perché altrimenti non si ha continuità, quindi
Le altre tre equazioni sono state trovate sperimentalmente: Maxwell notò che se si ha un campo
magnetico 𝐻 l’induzione magnetica che si genera in un materiale dipende dalle proprietà magnetiche del
mezzo.
sottosuolo si genera un campo di induzione magnetica che dipende dal campo sorgente (input) e l’uscita
𝐵(𝑟, 𝑡) = 𝜇𝐻(𝑟, 𝑡)
Ad esempio, se il mezzo è un calcare, il vettore induzione magnetica 𝐵 = 0 perché il calcare non contiene
un campo di induzione magnetica elevatissimo perché la grafite ha una permeabilità magnetica molto
alta.
Lo stesso vale per la terza equazione: se si applica un campo elettrico 𝐸 ad un materiale dielettrico avente
costante dielettrica 𝜀 (che descrive quanto il materiale è in grado di creare cariche di spostamento, perché
a parità di campo si può creare una forte o una debole corrente di spostamento che dipende dai legami
reticolari del materiale), il vettore induzione elettrica 𝐷 (che definisce l’entità della corrente di
spostamento) è influenzato da 𝜀:
𝐷(𝑟, 𝑡) = 𝜀𝐸(𝑟, 𝑡)
La quarta equazione (che in sostanza è la legge di Ohm scritta in forma vettoriale*) afferma che se si
applica un campo elettrico ad un mezzo si osserverà, in un altro punto, una densità di corrente
di cariche non si ha alcuna densità di corrente (quantità di carica che passa attraverso una superficie).
*La Legge di Ohm scritta in forma scalare è:
∆𝑉
𝑅=
𝐼
dove:
- dalla resistività 𝜌;
𝑙
𝑅=𝜌
𝑆
da cui:
𝑆
𝜌 = 𝑅 [𝑂ℎ𝑚 ∙ 𝑚]
𝑙
dove:
Queste tre relazioni sono fondamentali perché descrivono in che modo le proprietà fisiche del mezzo
interagiscono con i campi che applichiamo in esso e prendono il nome di relazioni costitutive perché
fanno parte della costituzione del materiale, cioè a parità di campo (elettrico o magnetico), la risposta è
fortemente influenzata dal materiale di cui è costituito il corpo in cui il campo si propaga.
L’obbiettivo del geofisico è inviare un campo elettromagnetico nel sottosuolo, misurare la risposta in un
punto diverso ed osservare come è cambiato l’output rispetto all’input. Il cambio è dovuto alle proprietà
Il fine ultimo della prospezione geofisica è, quindi, ottenere una rappresentazione del sottosuolo in
termini di parametri fisici che consente di ricavare un modello fisico-matematico che deve essere
trasformato in un modello geologico-strutturale, ossia associare alla distribuzione dei valori dei parametri
strutture e/o litologie che hanno dato origine a quel modello fisico.
Le relazioni costitutive, e quindi la propagazione di un qualsiasi tipo di onda nel sottosuolo, dipendono
fortemente dalle caratteristiche fisiche del mezzo che si va ad indagare. Le caratteristiche fisiche più
- linearità: un mezzo si dice lineare quando ad una combinazione lineare di cause, corrisponde una
combinazione lineare di effetti secondo gli stessi coefficienti, cioè se si inducono tre campi nel
sottosuolo, quello che si osserverà sarà una combinazione lineare degli effetti dei singoli campi;
- omogeneità: un mezzo si dice omogeneo se le caratteristiche del mezzo non sono funzioni delle
coordinate del punto e dell'istante considerato, cioè se si osserva la risposta del mezzo in vari
punti, la caratteristica del mezzo è sempre la stessa. Quindi si osserveranno delle uscite che fanno
sì che la funzione di trasferimento sia sempre la stessa. Ciò vale anche se si fanno misure continue
nel tempo;
- isotropia: un mezzo si dice isotropo se, qualsiasi sia l'orientamento delle cause, gli effetti sono
allineati con le cause stesse, cioè non esistono direzioni privilegiate, ossia la risposta è orientata
- dispersività nel dominio del tempo: un mezzo si dice dispersivo nel dominio del tempo se gli effetti
(𝐵 o 𝐷 e 𝐽), ad un certo istante di tempo 𝑡, dipendono non solo dal valore delle cause (𝐻 o 𝐸) in
quell'istante, ma anche dal valore delle cause in ogni istante precedente. Cioè, se si applica una
corrente in un’istante 𝑡 e si misura la differenza di potenziale si ha una certa risposta che non ha
carattere impulsivo, cioè non dipende soltanto dal valore dell’input in quell’istante ma dal valore
dell’input che ha avuto in tutto l’intervallo temporale in cui è stato attivo. Questo concetto si
esprime matematicamente con un integrale di convoluzione nel tempo, cioè integra la funzione
su tutto quello che è successo prima, quindi calcola la risposta in tutto l’intervallo temporale.
- dispersività nel dominio dello spazio: un mezzo si dice dispersivo nello spazio se gli effetti (𝐵 o 𝐷
e 𝐽), in un certo punto dello spazio, dipendono non solo dai valori delle cause (𝐻 o 𝐸) relativi allo
stesso punto, ma anche dai valori delle cause in ogni altro punto dello spazio, o in particolare in
ogni punto di un assegnato volume. Cioè, se si applica una sorgente in un punto e si osserva la
risposta in un altro punto, questa non dipende solo dalla causa in quel punto ma dalle cause in
tutti i punti che circondano il punto in osservazione. Anche in questo caso si ricorre ad un integrale
Analiticamente, nel caso generale di un mezzo lineare, non-omogeneo, anisotropo, dispersivo nel tempo
𝑡
𝐵(𝑟, 𝑡) = ∫ ∫ ∫ 𝑑𝑉0 ∫ 𝑦𝐻 (𝑟 − 𝑟0 , 𝑡 − 𝜏) ∙ 𝐻(𝑟0 , 𝜏)𝑑𝜏
𝑉0 0
𝑡
𝐷(𝑟, 𝑡) = ∫ ∫ ∫ 𝑑𝑉0 ∫ 𝑦𝐸 (𝑟 − 𝑟0 , 𝑡 − 𝜏) ∙ 𝐸(𝑟0 , 𝜏)𝑑𝜏
𝑉0 0
𝑡
𝐽(𝑟, 𝑡) = ∫ ∫ ∫ 𝑑𝑉0 ∫ 𝑦𝐽 (𝑟 − 𝑟0 , 𝑡 − 𝜏) ∙ 𝐸(𝑟0 , 𝜏)𝑑𝜏
𝑉0 0
*Il triplo integrale si legge “integrale sull’intero volume 𝑉0 ”, è riferito “in 𝜕𝑥, in 𝜕𝑦 ed in 𝜕𝑧” cioè indica
che le caratteristiche non sono le stesse nel volume che si sta esplorando ma cambiano punto per punto.
Dove 𝑦𝐻 , 𝑦𝐸 e 𝑦𝐽 sono delle funzioni diadiche di Green, considerabili come le risposte impulsive del
mezzo, in quanto coincidono con le risposte del sistema ad un impulso unitario applicato nel punto 𝑟0 al
tempo 𝜏 (si tratta sostanzialmente di sommare tutti gli impulsi in tutto il volume ed in tutti gli istanti di
tempo).
Nel caso:
𝑡
𝐵(𝑟, 𝑡) = ∫ ∫ ∫ 𝑑𝑉0 ∫ 𝑦𝐻 (𝑟 − 𝑟0 , 𝑡 − 𝜏) ∙ 𝐻(𝑟0 , 𝜏)𝑑𝜏
𝑉0 0
che ha causato una risposta nel mezzo dipendente dalla permeabilità magnetica in tutti i punti. Quindi in
ogni punto si avrà una permeabilità magnetica 𝑦𝐻 data da 𝑟 − 𝑟0 , 𝑡 − 𝜏 (ossia la differenza di spazio e di
tempo).
Ma, per il principio di causalità, l'effetto non può precedere la causa, quindi la risposta impulsiva (funzione
𝑦𝑖 (𝑟 − 𝑟0 , 𝑡 − 𝜏) = 0 ∀𝜏 > 𝑡
dove:
- 𝑖 = 𝐻, 𝐸, 𝐽.
Cioè, l'effetto non si può calcolare prima della causa, per cui prima del tempo 𝑡 l'effetto è nullo. Ecco
perché il limite superiore per 𝜏 negli integrali precedenti può essere fissato al valore 𝑡 (questo principio di
Inoltre, se i campi 𝐻 oppure 𝐸, considerati come ingresso al sistema, sono nulli per ogni valore di 𝑡 < 0,
cioè i segnali sono applicati all'istante 𝜏 = 0, il limite inferiore dell'integrale temporale è fissato al valore
0.
Queste considerazioni non sono ovviamente applicabili nel caso dell'integrale di volume, infatti questo
integrale sta solo a rappresentare l'effetto globale, nel punto 𝑟, dovuto alle cause presenti in ogni punto
Infatti, se non vi è dispersività né nello spazio1 né nel tempo2, le funzioni diadiche di Green dovranno
𝑦𝑖 (𝑟 − 𝑟0 , 𝑡 − 𝜏) = 𝛿(𝑡 − 𝜏)𝑦𝑖 (𝑟 − 𝑟0 )2
Scompaiono, quindi, l’integrale di volume e l’integrale sul tempo ed il mezzo viene detto non dispersivo
𝐵(𝑟, 𝑡) = 𝜇𝐻(𝑟, 𝑡)
𝐷(𝑟, 𝑡) = 𝜀𝐸(𝑟, 𝑡)
𝐽(𝑟, 𝑡) = 𝜎𝐸(𝑟, 𝑡)
ossia 𝜇, 𝜀 e 𝜎 sono costanti e l’output dipende soltanto dalla distanza (𝑟) tra il punto di osservazione ed il
punto sorgente, perché man mano che ci si allontana dalla sorgente l’output cambia (per la maggior parte
dei campi l’output cambia di un fattore 1⁄𝑟 2 ) infatti a grandi distanze le risposte sono nulle perché non
Nel caso di mezzo continuo, lineare, omogeneo, isotropo, non dispersivo nello spazio e dispersivo nel
tempo (ossia mezzi con memoria) le relazioni costitutive vengono rappresentate in forma integrale:
𝑡
𝐵(𝑟, 𝑡) = ∫ 𝜇(𝑡 − 𝜏) ∙ 𝐻(𝑟, 𝜏)𝑑𝜏
0
𝑡
𝐷(𝑟, 𝑡) = ∫ 𝜀(𝑡 − 𝜏) ∙ 𝐸(𝑟, 𝜏)𝑑𝜏
0
𝑡
𝐽(𝑟, 𝑡) = ∫ 𝜎(𝑡 − 𝜏) ∙ 𝐸(𝑟, 𝜏)𝑑𝜏
0
dove 𝜇, 𝜀 e 𝜎 sono funzioni di risposta impulsiva, in quanto coincidono con le risposte del sistema a un
Questo è il caso della polarizzazione indotta, perché con questo metodo si investigano terreni con “effetto
memoria”, ovvero quei terreni che si polarizzano per cui le relazioni tra campo elettrico e intensità di
corrente non sono espresse dalla Legge di Ohm scritta in forma vettoriale ma in una formula più
complessa. Infatti se il mezzo non è dispersivo nel tempo non c'è la differenza 𝑡 − 𝜏.
*LA FUNZIONE 𝜹 DI DIRAC
Per comprendere la “Funzione 𝛿 di Dirac” bisogna innanzitutto definire una funzione che prende il nome
di Funzione Gradino, che dal punto di vista estetico sembra proprio un gradino e si comporta in questo
modo:
Questa funzione ha valore 0 fino all’origine degli assi dove subisce un “salto” assumendo valore 1 fino
all’infinito.
1, 𝑡≥0
𝑓(𝑡) = 𝑢(𝑡) = {
0, 𝑡<0
Si consideri ora un altro tipo di funzione, costruita a partire dalla precedente, chiamata Funzione
Impulsiva o, semplicemente, Impulso. Essa consiste nella combinazione di due funzioni gradino ed ha
questo andamento:
Questa funzione ha valore nullo fino all’origine degli assi dove si “accende una sorta di segnale” fino ad
un determinato valore che prosegue per una durata 𝜒 dopo la quale si annulla nuovamente.
Matematicamente questa funzione (che è una combinazione di due funzioni gradino) si esprime come:
𝑢(𝑡) − 𝑢(𝑡 − 𝜒)
𝑓(𝑡) =
𝜒
cioè è data da una funzione gradino 𝑢(𝑡) dalla quale bisogna sottrarre una funzione gradino valutata nel
1
𝑆 =𝑏×ℎ =𝜒 =1
𝜒
Si può ora definire la Funzione 𝜹 di Dirac (che non è una vera e propria funzione ma fa parte di un gruppo
Si consideri una successione di funzioni impulsive via via più strette ed alte (ma sempre di area 1):
Questa funzione prende il nome di Funzione di 𝜹 di Dirac centrata su 𝝌, che è nulla ovunque tranne che
cioè è il limite della successione dei rettangoli (che prendono il nome di Funzioni Porta) che alla fine
esempio 𝑡′:
𝛿(𝑡 − 𝑡 ′ )
1. l'area della funzione coincide con l’integrale della stessa sul parametro tra −∞ e +∞:
+∞
𝑆 = ∫ 𝛿(𝑡 − 𝑡′) 𝑑𝑡 = 1
−∞
2. l’azione della 𝛿 di Dirac su una generica funzione 𝑓 è uguale al valore della funzione nel punto di
+∞
∫ 𝑓(𝑡)𝛿(𝑡 − 𝑡 ′ ) 𝑑𝑡 = 𝑓(𝑡 ′ )
−∞
La 𝛿 di Dirac è lo strumento ideale per “modellizzare” un impulso, cioè un segnale concentrato tutto in un
singolo istante.
Quindi l’obbiettivo della prospezione geofisica è studiare la propagazione di un’onda elettromagnetica in
un mezzo reale (ossia con settori caratterizzati da parametri fisici diversi), cioè ricavare le proprietà fisiche
che hanno determinato le distorsioni del campo che è stato immesso risolvendo il sistema di 16 equazioni
in 16 incognite.
equazioni da esse derivate, devono essere affiancate da appropriate condizioni al contorno al fine di
Quindi, il pacchetto che ci serve per risolvere un qualsiasi problema di elettromagnetismo (ossia per
descrivere l’interazione tra la materia ed i campi elettromagnetici) è composto dalle Equazioni di Maxwell
alle quali si associano l’equazione di continuità e le relazioni costitutive a queste si associano le condizioni
al contorno.
I CAMPI ELETTRO-MAGNETICI
Mentre i metodi geoelettrici forniscono soprattutto la resistività elettrica dei mezzi ed il metodo
sono in grado di fornire resistività elettrica, permeabilità magnetica e permettività elettrica (o costante
dielettrica).
Un campo magnetico coinvolge solo le proprietà magnetiche dei corpi, infatti un’anomalia magnetica si
osserva quando si ha un corpo con grandi capacità di magnetizzazione che crea un campo indotto, quindi
la proprietà fisica che entra in gioco è la suscettività magnetica del corpo. Quando si ha un campo elettrico
stazionario, quindi non varia nel tempo, non si ha un campo magnetico variabile. Se, invece, si ha una
sorgente elettromagnetica la propagazione dell’onda sarà influenzata sia dalle proprietà elettriche che
campo prodotto dal condensatore segue la stessa direzione (frecce blu). Il campo prodotto dal materiale
dielettrico va nell’altro senso, quindi la presenza di un materiale dielettrico tende a ridurre il campo
Quindi se si immette un campo elettrico in un sistema terrestre, composto da materiali dielettrici, esso si
modifica (si indebolisce in particolare). In base all’entità dell’indebolimento del campo si può risalire alla
𝐷(𝑟, 𝑡) = 𝜀𝐸(𝑟, 𝑡)
la permettività elettrica del mezzo in cui fluisce il campo elettrico 𝐸 crea un campo di spostamento
elettrico 𝐷 che cambia a seconda del valore di 𝜀. Quindi a parità di campo elettrico 𝐸 si può avere un
campo 𝐷 minore o maggiore a seconda del valore di 𝜀: se 𝜀 è molto grande la corrente di spostamento
che si genera è molto alta, viceversa se il materiale non è dielettrico, 𝜀 è molto piccolo per cui prevalgono
I metodi elettromagnetici hanno avuto un grande successo nel mondo dell’esplorazione geofisica
1. consentono la misura della resistività elettrica in aree in cui l’immissione della corrente elettrica
nel suolo attraverso elettrodi è improponibile (zone particolarmente aride, suolo gelato, strade
asfaltate, ecc.);
2. utilizzano una strumentazione che non è a diretto contatto col terreno (elettro-magnetometri) e
Si consideri una funzione che può generare un campo elettromagnetico, ad esempio una corrente
alternata (che nel tempo può cambiare la sua ampiezza o la sua fase) produce un campo elettromagnetico
𝐹(𝑡) = 𝐹0 𝑒 𝑖𝜔𝑡
dove:
leggi di Maxwell).
In generale, si considera un’onda monocromatica, cioè ad una sola frequenza 𝑓 (in natura però le onde
In questo ambito si lavorerà in approssimazione di onda piana, cioè che i fronti d’onda* sono costituiti da
infiniti piani paralleli tra loro e perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda e la cui ampiezza
picco-picco è costante. Questa approssimazione vale quando la sorgente è molto lontana dal punto di
osservazione.
*Il fronte d'onda è il luogo geometrico dei punti dello spazio che, in un dato istante, è raggiunto dalla
perturbazione ondosa generata dalla sorgente ad un ben preciso istante precedente. Cioè è il luogo dei
punti in cui si ha la stessa fase ossia la perturbazione ha le stesse caratteristiche. In altri termini, il luogo
dei punti in cui, in un dato istante, arrivano le componenti dell’onda aventi le stesse caratteristiche.
Consideriamo l’esempio di un sasso lanciato in acqua: la sorgente è il sasso che impatta sull’acqua a 𝑡 =
1𝑠. Dopo due secondi si forma il primo fronte d’onda, ossia il luogo dei punti che a 𝑡 = 2𝑠 viene raggiunto
dalla perturbazione.
Se si immagina che le componenti elettrica e magnetica dell’onda elettromagnetica abbia questa forma:
Quando si considera un’onda elettromagnetica monocromatica le equazioni diventano:
𝐸(𝑟, 𝑡) = 𝐸0 𝑒 𝑖𝜔𝑡
𝐻(𝑟, 𝑡) = 𝐻0 𝑒 𝑖𝜔𝑡
dove:
polari.
*mentre i numeri reali di rappresentano lungo una retta, i numeri complessi si rappresentano in un piano.
𝑧 = 𝑎 + 𝑖𝑏
significa che non ha solo una parte reale ma anche una parte immaginaria. E si rappresenta così:
Per poter rappresentare i numeri complessi in coordinate polari si fissano un’origine, un asse polare ed
Le coordinate polari (𝑟, 𝜃, 𝜑) di un punto 𝑃 sono il modulo 𝑟 del raggio vettore 𝑂𝑃, l’angolo 𝜃 che 𝑂𝑃
forma con l’asse polare e l’angolo 𝜑 che il semipiano contenente 𝑃 e l’asse polare forma con il semipiano
polare.
- 0 ≤ 𝑟 < +∞;
- 0 ≤ 𝜃 ≤ 𝜋;
- 0 ≤ 𝜑 ≤ 2𝜋.
Nel sistema di riferimento cartesiano un punto è determinato da tre coordinate cartesiane (𝑥, 𝑦, 𝑧):
In un sistema di riferimento polare tridimensionale la posizione del punto 𝑃 è definita dal vettore di
posizione 𝑟, dall’angolo che esso forma con l’asse 𝑧 e dall’angolo formato tra la proiezione 𝑟’ del vettore
Nel caso bidimensionale, si fissano un’origine ed un asse polare. Le coordinate (𝑟, 𝜑) del punto 𝑃 sono la
distanza 𝑟 del punto dall’origine e l’angolo 𝜑 che la retta 𝑂𝑃 (vettore di posizione 𝑟) forma con l’asse
polare:
Se si considera la circonferenza trigonometrica di raggio unitario, il vettore posizione 𝑟 è uguale a 1:
𝑎=1
𝑒 𝑖𝜑 = cos 𝜑 + 𝑖 sin 𝜑
Esistono delle relazioni che legano le coordinate polari alle coordinate cartesiane che consentono di
ELETTRO-MAGNETICI
Per poter risolvere un qualsiasi problema di interazione tra un campo elettromagnetico ed il sistema Terra
𝜕𝐵(𝑟, 𝑡)
∇ × 𝐸(𝑟, 𝑡) = −
𝜕𝑡
𝜕𝐷(𝑟, 𝑡)
∇ × 𝐻(𝑟, 𝑡) = 𝐽(𝑟, 𝑡) +
𝜕𝑡
∇ ∙ 𝐷(𝑟, 𝑡) = 𝜌𝑐 (𝑟, 𝑡)
∇ ∙ 𝐵(𝑟, 𝑡) = 0
𝜕𝜌𝑐 (𝑟, 𝑡)
∇ ∙ 𝐽(𝑟, 𝑡) = −
𝜕𝑡
Considerando che:
𝐵(𝑟, 𝑡) = 𝜇𝐻(𝑟, 𝑡)
𝐷(𝑟, 𝑡) = 𝜀𝐸(𝑟, 𝑡)
𝐽(𝑟, 𝑡) = 𝜎𝐸(𝑟, 𝑡)
𝜕𝐻(𝑟, 𝑡)
∇ × 𝐸(𝑟, 𝑡) = −𝜇
𝜕𝑡
𝜕𝐸(𝑟, 𝑡)
∇ × 𝐻(𝑟, 𝑡) = 𝜎𝐸(𝑟, 𝑡) + 𝜀
𝜕𝑡
∇ ∙ 𝐸(𝑟, 𝑡) = 𝜌𝑐 (𝑟, 𝑡)
∇ ∙ 𝐻(𝑟, 𝑡) = 0
𝜕𝜌𝑐 (𝑟, 𝑡)
∇ ∙ 𝐽(𝑟, 𝑡) = −
𝜕𝑡
Si noti che 𝜇, 𝜀 e 𝜎 escono fuori dal segno di derivata perché sono costanti.
Se non ci sono sorgenti esterne, quindi si è in assenza di cariche libere, essendo 𝜌𝑐 la densità di carica esso
𝜌𝑐 = 0
Quindi:
∇ ∙ 𝐸(𝑟, 𝑡) = 0
∇ ∙ 𝐽(𝑟, 𝑡) = 0
𝜕𝐻(𝑟, 𝑡)
∇ × 𝐸(𝑟, 𝑡) = −𝜇
𝜕𝑡
𝜕𝐸(𝑟, 𝑡)
∇ × 𝐻(𝑟, 𝑡) = 𝜎𝐸(𝑟, 𝑡) + 𝜀
𝜕𝑡
∇ ∙ 𝐸(𝑟, 𝑡) = 0
∇ ∙ 𝐻(𝑟, 𝑡) = 0
∇ ∙ 𝐽(𝑟, 𝑡) = 0
Quindi restano solo le prime due equazioni dove, come detto precedentemente:
𝐸(𝑟, 𝑡) = 𝐸0 𝑒 𝑖𝜔𝑡
𝐻(𝑟, 𝑡) = 𝐻0 𝑒 𝑖𝜔𝑡
Per cui:
𝜕𝐻0 𝑒 𝑖𝜔𝑡
∇ × 𝐸(𝑟, 𝑡) = −𝜇
𝜕𝑡
Portiamo fuori dal segno di derivata 𝐻0 (ampiezza iniziale dell’onda) che non dipende dal tempo e
deriviamo rispetto al tempo 𝑒 𝑖𝜔𝑡 (la derivata dell’esponente per l’esponenziale). Si ottiene:
Essendo:
𝐻(𝑟, 𝑡) = 𝐻0 𝑒 𝑖𝜔𝑡
si ha:
Essendo:
𝐸(𝑟, 𝑡) = 𝐸0 𝑒 𝑖𝜔𝑡
si ha:
Il nostro obbiettivo è trovare delle equazioni che dipendono solo da 𝐸(𝑟, 𝑡) e solo da 𝐻(𝑟, 𝑡) perché così
Quando si applica il rotore al primo ed al secondo membro delle due equazioni si ottiene:
Ma la divergenza è 0 quindi il primo termine scompare. Risulta quindi che il rotore del rotore di 𝐸 è uguale
𝜕2 𝜕2 𝜕2
∇2 = + +
𝜕𝑥 2 𝜕𝑦 2 𝜕𝑧 2
∇2 𝐸 − 𝑖𝜇𝜔𝐸(𝜎 + 𝑖𝜔𝜀) = 0
∇2 𝐻 − 𝑖𝜇𝜔𝐻(𝜎 + 𝑖𝜔𝜀) = 0
Da ciò risulta che la prima equazione dipende solo da 𝐸 e la seconda solo da 𝐻, quindi ognuna dipende
𝜇𝜀𝜔2 − 𝑖𝜇𝜔𝜎 = 𝑘 2
si ottiene:
∇2 𝐸 + 𝑘 2 𝐸 = 0
∇2 𝐻 + 𝑘 2 𝐻 = 0
Queste sono due equazioni differenziali di secondo grado, che possono essere risolte imponendo
I calcoli da svolgere per risolvere queste equazioni non dipendono solo da 𝑡 ma anche dal punto in cui si
osserva il campo perché a seconda della posizione e della distanza dalla sorgente si osservano effetti
∇2 𝐸(𝑟, 𝑡) + 𝑘 2 𝐸(𝑟, 𝑡) = 0
∇2 𝐻(𝑟, 𝑡) + 𝑘 2 𝐻(𝑟, 𝑡) = 0
Tale distanza non deve per forza coincidere con un asse del sistema di riferimento scelto, ed è quindi
2𝑟 2𝑟
𝐸(𝑟, 𝑡) = 𝐴1 𝑒 −√−𝑘 + 𝐴2 𝑒 −√−𝑘
2𝑟 2𝑟
𝐻(𝑟, 𝑡) = 𝐶1 𝑒 −√−𝑘 + 𝐶2 𝑒 −√−𝑘
dove 𝐴1 , 𝐴2 , 𝐶1 e 𝐶2 sono costanti (che dipendono dal fenomeno fisico che si sta studiando) da
Assumendo che l'onda si propaga nella direzione 𝑧 e che i campi variano in modo sinusoidale, l'onda è
rappresentata così:
componenti sono ortogonali tra loro ed entrambe sono perpendicolari alla direzione di propagazione
dell’onda.
La variazione sinusoidale di 𝐵 nel piano 𝑌𝑍 genera una variazione nel campo 𝐸 nel piano 𝑋𝑍 e viceversa.
𝑘 viene definito “numero d’onda” (infatti ha le dimensioni dell’inverso di una lunghezza) cioè quante onde
𝑘 2 = 𝜇𝜀𝜔2 − 𝑖𝜇𝜔𝜎
Essendo un numero complesso lo si esprime semplicemente come:
𝑘 = 𝛼 − 𝑖𝛽
dove:
0.5
𝜇𝜀 𝜎2
𝛼 = 𝜔 [ (√1 + 2 2 + 1)]
2 𝜀 𝜔
0.5
𝜇𝜀 𝜎2
𝛽 = 𝜔 [ (√1 + 2 2 − 1)]
2 𝜀 𝜔
dove:
- 𝛼 è detto fattore di assorbimento perché determina come l’energia dell’onda viene assorbita dal
mezzo. Questo fattore è strettamente legato alle caratteristiche fisiche del mezzo e dalla
frequenza dell’onda, quindi a parità di campo si può avere un’energia che si indebolisce in uno
- 𝛽 è detto fattore di fase perché influenza la fase dell’onda e tiene conto dello smorzamento
dell'onda (l’onda si attenua, diminuendo l'intensità, e si smorza nel tempo per cui la sua fase
cambia).
𝜎2
Si noti che sia nel fattore di fase che nel fattore di assorbimento compare il rapporto 𝜀 2 𝜔2
dove 𝜎 è la
conducibilità elettrica del mezzo, 𝜀 è la costante dielettrica del mezzo e 𝜔 è la frequenza dell’onda.
Esaminiamo ora i casi estremi per cui:
𝜎
≫1
𝜀𝜔
𝜎
≪1
𝜀𝜔
Il primo caso esprime che, a parità di frequenza dell’onda, le correnti di conduzione prevalgono sulle
correnti di spostamento, cioè che 𝜎 ≫ 𝜀 quindi la corrente è trasportata dalle cariche ioniche libere di
muoversi e non dalle cariche di spostamento. Quindi prevale la proprietà conduttiva del mezzo e non
quella dielettrica, cioè il mezzo è un cattivo dielettrico, mentre è un buon conduttore. In questo caso
Nel secondo caso prevalgono, invece, i comportamenti dielettrici del mezzo, cioè 𝜎 ≪ 𝜀. Quindi a parità
favorita dalle proprietà dielettriche del mezzo e non da quelle di conduzione. Vuol dire che il mezzo è un
𝜎
N.B.: Possono esserci casi in cui il rapporto 𝜀𝜔 assume valori all’interno di questo intervallo. Ciò vuol dire
0.5
𝜇𝜀 𝜎2
𝛼 = 𝜔 [ (√1 + 2 2 + 1)]
2 𝜀 𝜔
0.5
𝜇𝜀 𝜎2
𝛽 = 𝜔 [ (√1 + 2 2 − 1)]
2 𝜀 𝜔
𝜎
Essendo ≫ 1, l’1 sotto radice può essere trascurato. Per cui:
𝜀𝜔
0.5
𝜇𝜀 𝜎2 𝜇𝜀 𝜎 0.5
𝛼 ≈ 𝜔[ (√ 2 2 + 1)] ≈ 𝜔[ ( + 1)]
2 𝜀 𝜔 2 𝜀𝜔
𝜎
Di nuovo, ≫ 1 quindi si può trascurare l’1 in parentesi. Quindi:
𝜀𝜔
𝜇𝜀 𝜎 0.5 𝜇𝜎 0.5 𝜇𝜎
𝛼 ≈ 𝜔[ ( )] ≈ 𝜔 [ ] ≈ √𝜔 2
2 𝜀𝜔 2𝜔 2𝜔
Si ottiene:
𝜇𝜎𝜔
𝛼≈√
2
𝜇𝜎𝜔
𝛼=𝛽≈√
2
2𝑟 2𝑟
𝐸(𝑟, 𝑡) = 𝐴1 𝑒 −√−𝑘 + 𝐴2 𝑒 −√−𝑘
2𝑟 2𝑟
𝐻(𝑟, 𝑡) = 𝐶1 𝑒 −√−𝑘 + 𝐶2 𝑒 −√−𝑘
√−𝑘 2 = √−1√𝑘 2 = 𝑖 √𝑘 2 = 𝑖𝑘
Considerando che:
𝑘 = 𝛼 − 𝑖𝛽
si ottiene:
𝜇𝜎𝜔
𝛼=𝛽≈√
2
La componente elettrica dell'onda elettromagnetica che si propaga è data quindi dalla somma di due
contributi che hanno una parte reale che moltiplica una quantità complessa.
𝑟 rappresenta la distanza tra il punto di osservazione ed il punto sorgente. Quindi al variare della distanza,
𝜇𝜎𝜔
𝑝𝑒𝑟 𝑟 → ∞ , −√ 𝑟→0
2
Questo risultato è fisicamente ragionevole, perché man mano che ci si allontana dalla sorgente l’intensità
𝜇𝜎𝜔
𝑝𝑒𝑟 𝑟 → ∞ , √ 𝑟→∞
2
Ciò esprime che man mano che ci si allontana dalla sorgente l’energia dell’onda aumenta.
Questo concetto si scontra col principio di conservazione dell’energia, perché questa all’aumentare della
distanza dal punto sorgente si smorza per vari effetti (attrito, conversione in calore, ecc.).
Per non incorrere in questo assurdo fisico e per avere una soluzione fisicamente ragionevole:
𝐴2 = 0
Rimane quindi solo il primo termine, in cui la prima parte:
𝜇𝜎𝜔
−√ 𝑟
𝑒 2
indica come si trasforma l’ampiezza dell’onda nella sua propagazione, la seconda parte invece:
𝜇𝜎𝜔
𝑖(𝜔𝑡−√ 𝑟)
2
𝑒
Questa equazione esprime come, nella sua propagazione, l’onda modifica sia la sua ampiezza che la sua
fase.
Si immagini che il campo abbia solo componente 𝐸𝑥 , cioè che nella direzione 𝑦 e 𝑧 sia nulla.
Nel caso in cui l’onda non si smorza, cioè non vi è assorbimento, quindi il materiale non assorbe (il che è
𝜇𝜎𝜔 𝜇𝜎𝜔
𝐸(𝑥, 𝑡) = 𝐴1 [cos (𝜔𝑡 − √ 𝑥) + 𝑖 sin (𝜔𝑡 − √ 𝑥)]
2 2
Per poter studiare la propagazione, però, si fissa una posizione 𝑥 e si fa variare il tempo, cioè si vuole
vedere al variare del tempo, in quella posizione, come si trasforma l’onda. Viceversa vale se si fissa il
tempo.
Il primo esprime che: fissato un istante 𝑡1 > 0 come si muove l’onda al variare della posizione. A 𝑡 = 0
l’onda è quella indicata dalla linea continua, mentre a 𝑡1 l’onda è indicata dalla linea tratteggiata.
Il secondo grafico indica come varia l’onda al variare del tempo: si fissa una posizione 𝑥1 > 0. Alla
posizione 𝑥0 l’onda è quella indicata dalla linea continua, alla posizione 𝑥1 al variare del tempo l’onda
Questo però vale se l’onda si propaga nel vuoto, poiché si propaga nella materia vuol dire che questo
corpo ha delle sue caratteristiche fisiche (permeabilità magnetica, costante dielettrica e permettività
Al variare della posizione, cioè all’aumentare della distanza dalla sorgente questa quantità diminuisce
tendendo a zero.
Questo discorso vale anche per la componente magnetica, infatti anch’essa si attenua.
L’attenuazione è plausibile perché l’energia elettromagnetica viene assorbita dal mezzo in base alle
proprie caratteristiche elettriche e magnetiche: se il mezzo è molto conduttivo significa che assorbe molta
energia, quindi a grandi distanze non si osserva nessun fenomeno perché l’onda si è completamente
smorzata.
Nella sua propagazione l’onda si attenua con costante di attenuazione 𝛼, che rappresenta la parte reale
del coefficiente del numero d’onda ed ha le dimensioni dell’inverso di una lunghezza (𝑚−1).
1 2
𝑟= =𝛿=√
𝛼 𝜇𝜎𝜔
ed il campo 𝐸 si riduce a:
𝐸(𝑟, 𝑡) = 𝐴1 𝑒 −1 [𝑒 𝑖(𝜔𝑡−1) ]
Ma 𝑒 −1 è uguale all’inverso dell’esponenziale naturale ovvero:
1
𝑒 −1 = = 0.37
𝑒
Quindi quando si osserva cosa succede in un punto a distanza 𝑟 dalla sorgente, dove 𝑟 è uguale all’inverso
𝛿 è detta skin depth (o profondità pelle) in quanto descrive il cosiddetto “effetto pelle”: in un mezzo
conduttore il campo elettromagnetico si attenua (viene assorbito) in proporzione alla frequenza e alla
conducibilità elettrica. Un mezzo più conduttivo, infatti, assorbe più rapidamente il campo di un mezzo
più resistivo (che è più “trasparente”) a parità di frequenza, mentre a parità di conducibilità elettrica il
mezzo assorbe più rapidamente il campo a frequenza più elevata. Questo è importante perché quando si
effettua una prospezione geofisica per una valutazione grossolana dei parametri fisici che caratterizzano
il sistema che si sta indagando, si conosce il contesto geologico in cui si lavora, si conosce il valore della
conducibilità elettrica del materiale, 𝜔 è nota perché l’onda siamo noi a scegliere l’onda elettromagnetica
(nel caso di sorgenti artificiali). Ciò vuol dire che si sa già di quanto si è attenuata l’onda ad una certa
distanza.
Quindi a questo punto si può lavorare sulla frequenza, se si ha un terreno molto conduttivo significa che
𝜎 è molto alto quindi se si usano frequenze molto basse si può aumentare l’effetto pelle. Ma se la
frequenza è fissata non si può agire su di essa, però si può dire che per mezzi molto conduttivi l’onda si
attenua a piccole profondità, cioè l’energia dell’onda viene assorbita subito. Viceversa se si ha un terreno
a bassa conducibilità, l’onda si approfondisce di più. Quindi l’effetto pelle sta ad indicare la profondità per
la quale l’onda elettromagnetica ha un contenuto energetico almeno pari al 63% del contenuto che aveva
inizialmente.
Quindi se si lavora su un terreno di cui si conosce la conducibilità si può agire sulla frequenza,
profondità più elevate. Le anomalie ad alta frequenza sono indice di corpi a bassa profondità e le anomalie
𝜔 𝜔 2𝜔
𝑣= = =√
𝑘 𝜇𝜎𝜔 𝜇𝜎
√
2
dove:
- 𝜔 è la pulsazione;
- 𝑘 è il numero d’onda
Guardando questa relazione si capisce che la velocità di fase di un’onda che si propaga in un mezzo
conduttivo è un’onda dispersiva perché la sua velocità dipende dalla frequenza dell’onda. Quindi
In questo caso prevalgono le correnti di spostamento quindi il corpo si comporta come un buon
dielettrico.
0.5
𝜇𝜀 𝜎2
𝛼 = 𝜔[ (√1 + 2 2 + 1)]
2 𝜀 𝜔
0.5
𝜇𝜀 𝜎2
𝛽 = 𝜔 [ (√1 + 2 2 − 1)]
2 𝜀 𝜔
𝜎2
Essendo 𝜀2 𝜔2 ≪ 1 diventa trascurabile, per cui:
0.5
𝜇𝜀 𝜎2
𝛼 = 𝜔[ (√1 + 2 2 + 1)] ≈ 𝜔(𝜇𝜀)0.5
2 𝜀 𝜔
0.5
𝜇𝜀 𝜎2
𝛽 = 𝜔[ (√1 + 2 2 − 1)] ≈0
2 𝜀 𝜔
Ciò significa che le onde elettromagnetiche subiscono un’attenuazione. In questo caso il coefficiente di
assorbimento (𝛼) dipende dalla costante dielettrica (𝜀), mentre prima dipendeva da 𝜎. E il fattore di fase
(𝛽) è nullo.
diventa:
𝐸(𝑟, 𝑡) = 𝐴1 𝑒 𝑖(𝜔𝑡−𝜔√𝜇𝜀𝑟
In questo caso non compare più la quantità relativa all'assorbimento dell'onda, ciò vuol dire che per i
mezzi dielettrici, che sono resistivi, l'assorbimento è nullo perché è come se il mezzo fosse trasparente.
𝜔 𝜔 1
𝑣= = =
𝑘 𝜔√𝜇𝜀 √𝜇𝜀
Ora l'onda non è più dispersiva perché non dipende più dalla frequenza e dalla conducibilità dell’onda.
Ora dipende solo da 𝜀, ovvero dalla conduttività elettrica del mezzo, ovvero alla capacità del mezzo di
Ricordando che nel vuoto la velocità delle onde elettromagnetiche, 𝑐, è data da:
𝑐 = 3 × 108 𝑚/𝑠
dove:
quindi:
1
𝑐=
√𝜇0 𝜀0
Tenuto conto che la permeabilità magnetica dei materiali è, salvo casi particolari (ad esempio in presenza
𝑁
𝜇 ≈ 𝜇0 = 4𝜋 × 10−7
𝐴2
Poiché la costante dielettrica relativa è data dal rapporto tra la costante dielettrica propria del mezzo e la
𝜀
𝜀𝑟 =
𝜀0
dove:
1 1 𝑐
𝑣= ≈ ≈
√𝜇𝜀 √𝜇0 𝜀0 𝜀𝑟 √𝜀𝑟
Dove:
- 𝜀𝑟 è la costante dielettrica del mezzo che si sta indagando in cui l’onda si propaga.
Questa relazione è fondamentale quando si parla di prospezione GPR, perché il parametro fisico che
interagisce con l’onda elettromagnetica è proprio 𝜀𝑟 . Quindi se per esempio un’onda radio si propaga
nell’acqua, 𝜀𝑟 = 80, cioè la costante dielettrica del mezzo è 80 volte quella del vuoto. Vuol dire che è un
ottimo dielettrico. La velocità con cui l’onda si propaga nell’acqua è 3.3 𝑐𝑚/𝑛𝑠.
propaga in un mezzo. Essa è uguale all’impedenza acustica ed esprime il contrasto, ossia la resistenza, che
Quindi l’onda è condizionata ed impedita nel suo percorso nel sottosuolo dalle sue proprietà elettriche e
magnetiche.
𝜕𝐻(𝑡)
∇ × 𝐸(𝑡) = −𝜇
𝜕𝑡
Questa equazione si scinde in tre equazioni ognuna in riferimento alle 3 componenti:
Eseguiamo ora una grande semplificazione, il campo elettrico ha solo la componente lungo 𝑥, quindi:
𝐸𝑦 = 𝐸𝑧 = 0
𝐻𝑥 = 𝐻𝑧 = 0
𝜕𝐸𝑥 𝜕𝐻𝑦
= −𝜇
𝜕𝑧 𝜕𝑡
Poiché abbiamo supposto che l’onda elettromagnetica si propaga lungo la direzione 𝑧 e che i campi 𝐸 e 𝐵
𝐸(𝑥, 𝑡) = 𝐸𝑥 𝑒 𝑖𝜔𝑡−𝑖𝑘𝑧
𝐻(𝑦, 𝑡) = 𝐻𝑦 𝑒 𝑖𝜔𝑡−𝑖𝑘𝑧
𝜕𝐸𝑥
= 𝐸𝑥 (−𝑖𝑘𝑒 𝑖𝜔𝑡−𝑖𝑘𝑧 ) = −𝑖𝑘𝐸𝑥 𝑒 𝑖𝜔𝑡−𝑖𝑘𝑧
𝜕𝑧
e la seconda:
𝜕𝐻𝑦
= 𝐻𝑦 (𝑖𝜔𝑒 𝑖𝜔𝑡−𝑖𝑘𝑧 ) = 𝑖𝜔𝐻𝑦 𝑒 𝑖𝜔𝑡−𝑖𝑘𝑧
𝜕𝑡
𝜕𝐸𝑥 𝜕𝐻𝑦
= −𝜇
𝜕𝑧 𝜕𝑡
si ottiene:
𝑘𝐸𝑥 = 𝜇𝐻𝑦 𝜔
𝐸𝑥 𝜇𝜔
=
𝐻𝑦 𝑘
𝐸
Si definisce, quindi, impedenza d’onda elettromagnetica (𝑍) il rapporto: 𝐻𝑥 .
𝑦
Sapendo che:
𝑘 2 = 𝜇𝜀𝜔2 − 𝑖𝜇𝜔𝜎
si ha:
𝐸𝑥 𝜇𝜔 𝜇𝜔 𝜇 𝑖𝜎 −0.5
𝑍= = = ±√ = √ (1 − ) (𝑂ℎ𝑚)
𝐻𝑦 𝑘 𝜀𝜔 − 𝑖𝜎 𝜀 𝜀𝜔
Nei mezzi dielettrici 𝜎 è molto piccolo e 𝜔 è molto grande per cui 𝜎⁄𝜀𝜔 → 0 per cui:
𝜇
𝑍≈√
𝜀
Se l’onda elettromagnetica si propaga nel vuoto, l’impedenza è data semplicemente dal rapporto:
𝜇0
𝑍 = √ = 377Ω
𝜀0
che esprime la resistenza che il mezzo offre alla propagazione dell’onda elettromagnetica.
Immaginiamo di avere due mezzi dielettrici a contatto. Il primo mezzo è caratterizzato da un’impedenza:
𝜇1
𝑍1 = √
𝜀1
𝜇2
𝑍2 = √
𝜀2
Quando un’onda elettromagnetica impatta una superficie di discontinuità che separa due mezzi con
caratteristiche fisiche diverse parte dell’energia viene riflessa e parte viene trasmessa.
La quantità di energia riflessa e trasmessa è espressa (in funzione dell’impedenza) rispettivamente da:
𝑍2 − 𝑍1
𝑅=
𝑍2 + 𝑍1
2𝑍2
𝑇=
𝑍2 + 𝑍1
dove:
- 𝑅 è il coefficiente di riflessione;
- 𝑇 è il coefficiente di trasmissione.
Ammesso che non si stia indagando un terreno contenente materiali ferromagnetici, si ha:
𝜇1 = 𝜇2 = 𝜇0
Sostituendo questo valore nelle espressioni dell’impedenza 𝑍1 e 𝑍2 , il coefficiente di riflessione è dato da:
√𝜀1 − √𝜀2
𝑅=
√𝜀1 + √𝜀2
2√𝜀1
𝑇=
√𝜀1 + √𝜀2
elettromagnetica rifratta.
Se invece siamo nella situazione che il primo mezzo è un dielettrico, quindi la sua impedenza è regolata
da questo rapporto:
𝜎1
≪1
𝜔𝜀1
𝜎2
≫1
𝜔𝜀2
l’approssimazione 𝜇1 = 𝜇2 = 𝜇0 non è più valida. In questo caso sostituendo i valori delle impedenze
𝜎2
√𝜀1 − √𝜀2 (1 − 𝑖 𝜔𝜀 )
2
𝑅=
𝜎2
√𝜀1 + √𝜀2 (1 − 𝑖 𝜔𝜀 )
2
che dipende dalla conducibilità del mezzo e dalla frequenza dell’onda, mentre nel caso precedente
Il coefficiente di trasmissione non è presente perché l’energia elettromagnetica tende a restare nel mezzo
Altri casi non sono significativi poiché i mezzi conduttivi attenuano rapidamente il segnale, ad esempio se
si hanno due mezzi conduttivi non ha senso fare questo discorso perché non comparirebbero né 𝑅 né 𝑍.
Questa è una tabella in cui sono riportate tutte le grandezze che caratterizzano la propagazione delle onde
Le frequenze estremamente basse (ELF) vengono utilizzate per lo studio della struttura della Terra per
Le onde metriche (VHF), decimetriche (UHF) e centimetriche (SHF) rientrano nel campo di applicazione
L’infrarosso (IR - termografia all’infrarosso termico) è una tecnica molto utilizzata in ingegneria
aerospaziale per vedere lo stato dei materiali nei primi millimetri di spessore, ad esempio per vedere la
Di nostro interesse sono le frequenze che vanno dal centimetro fino a qualche km perché queste
elettromagnetico a frequenze abbastanza basse (𝟑𝟎𝟎𝒌𝒉𝒛 − 𝟑𝑴𝒉𝒛) si possono fare studi a carattere
regionale, studiare come varia la copertura di versanti che insistono su tratti autostradali, ecc.
Analizziamo ora i metodi di prospezione elettromagnetica a bassa frequenza ossia il caso in cui le proprietà
di conduzione prevalgono su quelle dielettriche del mezzo, il che implica che la proprietà elettrica
fondamentale è la resistività elettrica. Infatti per i valori di conducibilità elettrica che generalmente
103 𝑂ℎ𝑚/𝑚. Per questi valori prevalgono le proprietà di conduzione quindi siamo nel caso a bassa
frequenza.
La relazione:
𝜎
≫1
𝜀𝜔
𝜔 ≪ 106 𝑟𝑎𝑑/𝑠
A queste frequenze (intorno ai 15 𝑘𝐻𝑧) il campo elettromagnetico si comporta come un campo “statico”.
1. |𝑘|𝑟 ≪ 1
2. |𝑘|𝑟 ≫ 1
Il primo, dove il numero di induzione è molto basso, si riferisce ai metodi a basso numero d’onda (o Low
sorgente e ricevitore è molto più grande della lunghezza d’onda 𝜆 nel vuoto (il metodo magnetotellurico
Il metodo che analizzeremo è il metodo FDEM (Frequency Domain Electro-Magnetic) è un metodo LIN.
I metodi LIN usano una strumentazione che è fatta da bobine che generano una corrente elettrica per
variabili da strumento a strumento (le distanze diverse tra le bobine, coils, e frequenze diverse del campo
primario forniscono profondità d‘indagine diverse). La bobina trasmittente, percorsa da corrente elettrica
alternata, genera un campo magnetico primario, anch’esso variabile, che si propaga nell’aria e nel suolo.
Questo campo, attraversando il suolo, genera a sua volta genera una forza elettromotrice che tende ad
apporsi alla variazione di corrente che l’ha generata (Legge di Lenz*). Questa forza elettromotrice funge
da generatore di tensione che mette in moto le cariche dando origine a correnti secondarie (correnti
indotte o parassite o di Focault) variabili nel tempo che attraversano il suolo più o meno facilmente a
seconda della propria conducibilità elettrica, ovvero queste correnti saranno tanto più intense quanto
maggiore sarà la capacità di conduzione del mezzo nel quale esse si sono formate. La corrente elettrica
indotta produce a sua volta un campo magnetico secondario che, arrivando alla bobina ricevente, viene
di nuovo trasformato in corrente elettrica e quindi misurato. La bobina ricevente capta il campo
secondario, ma insieme ad esso capta anche il campo primario perché questo è ancora attivo durante la
misura. Per cui, il segnare captato dalla bobina ricevente è la risultante dei due campi magnetici (primario
*La Legge di Lenz afferma la variazione di una corrente alternata genera un campo di induzione magnetica
primario che, a sua volta, varia nel tempo e genera una forza elettromotrice che si oppone alla variazione
Un circuito 𝑅𝐶 è un circuito elettrico basato su una resistenza (𝑅) e sulla presenza di un elemento
Il ruolo del condensatore è quello di addensare le cariche, cioè di trattenerle a sé; la resistenza invece
La corrispondente grandezza fisica è l’induttanza, ovvero la proprietà dei circuiti elettrici tale per cui la
corrente che li attraversa induce una forza elettromotrice che, per la Legge di Lenz, si oppone alla
AUTO-INDUZIONE
in quanto i metodi elettromagnetici studiano la capacità del terreno di generare fenomeni di mutua
induzione.
Si consideri una spira percorsa da una corrente 𝑖 variabile nel tempo che produce un campo magnetico, e
Ai capi della spira si genera una forza elettromotrice che si oppone alla variazione della corrente. La forza
elettromotrice è proporzionale alla derivata del campo 𝐵 che, a sua volta, è proporzionale alla corrente
che fluisce nella spira. Quindi la forza elettromotrice è data dalla relazione:
𝑑𝑖
𝑓. 𝑒. 𝑚. = −𝐿
𝑑𝑡
Il segno – indica che la forza elettromotrice si oppone alla variazione di corrente che circola nella spira e
questa variazione è strettamente legata all’induttanza 𝐿 che dipende solo dalla geometria del circuito
(numero di spire, larghezza delle spire, spaziatura delle spire e lunghezza del solenoide). Quindi 𝐿 è un
parametro geometrico, per cui maggiore è 𝐿 maggiore è la forza elettromotrice che si genera. Più le spire
sono fitte e più è lungo l’avvolgimento maggiore sarà l’induttanza del circuito.
Questo è il fenomeno di auto-induzione.
Si consideri un solenoide fatto da 𝑁 spire avvolte intorno a un cilindro metallico di raggio 𝑟 ed altezza ℎ.
Nel caso in cui ℎ >> 𝑟, cioè la lunghezza del solenoide è molto più grande del raggio della spira, il campo
magnetico che si genera all’interno del solenoide, le cui linee di forza sono rappresentate nell’immagine
𝑁𝑖
𝐵 = 𝜇0
ℎ
dove:
- 𝑁 è il numero di spire;
Da ciò si deduce che il campo magnetico è strettamente legato alla geometria del solenoide. Quindi a
parità di intensità di corrente e di altezza ℎ, un solenoide formato da un numero molto elevato di spire
avrà un campo molto più intenso e le linee di forza saranno molto più addensate.
Il flusso di 𝐵 attraverso il solenoide sarà 𝑁 volte quello della singola spira, quindi:
𝑁𝑖 2
Φ(𝐵) = 𝑁𝜇0 𝜋𝑅
ℎ
dove:
Cioè il flusso è dato dal campo creato per ogni singola spira moltiplicato il numero di spire.
Quindi la forza elettromotrice auto-indotta è uguale a:
𝑑Φ(𝐵)
𝑓. 𝑒. 𝑚. = −
𝑑𝑡
𝑁 2 2 𝑑𝑖
𝑓. 𝑒. 𝑚. = −𝜇0 𝜋𝑅
ℎ 𝑑𝑡
𝑁2 2
𝐿 = 𝜇0 𝜋𝑅
ℎ
Quindi:
𝑁 2 2 𝑑𝑖 𝑑𝑖
𝑓. 𝑒. 𝑚. = −𝜇0 𝜋𝑅 = −𝐿
ℎ 𝑑𝑡 𝑑𝑡
In ultima analisi, la forza elettromotrice auto-indotta è quella generata da una corrente variabile nel
Quindi maggiore sarà l'induttanza della bobina, maggiore sarà il campo magnetico prodotto e quindi la
forza elettromotrice che si oppone. Inoltre maggiore è il raggio della spira, maggiore sarà il flusso di
L’unità di misura dell’induttanza è l’Henry (𝐻), dal fisico che ha studiato i fenomeni di auto-induzione,
dove:
𝑊𝑒𝑏𝑒𝑟
1 𝐻𝑒𝑛𝑟𝑦 = 1
𝐴𝑚𝑝𝑒𝑟𝑒
Nella pratica, però, le forze elettromotrici che vengono indotte sulla base delle correnti che noi generiamo
Il concetto di mutua induzione è molto importante per capire la relazione tra la bobina ricevente, bobina
trasmittente ed il terreno.
Questi tre elementi si comportano come un circuito 𝑅𝐿𝐶, però, trascurando effetti dovuti a cariche di
È stato già detto che un’induttanza produce un campo magnetico proporzionale alla corrente che scorre
nell’induttore. Se le linee di forza di questo campo intersecano un altro solenoide avviene un fenomeno
di mutua induzione: si immaginino due spire e si faccia circolare nella prima spira una corrente 𝑖1 per cui
nel secondo circuito si registra una forza elettromotrice indotta (𝑉2 ) data da:
𝑑𝑖1
𝑉2 = 𝑀12
𝑑𝑡
dove:
- 𝑀12 è il coefficiente di mutua induzione che dipende dalle caratteristiche della prima e della
seconda spira.
Viceversa una corrente 𝑖2 che circola nella seconda spira genera una forza elettromotrice indotta (𝑉1)
𝑑𝑖2
𝑉1 = 𝑀21
𝑑𝑡
𝑀12 = 𝑀21
Schematizzando in termini di circuito 𝑅𝐿 una situazione di campo:
Dove:
passa attraverso il loop 𝑖 generato dal flusso di corrente nello stesso loop;
- 𝑀𝑖𝑗 rappresenta l’induttanza mutua (ossia il flusso magnetico che passa attraverso il loop 𝑗 dovuto
a una corrente elettrica unitaria che fluisce nel loop 𝑖). È un fattore puramente geometrico che
N.B.: Nel caso delle bobine la resistenza si riferisce al materiale della spira (filo di metallo).
Quindi si genera una corrente che fluisce e genera il campo magnetico primario che penetra nel terreno
e produce una forza elettromotrice che dipende dalla resistenza del terreno e dalla sua induttanza (questo
metodo ovviamente è valido per i mezzi conduttivi, non per quelli resistivi). Le correnti parassite che si
sono generate inducono un campo magnetico secondario che viene captato dalla bobina ricevente.
Domanda Perché schematizziamo la Terra come un circuito 𝑅𝐿 e non come un circuito 𝑅𝐿𝐶?
Risposta Non è presente il condensatore perché in esso il campo magnetico è nullo essendo:
𝑆
𝐶=𝜀
𝑑
dove:
- 𝑆 è la superficie dell’armatura;
Quindi 𝐶 dipende soltanto dalla costante dielettrica per cui non compare la permeabilità magnetica.
La forza elettromotrice indotta (tensione) creata in virtù del campo magnetico primario risulta sfasata
rispetto al campo primario di una quantità pari a 𝜋⁄2 perché le due componenti sono ortogonali.
Quindi la variazione del campo magnetico primario produce una variazione del campo elettrico ad esso
Ma le correnti secondarie, che si formano in virtù della forza elettromotrice, hanno bisogno di un
determinato lasso di tempo affinché si formino, quindi sono sfasate di un certo angolo 𝛼 rispetto al campo
indotto.
Una volta generato, il campo magnetico secondario interagisce col campo primario, quindi il segnale che
1. una componente in fase col campo primario (componente reale), ovvero la componente
orizzontale;
2. una componente sfasata di 𝜋⁄2 rispetto al campo primario (componente in quadratura di fase o
immaginaria).
Nella bobina trasmittente circola una corrente monocromatica variabile nel tempo (𝐼𝑝 ) data da:
𝐼𝑝 = 𝐼𝑃0 sin(𝜔𝑡)
dove:
- 𝜔 è la frequenza (2𝜋𝑟𝑎𝑑).
𝐼𝑝
𝜔𝑡
Questa funzione assume valore massimo per 𝜔𝑡 = 𝜋⁄2 quindi per 𝑡 = 1⁄4.
Tale corrente creerà un campo magnetico primario (𝐻𝑝 ) dato da:
dove:
- 𝑘 è il coefficiente di autoinduzione della spira trasmittente che dipende dalla geometria della
bobina.
Quindi, la forza elettromotrice indotta (𝑒𝑐 ) in un corpo conduttore nel sottosuolo è data da:
𝑑𝐼𝑝
𝑒𝑐 = −𝑀𝑡𝑐
𝑑𝑡
dove:
Sostituendo:
𝐼𝑝 = 𝐼𝑃0 sin(𝜔𝑡)
nell'espressione della forza elettromotrice, bisogna derivare rispetto al tempo l’equazione precedente:
𝑑𝐼𝑝
𝑒𝑐 = −𝑀𝑡𝑐 = −𝜔𝑀𝑡𝑐 𝐼𝑃0 cos(𝜔𝑡)
𝑑𝑡
Essendo le funzioni cos e sin sfasate di 90°, si può sostituire il termine 𝑖 allo sfasamento ottenendo:
𝐻𝑝 = 𝑘𝐼𝑃0 sin(𝜔𝑡)
sostituendo si ottiene:
−𝑖𝜔𝑀𝑡𝑐 𝐻𝑝
−𝑖𝜔𝑀𝑡𝑐 𝐼𝑃0 sin(𝜔𝑡) =
𝑘
Così facendo si mette in relazione il campo primario con la forza elettromotrice da esso generata.
La forza elettromotrice (𝑒𝑐 ) induce nel corpo conduttore una corrente parassita legata alle caratteristiche
elettriche e magnetiche del mezzo quali la resistenza del conduttore (𝑟𝑐 ) e la sua induttanza (𝐿𝑐 ). Si
dimostra che la corrente parassita (𝑖𝑐 ) generata dalla forza elettromotrice (𝑒𝑐 ) è data dalla relazione:
𝑒𝑐
𝑖𝑐 =
𝑟𝑐 + 𝑖𝜔𝐿𝑐
Nel primo caso 𝑟𝑐 è molto basso, quindi la forza elettromotrice genera una corrente parassita molto alta
per cui anche il campo secondario sarà, a sua volta, molto alto.
Nel secondo caso 𝑟𝑐 è molto alto per cui la corrente parassita che genera la forza elettromotrice sarà molto
bassa.
Poiché:
−𝑖𝜔𝑀𝑡𝑐 𝐻𝑝
𝑒𝑐 =
𝑘
−𝑖𝜔𝑀𝑡𝑐 𝐻𝑝
𝑖𝑐 =
𝑘(𝑟𝑐 + 𝑖𝜔𝐿𝑐 )
Questa corrente parassita, poiché varia nel tempo, genera un campo magnetico secondario (𝐻𝑠 ) che sarà
uguale a:
𝑘′𝑖𝜔𝑀𝑡𝑐 𝐻𝑝
𝐻𝑠 = 𝑘 ′𝑖𝑐 = −
𝑘(𝑟𝑐 + 𝑖𝜔𝐿𝑐 )
𝐿𝑐
𝑘′𝑖𝜔𝑀𝑡𝑐 𝐻𝑝 (𝑟𝑐 − 𝑖𝜔𝐿𝑐 )
𝑟𝑐2
𝐻𝑠 = −
𝐿
𝑘(𝑟𝑐 + 𝑖𝜔𝐿𝑐 ) (𝑟𝑐 − 𝑖𝜔𝐿𝑐 ) 2𝑐
𝑟𝑐
𝐿𝑐
𝑘′𝑀𝑡𝑐 𝐻𝑝 (𝑖𝜔𝑟𝑐 + 𝜔2 𝐿𝑐 )
𝑟𝑐2
𝐻𝑠 = −
𝐿𝑐
𝑘(𝑟𝑐2 + 𝜔 2 𝐿2𝑐 )
𝑟𝑐2
Posto:
𝜔𝐿𝑐
𝑄=
𝑟𝑐
si avrà:
dove:
𝑄2
- (1+𝑄2 )
è la componente in fase;
𝑄
- 𝑖 (1+𝑄2 ) è la componente in quadratura di fase.
Si ottiene così il rapporto 𝐻𝑠 ⁄𝐻𝑝 utile per confrontare il campo secondario rispetto al primario, perché se
il campo secondario è molto alto rispetto al primario si capisce che nel terreno i fenomeni di mutua
induzione sono molto elevati, viceversa se il campo secondario è una piccolissima parte del campo
Posto:
𝑘 ′ 𝑀𝑡𝑐
𝐾=− =1
𝑘𝐿𝑐
dove:
- 𝐾 è una quantità costante e nota una volta poste le bobine ricevente e trasmittente sul terreno
Nel caso in cui 𝑄 ≪ 1 (limite resistivo) le capacità di induzione del mezzo sono minori delle capacità di
conduzione dello stesso ovvero la resistenza del mezzo è molto maggiore dell’auto-induttanza per cui il
𝑄2
sottosuolo induce poco. Quindi per 𝜔 → 0 o per 𝑟𝑐 → ∞, la componente in fase, ovverosia tende
(1+𝑄 2 )
a 0. Anche la componente in quadratura di fase vale 0 il che significa che la corrente è stazionaria quindi
la frequenza è nulla per cui non si crea nessun campo secondario (ricordiamo che perché si generi un
Nel caso in cui 𝑄 ≫ 1 (limite induttivo) le capacità di induzione del mezzo sono maggiori delle capacità di
conduzione dello stesso. Quindi per 𝜔 → ∞ o per 𝑟𝑐 → 0, la componente in fase è uguale a 1 mentre la
componente in quadratura di fase è uguale a 0. Cioè il campo secondario ha la stessa intensità del campo
primario.
Se non ci si trova in questi due casi estremi ma 𝑄 ≈ 1 si ricade in un range di frequenza intermedio in cui
1. si fa circolare una corrente alternata nella bobina trasmittente che genera un campo magnetico
2. tale campo primario genera una forza elettromotrice che si oppone alla variazione della corrente,
3. la forza elettromotrice mette in moto le cariche generando correnti parassite che a loro volta,
4. il segnale rilevato dalla bobina ricevente è rappresentato dalla risultante del campo magnetico
primario e di quello secondario indotto espressa in termini delle sue componenti: una
componente in fase col campo primario ed una componente sfasata rispetto allo stesso.
In sintesi, quando si effettua una prospezione elettromagnetica a bassa frequenza la bobina ricevente
viene permeata sia dal campo magnetico primario che dal campo magnetico secondario, quindi, non
riuscendo a distinguere le due componenti, misura la risultante, ossia la somma vettoriale, del campo
magnetico primario e di quello secondario indotto in termini delle sue due componenti: la componente
in fase e quella in quadratura di fase che sono correlate alle proprietà elettriche e magnetiche del terreno
che si sta investigando. Nello specifico la componente in fase dà informazioni sulle proprietà magnetiche
del sottosuolo mentre la componente in quadratura di fase dà informazioni sulla conducibilità del
sottosuolo.
Le due componenti viaggiano alla stessa frequenza, ovverosia la frequenza della corrente elettrica
𝐼𝑝 = 𝐼𝑃0 sin(𝜔𝑡)
Queste quantità sono espresse in 𝑝𝑝𝑚, ovvero parti per milione, o 𝑝𝑝𝑡, ovvero parti per migliaia.
Se il rapporto 𝐻𝑠 ⁄𝐻𝑝 è molto piccolo vuol dire che il sottosuolo non possiede caratteristiche elettriche e
c’è più una variazione del campo magnetico. Ricordando la prima legge di Maxwell:
𝜕𝐵(𝑟, 𝑡)
∇ × 𝐸(𝑟, 𝑡) = −
𝜕𝑡
se il campo è stazionario non si ha una variazione dell’induzione magnetica nel tempo, quindi non si crea
una forza elettromotrice indotta, ossia non si creano correnti parassite (che danno origine al campo
secondario).
L’ampiezza della componente in quadratura di fase è quella di maggior interesse nella prospezione
geofisica perché è direttamente correlata alla conducibilità elettrica del sottosuolo. Si può dimostrare che
se la distanza, 𝑟, tra le bobine è almeno 5 volte più grande rispetto al diametro delle bobine, la
𝐻𝑆 4
𝜎 = 𝐼𝑚 ( )
𝐻𝑃 𝜇𝜔𝑟 2
dove:
𝐻
- 𝐼𝑚 (𝐻𝑆 ) rappresenta la parte immaginaria di 𝐻𝑠 ⁄𝐻𝑝 ed è fornita dallo strumento;
𝑃
Se il sottosuolo non è omogeneo, 𝜎 assume significato di conducibilità apparente ciò significa che se si
può agire sulla frequenza della corrente energizzante e sulla distanza tra le due bobine si può realizzare
un sondaggio elettrico verticale, come in geoelettrica, in quanto all’aumentare della frequenza dell’onda
esplorazione, quindi a parità di distanza tra le due bobine si può variare la frequenza.
Se lo strumento è a frequenza fissata, cioè è in grado di erogare una corrente solo ad una determinata
frequenza, si può agire sulla distanza tra le bobine (se esse sono svincolate tra loro).
Bisogna poi passare dal dato apparente al dato reale, quindi dalle pseudo profondità alle profondità reali.
Il metodo di interpretazione diretto consiste nella definizione un modello sulla base dei dati a disposizione
e si calcola una curva di resistività apparente teorica, ossia una curva che si osserverebbe se il sottosuolo
fosse identico al modello. Si paragona poi il modello teorico al modello sperimentale e si modificano i
valori della curva teorica fino alla completa sovrapposizione delle due curve.
N.B.: Anche se una curva teorica fitta perfettamente la curva sperimentale non è detto che sia indice dei
parametri esatti del terreno perché, a causa del problema dell’ambiguità interpretativa, uno stesso set di
Questo problema è risolvibile utilizzando altre metodologie di indagine per ridurre i modelli compatibili. .
Ma, questo problema non si risolve mai completamente perché si lavora sempre in un sistema multi-
1. verticale coassiale in cui le bobine sono perpendicolari al piano campagna mentre gli assi delle
2. orizzontale complanare in cui le bobine sono parallele al piano campagna mentre gli assi delle
si sta parlando di metodi a bassa frequenza che utilizzano frequenze nell’ordine di qualche kilohertz) sono
- 𝐸𝑀38;
- 𝐸𝑀31;
- 𝐸𝑀34 − 3.
L’𝐸𝑀38 è trascinato a mano a pochi centimetri dal piano campagna e alle sue estremità sono poste la
L’ 𝐸𝑀31 è costituito da un tubo più lungo rispetto al modello precedente portato a spalla dall’operatore
a qualche metro dal piano campagna (la distanza dello strumento dal piano campagna dipende dall’altezza
dell’operatore).
In questi due modelli le bobine sono vincolate tra loro quindi non si può agire sulla distanza tra di esse e
distanza tra le bobine (sondaggio geometrico) sia al variare della frequenza (sondaggio parametrico).
Con i primi due modelli (𝐸𝑀38 e 𝐸𝑀31) è possibile effettuare al massimo solo due misure (essendo la
N.B.: Con l’𝐸𝑀31 si raggiungono profondità di indagine maggiori rispetto all’𝐸𝑀38 sia perché la distanza
Con l’𝐸𝑀34 − 3, invece, le bobine possono essere distanziate di 10-20-40 metri e per ognuna di queste
distanze si può utilizzare una delle tre frequenze riportate in tabella. Con questo strumento si possono
𝑝𝑅𝐻 ≈ 2𝑝𝑅𝑉
Quindi, a parità di tutte le altre condizioni, è possibile ottenere due valori di conducibilità apparente
Prima di tutto bisogna effettuare uno studio geologico dell’area per scegliere la metodologia di indagine
(o meglio, le metodologie per il problema dell’equivalenza) che meglio rispondono alla problematica e
Una volta scelta la metodologia bisogna delimitare l’area di indagine e pianificare la distanza tra i profili
in base alle dimensioni del target (tale distanza deve essere almeno 4-5 volte più piccolo delle dimensioni
del target). Infine bisogna pianificare il passo di campionamento ossia il numero di acquisizioni in un
intervallo temporale.
Con l’elettro-magnetometro si effettua un percorso a “zig-zag” (come nella figura sotto) a velocità
costante:
La prospezione elettromagnetica permette la misura simultanea di due grandezze fisiche del terreno: la
conducibilità elettrica e la suscettività magnetica (che devono essere orientate nella stessa direzione) le
cui variazioni areali possono essere rappresentate, mediante l’utilizzo di opportuni programmi
informatici, con mappe bidimensionali o tridimensionali dalle quali si ricavano informazioni su eventuali
strutture sepolte caratterizzate da buone proprietà elettriche e magnetiche (come metalli, strutture in
Tra i vantaggi:
- rapidità delle misure in quanto un sondaggio multifrequenza, realizzato con strumenti tipo 𝐸𝑀34,
impiega qualche secondo per acquisire la conducibilità apparente in una gamma di frequenze
- portabilità dello strumento le cui dimensioni sono tali da poter essere gestito da un solo operatore
(si ottiene pertanto un’alta produzione giornaliera con costi più contenuti di quelli della
geoelettrica);
- profondità d’indagine maggiore della distanza tra le spire, a differenza della geoelettrica, la cui
profondità d’indagine è molto piccola in rapporto alla massima distanza del dispositivo
anche in ambienti difficili (Scandinavia, Siberia, ecc.), ogniqualvolta fossero presenti formazioni o
- minor potere risolutivo rispetto al metodo geoelettrico (tanto minore quanto maggiori sono le
perdita).
investigati. Il settore delineato dalla linea nera tratteggiata evidenzia un’anomalia di conducibilità elettrica
piuttosto estesa caratterizzata da un contrasto negativo rispetto all’area circostante. Tale minimo è stato
ascritto alla presenza di reperti archeologici sepolti; l’ipotesi formulata è stata successivamente
indica che in quei 5 metri è sicuramente presente un corpo più conduttivo rispetto al contesto ma non è
Per cui se lo scopo della campagna è quello di capire se nel sottosuolo è presente un corpo resistivo allora
riesce a coprire un'area abbastanza grande in 30 minuti, per cui si localizzano le aree più resistive e si
concentrano i profili delle aree più resistive solo nelle zone di interesse.
In conclusione si può affermare che con questo metodo è possibile rispondere a domande di tipo
qualitativo, ovvero se sono presenti anomalie o zone più o meno conduttive, se le anomalie sono ad alta
o bassa frequenza ecc. Invece, per fornire informazioni di tipo quantitativo bisogna definire la geometria
del corpo, la profondità, le dimensioni e la natura. Quindi, per passare da una informazione di tipo
inversa.
Fino ad ora si è parlato di metodi elettromagnetici nel dominio della frequenza perché come sorgente del
campo elettromagnetico si è considerato un campo che varia in frequenza (ossia una corrente alternata).
Se non ci fosse un campo variabile non si può parlare di campi elettrodinamici ma si parla solo di campi
elettrostatici. Quindi, perché il campo elettromagnetico varia al variare della frequenza. Infatti le
𝐸 = 𝐸0 𝑒 𝑖𝜔𝑡
𝐻 = 𝐻0 𝑒 𝑖𝜔𝑡
Quindi sono dei campi condizionati dal valore della frequenza dell’onda generata.
In questo caso, invece, i metodi elettromagnetici nel dominio del tempo utilizzano sorgenti il cui campo
Ci si è resi conto che il metodo 𝐹𝐷𝐸𝑀 (più antico del metodo 𝑇𝐷𝐸𝑀) produceva dei campi magnetici
secondari piuttosto deboli rispetto al campo magnetico primario (circa il 10-20% del campo primario).
Si è notato che se nell’area di indagine erano presenti corpi conduttori molto profondi, il campo
secondario si indeboliva ancora di più perché il segnale veniva mascherato dal contributo del campo
profondo. Per questa ragione, negli anni ’80, è stato sviluppato questo metodo che va sotto il nome di
metodo elettromagnetico nel dominio del tempo che è in grado di rilevare anche campi magnetici deboli.
Nel metodo 𝐹𝐷𝐸𝑀 la bobina ricevente registra sia il campo magnetico primario che quello secondario,
ma se il campo magnetico primario è molto più intenso del secondario, quest’ultimo viene mascherato
per cui la risultante è data, fondamentalmente, dalla componente primaria che non è di interesse
elettromagnetiche del sottosuolo. Quindi il metodo 𝐹𝐷𝐸𝑀 non è in grado di misurare campi magnetici
secondari deboli.
Il metodo 𝑇𝐷𝐸𝑀 azzera il campo primario ed osserva soltanto il decadimento del campo secondario.
Quindi la misura del campo secondario si esegue in assenza del campo primario.
La configurazione utilizzata per una misura 𝑇𝐷𝐸𝑀 è composta da un trasmettitore collegato ad una spira
(loop quadrato, rettangolare o circolare) di cavo elettrico steso sul terreno ed una bobina ricevente (coil),
La corrente inviata dal trasmettitore nella spira stesa sul terreno è un’onda quadra a fase nulla (cioè che
non varia al variare del tempo) che viene interrotta e ridotta a zero ogni secondo quarto di periodo.
Questa forma d’onda ricorda quella della polarizzazione indotta nel dominio del tempo.
La frequenza delle interruzioni varia da 300 𝐻𝑧, generalmente utilizzata per indagini a piccole profondità,
N.B.: Il segnale, quindi, non è più una corrente alternata ma è una corrente continua!
La particolarità di questa corrente continua è che per il primo quarto di periodo va a 0 e per l’altro quarto
la sua polarità si inverte (perché si invertono gli elettrodi) per applicare la tecnica stacking, una tecnica di
stazionario 𝐵(𝑟) perché, nel momento in cui si fa circolare una corrente stazionaria in un filo si genera un
campo magnetico costante (per cui la prima equazione di Maxwell sarà ∇ × 𝐸 = 0).
Quando si apre il circuito, cioè non si fa circolare più corrente nel circuito, la corrente non va a 0
Quindi, avendo una corrente che varia nel tempo, si genera un campo magnetico (primario) variabile nel
Questo campo magnetico variabile nel tempo genera una forza elettromotrice data da:
𝑑Φ(𝐵𝑝 )
𝑓𝑖 = −
𝑑𝑡
ossia è uguale all’opposto della variazione nel tempo del flusso del campo magnetico primario.
N.B.: il segno − indica che la forza elettromotrice tende ad opporsi alla causa che l’ha generato.
Tale forza elettromotrice a sua volta dà origine a correnti parassite, la cui forma rispecchia quella del loop,
che si diffondono nel sottosuolo polarizzandolo in funzione delle sue caratteristiche elettriche.
Nel tempo queste correnti indotte si diffondono con un andamento che può essere assimilato a quello di
magnetico primario tende ad annullarsi. Questa loro variazione nel tempo genera, a sua volta, un campo
magnetico indotto, 𝐵𝑠 (𝑟, 𝑡) (campo secondario). Con il passare del tempo, la diffusione laterale ed in
profondità degli anelli di corrente indotta (anelli di fumo) provoca la diminuzione del campo magnetico
secondario, la cui variazione induce una forza elettromotrice nella spira ricevente.
La variazione dell’intensità delle correnti indotte (parassite) e, quindi, il decadimento del campo
magnetico secondario, sono influenzati dalla resistività dei terreni e perciò la misura di questa variazione
in funzione del tempo darà informazioni sulla misura della resistività in funzione della profondità.
In realtà la grandezza fisica misurata è una tensione elettrica, cioè la bobina ricevente misura il campo
magnetico secondario in termini di tensione (ossia in termini della forza elettromotrice generata dalle
correnti parassite):
𝑑𝐵𝑠 (𝑡)
𝑉(𝑡) = −
𝑑𝑡
Quindi la risposta della strumentazione 𝑇𝐷𝐸𝑀 è una tensione al variare del tempo, cioè all’aumentare
del tempo le correnti raggiungono profondità maggiori, quindi le tensioni per tempi lunghi sono relativi a
L’equipaggiamento necessario per eseguire sondaggi tramite il metodo 𝑇𝐷𝐸𝑀, consiste in:
un generatore di corrente che può essere una semplice batteria (che può erogare corrente fino a
un transmitter, che invia alla spira trasmittente la corrente alla frequenza fissata per le
interruzioni, che deve essere dotato di un inverter perché deve invertire la corrente ogni 2/4 di
periodo. La batteria da sola non è in grado di invertire la corrente, per cui eroga corrente continua,
un receiver, che rileva e registra i dati sotto forma di curve di decadimento e le converte in curve
di resistività;
spire (loops) che stese sul terreno agiscono come antenne trasmittenti e riceventi.
N.B.: Il transmitter ed il receiver possono essere contenuti in un singolo involucro o essere separati.
Se si usano due spire, la spira ricevente deve essere posta vicina alla spira trasmittente (di solito si pone
all’interno della spira trasmittente) perché deve essere coinvolta dal campo secondario (che non è molto
una breve finestra temporale, in assenza del campo primario. La registrazione avviene comunque dopo
Per ciascuna frequenza di interruzione, il ricevitore è in grado di campionare il transiente tramite una serie
di canali di acquisizione (20 canali), che si aprono a tempi via via maggiori, ovvero spaziati secondo una
scala temporale prefissata, indagando così zone sempre più profonde, dato che col passare del tempo le
correnti indotte penetrano sempre più in profondità, con una velocità di propagazione che è direttamente
proporzionale alla resistività elettrica (ovvero inversamente proporzionale alla conducibilità elettrica) del
terreno.
La corrente immessa nel loop trasmittente ha di solito una forma d’onda quadra, con tempi di
della tensione (transiente) durante il time-off. Il transiente è tanto più piccolo quanto più alta è la
L’intero ciclo viene ripetuto molteplici volte, con frequenze di ripetizione variabili da 0.075 a 300 𝐻𝑧. Si
consideri che una singola misura viene campionata dalla strumentazione per almeno 256 volte.
Per ogni misura, poi, si applica il processo di stacking perché, ovviamente, i dati possono essere affetti da
rumore quindi si effettua una sommatoria sincrona mediata di tutti i transienti registrati.
Riportando i valori registrati della forza elettromotrice indotta che dà origine al campo secondario su una
- fase iniziale (o early stage) che non viene presa in considerazione perché la corrente è ancora
attiva;
- fase finale (o late stage), che viene studiata, è rappresentata da una linea retta con pendenza
negativa che è direttamente correlata alla conducibilità del sottosuolo, maggiore è la conducibilità
maggiore è il valore di tensione che si osserva a parità di intensità di corrente che circola nella
spira.
Nella fase finale la tensione decade con una forma relativamente semplice:
3
𝐼𝐴 𝜇𝜎 2 −5
𝑉(𝑡) = ( ) 𝑡 2
20 𝜋
dove:
- 𝐴 è l’area del loop, perché le correnti parassite sono legate alla geometria della spira;
Nel caso di mezzi disomogenei la curva cambia la propria forma a seconda dei rapporti tra 𝜌1 e 𝜌2 .
Se il sottosuolo è composto da due strati dove il primo strato ha una resistività minore del secondo (𝜌1 <
Se, infine, il primo strato ha una resistività maggiore del secondo strato (𝜌1 > 𝜌2 ) la risposta è data dalla
curva 𝑏.
nel caso a, il primo mezzo è più conduttivo del secondo mezzo, quindi la corrente attraversa
nel caso b, al contrario, il primo mezzo è più resistivo del secondo mezzo, quindi la corrente tende
Quindi, la curva esprime il contrasto di resistività tra i due strati: se si modifica di poco vuol dire che il
contrasto è basso, viceversa se si modifica di molto vuol dire che il contrasto è alto.
Poiché la massima profondità di esplorazione dipende dal tempo in cui si effettua l’osservazione, perché
man mano che aumenta il tempo gli anelli di fumo si approfondiscono quindi la tensione misurata è
2𝑡
𝑑=√
𝜇𝜎
Il rilievo 𝑇𝐷𝐸𝑀 è molto simile al Sondaggio Elettrico Verticale (𝑆𝐸𝑉) perché dipende dalla frequenza delle
interruzioni. Se la frequenza delle interruzioni è bassa significa che si stanno acquisendo informazioni
provenienti da profondità maggiori, mentre se la frequenza delle interruzioni è alta si stanno acquisendo
La profondità d’esplorazione è circa 1-2 volte il lato della spira (quando questa è nell’ordine dei 100-200
metri). Quindi se si usa una spira di 200 metri si raggiunge una profondità di indagine di circa 200-300
metri. Per spire di piccole dimensioni (10, 20, 40 metri) la profondità d’esplorazione può essere 3-4 volte
1
√𝑟
risulta chiaro che maggiore è 𝑟 minore è l’energia che bisogna erogare per coprire 100 metri rispetto a
Il metodo 𝑇𝐷𝐸𝑀 presenta diversi vantaggi, sia per le operazioni in campagna che sono più rapide, sia per
l’alta risoluzione offerta, che hanno permesso il suo progressivo sviluppo negli anni. Le operazioni in
campagna, infatti, sono più rapide, poiché invece di inserire gli elettrodi e spostarli un gran numero di
volte, una volta che la spira trasmittente è stesa sul terreno, il sondaggio stesso dura circa un minuto.
Questo metodo però presenta alcuni svantaggi rispetto al classico Sondaggio Elettrico Verticale in
corrente continua come, ad esempio, gli alti costi dovuti alle strumentazioni relativamente sofisticate (che
arrivano a costare fino a 200˙000€) o la presenza della rete elettrica a 50 𝐻𝑧, in questo caso infatti le
correnti che circolano nel loop sono influenzate anche dalle correnti della rete elettrica, per cui si crea un
flusso concatenato con la rete elettrica e quindi la curva di risposta risentirà del campo indotto dalla linea
elettrica. Attraverso dei filtri però è possibile eliminare tutti i contributi a 50 𝐻𝑧.
I problemi che bisogna affrontare durante un rilievo 𝑇𝐷𝐸𝑀 sono essenzialmente legati alle sorgenti di
rumore perché nella spira circola una corrente che crea un campo magnetico variabile nel tempo che non
si propaga solo nel terreno ma anche nell’aria. Quindi se sono presenti linee elettriche a 50 𝐻𝑧, si crea un
campo magnetico che si sovrappone a quello generato (risultando quindi una sorgente di disturbo).
Questo tipo di rumore, però, è abbastanza facile da controllare perché si presenta sempre con la stessa
Un'altra fonte di disturbo può essere la presenza di tubi metallici sepolti perché quando questi vengono
attraversati da una corrente elettrica generano un campo magnetico primario (che può essere anche
molto intenso). Quindi il campo magnetico secondario che si genera non è relativo solo alle caratteristiche
Il problema maggiore in fase di acquisizione è il basso rapporto segnale/rumore. Infatti, è difficile trovare
un segnale molto alto rispetto al rumore quando le prospezioni sono a grande profondità. Questo
rapporto, invece, è abbastanza alto quando si effettuano indagini nell’ordine dei 2 metri.
Il processing dei dati, necessario per ridurre i rumori di fondo ed aumentare il rapporto segnale/rumore,
1. una volta acquisito il segnale si deve innanzitutto applicare un filtro di Notch per rimuovere il
3. una terza ed ultima fase di smoothing per eliminare ulteriori rumori di fondo.
Queste tre fasi di processing vengono applicate prima di rappresentare la curva in grafici (tensione in
funzione del tempo o resistività in funzione del tempo) bilogaritmici relativi alla resistività apparente in
I risultati 𝑇𝐷𝐸𝑀 si presentano, dal punto di vista grafico, come una curva simile a quella ottenuta per il
Sondaggio Elettrico Verticale: per quest’ultimo si rappresenta la resistività al variare della spaziatura degli
elettrodi mentre nel caso 𝑇𝐷𝐸𝑀 si rappresenta la resistività al variare del tempo.
Una curva 𝑇𝐷𝐸𝑀 si rappresenta su un grafico resistività/tempo bilogaritmico (si può anche rappresentare
in un grafico resistività/profondità in base alla relazione che regola, fissato il tempo t, il valore massimo di
profondità raggiunta).
La presenza di due curve diverse è ascrivibile all’utilizzo di spire di dimensioni diverse: la prima curva è
L’interpretazione si basa su un forward modeling, ossia il modello diretto, cioè dato un impulso si trova
l’output in relazione alle caratteristiche del sistema risolvendo l’equazione che descrive il fenomeno della
propagazione dell’onda in un campo elettrostatico. Si graficano le curve teoriche che verranno poi
confrontate con la curva sperimentale. Questo metodo di interpretazione viene anche detto “trial and
error”.
I metodi di interpretazione di tipo inverso, invece, invertono le equazioni per ricavare le caratteristiche
del sistema.
Le curve 𝑇𝐷𝐸𝑀 vengono interpretate attraverso l’algoritmo di inversione di Occam che suddivide il
sottosuolo in 19 piccoli strati. In base a questo modello si costruisce la curva di resistività apparente
L’algoritmo di inversione di Occam è stato sviluppato per un modello di terra 1D: quando si inverte un
sondaggio 𝑇𝐷𝐸𝑀 con questo algoritmo si presuppone a priori che il modello di terra sia
monodimensionale.
Questa supposizione, però, può essere applicata a seconda del contesto in cui si effettua la prospezione
(ad esempio, è valida in un contesto di piana alluvionale in cui la resistività varia con la profondità). In più
La procedura d'interpretazione si basa sull'inversione della funzione secondo le consuete procedure della
Geofisica, fino ad individuare il miglior modello (ossia il best fitting) 1D resistività-profondità (modello
elettrostratigrafico) la cui curva di risposta si sovrappone a quella di campagna. La correlazione tra i singoli
nell’ambiguità interpretativa) per ovviare a questo problema si può fare ricorso ad altri metodi di indagine.
Il Georadar (o 𝐺𝑃𝑅, o Ground Penetrating Radar), che rientra in questa categoria di metodi di prospezione,
è una metodologia non distruttiva che permette di investigare il sottosuolo mediante l’utilizzo di impulsi
elettromagnetici (è una sorgente impulsiva, a differenza dei metodi 𝐹𝐷𝐸𝑀 e 𝑇𝐷𝐸𝑀 che utilizzano
sorgenti diffusive), della durata di 1 − 10 𝑛𝑠, ad alta frequenza (15 𝑀𝐻𝑧 – 2.6 𝐺𝐻𝑧). Proprio perché
utilizza frequenze alte (o molto alte) può essere utilizzato per esplorazioni a piccole profondità al fine di
individuare strutture sepolte di origine naturale o antropica. Infatti, i campi di applicazione del Georadar
sono:
archeologia
ingegneria civile
beni culturali
ecc.
I metodi 𝐹𝐷𝐸𝑀 e 𝑇𝐷𝐸𝑀 creano fenomeni indotti (infatti prendono il nome di metodologie induttive)
ossia inducono una forza elettromotrice che induce una corrente parassita che induce un campo
magnetico.
𝑐
𝜆(𝑚) =
𝑓
dove:
- 𝑓 è la frequenza.
L’obbiettivo del metodo 𝐺𝑃𝑅 è quello di individuare la presenza di discontinuità e/o la presenza di corpi
di piccole dimensioni nel sottosuolo attraverso il contrasto tra le proprietà dielettriche del corpo oggetto
In particolare, la tecnica radar mira all’identificazione delle discontinuità elettromagnetiche presenti nel
sottosuolo dovute a strati o corpi isolati aventi caratteristiche dielettriche differenti rispetto all’ambiente
circostante. Infatti, le discontinuità che generano riflessioni sono legate a cambiamenti nelle
caratteristiche dielettriche del terreno, che possono essere dovute non solo a cambiamenti litologici, ma
anche a variazioni del contenuto d’acqua o da variazioni di densità di volume. Spazi vuoti all’interno del
Quando l’impulso elettromagnetico intercetta un’interfaccia tra materiali aventi differenti proprietà
elettriche, parte dell’onda viene riflessa (torna indietro in superficie) e l’energia restante viene trasmessa
(continua verso la prossima interfaccia). Il 𝐺𝑃𝑅 valuta la riflessione delle onde elettromagnetiche
all’interfaccia tra due diversi materiali dielettrici misurando il tempo che intercorre tra la trasmissione e
fenomeni:
riflessione;
rifrazione;
diffrazione.
Come detto precedentemente, quando l’impulso elettromagnetico intercetta un’interfaccia tra materiali
aventi differenti proprietà elettriche, parte dell’onda viene riflessa (torna indietro in superficie) in base
all’espressione:
Φ1 = Φ2
dove:
- Φ1 è l’angolo di incidenza;
- Φ2 è l’angolo di riflessione.
mentre l’energia restante viene rifratta (trasmessa) continuando verso la prossima interfaccia in base alla
relazione:
𝑣1 sin Φ1
=
𝑣2 sin Φ2
dove:
- Φ1 è l’angolo di incidenza;
- Φ2 è l’angolo di rifrazione.
Però, può avvenire anche un fenomeno diverso dalla riflessione e dalla rifrazione, ossia il fenomeno della
diffrazione che avviene quando l’onda incidente intercetta uno spigolo del corpo. In quel momento lo
spigolo diventa esso stesso sorgente di energia. È come se nel sottosuolo fosse presente una sorgente-
immagine della sorgente presente in superficie. Quindi, si comporta proprio come l’onda incidente che
STRUMENTAZIONE GPR
Un sistema 𝐺𝑃𝑅 è costituito da un’unità centrale che genera gli impulsi attraverso l’antenna trasmittente
digitale (binaria);
- il sistema di visualizzazione che restituisce l’informazione sul monitor del computer utilizzato per
la prospezione.
Le antenne possono essere in configurazione bistatica o monostatica.
Un’antenna bistatica è costituita da due antenne, una trasmittente ed una ricevente, separate da una
distanza (𝑑) chiamata offset che può essere modificata di volta in volta.
N.B.: L’offset viene scelto in base alla profondità che si vuole esplorare. Quindi, maggiore è l’offset
riceve (si parla di antenna monostatica anche quando si usano due antenne con un offset molto piccolo).
La dimensione delle antenne è strettamente correlata alla lunghezza d’onda della radiazione
dell’antenna.
Risulta chiaro che la scelta dell’antenna da utilizzare è funzione sia della profondità di esplorazione che
L’antenna irradia energia elettromagnetica in un cono ellittico (che prende il nome di cono di radiazione)
Si tratta, sostanzialmente, di un fascio luminoso che illumina una zona di sottosuolo, che prende il nome
di footprint, che varia in funzione della profondità, delle proprietà dielettriche del terreno e della
Si intuisce, quindi, che la dimensione dell’area illuminata è strettamente correlata alle dimensioni del
target: se si ha un oggetto le cui dimensioni lineari sono molto più grandi, ad esempio, del semiasse 𝐴 (in
figura) ne viene illuminata solo una parte, quindi non se ne vedono i limiti; può capitare anche che
l’oggetto sia troppo piccolo rispetto al cono di radiazione per cui non viene individuato.
Bisogna quindi determinare una corretta frequenza e lunghezza d’onda della radiazione da utilizzare.
Il semiasse maggiore del footprint, 𝐴, è legato alla lunghezza d’onda ed alla profondità dalla relazione:
𝜆 𝐷
𝐴= +
4 √𝜀𝑟 − 1
Dove:
È ovvio che per poter scegliere la frequenza giusta dell’antenna da utilizzare bisogna fare un calcolo. Si
vuole che il footprint sia di dimensioni tali da poter osservare bene l’oggetto.
Vediamo ora come le caratteristiche del mezzo influiscono sulla propagazione delle onde
L’interazione dell’onda col mezzo determina una attenuazione (espressa dal coefficiente di assorbimento
Nel caso in cui il sottosuolo sia composto di strati elettricamente omogenei, l’assorbimento dipende
soltanto dalle proprietà di conduzione del mezzo, perché nel momento in cui l’energia si irradia negli
strati, caratterizzati da conducibilità diverse, una parte dell’energia si trasforma in calore, per cui
Questo succede solo se gli strati sono perfettamente omogenei, spesso però all’interno degli strati sono
presenti disomogeneità (causate dalla presenza di oggetti o zone caratterizzate da diversi valori di
Quindi in un terreno omogeneo la profondità di penetrazione può essere più alta di quella raggiunta in un
terreno eterogeneo.
La profondità di penetrazione, però, è anche funzione della frequenza: maggiore è la frequenza minore è
dell’assorbimento e, anche, dalla risoluzione che è la capacità di distinguere due oggetti allineati.
Generalmente, la risoluzione verticale si considera idealmente tra 𝜆/4 e 𝜆/2, cioè la lunghezza d’onda
dell’antenna scelta deve essere 1/4 o 1/2 della dimensione lineare dell’oggetto.
Ciò significa che la risoluzione (Δ𝑑), ossia la distanza osservabile tra due oggetti deve essere:
𝜆 𝑣
Δ𝑑 ≥ 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝜆 =
4 𝑓
Consideriamo due superfici di discontinuità pressoché parallele, per esempio, il top e il bottom di un
oggetto sepolto. Affinché le riflessioni da esse generate siano distinguibili è necessario che la distanza fra
le superfici stesse sia almeno pari ad una lunghezza d’onda dell’energia trasmessa.
Se le due riflessioni non sono separate da una lunghezza d’onda, le onde riflesse risultanti dal top e bottom
Quando le due interfacce sono separate da una distanza maggiore di una lunghezza d’onda, si generano
Alle alte frequenze le onde definiscono sia il top (𝐴) che il bottom (𝐵) dell’interfaccia e l’onda
risultante da queste riflessioni (𝐶) può risolvere entrambe le interfacce perché la distanza tra le
risultante (𝐹) può definire appena entrambe le interfacce perché la lunghezza d’onda è prossima
a Δ𝑑.
La bassa frequenza definisce il top (𝐺), ma a causa del fatto che la separazione tra le due interfacce
è minore della lunghezza d’onda (𝐻), l’onda risultante (𝐼) è data dall’interferenza tra le due onde
- basse frequenze:
o bassa risoluzione
- alte frequenze:
o alta risoluzione
TECNICHE DI INDAGINE
- tecnica del Common Mid Point (CMP) è uno dei più semplici e veloci test di velocità. Le due
antenne vengono posizionate una di fronte all’altra e vengono poi spostate simmetricamente in
direzioni opposte lungo una linea retta e per punti fino a coprire l’intera lunghezza del profilo.
Viene quindi effettuata una serie di misure dei tempi di viaggio dell’onda elettromagnetica che,
con la conoscenza del percorso effettuato nel terreno da quest’ultima, portano alla misura della
velocità degli strati più superficiali. Però, all’aumentare della distanza tra le due antenne l’entità
della riflessione si riduce sempre più (la maggior parte delle volte, non si riesce a coprire l’intero
profilo), per cui quando non si registra più la riflessione si ferma l’acquisizione (limitandosi a 3/4
tracce).
- tecnica Wide Angle Reflection and Refraction (WARR) si mantiene fissa l’antenna trasmittente
e si sposta solo la ricevente (o viceversa), per cui si campionano punti diversi del sottosuolo.
sulle due facce opposte del mezzo da investigare. Si utilizza per lo studio di strutture e non per il
sottosuolo e, ovviamente, lavora con le onde trasmesse e non quelle riflesse. Per questa tecnica
I dati GPR vengono acquisiti spostando le antenne lungo la superficie da investigare secondo due diverse
modalità:
distinte
L’onda riflessa in superficie verrà intercettata dall’antenna ricevente e registrata dall’unità centrale per le
elaborazioni successive.
I dati 𝐺𝑃𝑅 sono registrati come tracce. Ogni traccia è costituita da un insieme di riflessioni che hanno
Appena inizia l’acquisizione, la prima onda ad essere registrata dall’antenna ricevente è la cosiddetta air
wave (onda diretta in aria), che si propaga nell’aria tra le due antenne alla la velocità della luce. Idealmente
essa è registrata al 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑧𝑒𝑟𝑜 per cui determina il punto di inizio della sezione radar.
Il tempo che questa onda impiega per raggiungere l’antenna ricevente è dato da:
𝑥
𝑡𝑎𝑖𝑟 =
𝑐
dove:
La seconda onda che raggiunge il ricevitore è la cosiddetta ground wave. Anche quest’onda viaggia
direttamente dal trasmettitore al ricevitore ma lungo l’interfaccia aria-suolo e viene utilizzata per
𝑥
𝑡𝑔𝑟𝑜𝑢𝑛𝑑 =
𝑣
dove:
N.B.: Entrambe le onde sono solitamente indicate come onde dirette e si osservano sempre,
Il terzo arrivo ed ogni arrivo successivo sono generalmente onde riflesse o multiple o onde rifratte derivate
Il tempo che le onde riflesse impiegano per raggiungere l’antenna ricevente è dato dalla relazione:
√𝑥 2 + 4ℎ2
𝑡𝑟𝑒𝑓 =
𝑣
A-Scan (o line scan, o tracce radar), che è una singola traccia acquisita
soglia positiva o negativa che viene scelta per determinare il segnale utile
(ossia il segnale proveniente dal corpo che si sta cercando) rispetto al rumore ambientale. Il segnale che
supera la soglia rappresenta il segnale utile, invece quello compreso all’interno della soglia è segnale che
L’insieme delle A-Scan costituisce una B-Scan, comunemente conosciuta col nome di radargramma (simile
al sismogramma) ovvero una sezione trasversale del mezzo in cui tutte le tracce registrate sono
visualizzate in un formato in cui il tempo doppio di viaggio è riportato sull’asse verticale e la distanza
N.B.: le Air-Wave e le Ground-Wave hanno un percorso rettilineo perché la loro velocità è costante.
Di solito nel radargramma si elimina l’air-wave e si fa partire la traccia dalla ground-wave (Static
Correction).
Guardando un radargramma è possibile effettuare una valutazione qualitativa di ciò che è presente nel
sottosuolo.
In un radargramma, se gli oggetti sono di dimensioni finite, hanno quindi una propria geometria, si
osserveranno andamenti iperbolici (Iperboli di Diffrazione) in quanto gli echi provenienti dai punti laterali
impiegano più tempo a raggiungere il ricevitore rispetto all’eco proveniente dalla sommità. Invece, se la
discontinuità è piano-parallela gli echi registrati in diversi punti della superficie impiegano lo stesso tempo
risulta però necessario convertire i radargrammi dal dominio temporale al dominio spaziale (Distance-
Domain Radargrams) attraverso un’analisi di velocità per interpretare i dati in termini di profondità
1
𝑑 = 𝑣𝑡
2
dove:
Bisogna quindi ricavare la velocità con cui l’onda si è propagata nel mezzo. Ricordando che:
𝑐
𝑣=
√𝜀𝑟
L’analisi di velocità consiste in un’analisi delle iperboli di diffrazione mediante fitting di queste ultime
(Hyperbola Adaptation). Questa metodologia consiste nel sovrapporre un’iperbole sintetica ad una
iperbole di diffrazione reale generata da oggetti all’interno del mezzo, cercando di ottenere un best fitting
tra le due.
Una volta definita la velocità media con cui le onde elettromagnetiche hanno viaggiato nel mezzo, è
possibile procedere alla trasformazione delle sezioni 𝐺𝑃𝑅 in profondità (time-depth conversion).
Un modo sofisticato di trattamento dei dati 𝐺𝑃𝑅 è la costruzione delle Time-Slice (o mappe radar) che
rappresentano una ricostruzione delle ampiezze, caratterizzanti il mezzo indagato, mediante sezioni
parallele alla superficie del mezzo indagato derivanti dall’interpolazione dei valori di ampiezza dei
radargrammi che ricadono all’interno di specifiche finestre temporali. Il risultato è una serie di slice che
illustrano la collocazione tridimensionale delle anomalie derivate da un’analisi digitale di più profili
bidimensionali.
Le Time-Slice sono generalmente costruite in intervalli di tempo uguali, con ogni slice rappresentante uno
spessore approssimato del mezzo indagato. Se le analisi di velocità sono fatte in anticipo e sono fatte le
correzioni tempo-profondità, ogni Time-Slice può essere vista come una Depth-Slice.
anomalie risultanti visibili in una Time-Slice rappresentano, perciò, la distribuzione spaziale delle ampiezze
Quindi, le Time-Slice si riferiscono ad uno specifico valore temporale che può essere convertito in
1
𝑑 = 𝑣𝑡
2
dove: