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LA DEBOLEZZA STRATEGICA
ITALIANA
di Luca Donadei*
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DOSSARIO
da tre parti: una continentale, delineata a nord dalle Alpi e a sud dalla linea convenzionale
che congiunge La Spezia con Rimini, una peninsulare, che si allunga nel Mediterraneo
in direzione nord ovest - sud est, ed una insulare, che comprende appunto le isole
maggiori ed i numerosi arcipelaghi che corrono sia sul versante tirrenico, che adriatico,
presso la quale, in corrispondenza dell’Isola di Pantelleria, si ha la minima distanza
dell’Europa dall’Africa. A completare questo esame morfologico, la Catena appenninica
che costituisce la spina dorsale nazionale, ma che nello stesso tempo rappresenta una
scomoda barriera per i collegamenti nord-sud.
Questa diversità geografica del nostro territorio si è sempre tradotta in un incubo
geopolitico per le classi dirigenti, impegnate a garantire la difesa della nazione, da
Cavour fino alla caduta del Muro di Berlino, ma che, non di meno, ancora oggi,
pregiudica fortemente le scelte in politica estera dei nostri governanti.
Nel corso della storia italiana, i governi del Bel Paese, proprio per rispondere al
guazzabuglio strategico imposto dalla conformazione fisica nostrana, non hanno
mancato di giocare in doppia od anche tripla sponda con le Potenze vicine, e non solo,
pur di garantirsi in qualche modo una sicurezza esterna o la proiezione di qualche mira
imperialistica sporadicamente espressa.
L’analisi della politica militare dell’Italia, dal 1860 in poi, ricalca perfettamente le
linee politico-strategiche del nostro Paese evolutesi nel corso del tempo.
Possiamo definire cinque fasi principali della condotta difensiva e non, italiana:
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