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Lezione – 19.11.

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Abbiamo visto che nel pensiero patristico il pensamento escatologico si innesta in una visione
universale, storico salvifica. Però c’è anche la dimensione individuale e quasi senza percepire si
cosificava i fini ultimi. Quando si parlava di escatologia si parlava dell’aspetto individuale, e la
sorte dell’anima: morte, giudizio universale, ecc..

Nel periodo medievale la teologia monastica portava una forte spinta all’escatologico.

Mentre nella scolastica abbiamo una caduta di tensione in relazione all’escatologico,


privilegiando il carattere soteriologico.

Però nel medioevo non tutto è omologo. In qualche autore una certa tensione escatologica è
sempre presente (Gioachino da Fiore).

Nel 1336 – bolla di Benedetto XII mise ordine soprattutto sulla questione aperta: con gl’ingresso
di Aristotele nell’occidente ritorna il tema del rapporto tra anima e corpo. Tommaso rilegge
Aristotele, lo filtra. Ma rimane aperta la questione: se l’anima è co-principio con il corpo
nell’unita dell’uomo, che cosa sarà dell’anima se il corpo muore. L’anima attende la visione
beatifica, la risurrezione, per riavere la sua completezza teologica?

Una volta che era nell’incompletezza, se risponde che sarà in una posizione di attesa, del giudizio
finale. Ante tale posizione la Bula Benedictus Deus rileva che l’anima di coloro che muoiono
subito, in breve tempo, avranno una retribuzione piena e completa.

La bula è importante per dire che nel momento della morte l’uomo o incontra il Signore nella
beatitudine, o disgraziatamente è lontano dal Signore. Esiste una retribuzione immediata. Anche
se la completezza di questa risurrezione verrà nel giudizio finale.

La bula non ha voluto dire che persiste il dualismo tra anima e corpo, ma nell’espressione anima
si riferisce all’io, alla personalità.

Poi la preoccupazione della bula dogmatica non è quella di dire che il corpo è da un lato e l’anima
dell’altro. Ma di dire che con la morte o si è con Cristo o si sta lontano da Lui. La espressione
significa vivere con Cristo.

Se Cristo è già in cielo Dio è accessibile all’uomo.

Praticamente nell’antichità e anche nella tradizione cristiana si pensava che il regno dei morti
fosse il Cheol. Però con i dati dogmatici alla mano, si stabilisce che dopo la morte c’è sollo l’attesa
della risurrezione finale, mentre si vive con Cristo.

Nel Vaticano II quando si parla di anima separata, non vuol dire dualismo, ma l’uomo che vive in
Cristo nell’attesa della sua completezza antropologica.

La retribuzione piena e immediata avviene nel passaggio di questo mondo, immediatamente


dopo la morte.

Il Vat. II aggiunge: terminato l’unico corso di questa vita, per ribadire la posizione contro
l’incarnazione.

Dopo la tarda scolastica vediamo la riforma protestante. Un tentivo di cambiamento anche per
l’escatologia. Lutero si rifà all’escrittura e al genere letterario apocalittico. Ha il merito di
riportare il tema alla Cristologia e al tema della giustificazione. Come siamo resi giusti, come
siamo stati salvati. Ha letto il tema scatologico nel rapporto esistenziale, personale tra il “io” e
Cristo. Li si legge il destino personale.

La concessione escatologica di Lutero era fortemente legata al NT. Ma in Lutero c’è un punto
che ha fatto riflettere. Il tema del Purgatorio. Scrive “ritrattazione del purgatorio”. Ritiene che
suffragio e indulgenze non potevano servire per abbreviare la sofferenza o dare la salvezza a
qualcuno. Il purgatorio inteso come sconto della pena è contradittorio per Lutero, dal punto di
vista della giustificazione. Respinge questa dottrina: o si è salvati, o si è dannati. Accetta la
dottrina di Benedetto XII, ma proprio in virtù del fatto che è Cristo che giustifica.

L’escatologia della Riforma però non è omogenea. Calvino per es. la inserisce nella storia della
salvezza.

Il tema escatologico, allora, in Lutero si trova dentro il tema della giustificazione. Anche il
Concilio di Trento la metterà dentro questa trattazione.

Trento è condizionato dalla Riforma luterana. Allora il tema principale sarà quello della
giustificazione. Allora il tema escatologico era marginale ed è stato affrontato indirettamente
nel tema della giustificazione e della grazia che ci viene donata. Si preoccupa di dire che già nel
momento presente già possiamo essere salvati e che il battesimo è la porta per la salvezza.

Non ha cosificato la grazia. Parla dei sacramenti come canali per avere la grazia, ma sempre in
un modo simbolico. Il realismo della salvezza non è quantitativo, non si tocca.

Interviene sul purgatorio: l’uomo, quando si presenta davanti a Dio, può vivere ancora in uno
stato di imperfezione. Usa il linguaggio del reatus culpa e del reatus paene. Se ho bisogno di
essere purificato è perché il reatus culpa è stato giustificato per la redenzione, ma la scoria della
colpa ancora rimane. Deve essere purificata. Trento continua a dire quello che stato detto nel
Concilio di Firenze. Afferma la purificazione attraverso di un’immagine piuttosto penalistica, in
linguaggio giuridico. La purificazione è necessaria per saldare il conto.

Nella modernità avviene un’appropriazione di temi escatologico, che però vengono secolarizzati.
Usati per pensare più mondo di qua che a quello di lá. Una visione razionalistica e positivista. È
una finalità senza fine. C’è una salvezza dentro la storia. Un pensiero utopistico che taglia le sue
radici del secchio cristiano.

Moltmann diceva che una fede senza speranza ha generato una speranza senza fede…

Scuola di Tubinga – parla di escatologia riportando all’origine della fede cristiana, in un modo
universale. È tutta la storia salvifica che cammina verso la pienezza. È stata importante perché
ha cominciato a studiare la storia, a ritornare alla tradizione. Il rinnovamento viene proprio di
un rilettura della tradizione (paradosso).

Nel sec. XIX avviene il metodo neoscolastico. Diventa sterile il metodo storico. Ritorna alla
cosificazione dei contenuti scatologici. Si fa una fisica delle cose ultime.

Nel ‘900 c’è un ritorno all’escatologica però proposto dal mondo protestante. Nel mondo
cattolico si deve aspettare il Vaticano II.

E diventa un tema ecumenico. Karl Barth ripropone il tema escatologico. E diventa un problema
ecumenico. Barth non vede soltanto un aspetto del tema escatologico. Ritiene che tutto il
cristianesiomo è escatologica dall’inzio alla fine, atrimente non è niente.
Comincia dalla lettera ai Romani con il Libro che diventa il manifesto di un modo nuovo di
ritornare alle fonti luterane. Barth riporta il tema al livello ecumenico. Rimette in questione tutto
il tema escatologico. Lui ha una certa visione del tempo e dell’eternità che sconvolge i parametri
classici.

L’uomo da se stesso non ha un al di là, perché Dio stesso è il suo al di là. Tutto il tema del al di là
lo vede come il tema della fedeltà di Dio. La redenzione è soltanto grazia di Dio. La vita eterna
non è proiezione di questa vita nel al di là. Dio è il limite della nostra morte.

C’è una distanza infinita e qualitativa tra tempe e eternità. L’eterno è la crisi del tempo e non c’è
incontro tra i due. Il tempo è la caducità, la morte. Il cristiano deve essere salvato dal tempo.
L’eternità è superiore e posteriore al tempo. Il compimento e consumazione che chiamiamo stá
fora del tempo. Per Barth la ricerca della fine è la ricerca dell’inizio.

Il tempo è già una attuazione dell’eternità. Per Barth superare la soglia del tempo vuol dire
essere già immersi nell’eternità. Se è così, non ha più senso di parlare di escatologia intermedia.
Secondo lui la dottrina del Purgatorio non esiste.

E di fatti la escatologia intermedia era sensibile nella teologia ecumenica.

Il discorso di Barth: se il tempo viene superato nell’eternità, con l’evento della morte ci sono
soltanto due possibilità: o la risurrezione o la dannazione. Secondo lui parlare di escatologia
intermedia non è altro che proiettare nell’eternità uno schema temporale. Dopo la morte non
c’è più staggio di attesa. L’uomo si trova già nell’eternità e nel fine della storia. C’è una solo
escatologia nell’incontro dell’uomo nell’eternità. La sua posizione porterà molta discussione.

Altri autori: un quadro generale.

Nel dibattito escatologico in ambito protestante non si può scorporare il tema del discorso
teologico dei singoli autori.

Per Barth il tema escatologico si trova dentro il dibattito del rapporto tempo e eternità.

In essi la escatologia è l’anima del loro procedere (del ‘900).

Studiando gli autori protestanti del ‘900 emergono gli aspetti critici soprattutto nel dialogo con
i cattolici. Nel mondo cattolico il punto sensibile nel dibattito con il mondo protestante è la
escatologia intermedia. Il dibattito protestante ci ha fatto vedere che la escatologia intermedia
non è la escatologia individuale. Ma è il tempo della Chiesa.

Al meno 5 temi nel mondo protestante:

1. La teoria della giustificazione. Se intesa molto rigidamente fa problema anche a noi cattolici.
Se affermare al primato della grazia significa dire che l’uomo non ha niente da collaborare,
diventa un problema.

2. il rapporto tra storia e storia salvifica. È un tema molto patristico e molto tradizionale. La
riflessione era molto tradizionale e poco storia salvifica.

3. Il discorso antropologico. I Protestanti non accettano il discorso dell’immortalità dell’anima


perché dicono che è un prodotto dell’ellenismo. Sembrerebbe quasi una proprietà della natura.
L’uomo, per natura, sarebbe immortale. Ma l’uomo vive presso Dio perché è un dono di Dio. C’è
un problema di carattere filosofico. La filosofia come qualcosa dannosa alla teologia.
4. Quello dell’ermeneutica biblico-teologica. Come usare il linguaggio apocalittico e
escatologico? L’interpretazione letterale porta problema. Il protestantesimo è stato più lesto
che i cattolici nel fare l’ermeneutica biblico-teologico. Ma lo hanno fatto con equilibrio, anche
se non sembra. I protestanti hanno affrontato questo tema per primo.

5. Nel mondo protestante la dimensione pneumatologica ha risorto molti problemi. O. Culmann


per es. parla dello Spirito di Cristo che non abbandona mai l’uomo dopo il Battesimo. Allora
questo Spirito di Cristo che vive in noi, vivi anche dopo la morte. Risolve il problema dell’al di là.

Nel mondo Ortodosso non c’è una rivoluzione escatologica come nel mondo occidentale. Là
l’escatologia è una dimensione della dogmatica. Il mondo ortodosso non conosce il nostro
medioevo. No sente bisogno di una sistematizzazione come è successo nel mondo cattolico.

L’escatologia no estrapola la frontiera della dogmatica. Tanto la teologia bizantina come la


teologia Russa.

Ora confrontiamo la teologia ortodossa con la cattolica.

Si parla sul fuoco del purgatorio. Per gli orientali vi è un tempo di attesa sia per i giusti sia per i
condannati.

I punti di differenza e convergenza:

convergenza:

1. esistenza di uno stato intermedio. Attesa della parusia finale.

2. Per gli orientali questo stato guarda il compimento finale per tutti. Per i cattolici credono in
una anticipazione per i giusti di questo giudizio (particolare).

Differenze:

1. Verte sul piano della soteriologia. Gli orientali non accettano la soddisfazione penale. La
differenza tra sattisfazio e sattispassio. Per gli orientali la purificazione è progressiva. Un
processo progressivo di purificazione in questa vita e dopo. L’uomo è sempre in uno stato
negativo, nell’imperfezione. Nell’escatologia cattolica, questa immagine della purificazione
progressiva può anche essere usata nella visione cattolica, ma se vista dal punto di vista mistico.
Una sofferenza in senso positivo, al di là del fuoco, è l’intensità della visione di Dio. Dopo la
morte l’amicizia con Gesù cresce sempre di più, c’è una sorta di purificazione. Un linguaggio
umano che trasponiamo per al di là del tempo per dire che se l’uomo muore in un stato non
ancora di perfezione, questa crescerà sempre di più.

Gli orientali dicono che al di lá c’è una specie di dogana, dove si deve pagare per continuare
avanti. La purificazione è come lasciare qualcosa nella dogana per stare più leggero per seguire
avanti.

Bulgakov riprende Origene e parla di una reintegrazione di tutti, per cui alla fine saremo tutti
salvati.

Quali punti di questo dialogo considerare e quali respingere? Il tema del Purgatorio ha portato
altre questioni.

L’uomo vive in Cristo. Dopo la morte vivo in Cristo come “io”. La risurrezione verrà quando Cristo
sarà tutto in tutti. E saremmo risorti. Quello che non significa riunione tra anima e corpo
biologico. Ma l’identità dell’uomo nella sua completezza antropologica verrà riscattata
senz’altro.

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