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La volta scorsa abbiamo fatto un prologo. Il perché è importante studiare la scatologia cristiana.
Pian piano si è ristrutturata tutto il pensiero del scatologico cristiano. Oggi vedremo come
questo ripensare lo scatologico ha interagito con tutte le aree della teologia. Ha ripensato tutto
il modo di fare teologia.
Vedremo alcune delle impostazione precedenti e il guadagno che si è avuto, dopo questo
ripensamento, come diceva Karl Barth: il cristianesimo, o è scatologia fin dall’inizio, o non è
niente. Oggi ci sono tre tempi nella scatologia: inizio, fine e il presente, la salvezza che entra
nella storia.
La lacuna più vistosa nella scatologia manualistica era il distacco dell’evento cristologico-
trinitario. Quando si è messa al centro la cristologia, si è scoperto il senso della scatologia. Un
criterio di riferimento a questo proposito può essere il cap. 7 della LG, al n. 48 (che vedremo in
una lezione in particolare).
In che modo la cristologia si è evoluta in senso scatologico? Perché prima la scatologia era
l’ultimo capitolo della teologia dogmatica. La svolta si è compiuta per un congiunto di causa. Il
Vaticano II ha appena riunito un congiunto di causa inserendo nella dottrina magisteriale.
Quando si dice che la LG è la base di questo rinnovamento della scatologia, perché ci ha fatto
percepire il valore della scatologia (ed è vero), non si può negare le altre causa precedenti.
E se vedo la Chiesa in maniera scatologica, come anticipazione del Regno, cambierà pure la
prospettiva pastorale. Anche la GS ci fa vedere l’incarnazione come evento, vero Dio e vero
uomo: una persona in due nature. Se l’incarnazione è un evento, Gesù di Nazareth rende salvifica
la storia e il cosmo. L’incarnazione è vista come una venuta finale di Dio in mezzo a noi che
adempia la storia. Quindi l’incarnazione è già un fatto scatologico e perciò soteriologico.
Infondo non si tratta altro che leggere i sinottici proprio su questa linea, dove i sinottici sono i
vangeli del Regno. Il Regno è sempre una novità dinamica. Dove tutte le parabole hanno un
fondo scatologica. Il Regno è venuto e verrà. E quando usano un linguaggio scatologico: giorno
del Signore, le tenebre, il terremoto, sono linguaggio scatologico e apocalittico allo stesso
tempo. Un linguaggio apocalittico che interessa la futuro, all’ eschaton.
Di fatto anche la cristologia apocalittica è dominata di due poli: risurrezione e parusia. Questa
letteratura apocalittica troviamo nelle lettere ai tessalonicese. Già nella prima lettera
risurrezione di Cristo, dei morti e la parusia, fanno un tutt’uno. Il titolo di Kirios (Signore – titolo
divino) viene a disegnare una invocazione della fine dei tempi che crede e spera una venuta di
Cristo nei fine dei tempi (maranatà). Un senso di speranza nella venuta del Signore.
Qui abbiamo un problema di ermeneutica. Perché nella prima ai tessalonicesi si trattava del
ritardo della parusia. Una perdita di speranza e di mordenza nella prima comunità cristiana. Il
ritardo della parusia non ha mai fatto perdere il significato scatologico dell’evento Cristo e della
sua venuta. Il proprio Paolo risolve questa questione. Anche se ha un ritardo in questa venuta,
dobbiamo vivere nella speranza della sua venuta. Senza chiedersi quando, il tempo in cui lui
verrà.
È per l’evento di Cristo che la scatologia giudaica cambia in scatologia cristiana. L’esodo era
importante per capire la escatologia giudaica. Il pensiero ebraico era chiaro che tutto c’è un
inizio e un fine. Cristo è lo eschaton (lo eschatos) già qui. Lo schema binario diventa ternario. Il
futuro vive già in Cristo, in attesa del adempimento totale. Abbiamo ora il tempo anticipato che
è il tempo di Cristo e il tempo della Chiesa. Luca nel NT è il campione in dimostrare questo tempo
intermedio tra l’inizio e il fine escatologico. Tra la pasqua e la parusia c’è il tempo della Chiesa.
E così salta la escatologia del singolo, individuale, anche perché l’individuo sta nel corpo della
Chiesa, vive nella comunione della Chiesa.
2ª Ora
La scatologia è escatologia crucis perché la speranza che viene dall’evento cristo è qualcosa che
giudica il mondo presente. Con l’evento della croce emergere il peccato del mondo e la sua
sconfitta. La EC giudica il nostro trionfalismo. Giudica oggi la contradizione della storia. Per es. il
mito del progresso per lo progresso, la ingiustizia della storia. Ci fa vedere che non possiamo
salvarci da soli. In questo senso la croce è come una esigenza critica, un pungolo per la speranza
cristiana. La croce è la rottura con il mondo peccatore. Proprio per questa funzione critica la
corce è anche parola di salvezza per il mondo. La croce è rivelazione al mondo dell’amore vero.
La croce è accoglienza dell’uomo, nonostante la sua miseria. Ma la escatologia è anche gloriae:
ci vuol dire che la risurrezione a partire del linguaggio apocalittico e proprio per questo la
risurrezione ha un carttere cosmico e meta storico. Fa un tutt’uno con la escatologia crucis,
perché la risurrezione è collegata con la sofferenza del giusto, perché Dio fa giustizia al suo servo.
Nella risurrezione il mondo di Dio, allora, è già cominciato e nel credente vi è già la caparra, la
anticipazione della vittoria finale, del bene e della giustizia.
Oscar Cullmamm (Cristo e il tempo, la redenzione nel NT) parla del già ora e il non ancora… una
visione dove può mancare la visione sacramentale, ma che parla nel concetto il già tutto, nel già
ora. Nell’evento pasquale c’è già tutta la salvezza. Ma dobbiamo ancora camminare verso il
compimento, in carattere comunitario e personale.
Allora, non si può parlare di cristologia senza escatologia e non si può parlare di escatologia
senza la cristologia.
L’ecclesiologia è il luogo nativo dell’escatologia. Questo perché la speranza nella storia sacra è
sempre una speranza collettiva. Anche quando è una speranza del singolo sempre si inserisce in
una collettività, corporativa, nel senso di solidale. È sempre una speranza solidale.
La Chiesa è anticipazione del Regno escatologico, non si identifica con il Regno e perciò c’è un
non ancora nella Chiesa pellegrina, perché porta con se la figura fugace del mondo che passa. In
questo senso è ancora la realtà penultima, perché la realtà ultima è Cristo. Qui entra il discorso
della sacramentalità della Chiesa, che già era discussa prima del Concilio. Dire che la Chiesa è
sacramento originario, in senso analogico, è una realtà penultima, perché la Chiesa non spera
per se stessa, ma spera per il mondo. Ci fa camminare verso la pienezza che è Cristo. Ci sono
altri autori che hanno studiato questa realtà: De Lubac (Chiesa come Misterium Lunae), Rudolph
… Paolo VI diceva che la Chiesa quando pensa se stessa, pensa il mondo.
Il rapporto tra ecclesiologia e escatologia. La comunione della santità di tutta la Chiesa in Cristo.
Lo spirito è ciò che dà vita, che irradia, che universalizza. Senza lo spirito l’ecclesiologia perde
tono e si individualizza. Langue.
Nella Sacra Scrittura: AT – Lo Spirito crea la comunità. Quando i giudici prende in mano la
comunità, è lo Spirito che è su di lui. I Re, erano sempre unti dallo Spirito per una missione
comunitaria. È sempre dato in modo temporaneo. Soltanto in Gesù è disceso in modo
stabilmente.
Lo Spirito nel tempo scatologico raduna la comunità dei figli di Israele (Giole).
Abbiamo visto l’unità tra escatologia, cristologia, ecclesiologia e pneumatologia. Non abbiamo
parlato dell’aspetto cosmico, ma in SP troviamo che lo Spirito è pienezza.