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Giuseppe Chiofalo

L’estetica di Francesco De Sanctis

L’opera d’arte e progresso civile

Palmi

2001

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INDICE
CAPITOLO I
Linee sommarie dell’estetica del De Sanctis
CAPITOLO II
Linea metodologica di lettura dell’estetica desanct i-
siana.
CAPITOLO III
Concetti e temi principali
CAPITOLO IV
Dialettica del valore estetico e creatività .
CAPITOLO V
Contenuto e libertà creativa
CAPITOLO VI
Il contenuto-latenza e l’artista-concezione
CAPITOLO VII
Ideologia e fondamento
CAPITOLO VIII
Riflessioni conclusive

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PREFAZIONE
Nel presente saggio ho ordinato aspetti centrali pensiero di
Francesco De Sanctis, (Morra Irpina, 28.03.1817; Napoli 29.12.
1883), attorno alla nozione di latenza. Trattasi, di una defini-
zione che rimanda a visione dell’arte secondo cui “ il la-
voro del critico d’arte genera significati e sensi della
opera del genio artistico , alla parola che segna il luogo
del significato in una posizione intensa di nessi e nel
contempo di differenziazioni da cui identificazione po-
sitiva d’unicità è evento di divenire ideale storico di di-
stintovo valore della realtà poetica; del bello come ri-
flesso dell’Idea; se si vuole legittimo approfondimento,
dell’arte come momento dialettico dello Spirito (He-
gel)ma non chiuso nella convenzionalità di uno schema
triadico dei momen ti gesto-critico-evento, contattato
da spuria diacronia mente invece è sintesi di particol a-
re ed universale con l’integrazione di forze vive op e-
ranti nell’artista: il contenuto concreto dell’opera
d’arte inteso come sentimento attivo dell’artista e con-
creto dell’opera d’arte . Ossia, Inteso come sentimento
attivo dell’artista in una forma altrettanto concreta
mai struttura esemplare di ogni contenuto, poiché esso
contenuto è una fusione organica ed attiva di realtà
personale e vivente.
Sono, quindi, elementi dell’estetica di Francesco De Sanctis che
hanno coerente strutturazione unitaria in uno spazio storico e so-
ciale che presenta, in quanto storico, un tempo proprio necessi-
tante essenziali compimenti di verità e risorse di sensi latenti.

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L’interna connessione di siffatti elementi è l’oggetto di radicale
peculiarità dell’estetica desanctisiana. Essi conferiscono alla rea-
lizzazione della sintesi di forma e contenuto il carattere del con-
cetto come concezione e della forma come formazione; ed il livel-
lo di un fatto in uno spazio estetico su cui la critica estetica infine
colloca il suo coerente giudicare, attraversando l’opera d’arte co-
me evento che accade: una latenza, il non visto ma presente,
l’assenza, il dis-posto strutturale, che esalta la critica estetica co-
me storia del valore estetico, come coerenza del “saper vedere”
esattamente lungo la sua esistenza l’evento contestuale; che apre
l’opera dell’artista a conseguente immediata crescita culturale,
nel tempo di effettive, siccome da essa maturate, aspirazioni di
progresso civile. In questo passaggio al visibile, che è esistenza
storico-creativa dell’opera d’arte, risalta la contrapposizione, toto
cœlo desanctisiana, alla astrattezza ed alla rigidità di schemi nor-
mativi: l’opera d’arte è storia e società attiva, la realtà come vita
procede oltre le metafisiche della natura umana aderenti alle
grandi categorie, il soprasensibile o la pura fantasia.
E’ opera creativa e foriera di co-sentire oltre la pura mediazione: il
fine etico e la valenza morale della cultura, non vi son premessi
come obiettivi d’arte snaturata, tutto sommato, tracciabile tra i
compiti esecutivi non creativi del puro fare quasi sempre eterodi-
retto e comunque egocentrato; sono fini che sorgono, infatti, di-
rettamente dalla sutura della discontinuità tra latenza ed esisten-
za dalle durate della sintesi avocata a chiudere il doppio della dif-
ferenza tra forma e contenuto, opera d’arte e progresso storico;
quella differenza foriera di nebulose semantiche, sia di conformi-
smi sia di modali estrapolazioni.

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CAPITOLO I
Linee sommarie dell’estetica del De Sanctis
Nel presente saggio mi propongo di delineare i tratti
essenziali dell’estetica desanctisiana attraverso
l’esame di temi, procedimenti, propo sizioni che l’opera
critica di Francesco De Sanctis offre anzitutto con
l’aspirazione a nuove inedite si ntesi tra scienza storica
e vita, tra arte e vita.
E’ nel lavoro critico, infatti, piuttosto che in ambito di
filosofia dell’arte o di compiuta formulazione d’una
teoria estetica, che , va individuata l’ori ginalità
d’impostazione che l’estetica desanctisiana presenta .
Essa è, infatti, incentrata nello sforzo di circoscrivere il
valore del testo poetico entro i suoi elementi “realist i-
ci”; sicché il giudizio estetico culmini come lettura, vis-
suta, ricca, adere ntemente più umana, della poesia ;
forma vivente. Il compito è contrastare gli accadem ismi
di cultura italiana, gli approdi romantici, le indeterm i-
natezze del pensiero e del sentimento estetico . Il che
conduce a collocare l’opera dell’artista in un contesto
storico-sociale che non isola o sminuire la funzione
dell’artista in quanto dell’artista vanno esaltati gli id e-
ali e l’umanità.
Tale aspirazione, costituisce più di un motivo ideol o-
gico della estetica desanctisiana, che si contestualizza
con la su abbozzata visione delle forme estetiche . Mai
semplici strumenti o concetti , esse sono forza attiva

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del genio nel sentimento del suo tempo e per nulla a-
stratto fantasticare .
Questi i punti nodali dell’estetica di F rancesco De
Sanctis che ho voluto subito evidenziare ed elencare
anche e soprattutto per delineare il percorso delle mie
riflessioni e la stru ttura del presente saggio.
L’aspirazione ad una nuova sintesi tra arte e vita, vita
reale piena e concreta, costituisce una peculiarità
dell’estetica desanctisian a nel senso che, pur rime t-
tendo su un terreno ideologico i termini del problema
estetico, tuttavia ha fondamento nella affermazione
del carattere intuitivo —attivo del linguaggio nella men-
te dello artista, avverso alla astrattezza delle vuote
“grammatiche ”, delle pure forme. Per questo, tale af-
fermazione va intensamente riferita e legata l’estetica
desanctisiana in quanto ispirata al realismo, sia ben
chiaro, di un reale inteso come ideale che è fatto um a-
no, conquista, forma e contenuto determinato, unità e
molteplicità della vita storico -sociale. Un realismo, i n-
somma, non termine d’eloquenza o retor ica, ma legame
profondo tra il pensiero e la vita, che mentre da una
parte innesca gli effetti ideologici secondo cui l’artista
è soggetto che realizza in una storia le strutture del
contenuto estetico ed apre rapporti socialmente effic a-
ci con il futuro di progresso, dall’altra costituisce
l’affermazione centrale di una metodologia del giudizio
estetico riordinando contingenze storiche ed il senso
delle condizioni sociali in atto verso necessità future di
riscatto e di crescita; come prospettive e direttrici del

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valore estetico da i ndividuare, dunque, nella posizione,
a base dell’arte, della vita nei suoi significati, nei suoi
fermenti, nei suoi motivi e v alori.
Da tale posizione, peraltro, deriva la diffidenza con la
quale il critico si pone di fronte ad una estetica del
“che cosa”, cioè del contenuto come segmento di vita
enucleato da uno spazio di oggetti dati , per la consid e-
razione, invece, di un’estetica attenta alla integralità
della vita storico -sociale inchiudibile, peraltro, in fo r-
me di puro estetismo.
Trattasi, come si vede, di una posizione intensa di
nessi e nel contempo di differenziazioni nell’ambito di
visioni dell’arte osservate secondo il diven ire storico
teorizzato da Hegel: l’autonomia ed il distinto valore
della realtà poetica; il bello come riflesso dell’Idea;
l’arte come momento dialettico dello Spirito ma non
chiuso nella convenzionalità di uno schema; sintesi di
particolare ed universale con l’integrazione di forze v i-
ve operanti nell’artista; contenuto concreto dell’opera
d’arte inteso come sentimento dell’artista; contenuto
concreto dell’opera d’arte inteso come sentimento a t-
tivo dell’artista in una forma altrettanto concreta ossia
mai struttura esemplare di ogni contenuto, in una f u-
sione, invece, organica ed attiva di realtà personale e
vivente.
Una posizione, nella quale confluiscono varie tende n-
ze ma aliena da intellettualismi estetici o da sbrigative
definizioni dello stile, ad esempi o, quale volontaria d e-
terminazione del sensibile secondo una storicità

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dell’arte rafforzativa del concetto dominante nella st o-
riografia romantica. Posizione dalla quale assumono r i-
levanza gli elementi principali della problematica est e-
tica con i suoi inter essi per le condizioni storico - psico-
logici (estetica del “che cosa”) o per le trasfigurazioni
ed i valori formali (estetica del “come”) orientandosi,
tuttavia, verso nuovi nodi tematici: l’influenza sullo
svolgimento della letteratura da parte della socie tà; le
connessioni tra arte e evoluzione sociale con la sua
storia etica, religiosa, politica; arte senza risoluzioni
nel puro estetico come recupero, superamento, inte r-
pretazione creativa della ricchezza e del valore del co n-
tenuto di concretezza socio -storica dell’opera est etica.
Una posizione che nella estetica desanctisiana è a t-
traversata da molteplici riferimenti teorici soprattutto
caratterizzata da personale concezione della fenom e-
nologia artistica con notevoli implicazioni per l’opera
del critico, al quale il concetto di arte e la sua auton o-
mia, la storicità dell’arte si pr esentano ricondotta alla
varia struttura— i costumi, valori, idee dominanti —
delle varie epoche ( i secoli) e sottratta sia all’unità di
giudizio secondo ideale bellezza, che agli a pprodi ro-
mantici di una metafisica penetrazione del senso ult i-
mo delle cose.
Benché importante, l’ approfondimento di questi ne s-
si e di queste differenziazioni che in De Sanctis cond u-
cono alla valorizzazione dell’opera individuale
dell’artista tramite atti vo della sintesi estetica, esorb i-
ta dal piano del present e mio lavoro. Si tratta, peral-

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tro, di problemi complessi r iguardanti in particolare la
riflessione sui generi letterari ( lirica, epica, drammat i-
ca) che hanno incidenza nell’estetica desanctisiana in
un senso tassonomico, di gerarchie e di fatti evolutivi
rilevabili nell’alveo hegeliano; ma anche relativi alla
concezione d’una progressività d’elaborazione artistica
come in V. Hugo e negli Schelegel che si riguarda cul-
minante nel dramma come sviluppo artistico dopo la l i-
rica e l’epopea; ed ancora riferibile alla chiusura avve r-
so visioni cosmiche d’un mito poetico o le scompos i-
zioni della realtà in fenomenologie di libera creatività
artistica, per una attiva funzione mai riducibile a v alori
formali perché coinvolta in una storia che tuttavia non
vi dissolve la ind ividualità dell’opera.
Ma è ovvio che se anche di tutto ciò non darò co m-
piuta esposizione, ho ritenuto essenziale tenere debito
conto per comprendere il terreno genetico dell’estetica
desanctisiana che, come ho osservato, non è organic a-
mente speculativo d’una sistematica filosofica pur e s-
sendo con rigore e profo ndità di temi caratterizzato da
estrema coerenza logica, ed ordinato attorno alla o s-
servazione dell’arte entro e con una propria temper ie
culturale storico -sociale tanto che l’opera critica est e-
tica resta inesauribilmente coinvolta dallo sviluppo st o-
rico della produzione artistica: un’opera d’arte appa r-
tiene alla sua storia come immersione nella realtà del
suo tempo nei suoi processi. Per questi motivi la critica
estetica è aliena da metodi astratti per essere giudizio
sull’opera libero da ogni interesse estraneo al probl e-

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ma estetico, e rigidamente sommessa al criterio
dell’arte come peculiare creazione storica, forma org a-
nica del suo cont enuto, aperta e progre ssiva.
Tutto ciò mi ha condotto alla conclusione che la pos i-
zione desanctisiana non è nemmeno riducibile a una
estetica come teoria del bello, del gusto e dei modelli
di valore nella pratica dell’arte; non una filosofia
dell’arte, né interesse per la bellezza o per il valore e-
stetico secondo concetti unive rsali.
Questi caratteri pongono fra l’altro un serio probl e-
ma su come debba essere considerata la tematica d e-
sanctisiana della forma, come paradigma o come co n-
cetto o categoria, nei suoi rapporti con la contingenza
storica, nel rapporto insomma, tra idea e realtà. Su
questo problema svolgerò a suo tempo le necessarie
osservazioni; va detto, però, che pur non tematizzando
tali aspetti all’orizzonte di una speculazione f ilosofica
per non osservarli come puri motivi speculativi, essi
hanno notevole importanza per la solidità di una visi o-
ne estetica che, tuttavia, in De Sanctis mi è sembrata
coincidere con la stessa attività critica; come v isione di
un lavoro critico che è soprattutto esp erienza estetica,
né puramente descrittiva né vuole accentuarsi secondo
una organicità teoretica esplicativa o fondativa della
caratteristiche estet iche.
Visione del lavoro del critico, l’estetica desanctisiana
è essa stessa creativa, in un senso che prec iserò, del
valore artistico come opera di attraversamento dei
momenti e dei fatti genetici dell’opera d’arte nella st o-

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ria della cultura, vista in termini più che cronologici o
epocali, secondo intervalli di vita storica, nella sua
concretezza e pienezza d i contenuti ideali e di rappr e-
sentazioni - mitiche, razionali, innovative — che per
l’’attività del genio artistico si offrono come “secoli”.
Sicché la stessa lettura della storia è comprensione del
porsi legittimo del giudizio estetico; è comprensione
dell’arte non formale, non generica o gen erale; non ha
l’ampiezza formale d’una visione filosofica ordinatrice
di discussioni astratte sui sign ificati di bellezza sublime
o portatrice di procedure categorizza nti.
Nell’estetica desanctisiana la natura e la div ersità
delle forme artistiche sono affermate come realizzazi o-
ni di sintesi dialettica di reale e ideale il cui processo
include perché li comporta tutti i rapporti tra attività
artistica e realtà, la sua realtà, storico - sociale; e nel
contempo caratteriz zato come determinazione,
dell’essere presente del singolo artista al suo tempo, il
cui contenuto è il terreno l’essenza del rapporto cre a-
tivo tra arte e società.
Per questo, l’estetica desanctisiana, ripeto, è irrid u-
cibile a una prospettiva teoretica, non fosse altro per il
fatto che teoria significa categorizzazione e formul a-
zione positiva di metodologie generali anche se non a-
stratti formalismi da ve cchia retorica o contenutismi e
primati dell’estetica r omantica.
In questi casi, il lavoro della critica e stetica vedrebbe,
infatti, in campo strumenti posti una volta per tutte;
fino alla riduzione del valore artistico a ciò che cade

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sotto forme di generalità del sentimento, alla fa ntasia,
impersonale intuizione valida a scandire, alla fine, a-
temporalmente o astoricamente un astratto, naturale
attributo umano.
Ma l’estetica desanctisiana può collocarsi, come vuole
collocarsi, entro una storia esattamente in quanto è a t-
tenta al valore poetico per una produzione creativa
nella quale il processo di divenire non è esterno al con-
tenuto né all’intento fondamentale dell’opera artistica
secondo cui si attua la si ntesi di contenuto e forma. In
fatti, tale sintesi è culmine e compresenza nel conte m-
po di una processualità non un obiettivo prefigurato
dell’artista; e la s tessa, eventuale ma sempre attivab i-
le, effettuazione nell’opera anche di valide tensioni e-
tiche si apre alla storia civile e sociale non come p iano
o fine dell’arte. Semmai, in una visione artistica nella
quale forma e contenuto coincidono, la riflessione e-
stetica che contestualizza il lavoro critico come giudizio
estetico, può, oltre gli effettivi intenti attivi nella me n-
te dell’artista, rilevare siffatte valenza etiche e di cr e-
scita civile; e con questo riorientare metodologia e
concetti. In F. De Sanctis , ciò avviene nel senso che il
valore artistico indagato con rigore e coerenza di lett u-
ra e di immedesimazione ri -creativa dell’opera, assume
una polarità in più cui conviene quell’aspirazione, cui
ho fatto cenno, a che una cultura laica e borghese sia
in grado, continui ad essere in grado, di pr omuovere il
progresso civile e sociale. E in ciò sta l’ideologia.
Con questo non intendo sostenere che il richiamo d e-

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sanctiano a una saldatura tra cultura e vita e la visione
di una poesia, dell’opera d’arte, attiv a espressione
d’una temperie storico - sociale, di una cultura il cui
ideale è attivo nell o operare dell’artista, vada rico n-
dotto ad un bisogno, benché di civiltà e di progresso,
consegnato ad una necessità postulata, più che fond a-
ta; desiderata, più che d imostrata, in collegamento con
un’azione di intelligenza e alla energia m orale.
Il fatto è che nel tono dell’arte la realtà storico -
sociale circola con un potere costitutivo dell’opera; il
nesso tra artista e contenuto è un vincolo reale tra a r-
tista e suo tempo anche se più che di ordine sostanzi a-
le è creativo e trasfigurat ivo.
Ebbene, la trasfigurazione, secondo il De Sanctis, non
è motivata, e nemmeno orientata, da fini di qualche t i-
po, etico o di acculturazione o di crescita: il genio art i-
stico non pone suoi obiettivi al contenuto così come
non v’è in opera alcuna sovrapposizione d’involucri
formali alla materialità di quel contenuto interessato al
suo processo nell’atto di realizzazione secondo la fo r-
ma propria; una forma che il contenuto sollecita attr a-
verso l’opera vigorosa dell’artista, alla intimità gener a-
trice del sentire attivo, nell’ordine d’una realtà socio -
storica che, così, trapassa, creata secondo inediti sensi
e sentimenti, nella forma.
Nessun automatismo dialettico, ma penetrazione e
apertura di ciò che nella storia rimarrebbe latenza ine f-
ficace; ed in ciò l’opera acquista, a posteriori, una v a-
lenza pedagogica.

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Nessuna automatismo in una opera d’arte che non è
adeguazione espressiva al suo fantasma e nemmeno
teoresi del sentimento ma vita di una forma, quella del
suo contenuto cioè provata alla v ita.
Mi sembra con ciò di aver sufficientemente motivata,
fra l’atro, la mia convinzione che più che di derivazione
speculativa, la sintesi di contenuto e forma nella visi o-
ne desanctisiana sia referente di questa peculiarità del
farsi artistico nel quale “il che cosa” è penetrato tanto
profondamente dal “come” che quest’ultimo, cioè la
forma propria, non più ornamento esteriore, né sostr a-
to preesistente, si risolve nel suo co ntenuto.
Una posizione, dun que, che seppure non lascia fuori
dai suoi riferimenti le speculazioni filosofiche, è prec i-
puamente, in De Sanctis afferente al suo elevato co n-
tributo storico-critico.
Alla considerazione di quanto sia stato intenziona l-
mente costitutivo e significativo ta le contributo per
l’estetica desanctisiana, va dunque assegnata grande
importanza anche in ordine alle prospettazioni e alle
incidenze pedagogiche dell’arte nel futuro del mondo
morale, storico, cultur ale.

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CAPITOLO II

Linea metodologica di lettura dell’ estetica desanct i-


siana.

L’estetica desanctisiana ha nel realismo il suo centro


di organizzazione concettuale; caratterizzato come m e-
desimezza di reale ed ideale nella sintesi vivente della
forma estetica. Non ha tuttavia, né vuole avere, gli o-
rizzonti di una disciplina filosofica, visione totale
dell’essere. A sostegno di questa mia convinzione, po s-
so riferire una incisiva affermazione de S.P. Faye “se si
vuole tentare di dire tutto, si distrugge il real ismo” (in
“Dibattito sul romanzo” diretto da M. Fouc ault, Parigi
1959; in Jaca book, Milano 1968 pag.15).
Mancando costitutivamente alle ragioni del realismo
la esigenza di inquadrare organicamente asserti e tesi
di una estetica nel complesso delle attività dello spir i-
to, in un sistema speculativo unitario , in De Sanctis
tuttavia la estetica si libera dalla frammentarietà per
porsi terreno di un principio di autonomia del l’arte. In-
fatti, in essa si agitano i problemi più significativi
dell’estetica che attraversano l’Ottocento: le regole i n-
terne all’attivit à dell’artista, la soggettività di questi, il
suo sentimento come attivo sentire, la forma, le cond i-
zioni storiche ma anche psicologiche dell’espressione
artistica, ecc.
Problemi per i quali F rancesco De Sanctis impianta un
contributo critico e una metodol ogia del giudizio est e-

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tico affermato come attraversamento di valore estetico
rivissuto più che accertato, in uno spazio ideale di pr o-
fonda coerenza con una visione moderna della vita s o-
ciale, aperta e progressiva; e d’una progressione filtr a-
ta dalla consap evolezza della vita st orica.
Ebbene, tutto ciò chiarisce una visione estetica nella
quale la organicità, la coerenza logica, originalità di
concetti, temi e tesi, fondano quel principio di aut o-
nomia dell’arte che è pregiudiziale alla significatività
dell’arte medesima tra le attività dello sp irito.
Ma la forza polemica, la sincerità morale, la profonda
coerenza di un lavoro critico che ripudia i concettual i-
smi e le formule, le forme pure e il contenuto come d a-
tità in atto, non sono termini di un discorso d a esami-
nare per analisi di strutture ma da considerare nella
ricca totalità di una pratica critica della storia
dell’umanità lungo letture dirette delle opere del crit i-
co e dello storico per osservarvi gli ordini di coerenza
metodologico-valutativa come esplicazione di una di a-
lettica di principi e di giudizio estetico, genetica delle
tesi forti di un realismo che nel contempo colloca c ome
orizzonte dello suo stesso pr ocesso.
Per questa via, né esegetica e nemmeno di analisi lo-
gica, è dato rilevare se e come è possibile un’estetica
non sommessa a regole e canoni e che accetta “la fo r-
ma” come misura inte rna al
campo del concreto operare artistico, storicamente
determinato, innanzi a determinate sogge ttività.
Per questo ho ritenuto essenziale, e, alla fine, dovu-

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to, fornire esplicitamente la linea metodologica della
mia lettura del De Sanctis, dell’ordine del percorso r i-
flessivo e dei riferimenti che l’hanno sorretta, delle
convinzioni che, lungo essa lettura nella sua peculiar i-
tà, sono in me maturate; e che s ono, per questo, come
risulterà dai successivi Capitoli, i rifer imenti e i motivi
delle mie riflessioni.
Ho ritenuto di elencare tali punti schematicamente,
come segue:
1) Tra gli aspetti che ci interessano del problema e-
stetico, quello più ampio e compr ensivo, riguarda i
rapporti tra attività estetica e le altre attività dello sp i-
rito. In questo spazio, si tratta di legittimare, da una
parte, la asserzione d’autonomia dell’arte, senza la
quale lo stesso problema se non si svuota quanto meno
perde spessore; dall’altra, di vedere come la specificità
dell’arte permei l’umano o possa comporsi con le altre
attività, vi entri nel circolo, compenetri la storia e
l’esistenza sociale umana.
Le proposizioni estreme, nella varietà di posizioni e
risposte, vedono un estetismo isolato dalla vita, un d i-
dascalismo esteriore alle altre attività; ma anche, una
opposta riconduzione della vita al concetto generale
dell’autonomia dell’arte, riguardata come egemonia
dell’arte (cfr. ultime conseguenze dello spirito roma n-
tico sulle concezioni est etiche).
2) Alla radice, il problema su delineato esige una d e-
finizione delle forme storiche dell’arte, come premessa
ad una visione della attività estetica che, in particol a-

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re, deve risultare tale da svincolarsi sia dai contenut i-
smi che dagli ideologismi del modello teorico;
dall’oggetto come dalla sua teorizzazione pura.
Ma anche necessita, sempre secondo i nostri scopi, di
rilevare e considerare la funzione e il tipo di coinvolg i-
mento dell’artista nella sua opera e la eventuale pr e-
gnanza fondamentale del mondo storico -sociale che
conviene al mondo poetico dell’artista. E questo punto
ho ritenuto esigente puntuale rifless ione
3) La bellezza che è la categoria dell’arte, deve essere
collocata a un grado della attività spirituale, umano -
sensibile o sensitiva, onde conferire distinzione e pos i-
zione all’espressione estetica, primariamente
nell’ambito di riflessioni sull’essere che vogliono inte r-
dersi libere dalla conti ngenza.
4) La definizione dell’estetica internamente ad una v i-
sione filosofica, se non come disciplina filosofica, te-
matizza le questioni che ci interessano, inquadrando il
fatto artistico quale aspetto dell’essere nella sua ass o-
lutezza; sicché la riflessione sull’arte diviene scienza.
Per questa via, ho potuto vedere la critica d’arte solle-
citata da un sapere filosofico che, nella congiunzione
con la singola opera, vede rivivere, partecipandovi, il
sentimento e ne riassume il grado di espressi one.
5) Con il problema dell’autonomia dell’arte tra le a t-
tività dello spirito, va , quindi, affrontata l’altra qu e-
stione del rapporto artista -arte, tra soggetto e meta
dell’attività nel suo tendere verso la realizzazione
dell’oggetto estetico. Tale questione comporta una

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formulazione più generale del grado di unità tra con o-
scenza e il suo oggetto; e, perfino, la domanda radicale
e critica su come sia il sapere senza l’oggetto , giacché
l’esistenza esige vigore del genio e gesto creativo. E ciò
per rilevare cosa comporti, in termini aporetici o pr o-
blematici, la considerazione di un oggetto es terno al
soggetto e d’un soggetto impegnato a possederlo come
qualcosa di esterno.
6) Questo momento riflessivo è necessario per una
formulazione della conoscenza come attività che non
colga l’oggetto come qualcosa di estraneo a se stesso,
e che sia dotata del carattere universale della validità e
necessità, essendo l’oggettività termine ed elemento
logico della validità. Da qui è possibile pervenire a una
visione filosofica chiarificatrice dell’entroterra dell a
estetica desanctisiana : una visione filosofi ca del parti-
colare e dell’universale in una intranscindibile comp e-
netrazione siffatta che ogni separazione si riveli imm e-
diatamente pura astrazione . Con ciò si perviene a l sup-
porto teoretico di una filosofia dell a arte tale che
l’attività estetica possa assumere l’autonomia dell’arte
nell’ambito di una logica del sapere, e delle scaturigini
di un conoscere i cui contenuti non sono senza “dati”
tuttavia esattamente in quanto nei dati le forme un i-
versali espongono la loro necess ità.
L’analogo estetico di siff atta logica è l’operare artist i-
co, nel quale il risultato e l’oggetto estetico non si ce r-
cano perché non si contrappongono: l’operare art istico
possiede la forma del suo risult ato.

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7)Va ricordato che questa posizione è già presente in
Kant, ma col limite (definitivo) della cosa in sé; quindi,
conduce ad un dualismo fenomeno/noumeno che, nel
contesto spirito/realtà, Hegel pone come prima qu e-
stione della conoscenza filosofica: il rapporto io -
”oggetto esterno”, si sposta, dunque, sulla determin a-
zione essenziale del rapporto io -forma universale di v i-
ta spirituale. E’ questo il problema dell’oggettività de l-
la conoscenza logica e scientifica che in Hegel si este n-
de ovunque il particolare sia vissuto come elemento
d’un tutto che l’abbraccia e lo domina. Con la conc ilia-
zione tra particolare e universale, finito e infinito in cui
si compie la filosofia, anche nell’oggetto della pura i n-
tuizione artistica si dispiega l’io in una armonia tra “f a-
coltà” e “animo”, in un vincolo di medi azione.
8) E’ nella edificazione posit iva del sistema della fil o-
sofia dello Spirito, la radicazione dell’estetica hegeli a-
na integrata alla totalità dell’essere. A ben guardare,
due punti della filosofia hegeliana sono, infatti, impo r-
tanti per l’estetica, rispondendo ai problemi su citati
mentre costituiscono il n ucleo delle argomentazioni in
“Logica” come scienza della comprensione, che caratt e-
rizza quel processo critico hegeliano che libera il sap e-
re dal dualismo tra conoscenza soggettiva e oggetto e-
steriore e pone nel procedere dialettico (il divenire) la
principale caratteristica di ogni determin azione.
9) Insomma dalla Logica di Hegel, si evincono pr e-
gnanti ed espliciti argomenti per costituire un punto di
osservazione proficuo e penetrante dell’estetica desa n-

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ctisiana. Si rileva, così, che u na delle maggiori difficoltà
è il problema contenuto -forma che Kant, invece, osse r-
va presentandone separati i termini. La “Logica” es a-
mina questa situazione rilevando che la “legalità” della
loro riunione è, più che veramente necessaria, dichi a-
rata tale nella forma di un nuovo pensiero trascende n-
tale, per il quale la legge (forma) è vuota se priva di
contenuto ed è necessaria solo che vi sia il contenuto
(fenomeno) ma di una necessità a posteriori, conti n-
gente..
La forma vi rappresenta l’unità e la coerenza , il luogo
dei rapporti; ma i contenuti, che dipendono dai rappo r-
ti tra mondo dei fenomeni e le nozioni esplicativ e tra-
scendentali, si presentano interessati da una suppos i-
zione supplementare: l’idea di una totalità che porta in
sé due aspetti formali d iversi quali sono l’eternamente
inconoscibile e la sola sfera della conoscenza (fenom e-
nica).
10) Occorre soffermarsi abbastanza su questi punti
della critica-ironia di Hegel a Kant (Logica, 136-149)
per ben fissare il significato radicale delle diadi cont e-
nuto-forma come momenti, invece, di una sola totalità,
e dunque come sintesi. E’ siffatta posizione importante
ai fini della comprensione dello spessore propositivo
della dialettica contenuto -forma e della forma come
“cosa” (cfr “Libro su Dante”); è importante tener pre-
sente il superamento della diade nella sintesi con l’idea
di totalità che in Hegel si precisa come fondazione co n-
sapevole della insignificanza d’ogni tentativo di tr a-

22
sformarla in un puro rapporto fra entità considerate
come separate.
11) Ciò chiarisce il fatto che l’approccio all ’estetica
desanctisiana va pensato dopo opportune riflessioni
sulla logica hegeliana; cosa evidente, peraltro, dal fatto
che in Hegel tutto si dispiega come Spirito -totalità dei
suoi momenti, in una struttura logica in c ui oggettività
e soggettività sono momenti inseparabili di un solo
processo che concretizza lo sviluppo delle finalità di
determinazioni concettuali mediante le quali si coglie
un’ontologia dello spirito (il momento fil osofico).
12) Questo tipo di maturazi one della visione hegeli a-
na, rende agile e spedita la caratterizzazione
dell’estetica di De Sanctis, di cui focalizzo qui di segu i-
to alcuni punti, osservando che essi sono esposti in
modo da circostanziare prossimità e differenze da H e-
gel:
a) l’essenza dell’arte è la forma, non come veste, velo
specchio e che so altro, manifestazione di una general i-
tà distinta da lei, quantunque unita a lei ... la forma
non è un’idea ma una cosa; sicché il poeta ha innanzi a
sé delle cose e non de lle idee;
b) la forma è unità organica di contenuto e forme; e s-
senza dell’arte; ciò che il poeta vede inconsciamente, è
la concezione non il concetto (Libro su Dante, Saggio su
Petrarca, La giovinezza);
c) la posizione hegeliana costituisce quell’ambito di
filosofia dell’arte di cui dice De Sanctis con attento ri-
ferimento al nesso contenuto-forma (... una storia della

23
letteratura presuppone una filosofia dell’arte ... noi
abbiamo una filosofia dell’arte tutta d’accatto e
senz’applicazione ... cfr: Opere Torino 1975 VII pag.
316);
d) la scelta filosofica neohegeliana di De Sanctis co n-
duce ad una visione delle attività teoretiche dell’uomo
come modi diversi di adeguazione al contenuto che è
realtà, momenti e non facoltà di cogliere parti distinte
della realtà (... ogni contenuto è una t onalità, che, co-
me idea, appartiene alla scienza, come esistere mat e-
riale appartiene alla realtà, come forma appartiene
all’arte. Il che non vuol dire che il filosofo, guardando
nel contenuto l’idea, debba sopprimere il resto; ma che
tutto il resto dee ess ere considerato in relazione
all’idea. E non vuol dire che il poeta cogliendo il cont e-
nuto come forma, debba sopprimere il resto, cioè que l-
lo che ci è di religioso, di politico, di morale, di reale,;
ma che tutto questo debba apparire come forma, bello,
sublime, orribile, brutto, ecc. Non è una mutilazione,
non un’astrazione; quello che fa lo storico, il filosofo, il
poeta, è quello che fa la natura ... ciascun momento a t-
trae in sé tutti gli altri, dando ad essi il suo colore ...
cfr. “Saggio su Schopenhaue r e Leopardi” ...) . Ciò co n-
viene con l’autonomia dell’arte e la esclusione di ogni
visione strumentale (esempio: il razionalismo della
scuola leibniziana), una visione anti - intellettualistica
che già vive la crisi del sistema hegeliano; comporta e
spiega l’appello alla vita contro ogni astrazione ( cfr.
Satana e le grazie “Cimento” T orino a. II serie III vol. V

24
1855; e La crisi del romanticismo T orino 1972 pag. 376 -
381).
e) tale posizione desanctisiana avverso la astrazione,
il suo appello alla “vita” e al la concretezza della ra p-
presentazione estetica, non in un senso romantico, tr o-
vano riscontro tematico in quanto è leggibile nella riv i-
sitazione di Hegel su cennata; e, in quella parte della
Logica relativa al piano dell’essenza riguardante la sci s-
sione tra oggetto e soggetto, oltre che alla realtà attiva
o attualità (Wirklickeit) in cui verrà meno il dualismo
tra leggi formali e o ggetto;
f) l’impostazione anticlassica ed antiaccademica della
“Storia della letteratura italiana” (Napoli 1870 -’71) di
cui riprendo nel corso delle mie riflessioni i passi s a-
lienti, chiosando a verifica di quanto fin qui evidenzi a-
to ... esempio il passaggio dalla virile unità tra pensiero
ed azione vissuta in Dante ... f ino alla coscienza civile e
fattiva slegata ormai dall’ideale ascetico e trascende n-
te del medioevo ...).si collega alle tesi centrali secondo
cui De Sanctis fondava la sua avversione per il formal i-
smo della vecchia retorica, quanto per il contenut ismo
tipico della estetica romantica che considerava l’arte
quale rivelazione dell’idea o quale statica espressione
della società; e con ciò si comprendono estesamente i
motivi di fondo che portano De Sanctis ad affermare
che gli artisti non sono interessati e nemmeno trattano
concetti, sicché egli immaginò che gli artisti t rasmetto-
no “concezioni” in un procedere di elaborazione pr o-
gressiva, in una visione altrettanto aperta della vita s o-

25
ciale.
g) l’esaltazione del carattere intuitivo del linguaggio e
l’individuazione nella “cosa” (la forma), ossia del carat-
tere peculiare del contenuto, dell’origine dello stile; il
rifiuto del realismo volgare ( cfr. Storia ... pag. 188 -189
“... chi non ha la forza di uccidere la realtà, non ha la
forza di crearla ...");
h) il rapporto dialettico realtà -ideale nell’opera
d’arte e la visione org anica della vita poetica ( cfr. Ope-
reTorino 1975 XIV pag. 448);
i) la considerazione della storia dell’umanità e del
cammino dell’arte nelle leggi generali della poesia; la
considerazione dello scrittore nelle sue concrete cap a-
cità, così come si è storicame nte formato,
nell’esecuzione del suo lavoro la cui fo rma è, appunto,
questo individuale irrepetibile processo unitario nel
quale, se è riuscito, elementi soggettivi ed oggettivi si
sono perfettamente fusi per realizzare la sua poetica,
le sue leggi organiche, il suo concetto, la sua forma, il
suo stile (cfr. Opere citate, VII 250 - 256 ....)
l) Ho fatto riferimento ad alcuni passi in UL “Il punto
su De Sanctis”, pagg. 85.111”; e ciò al solo fine comp a-
rativo; ed anche le osservazioni, ivi, del Migliori P a-
renti Viola Vegezzi, avendo, comunque sempre presenti
i testi originali ivi citati ed avvertendo questa es igenza
di comparazione via via che mi rendevo conto che le
mie conclusioni si presentavano in qualche punto orig i-
nali e alquanto divergenti rispetto ad attestate visioni
dell’estetica del De Sanctis.

26
l) Particolare peso per me ha avuto la “Storia della
letteratura ...”come svolgimento verso la sintesi di id e-
ale e reale in una progressione “concreta” di derivazi o-
ne hegeliana (cfr. di Hegel la Fenomenolog ia ...) e la
connessa e conseguente periodizzazione della storia
per “secoli” anche se in Hegel il criterio non è cron o-
logico ma logico -critico. Nel De Sanctis invece si pone
in stretto, anzi, costitutivo rapporto alle tipologie (p o-
ema, dramma, poesia) d i realizzazione della sintesi tra
contenuto e forma e la cui origine è reale, legata al
tempo, alla società ed alle visioni del mondo che cara t-
terizzano la storia dell’uomo. Tali visioni, peraltro, si
ri-presentano al critico come occasioni utili per ril evare
la attività estetica come momento di creazione sogge t-
tiva di uomini (cfr Corso torinese sopra Dante; Storia ...
pagine sulla Divina Commedia ... ma anche cap. XX) c a-
paci di “intromettere nello scopo generale, fini partic o-
lari, senza che ne scapiti l’u nità” (ib.) realizzando, mal-
grado i tempi, e le visioni del mondo, l’unità dialettica
di contenuto e forma.(... è Dante la più potente indiv i-
dualità di quel tempo *mondo de’ misteri e delle le g-
gende, divenuto mondo teol ogico-scolastico in mano a’
dotti ...+ nella quale è compendiata tutta l’esistenza
come era allora, con le sue astrattezze, le sue estasi,
con le sue passioni impetuose, con la sua civiltà e la
sua barbarie ... e l’altro mondo esce dalla sua astrazi o-
ne dottrinale e mistica, cielo e terra si m escolano ... la
vita si integra, sintesi vivente di questa immensa co m-
prensione ... (cfr. Storia ...);

27
m) la figura del genio artistico rimane, dunque, e si
presenta illustrata come attività soggettiva con la qu a-
le il fine est etico ed il suo momento si rea lizza; da qui
è possibile evidenziare almeno due motivi della estet i-
ca desanctisiana: a) la imprescindibilità della conosce n-
za puntuale della temperie storico -culturale
dell’operare in senso estetico, essendo il mondo
dell’artista l’irrinunciabile sfondo d i lettura, anzi il te r-
reno di contesto della soggettività teleologica del genio
come attività libera dalle proprie condizioni che pur u-
tilizza; b) la caratterizzazione delle produzioni artist i-
che come sistema di determinazioni dinamiche e pr o-
cessuali che n ella forma trovano la loro validità e nella
realtà sociale e storica il loro proprio criterio imm a-
nente per essere forme di una forma, dunque, mai r i-
gettabile su un piano di astratta teoria; la permanenza
transepocale del valore estetico (la forma o “cosa” )
nella dialettica di attività artistica e realtà; la afferm a-
zione del valore estetico internamente alla consider a-
zione dell’opera d’arte sensibile e materiale (una fo r-
ma) come ideale, ossia come realizzazione di un’idea
(la forma);
n) poiché tale affermaz ione dell’idealità della “cosa”
(la forma) è indispensabile in quanto necessaria alla
edificazione—elevazione estetica di un’opera nel co n-
testo dei suoi legami con lo spazio storico -sociale, an-
che l’autonomia dell’arte si presenta, più che una qu e-
stione teorica, una esigenza reale, il fondamento ind i-
spensabile essenziale della soggettività dell’artista c o-

28
me attività realizzatrice del valore anche e soprattutto
contro il suo tempo;
o) ne risalta il ruolo più che operativo sistematico che
riveste radicalmente la critica estetica; ed è facile con-
vincersi che non a caso il De Sanctis più che storica o
estetica ha svolto con maggiore successo opera critica;
e, mentre prende le distanze dal concettualismo heg e-
liano e dal sociologismo r omantico neovichiano, vive la
critica estetica mai come intellettualizzazione o pers o-
nalizzazione delle possibili condizioni di esistenza del
valore estetico, mai si sofferma a valutazioni formali
conducendo una analisi la cui coerenza è la stessa log i-
ca dei rapporti letteratura -arte-cultura società ( anche
qui fondamentale è la “Storia ... “).
Sicché “nessuno ha realizzato come De Sanctis il suo
ideale di una critica germinante dal senso stesso della
poesia” e che determina “il significato, il valore del
concetto che l’informa consid erandolo rispetto al te m-
po e al luogo dove è nato e assegnandogli il posto e il
significato nella storia dell’umanità e nel cammino
dell’arte” (Carlo Musce tta; ed. cit. pag. 99).
p) La critica estetica, insomma, include in sé la pr o-
pria genesi che è l’ogge ttività del giudizio estetico e
non porta su un oggetto che le è esterno ma su quel
rapporto che l’arte intesse con “suo” secolo come fo r-
ma organica e autonoma e che rende la critica insep a-
rabile dalla stessa attività estetica, di cui presenta e
presentifica il senso; mai come compito di dettagli (le
singole opere) ma di affermazione di forme che reali z-

29
zano, identificano e situano la forma nella sue viventi
unità organiche, rappresentazione dell’individuale ma
non di idee e di tipi ( cfr., in antitesi, Vico, o la figura di
Achille come “carattere” eroico dell’età della fantasia)
né pura allegoria r ispondente a combinazioni astratte
ma forma nella quale il poeta che opera è “involto e
quasi perduto ...” (cfr. La giovinezza);
Una serie di riflessioni a questo p unto quanto mai
proficue ho potuto svolgere dalla lettura del “Libro su
Dante”; vi ho svolto alcune osservazioni sulla struttura
progressiva, la segmentazione e la impostazione della
Storia ... rilevandone anche lo schematismo di alcune
posizioni: quadro evolutivo da Dante, Petrarca, Bocca c-
cio al Rinascimento, Galilei e Vico, Parini, Foscolo
,Alfieri ... ordinati per confortare la tesi di una pr o-
gressività connotata come ideale di più profonda co e-
renza tra pensiero ed azione e che, tuttavia, è una p e-
netrante caratterizzazione critica che, contro il form a-
lismo e la retorica, pone i temi vividi di sincerità mor a-
le e di ideale estetico;
o) Ho rilevato la configurazione della Storia e, c o-
munque, la finalizzazione dell’opera complessiva di De
Sanctis, come impegno efficace di aperture e progresso
di vita sociale caratt erizzante un orizzonte morale della
critica desanctisiana. La visione dell’arte mi è apparsa
allora come ambito di propos izione tematica etico —
pedagogica che conduce al momento critico come att i-
vità del rivivere profondamente le creazioni poetiche;
q) con riguardo a tali caratteri e soprattutto alla su d-

30
detta condotta critica contro l’ipocrisia e l’ambiguità,
contro il formalismo e le pure teorizzazioni, ho rivolto
la mia attenzione ad alcuni aspetti dell’estetica del
Gramsci (Lettere da carcere, in particolare la
1.12.1930; e la 05.9.1932) e per il ra pporto Croce–
Gramsci, particolare riferimento va assegnato a “Con-
cezione moralistica della storia” (Bari 1945 pag. 279 -
’80) curato dallo stesso Cr oce;
r) Nel merito ritengo di poter affermare che Gramsci
rivolge il suo interesse alla critica desanctisiana cert a-
mente non in quanto ben fondata e tantomeno ad e-
guabile in qualche modo alla sua visione storicistica
dell’arte (la sua filosofia della prassi vede l ’opera
d’arte in una processualità concreta mentre forme e
contenuto dell’opera vi sono le forme storiche) e ne m-
meno perché rispondente alla sua visione d’un rappo r-
to strutturale tra lingua storica e linguaggio artistico.
L’attenzione di Gramsci all’esteti ca di De Sanctis ha
motivi che ne riguardano l ’attività critica, la sua effic a-
cia più che la sua validità o la sua fondazione; rigua r-
dano la su delineata visione aperta e progressiva ed
autenticamente moderna de lla vita sociale; la polemica
contro il formalismo e l’ipocrisia tese a “fondare la lo t-
ta per una nuova cultura, cioè per un nuovo umanes i-
mo, la critica dei costumi, dei sentimenti, e delle co n-
cezioni del mondo, con la critica estetica o purame nte
artistica sul fervore appassionato, sia pur nella for ma
del sarcasmo” (Letteratura e vita nazionale Torino 1950
pag. 7). Ciò che Gramsci trova più adatto alla filosofia

31
della prassi è la tracciata necessità di una educazione
ispirata ad un umanesimo moderno, radicale, e
l’auspicio desanctisiano di una scienz a realizzatrice de l-
le condizioni etiche per dare contenuto sociale alla l i-
bertà; anche se l’arte non deve essere giudicata per il
suo contenuto morale e politico ma per la sua fo rma; e
anche se nuovo umanesimo significa, per Gramsci, nu o-
vi rapporti sociali .
s) E ciò in quanto Gramsci respinge la riconduzione
meccanica dell’arte alla struttura economica; su questo
punto pertinente alla genesi ma anche alla problemat i-
ca della autonomia dell’arte e della soggettività artist i-
ca, un puntuale riferimento ma anche una indispensa-
bile chiave di lettu ra ho trovato nell’articolo di V. Cu-
ratola (1-2 Pensiero e società agosto -dicembre 1990
pag. 75-93 “Arte come sovrastrutt ura.”).
t) Per il rapporto Croce -De Sanctis, va tenuto presen-
te ed evidenziato che Croce collegò dir ettamente la
concezione estetico –filosofica con la metodologia crit i-
ca (Estetica 1902) e valorizzò il carattere individuale e
singolarmente irrepetibile dell’opera d’arte per poi ( A-
esthetica in nuce 1928; La poesia 1936) accentuarne il
carattere cosmico ed universale; e che inoltre (Conve r-
sazioni critiche, 1932) asserire che nell’arte —che è
sintesi di contenuto e form a, espressione e lingua g-
gio—nella grande poesia “il carattere del tempo spar i-
sce e ci si trova in presenza dell’eterno umano”.
Frasi di quest o tipo come la considerazione di “ogni
critica d’arte” come “storia dell’arte” e viceversa, me n-

32
tre si contestualizzano internamente alla visione filos o-
fia crociana (coincidenza di filosofia e storia) e risolv o-
no il giudizio valutativo in un giudizio storic o, hanno
solo assonanze ma non struttura od omologia fond a-
zionale rispetto alla posizione desanctisi ana.
In Croce la concezione gnoseologico -estetica condi-
ziona la (dunque, non si realizza nella) critica e, pera l-
tro, coordina una metodologia critica per va lutare più
che rieleggere tensioni tra idea e figura; per indagare
più che rivivere, la dialettica dell’opera letter aria ...
Il contenuto secondo l’estetica desanctisiana va int e-
so entro quella unità organica e immanente al processo
della sua realizzazione , che è la forma, unità vivente
nella quale si realizza il valore estetico in quanto il
contenuto “sta innanzi” al poeta “non come mero a c-
cessorio (cfr: Saggio critico sul Petrarca, Torino 1952,
pag.26).
Un campo, dunque, nel quale “la natura di un cont e-
nuto, come si presenta al poeta in questa o quella d i-
sposizione del suo animo, genera la situazione” (ib.
pag.117); campo, insomma, del coinvolgimento nella
dialettica di processo verso la sintesi vivente di cont e-
nuto e forma, della formazione dell’opera; di sviluppo
e di condensazione di pensieri e immagini; di idealità,
complesso di idee e principi, che è umanità e storia,
società e cult ura.
A siffatto campo di realtà, per coerenza con i principi
dell’estetica desanctisiana, occorre assegnare le se-
guenti caratterizzazioni: 1) esso non può consistere di

33
significati oggettuali univoci, in quanto l’opera
dell’artista mancherebbe di latitudini creative ed al
più verrebbe rimessa al lirismo o alla retorica della
scelta e della descr izione;
2)non sommesso a regole esterne, esso non ospita va-
lori attuati è impone traguardi: non materia passiva di
plasmazione artistica, né astratto estetismo. Infatti,
deve configurarsi campo reale di idealità indetermin a-
to rispetto alle varie attività dello spirito contraria-
mente rimarrebbero logicamente derivabili contestual i-
tà forti e simbioticità obbliganti tra quelle attività, il
cui principo attiverebbe una seria problematica circa
l’autonomia dell’arte, e la coessenzialità nella sintesi
della attività dell’artista.
A questo campo reale aperto alla dialettica di co n-
tenuto e forma, spazio dell’autonomia dell’arte, per la
genesi della situazione e formazione del valore estetico
con un proprio orizzonte storico, ho dato il nome di la-
tenza, nel senso di virtualità vivent e, apertura al con-
tenuto possibile, cioè ben distinto dal verosimile man-
zoniano in quanto dalla intralogica storica, culturale
sociale, sollecita la propria forma ed il vig ore spirituale
dell’artista. Nel corso dell e mie analisi, ne ho calibrato
dunque in un senso strutturale, la definizione per ovv i-
are a confusioni, di tipo gnoseologico o metafisico, che
il termine potrebbe produrre ; per osservare la tesi de l-
la formazione desantisiana come azione di struttura
della realtà che include, ossia secondo il De S anctis,
che coinvolge l’artista..

34
Da questo mio originale punto di vista è possibile
conferire all’estetica di Francesco De Sanctis una inn o-
vazione profonda della sua frequentata collocazione in
ambito hegeliano. Infatti, l a funzione dell’artista si
presenta con chiarezza come il lavorare una latenza,
farne esistere le significazioni e le latitudini, per ren-
derla “proprietà dello spirito” creandone una esistenza
sociale storica, progresso civile dall’immaginazione, dal
sentimento, cioè da “tutta l’anima" (cfr: “La giovinez-
za” Giunta Editori Napoli 1983, pag. 1559); per amplifi-
carla fino a generalizzazioni che incorporino tratti di
eccezioni, realizzarla internamente al suo spazio stor i-
co-ideale esportandola dalla superficialità delle cose
con una originalit à di “orizzonte proprio” che è “part e-
cipazione alla impronta sua e del te mpo” (ib.); non per
cercarle un modello ma per conferirle la funzione d’un
valore.
Da tale funzione del genio, la latenza risalta come
luogo del “possibile” estetico col carattere di campo di
sentimenti reali nutriti, di forza d’espressione e di se n-
timento; talché in esso resta radicato e vi si fissa il si-
gnificato desanctiano di “situazione” . E’ dal lavorare
una latenza che esiste il contenuto che prende una
forma determinandosi la opera d’arte.
Questa dialettica latenza -possibile-valore estetico,
coinvolgente la creatività dell’artista, rimanda , quindi,
a figure eccezionali d’uomo, anche in ordine alle ult e-
riorità pedagogiche dell’opera, che, benché non cost i-
tutive, assumono in Francesco Desanctis un termine

35
ideologico fondamentale, stagliano dualismi nella nat u-
ra umana, ontologici o schemi sociologici, che esigono
più di una seria attenzione crit ica.
Siffatta problematica, non estranea a gli indirizzi di
estetica marxista (esempi o: l’osmosi intellettuali-
semplici, in A.Gramsci) e che in Hegel è sottodeterm i-
nata dalla logica della “morte dell’arte”, dovrebbe, se
lo vuole, liberarsi dal profetismo ottimista del “tutti
artisti” (o, artisti del tempo libero secondo Marx). Va
dunque affrontata in sede teorica; per una dialettica
della soggettività nello spazio, struttura o formazione
ideologica, del suo tempo.
Nel merito, in una analisi strutturale, rileverebbe il
problema di come in alcuni soggetti, per qualche effe t-
to, ma certo non p er privilegi ontologici e nemmeno di
classe, succede qualcosa che producendoli come so g-
gettività “spostate” consente loro di “vedere” ciò che
ad altri, per qualche “legge strutturale” di una form a-
zione sociale, non è dato di vedere (cfr. Cahiers pour
l’analyse, Boringhieri Torino 1972).
Certo, tutto ciò significa posizionarsi alle demarcazi o-
ni della estetica “classica” per assumere un punto di v i-
sta che rimanderebbe ad una articolazione concett uale
interessantissima e non lontana dall’ambito desanct i-
siano. Tuttavia, sono convi nto che la conversione della
latenza in possibile artistico, è legittimamente temati z-
zabile una riconduzione dell’estetica desanct isiana alle
sue radicazioni teoretiche immediatamente restandone
chiarificata la circostanza che la funzione dell’“artista”

36
non è protagonismo intellettuale, ma uno spostamento
entro una struttura di realtà visibili: la possibilità
dell’effetto estetico si espone come mutazione esisten-
za dell’oggetto, realizzazione degli ideali, attivazione di
quelle forme dell’immaginario, che sono latenti neiluo-
ghi della “massa” ossia del soggetto “normale” in cui
l’oggetto è oggetto ordinario ossia ha la datità di un s i-
stema fraseologico istituzionale.
Di questi aspetti, che maturano a valle di una non ba-
nale lettura dell’estetica desanctisiana, ho tenuto co n-
to nella elaborazione del presente saggio che in essi,
dunque, trova la propria originalità ; tuttavia qui non
sviluppo con puntualità una seppure importante analisi
strutturale che conduce alla definizione dell’opera
d’arte come creazione di una inedita durata, evento di
tempo strutturale. Non la sviluppo per non incorrere in
ignoratio elenchi cioè non varcare i confini dell’estetica
desanctisiana, precisando però la mia convinzione che
trattasi di aspetti che sono centri di attenzione critica
da non sottovalutare.

37
CAPITOLO III
Concetti e temi principali

Il rilievo che l’alta opera dello storico e del critico ha


nella definizione della estetica desanctisiana, si profila
via via con evidenza tematica, fin dalle lezioni g iovanili
(anteriori al 1848), dal Corso di Zurigo (1858), fin o al
Saggio critico su Petrarca, raggiungendo la sua matur a-
zione organica in Storia della letteratura italiana. In
queste opere, il giudizio critico segna una linea salda e
coerente con il propos ito, appunto, di definire, attua n-
dola— cioè non come formulazione di principi a priori
ma provata in concreto — un’estetica imperniata nel
realismo.
Dunque, capacità e sensibilità critica si originano s e-
condo un criterio con un legame direttivo ad una scelt a
di fondo: innovare la problematica del rapporto tra
storia e poesia, tra ideale e verità storica; superare, in
tale contesto, il dualismo tra ideale e reale affrontando
problemi estetici non per esiliarvi, in nome di un e c-
centrico e rigido realismo, ma p er costituirvi
l’ineludibilità in arte, in quanto arte, della idealità del
reale e vivere tale idealità in un lavoro critico valido a
provare che ideale e reale sono la medesima cosa, nella
organicità di vita storico -sociale realizzata in un indiv i-
duo concretamente determinato, nella unità sintetica
di contenuto e forma.
E’ per tale via, di là d’ogni assonanza o derivazione di
scuola, che l’estetica desanctisiana prende posizione

38
rispetto agli idealismi classicista ed hegeliano; mentre
acquista una origin alità di proposizioni e punti di vista
il lavoro critico sollecitante anche nuovi sviluppi del
verismo nonché del natural ismo.
Come si vede, mia convinzione è che l’estetica desa n-
ctisiana vada enucleata nei suoi punti nodali dal lavoro
storico e critico, dalla critica con la viva consapevole z-
za storica, con cui il De Sanctis apre alla nostra atte n-
zione ampiezza di osse rvazioni, analisi, giudizi.
Infatti, nell’opera critica desanctisiana
l’individuazione dei problemi prevale sulla loro event u-
ale astratta definibilità; i richiami e le proposizioni va l-
gono, in una precisa linea di sviluppo progressivo e o r-
ganico, ad affermare gli obiettivi di crescita civile, le
adesioni alla necessità di una cultura italiana ormai e-
spressione di una borghesia da aprire ad istanze libera-
li. E tutto ciò, mentre fissa aspetti consistenti di una
problematica teorica e rimanda ai riferimenti neoheg e-
liani tanto da dare spessore alla dialettica concreta di
reale ed ideale, inerisce in modo originale ad un altre t-
tanto originale con cetto di reale, di una estetica real i-
stica.
Ma quel che intendo precisare è che tale inerenza è
addirittura via di definizione di un’estetica che intende
né negare né assumere una poetica dell’ideale estetico:
la individuazione costitutiva di uno spessore teoretico
dell’estetica realistica non è, perché non poteva ess e-
re, oggetto di una opera speculativa separato dalla pr a-
tica concreta delle produzioni artistiche nei loro el e-

39
menti necessari, in quel movimento che, l’ho appena
richiamato, è dialettica di ide ale e reale. Dialettica tut-
tavia non come momento hegelianamente inteso — che
apre, “morendo” in un progresso processo agli altri
momenti dello spirito — ma coessenziale alla vita ed
alla storia.
Insomma, anche se in qualche punto il De Sanctis
parla di “morte dell’arte” realizzato che sia il momento
apicale di crescita civile e morale di cui essa è lievito e
terreno genetico, il realismo desanctisiano, secondo
una sua osservazione come vissuto di un lavoro storico -
critico, mai è riducibile a dialetti che gravate di ordini
previsionali; il lavoro estetico desanctiano è esso ste s-
so un vissuto nell’orizzonte dell’arte mai come str u-
mento di legittimazione estetica procedente per aut o-
definizioni.
E’ lavoro infatti coinvolto nell’ideale del reale poet i-
camente determinato in una individuale soggettività —
il genio— di una temperie storico -sociale. E, sia ben
chiaro, non determ inato secondo canoni ed obiettivi —
altro ambito, od altro nome, della formula e dello
schema— che assumerebbe la creatività contradditt o-
riamente irrigidita nella positività di tipi e generi, ma
in una sintesi— superamento e conservazi one— di vita-
contenuto e sentimento, oggetto e soggetto; rivissuto
come unità in quel coinvolgimento creativo che è il
giudizio estetico, in un lavoro di interp retazione meto-
dica di forme letterarie secondo il procedere attivo di
esistenza sociale e storica.

40
Di questo lavoro critico intendo richiamare a sost egno
delle mie affermazioni, alcuni punti salienti.
Un primo elemento metodologico ci viene fornito da
un saggio in “La giovinezza” (Guida editori 1983 pag.
186-187). Esattamente il De Sanctis sottolinea la pr e-
giudiziale esigenza di un esame critico del “contenuto
in sé e nelle sue condizioni di tempo e di luogo da cui
derivano le forme, cioè a dire le situaz ioni, l’ordine, i
caratteri, lo stile, ecc.”; il critico e lo storico in unità di
obbiettivi e di sentimenti pongono il problema estet i-
co, non in un modello ideale ma con riferimento a
quanto in un ideale si incorp ora in un periodo storico.
Ma v’è di più: ciò che è tipico e necessario dell’opera
d’arte in una concezione organica di storicità e indiv i-
dualità artistica, non è nemmeno un astratto tipo o
modello compositivo, dal momento che: “derivando le
forme dal contenuto, nessun poema può essere tipo o
modello di tutti gli altri, perchè ciascuno ha un cont e-
nuto suo e perciò forme sue” (ib. pag. 186).
Per De Sanctis, dunque, l’ideale è ciò che è calato nel
reale e peraltro si realizza nel concreto lavoro artistico,
il cui valore estetico è una misura di ciò che si è realiz-
zato, degli elementi vivi della società dei quali si è s o-
stanziato organicamente l’atteggiamento dell’artista e
il suo sentimento attivo; del coinvolgimento della so g-
gettività del genio la cui indiv idualità e determinatezza
non consente al critico di avvicinarsi all’opera per tr o-
varvi elementi e forme astratte di un generico mondo
poetico ma aspirazioni, caratteri, movimenti reali della

41
società, un materiale storico e positivo che è, inso m-
ma, carattere storico -sociale della attuazione del re ale
come ideale. Ecco che l’estetica si arricchisce di una d i-
rettrice in più verso il concreto lavoro di un determin a-
to poeta visto nella profondità della sua vita come vita
reale, come sentimento intimo e riflesso di una società.
Infatti <<in poesia non c i sono tipi ma individui e ne s-
sun individuo somiglia ad un altro. I tipi sono astrazioni
della critica. Il tipo è una data qualità accentuata come
è anche nella vita reale>> (il pag. 187).
La affermazione desanctisiana ha una determinazione
inequivocabile anche per quanto concerne la posizione
del poeta o dell’artista a fronte della realtà rispetto a l-
la quale si realizza un coinvolgimento se non un para l-
lelismo tra mondo i ntenzionale effettivo e realtà di vita
storico sociale che connotano nella forma il se nso e il
segno, la struttura insoma, del terreno di generazione
del contenuto. Ma le considerazioni che qui sto richi a-
mando hanno un’ampiezza che investe la personalità e
la consapevolezza poetica del poeta, e gli aspetti ont o-
logici dell’uomo che , restando all’interno della visione
desanctisiana debbono essere messi al riparo da astr a-
zioni e categorizz azioni.
Precisamente, il realismo desanctisiano nella sua or i-
ginalità cui ho fatto cenno introduttivamente come si n-
tesi di istanze ideali e di verità storica, risulta evidente
dal fatto che <<l’umano, homo sum>> è fondamento as-
soluto è perciò immutabile di tutta la vita umana, reale
e artistica: non esiste in natura e non esiste in arte. Gli

42
elementi etici e poetici che fanno di s é bella mostra
nella retorica, non sono che astrazioni; tolt e dal vivo
dove erano incorporat e, non sono che pezzi di anat o-
mia, frammenti cadaverici>>. (i b. pag. 187). Ed è que-
sta osservazione critica, che restando entro gli orizzo n-
ti desanctisiani, va estesa anche ai principi e a quanto ,
per così dire, viene premesso alla creazione artistica
“riparo da astrazioni e categorizz azioni”.
Esemplifico, con la seguente citazione: <<le regole
sono anch’esse lavoro posteriore all’arte, e perciò s ono
anche esse astrazioni. Le regole più importanti non so-
no le generalità ma sono quelle che traggono il loro
succo ex visceribus causae , dalle viscere del conten u-
to>> (ib. pag. 187).
In particolare, i punti metodologici di una analitica di
un lavoro estetico , valida a eliminare la divaricazione
tra cultura e vita, devono tener conto attentamente
della impotenza della scienza a realizzare effettivi pr o-
gressi, giacché procede secondo dicotomie di vero e di
falso..
Occorre, quindi, una osservazione dell ’opera poetica
senza regole premesse o generalità di int enti che inve-
ce esattamente nella scienza hanno senso o sono op e-
ranti. Sono le regole e forme già definite o astratt a-
mente intese di cui la scienza non può prescindere In-
vece: << ... il vero in arte non è assoluto come nella
scienza, ma è relativo al conte nuto, nelle condizioni in
cui lo concepisce il poeta. Le rappresentazioni poetiche
sono vere anche quando il contenuto è riconosciuto

43
falso. Gli dei non esistono più innanzi alla nostra co-
scienza, ma restano immortali in Omero>> (i b. pag.
187).
L’estetica desanctisiana, profondamente legata alla
vita reale è esame di significati vitali, contestualizza
unità di situazione storica ed individualità poetica che
si aprono e si re alizzano nel movimento latenza–
contenuto verso la sua forma . E’ evidente, allora, c he
tutto ciò conduce ad una asserzione del valore estetico
originale e con una visuale impervia, a mio parere a d
ogni estetica teorica dal momento che il difetto radic a-
le di ogni astrattezza –anche di quella del sistema h e-
geliano –è l’impotenza a cogliere il senso del reale e
della vita.
Dalla specificità del lavoro critico del Desanctis ve n-
gono alla luce le direttrici di un’estetica che è aliena da
ogni idolatria delle forme e che, con la profondità della
ricerca storica e con la proposizione del giudizio come
esperienza estetica, si pone anche come vivo sentime n-
to della realtà con un bisogno di crescita culturale e
politica: << la mia natura –ricorda il De Sanctis –mi ti-
rava appunto al concreto, nelle mie analisi, sia che a-
vessi innanzi qualche brano da es aminare, sia che ave s-
si qualche componimento da criticare, sentivo più d i-
letto e più sicurezza che nelle astrazioni ... dimoravo
mal volentieri nell’astratto ... base ... era non la purità,
ma la proprietà. Le forme erano per me dei fenomeni di
cui cercano la spiegazione nel loro significato, ch’io
chiamavo il conten uto>> (ib. pag. 127-128).

44
Questo passo che ho citato, a mio parere, rappresenta
una icastica definizione o posizione del concetto di si n-
tesi che nella estetica desanctisiana è concretezza di
significati con cui una forma, per così dire, risponde a-
gli interrogativi dello storico e del critico consapevol i
della enorme rivoluzione che essa validamente dete r-
mina nella problematica estetica s econdo una innovata
dialettica di ideale e re ale.
E’ da questa posizione che il De Sanctis vede un modo
di valutazione estetica che <<aveva un metodo nuovo,
e conduceva a nuovi risultati>> (i b.l pag. 128). Evidente
risulta, allora, la necessità di una rifondazione del co n-
cetto di contenuto con un rapporto essenzi ale e preci-
so con la sua forma . Il contenuto, più che in un fatto di
contesto causa effetto, risulta in un nesso di medes i-
mezza con ciò che il figurato figura : non preesiste alla
forma la quale non è rivestimento nel quale il conten u-
to sia involto o quasi perduto. Esso stesso è particolare
di vita, particolare per cui la vita è vita non generale e
immobile come un conce tto.
Insomma, tutto ciò consente di ribadire che la forma
in De Sanctis non rimanda ad un simbolismo intellett u-
ale o ad astrazioni letterari e. Astrazione è non generica
ma concreta e determinata, tipicità e non tipo, caratt e-
ristica e identificante esteticamente il contenuto con
una specificità poetica e non scientif ica.
In ordine a questa problematica fondamentale del
valore estetico, la form a come strutturazione e vitalità
è la culminazione di processo dialettico nel quale si

45
contestualizza il sentimento attivo del poeta che cre a-
tivamente concepisce con la forza del suo mondo int e-
riore ciò che è situabile come possibile contenuto del
suo mondo e del suo tempo. In una propria temperie di
effettivi valori sociali e culturali si realizza quanto nel
contenuto è situato latente; quanto il contenuto esige
dal momento che “ ... quando esiste il contenuto pi c-
chia e ripicchia, a lungo andare si fa via, si crea la for-
ma sua” (cfr. “Alessandro Manzoni e la sua scuola” in la
“Letteratura italiana del secolo decimonono” Bari 1953
pag. 6). In questo senso i termini del movimento diale t-
tico possono essere considerati come: latenza - (la si-
tuazione poetica nel contenuto), la concezione poet i-
ca(la situazione in un determinato poeta) , la creatività:
passaggio da latenza a possibilità , a sintesi di conten u-
to e forme.
Più avanti darò dettagliato sviluppo di questi aspetti
della dialettica contenuto -forma; frattanto osservo che
la opposizione al concetto astratto, all ’idolatria del
concetto determina un punto nodale dell’estetica d e-
sanctisiana secondo cui assume tutta la sua importa n-
za, quale termine concreto -attivo, la concezione poeti-
ca.
Allorché De Sanctis espressamente afferma che l’arte
non va identificata con il concetto né con l’idea, s e-
condo una visione intellettualistica dell’attività estet i-
ca, ed oppone (cfr. op. cit. La Giovinezza, pag. 157) agli
intellettualismi la << serietà degli intelletti>> che <<
non si arresti alla superficie, ne scruti le cose nella loro

46
intimità ... la originalità nelle cose e nelle forme>> (il
pag. 155) egli precisa la distinzione tra forma e conce t-
to. La forma non è concetto perchè è concezione; con-
cezione, come sto qui sostenendo , è azione e coinvo l-
gimento del poeta non in combinazioni astratte o inte-
grazioni metafisiche ma in tutto ciò che è apertura e v i-
ta del contenuto; in tutto ciò che nel contenuto è s i-
tuabile perchè situato tra l’intenzione poetica e la cu l-
minazione della su a opera; tra ciò che contiene in s é
virtualmente la sua poetica con le possibilità della sua
formazione, la sua forma , la sua genesi, il suo stile.
Ed è esattamente questo senso, questo ordine di r i-
flessioni fondamentale, nodale dell’estetica desanct i-
siana, connesso alla affermazione dell’arte non so rret-
ta dal concetto ma lievitata dalla concezione poetica,
di quel movimento che, qui sto tematizzando, che è la
conversione creativa di una latenza , di una possibilità,
in realtà.
Infatti, solo se innanzi all’artista non è già un oggetto
la cui datità convertirebbe l’opera in descrizione , la
creatività e lo spazio storico del contenuto si coordin a-
no senza paradosi alla effettiva autonomia dell’arte, al
lavoro della critica ed al connesso giudizio est etico.
Infatti, il concetto fa rientrare una regola astratta
sotto la quale l’immaginare e figurare il contenuto,
l’assimilare e l’assorbire che si attivano nell’opera
d’arte, sarebbero registrati in termini puramente fo r-
mali. La concezione invece è coinvolgimento cr eativo
nel contenuto che, come ho ricordato citando “ si crea

47
la forma sua” (Bari 1953 pag. 6): una realtà data in a u-
tosufficienza di interna struttura di significati e valori,
è, al più, oggetto di un compito gnose ologico!
Per questo, dunque, la conversio ne della latenza, non
da asserire metafisicamente né da fare oggetto di en u-
cleazione, è una possibilità che rende conto della orig i-
nalità desanctisiana e cioè del fatto che il contenuto si-
tuato socialmente e stor icamente prende forma, cioè si
apre ai significati inediti del valore estetico div eniente
nell’opera d’arte.
Senza siffatta apertura del contenuto alla plasmazi o-
ne creativa nell’attivo sentimento dell’artista, occorr e-
rebbe esplicitamente porre l’esistenza di attività dello
spirito con leggi interne tollerando l’univocità obbli-
gante del loro campo di art icolazione.
Una posizione postulatoria siffatta, peraltro, oltre ad
essere tutta da costituire in formulazione condivisib ile,
dal punto di vista della sua fondazione, risulterebbe
anche inefficace pe rchè inidonea a spiegare il realismo
in arte come medesimezza di reale ed ideale e a pr o-
porre la considerazione della storia come progresso
delle forme stesse dell’arte e come via di formazione di
una coscienza critica.
Per affrontare la questione su rilev ata, ritengo si
debba fare riferimento al rapporto, invero più sugg e-
stivo che critico, che va posto tra l’estetica desanct i-
siana ed Hegel. Le mie considerazioni in merito poss o-
no riassumersi come s egue.
L’estetica desanctisiana, se deve avere un nucleo te o-

48
retico questo va incentrato nella visione dell’opera
d’arte come sintesi di cont enuto e forma.
Ma tale sintesi, nemmeno essa, può ridursi a una l o-
cuzione se deve valorizzare la originalità, e la fertilità
della metodologia critica desa nctisiana.
Peraltro il realismo desanctisiano e la riconduzione
della arte ad una sua autonomia e ad una sua storicità
che coinvolga più che i sentimenti , il complesso vivere
dell’artista nel proprio tempo, non consente di rico n-
durre la sintesi a un a priori di tipo kantiano; o ad una
astratta dialettica di soggetto e ogge tto.
Ecco, dunque, il richiamo ad Hegel ma non per ril e-
varvi un rapporto di importazione da parte di De Sa n-
ctis di elementi dell’estetica hegeliana (che come è n o-
to comporta un’arte come momento del processo di di-
venire e non la peculiare diuturna opera dell’artista nel
suo tempo) ma per finalizzarlo a qualche riflessi one su
quella critica dell a essenza che Hegel svolge nella sua
logica (“Scienza della logica” pag. 80 -94) che costitu i-
sce un fondamentale momen to speculativo in ordine al
superamento della diade forma -contenuto nella visi o-
ne, invece,di una forma come determinazione del co n-
tenuto, come forma del suo conten uto.
Questo passaggio è essenziale anche se al lavoro di
De Sanctis critico indica, più che u n fondamento, un r i-
ferimento per togliere da ambiguità l’autonomia
dell’arte e per la considerazione dell’arte come elev ato
grado di un’azione esemplare, secondo un movimento
del contenuto verso la sua forma con la quale nel co n-

49
tenuto si crea la visibilità di un’esperienza di vita e di
storia.
La critica estetica , la cui funzione è di ri -creare il va-
lore artistico per un’estetica non teoretica ma ulte-
riormente pedagogica, è opera restitutiva della aut o-
nomia dell’arte. Che, non assume compiti gnoseologici
nella visione dell’arte come peculiarità di esistenza
storica, nella processualità progress iva delle forme, nel
riconoscimento del ruolo della cultura borghese nel cui
alveo la poesia sublima la sua funzione, ai fini del pr o-
gresso civile e morale.
In questo senso, resta ribadito che il contenuto, la
sua forma, l’operare attivo nella mente dell’artista, si
presentano come nuclei tematici che il concetto di l a-
tenza mette in sistema, segna le negatività del proce s-
so dialettico la cui positività è nella sintesi; spiega la
natura delle condizioni per l’azione poetica in quanto
creativa, di costituzione di significato “ in e contro il
suo tempo” che sono il criterio concreto, per nulla sp e-
culativo–astratto, affinché, secondo il De Sanctis, la
concezione dell’artista sia arte.
Il passaggio dalla latenza, il cui significato non è m e-
tafisico e il cui terreno non è gnoseologico in quanto è
il supporto logico -concreto della creatività artistica i r-
riducibile, in quanto artistica, a rendicontazione o
comprensione conoscitiva di contenuti come dati — il
passaggio, dicevo, dalla latenza alla realizzazione art i-
stica è di tipo dialettico: il valore estetico è (e si man i-
festa al lavoro critico) nel processo di sintesi conten u-

50
to-forma; il contenuto in quanto poetico è negativo
della datità d’un contenutismo assoluto dalla parte
dell’oggetto in quanto nega ogni estetismo di forme ed
obiettivi— gnoseologici, politici, morali, ecc. —dalla
parte del soggetto. E nulla preesiste se non come neg a-
tività, in senso hegeliano, d’un movimento di alettico
creativo del valore artistico come realtà inedita della
sintesi.
Anche se di tale movimento dialettico non è esplicita
sistematizzazione in sede estetica, in De Sanctis è e s-
senziale tenerne conto perché la sintesi di contenuto e
forma non sia:
a) una giustapposizione di campi o topiche;
b)un passaggio da una realtà pre -data alla sua rappr e-
sentazione;
c) una mitizzazione delle latenze entro una problem a-
tica del possib ile;
d) una petizione di modalità solutive del dualismo tra
ideale e reale, cont enuto e forma;
e) una pura assegnazione di storicità come parametro
temporale e non, invece, una essenziale fondamento
inderogabile spazio di imputazione del fatto estetico
come torsione delle dimensioni del possibile nella
struttura dell’azione del genio ar tistico;
f) un puro riscontro d’un lavoro critico come rilev a-
zione di aspetti in dipendenza diretta causalistica con
le intonazioni dell’opera d’arte come oggetto compiuto
e non già come plesso di chiarificazione del suo impia n-
to nell’immediatezza di rapp orto reciproco, tra opera

51
artistica e lavoro critico, secondo il quale il valore d i-
mora nel mondo della vita senza rimandi a canoni di
una estetica della gen eralità.
L’ideologia che, come ho rilevato, rappresenta le co n-
notazioni di una visione estetica con un sistema di va-
lenze, con le sue ragioni e la struttura stabile del suo
impianto realista, in questo ordine di cose può farsi
consistere nel fatto che nella su indicata processualità
è implicata una progressività: la storia o la fenomen o-
logia dell’arte è ordinabile in termini di progresso civ i-
le, morale storico, polit ico.
In sostanza, l’ideologia che articola nell’estetica d e-
sanctisiana questioni di non poco momento, accetta e
motiva una pedagogia dell’arte la cui intensità, benché
non alteri la limpida elevatezza dell’opera dello storico
e del critico e la compattezza della sua estetica, è lo
spazio non virtuale di un modello in cui concorrono e-
lementi di fondo del concetto di divenire hegeliano,
con evidenti suggestioni v ichiane.
Questi punti, che costi tuiscono il filo conduttore delle
presenti mie riflessioni, mi consentono , in ordine alla
riconoscibilità dell’elemento ideologico come veicol a-
zione della funzione creativa dell’artista la cui fonda-
zione è storico-sociale di vigore spirituale e forze st ori-
che, di ribadire la differenza non marginale che
l’estetica desanctisiana ha rispetto ad una visione de lla
morte dell’arte che invece è tesi organica alla fenom e-
nologia dello Spirito ed al suo divenire ( triade progr e-
diente di : poesia, religione, filos ofia).

52
E’, dunque, il caso di os servare che in quanto:
1) svolgendosi la funzione produttiva della sintesi di
contenuto e forma nel senso originale desanctiano s e-
condo cui la presenza storica di figure eccezionali (il
poeta, l’artista), per le quali l’esse nza dell’arte non è
l’ideale né il bello, ma il vivente e la forma in una di a-
lettica di figura e di figurato (il significato), la stessa
ideologia, più che un modello o rappr esentazione della
realtà, è tensione ed espressione assicurativa di una
prassi reale in direzione di un progresso civile, s ociale,
etico, ecc.; d’una prassi che si apre nella profondità
della forma vivente e lungo il percorso della concezi o-
ne artistica fondata nella radicalità della coscienza st o-
rica, la sincerità e la forza delle convi nzioni del poeta,
mai rese vacue, da astr azioni e formule;
2)ed allora, essendo il valore estetico in una opera a r-
tistica del genio mai in posizione eccentrica o con una
preconcetta idea morale, la sintesi, che è la sua unità,
non è in una azione né ha un fine astratto ma nella
stessa materia resa vivente nello spirito del po eta;
3) poiché il lavoro critico, oltre che riconoscimento, è
immedesimazione nella natura poetica di un’opera che
penetra il suo mondo storico e lo vivifica, l’istanza id e-
ologica cessa di essere un modello con la connessa
preoccupazione di una verifica di conformità: anche il
giudizio estetico, innanzi alla sintesi vivente dell’opera
stessa, congeda ogni illuminismo intellettual istico;
4)essendo la sintesi realtà storico -umano-sociale in
cui sublima il sentimento dell’artista il cui dominio è il

53
mondo, la natura delle latenze in cui vivono i valori
della formazione organica della sua poetica e la genesi
del possibile contenuto che è polo di quel sentimento
attivo nella poesia, liber ano la visione estetica da un
contingentismo di eventi e di forze di dubbio valore
progressivo.
Ecco che, a mio parere, per rilevare la fondamental ità
della sintesi di contenuto e forma nell’estetica desa n-
ctisiana con l’originalità di un realismo consisten te nel-
la medesimezza di ideale e reale, occorre ben dosare
le affermazioni di rapporti del De Sanctis con la te m-
perie neohegeliana; occorre caratt erizzare le eventuali
importazioni come rimandi, piuttosto che prestiti, ad
una fondazione già avvenuta della dialettica di sogge t-
to ed oggetto superatrice del residuo dualismo kanti a-
no.
In questo ambito filosofico basti ricordare, in quella
parte della Logica dedicata alla dialettica dell’essenza,
lo studio hegeliano dei rapporti tra forma e materia, e
tra forma e contenuto. Uno studio che costituisce uno
dei capitolo più importanti del pensiero logico hegeli a-
no nel quale il rapporto forma contenuto sviluppa certe
proprietà della dialettica dell’essenza: la messa in rel a-
zione dell’essere con se stesso; la fenome nologia e
l’emergenziale dell’universo proiettato su se stesso.
Ma la parte essenziale di tale visione riguarda tre c o-
stituenti essenziali di una autorappresentazione: ciò
che è rappresentato, ciò con cui è rappresentato, la
corrispondenza che effettua la rappresentazione. Si

54
tratta di tre elementi destinati, internamente alla di a-
lettica, ad unirsi : la forma ha nella propria identità
l’essenza, come l’essenza ha nella sua natura negativa
la forma assoluta.
Come si vede, v’è in Hegel un ampio respiro teore tico
che indaga e fissa come esistenza puramente passiva il
contenuto in quanto separato dalle sue determinazioni,
un’esistenza, insomma, formale facendo così parte de l-
la forma che, essendo positiva esiste indipendenteme n-
te e appartiene al conten uto.
Che “forma” in senso stretto sia solo parte della fo r-
ma e il contenuto in senso stretto sia solo una parte
del contenuto, è lo sbocco di uno sviluppo critico -
logico nella generalità più completa.
La posizione estrema desanctisiana a fronte del co n-
cetto puro e della forma come astratto involucro o v e-
lo, la prossimità nella distanza che la estetica desanct i-
siana presenta con la posizione hegeliana, appare,
dunque, in tutta la sua rilevanza in quanto la sintesi,
più che ad una dialettica dell’essenza è definitiva mente
il termine fondativo del giudizio estetico : riposta esi-
stenza in quanto è direttamente rilevabile dal lavoro
del critico e dello storico. Un lavoro che rende sicura e
vivente, più che speculativamente definita, una estet i-
ca che, alla fine, non ha bis ogno, internamente agli o-
rizzonti desanctisiani, di concettualizzazion i o di fonda-
zioni forti. Anche se nel contempo verbalmente, nella
terminologia più che nella strutturazione, lo stesso De
Sanctis assume un certo legame di scuola per non r i-

55
durre le stesse affermazioni a pure postulazioni o p ure
dichiarazioni definitorie con scarse prospettive di co n-
divisione.
Questo è il punto che va definitivamente circosta n-
ziato: più che il contesto organico forte di una fond a-
zione teoretica: l’estetica desanctisiana delinea e af-
ferma ciò che la estetica deve essere nello spazio di un
lavoro critico nel quale la storia — la società, i valori e
le idee, ciò che vive —- non consente combinazioni a-
stratte in quanto la “figura”, è l’immagine di una realtà
che appunto è la m ateria, la vita, la storia.
Sicché, l’estetica desanctisiana si pone come attrave r-
samento dei segni apicali di una produzione artistica
che, a ben guardare, non ha nella storia solo la sua g e-
nesi ma la sua struttura poiché il nesso letteratura, p o-
esia, società trova la sua necessità e la sua esistenza
esattamente nel fatto che la sintesi è il mistero
dell’arte in cui nessuno dei termini è in posizione so t-
todominante rispetto all’altro; ove “il tutto” assume
la sua compiuta rea ltà.
Come si vede, la soggettività artistica assume la co n-
figurazione determinata nello spazio in cui si apre una
“verità” storica; ma essa non è il punto vuoto del po r-
tatore di un ruolo conoscitivo ma di organizzazione,
presentazione, deliberazione del senso di quella ver i-
tà, rigorosamente singolare; d’una situazione essa
stessa singolare nelle sue pregnanze intrinsecamente
indiscernibili se non secondo l’attiva transizione del
contenuto nella sintesi della quale il genio artistico è la

56
necessità strutt urale.
Siffatto coinvolgime nto dell’artista nella sua opera,
mitiga, in sede critica e teoretica la presenza delle i-
stanze ideologiche su indicate, anche per il fatto che
gli argomenti del pr ogresso e della crescita civile non
possono, organicamente o costitutivamente, essere
motivi dell’opera.
Manca infatti la proponibilità coerente di un rapporto
poeta- destinatario dell’opera poetica in quanto ciò
metterebbe il soggetto in posizione attiva di comun i-
cante il messaggio, come soggetto concreto con i suoi
condizionamenti sociali, sto rici, biologici ed il destin a-
tario come obiettivo della pr oduzione con il risultato di
relativizzare il mondo poetico in senso storico - cultura-
le- sociale in un sistema di verità o fa lsità , di asserti e
di informazioni nel quale l’assestamento ideologico
dell’estetica sarebbe quello di un lavoro critico come
attività persuasiva di acculturazione e non di trasfo r-
mazione dall’interno, e dalla radicalità dei problemi
degli stati del mo ndo.
L’ideologia desanctisiana del progresso civile non si
pone come immed iata e interna forma di critica sociale
né forma di una prassi politica, ma riconosce il valore
estetico come forma vivente del suo contenuto, come
condizione, non compito diretto, di trasformazione, e
si definisce in sede di riflessione teorica con linea di
demarcazione precisa tra prassi politica e critica estet i-
ca
Anche se non sempre è visibile nella pratica attiva ed

57
appassionata dell’uomo De Sanctis , in ciò sta un’altra
caratteristica originale della ideologia desa nctisiana.

58
CAPITOLO IV
Dialettica del valore estetico e creatività.
Le riflessioni fin qui svolte, debbono adesso essere
orientate verso questioni di merito circa gli articolati
rapporti che, nell’estetica del De Sanctis, sono posti tra
attività artistica, contenuto, idee e temperie cultural i
come vita storica dell’artista; in una, con riguardo al
dinamismo di soggettività e la dialettica di realizzazi o-
ne del valore estetico che sono i termini costitutivi
dell’opera d’arte. Per questo, ho posto come il rifer i-
mento principale delle mie osserva zioni, la differenza,
che mi è sembrata evidente, tra il De Sanctis ed H egel.
Sostanzialmente la differenza sta nel fatto che in
Hegel il concetto di essere esistenziale tratta chiar a-
mente il concetto di sintesi dialettica di divenire ed il
movimento non è qualcosa che prescinde dalla logica,e,
per così dire contenuto e forma sono stati determinati
nella quale si compenetrano. L’itinerario è caratterizz a-
to da una differente certezza rispetto a quella che si
evince nell’estetica desanctisiana e che acut amente è
espressa nel passo che su ho citato; l’essenza della si n-
tesi consiste nella esistenza, più che nel concetto, di
mutamenti, quelli che ho chiamato di conversione di
una latenza impossibilità e di stati di movimento attu a-
li nei quali è irrinunciabil e l’attiva concezione
dell’artista.
Va comunque precisato che in Hegel come in De San-
ctis il processo non si specifica come puro processo o n-

59
tico perché, nel primo, cioè in Hegel, la dinamica trova
specificazione dello stato iniziale e finale mediante n e-
gazione che, nel secondo, cioè in De Sanctis, è co n-
forme ad un’esperienza profonda nell’intimo sentime n-
to dell’artista in quanto soggettività d eterminata; e nel
cui processo di identificazione per nulla ineriscono, in
senso desanctisiano, le problematiche dell’essere e
dell’esistere semplicemente per il fatto che c’è un c o-
involgimento creativo del pensare e dell’agire nella s i-
tuazionalità storica e culturale, emotiva, sociale come
fattore costitutivo con la sua specificità e auto ident i-
tà. Sostazialmente q uello che qui ho caratterizzato c o-
me movimento, se si vuole triadico dalla latenza al
possibile alla sintesi nel coinvolgimento della conc e-
zione artistica rimanda ad un rapporto con una pratica
sociale politica e storica con un contesto specifico in
senso ideologico che è per nulla acc ostabile alla catena
logica di una dialettica nella quale altra è la caratteri z-
zazione del rapporto tra coscienza individuale e ogge t-
to.
Più precisamente basti ricordare che in Hegel l’arte è
esercizio dello spirito finito << sull’oggetto assoluto
che è la verità assoluta... *che+ si trova all’interno di
questo mondo e rammenta allo spirito finito l’autentica
essenza di ogni cosa>> (Estet ica cit. p. 131-138).
In sostanza nell’arte, per Hegel, è l’assoluto che si l a-
scia attingere dentro l’elemento dell’intuizione sensib i-
le fermo restando che il mondo dello spirito soggettivo
e dello spirito oggettivo è essenzialmente storico, c o-

60
stituisce la realtà dell’assoluto e la condizione della
sua conoscenza.
L’arte, dunque, partecipa, nel la sua finitezza, alla r e-
stituzione dello Spirito, <<alla sua eternità e alla sua
verità>> (ib. pag.131). Ritengo di potere, dunque, l e-
gittimamente affermare che, mentre in Hegel la posta
in gioco è il compimento dello spirito come spirito del
mondo come Weltgeist , in De Sanctis è il tempo e non
la temporalità la storia e non la st oricità, l’intera sfera
dell’operare artistico come attività solidale con le v i-
sioni, il sapere e le relazioni che gli uomini intessono
col mondo.
È anche vero che per Hegel c ome in De Sanctis << il
contenuto, del quale è riempita la nostra coscienza...
dà il carattere determinato ai sentimenti, intuizione,
immagine, rappresentazione, ... ai pensieri e concetti>>
(“Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in compendio,
Laterza, Bari ‘62; p.37).
Sostanzialmente l’affermazione è che la coscienza si
trova dinnanzi all’oggetto e lo coglie in diversi guise.
Ma se è vero che le forme con cui la coscienza afferra il
contenuto sono molteplici e modificano l’oggetto e che
<< mediante il movimento della coscienza quello ogge t-
to è per noi così divenuto che quella è intrecciata nel
divenire di questo>> (Fenomenologia dello spirito,
p.114 della trad. De Negri>>, è anche vero che in De
Sanctis le forme di un’opera d’arte con cui la c oscienza
si trova dinanzi all’oggetto, stanno in un individuale,
irripetibile processo unitario nel quale non semplic e-

61
mente l’oggetto sentito diventa sensazione: gli eleme n-
ti oggettivi e soggettivi si sono perfettamente fusi
nell’opera nella quale la forma è l’i ntendere il suo ar-
gomento come contenuto poetico, già situato.
Conclusivamente mi sembra di aver dimostrato che
esiste un enorme differenza tra la posizione hegeliana
della sintesi di contenuto e forma che in sostanza è la
culminazione di un’opera critica di superamento del
dualismo soggetto oggetto, e la posizione desanctisi ana
dell’oggetto come un oggetto sentito in uno dei molt e-
plici atteggiamenti della coscienza; non oggetto da c o-
gliere ma ciò che è dinamic amente situato perché in un
sistema di determinazione e specificazioni stor iche che
De Sanctis definisce come materia condizionata e d e-
terminata, contenente già in sé le sue leggi organiche,
la forma e lo stile. In una contenete virtua lmente la sua
poetica. Ed è tale virtualità che ho detto late nza
Un aspetto problematico dell’estetica desanctisiana,
riveste il concetto di forma, nel senso che:
1.o essa è categorizzante e dunque conduce al giud i-
zio critico (valutazione e stetica);
2.oppure essa è ciò che il lavoro critico delle opere
estetiche, assegna alle effettive sintesi di un contenuto
con la sua forma; e ciò pone più di un dubbio
all’effettiva vicenda valutativa e alla immersione del
critico nell’opera in sé .
Nell’uno o nell’altro caso, insomma, ci si trova in una
situazione che fa ritornare l e questioni che la posizione
desanctisiana intendeva rimuovere dalla cultura, come

62
cultura-vita
In ciascuno dei due casi sarebbe affermabile, rispett i-
vamente:
1.o un platonismo della forma (forma metastorica);
2.oppure un imperio della sogggettività critic a che as-
segna e classifica le forme secondo la forma, alla fine,
coincidente col suo g iudizio.
Tale ultima situazione rimanderebbe alla funzione cr i-
tica estetica come autocoscienza poetica di dubbio v a-
lore teoretico e, fra l’altro, alla difficoltà di asseg nare
alla poesia, all’opera d’arte, un nesso forte con la s o-
cietà e la storia impegnata com’è a soddisfare al giud i-
zio critico e ad inverare una fo rma.
A mio parere un superamento di tale situazione ap o-
retica rispetto ai presupposti desanstisiani, può tr o-
varsi in una p osizione dell’opera d’arte efficace di sensi
inediti del reale, proprio con una peculiarità distinta
nell’unitaria funzione di progresso della cult ura-vita.
In sostanza, la sintesi di contenuto forma, la cont e-
stualità tra cultura e vita, e il ruolo che tale cultura,
mai staccata dalla vita, può avere per il progressso civ i-
le e morale della società, divengono, a mio parere,
l’asserzione principale che fonda l’estetica come d i-
stinzione nella totalità del farsi cultura della vita, nel
quale l’artista (il poeta) ha, per così dire, il cara ttere di
una azione della distinzione segnata e riconoscibile per
“omologie diacroniche” tra azioni estetiche nella s e-
quenza dei secoli, distinte dalle altre attività dello Sp i-
rito.

63
La forma, allora, più che cate gorizzante, metastorica
o giurisdizione del critico, è l’nciclopedia di siffatte a-
zioni.
Occorre, allora, sostituire alla filosofia del fondame n-
to e dell’affermazione dei “distinti” (esempio Croce)
una filosofia del riconoscimento della distinzione e de l-
la permanenza e delle guise di attività nella fenomen o-
logia della cultura “en ucleandone” una fenomenologia
dell’arte, ( ma anche della musica, così via).
In De Sanctis, dunque, più che di un impianto teoret i-
co, l’estetica è frutto di libera meditazione, di c oerenza
e forza di personali convinzi oni.
Pur rifuggendo da schematismi e regole da applicare
uniformemente, l’estetica desanctisiana si lascia, stri n-
gatamente, caratterizzare secondo i seguenti punti s a-
lienti:
1.il critico deve anzitutto porsi a contatto immediato
con l’opera, con la consapevolezza che essa è un org a-
nismo vivo, vita, storia formata alle energie spirituali
del genio interprete creativo dei segni del suo te mpo,
2.norme retoriche, concetti e regole astratte di
un’estetica teorica non possono , quindi, che essere i m-
paccio all’istanza d’immedesimazione del lavoro critico
nel respiro del suo oggetto, ciò dell’opera su cui ha fi s-
sato la sua attenzione.
3.l’arte non è imitazione e nemmeno forma già fiss a-
ta, categorizzata, del bello;
4.la soggettività artistica (il poeta, l’artista) è osse r-
vata lungi dai canoni estetici romantici che la vogliono

64
libera attività spirituale, perché strettamente conte s-
suta di realtà storica nella quale svolge una dialettica
di contenuti e motivi della sua isp irazione;
5.l’attività artistica è trasfigurazione è rivelazione i n-
sieme di una adesione al divenirse di un contenuto:
contenuto della propria forma, non mezzo, dunque, ma
luogo d’un contesto di cui l’opera è, tra le altre attività
dell’uomo, il farsi valore estetico distinto, di una azi o-
ne, di una illusione, dell’immaginazione;
6.l’arte è vivente realtà nella sua storicità realizzata
nella sintesi di co ntenuto e forma;
7.la critica estetica è, dunque, esame degli elementi
vitali dell’opera e geniale forza ricostrutti va della sin-
golarità e dei caratteri di siffatta sintesi; caratteri che
vanno rivissuti nei loro aspetti più propri ed originali,
secondo la spiritualità dell’artista e del poeta che è
stato tramite interno alla realizzazione di realtà come
una idealità. Interno tramite, nell’orizzonte della fo r-
ma; interno perchè l’opera è legame con la società e lo
spirito dell’epoca, spazio e tempo di un v ivido svolgersi
di una personalità creat iva.
Sia ben chiaro che questi punti nodali dell’estetica
desanctisiana, come ho già premesso, per nulla iner i-
scono a schematismi regolativi del giudizio estetico.
Collocano, invece, tale giudicare come conoscenza
storica ed esperienza dei principi in gioco nel problema
estetico; sollevano l’opera del critico come applicazi o-
ne di norme da assegnare ad oggetti legittimati da puro
sentimento della fo rma, della semplice forma dell’arte

65
per l’arte.
Si tratta, piuttosto, di contenuto, anche qualificativo
di condizioni e sintesi di significati “ulteriori”, ma cre a-
tivamente prodotti come co ntenuto di un’opera che
non è strettamernte destinata a veicolare ciò che già la
cose e il linguaggio --- scientifico, morale, religioso, p o-
litico--- espongono nel luogo comune d’una semantica,
di una lingua storica nella esibizione esterna degli a c-
cadimenti, ma ciò che è pensato e sentito con un pr o-
cedimento dinamico e costruttivo, perchè costituentesi
nella progressione verso la sint esi.
Dunque non ho posto il su delineato quadro di punti
nodali, per fornire alle ragioni della critica estetica
condizionamenti nella modalità del giudizio, un fine
che è altro dell’arte: a ben guardare, l’attività del crit i-
co non è orientata a spiegare accordi tra contenuto e
forma; e nemmeno è riportabile a pura conoscenza
perchè il giudizio estetico in De Sanctis è sopratutt o
un’esperienza effettiva della problematicità della si n-
tesi di cui bisogna conoscere le condizioni di possibilità
(i contenuti storico-sociali-culturali) ed il cui principio
estetico è intrinseco alla propria forma, effettuata
dall’opera del genio artisti co che si risolve nella orig i-
narietà del contenuto stesso in funzione di prospettive
ricche di valori immo rtali.
Così il giudizio critico si pone come esperienza estet i-
ca e principio costitutivo di una unificazione di una
forma nell’intrinseca unità della forma: è una dialettica
del comprendersi del movimento, attivo nell’artista che

66
va internamente da una realtà a una idealità. ( Cfr. Sag-
gi critici vol. I pag 125)
Attività e individualità caratterizzano l’aspetto creat i-
vo dell’arte, al quale nemmeno l’arti sta, alla fine, è e-
sterno.
Infatti ciò che è attivo nella mente dell’artista non è
la contemplazione passiva nè l’esposizione individuale
sottendente siffatta contemplazione per una volontà di
vivere; e nemmeno tra soggetto e oggetto v’è quel vi n-
colo creativo limitato all’intuizione o all’espressione.
Manca, nel fatto creativo artistico, il processo assim i-
lativo produttivo che rimanderebbe alla sua condizione
di oggettivazione e di d istacco.
Si tratta, dunque di approfondire il problema della
forma; e anzit utto, del rapporto forma -forme, tra for-
ma indefinita, e una forma finita perchè defin ito agire
nella storia.
Si tratta di risolvere il rapporto problematico tra una
forma che è la compiutezza del suo contenuto con i
suoi valori interni e che, dunque, non ha nulla fuori di
sè nemmeno l’artista che in esso ha il suo motivo spir i-
tuale,e la forma, che seppur non è condizione o limite
al sentire att ivo dell’artista, tuttavia è circoscrivente il
giudizio estetico la cui metodologia critica è coinvolta
in una fenomenologia dell’arte come storia che cont i-
nuamente avrebbe nella forma uno pseudo - concetto
estetico, divenendo esame dell’intenzionale e del s e-
mantico.
Il concetto di valore estetico, più che segnatura can o-

67
nica della condotta artistica, è ciò che sta entr o, e sot-
to,il limite della forma;la quale esce dalla metafisica
dell’ideale come dalla procedura gnoseologica e tanto
meno esprime l’ineffabile,per definirsi unione
d’insieme del tessuto globale socio -storico, in una tot a-
lità trasfigurativa per un arricchi mento di senso, un s i-
gnificato inedito, uno stile; per un amplificato orizzo n-
te ideale, che più che colto, è creato; ed il cui conten u-
to, più che in atto è attivato come contenuto dei p oteri
attivi peculiari, espressivo -produttivi dell’opera d’arte.
Così la storia e la cultura accadente nella particolarità
secolarizzata di ciascun segmento storico, divengono
poesia come farsi universale della cultura e del tempo
storico nella concezione del poeta. Per la comprensi o-
ne del rapporto tra sentimento -azione-estetica e la
specificità universale e determinata “secolo” è, du n-
que, essenziale considerare il contenuto storico in cui
si svolge e di cui è intessuta l’esistenza umana: l’arte
non può essere pura cioè vuota di siffatta umanità pe r-
chè è nella liberazione crea tiva di orizzonti universali
realizzati nella sintesi che si elegge il differenziale tra
ciò che è rendiconto o descrizione e ciò che è invece
sentimento umano del tempo immune da ogni riflesso
poetico particolarist ico, per una emozione contingente.
Ecco che la sintesi di contenuto e forma più che pa s-
saggio teoretico di una fenomenologia dello spirito lo-
gicamente libero e attraversato da energie speculat ive
o di processo, non risolve un problema divenuto acuto
in Kant e, quindi,disposto alla logica e alla ironia di un

68
panlogismo finalmente consapevole di un più progred i-
to momento del pensiero fil osofico.
Se come ho detto questa problematica trattata nella
Logica di Hegel, è il sostegno teorico della sintesi non
come operazione formale ma come maturazione de l su-
peramento del dualismo soggetto -oggetto, è anche ve-
ro che, in De Sanctis, la distinzione tra forma e cont e-
nuto, più che relativa ad un problema filosofico dalle
multiple conseguenze, inerisce al piano degli obiettivi
d’un’estetica-pedagogica e di una l egittimazione delle
forme di progetto civile e pol itico, delle quali la stessa
distinzione avrebbe potuto rendere dubbie e confuse
le peculiarità.
Ancor prima dell’autonomia dell’arte che non può e s-
sere osservata come sovrapposizione di un involucro
formale ad una materia già esistente, occore ovviare
alla eventuale caratterizzazione di una forma come ciò
che va assegnato ad un contenuto da riordinare, per
renderlo comprensibile o restituito ad un suo se nso.
L’arte non è nemeno un momento d’espressione liri-
co-fantastica: è apertura, se si vuole in un senso s e-
mantico e intenzionale, mai comunque come obiettivo
ma come risultato, di una “ulteriorità” di vita non d i-
chiarata né tematizzata perchè inclusa nella sintesi ne l-
la quale la forma nemmeno è intuita n è concepita in
quanto è concezione del contenuto, partecipazione
all’elemento creativo del contenuto cui appartiene la
sua forma. Ebbene, poichè questo elemento creativo il
cui valore è assoluto in quanto è valorizzato dal giud i-

69
zio estetico nell’interno de lla forma, il problema della
storicità dell’arte non si pone se non come istanza di
un’arte con quelle coordinate storico -civili _ il suo “se-
colo” _ rispetto alla quale è, ovviamente, leggibile il
genio artistico come rapporto attivo con la sua epoca
certamente non di pura converge nza, ma rivelatore del
sentimento del tempo cu lturale e storico umano.
Dunque, in De Sanctis, pur se propedeutica all’opera
d’arte, la storia è l’ambito dei contenuti come motivi
spirituali e possibil ità germinative del sentiment o.

70
CAPITOLO V
Contenuto e libertà creativa
La differenza tra forme al plurale, cioè l’arte nella sua
esistenza storica, e la forma al singolare che De Sanctis
dice «cosa» è fortemente suggestiva del fatto che l’arte
accade in una realtà storica vissuta dall’artista la cui
azione trasfigurativa, mai gratuita percheè non formale
- astratta, conferisce al contenuto un valore in o contro
la realtà stessa. Con ciò s’intende che l’azione non è
nemmeno subordinata al fatto stor ico, sociale secondo
un realismo del contenuto obbligante ed univoco. Ho
detto però che tutto ciò è suggestivo di una esigenza
peculiare dell’estetica d esanctisiana e cioè di uscire dal
puro formalismo del modello per dare concretezze e
storia all’opera d’ arte ma con una realtà che non rid u-
ca l’azione dell’artista a procedura artigianale. In s o-
stanza la sintesi di contenuto e forma risponde all’altra
esigenza di dare all’opera d’arte una qualità fondata
più che su una suggestione ossia teoreticamente fond a-
ta con il supporto della fen omenologia artistica lungo i
secoli e vagliata attraverso la critica estetica non rido t-
ta ad un costrutto canonico di norme e regole di ric o-
noscimento.
Il valore ed i limiti dell’estetica desanctisiana, a mio
parere, stanno tutti qui nel valore e nei limiti di
un’estetica istruita alla storia e fondata in riferimento
agli approdi di una filosofia attenta al rapporto - sog-
getto e alla rivoluzione kantiana e via via al suo appr o-

71
do nella Logica di Hegel.
Ma con le posizioni originali e peculiari desanctisiane
che qui riassumo:
1) si può assegnare la categoricità alla forma ma come
orizzonte valutativo del momento critico, del giudicare
la realizzazione della sintesi contenuto -forma tramite
l’azione dell’artista e non invece come form a cui
l’artista si adegua osservante di canoni e indicazioni
superiori per questa via è possibile sottrarre l’arte
dell’astrattismo tardo roma ntico;
2) più che attore in nome della forma, l’artista è att i-
vità coinvolta nella sua stessa esplicazione: la sin tesi è
creazio-ne e nel contempo determinazione di valore
per un contenuto reale le cui trasfigurazioni artistiche
sono aperture a sensi inediti e ideali;
3) il momento della critica estetica, dunque, coincide
in De Sanctis con l’attivazione, più che deter minazione,
nel tempo e nella realtà della produzione artistica della
categoricità della forma;
4) ma tale attivazione può onfigurarsi come un limite
dell’estetica del De Sanctis in quanto induce alla sott o-
valutazione degli aspetti lirici della musicalità d ella
forma intrinseca delle sensazioni poetiche e delle v a-
rianti originali che questi caratteri assumono lungo la
storia per scuole e correnti. Approfondirò questo pu nto
a suo tempo;
5) la differenza tra la forma (al singolare) e forme (le
varie produzioni artistiche) si evidenzia in quanto la
prima assume livello di categoricità, le altre di ipotet i-

72
cità.
E questa ipoteticità, infatti, a rendere ineludibile se
non genetica, la funzione di una critica estetica che d e-
ve accedere alla constatazione - valutazione di ciò che
ha realizzato la si ntesi e di ciò in cui la sintesi non è;
6) l’artista è azione individuale che partecipa alla si n-
tesi, vi collabora, la realizza. Queste tre modalità della
poiesis scandiscono nell’estetica desanctisiana la pi e-
nezza del suo essere storico-sociale, nell’appartenenza
al suo “secolo” un’azione la cui culminazione è reali z-
zativa “in ma anche contro” il proprio tempo; la reali z-
zazione, più che meta, è coinvolgimento spirituale n e-
gli ideali che permeano il valore poetico come v alore
storico nella sintesi. Il carattere ipotetico sta nel fatto
che, ogni secolo ha contenuti come campi d’azione v a-
lorizzante dell’artista; una tale valorizzazione è qualità
dell’azione in quanto artistica il cui contenuto, benchè
in un significato per nulla tecnico, è ineludibile in
quanto produttiva della sintesi. Nessun automatismo
dialettico dal contenuto alla sintesi poetica, inammi s-
sibile senza riduzione del poeta, come ho detto, ad a-
zione artigianale; nessuna meta di valori ideali antep o-
sti al contenuto dal poeta; nessun modello, canone,
forme artistiche - in quanto il valore è inerente al co n-
tenuto nella sua forma: una forma ha origine nel co n-
tenuto il cui valore non è astratto o irrelato in quanto
v’è il lavoro della critica che l’intende e lo gi udica in
relazione alla pienezza d’essere della si ntesi.
Così il valore poetico non è in funzione di un fine pe r-

73
chè non è posto o preposto ma da porre rapporto alla
individua-le realtà storica che rende, ancora una volta,
fuori campo eventuali adattamenti canonici a possibil i-
tà a priori.
Allora, la forma in De Sanctis diviene essenziale per
sollevare il valore artistico della doppia relativizzazione
che altrimenti ne deriverebbe da una siffatta struttura
di ruoli e di forme: la concezione artistica genera , qua-
lifica e risolve la sua posizione coinvolto e come d i-
sperso, nella sua azione ideale che realizza quelle note
formali che sono già nel contenuto e che al contenuto
rivela, quasi come ciascuna d’una forma; ma tale c o-
scienza deve essere integrata da un giudizio che la cr i-
tica estetica compone con un’azione che si instaura
successivamente e diviene estri nzeca.
Un giudizio di esistenza ( la storia della fenomenol o-
gia letteraria) formulato come giudizio di valore
nell’effettività de lla sintesi (storia dell a letteratura con
una capacità critica) in cui la natura delle realizzazioni
è qualificata in termini guaseologici e di mero proce s-
so.
E’ poiché va posta tutta l’attenzione: senza la categ o-
rizzazione delle forme, il valore poetico ci apparirebbe
“creato” nel prestigio della cr itis estetis.
La forma in De Sanctis, a mio parere, ottime a questa
esigenza di non fare critica un mero giudizio esistenzi a-
le ma nemmeno l’instaurazione del valore che sorg e-
rebbe dall’esterno, peraltro, con la pericolosa relatività
del suo soggetto: il giudizio estetico segna l’idealità

74
della sintesi con l’idealità di un valore poetico, come
giudizio di valore che attraversa la realtà storia quella
realtà senza la quale si avrebbe un’estetica come i n-
sieme precostituito di norme e presc rizioni, oppure
come mero processo prat ico.
La forma, in De Sanctis, a mio parere, è essenziale per
non fare della e della sua integrazione dell’esistenza e
della fenomenologia artistica; della critica come ind i-
spensabile vicenda del valore artistico e non assegna-
zione di valore: il lavoro critico coincide con la prod u-
zione del valore nel luogo stesso dell’opera ove il val o-
re assume la necessità della sua possibil ità.
L’opera artistica il cui valore è sintesi di contenuto e
forme, risponde pur sempre ad un principio generale
della sua formazione in quanto si pone sintesi di forze
che entrano in rapporto; condizioni storico -culturali e
energie spirituali, l’immaginare, il concepire, il volere e
la realtà. Ebbene, qu este forze non vanno considerate
già compiute, come presupposto di contenuto già pr e-
sente a una formazione prefigurata per direttrici ed a r-
ticolazioni. E questo dualismo di interno (l’artista), ed
esterno (la realtà) un rischio da eliminare allorché si
voglia condurre alla sua radicale posizione l’ estetica
desanctisiana. L’azione della formazione e della conc e-
zione dell’opera e la determinazione dell’opera come
assunzione nel contenuto e del contenuto della pr opria
forma, denotano un farsi del valore artistico inedito e,
per così dire alla fine; sic ché l’azione più che un suo
progetto che presuppone una forma determinata da

75
dare all’opera compiuta, ed il conten uto in cui si porta
a compimento la forma, non presuppongono l’artista e
il suo tempo che, rispettivamente come luoghi del co n-
cepire e dell’immaginare e spazi dell’esistenza storica
di temperie culturali, di motivi, di eventi.
In questo senso tali luoghi o tali spazi sono variabili
evenenziali, appunto per una sintesi, di forme e di str a-
ti di formazione storica. Certamente non anonimi,
nell’essere multiplo delle forze storiche; ma di diss e-
minazione e di visibilità del valore, per procedure di
determinazione interne all’essere multiplo delle guise e
delle attività caratterizanti la vita storica dell’uomo,
tra le quali è l’opera estetica. Alla crit ica estetica, du n-
que, tocca riferirsi ad una storia perchè si tratta di s a-
pere con quali forze entrano in rapporto le forze
dell’uomo, appunto, in una data formazione storica e
se da tale rapporto, in un farsi concomitante, il diven i-
re artista dell’uomo e opera d’arte del contenuto, qu a-
le forma ne è d erivata.
La funzione del critico è essenziale in quanto non n e-
cessariamente tale forma è opera d’arte. Perché
l’opera d’arte sia, in una forma che non è mai esistita
se non con il suo contenuto, è necessaria un a compe-
netrazione del critico all’opera stessa che fa del critico
non solo uno storico; è necessaria una forza di elev a-
zione del particolare poetico, di una forma alla forma:
il problema di sapere se ad un’opera può essere attr i-
buito valore artistico, ossi a il compito del critico, è l e-
gato al fatto che una forma è realtà poetica in quanto

76
limitata, nel senso che è la profondità della penetr a-
zione del suo contenuto, che è finitezza costituente,
campo di modalità e che, quindi va elevato all’odine di
infinito della forma.
Sia ben chiaro che, se seguiamo con coerenza De Sa n-
ctis, la forma è già in atto, ambito di registrazioni inf i-
nite del farsi il rapporto tra uomo e formazione storico
culturale in quanto nel genio artistico la forma dete r-
minata della sua opera è, non obiettivo, ma compime n-
to di un rapporto delle sue energie con le forze di el e-
vazione che rendono conto d’un rappo rto dei suoi limiti
temporali e storici con la potenza del genio artistico
che essi coinvolgono.
Va da sé che in questo rapporto triadi co, forze
dell’uomo (il concepire, l’immaginare, ecc.) formazione
storica (i contenuti “possibili”) e forze di elevazione al
valore, sono non derivabili come essenze ontologiche
(la natura dell’uomo in sé) o metafisiche (della storia,
delle idee), Esse con feriscono, cost ituendolo, all’ordine
di infinità dell’opera critica, un terreno di composizi o-
ne del giudizio critico.
Tale giudizio consiste nel porre come oggetto della
critica i rapporti di finitezza (l’esistenza storica
dell’opera d’arte in quanto stor ico-creativa) nei quali
nessuno sconfinamento, nessuna compenetrazione può
esserci tra una forma e contenuto altro che il suo; il r i-
conoscimento critico che tali rappo rti ricevono sono lo
sviluppo infinito, perché dispiegantesi secondo il co n-
tenuto della storia, dell’assunzione da parte del cont e-

77
nuto della profondità della sua forma. Uno sviluppo
con i suoi piani, la ricchezza vitale d’una fenomenol o-
gia storica indicata nella forma l’ordine della sua infin i-
tà.

78
CAPITOLO VI

Il contenuto-latenza e l’artista-concezione

Le considerazioni sul concetto di latenza che qui sto


proponendo come termine nodale per la definizione del
realismo De Sanctiano, della originalità di questo come
irriducibilità ai dialettismi, hanno una importanza fo n-
damentale: E ciò non solo perchè costitutive di una
rinnovata lettura dell’estetica desanctisiana, ma anche
in quanto debbono senza equivoci sgomberare il ca m-
po da ogni assimilazione del concetto con le sue att e-
state calibrazioni dalle quali tuttavia prende critic a-
mente gli aspet ti strutturali.
Da qui l’insistenza con cui ne tratto. Intanto latenza
come contenuto storico -sociale, come cosa desancti-
siana, in un processo di sintesi di cui è termine primo -
concreto polare verso la sua forma, non è latitatio, in
un senso aristotelico, in quanto, a mio parere, in De
Sanctis il contenuto è contenuto della sua forma la
forma non è già nascosta nel contenuto benchè forma
del suo contenuto; nè chiarificazione e ne mmeno, in un
senso tomistico, enucleazione in quanto la e ssenzialità
del valore estetico non assume individuate temperie
dei tempi, in termini apprezzativi di una forma immag i-
ne del mondo, di una forma -composizione di realtà e
unità più organizzate il cui sviluppo consista in una loro
graduale apparizione; il contenuto desanctisiano è di-
venire forma gener atrice della medesimezza di reale ed

79
ideale relativizzata dalla soggettività del genio che re a-
lizza l’unità superiore della sintesi certamente non co n-
forme al contenuto puro, iniziale ma come concreta
forma della forma: ossia valore e stetico.
Che tale valore sia possibile già prima della presenza
attiva dell’artista, peraltro metterebbe in luce aspetti
di una metafisica della possibilità che è totalmente e-
stranea al realismo desancti ano.
Ciò che, intendo ribadire, e che la attiva “conc ezione”
dell’artista nel suo coinvolgimento nella sintesi di reale
e ideale, nella forma vivente che è opera d’arte, non è
riducibile, se seguiamo l’originalità desanctisiana, ad
una mediazione tra negatività e positività, contenuto e
forma; ad una esplora zione delle possibilità in atto n e-
cessitanti d’una causa della loro effettuazione; ad una
deliberazione volontaria di assegnare a possibilità re a-
li, considerate come materia -oggetto di determinazi o-
ne, processi di formazione da cui possano, finalmente
realizzarsi. Una siffatta posizione, almeno sarebbe in
contrasto con la visione desanctisiana di una attività
artistica non armata di concetti, atteggiata con str u-
menti e forme di un operare finalizzato secondo ista n-
ze, se non logiche o razionalizzanti, invalid e a produrre
tensione tra ideale e reale, figurato e figura, idea e
immagine, se non esterne ossia non coinvolte nella
“concezione”, dalla fantasia poetica con cui il poeta è
“involto e quasi perduto” nella forma. ( cfr. La giovinez-
za: l.c.).
Inoltre nel movimento dialettico il concetto che qui

80
sto proponendo spiega la sintesi in quanto forma del
valore estetico, come processo di mutazione di una l a-
tenza in possibilità, questa intesa come contenuto s i-
tuabile perchè situato nelle strutture realmente poss i-
bili delle forme del conoscere dell’assumere, contrast a-
re o condividere, del proiettare e del creare, nel pro-
spettare e concepire; nell’esserci, insomma, d’un atto
creativo attivo nella realtà della “cosa”, dentro ma an-
che contro il proprio tempo. Il concetto di latenza ren-
de conto del fatto anche del fatto che il contenuto, a n-
che se in qualche punto ( cfr. Il passo più volte citato)
De Sanctis lo pone in una sorta di autodinamismo nel
quale, cioè, la forma sembra essere il motore della si n-
tesi, nel contesto in vece dei convincimenti e delle pr o-
posizioni fondamentali dell’estetica desanctisiana, è
anzitutto nello spazio di una verità storica con la pr o-
blematica della pluralità dello spirito, del sentimento
delle forze ideali. Un contenuto nel quale la mutazione
da latenza aperta alle pluralità delle attività dello spir i-
to e, quindi, polarizzata, tramite la presenza attiva
dell’artista verso la guisa estetica a possibile, solleva
la realtà al carattere spirituale della forma cui è in e-
rente la penetrazione dell’azi one poetica nelle pieghe
della realtà; un contenuto nel quale l’analisi e la inte r-
pretazione secondo cui si innerva la presenza creativa
del genio più che semplice metodo di testualizzazione
di caratteri esaminati è cammino e continuazione di
una storia propria aperta ai valori in essa più che ril e-
vati con astratti ideali costituiti nella vivente forma

81
dell’arte.
Così, la latenza è anche campo di mutazione come e-
pigenesi, non in un senso teleologico (mancando alle
tensioni dell’intimo operare dell’artista i ntenti preor-
dinati a fini) nè meccanico (mancando il carattere r a-
zionale di un autodinamismo,che, in un senso non s e-
condario, estrometterebbe la presenza attiva
dell’artista, coinvolto non più nella propria opera come
itinerario di una forma ma in una stru ttura causale cui
rimandare il movimento). Epigenesi dunque come fru t-
to e non presupposto di un atto creativo: nel sentime n-
to attivo della realtà del suo tempo l’attività come co n-
cezione è, profondamente, un dare al contenuto come
latenza verso il po ssibile qualcosa di più che significato
e valore, “progresso dell’anima o, per dirla con parole
più proprie in estetica, della coscienza e della serietà
poetica” (cfr. Opere VII Bari 1953 pag.159).
Qualcosa di più che non giunge dall’esterno ma che è
produzione della “anima investita da un contenuto il
quale opera in lei seriamente” con quella forma “che
viene da un modo particolare di sentire, di pensare, di
immaginare, nella quale si rivela l’originalità” ( ib.
pag.158).
Divenuta possibilità del valore estetico la latenza nel-
lo svolgimento poetico della sua profondità datele
dall’artista, acquista il processo di divenire finalmente
culminante nella si ntesi di reale-ideale nella quale più
“non si tratta di colori o di immagini, cosa esteriore; è
il pensare, il sen tire, l’immaginare, il vol ere, l’operare,

82
tutta l’anima raccolta ivi e armonizzata” ( ib.159).
I concetti di latenza e di possibile, che secondo le mie
riflessioni sono essenziali per tematizzare la conpen e-
trazione profonda di contenuto e forma, non contra p-
posti ma simultanei nella realizzazione del valore est e-
tico, vanno calibrati attentamente per comprendere il
contenuto poetico come “cosa” forgiata dal lav oro del
negativo, ossia della latenza come contenuto puro ma
non oggettività esterna, e forma non c ome condizione
ma come realtà concreta di un lavoro che sia opera t o-
tale. Ciò ovviamente non significa che l’essere reale del
contenuto poetico sia un possibile pensato prima
d’essere; significa che la latenza richiede un’azione e
una prospettiva, attiva n ella mente dell’artista, per
passare alla realtà con quel qualcosa di più che appu n-
to è la realtà stessa del valore artistico nella pienezza
dell’azione dell’artista come concezione.
Dunque il contenuto nel suo movimento da latenza a
possibilità non rimand a ad una nozione metafisica di
potenzialità ma ad una differenza che l’affermazione,
più che il riconoscimento, della idealità, ha la sua r a-
gione e il suo ambito nel reale determinato da una s i-
tuazione storica, nella verità con il suo tempo, nelle
aspirazioni intensionate degli uomini schiudentesi e r e-
alizzate nell’intima consapevolezza del genio con la sua
azione in un’opera creativa.
Diceva Hegel (“Logica.. II,ed.cit, pag.484):“nell’arte la
negatività non si dirige più contro un solo oggetto, ma
contro la totalità dell’esistente per negare se stessa

83
per una affermazione pura nel mondo dell’idea... l’arte
scova un abisso tra l’apparente e l’illusione... e il vero
contenuto dei fenomeni e dà a questi una realtà sup e-
riore nata dallo spirito” (ib.pag.55). E,pi ù avanti, “tutto
ciò che è estraneo viene distrutto ed annientato” (ib.
pag. 186).
Con ciò nell’affermare che arte e religione sono i d i-
versi modi dell’unità di concetto e realtà, cioè
dell’idea, di darsi un’esistenza adeguata trovava nella
poesia la guisa artistica nella quale il processo che quì
sto chiamando di passaggio dalla latenza al possibile
verso la sua realizzazione raggiunge il suo acme “ po i-
chè in essa tutto ciò che può essere visto e udito viene
parimenti ridotto a puri segni dello spirito” ( ib. pag.
124).
La precisazione dimostra come ciò che quì io sta co n-
siderando come latenza e possibilità costituiscono
l’elemento storico e sociale che in De Sanctis ben diff e-
risce da ciò che è l’oggetto del processo di smateriali z-
zazione e soggettivazione di cui dice Hegel ma nel qu a-
le è possibile riconoscere l’identità di movimento,
l’aprirsi al possibile ed infine reali zzarsi.Nella sintesi, il
valore estetico colloca l’artista più che come tramite di
una realtà adeguata alla idea, in un ambito di coltiv a-
zione, interpretazione e realizzazione della necessità
nel possibile stesso. Beninteso di quelle necessità che
come ho già citato, il De Sanctis assegna al contenuto
che “quando esiste....... picchia e ripicchia, a lungo
andare si fa la via, si crea le su e forme” ( cfr.op. cit.

84
Bari 1953, pag. 6 ).
La dimensione creatica che l’opera dell’artista svolge
nella realizzazione dell’opera d’arte, risalta dal fatto
che il poeta ha innanzi a sè delle cose e non delle idee;
e che, nella iscindibilità di contenuto e di forme,
l’opera manifesta una un iversalità che è conformità del
pensiero e della vita, dinamismo di anima d’uomo “ fa t-
tasi anima dell’universo” (cfr. Saggi critici volume I° B a-
ri 1957 pag. 1- 7).
Questa parte dei “Saggi...” è dal De Sanctis dedicata
all’epistolario di G. Leopardi, presentandosi come str a-
ordinario scritto attuativo del lavoro critico desanct i-
siano, come ambito di proposizione di decisa metod o-
logia estetica.
Peraltro l’importanza costitutiva che una temperie
storico- culturale riveste p er l’ideale poetico trova la
sua definizione nel saggio su F. Schiller nel quale la v e-
rità storica che pertiene alle latenze del possibile e-
stetico, trova definizione e spazio “in una comune cr e-
denza [ nella quale ] gli uomini si abbandonano con a r-
dore alle passioni e agli interessi del mondo; oppure
compongono gli effetti negativi non solo per l’arte ma
anche nella scienza, nella polit ica, nell’economia” ( ib.
pag.9).
Si tratta di passi fondamentali per comprendere quel
nesso forte che l’opera critica de sanctisiana instaura
con il lavoro dello storico, quasi un’ermeneutica la cui
considerazione ho ritenuto essenziale ai fini della c o-
stituzione di principi dell’estetica desanctisiana mai a f-

85
fidata alle pure fondazioni speculative ma posta come
ambito di una metodologia il cui movimento è la stessa
vicenda del valore estetico; è essa stessa azione spazio
del giudizio di un’opera d’arte che è sintesi; è azione
che dà principio al lavoro critico in cui nel contempo
tale lavoro ha svolgimento reale. Questo tema
dell’azione, insomma, si rivela nodale per un’estetica
che vede la vita non altro che azione e l’azione come
“espressione viva e parlante di tutto l’uomo” ( ib. pag.
19 ).
Peraltro lo spessore metodologico dell’estetica d e-
sanctisiana si rivela anche nell a profondità della lettura
storica attenta a tutti gli aspetti che strutturano i sec o-
li della storia um ana; alle correnti di pensiero e visione
filosofiche con la loro validità o meno a comprendere
la vita “in tutto il suo signif icato” ( ib. pag.20 ).
Il lavoro critico, peraltro, oltre che metodologia è a n-
che pratica del valore estetico che viene esponenzia n-
dosi lungo il lavoro stesso, perchè è dal lavoro critico
che si precisa, addirittura, rinasce il movimento che dal
contenuto culmina nella sintesi co me misura dell’ideale
e del reale; e l’opera poetica asseconda il criterio della
forma come presenza del valore estetico vive nte.
Un’opera necessaria, dunque, in quanto l’arte che è
forma in un divenire storico non sempre ha la sua m a-
teria, la vita, la storia (cfr. saggio su Prati,”Satana e le
Grazie”, su “Saggi critici “vol.1° ed. cit., pag. 71 -99;
“L’Armando”, ib. vol. 2° pag.188 - 215 ).
E’ in questa opera che restano fissati, senza ambigu i-

86
tà, alcuna i concetti fondamentali dell’estetica desa n-
ctisiana; anzi si ricevono, nel contesto delle taglienti
valutazioni e nelle incisive analisi di un’opera, ma co e-
rente articolazione la cui logica è costitutiva della m e-
todologia realistica. Basti richiamarsi al saggio su F.
Lamennais ( Saggi cit., vol 1° pag.121 - 136 ) nel quale,
a mio parere, sono presenti i punti forti di una critica
ordinata al principio appunto, della medesimezza di
contenuto e forma pr opria.
Nel merito, per il De Santis lo stile non è “ nuda lett e-
ra”, anche se “ diventa pensiero e immagine , colore e
musica ” “ scrupolosa esigenza ” appagata da “ sapie n-
te collocazione delle parole ”. La profondità
dell’immagine vivente nella fo rma non è “ dilettazione
estetica ” non “compiacenza sulla forma storica” e la
“critica “ non vi “tiene del narr ativo”( cit. Saggi critici,
Lezione su Pier delle vigne” vol.1° pag 107): “ ardite
ellissi, tragitti e scorciatoie uso maestrevole di part i-
celle ” ( Saggi.. pag.121 ) non sono forma vivente del
valore estetico, ma rigidità di una bellezza statu aria.
Sulla identificazione in atto del contenuto che alle
forze spirituali dell’uomo si apre come latenza e al po-
eta si apre come polo del suo sentimento attivo, un
passo desanctisiano è, a mio parere, enequivocabile.
“La retorica .... dà pura forma e, segregrato d al sogget-
to degenera in regole astratte, spesso arbitrarie e acc i-
dentali, sempre estrinseche ” la storia da il puro fatto,
il contenuto astratto della poesia, la materia grezza e
inorganica comune a tutti i contemporanei “ ( Saggi ib.

87
pag. 124 ).
E ciò che è comune ai contemporanei è campo di mu l-
tiple direzioni, in guise particolari: politica, etica ecc.
Ma, appunto, anche estetica per aprire alle idee e le
passioni al lavoro di trasformazione che “ facendo d’un
confuso e meccanico aggregato, una vivente u nità or-
ganica” attiva il “ modo ” con cui “ la realtà è fa tta dal
poeta poesia ” ( ib. pag.125 ).
E’ su questa via di “ dignità ” per la quale la materia
è vivente unità organica dell’opera poetica, che “ la
critica è la coscienza e l’occhio della poesia , la stessa
opera spontanea del genio. ( ib. pag. 121 ).
Un’opera che non deve dissolvere l’universo poet i-
co....... deve mostrare la stessa unità divenuta coscie n-
za, ragione di se stessa" ( ib. 125 ) mai, appunto, rid u-
cibile a virtuosismo estetizzante, ch e “nemmeno so-
spetti il problema” del modo col quale il poeta ha fatto
poesia una materia, una rea ltà.(ib.)
“ La critica dunque non è né assoluto pensiero, né a s-
soluta arte e tiene dell’uno e dell’altro; è la stessa
concezione poetica guardata da un’altro punto ...: la
vera critica è la concezione poetica che vi ritorna o si
ripiega su se stessa... ”. (Ib. 125). E’ evidente la esse n-
zialità dell’opera critica, lungo la quale lo storico non
sostiene il lavoro del critico con “scrup olosa esattezza”
ma vi si pone quale attenta lettura della “materia gre z-
za e inorganica” rispetto alla quale la “ vera” opera
d’arte esprime i veri valori differenziali come cre azione
d’una vivente unità organica; come culminazione di

88
una dialettica che il critico deve cogliere nella sua es-
senza, non per descrivere ma per rivivere “la materia
poetica nella sua successiva formazione ora simbolo,
ora persona, qui carattere o passione, li idea o senti-
mento o immagine" (ib. 125 ).
Il lavoro critico dunque rimane orientato secondo le
direttici di un’estetica di cui esso fornisce
l’articolazione logica e la metodologia; articolazione
nella quale non è in movimento una logica astratta o
un lavoro di riflessione che “non può aver luogo senza
qualche scapito....... in quanto non disponibile comple-
tamente “secondo il corso delle cose e l’impeto dei
sentimenti” nell’attivo tendersi del sentimento
dell’artista: se “ l’anima è disposta a correre più a p-
presso alle idee che alle immagini “ ciò che si acquista
in coerenza logica cade in un ordine secondario acces-
sorio” rispetto all’unità vivente organica del valore p o-
etico.
Sono queste le affermazioni testuali (cfr. “Saggio cr i-
tico su Petrarca” citato, pag.137 ,139; Torino 1952 )
sulle quali si regge la mia affermazione di un rapporto
dialettico tra un lavoro critico e contesto logico dei
concetti estetici; rapporto mediato da un basilare a t-
traversamento storico, che chiarisce il motivo profondo
di una tematica realistica che non conse nte al critico di
avvicinarsi all’opera poetica con un armamenta rio di
metodologia e concetti legittimati da un’estetica can o-
nica e speculat iva.
L’estetica desanctisiana ha principi e temi forti che

89
qui sto esponenda, ma è nel contempo vicenda ed i n-
contro con l’opera d’arte, “continuazione del lavoro
cominciato dal po eta” (cfr. Saggi critici vol.I° pag. 125,
cit.) è dunque esso stesso lavoro concreto il cui giud i-
zio non può essere culminazione di un lavoro analitico,
indagante astratte materie dell’opera, che invece è
rapporto creativo in una storia valido a prese ntare non
“in astratto le dottrine di quel tempo” ma “ha i nnanzi
un mondo vivente, incarnazione di ...idee caratteri e s-
senziali... qualità estetiche....... [ secondo cui] la mat e-
ria è stata lavorata” (Saggi critici, cit. vol. I°, pag.129 -
120 ).
Ed è per questo motivo che l’estetica desanctisiana ha
una.coerenza concettuale vissuta, più che definita a-
strattamente, sotto il principio di coincidenza di reale
e ideale; il contenuto non semplice fatto, è innanzi al
poeta con un pu nto di partenza, una trasfigura zione e
un centro che “il critico segue... passo passo” com-
preso e sentito, avendo “chiara innanzi... la concezi o-
ne dell’umanità” ( ib. 126 ) generatrice del valore po e-
tico.
In questo ordine di cose, assumono preminenza
nell’estetica desanctisiana, le tensioni che nell’intima
attività di ideali e sentimenti dell’artista intessono
“secreti rapporti” tra il poeta e il suo mondo — la sua
verità storica, le passioni, gli affetti, la varietà di voci e
di immagini della vita — e più che “... dall’intelletto. ..[
sono + forme uscite dall’immaginazione, ma non come
sensazioni, come sentime nti e oltre che immaginazione

90
come fantasia.( Storia della letteratura Italiana cfr.
cap.IX pag.272 - 277 vol. I° Milano, 1943 ).
Si tratta tuttavia di secreti rapporti che “il poeta
non cerca, li trova sotto la penna, e il critico, che ha
pure la sua parte di spontaneità ma li sente nell’atto
stesso della lettura” (Saggi critici, ed. cit. pag.133 ).
Resta così ribadito un altro punto nodale dell’estetica
desanctisiana come m etodologia del farsi concreto del
lavoro critico in quanto il valore estetico, più che ril e-
vato è descritto, ha esistenza come atto affermativo e
ri-creativo di ciò che, realizzato poeticamente, deve
aprirsi alla lettura critica nella quale viene fuori, no n il
mondo di fini, di rapporti cercati, ma il mondo
dell’arte.
Peraltro, l’assenza di fini, pur nella pienezza di vita
storica realizzata dal genio attivo dell’artista, segna un
altro aspetto dell’estetica desanctisiana che è dato di
rilevare come chiave ricorrente di valutazione critica di
un’opera d’arte, nella quale non c’è concetto e ne m-
meno un contenuto da mostrare e spiegare;dove
l’ideale è reale, in quanto l’idea non è estri nseca al suo
contenuto;mentre il contenuto non accetta come velo
la sua forma ed il poeta mai diviene, in quanto poeta,
“dotto e solenne” e nemmeno l’idea può divenire fil o-
sofia in “un sistema di concetti ben coordinato” (St o-
ria... cit. pag.143 ) perché è senso interiore poetic a-
mente determinato dalla vivace realtà storica e s ociale
nella profondità dei suoi contenuti indagata e trasfig u-
rata con la presentazione perenne di realizzati nuovi

91
sensi.
E’ appunto per questo che, l’organicità di concetti e
linee metodologiche dell’estetica, il lavoro storico, non
come preambolare o accessorio, ma contestuale
all’opera del critico in quanto l’unità dei sensi e lo
spessore d’una “ formazione poetica ” (La Giovine z-
za;ed.cit.pag. 190 ) non può essere letta o vissuta in un
quadro storico-umano esponenente un “contenuto in
sé vuoto o astratto ”, ma vita storica nelle forme po e-
tiche; non generalità già situate e formate nella mente
del poeta; storia che “come la natura, non procede
per salti ” rimanda alle fonti in cicli poetici anteriori,
lega al passato il presente dell’opera con la qua le “ le
grandi figure storiche danno, ciascuna, l’ultima mano
all’elaborazione dei ” secoli”.(ib.)
Questa analogia tra storia e natura più che esponente
dialettiche unitarie, a mio parere, è in funzione did a-
scalica ai fini della comprensione dell’ardua pro blema-
tica del rapporto soggetto -oggetto dell’opera poet ica.
Come ho rilevato, infatti, è più suggestivo che org a-
nico il riferimento alla dialettica hegeliana in cui tale
problematica assume il tono di una sistematicità un i-
versale di esibizioni, di articol azioni di significato;
mentre nel linguaggio sono attive le determinazioni l o-
giche nella forma e modo con cui il processo asimm e-
trico di produzione (nel caso che qui interessa,
dell‘opera d’arte) presenta l’esistenza dei suoi mome n-
ti.
Mi sembra di poter ri levare che, secondo tale diale t-

92
tica hegeliana, il contenuto, elemento, per così dire o-
riginale e primo che è innanzi al poeta, rappresenta lo
stato di una presenza preesistente, ma data come e-
vento inaugurale in quanto potenziale del valore est e-
tico, al sentimento attivo dell’artista; e la produzione
allora è coinvolgimento in siffatta potenzialità, in un
movimento composito dal soggetto all’oggetto e vic e-
versa, per atti di interiorizzazione e di esteriorizzazi o-
ne in conformità, alla fine, a leggi e regole di processo
transoggettive, a un ordine superiore di autoc oscienza,
a interpretazione continua e da continuare tra soggetto
e oggetto fino allo stato di infinita interpenetrabilità
che l’Assoluto esprime.
L’analogia desanctisiana, invece, solleva l’artista da
siffatta infinita esperienza soggetto -oggetto, infinita
sottototalità di un tutto infinito: la formazione poetica,
spinge a “sapere come avviene questa formazione” con
la sua peculiarità e non in un processo come un intero,
nel quale ciascuna opera, al più, apparirebbe in termini
di occorrenza delle variabili di processo.
L’opera critica tende a tale formazione “non al form a-
to”: “come la materia, determinata dalle sue forze o
leggi, e dalle condizioni esterne, raggiunge una forma
vitale, così il contenu to poetico, la materia cioè o
l’argomento, determinato da lle forze del poeta e dalle
condizioni esterne in cui egli vive, si specializza, pre n-
de una data situazione, acquista la sua forma, diviene
un organismo. La poesia come la natura, è un l avoro di
concentrazione e di diffusione insieme”. (La giovine zza

93
ed. cit. pag.190 ).
Il contesto complesso e coordinato, in cui “il camm ino
delle forme poetiche è determinato dalla civiltà” (La
giovinezza 159) quasi in una sinergia attivata dal poeta,
non consente gene ralità nelle sue determinazioni; nè
ordini superiori di sintesi successive nell’essere la fo r-
ma, forma del suo cont enuto; nè astrazioni filosofiche
o intenti prefigurati di poeta che è situato coessenziale
a condizioni esterne; nè fini di “d iletto” per “ornare lo
spirito” perchè “la letteratura non è un ornamento s o-
prapposto alla pe rsona” (Saggi ed cit. Vol.II pag. 56) ma
organismo e forma vitale e la poesia è,“ libera felice i-
spirazione che ha “vinto” la natura astratta, ed “il val o-
re estetico di un lavoro procede non dalla idea, ma da l-
la sua manifestazione”: “la poesia si innalza al di sopra
degli odi e delle collere terrene” (ib. 63).
Coerentemente, l’estetica desanctisiana non si pone
come insieme canonico e ambito del modello d’un co n-
tegno critico indagante eventuali rispondenze tra opera
e paradigmi estetici: l’estetica non ha “parole
d’oracolo” (ib. 63) e nemmeno “va a caccia di frasi, di
allegorie e di fini personali”; infatti “la grandezza d’una
poesia è in ciò che si vede e non in ciò che sta occult o”
(La Giovinezza pag. 192) necessitante di armamentari
concettuali di disoccultazi one.
A questo carattere dell’estetica desanctisiana, che
“non cerca il segreto dell’arte nei concetti e nei tipi”
(ib. 191) generici, si congiunge un principio di creativ ità
dell’artista, che pur risultando dalle osservazioni fin

94
qui svolte, intendo esplicitare come punto nodale del
realismo cui De Sanctis affida la originalità del suo l a-
voro critico: l’immaginazione e sensibilità, la fantasia
creativa non è pura genialità po etica ma penetrazione
e apertura del contenuto oltre la contingenza e la f e-
nomenologia storica, verso una realizzazione di intimi
significati, di orizzonti nei quali, per così dire, v’è e-
mancipazione del contenuto come contenuto poetico,
individuale determ inazione.
A tale processo la creatività dell’artista è “la sola e
vera azione, i cui effetti oltrepassano l’angusto giro dei
fini e degli interessi” del suo tempo “e non hanno per
confini che l’uomo e il mondo” (Saggio critico su Dante
in Saggi citati vol. II pag 103).
L’importanza di siffatto principio di creatività per
un’estetica che sedimenta e pone la sua coerenza t e-
matica in una critica militante nel vivo della storia, r i-
sulta peraltro dal fatto che per il De Sanctis il poeta
non ha “esemplari da c opiare” nè da assegnare avendo
innanzi il contenuto: “i mode lli sono utili ai pittori”; “le
regole sono anch’esse lavoro posteriore all’arte” in
quanto “astrazioni” (anzi, proprio in quanto posteriori
all’arte sono solo astrazioni); “il vero in arte non è a s-
soluto”; il presente poetico “suppone” un passato di
“lenta elaborazione della materia”. ( Cfr. La giovinezza,
ed.cit. pag.187).
Ho voluto riprendere queste considerazioni, per fiss a-
re intensivamente il corpo organico di temi che
l’estetica desanctisiana pre senta senza voler essere

95
ambito del concetto perchè aperta alla vera lezione
della storia e coinvolta nel suo rapporto dialettico con
il lavoro del critico.
Cosa poi comporti una differente visione della creat i-
vità artistica che non sia versatilità da ammi rare, ele-
ganza, e se si vuole, anche vivacità d’una creazione in
cui il contenuto nè si sviluppi nè si mostri se non s e-
condo “la superficie astratta” quale si presenta innanzi
al poeta (Saggi critici vol.II ib. Pag.186) si può rilevare,
da questo incisivo passo (Saggi critici ed. cit. Vol II
pag.186): “In un’opera d’arte si può fare benissimo un
lavoro d’astrazione. Si può isolare il contenuto dalla
forma; in questo considerare la purità, la grazia, la
chiarezza, l’armonia; in quello l’originalità la morali tà,
la verità storica; si può insomma fare quello che fanno
tutte le rettoriche, ridurre tutto a generi e specie, a
caratteri e qualità astratte”. Ma la rettorica può dare
abilità tecniche; e il critico che dovesse articolare il
suo giudizio con questo met odo generalizzato nelle sue
articolazioni e matrici “considerando l’invenzione, i c a-
ratteri, le passioni, l’elocuzioni, la lingua, fa l’anatomia
sopra un cadavere, fa una critica astratta che se qua e
là ci può dare utili notizie e savie osse rvazioni, non può
mai riprodurre nella sua integrità o rganica e vivente il
mondo creato dall’artista. Il critico è dirimpetto
all’artista quello che l’artista è dirimpetto alla natura.
Come l’artista vi riproduce la natura, ma con altri mezzi
e altro scopo, così il crit ico riproduce l’arte, ma cò suoi
processi e cò propri fini, e, quello che più importa, con

96
quella piena coscienza di essa che manca spesso
all’artista...” ma vi porta dentro più che il mondo reale
e concreto “il mondo delle poetiche e delle rettoriche,
e vi applica quelle forme e quelle regole e gi udica”
Tutto ciò vuol dire che ad una poetica delle forme a-
stratte, della creatività libera in un senso di gratuità di
caratteri, ordini d’elocuzione e qualità di stile, non p o-
trebbe coordinarsi che un lavoro cri tico, tale che, lungi
dal vivere l’opera e il suo mondo per afferarne ciò che
v’è, di vivo e originale, non avrebbe non solo “la fo r-
za... “ ma nemmeno l’interesse, di “ricreare quel mo n-
do che il poeta ha creato con la fantas ia”(ib. 187),
Questa osservazio ne, in negativo, della contestualità
di lavoro critico e temi estetici che costituiscono un u l-
teriore principio dell’estetica desanctisiana,
dell’estetica come svo lgimento storico del fondamento
realistico (la medesimezza di ideale e reale come forma
vivente del valore estetico) rendono conto della pos i-
zione desanctisiana spesso mal compresa o enfatizzata
come tema forte del realismo estetico, avverso simboli
e allegorie. Si può condividere la diffusa opinione che
tale avversione conduce il De Sanctis a un certo sche-
matismo --- che, a ben guardare, sottende in special
modo la “Storia della letteratura italiana --- che ne af-
fievolisce la coscienza della liricità nel senso che il
principio della forma vivente svuoterebbe di valore e-
stetico molte opere (che nel la “Storia... “ hanno punt u-
ale attenzione critica) che dal De Sanctis vengono ta c-
ciate di formalismo e di r etorica.

97
Ma, se si tiene conto di quanto qui ho insistenteme n-
te caratterizzato e ribadito, mi sembra di poter affe r-
mare che più che una conseguenza i ndesiderata, siffa t-
ta avversione è il riflesso di quella ideologia desanct i-
siana che, come ho sostenuto, è il terreno che se non
genera, motiva costitutivamente, l’estetica e l’opera
del critico: l’ideale di coerenza tra pensiero e azione, la
sincerità morale ed estetica, l’ispirazione etico -
pedagogica, la caratterizzazione dell’opera critica con
finezza psicologica, pur se estranee, dal punto di vista
concettuale per natura ed ambito, a una teoria estet ica
o alle problematiche del gusto, per così dire mett ono in
sistema gli autonomi sviluppi di una visione dell’arte e
di una critica vissuta, calata nel vivo dei tempi.
Da qui l’esigenza, ormai soprattutto interna alla log i-
ca, di tematizzazioni forti presenti nel lavoro del crit i-
co, di quel sistema di forme c ompenetrate dal proprio
contenuto, viventi con esso come “veri corpi animati”
non “fantasmi liberi a nuove combinazioni e nuove
concezioni” ma segnate da una individualità storica e di
forza creativa “cose saldate alla vita ... in senso rea-
le...” (cit Saggi critici ed. cit. vol II pag. 193 -196).
Dunque, non un tema forte ma, semmai un corollario;
e nemmeno come conseguenza indesiderata ma scelta e
dispiegamento di una visione estetica nella quale il
reale non si risolve in identificazione pura e l’ideale
non è pura semioticità.
Il privilegio della realtà come contesto storico -
sociale-creativo in rapporto alle interne variabili “sec o-

98
lari” che la storia offre nel suo divenire, non spinge a
valorizzare aspetti puramente estetici; e il giudizio cr i-
tico-storico semmai si sofferma a valutare quei s egnali
euristico-pedagogici che l’opera --- benchè, l’ho già r i-
levato, per altri fini non costitutivi --- pur sempre pre-
senta per il fatto che non è espressione monologante,
entità isolata da qualche sua autosufficienza se parata
dalla reale sua funzione nel contesto della comunic a-
zione sociale e ravvivata secondo il particolare campo,
appunto, sociale, storico, culturale cui a ppartiene.
Essa opera, di lungo lavoro critico, è comunque int e-
ressata ai momenti della fruizione dell’opera d’arte la
quale pur sempre si ripresenta come spazio del doc u-
mento, intreccio di domande e di risposte: in una prat i-
ca sociale, l’opera poetica non è solo liricità, pura fo r-
ma, parola impegnata sul piano dell’oggetto, astrazi o-
ne, perchè è prodot to della relazione tra soggetto
dell’azione realizzatrice e condizioni storiche determ i-
nate; perchè è entro una struttura sociale cui l’artista
ineludibilmente appartiene, vive e parla e svolge la sua
forma specifica di cre atività.
Ed allora, l’estetica de sanctisiana come opposizione
ad ogni astrattezza e ad ogni forma monologante, non
vivente nel contesto situazionale di cui fa parte, cons i-
ste nell’assunzione, connotazione valutativa, accentu a-
zione di qualità e caratteri di siffatta relazione, di tali
condizioni e della specificità cre ativa dell’ artista con la
identificazione di una dialettica di contenuto e forma
con cui l’opera e il valore estetico entra in rapporto

99
con quella pratica soci ale.
In questo ambito di determinazione organica, i temi
estetici fondamentali, acquistano decisa rilevanza, o l-
tre la loro enunciazione in realtà di tono suggestivo:
l’arte non è “un mesti ere”, ”la generalità” fa del “poeta
un dilettante”; anzi, ”migliori poeti sono quelli che
scrivono senza guardare all’effetto” (Storia ed. Cit.
vol.I pag. I8) E si comprendono i motivi della netta p o-
sizione critica avverso la allegoria strumentale alla s o-
vrapposizione, in uno stesso concetto, di vari signific a-
ti: etico, politico, sociale tanto che in una “libertà di
forme” “la stessa mat eria si presti con tanta docilità a l-
le più varie interpretazioni (e)” la figura che “come r i-
chiede l’arte” deve rappresentare il figurato diviene
“semplice personificazione o segno d’idea” ( ib. pag.
130): l’allegoria “allarga” il mondo ma “può ucciderlo”
anzi allorchè il poeta concependo la vita come gener a-
lità la rappresenta come l’ hanno interpretata la ragi o-
ne e la filosofia mutila la vita (Saggi su Petrarca pag.
11) in una imitazione, vuota forma letteraria ( cfr. Il ci-
tato Saggio critico su Petrarca pag .53)” togliendogli “la
vita propria e personale” (ib). Queste affermazioni,
manifestamente allusive rispetto ad una fondazione e-
stetica, sono tuttavia significative della ineludibile i m-
portanza che la sintesi di contenuto e forma riveste nel
lavoro critico desanctisiano: l’allegoria toglie la vita
propria al mondo allorchè provoca distinzione tra rea l-
tà esattamente in quanto è figura “adombramento” di
un’atto significato fuori di sè “accozzamento meccanico

100
mostruoso” (ib. Pag.130) sicché si ha “falsa poetic a” e
“lavoro sopra idee astratte” ( ib. Pag.131).
Ebbene, essendo l’arte “realtà vivente” che deve av e-
re in quanto ha in sè “il suo senso di se stessa” la “f i-
gura” non deve “servire due p adroni”(ib. Pag.139).
Codesta affermazione, che ribadisce efficacemen te un
preciso tema dell’autonomia dell’arte, conduce organ i-
camente alla impossibilità, essenziale, di una poesia
spazio di fini o veicolo di significati, oggettuali, scient i-
fici, etici etc., rispetto ai quali si ridurrebbe “a puro
abbigliamento esteriore”: non ne penetrerebbe l’idea
perchè “non può possederla”. ( Ib.). La possiede infatti
“allora solamente quando non la vede più fuori di sè,
perchè è divenuta la sua vita e an ima: la realtà”.
Come si vede, questa insistente esigenza di compen e-
trazione tra “figura” e “figurato” e la affermazione di
una drastica perdita di identità d’un’opera che si dice
poesia o arte ma nella quale siano “penetrati particol a-
ri estranei”; il tema d’un pensiero del reale non ancora
“calato” nell’immagine, come forma “iniziale d’a rte”
ma non arte, ribadisce in termini icastici la indisponib i-
lità dell’estetica desanctisiana alla generalità e imm o-
bilità del concetto della “costruzione a priori, intelle t-
tuale nella sostanza, allegor ica nella forma” (ib. 139).
In relazione a quanto ho affermato circa la peculiare
calibrazione che quello che ho detto principio di cre a-
tività conferisce all’ attività dell’ artista, un altro passo
della “Storia“ (vol.i citato pag. 142) offre una precis a-
zione che ritengo o pportuno citare: “in tutti i lavori d’

101
arte, si ha da distinguere il mondo intenzionale e il
mondo effettivo, ciò che il poeta ha voluto e ciò che ha
fatto”.
“L’uomo non fa quello che vuole, ma quello che può.
Il poeta si mette all’opera con la poetica, le forme, le
idee e le preoccupazioni del tempo; e meno è artista,
più il suo mondo intenzionale è reso con esattezza tu t-
to è chiaro, logico ... : la realtà è una mera figura. Ma
se il poeta è un artista, scoppia la contraddizione,viene
fuori non il mondo della sua intenzione, ma il mondo
dell’arte (ib 142). In particolare, ad esempio, se la r a-
gion d’essere d’un argomento è l’idea morale medita rvi
sopra” non è del poeta ma del filosofo” ( ib. 143).
Peraltro “un argomento non è tabula rasa dove si può
scrivere a genio; ma è marmo già incavato e limato, che
ha in sè il suo concetto e le leggi del suo sv iluppo” (ib.
148).
E’, insomma, ciò che ho denotato latenza, che esige
d’essere intesa “innamorarsene, vivere ivi dentro, e s-
sere la sua anima o la sua coscienza” ossia non ass u-
merla per regole astra tte ma nell’avvenuta sua conve r-
sione in possibile estetico, interrogare tale possibile,
indagare “la natura che in sè contiene virtualmente la
sua poetica, cioè le leggi organiche della sua formazi o-
ne la sua genesi, il suo stile” ( ib. 148).
Il significato del realismo desanctiano che fissa nel
contenuto” la sostanza dell’arte”e che fa del sentime n-
to attivo dell’artista il campo di acquisizione della s e-
rietà del conten uto “vivente nella coscienza” ( cfr Storia

102
vol. II, ed. Cit. pag. 315), si coglie, dunque, c ome ho più
volte sostenuto, internamente ad un lavoro storico cr i-
tico alla cui base è una visione aperta e progressiva,
autenticamente moderna, della vita sociale. La fond a-
zione dell’estetica desanctisiana lungo siffatto lavoro
ha, oltre i suoi aspetti sug gestivi e dichiarativi inte r-
namente ad un giudicare critico, del tipo su cennato,
anche punti analitici forti in quel vasto e acuto esame
che il De Sanctis storico della società e della cultura o l-
tre che della p olitica, svolge con riguardo.alle temperie
letterarie, filosofiche,alle visioni del vero,del trasce n-
dente, delle “leggi dell’intelligenza e dello spirito” (ib.
341).
Ma,ritengo, trattasi di una dimensione dell’ opera
complessiva desanctisiana che esorbi ta dal piano del
presente mio lavoro , del quale dilaterebbe eccessiva-
mente l’ ampiezza.
Ciò che risulta in tutta la sua importanza e problem a-
ticità è la osservazione di una attività poetica che in
quanto artistica, per così dire, a riparo dalle concettu a-
lizzazioni, non compr omessa da personali punti di vista,
entusiasmi e sensi metafisici: ”un credo non è un mot i-
vo poetico” (ib. pag. 343), ideale e reale debbono coi n-
cidere, e la coincidenza è il risultato più che l’ obiett i-
vo di un processo di sintesi che, alla fine, è reso poss i-
bile anche da un processo storico,in un processo di d i-
venire nel quale tuttavia l’ opera d’ arte non solo non
è”arbitrario prodotto subiettivo dell’ ingegno” ma
nemmeno è punto di regole immutabili come”prodotto

103
più o meno inconscio dello spirito del mondo” (ib. 350).
L’ estetica desanctisiana, insomma, comporta, a mio
parere, una liberazione dell’ arte dalle prese di parte
che il vero, il bello, il giusto o altre grandi categorie
del pensiero speculativo,scientifico, filosofico, religi o-
so, hanno consentito di avallare secondo le a lterne vi-
cende dei costrutti e dei meccanismi discorsivi con cui,
a conti fatti, il potere dell’ a priori ha sostenuto un ben
più sottile potere dell’uomo sull’uomo.
In questo senso è resa funzionale non solo
all’autonomia dell’arte ma anche all’effettivo progres-
so civile e politico, quella liberazione secondo cui i
termini del problema estetico stanno non in un’opera
di idealizzazione da parte del poeta, ma di realizzazi o-
ne.(cfr. Saggio critico su Petrarca, pag.35). In
quest’opera, che, nel senso su adombr ato, è catartica,
anche l’artista, coinvolto nel valore etico, è anche c o-
involto dalla verità delle “cose” in un’opera resa ne u-
trale non solo dall’assenza dei fini e del messaggio, ma
anche dal fatto che ciò che realizza “sbalza fuori vivo e
vero” (ib. pag. 10) non in forza di un suo punto di vista,
ma delle cose stesse: “grande artista è colui che vince
e doma e uccide in sè l’ideale, cioè a dire lo realizza,
produce una forma” (ib. pag 33).
Ovviamente, il complesso di questi aspetti va osserv a-
to come riflesso di un’opera critica e ricostitutiva, se n-
sibile ed attenta alle esigenze di una estetica “mina c-
ciata” da una “nuova rettorica” e sofferente d’una “m a-
lattia dell’ideale”(ib. Pag.7). E’ il richiamo dell’arte “a l-

104
la sua base fondamentale,che è la vita o la forma vi-
vente”; il richiamo a quella forma che è “il vero
nell’arte” (ib.): segn alare con forza e nel lavoro stesso
del giudizio estetico che “ l’ideale non è il contrario del
reale e che non v’è “incompatibilità tra i due”; che “la
vita dell’uomo” non è la morte dell’altro, è opera fo n-
dativa di modi d’una teoria estetica con la consapev o-
lezza che siffatta teoria, tutta da attuare in una prat i-
ca, non lascia senza referenza il lavoro dello storico e
del critico.Non è teoria astratta ma un saper vedere e
un coerente giudicare; “l’ideale non è il contrario di r e-
ale” più che un principio necessario alla articolazione
di un discorso sull’arte, è un richiamo alla storia:
“l’ideale è innanzi tutto un complesso di idee, come la
bellezza, la giustizia, la verità, la famiglia, la patria, la
gloria, l’eroismo, la virtù, materia perpetua
d’ammirazione e di aspirazi one”.
Ebbene per le esigenze di una estetica “sofferente”, il
De Sanctis, più che un ordine di verità indenne da pr e-
se di parte; più che la proposizione di u n’arte neutrale,
pone nella forma vivente unità organica e immediata
col suo contenuto, la s oluzione per una rinascita della
quale l’arte è già vigore spirituale, in quanto essa re a-
lizza nella vita l’ideale del reale non come “mero a c-
cessorio” (ib.26)
Un’ideale che caratterizza il realismo desanctiano
come ambito di un’arte che è chiarezza ed energia, a c-
cordo tra le cose e l’artista il quale “abbia sè nelle c o-
se”: “l’ideale è sostanza” (ib. pag. 10).

105
Si comprende, dunque, che la visione dell’arte alla cui
base “non è il bello o il vero o il giusto o altro tipo, ma
il vivente, la vita nella sua integrità” (ib. pag. 10) è o r-
ganicità di conce tti, coerente comunione logica di uno
spazio estetico realistico nel quale, alla fine, le varie
proposizioni desanctisi ane si strutturano in un corpo di
direttrici internamente ad un critica, non formale o d e-
gli stili, psicologica di “mezzi giudizi unilaterali e te n-
denziosi” (ib. pag 21).
In questo ordine di connessioni si chiarisce nei r i-
guardi dell’allegoria, come su ho ricordato, più che
un’avversione---come talvolta si è detto rimproverando
al De Sanctis insuff iciente coscienza della liricità --- una
profonda connessione con il tema dell’ideale:
l’allegoria ove “ingrandisce gli oggetti di là delle pr o-
porzioni naturali, e sotto nomi di individui rapprese n-
tare tipi esemplari... è mutilazione”. E si chiarisce def i-
nitivamente la grandezza dell’artista se la sua opera
realizza l’ideale attenta alla natura del contenuto c ome
si presenta in questa o quella disposizione del suo a ni-
mo” (ib. Pag.117); se invece il far poesia è lavoro di
idealizzazione ( non di realizzazione), la commozione
ed il sentimento soggiacciono alla riflessione “ che si
ficca spesso dove non è chiamata” (ib. pag.55) e prod u-
ce concetti, riaprendo, per così d ire di fatto, vecchi
dualismi tra soggetto e o ggetto.
Poichè “il vero nell’arte nasce nell’intimo convinc i-
mento”, il principio del reale e di creatività confluisc o-
no logicamente nella affermazione che “la più alta id e-

106
alità dell’espressione è nell’accordo tra le cose e
l’artista”(ib. pag.10).
Ma rimane pur sempre il fatto che nella considerazi o-
ne dell’arte come attività sottesa e coinvolta nella vita
nella sua vivente attività il De Sanctis, a mio parere
non solo pone un tema forte dell’autonomia dell’arte
ma consente di derivare la neutralità del poeta che in
quanto artista è soltanto lievito e coscienza di “un
complesso di idee o di principi conquistati dall’ uman i-
tà dalla sua lunga storia” (ib. pag.110).
Infatti è l’idealità del reale l’orizzonte e se si vuole la
garanzia di un’opera che in quanto poetica mai assume
interesse di parte nè si espone alla ideologia del tempo
per esserne tramite più o meno consapevole. E in qu e-
sto senso i sentimenti dell’artista assumono, in un pr o-
cesso di realizzazione del valore estetico essi stessi i
termini di un modello ideale. E’ da questo modello e
non dagli intenti dell’artista che si apriranno poi gli u l-
teriori momenti di più ampie valenze civili in una te m-
perie in cui la poesia e l’arte senza sovradeterminazi o-
ne o protagonismi tardo -romantici attuerà nessi si m-
biotici e stimoli verso quel vero, quel bello e giusto
che, seppur non costitutivamente, le apparti ene.

107
CAPITOLO VII

Ideologia e fondamento
Ho rilevato insistentemente il fatto che l’estetica d e-
sanctisiana più che ad una organicità di compiuto s i-
stema speculativo filosofico rimanda nel suo spessore
propositivo e pratico all’alto valore che l’opera desa n-
ctisiana ha come lavoro storico e critico della letterat u-
ra. Gli aspetti ideologici poi si motivano come rifl essio-
ne, ampia nelle sue tematiche e nella biografia stessa
dell’uomo che ha incentrato il suo impegno civile e p o-
litico sul ruolo che una cultura estetica deve e può av e-
re per il progresso morale e civile della soci età.
Sostanzialmente ritengo che la forz a propositiva
dell’estetica desanctisiana si genera dal bisogno di el i-
minare la divaricazione tra cultura e vita e
dall’obbiettivo di dare centro e vigore ai valori nella
conoscenza tanto da superare ciò che, a parere del De
Sanctis, aveva prodotto l’impot enza della scienza e la
decadenza della vita.
Per questi motivi ritengo che l’estetica desanctisiana
consegua, se non in senso logico -concettuale, in term i-
ni di pratica vitale, dalle funzioni e dai caratteri della
critica desanctisiana sorretta da una punt uale cono-
scenza storica essendo la società e la storia l’ambito
del giudizio estetico.
La metodologia è il respiro della critica desanctisiana
che, anche per questo motivo, va osservata come a t-
teggiamento e vicenda di una aspirazione ad un ruolo

108
riformatore della cultura.
Rispetto a questo obbiettivo l’estetica desanctisiana
è l’orizzonte di un progetto, riflesso di una visione pr o-
gressiva dell’incedere dello spirito nella storia; con una
progressività di penetrazione del valore artistico che
qualifica tutta la parabola critica del De San ctis.
Con ciò intendo dire che l’estetica desanctisiana anz i-
tutto disegna una risposta alla domanda, fondamentale
e pregiudiziale, di quale sia la cultura valida a riasso r-
bire l’impotenza della scienza e la decadenza de lla vita.
Ed è per questo che l’individuazione di validità in una
cultura antiaccademica e realistica, genera e fissa
l’estetica desanctisiana con i caratteri del lavoro stor i-
co critico, mai esattamente teorico e nemmeno retor i-
co.
Da qui la proposizione guida dell’estetica desanct i-
siana di una distanza definitiva dell’impegno critico da
una vecchia metodologia di scuola classica; la afferm a-
zione fondativa di un’estetica avversa ad ogni forma
che all’operare creativo dell’artista dovesse prospe t-
tarsi come regola o modello, come strumento o dire t-
trice di vuota general ità.
E’ il bisogno di una cultura della vita, che pone
l’estetica desanctisiana come un progetto necessari a-
mente alieno da forme che dovessero presentarsi non
come profonde penetrazioni della realtà tramite
l’intimità attiva e creativa del sentimento dell’artista;
un progetto contro ogni forma manifestativa di gener a-
lità anonima non legata alla vita o che della vita fosse

109
vista, come velo, spe cchio.
E’ stato detto che l’estetica desanctisiana ha tra i suoi
riferimenti costitutivi la linea di pensieri hegeliano cui
peraltro lo stesso De Sanctis ha dedicato la sua atte n-
zione con essa manifestando espliciti fondamentali
rapporti.
Nel corso della presente analisi ho già affrontato
questa questione. Qui intendo puntualizzarne alcuni
aspetti; ma non tanto con l’intento di verificare, in d e-
rivazione delle cose dette, se e come lo spessore teor e-
tico dell’estetica desanct isiana abbia la sua radicazione
nella filosofia hegeliana, qua nto invece per affrontare
gli aspetti problematici che la prop osizione affermativa
della sintesi di contenuto e forma presenta e che,
quindi, possono avere nel processo dialettico heg eliano
e soprattutto nella critica hegeliana del dualismo ka n-
tiano di soggetto e oggetto, elementi esplicativi e di
legittimazione teoret ica.
Ma ciò che intendo ribadire è soprattuto la personale
convinzione del De Sanctis circa la funzione della cult u-
ra e la sua aspirazione ad un progresso civile. E’ da ciò
e più che dal riferimento ad Hegel, che, a m io parere,
nasce una integrazione forte delle proposizioni e dei
termini che articolano l’estetica desanctisiana; anche
se, invero, in De Sanctis questo aspetto non è svilupp a-
to, ai fini di fondazione logica della sua posizione e-
stetica, che, invece, vis suto lavoro critico e vivace co n-
trapposizione alla astrattezza e alla rigidità di ogni
schema normativo.

110
Trattasi di una integrazione forte e di una chiarific a-
zione del fatto che lo storico e il critico assumono
l’estetico in un fatto più che in un concet to; il fatto che
l’opera d’arte è st oria e società attiva e attivata nella
mente dell’artista.
Una realtà, dunque, d’arte come vita che ci consente
di comprendere come il De Sanctis della scuola heg e-
liana napoletana resiste, se non li avversa, a quegli a-
spetti dell’estetica hegeliana che, teorizzanti o assert i-
vi di un’arte momento dello spirito, alla fine, strume n-
tale al processo progresso ideale, davano corpo ad
un’estetica come sistema critico, sostanzialmente a
priori.
Ci consente di comprendere come l’ estetica desanct i-
siana sia nel contempo avversa ad un realismo inteso
come assunzione di dati preordinati, come una serie di
obblighi e prescrizioni da parte dell’oggetto.
La funzione della cultura pensata come un progetto
non può, infatti, che fondare il realismo come campo
genetico di potenzialità; come realtà delle rapprese n-
tazioni artistiche possibili; mentre non poteva che i n-
tendere tali rappresentazioni né secondo una metafis i-
ca della natura umana e della fantasia come terreno di
pura generazione del contenuto artistico e nemmeno
come attività da sommettere ad un insi eme di regole di
strutturazione dell’espressione come nella retorica
classica. La realtà dell’ideale poetico non può proced e-
re nemmeno per concetti o tipi astratti - come nel neo-
vichianesimo - né si può ordinare conseguendo a can o-

111
ni poetici i cui valori siano ass oluti.
L’ideologia del De Sanctis si caratterizza per il ruolo
che viene conferito alla cultura, come opera di pr o-
gresso civile e morale della società. A quest’aspetto i-
deologico, perchè basato su un convincimento forte,
corrisponde non una funzione intellettualistica da pa r-
te del soggetto in quanto la critica alla scienza e la r i-
levata separatezza tra cultura e vita indicavano una
contestuale e qualificante tipologia dell’intellett ualità
nel compito di eliminare o di operare eliminando tale
divaricazione.
In sostanza la cultura è attiva di progresso nel m o-
mento in cui se ne riforma il ruolo e ciò avviene nel
momento in cui la cultura è una modalità della vita o
meglio una forma di v ita efficace di progresso. Non è
eterodirezione, benchèabbia fini etici e morali, perchè
la cultura è il formare nella vita e dalla vita grazie alla
funzione di un soggetto creatore e mediatore, un i n-
sieme di direttrici e situazioni di progresso civile e m o-
rale. Il ruolo del soggetto (letterato, artista, intellett u-
ale) è quello di un operatore ideologico in quanto ha
un’aspirazione e un progetto.
In “Scrittori d’Italia”, n° 210, De Sanctis per “A. Ma n-
zoni e la sua Scuola” fornisce dei temi di estetica che
hanno la loro legittimazione principale appunto nella
visione dell’arte come formazione ossia opera
dell’artista di penetrazione creative del valore del co n-
tenuto in quanto artistico e tuttavia non riducibile ad
un contenutismo estetico.

112
Egli rileva, ad esempio, che l’opera (del Manzoni) più
che rilevazione o adeguazione ad una temperie cultur a-
le è “romanticismo”; ossia, è “l’opposizione prima e più
recisa in Italia contro il classicismo. (ib. pag. 3). Ne
consegue, secondo il De Sanctis, per la critica este tica
la possibilità di sottoporre l’opera manzoniana anzitu t-
to ad un criterio di storicità: “Ogni forma letteraria n a-
sce con un’atmosfera intorno a sé, la quale quando
emana da lei, quando è da lei raggiata, è al di fuori, si
chiama atmosfera naturale a qu ella forma. Ma c’è
un’altra atmosfera artificiale e convenzionale, che vi e-
ne dall’ambiente in cui essa forma nasce, dalle opinioni
che corrono, dai pregiudizi del secolo, dalle passioni
dell’uomo che la maneggia; densa atmos fera che rima-
ne estrinseca alla forma stessa, e spesso la otten ebra e
guasta” (ib. pag. 3 -4).
Per la metodologia critica dunque è essenziale la c o-
noscenza del presente storico non in senso sincronico
soltanto, ma anche e soprattutto nel suo essere la cu l-
minazione e la d iscontinuità rispetto a un passato non
solo di storia ma anche di forma. Infatti, così come
l’opera del Manzoni è romanticismo, opposizione al
classicismo la penetrazione del valore artistico esige
per l’opera critica la conoscenza del classicismo: esso
“...era cosa viven te; ma dava a quella forma letteraria
una mitologia senza mito, una retorica senza eloque n-
za, un involucro che chiameremo mitol ogico-rettorico.”
Come si vede, il critico è sorretto dallo storico: grazie
al criterio di storicità, la forma, che è l’orizzont e

113
dell’opera critica estetica, esce dalla metafisica o
dall’ontologia; e, nemmeno generalità o concetto del
valore estetico, diviene la modalità e il contesto degli
interrogativi strumentali all’opera che il critico deve
porsi nello svolgimento della sua f unzione.
Ritorna qui il rapporto tra il “che cosa” e il “come”
esattamente sotto un interrogativo principale che e-
merge dalla caratterizzazione di una temperie storico -
culturale (il romanticismo): la sua “atmosfera viziava
l’interno processo dlla forma; o ggi diremmo la forma-
zione. Il poeta, lo scrittore, prendeva un concetto,
un’idea, un tipo, un personaggio, intorno a questo co n-
centrava tutta la luce e lasciava il rimanente in profo n-
da oscurità; era un’astrazione riscaldata
dall’immaginazione a scapito di tutto il resto della vita.
Quindi mutilazione della vita, falsità della rappresent a-
zione: ciò chiamavasi processo id eale.”
E più avanti l’altro interrogativo su come
un’atmosfera caratterizzata da formalismo vuoto e r e-
torico, abbia potuto permanere fino a lla prima metà
del secolo decimo ttavo.
Emerge così inequivocabilmente la funzione attiva
dell’artista: la sintesi più che come un fatto dottrinale
o un tema speculativo è concezione cioè un lavorare
creativo fino al fondo della vita.
Le temperie storico -sociali e le loro diacronie, i loro
approdi ne sono il contenuto nella modalità che ho
chiamata latenza: non la datità dell’oggetto dell’opera
è presente al poeta ma “un contenuto che agita il ce r-

114
vello” che “quando... è preso sul serio, presto o tardi
straccia l’involucro viziato che ha attorno, e si fa val e-
re, si fa vivo; ossia converte la sua latenza in possibil i-
tà.
Che non si tratti di una latenza o possibilità in senso
scolastico o metafisico, risulta dall’affermazione d e-
sanctisiana pratico -speculativa, più che ipotetica,
dell’esistenza di un processo di formazione dell’arte;
l’affermazione che il contenuto artistico esiste per
l’artista e in quanto c’è l’artista.
Questo un aspetto dell’estetica desanctisiana potre b-
be apparire in posizione postulatoria delle modalità
secondo cui il contenuto trova il sentimento attivo
dell’artista; e del come il contenuto si realizzi nella sua
forma tramite la sua formazi one.
Ritengo che questo aspetto, vada considerato
all’interno di una riflessione sui processi di dive nire il
cui riferimento, più che la dialettica hegeliana (diale t-
tica essere-essenza), debba essere il procedere effett i-
vo, nella storia, della cu ltura.
Questa problematica, il cui punto d’attacco ritengo
sia da ricercarsi nel concetto di sovrastruttura (cf r.
V.Curatola,1990, pag. 84 - 87) e nell’essere o meno
l’artista un prodotto sociale, è totalmente estranea al
De Sanctis.
Certo, in De Sanctis la problematica non è senza ind i-
cazioni per un’eventuale sua soluzione originale fond a-
ta sull’artista come compl essa attività di formazione e
concezione dell’opera po etica.

115
Infatti, importanti a questo riguardo sono: la pers o-
nalità dell’artista, col suo vigore e i suoi attributi mu l-
tipli, si fa coinvolgere dai valori emergenti nella storia
per seguirvi “il cammino d ei fatti”; lo stesso processo
di formazione, storico e “positivo”, certamente né i-
deale, né astratto “su cui si concentri tutta la luce a d i-
scapito della vita”; un processo, insomma, che è “la
stessa vita, l’ideale calato nella realtà”. E’ anche vero
tuttavia che la complessità della problematica spinge il
De Sanctis a distinguere tra l’artista e poeta. Si tratta
di una differenza che egli dice, “non solo letteraria, e s-
sendo artista il genere e poeta la specie... l’artista non
è posseduto tutto intero dal contenuto che vuole ra p-
presentare, il contenuto non investe tutta la sua inte l-
ligenza, tutto il suo cuore, non gli toglie il possesso di
sé. Gli rimane la forza di poter guardare a distanza il
conten,uto come fa il pittore col suo modello... Il po e-
ta invece è tutto investito dal suo contenuto, non si
calma con l’immaginazione, non ha un mero calore di
frasi, di fantasia; ha in sé una forza che lo spinge
all’azione, a propugnare tra gli altri quel che sente in
sé: e spesso questo soverchiante contenuto imp edisce
al poeta di essere artista” (cfr. in cit. “Scrittori d’Italia,
n. 210; vol VII Opere; Bari 1953, pag. 9)
Come si vede questa differenza non è un dettaglio,
ma un punto importante dell’estetica desanctisiana che
non vuole correre il rischio d’ontol ogismo o di una me-
tafisica del contenuto, né nella problematica del poss i-
bile; per vedere, invece, nel contenuto artistico il s e-

116
gno della sua realizzazione. Ne risulta che la compi u-
tezza o modalità della realizzazione del contenuto con
la forma sua è più u n fatto riferito alla contingenza di
una differenza d’azione del soggetto attivo,
dell’attività estetica, che essenzi ale.
La rilevazione di tale differenza, peraltro, a ben gua r-
dare, è strettamente connessa con l’affermazione che
forma non è il concetto m a la concezione mentre co m-
porta una peculiare funzione del critico, alla fine non è
solo uno storico, ma esso stesso artista. Egli deve ess e-
re, infatti, capace di rilevare le differenze in ragione al
mondo dell’artista ai sentimenti del tempo alla cons e-
guente forma poetica.
L’individuazione d’una temperie storica, dei sent i-
menti e delle idee del tempo, intese non come cont e-
nuto ma come materia poetica; e la considerazione
che, come il contenuto è uno, la forma deve essere u-
na, fa del critico uno storico ed una soggettività essa
stessa coinvolta nel fatto dell’arte.
La visione estetica di De Sanctis si svolge e si arricch i-
sce lungo il suo lavoro di critico assumendo una linea
ferma e coerente nella quale un particolare problema
riguardante un giudizio di val ore estetico si pone co n-
temporaneamente autonomo da un punto di vista le t-
terario specifico e nel contempo istruito ad ampia i n-
terpretazione storica in modo che nella storia i valori
letterari trovano la loro collocazione in un orizzonte
che anche etico, po litico e sociale. In sostanza ciò s i-
gnifica come più volte ho detto di mettere la parte, e

117
sminuire ogni valore, la critica meramente form alistica
e retorica per divenire essa stessa umana e storica b a-
sta ricordare quanto De Sanctis sviluppa nel suo saggio
critico sul Petrarca, liquidando “le sopravvivenze idill i-
che e arcaiche del nostro secolare petrarchismo ma
salvando i valori poetici genuini della lirica
dell’aretino” ( ib. pag.11 -12).
Ciò che interessa De Sanctis è la poesia e la personal i-
tà umana del poeta, mentre nel lavoro critico assum o-
no originalità prospettiche le valutazioni storiche ed i
criteri di giudizio vengono plasmati dalla conoscenza
storica.
Nell’estetica desanctisiana, insomma, si realizza un
deciso superamento dell’estetica romant ica pur attenta
al valore creativo della poesia ma per accogliere il
concetto e l’ideale quindi su un piano generalizzante il
valore individuale alla fine come generica e canonica
soggettività.
Una forma che non è un concetto non un ideale gen e-
rico ma realtà specifica e vivente. Come osserva Galv a-
no Della Volpe in “Critica del gusto” (Feltrinelli 1972 p.
58 e 123 ) in De Sanctis il rapporto tra vita concreta e
simbolo è essenziale e preciso; appartiene ad un co n-
cetto che l’artista o il poeta potenziale no n già trasfi-
gura o spoglia di ogni particolare della realtà viva e
concreta.
Va anche osservato che questa affermazione del De
Sanctis del concetto generale ed immobile e che sp o-
glia la vita da ciò per cui la vita è vita, mi consente di

118
ribadire che l’est etica desanctisiana lungi dall’astratto
contenuto, è aliena da co ntenutismi storicistici di tipo
hegeliano così come non fonda il concetto d’arte come
fantasia o visione o figura: è equili -brio tra le due te n-
denze.

119
CAPITOLO VIII
Riflessioni conclusive

A margine di queste osservazioni, anche al fine di fare


risaltare l’originalità del lavoro desanctisiano, mi so f-
fermerò su alcune posizioni piuttosto diffuse che v o-
gliono Gramsci e Croce eredi di De Sa nctis.
In particolare ritengo di potere affermare
l’inconsistenza di tali posizioni incoraggiate peraltro da
quanto Croce andava scrivendo di De Sanctis, piegando
la critica desanctisiana come un’estetica nella quale la
“forma” poteva essere vista come intuizione mentre la
presenza e il coinvolgimento dell’a rtista nel suo tempo
veniva riesposto in una tematica del sentimento e di
vita interiore.
Inoltre, per quanto concerne Gramsci, farò vedere che
la decantata eredità desanctisiana si riduce alla cond i-
zione di una pedagogia dell’arte ma che non può and a-
re oltre la genericità della funzione educativa e non
anche interessare obbiettivi ultimi, atteso che in Gra m-
sci la cultura borghese, più che spazio di validità del r i-
scatto, è uno strumento per cui deve passare la c o-
scienza critica dello strumento stesso, a c ompimento
d’opera pedagogica.
Dalle considerazioni fin qui svolte, dovrebbe risultare
evidente il tipo di influenza che la “scuola hegeliana”
ha esercitato sull’estetica desanctisiana. Si tratta di un
orizzonte filosofico rispetto al quale il De Sanctis d eri-

120
va una terminologia ed una tematica valida a rimettere
la sintesi di contenuto e forma e l’operare attivo
dell’individualità artistica determinata , in un più a m-
pio campo di problemi per così dire già di ssodato.
Ma, ripeto, non per questo come da più pa rti si è ri-
tenuto di rilevare, l’influenza hegeliana ha assunto
consistenza per una organica teoria estetica. Infatti,
l’ho già affermato molto dell’estetica desanctisiana va
ricondotto alla coerenza intellettuale e alle personali
convinzioni del critico. E, a ben guardare, quel che
manca in sede speculativa viene integrato in termini,
anche ideologizzati, d’un vissuto e di una prospettiva:
almeno a livello suggestivo, il riferimento alla funzione
progressiva dell’arte è incentrato, piuttosto che in di a-
lettismi e momenti dello Spirito, ad una considerazione
di elementi ed eventi storici; nella storia di civiltà,
temperie come possibili campi centrali di progressività
di vita civile umana.
Ho ripercorso questo ordine di riflessioni per ripre n-
dere, conclusivamente, una osservazione sul rapporto,
in sede estetica, tra A. Gramsci e B. Croce e F. De Sa n-
ctis. In tale sede si è, da più parti, voluto affermare
una eredità di pensiero e di linea tematica che, addiri t-
tura farebbe del De Sanctis un precursore di Gramsci ,
almeno con riguardo agli orietamenti positivi desa n-
ctiani.
Siffatte affermazioni, ritengo, hanno poco fondame n-
to nel senso che non hanno rispondenza se non a live l-
lo di suggestione e di assonanze, mancando un sosten i-

121
bile tra gli orizzonti ideologici, mot ivi teoretici e sign i-
ficati e funzioni che costitutivamente una estetica
comporta come visione, se si vuole, teoria della sogge t-
tività, della storia, della cu ltura.
Certo, data la scarsezza di tesi estetiche in Gramsci e
la posizione organica che l’esigenz a estetica ha in Cr o-
ce, sembra quasi ovvio che rapporti d’eredità di pe n-
siero siano difficilmente sostenibili. Ma, ponendo così
la questione,non si capirebbe tanto interesse in Gra m-
sci e Croce per il De Sanctis e si liquiderebbe, troppo
sbrigativamente sif fatto tipo di accostamenti.
Il fatto è che il rapporto Gramsci -Croce-De Sanctis
contiene più di un aspetto interessante in quanto ciò
che accomuna le rispettive estetiche è fortemente e-
splicativo delle decise differenze d’ambito riguardo ai
fondamenti e di orizzonti riguardo ai livelli e alle rifle s-
sioni, le metodologie e gli ordini di organic ità.
Poichè vanno ritenute note l’estetica gramsciana e
quella crociana, basta che qui annoti alcuni punti pri n-
cipali a sostegno delle mie affermazioni lim itatamente
a Gramsci.
In Marx il problema estetico presenta nei Manoscritti
economico-filosofici (1844) una certa ampiezza e s i-
stematicità e, peraltro, con attenzione marginale alla
forma della produzi one artistica in quanto tale (cfr. G.
Prestifino; “L’estetica in Ma rx” Roma 1976). Tra le e-
spressioni sovrastrutturali della coscienza l’oggetto
d’arte è sommesso a un processo co mplessivo nel quale
tuttavia il perfezionarsi delle forme artistiche non

122
coincidono storicamente con un’intrinseca capacità e-
vocativa e comunica tiva, è riconducibile ad ogni altro
modo del produrre (pratico -economico), è assimilabile
ad altre forme del riprodurre (teorico, conoscitivo):
l’arte non può sottrarsi, fra gli altri, al condizioname n-
to proveniente dai «rapporti sociali di produzione».
Dunque, finalità, idee, valori che presiedono a scelte
stilistiche portano i segni inpressi nella personalità d e-
gli artisti dell’ambiente sociale e di classe cui l’artista
si colloca; e solo «suo malgrado» la ragione di una ra p-
presentazione «realistica» pene trante e ricca di part e-
cipazione umana può essere acuta e efficace coscienza
storica.
Ho voluto richiamare, con evidente brevità, alcuni a-
spetti d’estetica marxista per orientare le mie rifle s-
sioni su una tesi dell’arte che trova “i temi specifici”
nei “concetti di sovrastruttura e società dell’uomo” (V.
Curatola “Arte come sovrastruttura e come oggetto
della sensibilità emancipata” nei manoscritti del 1844;
Pensiero e società 1980 pag. 75) che ben differenti
fondamenti ha rispetto a quelli desanctiani e po ne in
termini incisivi la problematica della neutralità
dell’arte di cui ho su fatto cenno -: il contenuto storico
“si risolve, direttamente o attraverso mediazioni, nella
struttura dei rapporti produttivi” e l’”autonomia
dell’arte” “piuttosto precaria” e nella “forma con cui
viene presentato un determinato contenuto storico”
(ib. 80). Ed allora, prima di affermare rapporti di der i-
vazione o influenze di qualche tipo,per quanto conce r-

123
ne la problematica estetica in Gramsci, occorre aver
dissodato il campo in sede marxista,relative “alle d i-
mensione estetica come manifestazione emancipata e
sociale dell’uomo nella teoria della sovrastruttura (V.
Curatola, ib. pag. 89) e , anzitutto con riguardo alla s o-
vrastruttura “in termini più ampi e diversi da quelli che
la riducono a epifenomeno” (ib.). Ne risulterebbe una
concezione nella quale “l’arte si presenta, senza alcuna
localizzazione cronologica, come una realtà permane n-
te di affermazione, di realizzazione dell’uomo sociale,
libero, non alienato, una realtà primari a, essenziale e
non sovrastrutturale” (ib. 93).
Questa “serie di indagini feconde e problematiche da
sviluppare per fondare un’autonomia reale, sociale e
umana dell’arte”, come osserva conclusivamente V. C u-
ratola, a mio parere, sono un viatico essenziale p er in-
traprendere una lettura ragionevole del rapporto
Gramsci-De Sanctis, se è vero che la problematica est e-
tica in Gramsci trova in De Sanctis anzitutto in te rmini,
più adeguati alla filosofia della prassi, di nuovo uman e-
simo, critica del costume, dei sen timenti, e lotta per
una nuova cultura, un riferimento pertinente più agli
aspetti ideologici desanctiani, che all’ambito dei pri n-
cipi.
E ciò un fosse altro che per il fatto che le opere d’arte
integrano la loro funzione “ulteriore” - nel senso che
ho già chiarito e cioè su un terreno pratico non costit u-
tivo - etica, politica e di crescita, con l’essere essa m a-
nifestativa di quella ideologia nel suo “significato più

124
alto di una concezione del mondo che si manifesta i m-
plicitamente nell’arte, nel diritto, nel l’attività econ o-
mica, in tutte le manifestazioni di vita individuali e co l-
lettive” (Gramsci Quaderni dal carcere Ed. critica
dell’istituto Gramsci a cura di G. Gerratana; Torino
1975; Q.11 §12 pag.11 -17; nota iv su Gramsci Arte e
folclore, Roma 1976 pag.11 ). Che l’ambito ideologico
della crescita spirituale e civile (De Sanctis) e
dell’umanesimo assoluto della storia (Gramsci) siano, a
mio parere, il terreno di individuazione del tipo di er e-
dità desanctisiana in Gramsci; un terreno privilegiato
per evidenziare con quanto poco fondamento si è visto
in De Sanctis un precursore di Gramsci, risiede nel fa t-
to che in Gramsci la funzione ulteriore “pedagogica”
dell’arte in senso desanctiano (la funzione che produce
assonanze) è la dialettica educativa fra intellett uali e
semplici in una concreta concezione organica del mo n-
do.
Siffatta posizione è in Gramsci sensibile a quella es i-
genza, di cui dice V. Curatola, di una riflessione sul
concetto di sovrastruttura valida a liberare l’oggetto
estetico ad una dimensione es senziale primaria,
dell’uomo non alienato, a leggi che sono sue e non del
modo di produzione.
Un concetto di autonomia dell’attività artistica oltre
il “carattere cogente, vincolante dell’attività lavorat i-
va” (ib.91), a volte “opaca e priva di significati umani” (
V. Curatoloa; ib.88) è assunto, infatti, da Gramsci nella
sua critica al processo storico come meccanismo e fat a-

125
lismo in una visione di sovrastrutture pure manifest a-
zioni delle strutture.
Si tratta di vedere adesso, se e come queste assona n-
ze in ambito educazionale possono rimandare a el e-
menti e temi di tale organicità tra le due estetiche, d e-
sanctisiana e gramsciana. Basti che io segni, sbrigat i-
vamente, alcuni punti salienti della struttura teorica
gramsciana per ribadire che quelle assonanze sono i ca-
ratteri evidenti di una profonda differenza:
<$TSpInterPar=1512>1) in Gramsci, anzitutto, le spa r-
se riflessioni sull’arte mettono in luce l’opera d’arte
come concreto processo; forme e contenuto sono cat e-
gorie storiche e insite nel rapporto struttural e tra lin-
guaggi ed arte e, dunque, più che in una dinamica di
processo immanente tramite il vigore spirituale e il
sentimento attivo dell’artista, possono presentarsi, per
così dire, alterne preminenze;
2) contenuto e forma sono , dunque, termini il “cui
accostamento può assumere nella critica d’arte molti signi-
ficati” (Q. 14 § 72 Letteratura popolare contenuto e forma;
Roma 1976 ed. cit. pag. 160) comunque connessi per così di-
re, ad un livello desanctianamente meta-artistico, in determi-
nate concezioni del mondo; “contenuto e forma” hanno un
significato “storico” oltre chè “estetico” e “forma storica si-
gnifica un determinato linguaggio” (ib. 161) anzi «forma» è
“un mezzo pratico per lavorare sul contenuto” (ib.)
3) storicità dell’arte è il carattere di una attività-artistica
appunto - di “elaborazione ulteriore che si esprime nell’arte”
di “fatto bruto” e canonico, politico economico che si lascia

126
elaborare artisticamente; (Q. 15 § 20 ib 163)
4) la originalità dell’opera d’arte è legata “alla forma cult u-
rale organica” di una temperie storica, il cui potere limitativo
eventuale può confinare l’opera in pura “calligrafismo”
(ib.163)
5) l’attività rivoluzionaria crea il “nuovo uomo, cioè nuovi
rapporti sociali” mentre il perire dei vecchi rapporti possono
solo fornire dell’uomo vecchio rinnovato negativamente” una
poesia canto del cigno” (Q.6. §64 pag. 25 - 25 bis. I nipotini di
padre Bresciani; ed. cit. Pag.118)
E’ ovvio che questi cenni non possono che grossolanamente
delineare l’estetica gramsciana; ma, ritengo, sono sufficienti
a segnare una distanza con l’estetica desanctiana nella con-
cezione dell’attività dell’artista; ed anche del nesso conten u-
to-forma, del concetto di valore estetico, della dialettica
dell’evoluzione e della produzione artistica come prodotto
storico connesso al tempo e alle concezioni del mondo con
cui intesse modi di significazione coerente e unitaria in un t i-
po specifico di progresso e di possesso valido a influire, ult e-
riormente, nella condotta morale e politica.
In questo progresso De Sanctis vede il mondo storico come
“mondo che si riconcilia con la vita, e ne prende possesso e
pone ivi i suoi ideali, e gittandovisi entro partecipe le gioie e
le sue amarezze, fatto di conteplatore scettico e inquieto, se-
reno attore e soldato ... mondo il quale ha perduto il suo lato
negativo e ritrovato i suoi ideali” (cfr. Saggi critici torino 1972
pag. 253 - 254); Gramsci secondo la proposizione d’una filo-
sofia della prassi che ha trovato la sua significatività pratica
oltre che teoretica nella critica di una sovrastruttura come

127
epifenomeno che se non ha l’ampiezza delle problematiche
cennate da V. Curatola, solleva certamente l’estetica da una
riconduzione dell’arte alla struttura economica.
Come ho rilevato a suo tempo, uno degli aspetti
dell’estetica desanctiana è la asserzione di una realtà poetica
come coincidenza di ideale e reale:
Tuttavia, il riferimento forte alla realtà socio-storica e agli
ideali, sentimenti, principi “conquistati dall’umanità nella sua
lunga storia (Saggio critico su Petrarca; ed. Cit. pag.25) e la
congiunta osservazione che “come la rettorica non dà il ben
dire, così neppure la logica dà il ben pensare, essendo le sue
forme staccate da quel centro di vita che si chiama lo spirito”
(La Giovinezza, ed. cit. Pag.154), pongono ciò che è determi-
nato, ai fini dell’attività estetica, un contesto - uno stato di
cose - che non è gnoseologicamente o linguisticamente prio-
ritario: è l’essere innanzi al poeta, e la “genialità” che “la n a-
tura” dà al poeta (ib. pag.157), al quale non occorre alcun
“arsenale dello spirito” (ib. pag.154): “la parola non manca a
chi ha innanzi viva e schietta la cosa (ib.).
Tutto ciò ho già evidenziato, ma ho ritenuto di richiamare
per osservare che se non esistente internamente a uno sche-
ma categoriale, né comporti rinvii a stistemi di identificazione
localizzati fuori di essa, l’opera d’arte è un dominio di con o-
scenza, di individuazione che il critico e lo storico isolano,
nell’attività unitaria del giudicare, da una realtà storica mult i-
forme: ponendosi così la formazione del valore estetico e la
concezione dell’artista, il contesto delle forme e del conten u-
to, e ciascun contenuto con la forma sua; ma anche stati di
cose alternativii - la rettorica, l’allegoria, l’astrattismo, il con-

128
tenutismo ecc.. Ma se non esige “arsenali dello spirito” il po-
eta, nemmeno vanno assegnate il critico intelaiature concet-
tuali e allo storico prospettive concettuali intenzionanti un i-
vocamente la sua lettura storica. Ma si dà il caso che
quest’ultima è virtualmente aperta a una molteplicità di vi-
sioni -: Il critico potrebbe come storico stendere o ridurre, il
suo dominio referenziale introducendo o togliendo, qualifi-
candolo con “ulteriori” sviluppi riflessivi: l’affermazione di
qualcosa di effettivo e persistente - “la viva e schietta cosa”
peraltro in una trama coerente di rapporti storici - l’ideale
come “complesso di idee e di principi” anche se affermati
come “conquista dell’umanità nella sua lunga storia” - implica
sempre l’intervento di un concetto almeno a livello di istanza
di qualche genere come chiave di lettura. E questo punto cri-
tico, è interessante, non solo per fissare l’ambito delle diff e-
renze tra l’estetica desanctiana e quella gramsciana; ma an-
che per osservare che se priviamo i momenti di identificazio-
ne delle varie temperie storiche come campo unitario di un
atto intenzionale unitario dello storico che, costitutivamente,
è chiamato a contestualizzare l’opera del critico come giudi-
zio estetico - di alcune funzioni cognitive, non necessaria-
mente in un’ottica kantiana di esperienze possibili, allora
dobbiamo spostare la nostra attenzione su cosa presiede
all’osservazione del critico e dello storico di oggetti, campi,
temperie storiche nelle quali individuiamo la “cosa”
dell’estetica. Il problema sta nel fatto che, sottratta la indivi-
duazione a un complesso di articolazione cognitiva che da
stati del mondo alternativi spieghi l’essere “cosa” o “sostan-
za” di alcunchè, non possiamo correre il rischio di assegnare

129
al campo della “cosa” assoluta autosufficienza, con un signif i-
cato inesigente integrazioni, in una struttura complessiva
dunque conchiusa. Il peso di tale univocità secondo un pro-
spettivismo percettivo restituirebbe la creatività in perspica-
cia e l’opera come costruzione. E ciò coinciderebbe con un
“profondo distacco tra il pensiero e la vita” (Saggio critico su
Petrarca; ed. cit. pag.29).
Ed allora, il concetto di latenza che ho qui proposto può a-
vere la funzione organica spazio-temporale, ossia culturale,
sociale, storico che comporta una molteplicità di prospettive -
la sua virtualità - per le varie attività dello spirito e che impli-
ca i modi possibili di cogliere “la cosa” da un punto della
struttura delle molteplicità, dal quale v’è resa la conversione
del molteplice in unità reale assente da altri punti di vista: se
è vero che v’è un tessuto intersoggettivo, una funzione socia-
le, una possibilità d’esperienza non necessariamente connes-
sa a funzioni categoriali, ma sociale e storica perchè generata
dalla funzione unificante del tempo storico che mette in rela-
zione, gli uomini concreti e produce la struttura di rapporti -
di qualque tipo - suscettibili di effetti unitari, allora l’arte
come le altre attività dello spirito implicano la presenza attiva
in quella struttura di azioni della struttura nelle quali il peda-
gogismo dell’arte più che protagonismo di figure eccezionali,
è il portare nei posti ove è “assente” cioè non manca, ma non
può esser visto - un valore proveniente dal posto ove l’azione
strutturale ha “spostato” quel soggetto che diciamo artista.

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Quarta di copertina
L’estetica di Francesco De Sanctis, (Morra nell’Irpinia 28.3.1817-
Napoli 19.12. 1883), libera l’arte dalle grandi categorie: il vero, il
bello, il gusto. La libera dal pensiero scientifico, speculativo, filoso-
fico, religioso; da personali punti di vista, entusiasmi e sensi meta-
fisici, giacché la asserisce e radica in un peculiare realismo. Auto-
nomia dell’arte è pertanto funzionale a quel progresso civile e po-
litico che scandisce durate di tempo strutturale, ossia differenze
del prima e del poi di una liberazione d’inedito valore. Mai idealiz-
zazione, ma realizzazione di una latenza, luogo dell’evento che at-
tendeva di essere resa visibile nel lavoro del Critico, del critico
d’arte in cui è coinvolto lo stesso artista. Evento della liberazione
del valore estetico, nella verità delle cose d’un universo alla quale
l’artista, tramite dinamico di spirituale personalità del sentimento,
non è estraneo. Ciò che si realizza è, dunque, valore artistico:
“sbalza fuori vivo e vero” entro l’orizzonte circoscrivente il reale
che include l’umano come rete di relazioni socio-storiche: è valore
estetico, quindi, ideale ossia reale creato non contrario alla reale
perpetua materia d’ammirazione e di aspirazione integrante le
grandi categorie. Per un umano senza lacune, il lavoro storico e
critico di un’opera d’arte è coerente giudicare. E’ lavoro che con-
ferisce al gesto artistico l’assoluto cominciamento di una eleva-
zione della latenza a valore poetico, sintesi di contenuto e forma,
vivente unità organica e immediata della forma col suo contenuto
essenziale l’artista: genio della formazione e della concezione.

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