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Gianfranco Marinoni

Compagni di viaggio

Stavo partecipando a una gara col mio cavallo. Ero nel gruppo centrale dei
corridori. Non sono mai stato tra i primi, ma nemmeno tra gli ultimi. Ero
concentrato nella corsa quando mi accorsi che il mio cavallo tendeva ad
avvicinarsi a quello di un altro corridore, non lontano da me. Per quanto lo
riportassi con decisi strattoni sulla rotta che avevo deciso, l'animale insisteva
nel suo proposito di avvicinarsi all'altro equino.
In una curva del percorso i due cavalli, ormai abbastanza vicini, si guardarono
e, credo, di comune accordo, senza più badare agli ordini dei rispettivi
cavalieri tirarono diritto, cioè uscirono dal percorso di gara. Stupefatto mi
trovai a trotterellare accanto ad uno sconosciuto, anch'egli molto sorpreso, in
una campagna sempre più lontana e diversa dai consueti luoghi delle
competizioni. Bella campagna, devo dire, verde, folta, silenziosa.
I due cavalli fianco a fianco avevano ridotto la velocità, ora quasi andavano al
passo, così che potei osservare meglio il mio casuale, obbligatorio e
indesiderato compagno di viaggio. Era costui un uomo corpulento di mezza
età, elegante e taciturno. Una folta barba grigia gli copriva metà del volto e
degli occhiali scuri ne mascheravano l'altra metà, di modo che non riuscivo a
distinguere quasi niente dei suoi lineamenti.
Camminavamo da circa un'ora e la mia natura ciarliera non sopportava già più
quel silenzio artificiale. Ad un certo punto sbottai: “Perché mi segue?”

****

Diventammo amici. Gli dissi:


“Carlo, mi presti il tuo cavallo?”
“No”
“Carlo, vuoi un caffè?”
“No”
“Carlo, mi fai un favore?”
“No”
“Carlo, mi racconti la storia della tua vita?”
“No”
“Vuoi che ti racconti la mia?”
“No”

****

Un giorno il mio cavallo morì e Carlo non volle ospitarmi sul suo. Così dovetti
proseguire a piedi, da solo. Lui mi aspettava alla fine della giornata in un
punto prestabilito, si fa per dire, della strada, dove passavamo la notte e ci
scambiavamo qualche informazione su come avevamo trascorso il giorno, le
esperienze fatte, le persone incontrate.
“Carlo, hai conosciuto qualcuno oggi?”
“No”
“Ti è capitato qualcosa di interessante?”
“No”
“Hai visto qualcosa di bello?”
“No”
“Vuoi che ti racconti come è stata la mia giornata?”
“No”
****

Passò del tempo, forse anni. Carlo sempre a cavallo, io sempre a piedi.
Eravamo già un po' vecchi. Un giorno il cavallo di Carlo morì, così
continuammo ad andare entrambi a piedi. Ma dove andavamo?
“Carlo, tu sai dove andiamo?”
“No”
“Te lo sei mai chiesto?”
“No”
“Credi che ci fermeremo da qualche parte?”
“No”
“Voglio dire, pensi che questo viaggio finirà?”
“Sì”
Il giorno dopo Carlo morì. Continuai da solo il cammino.
Ora sono fermo sul ciglio della strada, seduto su una pietra. Sono molto
vecchio e stanco. Vivo solo nei ricordi, di quando avevo un cavallo e facevo le
gare, conoscevo gente, mi illudevo su tutto. Ero felice. Avevo dei sicuri punti
di riferimento, però non ricordo più quali.
Non ce la faccio più ad alzarmi da questa pietra. Credo che anche per me il
viaggio sia finito. Non ho mai visto bene il volto di Carlo, non ho mai saputo
chi fosse, però è stato un amico.

(04/01/2013)

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