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Non sempre gli edifici possono essere “smontati” e ridotti agli elementi
costitutivi, specie se sono caratterizzati da tecniche costruttive lontane dalla
moderna prefabbricazione, senza, di fatto, demolirli e distruggerli.
TIPI DI SMONTAGGIO
Smontare per restaurare
Smontare per demolire in modo controllato
Smontare per spostare e rimontare altrove
Smontare per spostare, proteggere e conservare
Smontaggi e rimontaggi di rivestimenti
Smontaggio e rimontaggio di pavimenti
Smontare per restaurare
Si può smontare un manufatto per procedere alla pulitura, al consolidamento
e all’eventuale protezione dei suoi componenti smembrati, per poi rimontarli e
collocarli nella sede originaria, come avviene nel restauro dei mobili o nella
manutenzione dei manti di copertura e delle loro orditure di sostegno, nel
restauro di pavimenti e rivestimenti o degli infissi.
Come demolire
Le opere di demolizione, al di là delle possibili differenziazioni legate alla loro
entità, al tipo di manufatti interessati e alle modalità esecutive prescelte,
richiedono anzitutto il rispetto di alcune fasi organizzative così sintetizzabili:
• individuazione dell’oggetto, dell’elemento, o della parte di
costruzione da demolire
• rilievo e analisi dell’oggetto da demolire per conoscerne i
caratteri geometrici, la consistenza fisica (dimensioni, materiali,
tecnica costruttiva), lo stato di conservazione, di equilibrio e di
stabilità;
• valutazione dei rapporti esistenti tra l’oggetto della demolizione
e gli elementi o le parti contermini del manufatto;
Come demolire
• selezione dei metodi, degli strumenti o dei macchinari più
idonei;
• redazione di un programma/progetto delle demolizioni, ossia
definizione delle diverse fasi operative e della loro corretta
successione, con particolare riguardo a:
- organizzazione del cantiere;
- predisposizione delle misure di sicurezza sia riguardo alla stabilità del
manufatto (opere provvisionali in genere, puntellature, ponteggi, ripari
ecc.), sia riguardo alla sicurezza degli operatori e delle persone in
genere (segnaletica, dispositivi di tutela e interdizione al passaggio e
alla sosta, protezioni, ecc.);
- individuazione delle modalità di crollo (in relazione anche ai rischi di
stabilità delle parti superstiti e all'incolumità degli operatori).
• apertura del cantiere, realizzazione delle strutture provvisionali
e di ogni altro dispositivo previsto ai punti precedenti;
• esecuzione delle opere e controllo delle fasi esecutive,
compreso l’eventuale ricorso a sistemi di monitoraggio passivo
delle condizioni di equilibrio delle strutture coinvolte
nell’intervento.
Come demolire
In questa fase occorre, inoltre, porre in opera gli ulteriori elementi di sostegno,
provvisionale o definitivo, necessari allo specifico intervento di demolizione che si
sta attuando. Ad esempio, nel caso si realizzi una nuova apertura entro una
compagine muraria esistente, sempre che ciò sia tecnicamente possibile per le
caratteristiche costruttive e lo stato di conservazione della parete, è necessario
procedere anzitutto allo scasso della porzione superiore del nuovo varco, operando
su una faccia della parete, e inserire al suo interno un’architrave che sorregga la
porzione di muratura sovrastante. Un’analoga operazione è poi eseguita sulla
faccia contrapposta della parete e, solo dopo la posa in opera del secondo nuovo
orizzontamento superiore, è possibile procedere alla demolizione dell’intera
porzione di muratura corrispondente al varco desiderato.
Ricomposizione per anastilosi
Il nome di questa tecnica deriva dall’unione di due parole greche, anà e stylos
che, letteralmente, significano "su" e "colonna", indica quindi l’operazione del
"rialzare" o "porre di nuovo in piedi" colonne cadute e ridotte in frammenti.
In termini più specifici il termine anastilosi è utilizzato, fin dall’antichità, ma
soprattutto a partire dal XIX secolo, per descrivere le ricostruzioni totali, o più
spesso parziali, di antichi edifici crollati, realizzate attraverso la ri-connessione
delle parti cadute al suolo.
Assai più difficile, per non dire impossibile, ritrovare la posizione di un singolo
concio di pietra all’interno di una muratura.
Ricomposizione per anastilosi
L’anastilosi si articola nelle seguenti fasi:
1. Rilievo accurato degli elementi sparsi sul terreno. Le operazioni di rilievo devono
riguardare sia il sito che i singoli frammenti;
2. Schedatura, descrizione, rilievo tridimensionale degli elementi smembrati;
3. Riconoscimento delle possibili relazioni esistenti tra i vari elementi censiti.
4. Ricostruzione ipotetica del manufatto da ricomporre, in laboratorio o con strumenti
che permettano di non alterare lo stato dei luoghi; A questa fase spetta anche la
definitiva identificazione dei pezzi da ricomporre per ricostruire il singolo manufatto
e quella dei pezzi o dei frammenti mancanti e che occorrerà eventualmente
integrare;
5. Definizione dell'esatta logica e sequenza di ricomposizione dei pezzi, degli elementi
e dei frammenti riconosciuti come appartenenti al singolo manufatto (o parte di
manufatto) da ricomporre e individuazione delle correlate fasi operative del
rimontaggio;
6. Scelta dei modi, dei mezzi e degli strumenti operativi che s'intende adottare nelle
fasi di ricomposizione e ri-innalzamento del manufatto crollato. La scelta riguardai
sostegni provvisori che si rendono eventualmente necessari, durante le fasi di
ricomposizione del manufatto. Occorre inoltre stabilire quali materiali e quali
dispositivi utilizzare per realizzare le connessioni tra i frammenti da ricollocare
(malte, resine, adesivi, perni, dispositivi d'ancoraggio passivi e attivi).
Ricomposizione per anastilosi
A questi limiti sembrano tuttavia opporsi alcune recenti esperienze che con gradi
diversi di successo e di condivisibilità tra gli studiosi, hanno cercato di applicare,
almeno idealmente, lo spirito e le ragioni dell’anastilosi alla ricostruzione di interi
monumenti crollati a seguito di eventi sismici.
9. infine, si procede alla stuccatura della testa del foro utilizzando una malta
composta dal collante impiegato e dai detriti provenienti dal materiale perforato,
per mimetizzare la traccia del foro sulla superficie del manufatto (se destinata a
rimanere in vista); nel caso in cui si sia invece deciso di non nascondere
l’imperniatura (ciò accade soprattutto nel caso di riparazioni di oggetti di legno
eseguite con perni o cavicchi lignei), si utilizzano perni più lunghi dei fori in cui
debbono essere introdotti e, alla fine, se ne taglia semplicemente la porzione
eccedente, provvedendo successivamente a levigarne e a rifinire la superficie
visibile.
Riadesione e ancoraggio con perni e formulati adesivi
Consolidamento di
mensole con perni di
vetroresina
Consolidamento del sistema di aggancio di lastre
lapidee
Il consolidamento degli elementi di un sistema di
aggancio di lastre di rivestimento al loro supporto,
eventualmente danneggiato e non più efficiente o sicuro,
consiste generalmente nell’inserimento di eventuali nuovi
ancoraggi speciali, atti a fissare alla retrostante struttura
le lastre instabili, sempre che esse non richiedano per sé
ulteriori interventi di consolidamento.
Questo tipo di intervento può riguardare in tutti i casi in
cui le lastre di un rivestimento presentino distacchi e
cadute di elementi, o di frammenti di elementi, tali da
compromettere la continuità e stabilità del manufatto, la
sua forma o la sua sicurezza nonché l’incolumità delle
persone.
Consolidamento del sistema di aggancio di lastre lapidee
Il consolidamento degli elementi di un sistema di aggancio di lastre di rivestimento
al loro supporto, eventualmente danneggiato e non più efficiente o sicuro, consiste
generalmente nell’inserimento di eventuali nuovi ancoraggi speciali, atti a fissare
alla retrostante struttura le lastre instabili, sempre che esse non richiedano per sé
ulteriori interventi di consolidamento.Questo tipo di intervento può riguardare in
tutti i casi in cui le lastre di un rivestimento presentino distacchi e cadute di
elementi, o di frammenti di elementi, tali da compromettere la continuità e stabilità
del manufatto, la sua forma o la sua sicurezza nonché l’incolumità delle persone.
Consolidamento del sistema di aggancio di lastre lapidee
Per eseguire un corretto intervento, è anzitutto indispensabile un’adeguata
indagine sulle caratteristiche costruttive del paramento, sui materiali di cui questo
è costituito, sui sistemi di ancoraggio esistenti, sul loro stato di conservazione,
sulla loro stabilità ed efficienza e, infine, sui distacchi, le deformazioni e le
eventuali lesioni rilevabili al suo interno.
Lo stato di conservazione si determina individuando ed esaminando le situazioni
di distacco delle lastre. L’individuazione di lastre eventualmente distaccate o
disancorate dal supporto può, ad esempio, essere effettuata tramite accertamenti
non invasivi quali l’endoscopia o la termografia.
I fissaggi possono essere realizzati con elementi:
ad espansione - tasselli metallici e/o plastici che non producono una
forzatura contro le pareti del foro, bensì una dilatazione del tassello
stesso all’interno del supporto cui la lastra deve essere riancorata.
senza espansione - zanche, ossia elementi metallici piatti generalmente
dotati di estremità di forma e lavorazione tali da potere essere bloccate
una volta che siano annegati nel supporto.
tasselli chimici (barre metalliche filettate) che vengono applicati come i
tasselli ad espansione ma la cui adesione è garantita da specifici prodotti
chimici (generalmente resine).
Riadesione di scaglie mediante adesivi
Il principio di intervento, in presenza di scaglie pericolanti o completamente
distaccate, si basa sul loro riposizionamento in una presunta posizione
originaria, ossia si cerca di far riaderire i frammenti sulla superficie, evitandone il
più possibile la sconnessione.
Per sorreggere le scaglie si impiegano dei collanti che sono in grado di formare
una struttura di collegamento nello spazio delle fessure e delle cavità più larghe e
profonde, e far aderire la superficie rotta di un frammento espulso al corpo sano
della pietra.
I collanti utilizzati devono assicurare due caratteristiche comuni indispensabili: la
flessibilità e, se necessario, la facilità di rimozione. I collanti molto rigidi,
potrebbero provocare degli strappi delle scaglie incollate. Ogni tipo di collante
dovrebbe poter essere rimosso utilizzando il solvente con il quale è stato
preparato.
Il tipo di adesivo da utilizzare varia in funzione della dimensione delle masse da
incollare e della provvisorietà o meno dell'intervento.
Nel caso di un preconsolidamento, si utilizzano colle animali, colle poliviniliche,
resine acriliche in soluzione, ed anche alcune malte.
Riadesione di scaglie mediante adesivi
In presenza di scaglie leggere, si può usare come collante una malta magra.
Gli adesivi a base di gomme vegetali, le resine naturali, gli adesivi sintetici o a
base di resine artificiali, come le resine epossidiche, poliuretaniche e poliestere,
sono utilizzate per ricongiungere stabilmente parti più grandi di sculture spezzate
e rivestimenti marmorei.
b) Aspirare la polvere rimasta intorno alle pareti del foro e quella presente
all’interno del vuoto, utilizzando cateteri flessibili di dimensioni adeguate.
c) Pulire le superfici interne alla lente di distacco e favorire lo scorrimento e la
presa del consolidante al suo interno iniettandovi, con una siringa o con una
peretta, acqua deionizzata o una miscela d'acqua e alcool che defluirà all’esterno
attraverso i fori della zona inferiore o rifluirà dal foro di iniezione stesso.
d) Stuccare tutti i bordi dell’intonaco, le fessure, i fori e le zone dalle quali è uscito
il liquido iniettato. Questa operazione serve anche ad individuare i punti di
possibile fuoriuscita del materiale sigillante da iniettare e a creare, con le
stuccature, una condizione di "camera stagna" per la lente di distacco.
e) Iniettare, infine, il prodotto consolidante, introducendo nel foro un piccolo tubo
di gomma o un ago di dimensioni e forma adeguati al tipo di fluido utilizzato e alle
condizioni del distacco.
La tecnica di riadesione degli intonaci tramite iniezione, richiede, oltre agli
accorgimenti descritti, l’uso di prodotti dotati di particolari caratteristiche di fluidità,
rapidi tempi di presa, pronunciata tenacità, scarso ritiro, porosità simile a quella
dell’intonaco esistente, oltre a tutte le caratteristiche proprie dei materiali usati nel
restauro, tra le quali, in primo luogo, l’assenza al loro interno di sostanze solubili e
la compatibilità con i materiali su cui si agisce.
I prodotti utilizzati sono:
Iniezioni con malta contenente calce idraulica Lafarge
La calce idraulica Lafarge è usata, in genere, miscelata con un
aggregato, per lo più polvere di mattone, e con resina acrilica (Primal
AC33). Alcune prove realizzate nel laboratorio dell’OPD di Firenze hanno
dimostrato però che le iniezioni con miscele contenenti tale legante
forniscono una saturazione del distacco molto omogenea, con tenacità
elevata ma una scarsa adesione.
Iniezioni con Ledan TB1
Il Ledan TB1 è un materiale composto da quarzo, pozzolana, bario,
perlite micronizzata, calce idraulica artificiale e additivi diversi, vale a dire
fluidificanti, agenti aeranti e antisedimentali, ritardanti, antibatterici. Il
prodotto assicura ottima adesione, ma una saturazione disomogenea
della lente di distacco, ed ha una tenacità eccessiva che può provocare
tensioni nell’intonaco.
Iniezioni con alluminati di calcio
Le malte contenenti alluminati di calcio sono state messe a punto per la
ricollocazione su nuovi supporti dei mosaici staccati e sono state
successivamente sperimentate anche sugli intonaci, cercando di
approfittare dei vantaggi derivanti dalla loro leggerezza. La reazione che
si sviluppa, aggiungendo alle malte di calce e sabbia, piccole quantità
d'alluminio metallico in polvere, provoca, a causa dello sviluppo di gas
nel composto, la formazione di un materiale molto poroso che conserva
le caratteristiche d'adesività della malta a base di calce, ma è molto più
leggero.
I limiti della tecnica di riadesione mediante iniezioni, oltre a quelli legati all'impiego
dei diversi prodotti, possono essere rappresentati dal rischio di:
a) dar luogo ad una distribuzione discontinua del riempitivo, a "pelle di
leopardo", che non permette di ricostruire una esatta “geografia” delle
zone consolidate;
b) determinare o favorire rotture e crolli della porzione di intonaco sottoposta
a riadesione.
Una variante al sistema di consolidamento mediante iniezione prevede così la
creazione di una rete di ancoraggio (a maglia variabile) con tasselli chimici
realizzati con iniezioni localizzate di resina epossidica, passanti nei vari strati
soggetti a distacco e ancorati al supporto murario.