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vu "Ut Nasidieni iuvit te cena beati? nam mihi quaerenti convivam dictus here illic de medio potare die.’ ‘sio, ut mihi numquam in vita fuerit melius.’ ‘da, si grave non est, quae prima iratum ventrem placaverit esca, ‘in primis Lucanus aper: len! fuit austro captus, ut aiebat cenae pater: acria circum rapula, Inctucae, radices, qualia lassum pervellunt stomachum, siser, allec, faccula Coa. his ut sublatis puer alte cinctus acernem 0 kausape purpureo mensam pertorsit ot alter SATIRA OTTAVA ‘orazio Come 1’@ andata la cena da quel riccone di Na- sidieno?? Jeri infatti ti cercavo per invitarti e m’hanno detto che ori da lui a bere, fin da mezzogiorno? FuNDANIO In maniera che mai me la sono passata me- gio in vita mia. ‘orazio Dimmi, se non ti spiace, con che piatto avete cominciato a placare la rabbia del ventre. FUNDANIO Come antipasto, cinghiale Iucano;* era stato cacciato con un leggero vento di mezzogiomo, come ci di- ceva il padrone di casa: contomo di ravanelli piccanti, lattuga, radici, cose da stuzzicar lo stomaco svogliato, ra- peronzoli, allee, feccia di vino di Cos.‘ Portati via questi piatti, un valletto, con la veste cinta in vita,® nettd ben be- ne la mensa di acero® con uno strofinaccio scarlatto e un altro raccatt6 tutto quel che poteva esserci di inutile e che "Non si sa quasi niente di luis secondo lo pseudo-Acrone, era un ca valiere romano, epicureo (ma la notiia & di incerta attendibilita). Si tanehe pensato a un personaggio inventato fondendo i tratti di vari per. sonaggi reali, Altri ancora hanno fatto Tipotesi (assai improbabile) che il suo nome nasconda quello di Selvidieno Rufo, amico intimo del principe. La cena cominciava di solito vers le tre del pomerigio: questa di Nasidieno era dunque partiolarmente lunga e sontuose. SVeramente Ik gustatio conssteva normalmente di eibi lgger: il en- hiale come antipasto annuncia un vero festin. tcf. I 4, 73. $Gtr. 6, 107. "Legno fra i pi pregiati: le mense di acero erano seconde soltanto a ‘quelle di thuia, albero africano, dal legno 325 sublegit quodeumque iaceret inutile quodque posset cenantis offendere, ut Attica virgo cum saeris Coreris procedit fuscus Hydaspes Cacouba vina ferens, Alcon Chium maris expers. hic erus ,,AIbanum, Maecenas, sive Falernum te magis adpositis delectat, habemus utrumque.’ ‘divitias miseras! sed quis cenantibus una, Fundani, pulere fuerit tibi, nosse laboro.’ ‘summus ego et prope me Viscus Thurinus et infra, si memini, Varius; cum Servilio Balatrone Vibidius, quos Maecenas adduxerat umbras. Nomentanus erat super ipsum, Porcius infra, poteva dar noia ai convitati; come una vergine ateniese,? che porta i sacri arredi di Cerere, si avanza allora il moro Tdaspe,* portando vino Cecubo! ¢ Aleone® portando vino i Chio non tagliato con acqua marina." E qui il padrone di casa: «Se IAlbano o il Falerno,” Mecenate, ti piace di pid di quelli serviti in tavola, li abbiamo tutti e due » corazto Riechezze proprio da poverino! "© Ma chi erano i commensali, coi quali te la sei passata tanto bene? Mucio dalla voglia di saperlo FUNDANIO In cima c'ero io e, vicino a me, Visco ai Turis sotto ancora, se ben ricordo, Vario."* Poi Servilio Balatro- ne e Vibidio, due tizi che s'era portati dietro Mecenate.'* Accanto al padrone di casa, in alto cera Nomentano, in ‘Le canefore, che alle feste in onore di Demetra, in Eleusi, porta ‘vano in procestione, con passo lento e solenne, | canestei contenenti i simboli della dea "L'Hydaspes @ un fiume, affiuente dellIndo. Da il nome (fatto non rare) uno schiavo di colore, proveniente da quella regione, Avere schiavi Etiopi o Indiani era seimo di grande lsso "Era i vino pid pregito d'lalia, prodotto nel Lezio meridionale. IL plurale indica, forse, qualita o annate diverse. Schiavo a nome gree. "Ea consuetudine tagliare | vini grec con aqua marina, forse per sieurare una majgiore conservazione. Non aver subito questo proce jimento accrese il preyio del vino offerto da Nasidieno. ®Vini presat, rispetivamente del Lazio ¢ della Campania. ® Alri interpreta Tesclamazione ossimorica di Orazio come espres sione di disprezzo e insieme ai commiserazione: tutta quellastentazio ne di riochezaa @ in realté inutile 2 conguistare non solo la felicita, ma neppure il rspetto degli alte. "Per Viseo, vedi la nota a Sot. 18, 22: per Vatio, la nota a 19, 40, Le wombre» sono dei clientes, degli accompagnatori non invitati personalmente al banchetto (il padrone di casa si limitava tutt'al pit a fissarne il numero), che Fospite di riguardo si porta diotro, perché alle sino Ia cena oon battate spiritose buffonevie. Balatro@ un «nome parlance: vod dre appunto «buffones. 327 ridiculus totas semel absorbere placentas; Nomentanus ad hoc, qui, siquid forte lateret, indiee monstraret digito; nam cetera turba, nos, inquam, cenamus avis, conchylia, piscis, Jonge dissimilem noto celantia sucum, ut vel continuo patuit, cum passeris atque ingustata mihi porrexerit ilia rhombi. post hoc me docuit melimela rubere minorem ad lunam delecta. quid hoc intersit, ab ipso audieris melius. tum Vibidius Balatroni nos nisi damnose bibimus, moriemur inulti,“ 6t calices poscit maiores. vertere pallor 328 basso Porcio,"® che per far ridere era capace d'ingoiare, in tun solo boccane, focacce intere.'” Nomentano era li a que- sto scopo perché ci fosse uno che, se qualcosa passava i- nosservata, Ia mostrasse con l'indice: il resto della gente, noi altri dico, stiamo a mangiare uccelli, frutti di mare, pe- sci, ma tutto nasconde un gusto diverso da quello consue- to,* come risulté chiaro anche subito, quando mi offri'? ventresche di pesce passero e di rombo, di sapore mai pri- ‘ma gustato. Dopo di che mi insegnd che le mele nane sono rosse se colte a luna calante. Che differenza ci sia sara meglio ‘che te lo faccia dire da lui in persona. Dice allora Vibidio a Balatrone: «Qui, se non beviamo da mandarlo in rovina, morremo invendicati» e chiede i calici pid gran- di, Ed e0vo il pallore trasformare il volto del nostro provve~ ‘secondo lo pseudo-Aerone, Nomentano era un decwmanun, cio’ sppaltatore delle decime, Porcio un publicanus (appaltatore dimpo- ste). Ma la notizia @ incerta. Nomenteno @ dunque probabilmente di ‘verso dallo seialaequatore menzionato in Sat, I 1, 102 ¢ altrove. ®Nel trilnio (la sala de pranzo) erano dispostiattorno alla mens, au tre lati, de divani, mentre il quarto Into era lasciato libero peri see- Vino, [tre divans erano chiamati, da destra verso sinisra in senso anti forario: summus, medius, imus. A sua volta, cascun divano aveva tre post (chiamati anch’essi, sempre procedendo in senso antiorario sum: Imus, mediss, imus). In casa di Nasidieno i nove convtati sembrano ‘os! disposi (cominciando dal summus in summo): 1) Fundanio, 2) Vie so, 3) Vario, 4) Balatrone, 6) Vibidio, 6) Mecenate, 7) Nomentano, 8) Nasidieno, 9) Porco. Mecenate @ seduto al posto donore (imus in ‘media), detio anche locus consulars Era questa una trovata della gastronomia romana. Il evoco si for zava di «tmimetiazsrey le vivande, di sorprendere il convitato che erede ‘di mangiare una cosa e poi si accorge, dal sapore, di mangiame ual tra, Cb perd il ischio che i profani si lascino sfuggie tanta raffina- texza. TL soggetto &, io eredo, qui come per docuit del vers suscessvo, Na- sidieno, Altri invece rtengono si tratti ancora di Nomentano. Non mi pare che perd Vanfitrine avrebbe ceduto allo scurra (che deve limitarsi ‘far da spala,indicando «dito, senza fare parol) il uole del protago nista, di colui che illustra le careterstiche delle varie portate. Tan- to é vero che & sul padeone di casa che si scarica, al v. 34, lageres- sivita di Vibidio. 329 ‘tum parochi faciem nil sic metuentis ut actis potores, vel quod maledicunt liberius vel fervide quod subtile exsurdant vina palatum. invertunt Allifonis vinaria tota Vibidius Balatroque secutis omnibus: imi convivae lecti nihilum nocuere lagoenis. adfertur squillas inter murena natantis in patina porrecta, sub hoo erus hace gravida" inquit eapta est, deterior post partum carne futura. his mixtum ius est: oleo, quod prima Venafri pressit cella; garo de sucis piscis Hiberi; vino quinquenni, verum citra mare nato, dum coquitur ~ cocto Chium sic convenit, ut non hhoc magis ullum alfud —; pipere albo, non sine aceto, quod Methymnaeam vitio mutaverit uvam, erucas viridis, inulas ego primus amaras 330 ditore,** che niente temeva quanto i bevitori accaniti: o perché non hanno ritegno nel dire malignita oppure perché i vini robusti ottundono la sensibilita del palato. Vibidio e Balatrone rovesciano anfore intere® nelle coppe di Alli- fe e tutti li imitano; soltanto i convitati del divano di fondo® non recarono danno alcuno alle bottiglie."* In mez- z0 a gamberi in guazzetto viene servita, lunge distesa nel piatto, una murena. E subito il padrone di casa: « Questa @ stata presa ancor pregna, una volta sgravata sarebbe stata peggiore di carne. L'intingolo & composto di questi ingredienti: clio di prima spremitura dei frantoi di Vena- {fro;® salsa di liquami di pesce iberico; * vino di cinque an- ni, ma di quello fatto di qua dal mare*” mentre é in cottura — quando ¢ gia cotto, invece, il vino di Chio® ci sta come nessun altro —; pepe bianco e un poco d’aceto, di quello che si fa trasformando con la fermentazione il vino di Me- timna.® Ruchetta verde, enule amare io per primo ho inse- 1 parochi sono color che si preoccupano di fornire necessario ai funzionari in viaggio (cr. la nota 8 Sat. 5, 46). Qui & detto scherzosa- mente di Nasidieno, che fornisce mangiare e bere per tut *'Vasi da vino, Potevano avere fogge e nomi specific: lagvenae, cad, "Grandi coppe che si fabbricavano ad Allifae, citta al confine fra Sannio e Campania, sede di una rinomata manifattura di vasi di ereta "Nomentano e Porcio, al due lati di Nasidieno nellimus letus: gli unici che, per compiacere Vanfitrione (svolgono come si deve it loro uf cio di parasiti, si astengono dal bere in eceseo, La lagoena & un specie di bottiglia di temacotte, panciuta, con tun‘ansa sola e un lungo colloterminante in un becco. Cella é le stanza del frantoio e, per metonimis, la spremitura, L'o- lio di prima spremitura& pid grasso e meno acido, quindi molto pit pre- sito. Per Venafto cfr. la nota a Il 4, 69. Il garum @ una salsa preparata con Is macerazione in salamoia di interiors di pesci vari: fre questi gli sgombri, che si peseavtno abbon antemente lungo le cote iberiche. Vino italico, non greco (i mare @ IAdriatico) Vino greco stavolta: ft. la nota al v, 16 *Citté del'sols di Lesbo. Vi si produceva buon vino. Anche l'acsto @ dunque di vino pregato. 3a monstravi incoquere; inlutos Curtillus echincs, ‘ut melius muria quod testa marina remittat."" interea suspensa gravis aulaca ruinas in patinam fecere, trahentia pulveris atri quantum non Aquilo Campanis excitat agris, nos maius veriti, postquam nihil esse pericli sensimus, erigimur; Rufus posito capite, ut si filius inmaturus obisset, flere. quis esset finis, ni sapiens sic Nomentanus amicum tolleret: ,heu, Fortuna, quis est crudelior in nos te deus? ut semper gaudes inludere rebus humanis!* Varius mappa conpescere risum vix poterat. Balatro suspendens omnia naso hace est condicio vivendi aiebat, ,eoque Tesponsura tuo numquam est par fama labori, teno, ut ego accipiar leute, torquerier omni sollicitudine districtum, ne panis adustus, ne male conditum ius adponatur, ut omnes praccineti recto pueri comptique ministrent. adde hos praeterea casus, aulaea ruant si, ‘ut modo; si patinam pede lapsus frangat agaso. sed. convivatoris, uti ducis, ingenium res adversae nudare solent, celare secundae,“ 332 gnato a cuocervele dentro; i ricci di mare Curtillo,” non lavati perd, perché cié che buttano i frutti di mare & meglio della salamoia n. ‘A questo punto i tendaggi del baldacchino® rovinarono pesantemente nel piatto, trascinando tanta nera polvere, quanta non ne solleva la tramontana nelle pianure della Campania. Noi, che avevamo temuto di peggio, resici conto che non c'era pericolo, ci tiriamo su; Rufo® invece, i capo sulla mensa, come gli fosse morto un figlio anzitem- po, piangeva. Chissi quando l'avrebbe finita, se quel fi- losofo di Nomentano non avesse risollevato l'amico con queste parole; «Ahi Fortuna! quale dio & con noi pit eru- dele di te? Come godi tu sempre a giocare con le vicende degli uomini! » Vario a stento con un tovagliolo riusciva a trattenere le risa. Balatrone, con Varia di appendersi il mondo intero al naso arricciato:"* «i questa diceva «la condizione del vivere; percid non sara mai che una fama adeguata corrisponda ai tuoi sforzi. Che tu debba, perché io sia ricevuto lautamente, essere torturato e diviso fra preoceupazioni dogni genere: che il pane non sia bruciato, cche non sia messo in tavola un sugo mal condito, che i ca- merieri nel servirei abbiano tutti la veste cinta a modo siano ben pettinati. Aggiungici poi casi come questo, che crolli il baldacchino, come poc'anzi; 0 che a uno di questi stallieri gli scivolt il piede e ti rompa il vassoio. Ma Pinge- sno di chi da i pranzi, come quello del condottiero, sono le awversita che lo mettono a nudo, mentre Ia buona ventura Nel sugo; eft. Sat. I 4, 67. Sono erbe arometiche, amare. Un alizo gastronomo di Rema. La salamoia artifiisle: ft. la nota e Sat. IL 4, 65, ano dei drappi appesi al sofito a mo’ di beldacchino, che seri- vvano a decorare la sala ea proteggere Ia mensa dalla polvere che poteva cadere dalla Il terreno tufaceo della regione & friable polveroso. *B il cognomen di Nasidieno. Lo stesso gesto, esprime disgusto, fastidio e sdeqnosa superiorité in Sat. 1 6, 5. Un valleto tanto rvzzo da meritere, quasi come un insult, di es- sere chiamato mozzo di stalls 333 Nasidienus ad hace ,,tibi di, quaecumque preceris, commoda dent: ita vir bonus es eonvivage comis' ot soleas poscit. tum in lecto quoque videres stridere secreta divisos aure susurros.’ ‘nullos his mallem ludos spectasse; sed illa redde age quae deinceps risist.’ ‘Vibidius dum quaerit de pueris, num sit quoque fracta lagoena, quod sibi poscenti non dentur pocula, dumque ridetur fictis rerum Balatrone secundo, ‘Nasidiene, redis mutatae frontis, ut arte ‘emendaturus fortunam; deinde secuti mazonomo pueri magno discerpta ferentes membra gruis sparsi sale multo non sine farre, pinguibus et ficis pastum iecur anseris albae et leporum avolsos, ut multo suavius, armo: quam si cum lumbis quis edit. tum pectore adusto vidimus et merulas poni et sine clune palumbis, 34 % non lo fa compatire.» Nasidieno a queste parole: «Gli de ti concedano tutte le fortune che invochi: a tal punto tu sei uiomo per bene e amabile convitaton ¢ chiede i sandal. In ogni divano allora avresti potuto vedere sibilare, nel se- sreto dell orecchio, i sussurri confidati al vicino. orazio Non ¢' spettacolo cui avrei assistito pidl volen- tieri che a questo. Ma raccontami, su, delle risate che ti sei fatto dope. Funpanto Vibidio, intanto, domanda ai valletti se per caso si fosse rotta anche la bottiglia, visto che aveva un bel chiedere, ma non gli si dava da bere; e mentre si ride, con Balatrone che gli dd man forte con le sue trovate, eccoti tornare Nasidieno, con tuttaltra faccia, con Varia di chi si ‘accinge a rimediare con Tarte i guasti della fortuna; dietro vengono i servi, portando, in un grande vassoio,® le mem- bra divise in porzioni di una gru, cosparsa di sale abbon- dante e di farro,” poi fegato di oca bianca, ingrassata con fichi succosit e spalle di lepre staccate dal resto, per cché sono molto pia gustose cos, piuttosto che mangiandole insieme coi lombi, Ci vedemmo servire allora tord col pet- fo arrostito alla fiamma e colombacci senza le cosce, ‘*I convitati si levano i sandali nello stendersi sui divani del trcino, Ii rimettono quando si alzano. aChiedere i sandali» equivale dungue ad andar via dalla sala da pranzo. Nasidieno va a dare disposizioni TL mazonomus era un grande pistto da portata, ussto soprattutto per pollame e selvaggina. In orgine, vi veniva sevita una specie di po Jenta (maza), da cui il name. “La gru ¢ infarinata prima della cottura. & carne pregi “Da questa abitudine (eeu fleatum) deriva il nome del fegato nelle lingue romanze. Il fepato d'oca era une ghiottoneria, “T ralfinati servivano soltanto alcune parti deg ucelli (anche se gu sti e scelte potevano variare) 235 suavis res,si non causas narraret earum et tutte ghiottoneri naturas dominus; quem nos sic fugimus ulti, ut nihil omnino gustaremus, velut ilis se il padrone di casa non fosse stato li a illustrarne ragioni e proprietd; ¢ noi fuggimmo via da I prendendoci questa vendetta, di non assaggiar niente di Canidia adfasset, peior serpentibus Afris.’ % niente, come se ci avesse alitato sopra Canidia, pi mici- diale dei serpenti africani.* ‘°B la fattuchiera pid volte bersaglio deg attacchiorazian (ft. la nota a Sat, 18, 24). Si eredeva che i ato di alcun serpentifosse vele oso: i serpent afrcani erano i pid terrible ttt 336 337

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