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VIA MISTICA E VIA OPERATIVA

Anamji

Cristo diceva:
”chi berrà l’acqua ch’io largisco,
si disseterà alla fonte della vita eterna”.
Qui si nasconde la perla della Rigenerazione.
Il chicco di grano non dà germoglio
se non è affondato nella terra:
perché le cose fruttifichino,
occorre che rientrino nella madre
che le ha generate
(Jacob Bohme).

La via di evoluzione Martinista viene spesso de-


scritta attraverso una distinzione tra via mistica e via
operativa. In realtà nell’ambito del percorso di evolu-
zione spirituale di un singolo individuo, appare im-
possibile distinguere quanta attività vi sia di tipo
mistico, quanta di tipo teosofico e teurgico, anche con
riferimento a noti ed eminenti ricercatori, studiosi e spi-
ritualisti.
Dinanzi all’obiettivo di raggiungere la Reintegrazione, la
comunione definitiva con l’Uno, gli insegnamenti del Martinismo
spiegano chiaramente che la sapienza, l’aiuto, il vero Spirito di verità, sono da ricercare
all’interno di ogni essere: si tratta di tirare fuori e manifestare la vera vita.
Dio è in ogni vita esistente nell’Universo e si tratta di imparare a riconoscerlo in
ogni manifestazione, senza fermarsi alla superficie e penetrando l’essenza di ogni cosa.
Tutto ciò che è esterno rappresenta un’occasione, uno strumento per comprendere la

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divinità tanto quanto spesso ne è anche un impedimento se riferito ad atteggiamenti
egocentrici.
L. C. de Saint Martin per noi Martinisti rappresenta il modello di alta moralità
ed il mistico che va al di là della scienza positiva, delle speculazioni, delle culture, delle
filosofie e delle religioni.
Proprio nel rappresentare la figura del nostro Filosofo Incognito si confonde
molto spesso il mistico con il teosofo, il teosofo con il teurgo. Ciò in quanto lo studioso
ha l’obiettivo di “aggettivare e catalogare”, cercando il profeta, il chiaroveggente, il
mago e sottovalutando nel caso specifico di Saint Martin, la realtà di uno spiritualista
ispirato che ha saputo fraternizzare nei giusti limiti con tutte queste discipline, trovando
la sua via e raccontandola senza mai descrivere neanche uno dei doni conquistati, la-
sciando solo messaggi rivelatori di una moralità
insita nell’uomo e valida nella storia di ogni
tempo.
Saint Martin era senza dubbio molto riservato
come si conviene ad un iniziato e per essere un
mistico la sua luce era ed è tutt’ora fonte di au-
tenticità, concretezza, semplicità ed umiltà ep-
pure la sua intera vita interiore se pure rivelatrice
di simili qualità, non ha lasciato trasparire rive-
lazioni straordinarie e metafisiche.
Tutti noi possiamo annotare nel nostro “diario
di viaggio”, intuizioni interne od esterne che
siano portatrici di verità di cui non siamo i crea-
tori e che promanano da una fonte a noi intangi-
bile ma legata a leggi eterne, assolute, universali
e supreme. Di conseguenza ogni intelligenza
normale e dedita alla ricerca spirituale è in uno
stato perenne di ispirazione e rivelazione, dun-
que non deve fare altro che ascoltare e vedere con il cuore.
Dalla dottrina di Martinez de Pasqually, Saint Martin non si distaccò comple-
tamente ma a sua volta diede impulso ad una ricerca mistica e ad una sorta di “teurgia
coscienziale”, declinata nella cosiddetta via cardiaca.
Essenzialmente ha evoluto una sua via, più aderente al suo essere ed ai suoi
doni, chiarendo ai suoi allievi che chiunque nei termini della propria evoluzione, può
aspirare a raggiungere un punto in cui, ritrovata la costante connessione con la sor-
gente, può fare a meno della teurgia e di ogni contenuto trasferito da scritti di vario
genere e provenienza.
Egli dice: “ tutti quelli che si trovano bene nello stato in cui l’anima è caduta e che non
conoscono la strada della sfera superiore alla quale apparteniamo per diritto primitivo, accettano
l’impero delle intelligenze astrali e si mettono in rapporto con esse. É la grande aberrazione di
coloro che praticano la magia, la teurgia, la necromanzia ed il magnetismo artificiale. Non tutto
è errore o menzogna in queste pratiche, ma bisogna diffidare di tutto in quanto tutto avviene in
una regione dove il bene e il male sono mescolati e confusi”.
Come ulteriormente chiarito da Saint Martin in una lettera del 1797, attestante
le sue nuove convinzioni da proporre agli iniziati mediante una via più “cardiaca”, il
Filosofo Incognito non condanna la teurgia in generale se non quella che intende il ten-

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tativo di governare le Potestà del piano astrale, sollecitando tutti i suoi
adepti ad andare più in alto nella regione pura, quella del Verbo, dei suoi Agenti
e delle sue Virtù.
In una lettera del 1794 egli scrisse:”…io credo che chi riceve delle co-
municazioni esterne e gratuite … può benissimo non essere ingannato ma non ha
alcun mezzo per accertare la cosa … la potestà cattiva può tutto imitare, la potestà buona
intermediaria parla sovente come la stessa potestà suprema …”.
In altro punto della stessa lettera Saint Martin ammette di aver avuto anche del
fisico ossia di aver ricevuto manifestazioni sensibili ma considera che gli è
stato facile riconoscere che la sua parte è stata più intellettiva.
Egli non cerca la forma ma vuole la sostanza, così come ampia-
mente richiamato nei nostri Rituali e Salmi che operiamo cercando
di collegarci con l’Universo spirituale incorrotto che è il regno dei
cieli o la divinità trascendente, il centro di tutta la vita, unito alle
creature che da questo centro mai si separano.
Il nostro Universo materiale invece, è quello in cui Dio è presente
nel suo aspetto immanente in ogni creatura ed in ogni particella, per
dirigere l’essere caduto attraverso la sua divina energia procedendo dal-
l’atomo ai mondi infiniti.
Il misticismo di Saint Martin, altro non evoca che la volontà della ricerca del-
l’aristocrazia dei cieli raggiungibile attraverso i più alti gradi di identificazione con Dio
che, si badi bene, sia concessa all’uomo di raggiungere.
Tutto è personale ed individuale, dice, nei rapporti dell’anima, nello sviluppo delle sue
potestà, nella rigenerazione di cui l’uomo ha bisogno e nell’elevazione che assume in
quest’opera di palingenesi.
Si noti quanto spesso in questa opera di nuova creazione o rinascita, l’uomo in cattiva
fede proietta nell’assoluto (piano in cui Dio E’) le piccole e distorte immagini del piano
relativo erigendosi a misura di tutte le cose e attribuendo a miracoli o fenomeni sopran-

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naturali l’essenza di fatti non concepibili per la mente umana, come se si potesse ridurre
l’assoluto nel relativo e la Divinità come misura di se stessi!
In breve sintesi, il misticismo di Saint Martin frutto di una profonda religiosità
non è identificabile nel misticismo cristiano, gnostico, buddista o musulmano, in quanto
tutto è concentrato in Dio e la sua più alta manifestazione il Cristo, regna in noi.
Inoltre, Saint Martin aspira unicamente alla saggezza divina e quindi attribuisce
scarsa importanza alle manifestazioni secondarie, quali apparizioni o visioni, lasciando
ogni sua più precisa esperienza o considerazione alla riservatezza, non per calcolo atto
a “stimolare una vana curiosità e lavorare più per la gloria dello scritto che per l’utilità del let-
tore” ma unicamente perché così è stata la sua vita, il suo pensiero, la sua educazione
ed il suo temperamento.
L.C. De Saint Martin, nella sua opera “Ecce Homo”, afferma: “tutte le volte che
l’uomo contemplerà i suoi rapporti con Dio, ritroverà in sé gli elementi indissolubili della sua
essenza originale ed i naturali indizi della sua gloriosa destinazione. Ed ancora: in Dio il desi-
derio è sempre volontà, mentre nell’uomo raramente il desiderio si realizza in volontà, senza la
quale nessuna operazione è possibile”.
Pertanto la via “mistica” che egli indica per l’uomo di desiderio non si sviluppa
attraverso l’attesa passiva di rivelazioni, bensì intende attivare le tre potenze dell’anima:
pensare, sentire e volere. Ed è proprio l’unità di queste tre facoltà che l’uomo deve ope-
rare in ogni istante, libero dai condizionamenti dei suoi sensi inferiori.

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La via mistica e la completa acquisizione coscienziale mediante il cuore, appare
indispensabile per ogni operazione volta alla rigenerazione di quell’uomo nuovo,
degno di tornare a dimorare nell’assoluto della sua forma gloriosa.
Quanto sopra espresso palesa la chiarezza e la semplicità interpretativa della via
Martinista, ispirata al Nostro Amato Filosofo Incognito e consacrata da Papus che pose
il primo seme da cui noi traiamo ancora frutti generosi di cui dobbiamo essere grati ma
anche assumerne la responsabilità di curare con profondo amore la pianta, affinché altri
dopo di noi possano coglierne il puro alimento.
Il nutrimento del Martinismo è nel Martinismo stesso con la sua storia e tradi-
zione che resta strumento perfetto e completo in quanto cardiaco - operativo e non oc-
corre tracciare chissà quali traiettorie per delineare collegamenti con filosofie, religioni,
autori mistici o teurghi che tuttavia rappresentano il necessario corredo culturale per
l’individuale ricerca della verità.
Il Martinismo dosa per tutti i suoi iniziati un percorso contestualmente sia car-
diaco che operativo nei limiti di quanto assegnato dai nostri rituali dando, in estrema
libertà, indicazioni circa gli approfondimenti di varie materie, filosofie ed autori che
mai però ne divengono il fulcro
perché questo risiede esclusiva-
mente nei tradizionali riferi-
menti storici ed istituzionali.
Il Nostro Amato Filosofo
Incognito, ha orientato tutto il
suo sapere per discernere e sa-
crificare le attività che ha rite-
nuto essere in contraddizione
con la vera scienza iniziatica,
non limitandosi ad una cono-
scenza solo intellettuale ma ri-
cercando la coscienza in ogni
attività per giungere a “sentire”
Dio, è questa la completezza e
la grandezza ancora oggi del
nucleo fondante il Martinismo
la cui unica finalità è la reinte-
grazione individuale e di ogni
essere umano. Ciò con l’auspi-
cio che per ciascuno questa vita
sia effetto e destino dell’evolu-
zione del proprio Essere, me-
diante la volontà incorruttibile
di purificare moralmente e raffi-
nare lo strumento di visione in-
teriore fino a quando, mano a
mano che la vista si renderà più
acuta, la Luce sarà intensa e mai
più abbagliante. n

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