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In età imperiale Roma aveva circa 1.200.000 abitanti (schiavi e immigrati esclusi). Era piena di
edifici monumentali, piazze enormi, fontane e statue, ma era anche molto rumorosa.
La mattina non ti lasciano vivere i maestri di scuola, di notte i fornai e a tutte le ore del giorno i
fabbri che battono con i loro martelli.
Qua c'è un cambiavalute che, non avendo altro da fare, rivolta un mucchio di monete sul suo
sudicio tavolo; là un orafo che batte l'oro di Spagna per modellarlo; e non smettono di vociare
rumorosamente i religiosi, fanatici seguaci della dea Bellona.
E non la smettono più! Il naufrago, tutto avvolto nelle bende, ripete la sua storia; il piccolo
ebreo, ammaestrato dalla madre, chiede l'elemosina frignando; il venditore ambulante offre
gridando la sua merce...
E chissà quante mani battono in città su recipienti di rame quando, durante un'eclissi di luna, si
fanno sortilegi e pratiche di magia? (Marziale)
Disordinata e colorata, era una vera metropoli cosmopolita dove si potevano ascoltare le lingue e
i dialetti più strani ed "esotici".
Dove viveva questa folla immensa?
Abito proprio sopra le terme. Il vociare è tale che vorresti essere sordo.
Se i più robusti si esercitano con i pesi, sento i loro mugolii quando aspirano l'aria, e
ansimano affannosamente.
Se qualcuno si fa fare un massaggio, sento il colpo della mano sulla sua spalla, con un
suono diverso secondo che sia dato a mano piatta o concava.
Se viene quello che vuole giocare a palla e comincia a contare i colpi ad alta voce, è
finita. (Seneca)
Insomma, il povero non ha un luogo per pensare o per dormire in pace a Roma. (Marziale)
Inoltre, nelle insulae non c'era acqua corrente negli appartamenti e quindi non c'erano servizi
igienici. I romani, perciò, si lavavano nei bagni pubblici e alle terme. Quanto ai rifiuti, li
gettavano senza problemi dalle finestre, soprattutto di notte. Camminare di notte per le strade
della città era perciò molto pericoloso, non solo perché erano buie (non c'era illuminazione
pubblica) e si potevano incontrare dei malintenzionati, ma soprattutto per quello che poteva
cadere giù dalle finestre delle insulae.
E pensa ora a tutti i diversi pericoli della notte: la distanza da te alla cima dei tetti, da
dove una tegola può sempre cascare giù e spaccarti la testa; vasi crepati e rotti che
spesso cadono dalla finestra: guarda che segno lasciano sul marciapiede!
Sei considerato pigro ed imprevidente se esci di casa per andare a cena da qualche
parte senza prima aver fatto testamento.
Tante volte puoi morire, quante sono di notte le finestre aperte sulla strada per la
quale tu passi. Augurati quindi che le finestre si contentino di versarti sulla testa i
contenuti dei loro catini. (Giovenale)
Questi palazzi a cinque-sei piani, creati per fare fronte alla popolazione in continuo aumento,
erano spessissimo delle vere trappole. Costruiti da imprenditori disonesti, che usavano materiali
edilizi di scarsa qualità, e amministrati da proprietari che pensavano solo ad arricchirsi grazie
agli affitti altissimi, avevano anche altri due inconvenienti: i crolli e gli incendi.
Infatti solitamente i palazzi erano troppo alti rispetto al perimetro di base, e i muri maestri non
superavano i 45 cm di spessore: vedersi crollare la casa sulla testa era una delle esperienze più
temute dagli inquilini, e una delle più probabili.
Abitiamo in una città che si regge in gran parte su fragili puntelli. Con questi il
padrone di casa tiene in piedi le mura pericolanti. Ricopre con della calce una
vecchia crepa e ci invita a dormire tranquilli anche sotto la minaccia di un crollo
improvviso. (Giovenale)
Altro incubo dei romani erano gli incendi, che in città erano frequentissimi. In caso di incendio,
chi abitava ai piani superiori non aveva possibilità di scampo: i vigili del fuoco non erano in
grado di far arrivare l'acqua oltre il secondo piano.
È meglio, quindi, vivere dove la notte non scoppiano incendi e non c'è alcun
pericolo...
Il terzo piano è in fiamme; tu non te ne sei nemmeno accorto, perché mentre in basso
sono già tutti scappati, chi sta lassù - dove le colombelle depositano le uova - quello,
sia pure per ultimo, è destinato ad arrostire. (Giovenale)
Città invivibile? Può darsi. Ma, per dirla con Marziale, dea del mondo e delle genti, Roma, cui
nulla è pari e nulla è secondo.