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598 Pietro Metastasio Gennaro Antonio Federico La serva padrona a dimostrat valor: lunico esempio 16s esser degg’io di debolezza? Ah questo di me non oda il mondo. Ola ministri, risvegliate su lata il sacto fuoco. Va’ figlio e mori, Anch'io mortd fra poco. awuta Che giustizia inuman: to ALcaNDRO. Che barbara virti! MEGACLE Signor, arrest ‘Tunon puoi condannarlo. In Sicione sei re, non in Olimpia. E scorso il giorno a cui tu ptesiedesti. Il reo dipende dal pubblico giudizio. cusrENE E ben s'ascolti Ms dunque il pubblico voto. A pro del reo non prego, non comando e non consiglio. Intermezzo in due pasti Conor sAceRDoTI¢ PorOLO Vivailfiglio delinquente perché in lui non sia punito Vinnocente _genitor. 60 Né funesti il di presente, né disturbi il sacro rito un’idea di tanto orror, Segue il balla di Dame greche del séguito d'Aristea edi Atleti olimpici. Liintermezzo La serva padtona di Gennaro Antonio Fede. rico (2-1743/44) con riusica di Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736) fu eseguito per la prima volta il 5 settembre 1733, al teatro napoletano di San Bartolomeo, tra gli atti dell opera seria It prigioniero superbo musicate dallo ste. 10 Pergolesi. Uberto fu impersonato da un altore-cantante specialisia degli intermezzi comici, il basso Gioacchino Corrado, e Serpina dal soprano Laura Monti Avvocato, autore di commedie e di pitt di una ventiria di libretti per musica rappresentati fra il 1730 e i 1743, Federico adotd per questo testo il tema della serva ambs. ziosa ¢ intraprendente, diffuso nel teatro in prosa e ne. gl intermerd veneziani e napoletant del primo Settecento Vomonima commedia di lacopo Nelli, pubblicata nel 1731, sé recitava gia da vent'anni, mentre il Pimpinone © Vespetta o La serva astuta i Pariati risale al 1708 eLa fantesca di Saddiimene fu rappresentato al San Bartolo meo nel 1728. Ne risult un testo in cui Vazione, semuplice e rapidiss. ma due scene di interno in una casa borgbese~ 8 tutta solta nella mimesi verbale ¢ gestuale dei due personaggi cantanti il terzo,#l servo Vespone alias Capitan Tempesta, Figura della Commedia dell arte, & muto ma, come Serpina Porta un nome *eloquente”). Il tems, con le sue evident; implicazioni realistiche, si rivelo capace, pur nel essen sia. ita di pochi oggetti- il caffelaste, il cappello, la perrucca ¢ ilbastone—dicreareuna situatione scenica e sociale, alli. serno della quale se ne ritaglia una pit intima di contrasto fra la flemma, la perplessita, i contraddittori desidert del. "uomo, e a determinazione di Serpina che, perentoria ghi- ribizzosa tnsinuante e lacrimevole, persegue, senza rispar- mio di colpi, la sua personale rivoluzione, esplicitamente iii hts Lg 8 La serva padiona 601 estbita nel reftain: wed io da serva diverrd padrona». La lingua — un italiano animato da una sintassi dialettale — tutta domande risposte preghiere minacce, da luogo a una serie di gesti sonori di irresistibile comicita, musicalente tradotta in un recitativo di bisticci e rimostranze in mirabi- Je proportione d'insieme con i sette numeri chiusi: due duets, collocati uno per parte, e cinque arie, Queste ultime presentano una varia tipologia: due strofette predisposte erilmodello con da capo, na quartina (cavate o cavatina) come nella sortita iniziale di Uberto o, come nella seconda aria dello stesso Uberto, una strofe snocciolante una dose inconsueta di versi (18) brevilinei, con ulteriori ‘frammen- tazioni in monosillabi e bisillabi accentati, che Pergolesi trasforma in linee melodiche a sobbali, fatte di incisi corti ¢ terasi, densi dé energia ritmica e a rapido ricambio, oppu- re intona come sillabazioni precipiti che travolgono il testo Poetico e quasi lo stesso personaggio. Proprio per tanta im- pressiva vivacita Diderot, segnalando la prepotente elo- quenza minica di quella musica, la disse «capace di dettare i gesti aghiattorin. Presto affermatosi come modello del suo genere, La serva padrona ebbe decine di riprese in tutta Europa, spesso con il duetto finale sostituito da un altro duetto dello stesso Pergolesi: in Francia gia nel 1746, in Ingbil- terra, in Germania, in Olanda per lo pits in traduzione; in Russia a San Pietroburgo nel 1781 con il testo originale musicato da Giovanni Paisiello. Ma fu a Parisi, il2 agosto 1752, nella rappresentazione della compagnia di Eusta- chio Bambini, che Vintermezxo, come «una carica di dina- mite [..] poté esplodere e divenire il manifesto di un nuo- vo linguaggio “naturale» (Folena), offrendosi come la pietra di paragone della «Querelle des Bouffons», un ac- ceso € pugnace dibattito drammaturgico ed estetico che impegnd un gran numero di intellettuali francesi, con gli enciclopedisti, Diderot e Rousseau in prima fila P, INTERMEZZO PRIMO Personaggi ‘UBERTO Anticamera, UBERIO, non intieramente vestito, SERPINA passeggiando, e quindi vesvon di lui servo, che non parla VESIONE ‘UBERTO Aspettare € non venire, stare a letto e non dormite, ben servire e non gradire: son tre cose da morire. Questa & per ine disgrazia! Son tre ore che aspetto, ela mia serva portarma il cioccolate non fa grazia; ed io d'uscire ho fretta, O lemma benedetta! Or silo vedo che, per esser si buono con costei, Ja causa son di tutti i mali miei. Chiamando dentro. Sexpina, Vien dimani! ‘A Vespone. E tualtro che fai? A che qui te ne stai come un balocco? Vespone cerca scusarsi. Come? che dici? Eh sciocco! corri, rompiti presto il collo, sollecita, vedi che fu. Vespone va dentro. Gran fatto! Jo m'ho cresciuta questa serva piccina, Ie ho fatto di carezze, Iho tenuta ‘come mia figlia fosse, ed ella ha preso percid tanta arroganza, fatta @ si superbona, 0 2» SERPINA UBEREO SERPINA UBERTO 30. SERPINA, UBERTO 35. SERPINA SERPINA «0 SERPINA UBERTO ’ SERFINA Gennaro Antonio Federico che alfin di seRvA diverrd PADRONA. Ma bisogna risolversi in buonora, E quell’altro babbion vi é morto ancora? Serpina che vien contrastando con Veg spone, e detio, a L hai finita? Ho bisogno che tu mi sgridi?... E pure! To sion sto coms tidissi. (Brava!) E tora! Se’l padrone ha fretta, non ne ho io; il sai? (Bravissima!) LUDERTO | SERPINA ‘UBERTO Di nuovo? Oh tu da senno vai stuzzicando la pazienza mia e vuoi che un par di schiaffi alfin ti dia? E s’avventa contro Vespone, il qual Sugge per ripararsi verso Uberto. Ola? dove si sta? ‘Olli, Serpina, non ti vuoi fermare? Lasciatemi insegnare Je creanze a quel birbo, ‘Ma in presenza del padrone... Adunque, perch¢ jo son serva, ho ad esser sopratfatta? ho ad esser maltrattata? No signore. Voglio esser rispettaia, voglio esser riverita, come fossi padrona, arcipadrona, padronissima, Che diavol ha Vossignoria Ilustrissima? Sentiam che fu. Cotesto impertinente.. PIN Vespone cerca rispondere. xO A Vespone. Queto tu. Venne ame... Vespone come sopra. La serva padrona 1. A Vespone. Queto, ti ho detio, E con modi st impropri! Vespone come sopra. A Vespone, adirandosi. Queto queto, che sii tu maledeito, Minacciando Vespone. ‘Ma me la pagherai, To costui t'inviai, Eda che fare? A che far? Non ti ho chiesto ‘I cioccolate io? Ben, che per questa? Exm'ave ad uscir Panima aspettando che mi si porti? E quando voi prenderlo dovete? Adesso; quando? Evi par ora questa? E tempo ormai di dover desinare, Adungue, Adunque io gid nol preparai, voi di men ne farete, padron mio dolce, e ve n’acqueterete. ‘Vespone, ora che ho preso il cioccolate gia, dimmi: “Buon pro vi faccia, Vespone ride. Di che ride quell’asino? Dime, che ho pit flemma d’una bestia, ‘Ma io bestia.non sard, pitt lemma non avrd, il giogo scuoterd, quel che non ho fatto alfin fard, e sanita”, 605 0 3 « a B 0 % SERPINA UBERTO. SERPINA UBERTO SERPINA ‘UBERTO SERPINA ‘UBERTO Germaro Antonio Federico A Serpina. Sempre in contrasti con te si sta! Equaela, egidesu, enoesi. Or questo basti finir si pud. A Vespone, Ma che ti pare? Ho io a crepare? Signor mio no. ASerpina. Perd dovrai per sempre piangere Ja tua disgrazia, eallor dirai che ben ti sta. A Vespone. Che diei tu? Non é cosi? Ma cosi va. In somma delle somme, per attendete al vostro bene, io mal ne ho da ricevere. A Vespone, burlando Serpina. Poveretta! La senti? Per aver di voi cura, io sventurata debbo esser maltrattata. A Vespone, come sopra. ‘Ma questo non va bene, Burlate si. ‘Ma questo non conviene. E pur? qualche rimorso aver dovreste di farmi e ditmi cid che dite e fate. Cosi é: da dottoressa voi parlate. SERPINA SERPINA UBERTO SERPINA, aeRO SERPINA ‘UBERTO SERPINA UBERTO La serva padrona 1 Voi mi state sui scherzi, ed io m’arrabbio. A Serpina. Non v'arrabbiate, capperi. A Vespone. Ha raggione: tu non sai che ti dir. Va’ dentro: prendimi il cappel, la perrucca ed il bastone, che voglio uscir. Vespone entra, Mirate! Non ne fate una buona, e poi Serpina 8 di poco giudizio. Malei, che domine vuol mai da’ fatti miei? Non vo’ che usciate adesso; gli 8 mezzodi, dove volete andare? Andatevi a spogliare. Eh va in malanno, che mi faresti... Oibd non occorre altro, io vo" cost. Non uscirete: io I'uscio a chiave chiuderd. Ma parmi questa massima impertinenza. Eh i, suonate. Serpina, il sai che rotta m’hai la testa? Stizzoso, mio stizzoso, voi fate il borioso, ma non vi pud giovare. Bisogna al mio divieto star queto e non parlare, Serpina vuol cos. Cred’io che m’intendete, da che mi conoscete son molti e molti di. 100 10 uo us 20 4 il | I | | | 150 bs 608 UBERTO SERPINA, UBER SERPINA SHRPINA, ‘UBERTO SERPINA UBERTO SERPINA UBERTO SERPINA Gennaro Antonio Federico A Vespone il quale & uscito con la per racca ete Benissimo. Hai tu inteso? Or al suo loco ogni cosa porra Vossignoria, che la padtona mia vuol ch’io non esca. Cosi va bene. Andate, e non vineresca. A Vespone il quale si ferriva ‘Tu ti fermi? tu guardi? Timeravigli? Eh... che vuol dir? Si, fermati, guardami, meravigliati, fammi de’ scherni, chiamami asinone, dammi anche un mascellone: rio queto mi staro, anzila man da or ti bacero! Va per baciar ly mana a Vespone. Che fa... che fate? Scostati, malvagia; vattene, insolentaccia. In ogni conto vo’ finirla. Vespone, in questo punto, in questo istante, trovami una moglie, e sia anche un’arpia; al suo dispetto io mi voglio casare. Cosi non dovra stare a questa manigolda pitt soggetto. Oh qui vi cadde Pasino! Casatevi, che fate ben, Papprovo. A Serpina. L'approvate? A Vespone. Manco mal, Papprove.. Dunque io mi casero. E prenderete me. Te? Certo. Affe? Affe, La serva padrona 609 To non so chi mi tien... dammi il bastone. Tanto ardix? Oh voi fare e dir potrete, che null’altra che me sposar dovrete. Vattene, figlia mia... Voleste dir mia sposa? O stelle, 0 sorte! ‘Or questa é per me morte! O motte o vita, cost esser de, Iho fisso gid in pensiero. Questo & un altro diavolo pitt nero. Lo conosco a quegli occhiett, furbi, ladri, malignetti, che, se ben voi dite no, pur mi accennano di si Signorina, vingannate, troppo in alto voi volate: ali occhi ed io vi dicon no, ed & un sogno questo si. Ma petché? Non son graziosa? Non son bella e spiritosa? Su mirate leggiadria, ve’ che brio, che maesta! (Eh costei mi va tentando: quanto val che me la fa?) (Bi mi par che va calando.) Via, signore... Eh vanne via. Risolvete... Eh matta cei. Son per voi gl'affetti mici e dovrete sposar me. (O che imbroglio egli é per me!) bs 10 16 170 175 SERPINA 180 185 150 INTERMEZZO SECONDO Siegue anticamera, sexwwa e veseone in abito di soldato, ‘UBERTO SERPINA, UBERTO SERPINA, vnzRTO SERPINA indi usero vestito per uscire. Or che fatto ti sei dalla mia parte, usa, Vespone, ogni arte. Se Pinganno ha il suo effetto, se del padrone io giungo ad esser sposa, tu dame chicdi c avrai, di casa tu satai il secondo padrone: io tel prometto. To crederei che la mia serva adesso, anzi, per meglio dir, la mia padrona, di uscir di casa mi dara il permesso. Eccol. Guardate! e senza mia licenza put si volle vestir. Orsi che al sommo giunta é sua impertinenza. ‘Temetaria! e di nozze richiedermi ebbe ardirt A Vespone. Ti asconderai per ora in questa stanza, a suo tempo uscicai. Vespone entra. Aecorgendosi di Serpina, Oh qui sta ella? Accennando a Serpina di voler uscire. Facciam nostro dover. Posso o non posso? ‘Vuole o non vuol la mia padrona bella? Eh signor, gia per me finito & il gioco. La serva padrona WL E pit tedio fra poco pet menon sentir’. Cred’io che no. Predera moglie gia. Credo che si, ma non prenderd te. Cred’io che no. Oh affatto cost &. Cred’io che si, ma d’uopo é ancor ch’io pensi a’ casi miei. Pensaci: far lo dai. To ciho pensato. URERTO Eben? Per me un matito io mi ho trovato. Buon pro ti facia, E lo trovasti a un tratto cosi gia detto fatto? SERPINA UREKTO Pit in un’ora venir suol che in cent'anni. Alla buonora. SERPINA unsiero Posso saper chi egli 8 L’é un militate, Ottimo affé! Come si fa chiamare? Ucapitan Tempesta. O brutto nome! E al nome sono i fatti corrispondenti: egli poco é flemmatico. Male, Anzi @Junatico. Peggio. ‘Va presto in cdlera. Pessimo. ; E quando poi incolerito, ' fa ruine, scompigli, fracassi... Uh via via. unmrro_Ciandera mal la vostra signoria, ‘UBERTO SERPINA UBERTO SEREINA SERPINA . UBERTO SuRHINA USERTO SERPINA, ou 19 210 215 612 SERPINA UBERTO SERPINA, 223 UBERTO SERPINA 230. UBEKTO SERPINA 2s 20 Gennaro Antonio Federico Perché? UBERTO Se é lei cosi ghiribizzosa meco, ed & serva, or pensa con Iu, essendo sposa; senza dubio il capitan Tempesta UBERTO in cdlera andera, elei di bastonate : fee una tempesta avra. A questo poi Serpina penser’. SERDINA Me ne dispiacerebbe; al fin del bene jo ti voll, etu sai. Tanto obligata, Tn tanto attenda a conservatsi, goda colla sua sposie anata, di Serpina non si scordi affatto. Serpina finge che le venga a piangere. Ah! tel perdoni il ciel: Pesser tu troppo boriosa venir mi fe’ a tal atto. A Serpina penserete qualche volta, in qualche di; e direte: “Ah poverina! cara un tempo ella mi fa...” Uberto mostra di averne pieta. (Bi mi par che gia pian piano s'incomincia a intenerir,) S'io poi fui impertinente, mi perdoni: malamente mi guidai, lo vedo si. Cerca baciar la mano ad Uberto ed’ lie la stringe. (Ei mi stzinge pet la mano: meglio il fatto non pud gir.) SERPINA La serva padrona (Ah! Quanto mi fa male dital risoluzion, ma non colp'io,) (D?’ pur fra te che vuoi: ch’ave a riuscir la cosa a modo mio.) Orsi non dubitare, che di te mai non mi saprd scordare, Vuol vedere il mio sposo? Si, Pavrei caro. To manderd per lui; gilt in pinzza ci si trattien, Va’, Con licenza Serpina entra. Or indovina chi sari custui. Forse la penitenza far cosi di quanto ella ha fatto al padrone, S'8 ver come mi dice, un tal matito Ja terra fra la terra ed il bastone. Ab, poveretta lei! Per altro io penserei.. Ma ella & serva... Mail primo non saresti. Dungue la sposeresti? Basta... ch no no, non sia; su, pensieri ribaldi, andate via. Piano: io me ’ho allevata, $0 poi com’ella & nata... Eh che sei matto? Piano di grazia... Eh non pensatci affatto! Maio ci ho passione... E pur? Quella meschina... e tora? Oh dio. E siam da capo? o che confusione! Son imbroglisto io ii: ho un certo che nel core, che dir per me non so sé amore os pict’. ob 245 230 25 260 » Suse: { 614 280 SERPINA UBERTO 285 SERPINA URERTO 20 SERPINA Gennaro Antonia Federico Sento un che poi mi dice: “Uberto, pensa a te”. To sto fra’ de‘Ino, fa'l voglio e fra I non voglio, e sempre pit m’imbroglio, Ah misero infelice, che mai sara di me! Serpina, che torna con Vespone vestite: come sopra. A Vespone il quale saluta Uberto. Favorisca, signor, passi. Saluta Vespone Oh padrone, A Serpina, E questi? Questi & desso, O brutta cosa! A Serpina. ‘Veramente ha una facia tempestosa. E cost, caro il capitan Tempesta, si sposera gid questa mia ragazza? Vespone a tutte le domande di Uberto afferme Oh ben. N’e gia contento? Oh ben, Non vi ave 2} Gifficulea? Oh ben, Egli mi pare clv’abbia poche parole. Anzi pochissime. Vespone fa segno a Serpina che venga a to A Vespone, Vuol me? Ad Uberto, Con sua permission. Evaa Vespone con cui si mette a parlar Segreto. Laserva padvona TL os (Ein braccio a quel brutto nibbiaccio deve andar questa bella colombina?) Sapete cosa ha detto? 2» Di, Serpina. Che vuol che mi diate Ja dote mia... La dote tua? Che dote? Sei matta... Non gridate, ch’egli in furie dara, ud dar in furie pit di Orlando furioso, 30 che a me punto non preme. Vespone mostra adirarsi. Oh diot vedete pur ch’egli gia freme. (O che guai!) Va' la tu. Serpina va a Vespone e parla con lui se- greto. Statti a vedere che costui mi fara... A Serpina che torna ad Uberto. Ben, cosa dice? Che vuol almeno quattro mila scudi. sos Canchero! oh questa é bella, vuol una bagattella! A Vespone, il quale sinfaria, Ah padron mio... erpina... a0 Ma padrone, il vostro male andate voi cercando? Senti un po’: con costui hai tu concluso? To ho concluso enon concluso... adesso... Va.a Vespone che !'ba chiamata. i : i | ‘ i | 30 320 325 330 616 ‘UBERTO SERPINA, ‘UBERTO SERPINA UBERTO SERPINA SERPINA UBERTO SERPINA UBERTO SERPINA UBERTO SERPINA UBERTO SERPINA usewro SERPINA, userTo, SERPINA Gennaro Antonio Federico ‘Laserve pedrona Th a Statti a veder che questo maldetto capitano fara pepe yet Contento tu sarai, Che cosa ha detto? (Hi parla per interpetre.) pea ema la dote ‘$i che contento & il core, Scones oe non mi sposera, avrd per te, Ha detto? ad Df’ pur la verita. . Ta verit’, E s’egli non ti sposa, ame che importa? Genres vn, Ma che mi avete a sposar voi... a Non dubitar oiba! ahs ni O sposo grazioso.., os se es cs ie rament Diletta mia sposetta... in ‘a. lage Oh, questo non I’ha detto. mi fai goder. quest Sol m Elovedri, Serpina fa cenno secretamente a Ve ne, il quale, infuriandosi, cava la spad corre verso Uberto. Liha detto a signore, e non sincomodi: che, gia che vuol per me cos} il destino, or fo la sposerd. Se comandar vorr®, disgusto non avrai or serva pit non son. Disgusto non avrd, se comandar vorrai: ma con discrezion. a ‘Quanto sei caro, quanto! ; Mi dia la destra Quanto sei cara, quanto! insu presen Quest’8 per me piacer. Viva il padrone, A Vespone, il quale afferma e ripone spada. Va ben cosi? E viva ancor Vespone. Vespone si scopre. Ah ribaldo, tu sei? E tal inganno... Lasciamii... Eh, non occorre pith strepitar, ison gia sposa; il sai? 35 a0 30 350 335 Sioa eeu

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