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NEWSLETTER T&P N°39 ANNO IV

AGOSTO 2010

NEWSLETTER
Trifirò & Partners Avvocati

Editoriale
La nostra newsletter di agosto Vi giunge salutando la ripresa (anche se per molti
sarà già avvenuta) e vuole essere un augurio per un nuovo anno produttivo.
Non vi sono novità legislative nell’ambito del diritto del lavoro e, quindi, abbiamo
deciso di trattare nell’Attualità del Diritto del Lavoro un tema di rilievo attraverso
una sentenza: il tema della droga nel mondo del lavoro. Come ben sappiamo,
la droga è un fenomeno diffuso a tutti i livelli e non poteva restare immune il luogo di
lavoro. L’uso e lo spaccio di sostanze stupefacenti, ancorché, non se ne parli
molto, sono diffusi in ambito lavorativo e spesso concernono non solo i dipendenti,
ma anche i terzi, laddove si tratta di attività svolta a contatto con il pubblico.
Il fenomeno non può essere estraneo al rapporto di lavoro poiché, seppure le
mansioni siano svolte in modo adeguato, la detenzione e lo spaccio di droga mina
comunque il rapporto fiduciario, come appunto si legge nella sentenza riportata.
Sempre nell’Attualità si segnala una recentissima risoluzione dell’Agenzia delle
Entrate in materia di detassazione dei compensi per il lavoro notturno.
Nelle “Nostre Sentenze” abbiamo inserito casi collegati alla risoluzione del
rapporto di lavoro e alle questioni che sorgono con la reintegrazione.
Anche nella Attualità dedicata al Diritto Civile abbiamo scelto di pubblicare una
sentenza. Il caso riguarda la clausola statutaria “simul stabunt simul
cadent”, con riferimento alla carica di amministratore delegato: un caso
interessante e ricorrente.
SOMMARIO Nell’ambito delle “Assicurazioni”, segnaliamo un’interessante sentenza del
Supremo Collegio in merito alla circolazione nell’area di parcheggio degli
✦ EDITORIALE ipermercati e centri commerciali. La Suprema Corte ha ritenuto che, trattandosi
di area aperta all’uso da parte del pubblico, la circolazione automobilistica è
✦ DIRITTO DEL LAVORO soggetta alle norme della legge sull’assicurazione obbligatoria (oltre che a quelle
della circolazione stradale).
✦ ATTUALITÀ 2
“Il Punto su …” esamina una decisione dell’Autorità Garante della Privacy in
✦ LE NOSTRE SENTENZE 4 tema di diritto del dipendente di accedere alla posta elettronica aziendale e
tutela della privacy: un tema delicato e dibattuto, come sempre accade quando
✦ CIVILE, COMMERCIALE, si tratta di contemperare diritti contrapposti e salvaguardare esigenze di terzi e
ASSICURATIVO personali.
Nella “Rassegna stampa”, l’articolo “Che fine ha fatto il collegato lavoro?”
✦ ATTUALITÀ 6 pubblicato sul blog JOBtalk aggiorna sugli sviluppi del Collegato Lavoro 2010,
approvato dalle Camere e rinviato alle stesse dal Presidente della Repubblica lo
✦ ASSICURAZIONI 7 scorso 31 marzo: dopo il passaggio alla Camera dei Deputati è ora al Senato e,
secondo il calendario fissato dall’assemblea, dovrebbe essere approvato verso fine
✦ IL PUNTO SU... 9 settembre.

✦ RASSEGNA STAMPA 11 Buona lettura, buona ripresa e arrivederci al prossimo numero.


Stefano Beretta e il Comitato di Redazione composto da: Stefano Trifirò,
✦ CONTATTI 12 Marina Tona, Francesco Autelitano, Luca D’Arco, Teresa Cofano, Claudio
Ponari, Tommaso Targa e Diego Meucci

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Diritto del Lavoro


Attualità
L I C E N Z I A M E N TO – G I U S TA C A U S A – R I L E VA N Z A D I
COMPORTAMENTI EXTRALAVORATIVI (Tribunale di Lanciano, 9 aprile 2010)
A cura di Mario Cammarata
Un dipendente, mentre era diretto presso lo stabilimento dove prestava attività lavorativa, veniva
fermato dalla polizia che rinveniva nella macchina sostanze stupefacenti (hashish e marijuana).
A seguito di ciò la polizia decideva di procedere anche a perquisizione domiciliare e rinveniva in un
cassetto della cucina una rilevante quantità di sostanze stupefacenti, nonché un bilancino di precisione e
un’agenda contenente una somma in contanti ed i nomi di probabili acquirenti delle sostanze
stupefacenti, nonché una dettagliata contabilità delle operazioni eseguite. La polizia operava il fermo del
dipendente e, successivamente, il Giudice confermava l’arresto del dipendente che veniva tradotto in
carcere.
La società procedeva alla contestazione dei fatti e, quindi, al licenziamento per giusta causa, ritenendo
che il possesso di droga in quantità ben superiore al consumo personale e, quindi, per fine di spaccio
(come dimostrato anche dagli strumenti trovati a casa del dipendente e dall’agenda con i nominativi di
probabili clienti) e, soprattutto, il rilevante quantitativo di droga trovato in macchina mentre si stava
recando al lavoro, facessero venir meno la fiducia che deve essere insita nel rapporto di lavoro.
Il licenziamento veniva impugnato dal dipendente che sosteneva trattarsi di fatti estranei al rapporto di
lavoro; inoltre, asseriva che il datore di lavoro avrebbe dovuto, comunque, attendere l’esito del giudizio
penale, prima di adottare qualsiasi provvedimento.
Il Tribunale ha respinto il ricorso del dipendente, confermando il licenziamento. Nella sentenza si legge
che il ricorrente era stato sorpreso in possesso di un ragguardevole quantitativo di sostanze stupefacenti,
in parte custodite presso la propria abitazione ed in parte trasportate all’interno della propria autovettura
mentre si stava recando al lavoro. Il Giudice ha osservato che il quantitativo rinvenuto, il bilancino di
precisione, l’agenda con i nominativi e la somma di denaro fossero indici “significativi” di una detenzione a
fini di spaccio con “il rischio della diffusione dello stupefacente anche all’interno del luogo di lavoro”.
Pertanto, seppure di regola il comportamento extralavoristico sia irrilevante ai fini della lesione del
vincolo fiduciario, il Tribunale ha osservato che “in determinate ipotesi, i fatti o comportamenti
apparentemente estranei alla sfera contrattuale ed attinenti alla vita privata del lavoratore possono
compromettere l’elemento fiduciario ed essere invocati ai fini della ricorrenza della giusta causa”.
Secondo il Giudice “il rapporto fiduciario è, infatti, tale, proprio perché legittima determinate aspettative
della parte circa il comportamento dell’altra parte e quindi - specialmente in un rapporto di durata, ove
tale elemento acquista rilevanza ancora maggiore - necessariamente presuppone una prognosi favorevole
relativamente al puntuale adempimento di tutti gli obblighi che ne derivano”. Nel caso di specie tutti gli
elementi sono stati ritenuti “indici che portano a ritenere del tutto leciti i timori della società circa una
diffusione della droga nell’ambito lavorativo, tenuto soprattutto conto del rinvenimento di sostanze
stupefacenti nella vettura del ricorrente mentre questi stava andando al lavoro”.

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In relazione, poi, alla circostanza che si sarebbe dovuto attendere l’esito del procedimento penale, il
Giudice ha osservato che ciò non è necessario, attesa “l’assoluta autonomia tra giudizio civile e giudizio
penale”. Pertanto, nel giudizio civile gli elementi soggettivi e oggettivi del fatto addebitato ben possono
essere autonomamente valutati, senza dover necessariamente attendere la conclusione delle indagini
penali.

LA DETASSAZIONE DEL LAVORO NOTTURNO


Risoluzione n. 83/E dell’Agenzia delle Entrate del 17 agosto 2010

A cura di Luca D’Arco


L’Agenzia delle Entrate in risposta ad un quesito posto da Confindustria, con la risoluzione n. 83/E
del 17 agosto 2010, ha ulteriormente chiarito l’ambito di applicazione del regime speciale di
tassazione agevolata introdotto dall’art. 2 comma 1 del DL n. 93/2008 e modificato dall’art. 2, commi
156 e 157 della L. n. 191/2009.

Ricordiamo che la predetta normativa aveva stabilito l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 10% per
le somme erogate ai dipendenti in relazione sia a prestazioni di lavoro straordinario (queste poi eliminate
dalla L. n. 191/2009) che ad incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa ed altri
elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa dei compensi erogati ai
lavoratori dipendenti.

✦L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione in oggetto ha chiarito che rientrano nel regime di
tassazione agevolata anche le somme erogate a titolo di lavoro notturno (riferendosi sia al
compenso ordinario che alla maggiorazione) a quei lavoratori anche non turnisti che prestino il loro
lavoro normale nel periodo notturno e a coloro che, occasionalmente si trovino a rendere prestazioni
che rientrano nella nozione di lavoro notturno così come definito dalla contrattazione collettiva.

Come però già precisato dalla stessa Agenzia delle Entrate nelle proprie precedenti circolari n. 49/2008 e
59/2008 le prestazioni di lavoro notturno devono essere comunque riconducibili o collegate ad incrementi
di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e redditività legati all’andamento economico
dell’impresa ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera c. del DL n. 93/2008.

Con la predetta risoluzione l’Agenzia precisa che i lavoratori possono far valere la tassazione più
favorevole in sede di dichiarazione di redditi, presentando una dichiarazione integrativa per gli anni passati
ovvero una istanza di rimborso.

✦Ricordiamo che l’agevolazione si applica nei limiti di 3.000,00 Euro per l’anno 2008 e di 6.000,00
Euro per gli anni 2009 e 2010 per quei lavoratori che abbiano conseguito un reddito nell’anno 2007
non superiore a 30.000,00 Euro lordi ed a 35.000,00 Euro per gli anni 2008 e 2009.

Link: www.agenziaentrate.gov.it
✦Risoluzione N. 83/E - 17 Agosto 2010 (PDF)

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Le Nostre Sentenze
LA SENTENZA DEL MESE
RIFIUTO DI ESEGUIRE LA PRESTAZIONE LAVORATIVA E LICENZIAMENTO PER GIUSTA
CAUSA
(Tribunale di Roma, 9 giugno 2010)

In ottemperanza a quanto statuito da una sentenza che aveva accertato l’illegittimità del
licenziamento, una società si era attivata per reintegrare il lavoratore interessato in azienda,
comunicandogli la data e la sede ove lo stesso avrebbe dovuto ricominciare a svolgere
attività lavorativa. Il lavoratore, nonostante detto invito, non si presentava al lavoro,
motivando la propria assenza con ragioni di salute (a tal proposito, inviava la relativa
certificazione medica). Alla data prevista per il rientro (stante la cessazione della malattia),
l’interessato non riprendeva servizio e, nonostante i ripetuti inviti da parte della datrice di
lavoro, non forniva alcun chiarimento né dava notizie di se. Pertanto, la società - dopo avere
atteso invano notizie dal proprio prestatore di lavoro - gli contestava l’assenza ingiustificata
di un rilevante numero di giorni (ben 40) e, successivamente, lo licenziava.

Il lavoratore adiva l’Autorità giudiziaria al fine di ottenere l’accertamento dell’illegittimità del


licenziamento, motivando detta richiesta con le seguenti ragioni: a) la datrice di lavoro non
gli aveva corrisposto le mensilità riconosciutegli a titolo di risarcimento del danno derivante
dall’illegittimità del primo licenziamento; b) la reintegrazione era avvenuta presso una nuova
e diversa sede di lavoro; c) non erano state corrisposte le retribuzioni dalla data della
reintegra sino a quella in cui lo stesso era rimasto assente per malattia. Secondo il
lavoratore queste ragioni giustificavano sia il rifiuto di eseguire la prestazione lavorativa, sia
la illegittimità del licenziamento per l’evidente natura ritorsiva.

Il Tribunale di Roma ha ritenuto infondate le suesposte ragioni, escludendo anzitutto la


natura ritorsiva del licenziamento al medesimo irrogato (in quanto sfornita di qualsivoglia
prova); ha ritenuto, inoltre, priva di fondamento l’eccezione di rifiuto di adempiere una
prestazione a fronte del preteso inadempimento della controparte, in primo luogo perché
“non esiste alcun rapporto di sinallagmaticità fra l’obbligo della società di ottemperare al
pagamento risarcitorio impostogli dalla sentenza dichiarativa dell’illegittimità del
licenziamento, e quello del lavoratore di prestare la propria attività. L’obbligo risarcitorio trova
infatti la propria fonte nella sentenza di condanna e non direttamente nel rapporto di lavoro in
essere tra le parti”. Quanto, poi, al preteso mancato pagamento delle retribuzioni maturate
dalla data di reintegra, il Tribunale ha evidenziato come il lavoratore non avesse mai fatto
presente detta circostanza né in corso di rapporto e “nemmeno a seguito della lettera di
contestazione disciplinare … in cui gli veniva appunto chiesto di giustificare la propria
assenza. Ne consegue che quest’ultima non può essere a posteriori imputata al lecito
esercizio dell’eccezione di inadempimento, che presuppone una specifica comunicazione al
contraente inadempiente della propria intenzione di avvalersi della facoltà di non adempiere
la propria controprestazione. Ciò in virtù del principio di correttezza e buona fede che deve
improntare l’esecuzione dei contratti”.

(Causa curata da Orazio Marano)

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ALTRE SENTENZE
SCADENZA DEL TERMINE E RIASSUNZIONE IN SEDE DIVERSA - LEGITTIMITÀ
(Tribunale di Trani, 20 luglio 2009)
Nel caso di cessazione di un rapporto di lavoro alla scadenza del termine contrattualmente apposto, il lavoratore
che ne contesta la legittimità non può pregiudizialmente rifiutare la proposta di riassunzione del datore di lavoro,
anche se essa prevede una sede di assegnazione diversa dalla precedente.
In tal caso, infatti, occorre considerare la situazione complessiva dell’azienda, l’eventuale situazione di crisi e la
chiusura dell’unità produttiva a cui il lavoratore era stato adibito in passato.
Il comportamento del lavoratore che, senza nemmeno rispondere alla proposta del datore di lavoro, instaura una
causa per l’accertamento della pretesa illegittimità del termine e, nel frattempo, reperisce una nuova occupazione,
integra la fattispecie della risoluzione per mutuo consenso del rapporto di lavoro, a prescindere dalle pretese ragioni
di illegittimità del termine, ed anche nel caso in cui i vizi del contratto siano palesi, riferendosi alla mancata
specificazione di una causale ex art. 1 del D.Lgs. 368/2001.
(Causa curata da Tommaso Targa)

CESSAZIONE ATTIVITÀ AZIENDALE - REINTEGRAZIONE - ESCLUSIONE


(Tribunale di Milano, 9 febbraio 2008)
La cessazione dell’attività aziendale fa venir meno il substrato della prestazione lavorativa e pertanto estingue i
rapporti di lavoro per impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa ex artt. 1463 e 1256 cod. civ., con la
conseguenza che, nell’ambito della tutela reale, in caso di licenziamento illegittimo, il giudice non può disporre la
reintegrazione se, nelle more del giudizio, è sopravvenuta la cessazione totale dell’attività aziendale. Il Giudice, nel
caso in esame, ha dunque proceduto alla sola liquidazione del danno in misura pari a cinque mensilità della
retribuzione globale di fatto di cui all’art. 18, 4° comma, L. n. 300/70, in quanto avente carattere autonomo rispetto
a quella ripristinatoria prevista dal 1° comma.
(Causa curata da Mariapaola Rovetta e Stefano Trifirò)

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Civile, Commerciale,
Assicurativo
Attualità
USO STRUMENTALE DELLA CLAUSOLA SIMUL STABUNT SIMUL CADENT
E REVOCA DELL’AMMINISTRATORE SENZA GIUSTA CAUSA -
NECESSITÀ DI MOTIVARE LA DELIBERA DI REVOCA
(Tribunale di Monza, 5 luglio 2010)

A cura di Salvatore Trifirò, Francesco Autelitano e Jacopo Moretti

L’ex amministratore delegato di una società di capitali citava in giudizio la società medesima, lamentando
di essere stato revocato dalla carica senza giusta causa, per effetto dell’uso distorto, ai suoi danni, della
clausola statutaria “simul stabunt simul cadent” e chiedendo, pertanto, il risarcimento del danno
conseguitone. L’attore esponeva di essere stato anticipatamente sollevato dal mandato per effetto delle
dimissioni rassegnate dagli altri due membri del Consiglio di Amministrazione della società, della
conseguente decadenza dell’organo gestorio e della contestuale nomina di un nuovo Consiglio di
Amministrazione. Tutto ciò in concomitanza con la cessione, da parte dei soci, delle quote di
partecipazione ad un’altra società di capitali costituita ad hoc con la partecipazione maggioritaria di uno
dei consiglieri e dopo aver subito, su iniziativa di quest’ultimo, un processo di progressivo esautoramento
e delegittimazione.

La società si costituiva in giudizio sostenendo che la mancata conferma dell’attore nel nuovo Consiglio di
Amministrazione dovesse ritenersi in sé giustificata dal cambiamento del socio di controllo della Società
stessa, circostanza da sola idonea ad incidere sul vincolo fiduciario che, in ogni caso, era venuto meno in
considerazione di una serie di episodi che avevano irrimediabilmente compromesso i rapporti tra l’ex
amministratore e il nuovo socio di controllo.

Il Tribunale di Monza ha accolto le domande dell’attore rilevando che:

✦l’uso strumentale della clausola statutaria “simul stabunt simul cadent” è fonte di responsabilità
risarcitoria ex artt. 2383, comma 3, c.c. e 1725, c.c..;

✦le motivazioni integranti la giusta causa di revoca dell’amministratore devono essere enunciate
nello stesso contesto della decisione assembleare che dispone la revoca, non essendo ammissibile
un’integrazione postuma della deliberazione in sede giudiziale, ciò che si è esattamente verificato
nel caso di specie in cui l’assemblea dei soci non aveva espresso alcuna motivazione dell’atto di
revoca dell’attore, implicito nella decisione di costituire un nuovo Consiglio di Amministrazione
senza che lo stesso ne prendesse parte.

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Assicurazioni
A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano

Le dichiarazioni confessorie rese dal presunto responsabile, siano o meno contenute


nel cosiddetto CID non rilevano nel giudizio instaurato ai sensi dell’art. 18 della legge
n. 990 del 1969: non è infatti possibile, in base ad esse, pervenirsi a decisioni
differenziate, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e
danneggiato ed assicuratore dall’altro. In particolare, precisato che dichiarazioni
confessorie sono solo quelle in cui siano ammessi fatti che, “valutati alla stregua delle
regole in materia”, possano portare alla condanna del soggetto che le ha rese (e non
quindi le mere assunzioni di responsabilità o di colpa), l’eventuale confessione,
contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro sottoscritto dal
responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e - come tale - litisconsorte
CIRCOLAZIONE necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del confitente, ma
STRADALE – deve essere liberamente apprezzata dal giudice, in applicazione della regola
PRESUNZIONE DI racchiusa nell’art. 2733, terzo comma, c.c., secondo cui, in caso di litisconsorzio
COLPA E PROVA necessario, la capacità probatoria della confessione resa da alcuni soltanto dei
LIBERATORIA litisconsorti è, per l’appunto, affidata alla prudente valutazione del giudice. In base al
disposto dell’art. 149, comma 1, C.d.S. (T.U. del D.L. 30 aprile 1992, n. 285),
sostanzialmente riproduttivo dell’art. 107 C.d.S. previgente, il conducente deve
essere in grado di garantire in ogni caso l’arresto tempestivo del mezzo, evitando
collisioni con il veicolo che precede, per cui l’avvenuta collisione pone a suo carico
una presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza, con
conseguente inapplicabilità della presunzione di pari colpa di cui all’art. 2054, comma
secondo, c.c., e onere del guidatore di dimostrare che il mancato, tempestivo arresto
del mezzo e il successivo impatto sono stati determinati da cause in tutto o in parte a
lui non imputabili.
(Cass., 13 luglio 2010, n. 16376)

Deve essere riconosciuto (ove allegato e provato) il danno morale, a ristoro della
sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo
breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in consapevole attesa
DANNO C.D.
della fine. Si tratta di un danno tanatologico o da morte immediata che viene
TANATOLOGICO
ricondotto nella dimensione del danno morale inteso nella sua più ampia accezione,
come sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita.
(Cass., 7 giugno 2010, n. 13672)

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L'area di parcheggio destinata agli utenti di un ipermercato, ancorché sia di proprietà


privata e inclusa per intero in uno stabile di proprietà privata e sia delimitata da
strutture destinate a regolare l'accesso dei veicoli (sbarra di ingresso), è da ritenere
ASSICURAZIONE
aperta all'uso da parte del pubblico e ordinariamente adibita al traffico veicolare,
OBBLIGATORIA R.C.A.
considerato che chiunque ha la possibilità di accedervi. La circolazione
- AREA DI
automobilistica all'interno dell'area è pertanto soggetta sia alle norme dell'art. 2054
PARCHEGGIO DI
c.c., sia alle norme della legge sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità
IPERMERCATO
civile, di cui alla l. 990/1969, la cui applicabilità presuppone, appunto, l'apertura
dell'area al traffico veicolare ad opera di un numero indeterminato di persone.
(Cass., 23 luglio 2009, ord. n. 17279)

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Il Punto su...
A cura di Vittorio Provera

PRIVACY E DIRITTO DEL DIPENDENTE AD ACCEDERE ALLA


POSTA ELETTRONICA AZIENDALE

Ci siamo già occupati degli interventi del Garante della Privacy in materia di uso dei sistemi informatici e di
posta elettronica all’interno delle Aziende, limiti dei controlli del datore del lavoro sull’impiego di tali mezzi
informatici e di comunicazione, necessità di regolamentazione preventiva ed altri aspetti.

Si segnala ora una nuova decisione dell’Autorità Garante della Privacy, emessa nel gennaio 2010
e disponibile presso il sito della medesima Autorità, avente ad oggetto un episodio connesso con il
licenziamento di una dipendente, accusata di aver posto in essere delle “avances e delle provocazioni di
carattere esplicitamente sessuali” nei confronti di un Direttore Generale della Società presso cui lavorava.

Al fine di dimostrare i comportamenti posti a base del licenziamento, l’Azienda aveva allegato alcune
e-mail che sarebbero state inviate dalla dipendente nonché delle fotografie in pose erotiche che -
secondo l’Azienda - la medesima avrebbe lasciato sulla scrivania del Direttore. Orbene in tale contesto, a
prescindere dal procedimento inerente l’impugnativa del licenziamento, la lavoratrice aveva formulato una
specifica richiesta ai sensi dell’art. 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.L. 30 giugno
2003 n. 196) finalizzata ad accedere alle informazioni citate nella lettera di contestazione disciplinare,
nonché a quelle contenute nelle “altre (…………..) e-mail di cui queste (cioè quelle indicate in
contestazione n.d.r.) costituivano la risposta e comunque lo sviluppo”.

In sostanza si chiedeva di poter accedere alla posta elettronica aziendale per verificare lo scambio di
messaggi in qualche modo attinenti all’evento. La dipendente, con riferimento ai fatti contestati, negava di
aver posto in essere i predetti comportamenti, lamentando di aver subito da parte del Collega attenzioni
sgradite, pertanto voleva accedere a tutti i messaggi di posta elettronica inviati da Lei stessa ed alla
medesima indirizzati, in particolare in relazione ai quei messaggi ritenuti utili per la propria difesa.

La Società aveva replicato a tale richiesta evidenziando di non detenere le fotografie della dipendente, né
comunicazioni e-mail contenute nella lettera di contestazione, precisando che la Società “non è a
conoscenza del fatto se le stesse siano state trasmesse o meno, per il tramite di un account di posta
elettronica aziendale”. Inoltre la Società contestava l’ammissibilità della richiesta di accedere a tutti i
messaggi di posta elettronica inviati e ricevuti dalla ex dipendente presenti sul computer che la stessa
aveva in uso, posto che non aveva dimostrato che si trattava di corrispondenza integrante un trattamento
dei dati personali; mentre non poteva formare oggetto di accesso la corrispondenza aziendale interna,
inviata per la gestione ed organizzazione aziendale.

In tale contesto l’Autorità Garante ha ribadito taluni principi già espressi in precedenti decisioni.
In primo luogo lo scambio di corrispondenza elettronica avente ad oggetto sia attività lavorativa che
altre tematiche (tra dipendenti, colleghi o persone esterne all’Azienda) costituisce comunque
un’operazione idonea a rendere conoscibili informazioni personali relative all’interessata; e ciò - nella
specie - risultava ancora più evidente in considerazione del fatto che l’indirizzo di posta elettronica
aziendale era un indirizzo individualizzato recante, dunque, le generalità della dipendente, oltre al nome
dell’Azienda.
Pertanto era tutelabile un diritto della stessa ad accedere ai dati personali contenuti nei messaggi di posta
elettronica inviati e ricevuti attraverso detto indirizzo e presenti presso il computer in uso alla stessa o il
server.

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Tuttavia ha disposto che dette operazioni


Link: www.garanteprivacy.it fossero svolte in presenza dell’amministratore
di sistema o di personale appositamente
Posta elettronica aziendale e
incaricato dalla Società, per garantire la non
privacy del dipendente - 21/01/2010
diffusione e la pertinenza delle operazioni di
accesso.

✦In conclusione il provvedimento, da una


Tu t t a v i a q u e s t o d i r i t t o d e v e e s s e r e parte, afferma di considerare meritevole di
contemperato con una legittima aspettativa, tutela una richiesta ben determinata del
anche di terzi, di confidenzialità rispetto a d i p e n d e n t e d i a c c e d e re a l l a p o s t a
determinate forme di comunicazione, cosicché elettronica scambiata dal medesimo
l’estrapolazione dei dati personali richiesti dalla all’interno dell’Azienda, in quanto
dipendente dagli archivi della Società comunque contiene dati personali (ed
determinerebbe il rischio di violazione dei inoltre costituirebbe un esercizio del diritto
principi di pertinenza e non eccedenza nel alla difesa di cui all’art. 24 cost.).
trattamento dei dati. Infatti anche il datore di
lavoro in questo contesto, potrebbe venire a ✦Va tuttavia rilevato che questo tipo di
conoscenza di informative non pertinenti trattamento e di accesso determina
all’attività lavorativa. comunque un rischio di divulgazione di dati
personali di terzi (cioè coloro che hanno
Pertanto l’Autorità Garante ha accolto la inviato o ricevuto tali messaggi contenenti
anche informazioni personali o sensibili) e
richiesta di accesso della ex dipendente,
che quindi sarebbero a loro volta titolari di
disponendo la possibilità di accedere ai dati un diritto alla protezione di tali dati ed
personali che la riguardano contenuti nei informazioni. Su questo particolare aspetto
messaggi di posta elettronica inviati e ricevuti la pronuncia non è, a nostro avviso,
nella sua casella, con possibilità anche di tutelante; in quanto può consentire di
trasporre su supporto cartaceo informatico i acquisire ed eventualmente utilizzare tali
dati che la riguardano contenuti nella documenti (messaggi), con pregiudizio
corrispondenza conservata. proprio delle posizioni di terzi.

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RASSEGNA
✦BLOG JOBtalk - JOB24 - IL SOLE 24 ORE: 18/08/10
STAMPA twitter 24job http://twitter.com/24job
“Che fine ha fatto il collegato lavoro?”
di Stefano Beretta

✦CorrierEconomia - Corriere della Sera: 12/07/10


“LAVORO Quando la crisi aiuta gli studi”
Intervista a Stefano Trifirò

✦AIDP Newsletter: N°6 Luglio 2010


“Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo”
di Giacinto Favalli

✦Corriere.it:
12/07/10
“LAVORO Quando la crisi aiuta gli studi”

✦BLOG JOBtalk - JOB24 - IL SOLE 24 ORE: 29/06/10


twitter 24job http://twitter.com/24job
“Chi dichiara il falso all'azienda che lo assume (mancanza di
carichi pendenti e di condanne) rischia il licenziamento”
di Anna Maria Corna e Alessandra Landi

✦C&P - GIUSTIZIA: Giugno 2010


“Una riforma necessaria”
Intervista a Salvatore Trifirò
Trifirò & Partners su Scribd
www.scribd.com/TPAvvocati
✦BLOG JOBtalk - JOB24 - IL SOLE 24 ORE: 16/06/10
twitter 24job http://twitter.com/24job
“L’importanza di essere onesto: il dipendente colto in fallo dalla
videocamera non può invocare la privacy, lo dice la Cassazione”
di Stefano Beretta

✦Dirigenti Industria: Giugno 2010


Trifirò & Partners su twitter “Riforma, Regole e Sanzioni sono indispensabili”
http://twitter.com/TrifiroPartners di Salvatore Trifirò

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TRIFIRÒ & PARTNERS AVVOCATI

Realizzazione Newsletter: Emanuela Zocchi


Trifirò & Partners ha sede a Milano e filiali a Roma, Genova,
Torino e Trento. Fondato negli anni ‘60 dall’Avvocato
Salvatore Trifirò, oggi annovera 80 professionisti e
collaboratori coordinati dai Partners.
Leader nel Diritto del Lavoro, Trifirò & Partners fornisce
assistenza anche in numerose aree del Diritto Civile, e in
particolare del Diritto Societario, Assicurativo, Commerciale,
Finanziario, Industriale e Sportivo.

Lo Studio, interlocutore delle più importanti aziende nazionali


e multinazionali, dispone di una rete di qualificati
corrispondenti in tutta Italia, Europa, Stati Uniti, Cina e
Emirati Arabi assicurando la presenza diretta dei propri
avvocati in tutto il territorio nazionale e estero.

Dotato di tutti i più moderni sistemi di comunicazione, con tecnologie di supporto continuamente
aggiornate, Trifirò & Partners dispone di una fra le più prestigiose biblioteche giuridiche, sia cartacee che
multimediali. Lo Studio è centro di riferimento per la formazione professionale, la partecipazione a
convegni, la redazione di articoli per i maggiori quotidiani e le riviste specializzate e la redazione di
pubblicazioni e libri.

Aree di Attività
Diritto del Lavoro
Diritto Societario
Diritto Assicurativo
Diritto Commerciale
Diritto Finanziario
Diritto Industriale
Diritto Sportivo

Milano
20122, Via S. Barnaba 32
Tel.: + 39 02 55 00 11 Fax.: + 39 02 54 60 391; + 39 02 55 185 052; + 39 02 55 013 295

Roma
00192, Lungotevere Michelangelo 9
Tel.: + 39 06 32 04 744 Fax.: + 39 06 36 000 362; + 39 06 32 12 849

Genova
16121, Piazza della Vittoria 12
Tel.: + 39 010 58 01 39; + 39 010 56 22 62 Fax.: + 39 010 58 28 71

Torino
10121, Via Raimondo Montecuccoli 9
Tel.: + 39 011 52 10 266 Fax.: + 39 011 51 19 137

Trento
38122, Via Galileo Galilei 24
Tel.: + 39 0461 26 06 37 Fax.: + 39 0461 26 44 41

trifiro.partners@trifiro.it www.trifiro.it http://twitter.com/TrifiroPartners

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