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Dio, infatti, ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianz (cfr. Gn 1,26) e gli ha dato, fin
dall'origine, iscrivendola nel suo stesso essere, la possibilit di conformarsi totalmente a lui.
La perfezione delle sue facolt proviene
a) da una parte, dal fatto che esse sono create da Dio ad immagine delle sue
stesse facolt e che sono nell'uomo un'icona delle facolt divine,
b) e dall'altra, dal fatto che creano in lui la capacit di assimilarsi completamente
a Dio, a condizione tuttavia che non si allontanino da lui pur se ne hanno la libert,
ma si aprano permanentemente e totalmente alla sua grazia.
Per natura l'uomo virtuoso
I Padri, nel sottolineare particolarmente il fatto che le virt sono inerenti alla stessa natura
dell'uomo e non qualit che gli saranno, in un modo o nell'altro, date in aggiunta, hanno tuttavia a
questo riguardo una concezione dinamica:
a) le virt non sono date all'uomo pienamente compiute; esse appartengono alla
sua natura solo in quanto nella sua finalit realizzarle, in quanto esse costituiscono
il compimento e la perfezione di questa natura,
b) ma la loro realizzazione suppone la partecipazione attiva dell'uomo al disegno
di Dio, la collaborazione di tutte le sue facolt alla volont divina, la libera apertura
del suo essere totale alla grazia di Dio. L'uomo stato creato con la possibilit di
realizzare queste virt e iniziandone gi la realizzazione. Egli le possedeva in germe,
ma doveva farle crescere per portarle al loro compimento. E in questo senso che i
Padri interpretarono il comandamento divino dato ad Adamo ed va: Siate fecondi e
moltipllcatevi (Gn 1,28).
E naturale nell'uomo, secondo i Padri, non solo l'immagine, ma anche la somiglianz:
nella natura stessa dell'uomo somigliare a Dio
nella stessa natura dell'immagine condurre a termine la sua perfezione nella realizzazione della
sua somiglianz, e l'uomo stato creato, lo ripetiamo, per realizzare gi naturalmente questa
somiglianz per mezzo della virt dell'immagine.
1) Adamo e la sua libert
stesso volesse realizzarla integralmente. Frutto della collaborazione della volont umana con la
grazia di Dio, essa non poteva essere che opera teantropica, realizzazione comune di Dio e
dell'uomo volto verso di lui.
L'uomo, infatti, in virt della perfezione che Dio aveva voluto per lui e iscritto nella sua
immagine in lui, possedeva una libert totale che gli consentiva i unirsi a Dio, ma anche di
rifiutare di collaborare con lui per realizzare il suo disegno.
Tuttavia, Dio gli aveva dato un ordine (cfr. Gn 2,16-17) per aiutarlo a usare bene la sua
libert.
La sua scelta
Questa si manifestava in tutta la perfezione della sua natura originaria, nella sua vera
finalit, fino a che si realizzava nella scelta costante e unica di Dio. Attraverso questa scelta
stabilmente mantenuta con il libero arbitrio, Adamo si conservava nel bene in cui era stato creato e
se l'appropriava sempre pi.
La sua finalit
In questo stato primordiale, in cui realizzava la finalit vera della sua natura, Adamo
pregava Dio continuamente, lodando e glorificando sempre il suo Creatore, conformemente alla
volont di quest'ultimo.
Adama = mediatore tra Dio e la materia
Coltivando con la sua anima pensieri divini e nutrendosi di essi, egli viveva in permanenza
nella contemplazione di Dio. Riconoscendo la presenza dell'energia divina nelle creature, egli si
elevava per mezzo di queste al Creatore e le elevava a sua volta verso Dio, lui che ne era stato
costituito r, realizzando cos la sua funzione di mediatore tra Dio e la materia, compiendo la
missione che gli era stata assegnata da Dio di unire il mondo sensibile al mondo intelligibile, di
riunire per mezzo dell'amore la natura creata con la natura increata facendole apparire nell'unit e
nell'identit.
La sua contemplazione
Vedendo Dio continuamente in ogni essere, egli lo vedeva anche in se stesso, perch la
purezza della sua anima gli permetteva di contemplarvelo come in uno specchio. Egli poteva anche
godere della visione di Dio a faccia a faccia.
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La sua vera vita
L'uomo, afferma sant'Atanasio di Alessandria, viveva allora la sua vera vita, cio quella
per la quale egli stato creato, quella che costituisce la finalit normale della sua vera natura.
Poich Adamo unificava se stesso e unificava tutti gli altri esseri in lui attraverso la continua
contemplazione in ogni cosa di Dio Uno, non vi erano affatto allora divisioni ne nello stesso uomo,
ne tra l'uomo e i suoi simili, ne tra l'uomo e gli altri esseri, ne tra gli esseri stessi. Regnava la pace
in tutti e in tutto.
La stato paradisiaco = uno stato di salute
Lo stato paradisiaco, in cui l'uomo viveva secondo la sua natura primordiale, appariva cos
come uno stato di salute, in cui l'uomo ignorava ogni forma di malattia sia nell'anima che nel
corpo, e in cui egli conduceva una vita totalmente normale, poich conforme alla sua natura e alla
finalit vera di essa.
2) il peccato originale
Con il peccato originale, Adamo si allontanato dalla via in cui Dio lo aveva posto al
momento della sua creazione. L'uomo ha mancato lo scopo che la sua stessa natura gli assegnava.
Avendo smesso di tendere con tutto il suo essere verso Dio e di aprire tutte le sue facolt alla
grazia increata di Dio, lo specchio della sua anima si oscurato e ha smesso di riflettere il suo
Creatore.
L'attribuzione delle stesse virt dell'uomo al Cristo e allo Spirito Santo rivela che esse sono
energie comuni alle tr Persone della divina Trinit, ma anche nella creazione e nella deificazione
dell'uomo, il Figlio e lo Spirito cooperano strettamente nella realizzazione della volont del Padre,
che nello stesso tempo la loro volont.
Ogni virt nell'uomo riceve cos il suo essere dal Figlio, ma vivificata, santificata,
perfezionata per mezzo dello Spirito Santo a nome del Padre. Cos, l'immagine e la somiglianz di
Dio nell'uomo voluta dal Padre, realizzata dal Figlio, compiuta nello Spirito Santo e da lui portata
a perfezione. L'opera compiuta dal Cristo nella sua Incarnazione con la collaborazione dello
Spirito Santo.
Sant'Antonio scrive a questo proposito: L'amore che io ho per voi mi fa supplicare Dio di
condurvi a considerare l'invisibile come vostra eredit. Certamente, figli miei, questo non supera la
nostra natura, ma normalmente la investe di dignit regale.
Solo attraverso la pratica delle virt, in particolare di quella che loro coronamento, ossia
la CARIT, l'uomo reso capace della conoscenza/contemplazione spirituale nella quale il suo
spirito, ma anche tutte le altre facolt113, si esercitano conformemente alla finalit della sua
natura.
La realizzazione della somiglianz con Dio, bench inserita nell'immagine, era proposta alla
libera volont di Adamo, avendo come guida il comandamento divino. Ma, con la sua libert,
Adamo aveva la possibilit di seguire un'altra via, quella di lasciare il bene, andando verso il male
separandosi da Dio per scelta deliberata.
Il serpente rivel e propose quest'altra possibilit che costitu per il primo uomo una
tentazione permanente. Questa tentazione aveva come funzione quella di mettere costantemente
alla prova la sua volont e, cos, dare forza e valore alla sua scelta di Dio.
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Senza questa possibilit di compiere il male, infatti, Adamo non sarebbe stato totalmente
libero, poich la via della deificazione si sarebbe presentata come l'unica possibile, quindi come
necessaria e imposta dalla sua natura.
La tentazione era implicata dal fatto stesso dell'esistenza di un'assoluta libert per l'uomo
e dalla volont di Dio che voleva appunto che ci venga la ricompensa del nostro lavoro e che il
risultato della nostra somiglianz non si volga a lode di un altro.
Tutti i Padri insistono sul fatto che Adamo stato creato completamente buono da Dio. Nel
paradiso terrestre, nella sua condizione naturale, l'uomo viveva integralmente nel Bene.
V. Le passioni o "pensieri".
Le passioni sono spesso chiamate dai Padri pensieri o pensieri passionali, pensieri
carnali, pensieri maligni, perch si manifestano all'uomo prima di tutto come pensieri, che si
traducano o meno in seguito in azioni.
LA GOLOSIT
LA GOLOSIT
1. Definizione
La golosit pu essere definita come la ricerca del piacere di mangiare, in altre parole il
desiderio di mangiare in vista del piacere, o ancora, negativamente in rapporto alla virt della
quale essa costituisce la negazione, l'intemperanza della bocca e del ventre.
Questa passione ha due forme principali:
1. pu puntare essenzialmente sulla qualit degli alimenti, e allora ricerca di cibi
saporiti, fini, delicati; desiderio che gli alimenti siano preparati con cura;
2. oppure punta principalmente sulla loro quantit, a allora desiderio di mangiare
molto.
Nel primo caso, il piacere della bocca, del gusto, che innanzitutto ricercato;
nel secondo caso, il piacere del ventre o degli organi della digestione in genere.
Nei due casi, vi la ricerca di un certo tipo di piacere corporeo, questo perch la golosit pu
essere classificata tra le passioni del corpo.
, infatti, per uno scopo preciso che gli alimenti sono stati dati da Dio agli uomini; farli
servire ad altri fini, pervertirne l'uso, farne un cattivo uso. Le cose che mangiamo, scrive san
Massimo, sono state create per un duplice fine:
per alimentarci e
farci da rimedio.
Mangiare per altri motivi, fare un cattivo uso di quanto Dio ci ha dato per la nostra
necessit.
L'uomo, dunque, rispetta la finalit naturale degli alimenti e del nutrimento quando si nutre
per necessit,
per mantenere o preservare la vita del suo corpo,
per conservare o ritrovare la sua salute,
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ma fa del nutrimento e della funzione nutritiva, che in lui, un uso contro natura quando
egli ne fa un mezzo di piacere.
La golosit non consiste, dunque, nel desiderio dello stesso nutrimento, ma nel desiderio del
piacere che si pu provare nel consumarlo. Ecco perch l'abuso che costituisce la passione non
consiste solo nel nutrirsi al di l di ci che strettamente necessario ai bisogni del corpo, ma anche
nel ricercare il piacere in queste stesse cose necessarie.
Anche in questo consiste l'allontanamento dalla sua finalit naturale che quella di rendere
grazie a Dio. San Paolo afferma chiaramente che Dio ha creato gli alimenti perch vengano presi
con animo grato consigliando di conseguenza: Sia dunque che mangiate, sia che beviate o
qualsiasi cosa facciate, fate tutto per la gloria di Dio (ICor 10,31).
La golosit costituisce una vera perversione di questa finalit essenziale del nutrimento che
quella di essere consumato eucaristicamente, poich in questa passione l'uomo, anzich godere
di tali alimenti in Dio e di godere di Dio attraverso di essi, vuole godere degli alimenti per se stessi,
al di fuori di Dio.
Per mezzo loro erige una barriera tra se stesso e Dio, anzich usarli come supporto per
elevarsi a lui.
La golosit, al contrario, separa da Dio l'uomo e in lui le creature. Gli alimenti, anzich
rivelare Dio (sant'Isacco parla di colui che ha visto il Signore nel suo nutrimento), anzich essere
trasparenti alle sue energie e servire alla glorificazione di Dio e alla deificazione dell'uomo,
divengono, a motivo del peccato dell'uomo, per lui stesso e per il mondo, un ostacolo all'incontro
con Dio.
Alla luce di queste digressioni teologiche e antropologiche, la passione della golosit appare
meno banale di come sarebbe potuta sembrare a prima vista. Alcuni Padri giungono, del resto, fino
a vedere in essa la fonte stessa del peccato originale.
La golosit, in questo fondamento originale, manifesta chiaramente che essa opera
una rottura,
una separazione dell'uomo da Dio,
e significa la perdita della comunione divina per l'uomo e, in lui, per l'intero cosmo.
La gravita di questa passione si rivela ancora di pi nel fatto che essa una delle tr
tentazioni che Satana presenta al Cristo nel deserto (cfr. Mt 4,3 : Ora il tentatore, accostandosi, gli
disse: Se tu sei il Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane. 4 Ma egli, rispondendo, disse: Sta scritto:
"L'uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio".
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Resistendogli, il Cristo, nuovo Adamo, ristabilisce tra l'umanit e Dio e, quindi, tra il cosmo e
la divinit, la comunione che il primo Adamo aveva rotto.
La golosit, attraverso tutti gli aspetti che abbiamo ricordato, e in particolare per il motivo
che essa costituisce una perversione dell'uso naturale e normale del cibo, definita dai Padri come
MALATTIA.
a) Le conseguenze patologiche
I santi asceti sottolineano, prima di ogni cosa, che l'eccesso di cibo o di bevande (qualunque
esse siano) priva lo spirito di energia e di vivacit, lo appesantisce, lo immerge in uno stato di
oscurit, di torpore e di sonno, conseguenze che si ripercuotono su tutta l'anima.
LA TEMPERANZA
L'azione terapeutica, che mira a guarire l'uomo dalle malattie spirituali, deve in primo luogo
applicarsi alla passione della golosit:
da una parte, perch questa passione la pi grossolana, la pi primitiva,
dall'altra, perch la vittoria su di essa condiziona in larga misura la lotta
contro le altre passioni.
1. La temperanza : un rovesciamento
La terapia della golosit e la correlativa acquisizione della virt della temperanza (intesa in
senso stretto), che le opposta, consisteranno innanzitutto nell'operare un rovesciamento di
questo atteggiamento. In altri termini, consisteranno nel prendere il nutrimento esclusivamente per
bisogno, cio unicamente in vista di assicurare la vita e di mantenere o di ristabilire la salute del
corpo, evitando, da una parte, ogni ricerca di volutt sensibile e, dall'altra, ogni eccesso
riguardante la stretta necessit.
La terapia della golosit e la pratica della temperanza non potrebbero, dunque, consistere
nell'astensione pura e semplice dal cibo.
La lotta contro la passione si compie principalmente con la rinuncia al piacere sensibile che
la suscita e la nutre. Tale rinuncia si realizza innanzitutto evitando le occasioni che favoriscono la
gola e rifiutando la ricerca di cibi gustosi.
San Gregorio di Nissa scrive : L'uomo temperante deve usare questa regola per la sua
stessa vita: non legare mai la propria anima a un oggetto o a qualche porzione di piacere che vi si
trovi unita, e soprattutto deve guardarsi dal piacere del gusto [...]. Affinch il nostro corpo rimanga
estremamente calmo e non sia turbato da nessuno di quei moti passionali che nascono dalla
saziet, occorre vegliare a che non sia il piacere ma l'utilit che in ogni caso determina la misura
della condotta temperante e il limite del godimento. E se il gradimento strettamente mescolato
all'utilit [...].
Si pu qui intravedere che ci che cattivo, in realt, non il piacere in se stesso, ma la
ricerca del piacere e l'attaccamento a esso che costituiscono la passione.
Per questo motivo, san Giovanni Cassiano fa notare:
II piacere che proviamo naturalmente nel mangiare non un male essenziale; [...] se esso
non si accompagna ad intemperanza [...] o a qualche altro vizio, non si pu dire che sia cattivo.
In senso stretto, dunque, la temperanza consiste, piuttosto che nell'astenersi dal piacere,
a non ricercarlo e
a non attaccarsi ad esso,
e pi fondamentalmente a non prestargli alcuna attenzione.
Poich la golosit non riguarda solo la qualit degli alimenti, ma anche la quantit, i Padri
raccomandano nello stesso tempo
di evitare ogni eccesso e offrono come principio concreto di applicazione quello di non
mangiare ne bere a saziet
e di rimanere sempre con un po' di fame e di sete.
b) Il discernimento
c) Una conversione
d) L'azione di grazie
E rendendo grazie a Dio, quando si nutre, che l'uomo dimostra l'attenzione e l'adorazione
dovute solo a Dio e pu mettere fine alla passione.
Abbiamo visto, infatti, che, nella passione della golosit, l'uomo gode degli alimenti al di
fuori di Dio, considerandoli in se stessi e facendoli servire esclusivamente al proprio piacere.
Ora, gli alimenti sono creati (in modo diretto o indiretto) da Dio che ne ha fatto dono agli
uomini: ecco perch essi non hanno valore in se stessi ma in quanto riferimento a Dio, e sono
destinati a essere consumati eucaristicamente. Per questo san Paolo insegna che Dio li cre
perch fossero presi con animo grato dai fedeli e da quelli che hanno conosciuto la verit (1Tm
4,3).
L'uomo guarisce dalla passione e ritrova un atteggiamento virtuoso attraverso un
cambiamento radicale del suo atteggiamento che gli fa smettere di considerare il cibo per se stesso
e usarlo per il proprio piacere, per considerarlo, al contrario, in Dio, per rapportarlo a lui e a lui
rendere grazie.
In altri termini, la terapia praticata a livello dell'anima dev'essere completata da una terapia
da applicarsi allo stesso corpo.
A questo proposito san Giovanni Cassiano cos scrive: La golosit e la lussuria [...]
risvegliandosi varie volte senza che la volont vi abbia preso parte, per l'istigazione e per il prurito
della stessa carne, hanno bisogno tuttavia, per consumarsi, di un oggetto esteriore, e non arrivano
all'effetto se non mediante un'azione del corpo [...]. Proprio perch esse non si consumano se non
per il ministero della carne, questi due vizi richiedono specialmente, oltre alla terapia spirituale
dell'anima, la pratica della temperanza del corpo, cio di quanto precedentemente abbiamo
definito ascesi fisica. cos che i digiuni, le veglie, il lavoro manuale possono, a seconda dei casi e
delle circostanze contribuire alla guarigione della golosit.
La lettura della Scrittura,
la meditazione sulla morte costituiscono preziose terapie di sostegno.
E, come nella lotta contro tutte le altre passioni, la compunzione del cuore, attraverso la
quale l'uomo, davanti a Dio, piange per le sue colpe, si dissocia dalla passione e manifesta la
volont di rinunciarvi, gioca un ruolo fondamentale, cos come, ben inteso, la preghiera con la
quale egli chiede l'aiuto di Dio.
La passione della lussuria (porneia) consiste nell'uso patologico che l'uomo fa della sua sessualit.
a. la procreazione
Innanzitutto, essa nega una delle finalit principali della funzione sessuale, la pi apparente
e che inscritta nella sua stessa natura: quella della procreazione.
Questa finalit, tuttavia, per essenziale che sia, non la sola ne la pi importante". Nella
specie umana, la procreazione pu sembrare pi il risultato naturale dell'unione sessuale che non il
fine stesso. L'unione sessuale , in primo luogo, uno dei modi dell'unione tra l'uomo e la donna;
essa una delle manifestazioni del loro amore reciproco; traduce questo amore su un certo piano
del loro essere, quello del corpo. l'amore che costituisce la prima finalit dell'unione sessuale,
cos come i molteplici benefici spirituali che l'uomo pu trarre da questo in seno al matrimonio
insieme agli altri modi di unione coniugale.
Occorre, tuttavia, precisare che l'amore coniugale visto, nella prospettiva cristiana, come
l'unione di due persone - cio di due esseri concepiti nella loro integralit, da un lato, e nella loro
natura spirituale dall'altro - in Cristo e in vista del Regno, unione sigillata quanto a misura e a
scopo dalla grazia dello Spirito conferito dal sacramento del matrimonio. Questo concetto subordina
l'unione sessuale, come tutti gli altri modi di unione degli sposi, alla dimensione spirituale del loro
essere e del loro amore.
L'unione sessuale deve, cos, essere preceduta ontologicamente dall'unione spirituale che le
conferisce senso e valore. Ed solo a questo titolo che pu essere rispettata la sua finalit come
quella della natura degli esseri che essa mette in relazione.
La lussuria, come tutte le altre passioni, opera, lo si vede, un rovesciamento dei valori al
livello pi elevato.
Oltre a questi tr principali effetti, tale passione ha come conseguenza l'intorpidimento dello
spirito e l'appesantimento dell'anima. Essa esercita su colui che essa possiede una vera tirannia,
pi di tutte le altre passioni, in ragione della sua straordinaria potenza.
Tra le numerose passioni che assediano il cuore umano, non ve ne alcuna che abbia
contro di noi una forza paragonabile a quella della frenesia della
volutt, scrive san Gregorio di Nissa. Per questo motivo, essa un nemico difficile da combattere
e da respingere, ma lo anche a causa della sorprendente rapidit d'azione del demone che
l'ispira.
Come tutte le altre passioni, essa distrugge le virt. Correlativamente, genera nell'anima
ogni sorta di atteggiamenti viziosi e in particolare l'assenza di timore di Dio, l'orrore della
preghiera, l'amore di s, l'insensibilit, l'attaccamento a questo mondo, la disperazione
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TERAPIA DELLA LUSSURIA
LA CONTINENZA E LA CASTIT
La terapia della lussuria segue immediatamente la terapia della gastrimargia nella misura in
cui la lussuria , come la gastrimargia, una passione corporea e fa parte delle passioni
grossolane e primitive, alle quali opportuno applicarsi prima d'ogni cosa, ma anche nella misura
in cui la lussuria direttamente legata alla gastrimargia, che spesso condiziona la sua comparsa.
1. La castit monastica
Occorre, innanzitutto, ricordare che nella prospettiva cristiana, la sessualit non pu avere
senso ed esercitarsi correttamente e normalmente se non nell'ambito dell'amore coniugale, ecco
perch essa a priori esclusa dall'ambito del celibato e della vita monastica. Per questo motivo, la
virt della castit che, intesa in senso stretto, si oppone alla passione della lussuria, presuppone e
indica, in quest'ultimo ambito, una totale astinenza da ogni atto e, prima di tutto, da ogni desiderio
sessuale, poich, qualunque sia la loro forma, questi scaturiscono solo dalla passione. Questa totale
astinenza presuppone essa stessa una perfetta continenza cio la capacit di dominare e reprimere
totalmente le pulsioni e i desideri sessuali.Nella misura in cui la sessualit legata alla riproduzione
della specie, essa assume la forma di un istinto particolarmente potente e fortemente ancorato alla
natura attuale dell'umanit, il che rende l'astinenza totale particolarmente difficile da realizzare e
spiega la durata e la difficolt della lotta da condurre.
Poich la lussuria una passione che il corpo contribuisce a suscitare e a realizzare, la sua
terapia richiede in maniera particolare, oltre i rimedi spirituali, la pratica della temperanza
[fisica].
per questo che i digiuni, le veglie, il lavoro faticoso,
che mortificano il corpo, sono per il monaco mezzi essenziali per far fronte alle tentazioni,
per essere continente, per osservare l'astinenza e vincere su questo piano la lussuria.
Queste tr pratiche mirano a indebolire il corpo in modo da privarlo di una energia eccessiva
che potrebbe essere facilmente investita nella sessualit, ma ciascuna di esse ha una sua finalit
specifica.
Il lavoro manuale ha lo scopo di evitare l'ozio che favorisce la nascita di pensieri passionali e
di fantasmi. Le veglie hanno lo scopo di ridurre il sonno, il cui eccesso favorisce la lussuria.
Quanto al digiuno, esso occupa un posto sempre pi rilevante nella misurain cui l'eccesso di
cibo appare come uno dei principali fattori che favoriscono la lussuria.
b. La solitudine e la calma
B. Nell'anima
Nella lotta contro questa passione in particolare, a motivo della sua grande forza,
opportuno preferire il rifiuto immediato delle suggestioni alla confutazione antirretca dei pensieri,
come insegna san Giovanni Climaco:
Non sperare di respingere il demone della lussuria con la discussione e la contraddizione,
perch, avendo come arma la natura, egli trover buone ragioni.
opportuno naturalmente accompagnare alla custodia del cuore anche
la preghiera, in particolare la preghiera monologica: queste due attivit, lo abbiamo
dimostrato, sono indissociabili. Quando la preghiera monologica non ben fissata nel
cuore, utile aggiungervi
la preghiera del corpo, poich anche questa contribuisce a preservare l'uomo da
tale passione.
II ruolo della preghiera, del resto, consiste soprattutto nel chiedere a Dio la grazia senza la
quale tutti gli sforzi umani per vincere questa passione appaiono derisori e non possono portare ad
alcun risultato finale, perch la castit sempre un dono di Dio.
Altre due attivit spirituali contribuiscono a guarire l'uomo dalla lussuria, e in particolare a
preservarlo dai pensieri (logismoi) che questa suscita:
la lettura e
la meditazione attente delle Sacre Scritture
(che san Giovanni Cassiano annovera tra i rimedi dell'anima),
e il ricordo della morte,
che san Giovanni Climaco considera come uno dei migliori aiuti terapeutici accanto alla preghiera
monologica.
I Padri vedono anche nell'obbedienza al Padre spirituale e nella pratica regolare della
manifestazione dei pensieri i mezzi per vincere la passione e per acquistare la castit.
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L'AVARIZIA E LA CUPIDIGIA
1. Definizione
L'avarizia (philargyria) indica, in modo generale, un attaccamento al denaro e alle diverse
forme di ricchezza materiale.
Tale attaccamento si manifesta
nel godimento provato nel possederli,
nella preoccupazione di conservarli,
nella difficolt che si prova nel separarsene,
nella pena che si sente nel donare.
Quanto alla cupidigia {.pleonexia}, consiste essenzialmente nella volont di acquisire nuovi beni,
nel desiderio di possederne di pi. Mentre abitualmente si traduce il termine philargyria con
avarizia (questa nozione dev'essere intesa in un senso pi ampio di quello che l'uso corrente gli
conferisce nella lingua attuale), si rende generalmente pleonexia con avidit, invidia,
bramosia, cupidigia.
E questo cattivo uso della facolt concupiscibile, ma anche di tutte le altre facolt che esse
implicano, che costituisce fondamentalmente il carattere patologico della flargiria e della cupidigia.
Ma questo cattivo uso non si definisce solo relativamente ai beni materiali. Si definisce, pi
fondamentalmente, in relazione a Dio, e implica anche le relazioni dell'uomo con se stesso e con il
prossimo.
Mentre nel suo stato originario l'uomo investiva totalmente il suo desiderio in Dio e
s'impegnava a conservare le ricchezze spirituali da lui ricevute e ad acquisirne di nuove,
conformandosi in tutto questo alla finalit naturale della sua facolt concupiscibile, in queste
passioni egli allontana il suo desiderio da questa finalit normale per rivorgerlo verso i soli beni
materiali, e ne usa contro natura per acquisirli e conservarli.
L'amore di Dio e l'attaccamento ai beni spirituali, da un lato,
l'amore per il denaro e l'attaccamento ai beni materiali, dall'altro, si fondano sulla stessa
facolt concupiscibile dell'uomo: ecco perch sono incompatibili e si escludono l'un l'altro, come ci
dice lo stesso Cristo: Nessuno pu servire a due padroni; poich od odier l'uno e amer l'altro,
oppure preferir l'uno e disprezzer l'altro. Non potete servire Dio e mammona (Lc 16,13; Mt
6,24).
Il Creatore ha dato i beni di questo mondo in parti uguali a tutti gli uomini, senza alcuna
eccezione, affinch essi ne godano tutti in ugual modo.
Il fatto che alcuni acquistino e possiedano pi di altri va contro l'uguaglianza voluta da Dio
nella ripartizione dei beni, e instaura uno stato anti-naturale e anormale. Un tale stato non esisteva
all'origine; comparso come conseguenza del peccato originale; si conservato e sviluppato grazie
alle passioni e, in particolare, a quelle della avarizia e della cupidigia.
La ricchezza, sottolineano i Padri, destinata ad essere condivisa, ripartita equamente.
L'avaro e l'avido non rispettano questa finalit, il primo nel cercare e accumulare i beni in vista del
suo godimento unicamente personale, il secondo nel conservare egoisticamente il denaro. Tutti e
due, cos facendo, trasgrediscono il limite normale, perch pensano pi a se stessi che al
prossimo e contravvengono al precetto fondamentale della carit: Amerai il prossimo tuo come t
stesso. impossibile, scrive Evagrio, che la carit coesista in qualcuno con le ricchezze.
L'avaro e l'avido, mirando permanentemente a un godimento egoistico non hanno pi in
vista il prossimo cessano di considerarlo come un loro pari e un fratello. Essi rigettano colui che
condivide la loro natura, nota sant'Ambrogio; escludono e frustrano il loro prossimo della dignit
che Dio gli conferisce e gli rifiutano il rango di loro associato, sottolinea san Giovanni Crisostomo
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3. L'avarizia e la cupidigia distruggono la carit
La hiargma e la cupidigia distruggono anche la carit, sconvolgono (pervertissent) le
relazioni con gli altri e conducono colui che da esse abitato a non vedere altro nel prossimo se
non un ostacolo alla conservazione delle ricchezze possedute o un mezzo per acquisirne di nuove
Ecco perche san Giovanni Crisostomo sottolinea che la avarizia ci attira l' odio
universale e ci fa detestare da tutti, dalle vittime dell'ingiustizia e da quelli stessi che le nostre
ingiustizie non hanno calpestato .
Carattere ossessivo
Il delirio si ritrova anche in un altro tratto patologico della avarizia: il carattere ossessivo e
quasi allucinatorio che essa attribuisce al denaro e alle ricchezze materiali nello spirito di colui che
essa abita.
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IL NON-POSSEDERE E L'ELEMOSINA
2. La conoscenza
Nel prendere coscienza del danno della malattia, il malato portato ad allontanarsi
fermamente dalla malattia e a ricercare ardentemente la guarigione; nell'acquisire una conoscenza
approfondita, egli non ne ignora pi nessun meccanismo e cosi si ritrova meglio armato per
combatterla. .
6. Il distacco
L'uomo, d'altronde, pu constatare che pi si attacca ai beni spirituali, pi acquisisce nei
riguardi dei beni sensibili una delle virt opposte alla filargiria e alla pleonessia: il distacco.
7. il gusto di Dio
Solo il gusto di Dio, come afferma in maniera molto concreta san Giovanni Climaco, gli
permette di misurare, in paragone ai beni divini, lo scarso valore dei beni sensibili.
Il fatto che il distacco circa i beni sensibili sia correlativo all'attaccamento ai beni spirituali, e
viceversa, si spiega, come abbiamo pi volte sottolineato, perch il desiderio non pu rivolgersi
simultaneamente a due oggetti antagonisti, come giustamente insegna lo stesso Cristo a
proposito della filargiria: Nessuno pu servire a due padroni; poich od odier l'uno e amer
l'altro, oppure si affezioner all'uno e trascurer l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona
(Mt 6,24) (in aramaico manon significa ricchezza).
1. La povert materiale
Tali virt significano il rifiuto volontario di possedere e acquisire qualunque cosa, ad
eccezione di ci che strettamente indispensabile all'esistenza.
Il non-possedere (aktemosyne) nell'ambito del monachesimo praticato nel suo significato pi
immediato e s'identifica con la povert materiale.
2. L'ELEMOSINA
LA TRISTEZZA
a) La prima fa parte di quelle che si sono integrate alla natura dell'uomo in seguito al
peccato originale, e non sono cattive. La forma di tristezza che fa parte di queste passioni
naturali, pu e deve servire da base a una virt : la tristezza secondo Dio (2Cor 7,IO),
che permette all'uomo
di affliggersi sul suo stato di decadimento,
di piangere i suoi peccati,
di rattristarsi della perdita della perfezione originaria,
di soffrire di essere lontano da Dio,
La facolt di afflizione di cui l'uomo dispone non solo non gli serve, come Dio aveva voluto
facendogliene dono, per prendere le distanze dal suo stato di peccato, ma al contrario viene
utilizzata fuori tempo, a manifestare il suo attaccamento al mondo, e paradossalmente entra al
servizio del peccato.
La tristezza (lype) appare come uno stato dell'anima fatto, oltre ci che questo termine pu
indicare,
di scoraggiamento, di astenia, di pesantezza e di dolore psichico, d'abbattimento, di sgomento
d'oppressione, di depressione, accompagnato frequentemente da ansia o anche da angoscia.
La tristezza pu essere in relazione con altri sentimenti oltre quello del rancore: spesso essa
nasce in modo particolare dal sentimento di collera eccessivo o sproporzionato rispetto a ci che
l'ha causata, o che al contrario non stato sufficiente in quanto non ha manifestato, con
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abbastanza chiarezza, ci che si prova o non ha provocato, in colui o in coloro ai quali essa si
rivolgeva, la reazione che ci si aspettava.
La tristezza pu anche essere prodotta da un'offesa o da ci che il soggetto crede esser tale:
Quando ci feriscono o riteniamo di essere feriti, siamo nella tristezza, constata san Giovanni
Damasceno.
4. I demoni
Occorre sapere che i demoni giocano un ruolo importante nella nascita, nello sviluppo e nella
perpetuazione di tutte le forme di tristezza, e particolarmente di quella che abbiamo presentato
ultimamente. Se questa detta immotivata, perch non ha relazione diretta con un'azione
precisa della persona che essa affligge; perch non , come le precedenti, il frutto
dell'insoddisfazione di un desiderio o di un movimento di collera, ma non perch non avrebbe
assolutamente alcuna causa.I Padri riconoscono, infatti, che essa frequentemente prodotta da un
intervento diabolico.
La fonte
La disperazione
Introduzione
La terapia della tristezza, pi di tutte le altre passioni, suppone la coscienza di essere malati
e la volont di guarire. La terapia della tristezza, pi di tutte le altre passioni, suppone la coscienza
di essere malati e la volont di guarire. Difatti, non raro, come osserva specialmente san
Giovanni Crisostomo, che il malato si compiaccia di questo male, ne tragga il beneficio
secondario di un certo godimento morboso, e si abbandoni quindi passivamente al suo stato,
senza tra l'altro accorgersi che preda di una passione particolarmente grave per i suoi effetti
nefasti su tutta la vita spirituale.
La prima causa possibile della tristezza la frustrazione di un piacere presente o atteso, quindi, pi
propriamente la perdita di un bene sensibile, la frustrazione di un desiderio o la delusione di una
speranza carnali.
La terapia della tristezza implica essenzialmente la rinuncia ai desideri e ai piaceri carnali,
e correlativamente, il distacco circa tutti i beni sensibili, arrivando fino al disprezzo di questi.
L'uomo sottomesso alla carne avido non solo di beni materiali, ma anche di onori e di
gloria umana, e abbiamo notato, esaminando la passione della tristezza, lo stretto legame che
questa ha con la passione della cenodossia, poich la delusione nella ricerca degli onori e della
gloria in questo mondo una causa frequente di tristezza tanto per coloro che li possiedono gi ma
ne desiderano di maggiori, che per coloro che aspirano a uscire dall'oscurit.
In questo caso, la terapia della tristezza implica il disprezzo di questa gloria e di questi onori
mondani o, per meglio dire, implica una totale indifferenza nei loro riguardi, o che se ne sia
beneficiati o che se ne sia privati.
importante che colui che sotto il dominio della tristezza non si ripieghi su se stesso, il che
favorirebbe lo sviluppo di questa malattia, ma riveli la sua condizione e manifesti i suoi pensieri a
spirituali esperti e s'intrattenga con essi.
Egli potr cos essere liberato da questi pensieri e ascoltare parole consolateci che costituiranno
per lui un aiuto insostituibile. San Giovanni Crisostomo sottolinea, cos, il valore terapeutico del
discorso spirituale per coloro che soffrono di tristezza.
L'uomo pu, altres, trovare l'aiuto e la consolazione di cui ha bisogno nella lettura e nella
meditazione di passi appropriati delle Sacre Scritture, che costituiscono un rimedio tanto pi
efficace quanto pi accompagnato dalla preghiera.
La preghiera, in tutte le sue forme, costituisce, infatti, il rimedio principale alla tristezza,
qualunque ne sia l'origine. La preghiera l'antidoto alla tristezza e allo scoraggiamento, insegna
san Nilo.
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Solitamente i Padri oppongono le due forme di tristezza; essi sottolineano i difetti della prima e
invitano a rinunciarvi, incitando ad acquistare la seconda di cui essi giustificano l'uso e mostrano il
valore e persino la necessit per la vita spirituale e l'opera di salvezza, e che essi chiamano per
questo come fa l'Apostolo (cfr. 2Cor 7,9-11)
tristezza secondo Dio, o anche tristezza amata da Dio, tristezza salutare,
santa tristezza, tristezza profcua, tristezza utile, bella tristezza, tristezza
gradevole, tristezza beata, ecc
Non si tratta, dunque, di abolire ogni forma di tristezza, ma solo quella della tristezza-
passione. E ancora, porre fine alla passione non significa porre fine alla funzione stessa ma
guarirla, al fine di permetterle di ritrovare il suo uso naturale e normale ed esercitarsi di nuovo in
modo salutare.
Un riorientamento
Abba Isaia molto semplicemente afferma: La tristezza secondo Dio gioia. San Giovanni
Climaco, che non esita a intitolare il Grado VII della sua Scala: Dell'afflizione (pnthos) che
produce gioia, sottolinea il paradosso: Quando considero la natura della compunzione, sono
colpito da stupore: come ci che chiamiamo afflizione e tristezza pu contenere nascosta, nel suo
seno, tanta gioia e allegria?.
Il fatto che la tristezza produca la gioia e la possibilit paradossale per questi due stati di
coesistere nell'anima, possono spiegarsi in molti modi.
Un'altra ragione che, al contrario della tristezza-passione che genera la disperazione, la
tristezza secondo Dio si accompagna alla speranza.
La gioia dello spirito che l'uomo sente non affatto paragonabile a quella che pu sentire
per ragioni mondane, ed essa si sostituisce nell'anima al piacere legato alle passioni. Si tratta in
questo, lo sottolineano i Padri, della vera gioia', di una gioia divina, della gioia nel Signore.
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L'ORGOGLIO
L'orgoglio appare la prima di tutte le passioni, che genera in primo luogo la vane gloria e
instaura, per questa ragione, con essa legami privilegiati e stretti.
Come la vane gloria, l'orgoglio comporta due forme o componenti.
credersi superiore agli altri uomini o quantomeno al tale o al talaltro di essi", ma anche nel
ricercare questa superiorit se non pensa gi di possederla.
In ogni caso, l'orgoglio consiste nell'esaltarsi
Esaltandosi, l'orgoglioso, corrispettivamente abbassa il suo prossimo.
da ci provengono la mania di giustificarsi, lo spirito di contraddizione (pur esse
caratteristiche di questa passione), nonch la volont d'insegnar e di comandare.
Tale passione si rivela anche in una certa aggressivit:
2) La seconda forma
Mentre la prima forma dell'orgoglio eleva l'uomo di fronte ai suoi simili,la seconda forma lo
eleva di fronte a Dio, lo erge contro di lui.
Voi diventerete come Dio. Immaginandosi di divenire Dio, perse la condizione che
possedeva, nota san Giovanni Crisostomo, il quale fa notare che questo stesso peccato si
perpetua in seguito all'influsso del diavolo in tutti gli uomini che adottano un atteggiamento
orgoglioso: Questo angelo orgoglioso li fa cadere poi nella stessa empiet ingannandoli con
l'illusione che essi diverranno simili a Dio.
L'orgoglio si presenta, dunque, come una negazione o un rifiuto di Dio, che talvolta pu,
come nel caso di Satana, assumere nell'uomo la forma di una rivolta aperta, ma si manifesta
molto spesso in modo meno eclatante come un rifiuto dell'aiuto divino e la presuntuosa fiducia
nelle proprie forze.
Vivere al di fuori di Dio, condurre un'esistenza totalmente autonoma, indipendente da lui e
affermarsi come unico principio e fine della propria esistenza, una manifestazione di questo
orgoglio fondamentale che perpetua il peccato ancestrale.
Di fronte a tutto ci che pu, secondo lui, rimettere in causa questa superiorit egli si
mostra aspro e aggressivo, volendo a ogni costo
proteggere l'immagine vantaggiosa che egli ha e vuole dare di se stesso.
Se disprezza il suo prossimo e lo sminuisce, anche perch nega Dio mettendosi al suo
posto, e per questo nega l'immagine di Dio nei suoi simili che fa di ciascuno un figlio di Dio in
potenza e gli conferisce per partecipazione la dignit e la superiorit di Dio stesso. E perch egli
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cessa di venerare il suo prossimo come essere a immagine di Dio, e dunque di venerare Dio in lui,
che egli portato, secondo le parole di san Doroteo, a non far caso di lui come se fosse un nulla.
L'UMILT
2. Le propriet del'umilt
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