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2 Di chi é il territori Per una geografia partecipativa cally Commo urTD (iui OyATTOe ob OM u TOD O OL) Mauro Pascolini* i poues Poe IMCL |. Le NUOVE “DIMENSIONI” DEL TERRITORIO In questi ultimi anni_un tema fondamentale del rapporto tra cittadini, comu- nita locali ed parte e territorio dall'altra ¢ quello di chi ha “voce in capitolo”, cioé di chi, in ultima analisi, pud € deve decidere sulle scelte di gestione e di governo che coinvolgono un territorio nei suoi aspetti multidimensionali e mul- tiscalari, Non & quindi banale porre Vinterros tivo: Di chi 2 il/un territorio? spe- cialmente quando questo assume p‘ caratteristiche proprie, per dimensione, per risorse un ruolo ed una valenza che dalla scala locale si amplia a una dimensione globale; basti pensare, ad esempio, al significato del riconoscimento di Patrimonio dell’ Umanita che Unesco, sulla base della Convenzione adotrata nel 1972! confe- tisce a specifici ambienti luoghi del pianeta. Di fatto, la dimensione patrimoniale * Universita degli Studi di Udine. : "La Convenzione sul Patrimonio Mondiale dell definisce non solo le modalita @’iscrizione alla Lista, ‘Umanita é stata adottata dall’ Unesco nel 1972 ima pure i criteti di riconoscimento che sa Pe ile Lista Patrimonio Mondiale? si dilata a dismisura investendo gli abitanti in prospettive inusuali e completamen. te diverse, anche in termini di responsabilitt, da quelle di essere proprietario di un fondo, di un edificio, di un bosco, di una porzione di territorio per assumere, superando la mera dimensione di proprieta, quella pitt complessa di vad al quale sono legati valori, tradizioni, risorse, culture materiali ¢ ieee " Ma questa nuova dimensione non pud € non deve essere applicata solamente a territori di serie A tutelati e comunemente riconosciuti come eccezionali, maa tut- tii territori, anche quelli che si possono definire di serie B, dove ane é Feast agire liberamente, senza limiti, alla stregua di qualunque prodotto da utilizzare ¢ consumare. Infatti, da tempo anche in ambito territoriale ¢ venuto consolidarsi tun orientamento, quello del marketing territoriale, che vede il territorio- came pro- dotto al quale poter applicare le regole tipiche del marketing (Coiro, 2005). Non solo in campo turistico, dove per la prima volta si sono attuate azioni di promo- tione, comunicazione ¢ valorizzazione per vendere il territorio a fine di svago e vacanza, ma sempre di pit nell'intento «di attrarre in una specifica area 0 territorio nuove attivita economiche e produttive, favorire To sviluppo delle imprese locali, promuovere un'immagine positivay (Texier ¢ Valle, 1992). In questa nuova di- mensione, fondamentali diventano da_un lato le risorse presenti ¢ dall’altro, sia gli attori, i protagonisti, i portatori di interesse, 0 stakeholder, interni ed esterni, sia le azioni che vengono messe in essere a seconda delle scelte pianificate nell’ambito di progetti di sviluppo, di azioni di governo, di utilizzo di risorse. Il territorio viene cosi ad assumere una dimensione multi-valoriale alimentata dalle visioni, dai concetti ¢ dagli obiettivi dei diversi interlocutor coinvolti nell’a-- zione di governance. Si hanno pertanto sistemi valoriali differenti € talvolta con- trapposti che possono enfatizzare, a seconda degli interessi, o la dimensione stretta- mente economica che considera il territorio alla stregua di un bene che pud essere venduto, comprato ¢ utilizzato; 0, invece, gli aspetti legati al patrimonio ambienta- le, a quello storico e culturale, al “senso” stesso che i luoghi esprimono per i singoli individui o per la comunita, 0 ancora alle motivazioni profonde dell’ appartenenza. Porre attenzione a queste dimensioni significa anche dotarsi di nuovi strumenti di indagine edi rappresentazioni che mettano in evidenza il complesso sistema di relazioni che costituiscono la trama profonda e lessenza stessa di un territorio. oe er a Sa ae sugli attori delle relazioni, su quei organizasione tertile, Ditto, fcende propataco deine ig eee el coupled dgligt saseee acendo proprio uno dei compiti fondamen- mpiati dalla geografia sociale, cosi come evidenziati nella definizione di geografia sociale, proposta da Schaffer nel 196 ieee eae za delle forme di organizvarion ar 968, che la esemplifica come «scien- funzioni elemencari tei ai Patent Processi spazialmente attivi delle Tra i molti filoni possibilt resi « t umane» (Maier e¢ al., 1983, p. 30). tere in luce le azioni spazialmente attive dei gruppi umani, ‘anto premesso, si intende soffermare l’at- in coerenza con qu: tenzione su una questione centrale, la quale sta assumendo particolare rilevanza ig quest limi tempi ay end al quesita di chi dil terrizorib>y0 meglio chi deve decidere € come fe il suo governo. Tematica questa prepotentemente entra- ta da provagonista neue politiche territoriali a partire dal consolidamento teorico 7 metodologico del concetto di sviluppo sostenibile declinato sopramurro ascala locale, che ha fatto proprio come metodo di azione quello, delle pratiche. del- ia partecipazione, della condivisione, dell’inclusione, basti pensare, ad esempio, glfesperienza rappresentata dalle Agende 21 locali. Limportanza della partecipazione come pratica territoriale si fatta sempre piu evidente per la crisi del modello della democrazia rappresentativa, che sta tvidenziando tutti i suoi limiti di fronte alle emergenze ambientali varie ¢ ad un iso del territorio figlio delle politiche sempre pid impattanti di infrastrutturazio- ne energetica € della mobilita, che sta favorendo l'azione diretta dei cittadini sia nella rivendicazione di partecipare alle scelte preliminari alle politiche territoriali, sia nella gestione diretta delle stesse. Partendo da queste considerazioni, vista la complessita ¢ l'ampiezza delle te- matiche sollevate, si porra P’attenzione solo su alcuni aspetti che rientrano a pieno titolo nelle tematiche e nei percorsi di ricerca sia della geografia umana in generale, sia pit: propriamente della geografia sociale, considerata, come indicava Daniela Lombardi nel suo volume Percorsi di geografia sociale, quando scriveva che «la ge- oerafia sociale vive nel mondo e per il mondo. Dunque, muta nel tempo i propri focus, ampliandoli o definendoli meglio, perché nel frattempo il mondo @ cam- biato. E nel fare questo cerca, ovviamente, i migliori strumenti interpretativi [...] dati i profondi mutamenti che hanno investito l'economia, la sociera, il territorio» (Lombardi, 2006, p. 120). Lintento non é quello di fare una trattazione esaustiva dei singoli temi indivi- dati, ma quello di proporre alcune chiavi interpretative, suggestioni e riflessioni nonché quello di stimolare nuove direzioni di ricerca, atte a sensibilizzare e pren- dere coscienza dell’importante compito che tutti sono chiamati quotidianamente a svolgere come “animali spaziali”, quello del Buon Governo del territorio dove ec- cezionalita deve essere normalita e dove la normalita va vissuta come eccezionalita. 2. IL ‘VALORE? DEI LUOGHI Luomo da sempre ha sentito il bisogno di rappresentare il luogo e quanto que- Sto esprime spinto dalla voglia di comunicare il proprio spazio vissuro; uno spazio “sultato dall’azione collettiva delle societa e dei gruppi umani. i oe ‘rama dove dar vita alle propric funzioni.clementari (il vivere, 'approv- i an tsi, Pabitare, ec.) si & fatto, col tempo, territorio, spazio » sociale ¢ relazio- le, dove gli clementi quantitativi si fondono a quelli qualitativi ¢ immateriali. Bienen one cato di una stratificazione stain 0 Segnato in profondita dal susseguirsi di civilta e di originali modelli di tiliz~ 20 di risorse caratteristiche delle diverse societa che si sono susseguite nella storia evolutiva dell’'umanitd. Al tempo stesso lo spazio, all’aumentare eae Q : luoghi, nei loro nomi, nel lor za, ¢ stato sempre meglio definito nelle forme de lean a a i Hettiva in significato simbolico, nel loro trasformarsi¢ iia ay individuale. L&spazidjdiventava cos}, ferritorig cil territorio diventava paesagg culturale, dove Fuomo tealizza il suo disegno esistenziale, il suo rogetto di vita, il suo legame profondo con la terra, con 1 faoghi con Ia storia che i luoghi por- tano come patrimonio. E un aspetto importante, questo, che merita una oe pacsapgio ® figlio del tempo, delle scelte politiche, economiche ed anche valoriali « ells sie che lo esprime, ¢ uno spazio in continua formazione, in continuo cambiamento. Ogni giorno, coscientemente 0 meno, vengono attivate scelte e comportamenti che generano paesaggio, ma spesso chi le attiva non se ne rende pienamente con- to e non lo vive come suo. Specie nei sistemi valoriali viene ricercato il paesaggio del passato e rifiutato quello della contemporaneita, prodotto in nome di un passato, legato, specie in Europa, ad una societ& rurale che non c’é piit. Inoltre, questa posizione @ continuamente alimentata dal fatto che lo spazio di oggi ancora profondamente intriso dei segni della storia ¢ delle civilta che si sono succedute’, sollecitando continuamente al ricordo del passato. Il sistema dei valori legati al territorio quindi non é solo figlio di fattori con- tingenti, ma si carica, in maniera significativa, del vissuto nelle sue diverse strati- ficazioni di una intera comunita e delle civiltd che le hanno precedute: un sistema di relazioni che da orizzontali si fanno sempre pitt verticali. Con un salto di pro- spettiva, non solo giocano un ruolo le grandi questioni che animano le politiche territoriali odierne (quella ambientale, quella dei modelli di sviluppo, quelle della complessa gestione multilivello delle infrastrutture, solo per ricordarne alcune), ma pure quelle figlie del complesso rapporto multidimensionale che lega 'uomo ai luoghi, segnato talvolta da profonde fratture, che enfatizzano e danno rilevan- za ad alcuni peculiari fattori. _ Questo rapporto con il passato, con le radici, con la memoria dei luoghi porta inevitabilmente a caricare di senso, di significato lo spazio ¢ i luoghi letti a diversa scala, Prende vita cosi un concetto nuovo di tetfitori i ala, Prende concetto nud 0, che non solo WTuogo in cui. si vive ¢ si lavora, ma che conserva la storia deg i uomini che lo hanno abi- taro ¢ trasformato ¢ dei segni che lo hanno caratterizzato’ Vi la Consapevolezza che il territorio, qualunque esso sia, contenga un patrimonio diffuso, ricco di dettagli ¢ soprattutto di una fittissima rete di rapporti e interrelazioni tra i tanti elementi che lo contraddistinguono. Memoria, appartenenza, senso dei luoghi si 2 Basti pensare ad esempio alla civilta di tarono con loro la grande trasformazion, di vastissime atee forestali sia in pianur: che in pochi decenni ha modificato r: Roma, o al petiodo medioevale ¢ rinascimentale che por- « del tertitorio europeo con la progressiva messa a cultura ’ che in montagna, o della stessa Rivoluzione industriale adicalmente il paesaggio urbano, mescolano per dare vita ad una dimensione valoriale del territorio che necessita di essere considerata, sia per essere strumento per la governance, sia per le azioni di pianificazione e trasformazione di cui é oggetto. Valori che una volta misurati, con strumenti di tipo qualitativo, vanno a co- stituire nuove tipologie di rappresentazione quali le carte dei valori o le mappe di comunit. Strumenti utili a rappresentare il patrimonio, il paesaggio, i saperi di una comunita e che rendono esplicito il modo con cui la stessa comunita vede, percepisce, attribuisce valore al proprio territorio, alle sue memorie, alle sue tra- sformazioni, alla sua contemporaneita. Le nuove tecnologie facilitano la costruzione di queste mappe* che non sono delle semplici rappresentazioni del territorio ma dei veri processi di ricostruzione della dimensione spaziale della comunita. La mappa come momento di raccolta, dielaborazione, di riflessione, di interiorizzazione, di patrimonializzazione dello spazio di riferimento in una visione multidimensionale ed in continuo cambia- mento e arricchimento°. Carte necessarie per individuare gli scenari futuri, i mo- delli di sviluppo, le potenzialita, i punti di forza e di debolezza di un territorio®. E allora sul tavolo delle politiche territoriali devono trovar posto il valore e il senso dei luoghi come parte integrante di un processo di pianificazione e gestione dello sviluppo locale con percorsi € processi di condivisione e partecipazione di tutti gli attori coinvolti. 3. PARTECIPAZIONE E DINTORNI Quando a Porto Alegre ¢ a Belo Horizonte alla fine degli anni "80 del secolo scorso vennero attivate le prime esperienze di partecipazione diretta dei Cittadinj alla cosa pubblica, con lo strumento del bilancio partecipativo, non c’era la con. sapevolezza che in breve tale approccio si sare be diffuso ra idamente non solo in Brasile, ma sarebbe diventato una dimensione operativa che avrebbe segnato in maniera determinante le politiche territoriali e i processi di Sovernance, diven- tando di fatto, in molte situazioni, non una scelta, ma un obbligo’. Oggi l’attenzione attorno ai processi partecipativi si focalizza su molteplici aspetti: alcuni di carattere prettamente teorico metodologico, altri sugli attori, sui decisori ¢ sui portatori d’interesse, altri ancora di natura pitt applicativa, fino ai molteplici ¢ variegati casi dove hanno trovato attuazione. In poco tempo il dibattito iniziale che era molto incentrato sulle tecniche e sulle metodiche dei processi, si é concentrato sulle nuove forme di democrazia diretta, in particolare sul passaggio dalla democrazia rappresentativa a quella partecipativa ¢ a quella deliberativa ¢di.come e quando applicarla. In Italia, 'introduzione delle pratiche partecipative é strettamente legata all’e- sperienza di Agenda 21 ¢ ai processi di sviluppo locale, che di fatto hanno costi- tuito la palestra dove la popolazione ha iniziato a confrontarsi con le procedure della partecipazione. Tali esperienze in particolare si sono dimostrate luoghi di animazione sociale; di diffusione di idee; di confronto tra decisori e popolazione;” di progettualita condivisa; di negoziazione tra diversi interessi. La Ppartecipazione~ cosi intesa @ stata, nella sua fase iniziale, un reale luogo di elaborazione e Tealiz- zazione di buone pratiche, una alternativa credibile : lle evidenti difficolt’ della democrazia rappresentativa® (Pascolini, 2008). Sul valore dei percorsi partecipativi e sulla loro attuazione c’8 ormai una vasta e consolidata letteratura, ma qui si vuole piuttosto sottolineare come tale espe- tienza sia servita, nonostante i limiti successivi’, a porre con forza il tema del coinvolgimento diretto dei cittadini nelle politiche territoriali. 11 passaggio alla democrazia deliberativa consiste nel superamento della mera di partecipazione, spesso ridotta alla sola informazione, per giungere attra- verso un dialogo pit stretto tra gli attori, comprensivo anche della delicata fase gi negoziazione, alla deliberazione vera € propria che prevede il trasferimento del rere decisionale dalle istituzioni ai cittadini. Si passa quindi attraverso diverse fasi!? che vedono aumentare Progressivamente il potere dei cittadini, da quella iniziale del solo informare alla successiva del consultare, per passare poi al coin- volgere ¢ al cooperare, per giungere alla fine alla fase del trasferimento del potere decisionale. I processi che portano alla fase finale sono complessi ed articolati, molto pitt strutturati di quelli semplicemente partecipativi ed implicano una continua ricerca di comunicazione, di consapevolezza, di dialogo per superare gli atteggiamenti di critica aprioristica, di generica e immotivata difesa preconcetta delle proprie posizioni individuali o di piccoli gruppi di interesse. Linclusione @ Paltro aspetto che contraddistingue la democrazia deliberativa e revede il coinvolgimento di tutti i soggerti della comunita nel processo di costru- zione della decisione finale, con particolare attenzione alle categorie di solito non protagoniste o di scarso potere. E questo un aspetto molto delicato del processo, in quanto implica la necessita di individuare con precisione i portatori di interesse cercando di non escludere nessuno'. Lo sforzo sta nel riuscire a costruire un grup- po di cittadini che assume le deliberazioni, rappresentativo dell intera comunita e quindi possa di fatto legittimare le decisioni prese, evitando i gruppi auto-proposti che rischiano di rappresentare solo alcuni segment della societa (Pascolini, 2011). E questa la situazione tipica che si riscontra in alcuni processi inerenti tema- tiche ambientali che vedono il coinvolgimento di gruppi pregiudizialmente ed ideologicamente gia fortemente orientati, che di fatto vanificano qualsiasi pro- cesso di negoziazione pitt articolata”. Uno dei casi pit: emblematici, in questa prospettiva, ¢ quello della Val Susa e del movimento No TAY, che ha posto all’attenzione generale il tema della re- alizzazione delle gtandi opere infrastrutturali’> ¢ dei diversi livelli di governance coinvolti, In particolare l’attraversamento ferroviario ad alta velocita della Val di Susa, una delle valli pitt estese ed importanti del Piemonte che collega Torino e la Pianura Padana con Lione e la valle del Rodano, ha dato vita ad un movimento di base, contrario alla realizzazione dell’opera, noto come No TAY, che é diventa- to icona dell’ opposizione alle grandi opere e al tempo stesso della problematicita della partecipazione dei cittadini alle scelte territoriali. Il movimento nato spontaneamente ha dato vita ad una opposizione, che po- teremmo definire a diversi livelli d’intensita, coinvolgendo sia le popolazioni locali che attivisti esterni ¢ arrivando da ultimo ad azioni di opposizione violenta. Le manifestazioni attuate in particolare a partire dal 2005, hanno posto all’attenzione pubblica nazionale ed internazionale la questione del ruolo dei cittadini e delle amministrazioni locali nei confronti di progetti deliberati in altre sedi. E questo il tipico caso che rende ineludibili la domanda di chi é il territorio?: dell’ Unione Euro- pea?, degli Stati nazionali2, delle Regioni?, dei Comuni? o delle popolazioni locali? In sintesi, questo nuovo modo di partecipare attivamente alla politica ma- nifesta significativi vantaggi che si possono riassumere: a) accrescimento della cultura civica; b) produzione di decisioni pit: razionali; c) maggiore legittimita delle decisioni; d) aumento delle probabilita di successo; ¢) gestione costruttiva dei conflitti, (Lewanski, 2007). 4. UN CASO ESEMPLARE: Dotomiti UNESCO Risulta utile, per concludere queste brevi riflessioni, cercare di dare una rispo- sta proponendo, in forma sintetica, un interessante caso di studio come quello del riconoscimento delle Dolomiti come Patrimonio dell’Umanita e delle im- plicanze che tale riconoscimento ha in termini di pattimonializzazione, valori, strategie e modelli di governance. Ma per chiarire meglio l’angolo di visuale pud essere utile riportare un breve passo della relazione che Marco Onida, nel suo ruolo di segretario generale della Convenzione delle Alpi, ha fatto in un recente convegno multidisciplinare che _ aveva il significativo titolo Di chi sono le Alpi? e come sottotitolo Appartenenze politiche, economiche e culturali nel mondo alpino contemporaneo"*, dove si ésplicita con chiarezza che: 2A TN la questione che si intende affrontare [...] & quella della Soemance delle Alpi: come fare per assicurare una buona gestione del territorio che facia coesiste- fe tutela dell’ambiente con economia, esigenze della popolazione residente con + sspettative del settore turistico, accessibilita e mobilita con la cons: “ani multiforme cultura alpina, produzione energetica con tutela degli con della del paesaggio. E non solo dal punto di vista ambientale, economica € sociale, specialmente in relazione al tema irrisolto dell’uso dell. risorse “alpine” (acqua, legname, territorio) del quale la popolazione che vi <, nelle Alpi oggi non necessariamente trae il giusto beneficio, anzi il piti delle sake ne paga solo il costo in termini di danni al territorio. E in questa accezione che possiamo parlare di “appartenenza” delle Alpi. [...] Alla domanda “di chi sono le Alpi?” andrebbe risposto “cosa possiamo fare per rendere pitt efficace e pit: equo il governo delle Alpi?” (Onida, 2012, pp. 21-22). i ecosistemi ¢ ma anche dell’equit Questa introduzione risulta utile per inquadrare nella giusta prospettiva il fatto che le popolazioni dolomitiche si sono trovate proiettate da una gestione locale del loro territorio ad una per conto dell’intera umanita da quando, nel giugno del 2009 le Dolomiti sono entrate a far parte, come bene naturale, del Patrimonio Mondiale dell’Umanit& dell’Unesco, in base ai criteri VII e VIII della Convenzione. Si tratta di un bene seriale che comprende nove siti territo- rialmente non contigui, ricadenti amministrativamente sotto cinque provincie e due regioni®, e diversificati tra loro per estensione e per alcune specifiche caratte- ristiche. I nove siti!” presentano inoltre, dal punto di vista del turismo, un grado di sviluppo molto diversificato tra essi: da aree famosissime, quali le Tre Cime di Lavaredo, la Marmolada, le Tofane, per citarne alcune, ad aree meno conosciute quali le Dolomiti Friulane caratterizzate da una forte rinaturalizzazione € da si- tuazioni di marginalita ed abbandono. Un bene cosi complesso ed articolato ha reso necessaria Pelaborazione di una strategia di governance innovativa e basata sulla collaborazione € condivisione delle conoscenze, delle informazioni e delle politiche attraverso una struttura ‘a rete’ tra le diverse amministrazioni pubbliche presenti sul territorio. I Piano di gestione ha come finalit)primaria la conservazione dell’integrita-del Patrimonio in relazione all’ eccezionalita paesaggistica, alla qualich dell ambiente ealle condi. zioni naturali; a questa si aggiungono altri obiettivi di natura pitt generale, col- legati al coinvolgimento e alla partecipazione delle popolazioni locali e degli abi- tanti delle vallate alpine in una prospettiva di sviluppo economico sostenibile'®, Il riconoscimento Unesco ha dat origine ad_un interessante dibattito che coinvolge l’intero territorio dolomitico al di la dei ristretti limiti che circoscrivo- no le aree del bene. Tema centrale é quello. del governo ¢ del modelo di svilup- po territoriale allargato a tutte le comunita dolomitiche e, data la notoriet\ del bene, anche ai portatori d’interesse esterni. Da qui la necessita di una profonda tiflessione sul ruolo degli attori, dei decisori degli stakeholder, dei pubblici di riferimento e sull’articolazione dei processi decisionali. In particolare va compreso il contributo che le nuove forme di democrazia diretta, partecipata o deliberativa, possono dare per mettere in essere le buone pratiche per una efficace gestione del territorio. La sfida © quella di costruire eee ae | C Z nuove progettualita attraverso_i percorsi partecipativi é deliberativi nei quali le comunita possono esprimere quella intelligenza e peculiarita che per lunghissimo tempo hanno permesso loro di operare con saggio equilibrio tra risorse naturali ed umane, nella direzione di una semplice necesita del “buon governare’ nella consapevolezza dell’importanza delle sfide future \\p as ow ohm ‘ pare E allora, in conclusione, é lecito porsi l’interrogativo: non solo di chi sono ke Alpi o le Dolomiti, ma di chi 2 il territorio? Al nostro quesito di partenza le molegg tisposte possibili possono aprire diversi e talvolta contrapposti percorst di gover- nance se il tertitorio & delle comunita locali, o dei turisti, o degli imprenditori, 0 dei pianificatori..., 0 ancora dell’ Umanit3? Poverta ed esclusione sociale: una ipotesi di lettura spaziale Andrea Guaran* .. non ci pud essere pace sulla terra finché ci sara un solo povero umiliato e offeso nel mondo. (David Maria Turoldo) 1. InrROpUZIONE la crisi economica _e sociale che a partire dal 2008 sta interessando svariate Tegioni del mondo, e in particolare il continente europeo, pone in maggior evi- denza il fenomeno della cosiddetta povertd, innescando iviebilnese anche Processi di temporanea o permanente esclusione sociale. Lanno 2011 ha visto as dell’ Unione Europea il coinvolgimento nella spirale del rischio po- i quasi centoventi milioni di persone, corrispondenti all’incirca al 24% del . . ‘Sine lla Popolazione complessiva, dato d’insieme che nascondeva da un lato situa- zioni molto gravi (Bulgaria ¢ Romania) e dall’altro Paesi con una percentuale di rischio tutto sommato abbastanza contenuta: Repubblica Ceca, Paesi Bassi ¢ Svezia (Eurostat, 2012). In ragione di tutto cid appare significativo prendere in considerazione il feno- meno della poverta, circoscrivendolo nei quadranti maggiormente fortunati de] Pianeta. Nel contesto di questo lavoro si @ deciso, infatti, di operare una scelta chiara: si prenderanno in esame le dinamiche, le manifestazioni e le «traiettorie di impoverimento» (Benassi, 2005, p. 9) alPinterno delle societa sommariamente definite riche, riservando una particolare attenzione alle forme alimentari e ma- teriali del fenomeno del depauperamento. Cercando di fornire una chiave interpretativa delle ragioni ¢ dei meccanismi del- la crisi, si pud ricorrere alla precisazione fornita da Luigi Campiglio, in apertura alla presentazione dei risultati della prima indagine sul territorio italiano riguardante la situazione della poverta alimentare. Questi, infatti, puntualizzava che: «Lo squili- brio artuale ¢ quello di un eccesso generalizzato di offerta nel mercato dei benie dei fattori produttivi, cio? un ristagno della domanda accompagnata da un aumento della disoccupazione ¢ un rallentamento o una riduzione nella crescita dei redditi delle famiglie» (Campiglio, 2009, p. 36), convogliando lattenzione sulle motiva- zioni prevalentemente di natura economica, data la forbice crescente tra offerta ¢ domanda, e identificando nella disoccupazione il fattore causale preminente. Cinque anni di crisi, senza ancora una prospettiva certa di risoluzione all’o- rizzonte, hanno accresciuto le sconfortanti esperienze di precarieta sul piano occupazionale ¢ a cascata hanno determinato numerose forme di prowvisorieta abitativa, di incertezza alimentare e giocoforza anche di problematicita affettiva ¢ relazionale. Si sta effettivamente verificando il paradosso del radicamento in contesti sociali in genere caratterizzati dall’abbondanza, quali quelli delle societa “opulente” dell’Occidente dell’Europa, di molteplici forme di scarsita (Campi- glio e Rovati, 2009). : Vale la pena rimarcare, inoltre, come i volti della poverta che in questi anni dipingono una condizione di benestare in parte incrinata nelle societa del mondo ricco, ingrossando le fasce degli indigenti e dei socialmente esclusi, siano non af- fatto paragonabili alla disastrosa situazione in cui versano centinaia di milioni di persone nelle regioni del Sud del pianeta, vivendo la condizione definita di pover- ta estrema. La consapevolezza di una indispensabile distinzione trai due aoar ni, per quanto per certi versi gli effetti sulle condizioni delle esistenze Pe : possano risultare a volte e in alcune circostanze anche abbastanza simil oe emergere con evidenza, pena il rischio di una lettura superficiale Tee complessi meccanismi che determinano i disequilibri ele iniquita ea scale geografiche contraddistinguono le relazioni internazionali*. Una volta definito che all’interno del contributo si privilegera analisi del fenomeno delle poverta nel cosiddetto mondo ricco, si opta per approfondire, interno di un quadro continentale ¢ soprattutto italiano, un caso di studio jocalmente situato nella regione Friuli Venezia Giulia, in un ambito territoriale che riunisce sete comuni della provincia di Pordenone’, Un'ultima considerazione di natura preliminare concerne Papproccio dell’a- jaiisi. La cornice disciplinare di riferimento & quella geografica, nello specifico ‘ grafico-sociale, per quanto si ritiene che un tema come quello della poverta comporti chiavi di lettura di interpretazione dovutamente trasversali, superan- do i pregiudizievoli e svantaggiosi diaframmi disciplinari. Tuttavia, il tentativo che si cerchera di proporre, sara quello che prospetta e sperimenta modelli e va- utazioni interpretative del fenomeno della poverta costruiti per quanto possibile sulla variabile dello spazio, categoria nodale anche nello sforzo di definire linee di intervento per contrastarlo il pitt efficacemente possibile. 2 Pp ; i 2, POVERTA ED ESCLUSIONE SOCIALE: NODI CONCETTUALI INTER COgeR Wi ue Il sociologo anglosassone Peter Townsend, negli anni ’70 del secolo scorso,” ‘i poneva alcuni fondamentali quesiti ai quali dovrebbe cercare di trovare ade- guate risposte chiunque oggi si ponga nelle condizioni di prendere in esame le Preoccupanti forme di deprivazione e di disagio sociale, che Possono essere espresse ricorrendo al multidimensionale e multiscalare concetto di poverta. Si domandava, infatti, quali fossero i bisogni da. considerare essenziali ¢ chi potesse definirli. E una volta precisati, si poneva ulteriori quesiti in relazione a come e ‘correndo a quali beni tali bisogni potessero essere soddisfatti, ammonendo sul carattere eccessivamente circoscritto € limitato del concetto di poverta assoluta, in quanto riconducibile unicamente alla disponibilita di beni alimentari di base, © all accesso ai servizi considerati indispensabili, non inquadrando e valutando ‘deguatamente il fenomeno della povert’ in un pitt articolato e complesso con- ‘sto ambientale di riferimento (Townsend, 1979). os Inoltre, ai precedenti interrogativi possono essere affiancate altre questioni: “Sie poveri di reddito e ricchezza o delle cose che il reddito e la ricchezza ci con- “entono di fare? Poveri rispetto ai soli aspetti materiall 0 anche alle possibilira di scegliere ¢ realizzare i propri obiettivi? Poveri, infine, se non si ha potere oppure se non si ¢ adeguatamente rappresentati?» (Istat, 2009, p. 13). Ouind, in relazio- ne alla natura e ai possibili significati della poverta ci si pud anche chiedere se essa debba essere giudicata «in termini di basso reddito (una carenza di risorse) oppu- | fe in termini di insufficiente liberta di condurre esistenze adeguate (una carenza \di capacita)» (Sen, 2007, p. 31). La ricerca delle possibili e pit idonee risposte a questi rilevanti interrogativi apre la discussione intorno alla complessa materia ri- guardante in prima istanza l'individuazione del fenomeno della poverta, a seguire Pelaborazione dei principi utili alla sua misurazione e la indispensabile operazio- ne di messa a punto delle tecniche pitt idonee per procedere effettivamente a tale valutazione quanti-qualitativa. In definitiva, si dimostra non agevole esprimere una valutazione di natura quantitativa — Quanti sono i poveri? — e nemmeno di tipo qualitati Quali sono i poveri? ~. Da un lato si deve procedere alla elaborazione del cosiddetto “paniere della poverta assoluta”* e conseguentemente al_processo_di identifica- zione delle soglie di poverta, al di sotto delle quali una persona o una famiglia sono considerate povere, dall’altro ci song i tentativi di predisposizione di svariati indici di deprivazione, ai fini della ricerca della misurazione della poverta rela- tiva’, quindi una modalita di valutazione opportunamente calata nel contesto territoriale di riferimento e costruita ricorrendo alla procedura comparativa (Mi- nerba, 2011), intendendo, pertanto, con l’espressione di povert’ relativa «l'inca- pacita di raggiungere uno standard minimo di vita dato il livello medio di ric- chezza del contesto in esame» (Benassi, 2005, p. 16). La deprivazione si presenta, tuttavia, come un concetto a pit dimensioni: alimentare e matetiale senz’altro, ma anche culturale (connessa al grado di istruzione’e ai livelli di scolarizzazio- ne) o legata alle'forme di inserimento lavorativo (nel caso il lavoro manchi si fa riferimento ad una forma di deprivazione concernente Tassenza delle cosiddette risorse di ‘potere’) o rapportata alla composizione del nucleo familiare, mettendo magari in luce situazioni di mancanza di adeguate forme di sostegno sociale, per non parlare degli asperti di natura psico-relazionale e di quelli riconducibili allo stato di salute. La ferma connie telco multidimensionale dei feno- meni di deprivazione ha condotto recentemente le Nazioni Unite, nell’ambito del suo ufficio per lo sviluppo, ad elaborare l'Indice multidimensionale di pover- 1a (Multidimensional Poverty Index) contemperando insieme ben dieci indicatori, aggregati in tre macro-ambiti: salute, educazione e standard di vita. ‘Tuttavia, & necessario procedere ad una attenta considerazione del contesto, fattore in assenza del quale si dimostra piti difficile cercare di assegnare una mi- sura alla poverta, valutando che la questione della inadeguatezza delle risorse indispensabili a garantire la conduzione di una vita dignitosa non pud non es- sere posta in connessione con le caratteristiche complessive del quadro sociale, cconomico e culturale, in definitiva del contesto territoriale in cui una perso- na risiede € opera’. In effetti, nella societa contemporanea «pud diventare un ‘nuovo povero’ chi ha in casa un malato cronico da curare; chi perde il lavoro a cinquant’anni per un’improwvisa crisi aziendale; chi, senza una pensione adegua- ta, si ritrova anziano senza parenti che lo sostengano; chi si trova ad affrontare separazioni matrimoniali e non riesce a mantenersi da solo» (Vittadini, 2009, p- 10), prospettando in definitiva una visione assai variegata e mutevole degli stati di deprivazione e di poverta. i poverta, facendo ri- Accanto all’individuazione ¢ allo studio delle situazioni corso agli indici, di poverra assolura o di poverta relativa, ¢ alla loro. comparazio- ne riferendosi a contesti regionali o nazionali differenti (Accolla e Rovati, 2009; European Union, 2010), & opportuno, per evitare i rischi cons iad una lettura cccessivamente statica, prendere in esame anche la variabile. ‘appresentata dalem- po per definire la durata dei processi, individuali ¢ familiari, di impoverimentor1l Parametro temporale, tuttavia, non deve rivestire unicamente una valenza in ter- mini di analisi diacronica del fenomeno della poverta in un determinato contesto territoriale, mettendo a confronto i dati sulPincidenza relativamente a due diversi momenti di rilevazione. La chiave temporale risulta_estremamente utile, invece, Pet cogliere realmente i percorsi ¢ di vita delle persone & delle Famiglie, tenendo ben presente che soprattutto nei contesti delle societa ricche non iste un limite netto tra poveri ¢ non poveri, «ma un’infinica di condizioni dai confini sempre pid labili», considerando che «le stesse persone [soggette ad un rischio di poverta alto] nel cor- So della loro vita attraversano condizioni di vita molto differenti» Giza, 2009, p.9). Una ultima precisazione concerne il onncen ee aso in me- tito alla sovrapponibilita del fenomeno della poverta con quello dell’esclusione sociale. Pur con la consapevolezza che le forme di poverta intensa e persistente” possano piii agevolmente sfociare in uno stato di esclusione sociale’, le due posi- zioni fotografano realta comunque differenti, valutando altres) che molto spesso le persone e soprattutto i gruppi familiari colpiti da fasi di impoverimento, so- prattutto se di natura transitoria, non risultano investiti anche da una condizione di esclusione sociale, perlomeno non grave e irreversibile nel caso essa sussista. 3. ANALISI SPAZIALE DEL FENOMENO DELLA POVERTA Procedere all’analisi_del_fenomeno della _poverta, indipendentemente dall’angolo visuale dell’approccio e dalle finaliti individuate, comporta neces- sariamente il coinvolgimento della dimensione spaziale. Banalmente i dati sul- la dimensione quantitativa del fenomeno comportano una loro contestualiz- zazione territoriale, alla quale é possibile eventualmente far seguire una analisi comparativa. I repertori statistici che affrontano, dal punto di vista numerico, la questione poverta, presa in esame nel suo profilo assoluto — nell’Europa comunitaria quasi 120.000.000 di persone a rischio poverta censite nel 2011, proponendo un esempio — 0 nel suo significato relativo — definendo I’inci- denza percentuale degli individui a rischio sulla popolazione complessiva di ciascun Paese o sul totale degli indigenti valutati a scala comunitaria —, for- niscono dati che sono comunque opportunamente riferiti a contesti geogra- ficamente delimitati. Ne @ una riprova illuminante, in ambito comunitario, Lattivita di elaborazione statistica e di ricerca condotta mediante il progetto EU-SILC, Statistics on Income and Living Conditions (Istat, 2008; Atkinson & Marlier, 2010)°. Inoltre, la multiscalarita geografica rappresenta una importante chiave intet- pretativa del fenomeno, proponendone una decifrazione arricchita dal contri- buto offerto dal fattore della scala territoriale. Questa, infatti, garantisce da un lato la valorizzazione nel processo di indagine delle categorie che possono essere definite relative ¢ dallaltro comporta un approccio diagnostico ancorato alle di- namiche strutturali dei territori interessati, attenuando il rischio di valutazioni eccessivamente generali, non in grado di leggere adeguatamente le specificita espresse dai differenti territori. . Anche l’impegno analitico costruito sulla ricerca qualitativa non pud prescin- dere dalla dimensione spaziale, che contorna e precisa i ruoli, le funzioni ¢ le ioni messe in campo dai diversi attori coinvolti dai fenomeni della poverta ¢ dell’esclusione sociale: i soggetti individuati come indigenti su un fronte, ma an- che sull’altro gli enti di ricerca, le associazioni di volontariato, le istituzioni pub- bliche ¢, in alcuni contesti, pure il mondo dell'imprenditoria privata sensibile ai cemi della solidarieta (Rimoldi e Blangiardo, 2009). Il caso di studio, che qui di seguito sara oggetto di sintetica illustrazione, vorrebbe rappresentare la riprova dell’importanza del fattore costituito dalla scala territoriale di analisi e del ruolo fondamentale che pud rivestire la componente dello spazio nell’opera di puntuale identificazione del fenomeno della poverta € nella predisposizione delle pitt idonee misure di contrasto. 4, LA POVERTA ALIMENTARE E MATERIALE NELL’AMBITO DISTRETTUALE DI Azzano DECIMO\(PN). UN MODELLO DI LETTURA SPAZIALE La logica del povero non ? la poverta 2 la condivisione, la comunione che moltiplica i beni ¢ fa si che nella indigenza e nel servizio di ciascuno verso ghi altri tutti siano liberi. (Raniero La Valle) Il progetto “La centrale dai e prendi. La solidarieta non scade anzi si alimen- tal”, gia delineato sinteticamente nella nota 2, si propone come obiettivo «Contenere e ridurre il numero di singoli e/o nuclei residenti presso lAmbito Distrettuale Sud 6.3 in stato di poverta alimentare, attraverso specifici interventi c/o misure — non meramente assistenziali e incardinate in un continuum d’a- “1oni tese all’inclusione sociale tout court — tesi a promuovere "empowerment del soggetto in stato di poverta ed emarginazione ¢ lo sviluppo di una comunita solidale ed inclusiva» (Ambito distrettuale Sud 6.3 — Azzano Decimo, 2010). In questa sede si desidera prendere in esame proprio gli aspetti riguardanti le forme della costruzione, pitt precisamente del consolidamento, di una comunita soli. dale, e offrire alcuni elementi di riflessione sulle caratteristiche e sulle dinamiche ‘Pazio-territoriali connesse a questo non affatto elementare ¢ lineare processo di definizione e co-costruzione di nuove identita sociali. Per prima cosa si ritiene indispensabile fornire alcuni utili elementi, irrinunciabi. liper companies il quadro eee di riferimento. LAmbito distrettuale eserci- tala sua competenza su sette territori comunali, interessando una p a m= plessiva superiore alle 61.000 unita nel 2011 e che ha visto nel ultimo f ‘ un trend in crescita (variazione media del 6%) decisamente superiore all andamento fegionale, aumento determinato in prevalenza dalPincremento della fascia dei mi- nori, in aggiunta a quello rappresentato dagli anziani oramai caratterizzante per le societa dell'Italia settentrionale, un aumento ascrivibile nel territorio di studio alla positvits di entrambi i saldi demografic, soprattutto di quello migratorio. I neona- ti da famiglie straniere forniscono sicuramente un | contributo significativo alla defi- nizione dei saldi naturali positivi, con un valore quasi del 30% nel corso dell’anno 2010, a fronte di un dato medio della regione Friuli Venezia Giulia attestato intorno al 17%, mantenendo ad un livello ancora contenuto Pindice di vecchiaia (115%), pitt di settanta punti percentuali al di sotto di quello medio regionale. La presenza straniera sembra assumere un ruolo di rilievo nella definizione del profilo demografico della popolazione dell’Ambito, contribuendo per oltre il 13%, cinque punti al di sopra del valore medio relativo all’intero territorio re- gionale, raggiungendo soglie molto elevate in ben tre dei sette territori comuhali, con punte decisamente significative, superiori al 20%. La composizione della componente non italiana risulta assai articolata: ad affiancare al vertice della clas- sifica le due tradizionali comunita europee dei romeni e degli albanesi ? presente una nutrita rappresentanza indiana e parecchi sono i cittadini provenienti dal —Ghana, a cui fanno seguito, in termini di mera consistenza numerica, marocchi- -ni, macedoni, ucraini ¢ varie altre comunita, anche se numericamente abbastanza contenute (Caritas Diocesana, 2010; Osservatorio provinciale sulle politiche so- ciali della Provincia di Pordenone, 2012). Una discreta vivacita demografica, come dai dati proposti si comprende, pre- supporrebbe un altrettanto vivace quadro economico locale. In effetti, i sette co- muni sono parte integrante del Nord-Est italiano e presentano un articolato tessuto di imprese industriali ¢ artigianali, legate ai comparti metalmeccanico e in parti- colare del mobile, affiancato da un significativo settore di servizi alle imprese e di strutture commerciali. Tuttavia, la crisi dell’ ultimo quinquennio ha incrinato, in alcuni comparti in maniera consistente, anche la presunta solidits del mondo sco- nomico di quest’ambito territoriale, andando ad accrescere sul terreno quanticativo esul piano dell’intensita il fenomeno della disoccupazione e della sottoccupazione, condizioni che possono Ptefigurare per alcune categorie sociali un reale rischio di poverimento € una ipotetica seria minaccia di esclusione sociale. Si consideri che le Cessazioni dei rapporti di lavoro sono risultate, in un paio delle annate pitt recenti, di quasi tre volte superiori al livello medio regionale, con punte rilevant Soprattutto nei comuni che rientrano nell’area distrettuale del mobile. a In questa fase di ctisi generalizzata e nel contesto socio-economico leet Presentato si inseriscono le scelte dei servizi sociali. Quelli di natura pubblica con. nuclei lari € C ront c | soggetti privati, invece affiancano alle operazioni in ris cach dt “on emergenza, anche azioni di sensibilizzazione sul terreno pitt propriamente cultura- |e, Lazione progettuale dell’Ambito distrettuale, che ha la pretesa di mettere insie- cretizzano i loro interventi in particolare con misure di sostegno al red, ito dei familiari e con azioni di pronto intervento dinanzi alla casistica piu me i diversi soggetti presenti sul territorio, pubblici e privati, vuole rappresentare una attivita strutturata su diversi assi di intervento, tra i quali uno specificatamente dedicato alla ricerca”, con lo scopo di porte per quanto possibile a sistema i contri buti di cutti gli attori al fine di essere in grado di prospettare soluzioni ragionevoli ¢ significativamente efficaci alla grave situazione economica e sociale maturatasi. Il primo obiettivo della ricerca ha riguardato lanalisi degli attori che sul_ter- ritorio dei sete comunt erano. gid da tempo attivi o avevano TManifestato Tinten- yione di rendersi operosi in riferimento alla elaborazione e alla realizzazione di misure sperimentali in tema di contrasto alla poverta, specificatamente di natura alimentare e materiale. Tra gli attori rientrano gli enti ubblici (le amministrazio- nidei comuni che costituiscono l’Ambito distrettuale, iI servizio sociale dei comu- nie la Provincia di Pordenone), i soggetti del _privato for profit (istituti bancari, aziende di produzione di alimenti e cooperative di consumo) e quelli non profit (associazioni di volontariato, di promozione sociale, generiche o di categoria, enti ecclesiastici, parrocchie e centri Caritas, cooperative sociali e un gruppo informale costituito dalle rete dei gruppi di acquisto solidale). La somministrazione di una articolata scheda di rilevazione, composta da tre sezioni, ha reso possibile la rac- colta di informazioni e dati riguardanti le attivita messe in campo da ciascun sog- getto allo scopo di fronteggiare il fenomeno della poverta alimentare e materiale c le diverse forme di esclusione sociale, in genere correlate ad esso. Una prima se- zione riguardaya il profilo dell’ organizzazione, identificandone la forma giuridica, la scala territoriale degli interventi e le principali forme di finanziamento a coper- tura e sostegno delle rispettive attivita; una seconda serie di domande é risultata efficace per indagare le azioni che ciascuna organizzazione conduce per ostacolare il crescente fenomeno della povert&, analizzandone le caratteristiche principali, le modalita organizzative, i destinatari, le fonti ¢ ammontare delle risorse finan- “arie utilizzate; infine, P'individuazione delle relazioni e delle collaborazioni che Clascun soggetto instaura e mantiene con altri attori intorno all’obiettivo comune di fronteggiare indigenza costituivano Pinteresse dell’ultima parte. n sia affatto semplice venire a conoscenza del numero preciso ai servizi erogati dalle strutture sottoposte ad indagi. sibili, sia in ragione della mancanza di una radj- tuale e della costante azione di monitoraggio e di aggiornamento, tuttavia il loro ammontare pud essere stimato, nonostante con un margine di approssimazione, intorno al 2% delle famiglie del territorio dell’ambito distrettuale. Dal momento che la misura della poverta assoluta nelle regioni italiane nord-orientali nel 2011 era calcolata su un valore del 3,8% (5,0% quella relativa), si pud rilevare che nell’area dei sete comuni presa in esame all'in- circa la met’ di coloro che sono considerati in condizioni di poverta assoluta" ol. trepassa la soglia psicologica, che funge sicuramente da Freno, € si rival geal ‘centri di distribuzione gratuita di beni alimentari e materiali 2 di erogazione di denaro. ‘Tra gli scopi prioritari della ricerca & presente anche il tentativo di far emerge- re i sistemi reticolari esistenti tra i soggetti che avevano adérito al progetto e tra questi ed alcre realea che con loro collaborano, cercando di mappare non tanto la distribuzione territoriale di ciascuna entita ma il complesso mosaico dei sistemi a rete di cui ogni soggetto rappresenta un nodo vitale e propulsore, individuando- ne anche il grado di intensita delle relazioni innescate. Un esempio in tal senso é risultata la decisione di investigare se anche sul territorio dei sette comuni che compongono |’Ambico si riscontrasse una fattiva collaborazione tra soggetti pro- fit e non profit, cost come si era evidenziato a scala nazionale in occasione della recente prima indagine sulla poverta alimentare. In quella occasione, infatti, era emerso che «L’elemento diretto pitt evidente attiene ovviamente alla relazione orizzontale, che connette le imprese della filiera agroalimentare e i soggetti di non profit diffusi a livello territoriale e attivi nell’ambito degli interventi caritatevoli di contrasto alla poverta. Si viene in sostanza a determinare un’inedita alleanza tra soggetti profit e non profit, [...]» (Pesenti, 2009, p. 97). La conoscenza degli attori che in modo continuativo sul territorio si confrontano sui temi della po- verta, cercando con differenti modalita di porvi rimedio, costituisce un risultato di rilievo; tuttavia, si evidenzia la necessita di rafforzare i legami identificati come tenui, instabili e inefficaci per giungere a pitt solidi sistemi a rete, affrontando limportante sfida che risiede proprio nella volonta e nella capacit2 di consolidare le relazioni esistenti e di tesserne delle nuove, affinché I’azione di contrasto fenomeno in ascesa e sempre pitt sfaccettato della poverta possa risultare concre- tamente piil efficace e risolutiva. Possono qui essere ricordati alcuni degli esiti emersi dall’indagine, da assumere come clementi e spunti di riflessione nel quadro di una valutazione che desidera contraddistinguersi per il rilievo assegnato alle categorie dell’analisi spaziale Nonostante no: delle persone che accedono a ne, sia perché si tratta di dati sen cata cultura della registrazione pun fenomeno della poverta ¢ soprattutto delle azioni per contrastarla. Per prim: g risultato con una certa evidenza il carattere localistico della Goes zi fae «ori indagati, sia in termini di ubicazione della sede centrale e delle eventual, sedi periferiche operative, che della sfera di azione di ciascuno, in alcuni casi solamente a scala comunale o subcomunale (borgo o frazione), risultando poco significativa Viniziativa su scala di ambito distrettuale. Si valuta, invece, assai positivamente Lopportunita di rafforzare lintegrazione le sinergie a livello di distretto, ad esem- pio attraverso una specializzazione delle attivita messe in campo, finalizzata in par- ticolare alla promozione di risposte pitt puntuali ed efficaci. Inoltre, 2 auspicabile la presenza effettiva e attiva di organizzazioni che si collocano su comuni esterni al territorio considerato in quanto potrebbe fornire un contributo determinante, suggerendo le proprie buone prassi nonché permettendo ai soggetti locali di ag- ganciarsi a reti pitt lunghe, ampie e con ogni probabilica pit incisive. Un altro aspetto estremamente interessante, sul quale gia ci si @ soffermati, concerne la trama delle reti di azione, nel campo in particolare degli intervent_ di sostegno sociale e di solidarieta, ma anche per quanto riguarda le attivita di natura educativa e informativa, legate a funzioni di sensibilizzazione ¢ di orien- tamento ai servizi esistenti,.qlere al sostegno alle capacita individuali per fronteg- giare le crisi economiche attraverso azioni di accompagnamento e tutoraggio. Le schematizzazioni grafiche (Figg. 1 ¢ 2) illustrano i legami che pongono in con- nessione tra di loro le organizzazioni intervistate (Ego) con gli altri soggetti da \ esse indicati (Alters), disegnando cost una rete pit ricca ¢ articolata, con casi di | ae | | Fig. 1 ~Rete organizzativa dei soggctti: visualizzazions dei.nodi. Con il triangolo sono indicati gli attori intervistati, con il quadrato pitt scuro quelli segnalati, con il quadrato pitt chiaro le entita multiple indicate (Elaborazione dell’Osservatorio provinciale delle Politiche sociali della Provincia di Pordenone). Diereene sin wom an | : Fig, 2 Reve organizzativa dei soggeti: visualizzazione per grado dei nodi. Lintensita del colore grigio ¢ la grandezza del quadrato codificano il grado di connettivita del nodo (Elaborazione dell’ Osservatorio provinciale delle Politiche sociali della Provincia di Pordenone), parrocchiale di Prata di Pordenone ~ ceniralitd dei nodi, quest ultimi espressi dalle due tipologie di soggetti considerati, e due microreti che enfatizzano in modo emblematico il fenomeno di spiccato localismo gia rilevato, nel caso degli ambiti territoriali di Zoppola e di Fiume Veneto (Fig. 1). Tsoggetti Ego e Alters, inoltre, possono essere identificati pure per il loro grado di connettivit’, ovvero per il numero di legami che sono in grado di allacciare ¢ di mantenere in vita; in sostanza su uno stesso nodo incidono normalmente pit connessioni relazionali. Dal momento che il legame considerato’é di natura bidi- rezionale, non si distingue tra legami in entrata (quando un soggetto, identificato come.nodo, ¢ segnalato da un altro che lo ritiene un importante partner) o in usci- ta (quando il soggetto nodo ne segnala un altro con il quale intrattiene relazioni). Particolarmente intensa si manifesta, ad esempio, la connessione tra la Caritas dio- cesana ¢ i cinque Servizi Sociali dei comuni della provincia di Pordenone (Fig. 2). Dalle informazioni ricavate emergono rapporti, da parte dei soggetti del- la rete, con parecchie realta, pubbliche e del terzo settore, non coinvolte dal Progetto coordinato dal Servizio Sociale dei comuni dell’ Ambito distrettuale, dimostrando un quadro territoriale abbastanza dinamico e che probabilmente deve essere ancora esplorato nelle sue multiformi modalit& espressive ¢ nelle a effettive potenzialita. I] tischio, infatti, é che la scarsa.o incom. inami ome ito possa delle dinamiche della solidatiet® che caratterizzano il tertitorio dell! Ambite Pella condizionare limpegno dell'intera comunit’ nel Fonte ae eee Fronteggiare 1 tenon eno Foverta, nelle sue forme pitt tradizionali e soprattutto in quelle nud delineate e, come tali, di pid difficile riconoscimento. maggiore — la Caritas diocesana in particolare — 0 minore ~ ad esempio la Caritas 5, CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE all vero indigente alimentare non é solo quello che non ha il pane: é colui che non riesce a migliorare la propria condizione» (Vittadini, 2009, p. 10). Aven- do come costante monito queste parole ed elevando su un piano pit: generale lazione di ricerca condotta nel quadro della progettualita di contrasto alla po- verta alimentare e materiale realizzata nell’ambito distrettuale preso in esame si sottolinea come sia fondamentale, oltre a garantire il pane a chi non se lo pud permettere, anche il conseguimento di un disegno complessivo ben piielevato, anche se forse si trata solamente di una chimera. II disegno pud distinguersi in due mete, di elevato livello e sicuramente non agevoli da conseguire. Per prima cosa risulta fondamentale tradurre, anche attraverso gli atti formali, la volonra_ comune di fare squadra, stringendo e arricchendo le maglie delle reti, per dare risposte adeguate ai problemi. Inoltre, appare determinante la convinzione che pure attraverso le forme e i modi, e non solo mediante i meri_atti, € possibi le favorire un fondamentale processo culturale, contraddistinto dal, passaggio dalla cultura della dipendenza, da parte della persona indigente 0 com: i difficolta, e dell’azione caritatevole come offerta di una rispost: ultur invece promuove il riscatto individuale e collettivo, mettendo in atto le condi- zioni affinché i percorsi di affrancamento siano effettivamente ricercati, costruiti e frutto di azioni consapevoli’. Tali condizioni non possono che scaturire da rinnoyate politiche di contrasto alla poverta ¢ all’esclusione, frutto di un maggior allineamento tra azione pubblica e attivismo privato, del terzo settore in parti- colare, avendo ben chiare le problematiche che le societa della disuguaglianza e dello spreco pongono. —~"> Sse Ted caps Cal tfe_

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