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Osservazione a pi lunghezze d'onda

Immagine composita che mostra la radiogalassia Centaurus A nei raggi X,


nell'infrarosso a 24 m e nelle onde radio.

Dopo la scoperta, nei primi decenni del XX secolo, che le cosiddette nebulose
spiraliformi erano entit distinte (chiamate galassie o universi-isola) dalla Via
Lattea, si sono condotte numerose osservazioni volte a studiare tali oggetti,
principalmente alle lunghezze d'onda della luce visibile. Il picco di radiazione di
gran parte delle stelle, infatti, ricade entro questo range; pertanto
l'osservazione delle stelle che formano le galassie costituiva la quasi totalit
dell'astronomia ottica. Alle lunghezze d'onda del visibile possibile osservare in
maniera ottimale le regioni HII (costituite da gas ionizzato), allo scopo di
esaminare la distribuzione delle polveri all'interno dei bracci delle galassie a
spirale.

La polvere cosmica, presente nel mezzo interstellare, per opaca alla luce
visibile, mentre risulta gi pi trasparente all'infrarosso lontano, utilizzato per
osservare nel dettaglio le regioni interne delle nubi molecolari giganti, sede di
intensa formazione stellare, ed i centri galattici.[17] Gli infrarossi sono anche
utilizzati per osservare le galassie pi lontane, che mostrano un alto spostamento
verso il rosso; esse ci appaiono come dovevano presentarsi poco dopo la loro
formazione, nei primi stadi dell'evoluzione dell'Universo. Tuttavia, poich il
vapore acqueo e il diossido di carbonio della nostra atmosfera assorbono una parte
rilevante della porzione utile dello spettro infrarosso, per le osservazioni
nell'infrarosso sono usati solamente telescopi ad alta quota o in orbita nello
spazio.

Il primo studio sulle galassie, in particolare su quelle attive, non basato sulle
frequenze del visibile fu condotto tramite le radiofrequenze; l'atmosfera infatti
quasi totalmente trasparente alle onde radio di frequenza compresa fra 5 MHz e 30
GHz (la ionosfera blocca i segnali al di sotto di questa fascia).[18] Grandi
radiointerferometri sono stati usati per mappare i getti emessi dai nuclei delle
galassie attive. I radiotelescopi sono in grado di osservare l'idrogeno neutro,
includendo, potenzialmente, anche la materia non ionizzata dell'Universo
primordiale collassata in seguito nelle galassie.[19]

I telescopi a raggi X e ad ultravioletti possono inoltre osservare fenomeni


galattici altamente energetici. Un intenso brillamento (flare) agli ultravioletti
fu osservato nel 2006 mentre una stella di una galassia distante era catturata dal
forte campo gravitazionale di un buco nero.[20] La distribuzione del gas caldo
negli ammassi galattici pu essere mappata attraverso i raggi X; infine,
l'esistenza dei buchi neri supermassicci nei nuclei delle galassie fu confermata
proprio attraverso l'astronomia a raggi X.[21]

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