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Capitolo 21

Metodo agli elementi niti

21.1 Formulazione variazionale di un problema a


valori al bordo
21.1.1 Funzioni assolutamente continue
Il metodo agli elementi niti fu proposto in un lavoro di Courant del 1943 sebbene
lorigine del metodo si puo far risalire ad un primo lavoro di Galerkin nel 1915.
Negli anni 50 il metodo fu riscoperto dagli ingegneri1 ed un decennio piu tardi
inizio unanalisi matematica del metodo.
Invece che le dierenze nite, che cercano di approssimare la soluzione analitica
(incognita) di unequazione dierenziale in un numero nito di punti selezionati,
il metodo agli elementi niti approssima la soluzione analitica con una funzione
polinomiale a tratti denita su tutto il dominio. Ad esempio nel caso di un problema
dierenziale ordinario del secondo ordine a valori al bordo, il piu semplice metodo
agli elementi niti usa per approssimare la funzione analitica la funzione spline
lineare denita nellintervallo.
Per trattare il metodo agli elementi niti si richiama la denizione di funzione
assolutamente continua su un intervallo chiuso e limitato [a, b]:
Denizione. Una funzione v : [a, b] R R si dice assolutamente continua
su [a, b] se e continua, derivabile con derivata prima limitata
|v (x)| M

Ad esempio, sono funzioni assolutamente continue la funzioni di C 1 ([a, b]) e funzioni


v(x) = |x c| con c (a, b); non sono funzioni assolutamente continue le funzioni
v(x) = x2/3 in [a, a] e v(x) = tan(x) per x [0, ].
Si indica con V lo spazio delle funzioni assolutamente continue in [a, b]. In partico-
lare indichiamo con VE lo spazio delle funzioni assolutamente continue in [a, b] tali
che v(a) = e v(b) = con i valori e reali e non entrambi nulli; si indica con
V0 lo spazio delle funzioni assolutamente continue in [a, b] tali che v(a) = v(b) = 0.
Si possono dimostrare le seguenti aermazioni:
se v(x) e un polinomio allora e una funzione assolutamente continua;
se v(x) e una funzione di Lipschitz allora e una assolutamente continua;
se u e v sono funzioni assolutamente continue allora tali lo sono anche le funzioni
|v|, cv, (con c costante reale), u + v, uv, u/v (con v = 0).
1 Si veda

Zienkiewicz O.C.: The Finite Element Method in Engineering Science, McGrawHill, London, 1971.

325
326 CAPITOLO 21. METODO AGLI ELEMENTI FINITI

21.1.2 Principi di RayleighRitz e Galerkin


Il principio di RayleighRitz converte un problema a valori al bordo in un problema
di minimizzazione di un funzionale quadratico denito su uno spazio di funzioni.
Si consideri il seguente funzionale J : V R
b
1 b
J (u) = [(x)u (x) + q(x)u(x) ]dx
2 2
f (x)u(x)dx
2 a a

dove u V , C 1 ([a, b]) con (x) > 0, q C([a, b]) con q(x) 0 ed f
funzione continua in [a, b].2
Si consideri il seguente problema variazionale, detto principio di RayleighRitz
trovare u VE tale che J (u ) = minuVE J (u) (21.1)

Si osserva che il funzionale J (u) e strettamente convesso, ammette allora ununica


la soluzione in ogni sottoinsieme convesso e chiuso di VE .
Per semplicita di notazione si denisce
b
A(v, w) = [(x)v (x)w (x) + q(x)v(x)w(x)]dx (21.2)
a

allora il funzionale J (u) si puo scrivere


1
J (u) = A(u, u) < f, u >
2
Il funzionale A(v, w) : V V R e bilineare, ovvero
A(1 v1 + 2 v2 , w) = 1 A(v1 , w) + 2 A(v2 , w) 1 , 2 R, v1 , v2 , w V
A(v, 1 w1 + 2 w2 ) = 1 A(v, w1 ) + 2 A(v, w2 ) 1 , 2 R, v, w1 , w2 V
se inoltre A e simmetrico
A(v, w) = A(w, v) v, w V
Il seguente risultato fornisce una caratterizzazione equivalente del principio di Rayleigh
Ritz.
Sia A il funzionale bilineare simmetrico denito in (21.2), una funzione
u VE minimizza J (u) su VE se e solo se
A(u , v) =< f, v > v V0 (21.3)
Lidentita (21.3) e nota come principio di Galerkin o anche come equazione di
EuleroLagrange per la minimizzazione del problema (21.1).
Dimostrazione. Supponiamo che u VE minimizzi J (u) per ogni funzione u VE ;
ovvero J (u ) J (u). Si nota che la funzione u + v appartiene a VE per ogni
valore di reale e ogni funzione v V0 . Dunque J (u ) J (u + v). Allora
1
J (u + v) = A(u + v, u + v) < f, u + v >
2
1
= [A(u , u + v) + A(v, u + v)] < f, u + v >
2
1
= [A(u , u ) + A(u , v) + A(v, u ) + 2 A(v, v)] < f, u > < f, v >
2
1
= [A(u , u ) + 2A(u , v) + 2 A(v, v)] < f, u > < f, v >
2
1
= J (u ) + [A(u , v) < f, v >] + 2 A(v, v)
2
2 Si possono considerare anche funzioni , q e f continue a tratti con (x) > 0 e q(x) 0.
21.1. FORMULAZIONE VARIAZIONALE DI UN PROBLEMA A VALORI AL BORDO 327

Si ha che il termine
1
[A(u , v) < f, v >] + 2 A(v, v) 0
2
poiche u minimizza J (u); cio implica

1
2 A(v, v) [A(u , v) < f, v >] (21.4)
2
Se > 0, dividendo per il termine (21.4) si ha

1
A(v, v) [A(u , v) < f, v >]
2
e passando al limite per tendente a zero,

0 [A(u , v) < f, v >]

Se < 0, dividendo per il termine (21.4) si ha

1
A(v, v) [A(u , v) < f, v >]
2
e passando al limite per tendente a zero,

0 [A(u , v) < f, v >]

dunque
A(u , v) < f, v >= 0
Viceversa, se u VE ed e tale che A(u , v) =< f, v > per ogni funzione v V0
allora per ogni valore del parametro reale si ha
1
J (u + v) = J (u ) + [A(u , v) < f, v >] + 2 A(v, v)
2
1
= J (u ) + 2 A(v, v)
2
ma 12 2 A(v, v) 0 con le ipotesi sulle funzioni (x) e q(x), (x) > 0 e
q(x) 0. Dunque J (u + v) J (u ).

Si analizza ora, una relazione tra (21.3) e il problema dierenziale del secondo ordine
con condizioni al bordo di Dirichlet
{
L(u) = f x (a, b)
(21.5)
u(a) = u(b) =

dove loperatore dierenziale L(u) = (u ) + qu con C 1 ([a, b]) con (x)


> 0, q C([a, b]) con q(x) 0 ed f funzione continua o continua a tratti in [a, b].

Si denisce V 1 lo spazio delle funzioni che hanno la derivata prima asso-


lutamente continua, i.e., v V 1 e tale che |v (x)| M .

Si nota che una funzione continua con derivate prima e seconda continua appartiene
allo spazio di funzioni V 1 .

Si fornisce la seguente denizione di soluzione debole del problema (21.5).


328 CAPITOLO 21. METODO AGLI ELEMENTI FINITI

Denizione. Una funzione u VE soddisfacente il principio di Galerkin (21.3) e


detta soluzione debole del problema (21.5) ed il principio di Galerkin (21.3) e
detto formulazione debole del problema dierenziale (21.5).

Supponiamo che u V 1 VE sia soluzione di (21.5). Moltiplichiamo lequazione di


(21.5) per una funzione v V0 ed integrando si ha
b b b
(u ) v dx + q u v dx = f v dx v V0
a a a

Integrando per parti si ottiene



b b b
(x)u (x)v(x) x=b
x=a + u v dx + q u v dx = f v dx
a a a

e poiche la funzione v e nulla agli estremi, lespressione diventa


b b b
u v dx + q u v dx = f v dx
a a a

ovvero
A(u, v) =< f, v > v V0
Si e provato dunque il seguente risultato:
se u V 1 VE e una soluzione del problema a valori al bordo (21.5), allora
u e una soluzione debole dello stesso problema, ovvero

A(u, v) =< f, v > v V0

Limplicazione opposta, cioe che una soluzione debole u V appartenga a V 1 VE


non e in generale vera a meno di introdurre ulteriori ipotesi di regolarita sulla
soluzione debole.
Vale il seguente risultato:

il problema ai valori al bordo (21.5) possiede ununica soluzione debole u


V.
Dimostrazione. Si dimostra per assurdo. Supponiamo che u V e u V siano due
soluzioni deboli di (21.5). Allora u u V0 e

A(u u, v) = A(u, v) A(u, v) =< f, v > < f, v >= 0 v V0

In particolare
A(u u, u u) = 0
Poiche (x) > 0 e q(x) 0 x [a, b], si ha
b b
A(v, v) = [((x)v (x)2 + q(x)v(x)2 ] dx |v |2 dx
a a

Scegliendo v = u u si ha
b
0 = A(u u, u u) |(u u) |2 dx
a

e poiche la funzione uu e assolutamente continua in [a, b] e (uu)(a) = (uu)(b) =


0, cio implica u = u.
21.2. METODO AGLI ELEMENTI FINITI 329

21.2 Metodo agli elementi niti


Il metodo agli elementi niti si basa sulla costruzione di una soluzione uN del minimo
di J rispetto alle funzioni di un sottoinsieme SE di dimensione nita di VE .3
Un modo per costruire lo spazio di funzioni SE e quello di scegliere una funzione
VE , ad esempio

(x) = (x a) +
ba
ed un insieme nito di funzioni linearmente indipendenti {j }, j = 1, ..., N 1,
(N 2) con j V0 ; allora si denisce


N 1
SE = {uN VE : uN (x) = (x) + j j (x) j R}
j=1

Si puo scrivere il principio di RayleighRitz per funzioni di SE (Ritz, 1908)

trovare uN SE tale che J (uN ) = minuN SE J (uN ) (21.6)


e provare un risultato analogo per il caso di dimensione nita.
Sia A il funzionale bilineare simmetrico denito in (21.2), una funzione
uN SE minimizza J (uN ) su SE se e solo se

A(uN , vN ) =< f, vN > vN S0 (21.7)

con

N 1
S0 = {vN V0 : vN (x) = j j (x) j R}
j=1

Il problema (21.7) puo essere pensato come unapprossimazione del principio di


Galerkin (21.3) ed e noto come metodo di Galerkin o metodo di RitzGalerkin;
analogamente (21.6) e detto metodo di RayleighRitz o metodo di Ritz.
In analogia al caso continuo, si puo provare il seguente risultato per il caso di
dimensione nita.4
Esiste ed e unica la funzione uN SE che minimizza J (uN ) per uN SE ;
tale funzione e detta approssimazione di Ritz a u (soluzione di (21.1)).
Equivalentemente, esiste ununica funzione uN SE che soddisfa (21.7);
tale approssimazione e detta approssimazione di Galerkin a u (solu-
zione di (21.3)).
Le approssimazioni di Ritz e di Galerkin coincidono.

Le funzioni i , i = 1, ..., N 1, sono dette funzioni di base di Galerkin. Poiche


ogni funzione vN S0 puo essere rappresentata come combinazione lineare di
funzioni di base di Galerkin, per uN SE vale

A(uN , i ) =< f, i > i = 1, ..., N 1 (21.8)

e

N 1
uN (x) = (x) + j j (x) (21.9)
j=1

3 Sesi considera, come supposto, che SE VE allora gli elementi niti sono detti conformi.
4 Per la dimostrazione si veda p. 393 in Suli e Mayers (2003):
Suli E., Mayers D.F.: An Introduction to Numerical Analysis, Cambridge University Press, Cambridge, 2003.
330 CAPITOLO 21. METODO AGLI ELEMENTI FINITI

dove i coecienti j , j = 1, ..., N 1, sono da determinare.


Sostituendo lespressione di uN (x) in (21.9) nella formula (21.8) si ottiene


N 1
A( + j j , i ) =< f, i > i = 1, ..., N 1
j=1

da cui

N 1
A(, i ) + j A(j , i ) =< f, i > i = 1, ..., N 1
j=1

dunque

N 1
j A(j , i ) =< f, i > A(, i ) i = 1, ..., N 1
j=1

ovvero il sistema
K = b
dove = (1 , ..., N 1 )T e la matrice K e il vettore b hanno elementi
kij = A(j , i ) i = 1, ..., N 1; j = 1, ..., N 1 (21.10)
bi = < f, i > A(, i ) i = 1, ..., N 1 (21.11)
La matrice K e simmetrica (poiche loperatore bilineare A(v, w) e simmetrico) ed
e denita positiva in quanto per ogni vettore z non nullo si ha che5
z T Kz = A(vN , vN ) > 0
N 1
con vN (x) = i=1 zi i (x), vN S0 .
Si considerano come funzioni di Galerkin j , j = 1, ..., N 1, le Bspline lineari.
Si partiziona lintervallo [a, b] in N sottointervalli [xi1 , xi ], i = 1, ..., N , con a = x0
e b = xN . Gli N + 1 punti della partizione xi , i = 0, ..., N , sono detti punti della
griglia o nodi mentre gli N intervalli [xi1 , xi ], i = 1, ..., N , sono detti elementi
(da qui il nome di elementi niti).
Le N 1 funzioni Bspline lineari sono funzioni lineari a tratti e sono denite nel
modo seguente

(x xi1 )/(xi xi1 ) per xi1 x xi
i (x) = (x xi+1 )/(xi xi+1 ) per xi x xi+1

0 per x xi1 ; x xi+1
5 Si ha

A(1 , 1 ) A(2 , 1 ) ... A(N 1 , 1 ) z1
A(1 , 2 ) A(2 , 2 ) ... A(N 1 , 2 ) z2

z T Kz = (z1 , z2 , ..., zN 1 )T . . .
.. .. ..
A(1 , N 1 ) A(2 , N 1 ) ... A(N 1 , N 1 ) zN 1

N 1
N 1
N 1
= z1 zj A(j , 1 ) + z2 zj A(j , 2 ) + ... + zN 1 zj A(j , N 1 )
j=1 j=1 j=1


N 1
N 1
N 1
= A(zj j , z1 1 ) + A(zj j , z2 2 ) + ... + A(zj j , zN 1 N 1 )
j=1 j=1 j=1


N 1
N 1
N 1
= A( zj j , z1 1 ) + A( zj j , z2 2 ) + ... + A( zj j , zN 1 N 1 )
j=1 j=1 j=1


N 1
N 1
= A( zj j , zi i ) = A(vN , vN )
j=1 i=1
21.2. METODO AGLI ELEMENTI FINITI 331

Lintervallo [xi1 , xi+1 ] e detto supporto. La Bspline e nulla fuori dal supporto.
Si nota come le funzioni Bspline sono nulle nei nodi ad eccezione del nodo indiciz-
zato come la funzione stessa in cui vale 1; cioe
{
1 se i = j
i (xj ) =
0 se i = j
Con la scelta delle funzioni B-spline lineari come base di Galerkin la matrice K e
una matrice tridiagonale simmetrica. Lelemento kij = 0 in (21.10) per j = i 1,
j = i, j = i + 1, ha espressione
b
kij = A(j , i ) = [ j i + q j i ]dx
a

e puo essere visto come la somma di due termini


b b
kij = j i dx + q j i dx
a a

Dunque la matrice K si puo scrivere come la somma di due matrici K1 e K2 , la


prima di elementi
b
j i dx
a
e detta matrice di rigidezza (stiness matrix), la seconda di elementi
b
q j i dx
a

e detta matrice della massa (mass matrix).


I termini kij sono molto semplici; i termini i (x) e j (x) sono lineari a tratti e i (x)
e j (x) sono costanti a tratti. E possibile calcolare questi integrali analiticamente
ma in generale e necessario usare formule di integrazione numerica.
Nella riga iesima di K sono presenti i termini
xi xi

kii1 = i1 i dx + q i1 i dx
xi1 xi1
xi+1 xi+1
kii = (i )2 dx + q (i )2 dx
xi1 xi1
xi+1 xi+1
kii+1 = i+1 i dx + q i+1 i dx
xi xi

Se si usano certe formule di integrazione numerica per il calcolo degli integrali in


kij si ottengono sistemi di equazioni lineari come quelli ottenuti nel metodo alle
dierenze nite.
Ad esempio, supponiamo che i nodi xi siano tra loro equidistanti e sia h la distanza
tra due nodi, i.e., xi = a + ih, i = 0, ..., N e h = (b a)/N .
Le funzioni i1 , i e i+1 e le loro derivate, rispettivamente agli intervalli [xi1 , xi ],
[xi1 , xi+1 ] e [xi , xi+1 ] hanno espressione
i1 (x) = h1 (x xi ) = i1 (x) = h1

1
h (x xi1 ) per xi1 x xi 1
h per xi1 x xi
i (x) = = i (x) =

h1 (x xi+1 ) per xi x xi+1 h1 per xi x xi+1

i+1 (x) = h1 (x xi ) = i+1 (x) = 1


h
332 CAPITOLO 21. METODO AGLI ELEMENTI FINITI

Per approssimare lintegrale nellespressione di kii1 si applica la formula del punto


di mezzo al primo termine e la formula dei trapezi al secondo termine; si ottiene
dunque6
1 h 1
kii1 = (xi h/2)h+[q(xi )i1 (xi )i (xi )+q(xi1 )i1 (xi1 )i (xi1 )] = (xi h/2)
h2 2 h
Procedendo in modo analogo si trova
1
kii = [(xi h/2) + (xi + h/2)] + q(xi )h
h
1
kii+1 = (xi + h/2)
h
Si osserva che la matrice di rigidezza e una matrice tridiagonale simmetrica mentre
la matrice della massa e una matrice diagonale positiva.

La funzione (x) introdotta nella denizione dello spazio SE per assicurare che
uN (x) soddis le condizioni al bordo uN (a) = e uN (b) = puo avere unespres-
sione
(x) = 0 (x) + N (x)
e (a) = e (b) = .
La componente bi del termine noto in (21.11) per i = 1, ..., N 1, e composta da
due termini < f, i > e A(, i ). Per il primo termine, approssimando lintegrale
con la formula dei trapezi, si ottiene
b xi+1 xi xi+1
< f, i > = f i dx = f i dx = f i dx + f i dx
a xi1 xi1 xi
h h
= [f (xi )i (xi ) + f (xi1 )i (xi1 )] + [f (xi+1 )i (xi+1 ) + f (xi )i (xi )] = hf (xi )
2 2
Il secondo termine si scrive
b b
A(, i ) = i dx + q i dx
a a

e
A(, i ) = 0 per i = 2, ..., N 2
Applicando la formula del punto di mezzo per il primo addendo e la formula dei
trapezi per il secondo addendo di A(, i ) con i = 1 si ottiene
x1 x1

A(, 1 ) = 1 dx + q 1 dx
x0 x0
1 1 h
= (x0 + h/2)h ( ) + [q(x1 )1 (x1 )(x1 ) + q(x0 )1 (x0 )(x0 )]
h h 2

= (x0 + h/2)
h
Ugualmente si calcola
xN xN
A(, N 1 ) = N 1 dx + q N 1 dx
xN 1 xN 1

= (xN h/2)
h
6 un errore dellordine di h2 . Per semplicita si continuera a chiamare kii1 lapprossimazione dellintegrale
xi Si commette
dx + xi
x
i1 i x q i1 i dx.
i1 i1
21.3. COMPLEMENTI AL CAPITOLO 333

Si nota che dallespressione di uN (x) in (21.9)


N 1
uN (x) = (x) + j j (x)
j=1

poiche per le funzioni di base j (xk ) sono nulle o valgono 1 se j e diverso o uguale
a k 7 e (xk ) = 0 per k = 1, ..., N 1, allora i coecienti j coincidono con i valori
di uN (x), i.e.,
uN (xj ) = j j = 1, ..., N 1,

21.3 Complementi al Capitolo


21.3.1 Analisi dellerrore per il metodo agli elementi niti
Si riporta un risultato fondamentale sullerrore della soluzione calcolata con il
metodo agli elementi niti.

Lemma di Cea. Supponiamo che


u VE minimizzi J (u) per u VE oppure soddis A(u , v) =< f, v > per
ogni v V0 ;
uN SE minimizzi J (uN ) per uN SE oppure soddis A(uN , vN ) =< f, vN >
per ogni vN S0 ;
allora
A(u uN , vN ) = 0 (21.12)
e8
A(u uN , u uN ) = min A(u uN , u uN ) (21.13)
uN SE

La formula (21.12) mostra che u uN e ortogonale allo spazio S0 . Infatti data una
qualsiasi funzione (x) VE , la mappa

RN : V0 S0

che associa la funzione u V0 alla funzione uN S0 e una proiezione ed


e detta proiettore di Ritz.
Se si denisce la norma energia di una funzione v V0 come

vA = A(v, v)

allora la (21.13) diventa

u uN A = min u uN A
uN SE

Una questione rilevante e che lerrore u uN dipende dallampiezza h (massima)


della griglia del dominio [a, b].

Si consideri il problema
{
(u ) + pu + qu = f x [a, b]
u(a) = u(b) =
7 Funzioni di base di Galerkin che godono di questa proprieta sui nodi si dicono funzioni di base nodali.
8 Per una dimostrazione si veda e.g., p. 398 in Suli e Mayers (2003).
334 CAPITOLO 21. METODO AGLI ELEMENTI FINITI

ovvero L(u) = f con L(u) = (u ) + pu + qu. Le funzioni e p sono funzioni di


classe C 1 ([a, b]), q C([a, b]) ed f e una funzione continua.9 Inoltre, (x) > 0
e invece dellipotesi q(x) 0 si suppone q(x) 21 p (x) > 0.10
Loperatore bilineare associato e
b
A(v, w) = [v w + pv w + qvw] dx
a

Si nota che A(v, w) = A(w, v), loperatore bilineare non e simmetrico e dunque non
esiste lequivalenza tra il principio di Galerkin e quello di RayleighRitz.
La formulazione debole e

trovare u VE tale che A(u , v) =< f, v > v V0

Il metodo di Galerkin diventa

trovare uN SE tale che A(uN , vN ) =< f, vN > vN S0

che diventa il sistema di ordine N 1

K = b
11
In questo caso la matrice K non e simmetrica ed ha elementi come in (21.10); il
vettore b ha elementi come in (21.11). La matrice K e non singolare.12

Si pone hi = xi xi1 , i = 1, ..., N . Si denisce il residuo del metodo agli elementi


niti
R(uN ) = f L(uN )
ovvero

R(uN )(x) = f (x) [((x)uN (x) ) + p(x)uN (x) + q(x)uN (x)]
9 Si possono considerare anche funzioni , p, q ed f continue a tratti; inoltre si suppone che il prodotto u sia una

funzione continua e derivabile.


10 Si puo rilassare la condizione di positivita della costante assumendo che > dove e il piu piccolo autovalore
1 1
(positivo) del problema agli autovalori di SturmLiouville (u ) = u per x [a, b] e u(a) = u(b) = 0.
11 Si puo facilmente vedere che, approssimando i termini
xi xi+1 xi+1
p i1 i dx p i i dx p i+1 i dx
xi1 xi1 xi

con la formula dei trapezi, si ottengono


1 p(xi )
kii1 = (xi h/2)
h 2
1
kii = [(xi h/2) + (xi + h/2)] + q(xi )h
h
1 p(xi )
kii+1 = (xi + h/2) +
h 2
12 La matrice K e non singolare; infatti se K fosse singolare esisterebbe un vettore = 0 per cui K = 0 e quindi
1
T K = 0. Allora esisterebbe in V0 un elemento v(x) = N i=1 i i (x) per cui


N 1
N 1
N 1 N
1
A(v, v) = A( i i , j j ) = A(i , j ) = T K = 0
i=1 j=1 i=1 j=1

Ma dalle condizioni sulle funzioni ,p e q si puo provare che loperatore bilineare A(v, w) e coercitivo, i.e., esiste una costante
positiva tale che per ogni v V0 si ha
A(v, v) v2 = A(v, v) > 0
Dunque, da A(v, v) = 0 conseguirebbe v = 0 e quindi = 0 poiche le funzioni {j (x)}, j = 1, ..., N 1 sono linearmente
indipendenti.
21.3. COMPLEMENTI AL CAPITOLO 335

e xi
R(uN )(x)2hi = R(uN )(x)2 dx
xi1

Ricordando che la norma innito per funzioni f continue e denite sullintervallo


[a, b] dellasse reale e data da

f = max |f (x)|
axb

e posto
[ ]
1 1 2 1/2
K = 1+ ( + p + q + p )
2
min{ , }
K
K0 =
2
si puo mostrare che13

N
u uN K0 ( h4i R(uN )(x)2hi )1/2
i=1

Questa maggiorazione permette di calcolare una soluzione uN in modo da soddisfare


una tolleranza pressata sullerrore. Infatti, se si vuole calcolare una soluzione uN
approssimazione di u a meno di una tolleranza pressata , ovvero

u uN

si rana la partizione {x0 , ..., xN } dellintervallo [a, b], i.e., N aumenta e h =


max1iN |hi | tende a 0, nche


N
K0 ( h4i R(uN )(x)2hi )1/2
i=1

ovvero che in ogni intervallo hi soddis


( )2
1
h4i R(uN )(x)2hi
N K0
Questo procedimento di ranamento della griglia per il calcolo di una soluzione uN
vicina alla soluzione u , a meno della tolleranza e detta analisi a posteriori
dellerrore.

Una generalizzazione del metodo di Galerkin e il metodo di PetrovGalerkin


nel quale si scelgono due basi {i (x)} e {i (x)}, i = 1, ..., N 1, rispettivamente
di due sottospazi V0 e W0 di dimensione N . Si determina la soluzione


N 1
uN (x) = (x) + j j (x)
j=1

con 1 , ..., N 1 soluzioni del sistema


N 1
A( + j j , i ) =< f, i > i = 1, ..., N 1
j=1

13 Si veda 14.5 in Suli e Mayers (2003).


336 CAPITOLO 21. METODO AGLI ELEMENTI FINITI

Le classi di funzioni di base di Galerkin possono essere suddivise in due categorie


generali: funzioni di base indipendenti dalla dimensione e funzioni di base dipendenti
dalla dimensione.
La proprieta caratterizzante le funzioni di base indipendenti dalla dimensione e
che nel passare dalla dimensione N a N + 1 si aggiunge semplicemente una nuova
funzione N (x) alla vecchia base {(x), 1 (x), ..., N 1 (x)}.
Nel caso di funzioni di base dipendenti dalla dimensione si sostituisce il vecchio
insieme di N funzioni di base con un nuovo insieme di N + 1 funzioni linearmente
indipendenti.
Quando nella prima classe di funzioni di base si usano i polinomi algebrici o trigo-
nometrici deniti su tutto linsieme [a, b] il metodo di Galerkin diventa il metodo
spettrale.
Se, come visto, si usano come funzioni di base i polinomi a tratti, queste funzioni
sono appartenenti alla seconda classe, il metodo di Galerkin e il metodo agli elementi
niti.

21.3.2 Metodo agli elementi niti per lequazione di Laplace


Si considera lequazione di Laplace denita sul dominio regolare a cui rimangono
associate le condizioni di Dirichlet sul bordo

u = f (x, y)
(21.14)

u = g (x, y)

con f funzione continua o continua a tratti ed u assolutamente continua rispetto


alle variabili indipendenti x ed y, ovvero |ux | M1 e |uy | M2 nei punti di .
Sia VE lo spazio delle funzioni assolutamente continue in x ed y che valgono g su
, i.e., u = g per (x, y) . La soluzione u del problema (21.14) appartiene allo
spazio di funzioni VE .
Sia V0 lo spazio delle funzioni assolutamente continue in x ed y e nulle sul bordo .
Il primo teorema di Green14 esprime lintegrazione per parti a due dimensioni che
per il problema (21.14) diventa

u
u v dx dy = v ds + (ux vx + uy vy ) dx dy
n

dove dx dy indica lelemento di area in R2 , ds indica lelemento di lunghezza dellarco


lungo ;15 v V0 .
Poiche la funzione v e nulla sul bordo si ha

u v dx dy = (ux vx + uy vy ) dx dy

Procedendo come per il caso monodimensionale si deniscono gli spazi SE ed S0 ; la


soluzione debole uN SE del problema (21.14) si calcola con il metodo di Galerkin,
ovvero soddisfa lequazione

A(uN , vN ) =< f, vN > vN S0


14 Si
veda e.g., p. 556
Courant R., John F.: Introduction to Calculus and Analysis, Volume II, John Wiley & Sons, New York, 1974.

15 Si ricorda che la normale e orientata verso lesterno del dominio e si percorre il bordo tenendo la regione sulla

sinistra.
21.3. COMPLEMENTI AL CAPITOLO 337

con
A(v, w) = (wx vx + wy vy ) dx dy

Esprimendo la soluzione uN come combinazione lineare di una funzione VE che


tiene conto delle condizioni di Dirichlet al bordo e di una base di funzioni {j (x, y)},
j = 1, ..., N 1, i.e.,


N 1
uN (x, y) = (x, y) + j j (x, y)
j=1

i coecienti 1 , ..., N 1 sono determinati come soluzioni del sistema lineare alge-
brico di ordine N 1


N 1
A( + j j , i ) =< f, i > i = 1, ..., N 1
j=1

ovvero
K = b
con la matrice K di elementi dati dalla formula (21.10) e il vettore b di componenti
come in (21.11).

Per semplicita si suppone che sia una poligonale ed un dominio poligonale. Si


introduce su una triangolazione per cui

= T1 T2 ... Tr

ove i triangoli Tl , detti elementi, l = 1, ..., r, non si sovrappongono e sono tali che
nessun vertice di un triangolo giace allinterno del lato di un altro triangolo.
Si considerano le funzioni di base di Galerkin i (x, y) nel modo seguente. In corri-
spondenza dei nodi interni Pi di , i = 1, ..., N 1, la funzione di base di Galerkin
i (x, y) e tale che vale 1 in Pi = (xi , yi ) e vale zero in corrispondenza di tutti gli
altri nodi di (si veda gura).
Se consideriamo il generico triangolo Tl di vertici Pi = (xi , yi ), Pj = (xj , yj ) e
Pk = (xk , yk ), la funzione i ha espressione
( ) ( )
y yk x xj yi yk xi xj
i (x, y) = 1 / 1
yj yk xk xj yj yk xk xj

La funzione i e una funzione diversa da zero sul suo supporto e nulla in punti non
appartenenti al suo supporto. Il supporto di i e costituito dai triangoli che hanno
il nodo Pi come vertice comune. Una base di funzioni cos scelta, ovvero di funzioni
i , i = 1, ..., N 1 tali che i (xj , yj ) e zero o uno se i = j o se i = j e detta base
nodale.
La funzione i (x, y) e chiamata anche funzione di forma.

Si osserva che gli elementi kij della matrice K sono calcolati come somma dei
contributi dei dierenti triangoli. Infatti, posto
( )
i j i j
Al (j , i ) = + dx dy
Tl x x y y

si ha

r
A(j , i ) = Al (j , i )
l=1
338 CAPITOLO 21. METODO AGLI ELEMENTI FINITI

Questa tecnica di calcolo della matrice K si chiama assemblaggio della matrice.


In una particolare variante del metodo di Gauss per risolvere il sistema K =
b, denominata metodo frontale (Irons, 1970), lassemblaggio della matrice e il
procedimento di eliminazione di Gauss sono eettuati contemporaneamente.16

Ogni triangolo Tl , l = 1, ..., r, e rappresentabile dal triangolo standard T i cui vertici


sono P1 , P2 e P3 ; la funzione di forma uN (x, y) per (x, y) T ha espressione

uN (x, y) = 1 1 (x, y) + 2 2 (x, y) + 3 3 (x, y)

dove, poiche la base di Galerkin scelta e nodale, si ha i = uN (Pi ), i = 1, ..., 3. La


funzione uN (x, y) e descritta da 3 gradi di liberta, ovvero e un polinomio di grado
n = 1 in x ed y. In generale si puo allora scrivere la soluzione uN (x, y) per i punti
(x, y) appartenenti al triangolo standard T come polinomio di primo grado

uN (x, y) = p1 (x, y) = a00 + a10 x + a01 y

dove {1, x, y} e la base per il generico polinomio di primo grado p1 (x, y) nelle
variabili x, y. In questo caso si hanno gli elementi niti lineari.
Se si vuole costruire una soluzione uN (x, y) che sia un polinomio di secondo grado
n = 2 in ogni triangolo (ma comunque solo continua su ) mantenendo la base
nodale di Galerkin (lineare), si devono introdurre in ogni triangolo altri 3 punti ed
avere cos 6 gradi di liberta. Infatti per il triangolo standard si ha

uN (x, y) = p2 (x, y) = a00 + a10 x + a01 y + a11 xy + a20 x2 + a02 y 2

La soluzione uN (x, y) sarebbe univocamente determinata su T se si conoscessero i


valori della soluzione nei vertici Pi , i = 1, ..., 3, e nei punti P12 , P23 , P13 appartenenti
rispettivamente ai lati che congiungono i vertici P1 P2 , P2 P3 e P1 P3 . Cioe

uN (Pi ) = i uN (Pij ) = ij con i = 1, ..., 3, j = 1, ..., 3 e i<j

Si puo provare (p. 72 in Johnson (1987)) che usando la base nodale di Galerkin,
ovvero le funzioni i (x, y) valutate esclusivamente nei punti Pi , la funzione uN (x, y)
per (x, y) appartenenti ad ogni triangolo Tl , l = 1, ..., r, e dunque rappresentabile
mediante il triangolo standard, ha espressione

3
3
uN (x, y) = uN (Pi )i (x, y)[2i (x, y) 1] + 4 uN (Pij )i (x, y)j (x, y)
i=1 i,j=1i<j

Si hanno cos gli elementi niti quadratici.


Si nota che lequazione, per ogni funzione vN S0

A(uN , vN ) =< f, vN >

diventa

r
Al (uN , vN ) =< f, vN >
l=1
ovvero per gli elementi niti quadratici

r
Al ( + i i [2i 1] + 4 ij i j , vN ) =< f, vN >
l=1 i i,j i<j

veda e.g., 6.5 in Johnson (1987):


16 Si

Johnson C.: Numerical Solution of Partial Dierential Equations by the Finite Element Method, Cambridge University
Press, Cambridge, 1987 (ripubblicato da Dover Publ. Inc., New York, 2009).
21.3. COMPLEMENTI AL CAPITOLO 339

dove gli indici i e j seguono la numerazione dei vertici di ogni triangolo Tl .


Per rendere quadrato il sistema si devono considerare tante funzioni vN V0 quante
sono le incognite i e ij .

Si nota che la matrice K dipende dalla disposizione dei triangoli (si veda gura) ed
e una matrice a banda.

21.3.3 Elementi di Courant

Si riporta nel seguito la costruzione della matrice K degli elementi niti relativa al
problema (21.14)

u = f (x, y)

u = g (x, y)

dove si considera il dominio quadrato e g = 0.


Se consideriamo gli elementi di Courant (1943) si partiziona il dominio in triangoli
rettangoli con cateti di uguale lunghezza h. I vertici sono numerati in modo lessi-
cograco per righe; si suppone che vi siano M vertici per ogni riga (vedi gura).
I triangoli si numerano nel modo seguente: il primo triangolo e quello in basso a
sinistra, il secondo e quello che ha lipotenusa in comune con il primo; il terzo e
quello a destra del secondo e che ha con questo il cateto verticale in comune; il
quarto ha lipotenusa in comune con il terzo e cos via no alla ne della prima la.
Lelemento M + 3 e quello che ha il cateto orizzontale in comune con il secondo
elemento e si procede nella numerazione degli elementi della seconda la come per
la prima.
Per semplicita ci riferiamo ad un generico nodo. Sia C il nodo generico e si denotano
i nodi vicini di C come N , S, E, O, SE, SO, N E e N O come in gura.
Sia C la funzione nodale che vale 1 nel punto C. Si numerano da 1 ad 8 gli elementi
interessati dal nodo C.
Per il calcolo delle derivate di C (x, y) rispetto ad x ed y si considerano le dierenze
in avanti; ad esempio per la derivata rispetto ad x che interessa lelemento 1 e 8 si
ha
C C (E) C (C) 01 1
(x, y) = = =
x h h h

Si ha allora la seguente tabella:

num. elemento 1 2 3 4 5 6 7 8

C
x (x, y) h1 0 1
h 0 0 1
h 0 h1

C
y (x, y) h1 0 0 h1 0 1
h
1
h 0

Si tiene conto che larea di ciascun triangolo e data da h2 /2. Gli integrali che
intervengono nel calcolo degli elementi della matrice K sono approssimati dai valori
(approssimati) delle derivate per larea di ogni triangolo.
340 CAPITOLO 21. METODO AGLI ELEMENTI FINITI

Gli elementi della matrice K non nulli relativi alla riga corrispondente a vN = C
sono17 18
[ ]
C C
A(C , C ) = (x, y)2 + (x, y)2 dx dy
18 x y

2 h2 h2 1 h2 1 h2 h2 2 h2
= 2
+ 0 + 2
+ 2
+ 0 + 2
+
|h {z2} 2
|{z} |h {z2} |h {z2} 2
|{z} |h {z2}
triangolo 1 triangolo 2 triangolo 3 triangolo 4 triangolo 5 triangolo 6
1 h2 1 h2
+ 2
+ 2
|h {z2} |h {z2}
triangolo 7 triangolo 8

= 4
[ ]
C N C N
A(N , C ) = (x, y) (x, y) + (x, y) (x, y) dx dy = 1
1+4 x x y y
[ ]
C S C S
A(S , C ) = (x, y) (x, y) + (x, y) (x, y) dx dy = 1
6+7 x x y y
[ ]
C E C E
A(E , C ) = (x, y) (x, y) + (x, y) (x, y) dx dy = 1
1+8 x x y y
[ ]
C O C O
A(O , C ) = (x, y) (x, y) + (x, y) (x, y) dx dy = 1
3+6 x x y y

Poiche i nodi sono ordinati in modo lessicograco per righe, la matrice K e una
matrice tridiagonale a blocchi con M blocchi diagonali che sono sottomatrici tri-
diagonali di ordine M e con i blocchi sopra e sotto diagonali che sono sottomatrici
diagonali di ordine M .
Ad esempio, per M = 4 la matrice K ha la forma

4 1 1
1 4 1 1

1 4 1 1

1 4 1

1 4 1 1

1 1 4 1 1

1 1 4 1 1

1 1 4 1
K=
1 4 1 1

1 1 4 1 1

1 1 4 1 1

1 1 4 1

1 4 1

1 1 4 1
1 1 4 1
1 1 4

Si osserva che questa discretizzazione del problema (21.14) coincide con la discretiz-
zazione, dello stesso problema, mediante le dierenze nite con la formula a cinque
punti.

17 Si
nota che, ad esempio, la funzione nodale N (x, y) vale 1 in corrisondenza del nodo N .
18 Peril calcolo degli elementi della matrice K si continua ad usare, per semplicita, il segno di uguaglianza anche se il
termine a destra del segno uguale e una approssimazione dellintegrale.
21.3. COMPLEMENTI AL CAPITOLO 341
342 CAPITOLO 21. METODO AGLI ELEMENTI FINITI
21.3. COMPLEMENTI AL CAPITOLO 343
344 CAPITOLO 21. METODO AGLI ELEMENTI FINITI

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