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Initia Rerum. Sobre el concepto del origen en el mundo antiguo. Mlaga, Spicum 2006.

Le origini della citt nel Vicino Oriente


antico. Tra archeologia e mitologia

Paolo Xella
CNR. Roma

Tra i grandi momenti storici che hanno conferito alla nostra civilt
la sua configurazione attuale, sono soprattutto da segnalare le due grandi
fasi designate con il nome di rivoluzione: la rivoluzione neolitica e
la rivoluzione urbana.
Durante la prima (10.000-6.000 ca. a.C.) luomo supera lo stadio
del semplice sfruttamento naturale attraverso caccia, pesca e raccolta,
applica e affina le tecniche della coltivazione e dellallevamento del
bestiame, costruisce e vive in dimore pi confortevoli, che costituiscono
piccole comunit di villaggio.
La c.d. rivoluzione urbana (definizione dovuta a G. Childe), a
partire dallet del Bronzo (3.500 a.C.), vede costituirsi insediamenti pi
estesi e complessi del villaggio, che meritano ormai la qualifica di citt.
Questo stato possibile grazie al controllo della produzione alimentare
(con le tecniche di irrigazione), allimmagazzinamento delle eccedenze,
alla loro redistribuzione ad opera di un centro organizzativo che, sotto
diverse forme (tempio, palazzo) rappresenta il nucleo e il cuore pulsante
della citt. Tale processo implica esigenze di calcolo e registrazione
attraverso la scrittura.
Una volta giunto a tale stadio, luomo produce una cultura e
unideologia di tipo nuovo, in armonia con i mutamenti e il nuovo as-
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setto socio-economico. La nascita e lo sviluppo del modello cittadino,


tuttavia, non soppianter mai del tutto nel Vicino Oriente le comunit di
villaggio, che condurranno unesistenza-satellite rispetto ai centri urbani:
centri produttivi a livello agro-pastorale, esse tenderanno alla semplice
auto-riproduzione. In questo contesto, un ruolo rilevante avranno sempre
le genti seminomadi (transumanti) ad economia soprattutto pastorale,
portatrici di tradizioni culturali proprie: esse intratterranno con i centri
urbani un rapporto interattivo dai complessi risvolti ideologici e socio-
economici.
La nascita di societ urbane complesse nelle piane alluvionali
della bassa Mesopotamia e, quasi contemporaneamente, nella valle del
Nilo, un fenomeno che si pu considerare molto recente nella storia
umana. Da quando appaiono le prime citt sono trascorsi, calcolando a
ritroso da oggi, solo 5000 anni, appena 200 generazioni. In questarco
di tempo dimensioni, strutture e funzioni dei centri urbani hanno cono
sciuto trasformazioni radicali e variazioni di dettaglio, ma il principio
organizzativo di base che ha ispirato la vita delle comunit rimasto
fondamentalmente lo stesso. Certo, si deve segnalare un forte scarto tra le
esperienze urbane del Vicino Oriente pre-classico (e del mondo miceneo)
e il fenomeno greco della polis. Qui, cancellata limpronta teocratica e
scomparsa lautorit regia, la convivenza si fonda su un patto liberamente
stretto tra cittadini autonomi, uguali nei diritti e nei doveri, unanimi nel
porre la legge al posto dellantico re depositario di ogni potere e diritto:
si instaura cos un nuovo tipo di rapporto col divino, in armonia con le
trasformazioni che accompagnano questo modello urbano, direttamente
decisivo per la cultura occidentale.
Anche cos, tra le citt vicino-orientali e le poleis vi sono fon-
damentali affinit: comuni fondamenti organizzativi, stesse esigenze
di funzionamento economico e di articolazione sociale. Sono proprio
tali principi ispiratori comuni che ci consentono un discorso compa-
rativo sullideologia religiosa che accompagna le origini della citt.
Alle pi antiche citt sumeriche come alle poleis infatti comune una
stessa forma religiosa, classificabile unitariamente dal punto di vista
funzionale: il politeismo. In questa sede, vorrei proporre una riflessione
sulle connotazioni sacre nel senso pi generico di questo termine
che caratterizzano le origini della citt e la citt stessa, intesa come
modello insuperabile, voluto e creato dalle divinit. Il discorso presenta
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un interesse specifico perch il Vicino Oriente antico dimostra unanima


dimorfica a livello culturale. Mentre le fonti (archeologiche e epigra-
fiche, che provengono da contesti urbani) magnificano i valori di questa
civilt, larea in questione stata anche culla di una cultura diversa e
spesso alternativa a quella urbana, cio quella dei seminomadi. E una
cultura legata a valori specifici quali la famiglia, il clan e i relativi vincoli
di parentela, e non gi a un particolare territorio. Un modello sociale
diverso da quello urbano, che invece si lega per sempre a un territorio
spazialmente e culturalmente definito come quello della citt. I due mo-
delli si diversificano profondamente anche sotto il piano ideologico, pur
se le interazioni sono state sempre notevoli nel corso della storia.
Esempi significativi di difesa dellideale di vita nomadico e di
polemica anti-urbana filtrata attraverso le nostre fonti sono forniti, ad
esempio, da alcune parti dellAntico Testamento non a caso il libro sacro
di una religione monoteistica in rottura con la tradizione politeistica e
in particolare dalla figura di Caino. Noto a tutti come il primo omicida,
Caino per al centro di una tradizione complessa e la sua colpa, agli
occhi dei redattori, piuttosto unaltra:

Genesi, 4, 17 ss.
Ora Caino si un alla moglie e partor Enoch; quindi divenne costruttore
di una citt che chiam Enoch dal nome del figlio.

Caino fu dunque il primo a fondare una citt, un vero eroe cul-


turale, portatore di valori che si scontrano con lideologia ebraica tarda,
che mitizzava ed esaltava la purezza della vita nel deserto, additando
polemicamente la citt come culla di ogni degenerazione morale. Circa
la polemica anti-urbana nella Bibbia, ricordiamo qui, oltre alle tradizioni
anti-monarchiche nel periodo dei primi re dIsraele, lepisodio emblema-
tico della Torre di Babele. Dopo il diluvio, i discendenti di Mos avevano
ripopolato la terra e si erano ritrovati a Babilonia, uniti negli intenti e
nella lingua, decisi a costruire una citt con un grandioso monumento
simbolo delle sconfinate ambizioni umane:

Genesi, 11,4
Venite, costruiamoci una citt e una torre la cui cima tocchi il cielo e
facciamoci un nome, per non disperderci sulla terra.
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Ma Yahw scende di persona a verificare e confonde le lingue,


impedendo la costruzione della citt.
Anche la tradizione mesopotamica contiene spunti che esaltano
la vita nomadica, ma sono rari e da ritenere quasi topoi letterari. Nel
poema di Gilgamesh, ad esempio, tale ideale si incarna in Enkidu, essere
primitivo e puro, che vive in sintonia con la natura e gli animali. Tale
purezza svanisce per al contatto con la civilt urbana, rappresentata
dalla prostituta inviatagli per ammansirlo, che crea una frattura con il
suo ambiente precedente.

Gilgamesh, III 22ss.


Sei giorni e sette notti Enkidu scatenato possedette la figlia della
gioia.
Quando fu sazio del piacere che lei (gli dava),
volle fare ritorno al suo branco.
Ma vedendo Enkidu, le gazzelle scappano
e gli animali selvatici si allontanano da lui.
Enkidu si lanci il suo corpo era privo di forze,
immobili restarono le sue ginocchia, nel dirigersi verso il suo branco:
Enkidu era impedito, la sua corsa non era pi quella di prima.

Ma il testo scopre subito il suo orientamento ideologico: ora


Enkidu divenuto di pi vasta intelligenza. Adesso egli volentieri si
recher a Uruk, dove i giovani sono cinti (da belle cinture), dove ogni
giorno di festa, dove corde e tamburi ovunque risuonano. Se la citt,
la vita urbana crea fratture, essa per offre alluomo unesistenza incom-
parabilmente pi gradevole e ne potenzia le facolt intellettive.
Da altri testi mesopotamici emerge coerente unideologia che
esalta la vita urbana e i suoi valori. Anche sul piano linguistico, in tutta
la letteratura cuneiforme il concetto di citt appare unitario e definito da
un solo termine: URU in numerico, alu in accadico, happirash in ittito,
che hanno, si noti bene, moltissimi antonimi: la citt una, molteplici i
mondi che le si contrappongono!
Da un punto di vista storico-religioso e culturale ben noto che
fondare una citt equivale ad appropriarsi di uno spazio sottratto com-
pletamente al dominio della natura. Dopo aver delimitato arbitrariamente
una piccola parte del tutto, luomo se ne impossessa e ne ribalta i valori.
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Il nuovo spazio viene ripensato come tutto o centro di una periferia costi-
tuita da ci che resta e ritenuta marginale o del tutto estranea. Gli esempi
sono numerosissimi. Qui ne ricordo solo due. Gudea (Cilindro A), ensi
di Lagash, intorno al 2100 a.C. pone al centro del mondo la sua citt, che
ha a sua volta al centro il tempio del dio poliade Ningirsu. Dalla periferia
giungono da ogni parte, con moto centripeto, materiali per edificare il
luogo sacro. Una tavoletta assira molto famosa reca incisa sotto il testo
una immagine del mondo che ha al centro la citt di Babilonia!
Del resto, ogni atto di fondazione da una semplice casa a una
citt rievoca la cosmogonia, ragguagliando latto fondatore allazione
archetipica compiuta illo tempore da personaggi mitici creatori. Tut
tavia, se con la citt luomo conquista stabilit e sicurezza, grazie
allorganizzazione e alla cooperazione tra tutti i membri della societ,
egli crea al contempo una nuova enorme angoscia esistenziale. La citt
infatti tiene separati i suoi abitanti da tutte le altre creature della terra e
condiziona i rapporti col mondo esterno. Il coraggio, lautoaffermazione,
lorgoglio possono essere esaltati (cf. Babele!), mentre si indebolisce la
posizione del singolo verso i poteri sovrumani che continuano a regolare i
ritmi della vita. La dialettica interno/esterno, resa pi evidente dalle mura
che cingono le citt, implica che tutto quanto si trovi fuori dellabitato
si trasformi in una realt potenzialmente ostile, sede di forze caotiche
da fronteggiare, specie sul piano rituale. Sono i pro e i contro della vita
urbana, conquista ambigua e ulteriore prova del rifiuto umano di adattarsi
ai parametri spazio-temporali imposti dalla natura.
Ma gi lagricoltura, a ben vedere, aveva rappresentato una
grande ribellione allordine naturale (condanna biblica di Caino, primo
agricoltore!), con la pretesa umana di imporre al ciclo della vegetazione i
propri ritmi e le proprie esigenze. Attraverso la vita associativa in forme
sempre pi complesse, luomo si estranea progressivamente dal contesto
naturale: si consapevoli della frattura e si tende a nuovi equilibri che
preservino le nuove conquiste e rispettino quellordine naturale che
continua ad essere principio assoluto di vita.
E uno sforzo enorme, anche sul piano ideologico. Lo testimo-
nia la mitologia, che per dare legittimo fondamento allinitia urbis,
allappropriazione arbitraria dello spazio, al nuovo ordine socio-econo-
mico e religioso, stabilisce per la citt unorigine divina: la citt deve farsi
sacra per potersi contrapporre al resto del mondo. Si arriva a coinvolgere
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direttamente gli di nelle sorti della citt: li si lega al territorio (prima,


al clan o alla famiglia!), li si fa abitare, mangiare, dormire, vestire nel
tempio, cuore pulsante della citt. Gli di saranno i proprietari, ammi-
nistratori, difensori della citt e sar loro interesse vegliare su di essa
e sul re, loro vicario in terra. Il re mesopotamico non un dio, come il
Faraone, ma gli di sono coinvolti direttamente e totalmente nella sorte
dei loro fedeli.
La complessa organizzazione della citt, la conservazione delle
eccedenze e il sistema redistributivo permettono il sorgere di classi di
persone non direttamente produttive, specializzate nei rapporti con il so-
prannaturale. Solo con la citt appaiono, infatti, classi di operatori cultuali
che gestiscono questa sfera, sotto la diretta supervisione del re.
In corrispondenza con la progressiva complessit socio-econo-
mica della citt limmaginario collettivo arriva a concepire una serie di
entit sovrumane che tendono anchessi a specializzarsi come personalit
e poteri. Sono figure organiche, integrate in un mondo divino omogeneo
e dinamico (pantheon), funzionale a rappresentare le nuove necessit
umane. Si pensi, ad esempio, alla nuova concezione dellaldil: esso
rappresentato come una poderosa cittadella cinta da (7 fila di) mura,
dentro la quale si trova il palazzo degli dei ctonii. Essa si chiama grande
citt, URU GAL, ha una sua pianta, con strade e itinerari ben noti agli
esorcisti.
In altri termini, con la vita urbana nasce pienamente il politei
smo, la tipologia religiosa che accompagna e segna linizio della citt.
Vediamo in breve come sorge in rapporto con le trasformazioni socio-
economiche.
Prima della rivoluzione urbana, il Vicino Oriente conosceva gi
insediamenti composti da pi unit abitative: piccoli villaggi composti da
famiglie che esercitavano attivit agro-pastorali: non vi erano specializza-
zioni lavorative se non in base a sesso e et. Si praticava anche la caccia
e la piccola raccolta, e chi si dedicava prevalentemente allallevamento
e alla pastorizia, possedeva delle dimore-base, lasciate nei periodi di
transumanza stagionale. Queste comunit di villaggio avevano una
strategia economica elementare, oltre che una limitatissima tecnologia:
producevano solo ci che serviva alla mera sussistenza, senza accantonare
nulla. Luniforme ripartizione del lavoro faceva s che fosse in pratica
assente ogni stratificazione sociale: lunica gerarchia era, allinterno, nel
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nucleo familiare, e allesterno nellambito interfamiliare del clan. Doveva


esservi un capofamiglia di riconosciuta autorit, a sua volta membro di
un gruppo di anziani, depositari delle tradizioni. Regnava il diritto
consuetudinario, lautorit dellesperienza e della tradizione.
Le comunit di villaggio, pur abitando uno spazio culturalmente
delimitato, non avevano un confine troppo rigido tra spazio abitativo,
edificato, e spazio libero (steppe, acquitrini, montagna). Di qui una
contrapposizione meno rigida tra interno ed esterno, sempre molto fre-
quentato specie dai pastori-allevatori (che si spostavano stagionalmente).
Luomo aveva una diversa relazione con gli di, legati molto pi al gruppo
familiare che al territorio. Cos come non vi erano grandi specializzazioni
lavorative, anche il rapporto con la sfera del sacro, in epoca neolitica,
non doveva contemplare personale specializzato. Erano i capifamiglia, o
gli anziani, a rivestire questo ruolo, e le attivit del culto non erano sempre
svolte in luoghi appositi. Quanto alle entit soprannaturali venerate, esse
dovevano simbolizzare gli aspetti culturalmente pi significativi di quel
tipo di esistenza: figure connesse al ciclo animale e vegetale, del tipo
Signora/Signore degli animali, una genealogia di antenati, attenti alla
fertilit e alla salute dei loro discendenti. Va ribadito che tali figure non
erano legate al territorio abitato o a speciali strutture, bens al clan e alla
comunit nel suo complesso. Lo spazio abitato, comunicante in larga
misura con lo spazio aperto, non si poneva in drammatica frattura con
il contesto naturale e, di conseguenza, non era troppo caricato di valori
e interessi sacrali. Era soprattutto la casa ad avere connotazioni sacre, a
funzionare da microcosmo, ad ospitare i resti dei morti, luogo elettivo per
il rapporto col sovrannaturale. I luoghi di culto erano vari e mobili, non
avevano in questa fase la funzione di contribuire alla coesione sociale
del gruppo, gi piccolo e omogeneo, che si ritrovava nellambito delle
tradizioni claniche.
Insomma, luniverso sovrumano aveva una complessit ridotta,
certo non quei caratteri di organicit propri di un politeismo maturo. E
solo in un compiuto contesto urbano che, in parallelo con le trasformazio-
ni socio-economiche, si attua un vero politeismo: figure divine complesse
nelle forma e nelle funzioni, in rapporto tra loro, in un pantheon organico
che rispecchia larticolata sfera di valori e interessi della citt.
Non posso soffermarmi qui sul problema di quando e perch
un agglomerato urbano possa definirsi propriamente citt e, di con-
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seguenza, quando si percepisca lesistenza di una religione pubblica,


propria di una societ non pi costituita da nuclei familiari tutti uguali
tra loro. In assenza di fonti scritte, larcheologia ci fornisce vari indica-
tori, significativi quando sono presenti tutti insieme: dimensioni estese
dellagglomerato; lavoratori specializzati a tempo pieno; surplus di pro-
duzione da immagazzinare; gerarchizzazione della societ, delle famiglie,
degli spazi. Tutti insieme, si diceva. Questo criterio porta ad esempio
a non includere il celebre caso di atal Hyk, nella piana di Konya
(6500-5500 a.C.), tra le vere citt: il suo conglomerato di abitazioni
monocellulari, tutte uguali, rivela lassenza di una reale pianificazione
urbana, mancano edifici di tipo e funzione collettivi, non vi sono indizi di
una vita sociale articolata e organizzata, nonostante la coltivazione delle
graminacee, lallevamento di ovini e bovini e la raccolta di pistacchi e
mandorle e unintensa attivit venatoria. Anche le figurazioni che ornano
i muri (la figura femminile in varie forme, una figura maschile su toro e
altre) non danno lidea di un pantheon politeistico vero e proprio: si tratta
piuttosto di culti domestici, con venerazione per i defunti e per poche
entit soprannaturali tipo Signora/ Signore degli animali o in rapporto
con la fertilit. Siamo dunque di fronte a un caso di transizione, del resto
non certo lunico individuabile dalle coste siro-palestinesi allIran, dalla
bassa Mesopotamia allAnatolia centro-meridionale.
E solo con la cultura detta di Ubaid (Mesopotamia meridionale)
che si costruiscono aree di edilizia pubblica, profane e sacre, sempre pi
complesse. Qui si pu cogliere lingresso del sacro nella citt, che testi
pi tardi ma riflettenti concezioni arcaiche testimoniano affermando
che la citt opera degli di, qualche volta addirittura divinizzata. Ben
presto, ogni centro urbano affidato a un dio specifico e alla sua famiglia o
corte, il quale delega a un vicario umano la guida e lamministrazione. E
nel sito meridionale di Eridu, centro di culto del dio Enki/Ea, che emerge
per la prima volta una chiara struttura templare di uso comunitario. In
coincidenza con i dati dellarcheologia, la tradizione letteraria afferma
che fu proprio Eridu la prima citt ad essere creata e in cui, ancora prima
del diluvio universale, scese dal cielo la regalit:

Atrahasis, 88ss.
Cos, allorch dal cielo furono discesi [lo Scettro reale]
laugusta Corona e il Trono reale
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[Enki?] ne stabil [la sacra Etichetta e gli augusti poteri? ]


[ed egli fece] gli impianti murari delle citt
ciascuna nel suo sacro sito.
Dopo avere conferito a ciascuna un nome,
egli le destin come capitali successive.
La prima, Eridu, egli la consacr a se stesso, Nudimmud, il leader,
la seconda, Badtibira, a Inanna la hierodula,
la terza, Larak, a Pabilsag,
la quarta, Sippar, a Utu il prode
e la quinta, Shuruppak, egli la consacr a Sud.

Dopo il primo edificio addetto al culto dello strato XVI di Eridu (ca
5000 a.C.), si riscontrano poi progressivamente spazi sacri delimitati che
culminano, nello strato VII (3900-3400), con un tempio elevato a terrazza
circondato da una cinta perimetrale. Tale organizzazione dello spazio
urbano che si articoler e svilupper in seguito (Ur, Ubaid, Tell Uqair
e il suo tempio dipinto, ecc.) corrisponde a unideologia che ritiene
sacra la citt, vede un dio come suo sommo signore e il re-sacerdote suo
vicario in terra, con alle sue dipendenze un personale specializzato.
Ma non tutto il culto si indirizzava al dio poliade. Il pantheon citta-
dino si articolava proprio come la societ umana fondata sulla diversit
in una pluralit di figure componenti una estesa famiglia. Accanto al dio
cittadino cera la sua sposa, i suoi figli, i parenti, i discendenti, i servitori,
ecc. Tutto questo bene attestato anche dallarcheologia. Non si trattava
quindi di una giustapposizione disordinata di figure soprannaturali, bens
di un sistema organico e dinamico dove i rapporti tra i vari membri erano
definiti da affinit, simmetrie, opposizioni o antagonismi. E un vero micro-
cosmo, un sistema classificatorio di poteri e valori che investe totalmente il
funzionamento del sociale, del politico, delleconomico. In Mesopotamia,
poi, si verifica progressivamente una specie di fusione facilitata dalla
teologia e dalle conquiste/annessioni territoriali tra vari pantheon cittadini
in un pantheon sopranazionale, in cui ogni divinit padrona di un singolo
centro occupa un determinato ruolo nella nuova macrostruttura. Al vertice
si trova un dio di particolare prestigio, perch legato a citt pi sante
delle altre, come fu il caso di Nippur e del suo dio Enlil, ma anche di Uruk
e di Ur, sulle quali vorrei soffermarmi brevemente.
Uruk fu la patria di Gilgamesh, re-eroe celebre in tutto lOriente
per le sue avventure legate alla ricerca dellimmortalit. Essa d nome
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alla fase della pi antica urbanizzazione, di cui rappresenta il centro


irradiatore verso la Siria e lAnatolia sud-orientale. Anche in questo
caso, archeologia e testi vanno daccordo, perch proprio il poema di
Gilgamesh conferma lorigine divina della citt e la straordinaria antichit
delle sue mura, opera proprio di questo re:

Gilgamesh, I 8ss.
Egli (=Gilgamesh) fece costruire la cinta di Uruk-il-recinto,
il meraviglioso tesoro dellEanna santo.
Guarda questa cinta che pare (fatta) di bronzo,
contempla il suo muro interno, che non ha uguali,
tocca questo suolo, che viene da tanto lontano
Monta sul bastione di Uruk e percorrilo,
esamina le sue fondamenta, studia la sua muratura:
(guarda) se la sua muratura non di mattoni cotti
e se le sue fondamenta non le posero i Sette Saggi.

Uruk un sito gigantesco con una storia antichissima, una co-


munit di villaggio gi esisteva alla fine del V millennio, che venne
progressivamente costituendosi in citt poderosa, caratterizzata dalla
enorme ziqqurat. Al suo centro era lEanna, area santuariale con al cuore
il tempio bianco dedicato al dio Anu, elevato come il dio celeste che ne
era titolare, mentre laltro settore del santuario era dedicato alla grande
dea Inanna/Ishtar. Si trattava di un grande centro cultuale, amministrativo
e politico, sede di attivit di servizi e di scambi, che ben esemplifica il
ruolo del tempio in questa fase storica in bassa Mesopotamia. Qui non
casualmente appaiono i primi testi scritti della storia, per esigenze di
contabilit e registrazione.
Un altro esempio significativo della concezione sumerica della
citt costituito da Nippur, su cui un testo del ca. 2000 a.C. dice:

Il signore (Enlil) potente, stragrande in cielo e in terra,


che conosce il diritto da vero sapiente,
in Duranki ha fissato la sede, lui di vasto intelletto.
Con principesca magnificenza si costruito il Kiur, il Luogo Spazioso,
in Nippur, (citt) gran capro di cielo e terra, si costruita la dimora,

 Lett. legame di cielo e terra, larea sacra di Nippur.


le origini della citt nel vicino oriente antico 19

citt, la cui vista spira aura di terrore


i cui sobborghi nessun dio, (per quanto) ardito osa affrontare

Posta a 160 km a sud di Baghdad, Nippur fu il pi grande centro


religioso del paese, equiparabile solo a La Mecca per i musulmani,
consacrata a quel dio Enlil che fu sentito come massima divinit del
pantheon sumerico. Pur priva di forte potere politico, essa conserv un
prestigio ineguagliato e a Nippur era dove si recavano i re vittoriosi in
cerca di legittimazione.
Ristrutturata dai sovrani della III dinastia di Ur e in particolare
dal fondatore Urnammu, ca. 2110), Nippur ha un impianto che rivela
pienamente la concezione teocratica soggiacente: un gigantesco santuario,
intorno una vasta area sacra con quartieri abitativi e magazzini; nella parte
meridionale un recinto sacro e una terrazza dove si ergeva la ziqqurat e
il tempio di Enlil, collegato alla torre. La struttura templare dunque il
cuore di un tessuto urbano concepito e strutturato intorno ad esso.
Terza delle citt sante Ur, abitata fin dal V millennio, ma con
massimo splendore raggiunto sotto la III dinastia. Essa divenne capi-
tale di un vasto impero, non solo un centro religioso e fu distrutta alla
caduta della sua III dinastia. Circondata da poderose mura, Ur ospitava
in particolare unarea sacra al dio lunare Nanna (Sin), che ebbe enor-
me prestigio in Mesopotamia: vari re, in epoche diverse, provvidero a
restauri e ricostruzioni anche quando Ur era tuttaltro che una grande
potenza (specie in epoca neobabilonese: Nabucodonosor II 604-562
- e Nabonedo 555-539).
Un celebre testo mitologico sumerico ne conferma lorigine divina
e il carattere sacro:

Da Enki e lordine del mondo


Oh citt dotata di ogni bene
lavata da acque copiose
bue saldamente eretto
palco dellabbondanza del paese,
ginocchia divaricate
verde come la montagna
bosco di hashur dalla vasta ombra eroica ()
possano le tue leggi divine essere bene indirizzate.
20 paolo xella

La grande montagna, Enlil,


in cielo e in terra ha pronunciato il tuo nome glorioso!
Oh Citt, i cui destini sono stati decretati da Enki,
Oh Ur, oh santuario,
possa tu innalzarti fino al cielo!

Da quello che si pu giudicare attualmente, il santuario del dio


lunare era davvero posto in una posizione che dava limpressione di
trovarsi tra terra e cielo. Che sappiamo sulla precisa funzione della ziq
qurat? Ben poco, poich il suo nome non allude che alla forma alta e
appuntita. Nel V sec. a.C. Erodoto (I 181-182) ne parla come sede delle
nozze sacre tra il re e una sacerdotessa. La torre templare era certo sede
di vari riti, luogo privilegiato di incontri col sacro, ma veicolava valori
simbolici complessi, primo fra i quali la funzione di ponte o legame tra
cielo e terra e, quindi, speciale osservatorio celeste.
Un cenno si deve fare al cimitero reale della I dinastia di Ur
(2400), secondo la celebre definizione di L. Woolley. A parte i tesori
inestimabili forniti dai corredi funerari, certe tombe si segnalano per il
rito funerario cruento che accompagn la deposizione di alcuni sovrani
e principi. Accanto ai nobili defunti, infatti, si trovarono corpi di ser-
vitori con ancora in mano la coppa che conteneva droghe inebrianti; al
di fuori della camera funeraria, numerosi cadaveri di altri servi, uomini
e donne, di ufficiali e alti dignitari con ornamenti, insegne, strumenti
musicali; e ancora carri da parata tirati da buoi o asini, quindi dei soldati
chiamati a vegliare sui loro sovrani anche nellaldil. Il cimitero di Ur,
tra laltro, costituisce la prova pi chiara della stratificazione gerarchica
della societ e della volont di perpetuarla come tale anche nellaltro
mondo, rispettando rapporti e gerarchie. Va da s che tali concezioni
escatologiche sono estranee a societ non urbanizzate.
Abbiamo visto come nelle prime fasi dellurbanizzazione, irradia-
tasi da Uruk, la struttura templare fosse il fulcro della citt, intorno a cui
ruotava tutto lapparato amministrativo, sociale e cultuale: questo vale
pr Uruk, Eridu, Nippur, Ur, Sippar, Kish. Ma non sar dovunque sempre
cos. A Malatya, in Anatolia, si registra una novit di non piccola impor-
tanza rispetto al sud mesopotamico. Qui sembra infatti emergere un potere
di tipo laico, non pi dipendente dal tempio, un centro decisionale e
operativo sciolto dallapparato cultuale. La maggior proiezione verso
le origini della citt nel vicino oriente antico 21

lesterno di questo ed altri siti nord-mesopotamici e siriani, la necessit


di sfruttare materie prime e organizzare il traffico commerciale, implicano
un mutamento nei rapporti col mondo circostante, una diversa struttura
cittadina: i problemi dellorganizzazione interna e della produzione pia-
nificata devono ora fare i conti con lesigenza di rapportarsi agli altri in
contatti economico-commerciali, una funzione che la struttura templare
non pu evidentemente assolvere.
Anche in Siria, dove il modello della citt templare non si mai
realizzato, un ruolo decisivo lo gioca la strategia produttiva, condizio-
nata da condizioni eco-climatiche diverse da quelle mesopotamiche.
Impossibile lagricoltura irrigua, ci si affida alle precipitazioni stagionali,
con la necessit di una pi forte integrazione di risorse alimentari grazie
allallevamento. Ecco quindi un maggior peso dellelemento nomadico-
pastorale, in quel dimorfismo culturale cui abbiamo fatto cenno prima.
Tutto questo ha profonde implicazioni a livello di ideologia.
I pantheon dei centri siro-palestinesi vedono infatti emergere un
tipo di divinit usualmente chiamato dio della tempesta, che presie-
de cio ai fenomeni atmosferici, responsabile dellordine cosmico e
atmosferico, talvolta morendo e risorgendo con la natura, in un ciclo
che coinvolge ordine naturale e societ umana. Sarebbe impossibile
ripercorrere qui litinerario storico dalla prima urbanizzazione sud-me-
sopotamica agli sviluppi in et del Ferro, dalla particolare situazione
siro-palestinese fino ai modelli semitici occidentali del I millennio. In
Fenicia troviamo pantheon cittadini dominati da una figura di dio pa-
drone (Baal) e proprietario della citt, che tende ad accentrare sempre
pi poteri e funzioni, in linea con una tendenza teocrasica tipica di
questepoca, nellOriente mediterraneo.
Dobbiamo per ritornare brevemente in Mesopotamia, per notare
il fenomeno della progressiva indipendenza del palazzo dal tempio a
partire dal III millennio a.C. Nel Protodinastico II troviamo molte citt-
stato dislocate un po dovunque, dalle meridionali Uruk, Ur, Eridu, alle
settentrionali Kish, Eshnunna, Assur, Mari, e ancora Adab, Shuruppak,
Nippur, Lagash, Umma. In tale contesto non pi la struttura templare
lasse portante del sistema urbano, bens il palazzo. Con il grande Sargon
di Akkad (2350) emerge definitivamente il polo palatino come cuore
cittadino, sorge lideologia eroica in armonia con la nuova centralit che
acquista il dinasta, mentre le varie teologie locali tentano di sistemare
22 paolo xella

luniverso religioso in pantheon coordinati. Si registra anche per iscritto


la tradizione mitologia pi antica, non senza deliberate rielaborazioni
che fanno di questi originari racconti veri e propri testi letterari, liturgici,
innodici. Lo svilupparsi della conflittualit tra i vari centri, con vittorie,
sconfitte, annessioni, accordi e alleanze, portarono gli addetti al culto
ad elaborare una vera e propria teologia della storia, che giustifica i
trionfi e le sconfitte proiettando nel mondo divino le lotte, combattute
per conto degli di dai loro servitori terreni. Nasce cos il concetto che
la supremazia politico-militare segue un proprio itinerario, passando da
centro a centro e portando allapice della gloria il dio vittorioso. Nella
nuova sistematizzazione di un pantheon sopranazionale, gli di vedono
pi specializzate le loro funzioni (ctonia, solare, lunare, bellica, ecc.),
fermo restando il prestigio delle divinit tradizionali e dei loro antichis-
simi centri di culto.
Un indizio importante nei mutamenti di concezione dato dalla
diversa titolatura dei sovrani. Se il re di Uruk era chiamato en, cio
(sommo) sacerdote, a sottolineare le radici religiose della regalit,
a Lagash si usa invece il termine ensi, cio intendente (del dio), con
diversa sfumatura concettuale, mentre nel nord, a Kish, il re detto lugal,
uomo grande, termine che ormai, in et protodinastica, sottolinea il
carattere umano ed eroico del sovrano.
Non si deve credere per che la progressiva enfatizzazione della
regalit eliminasse i doveri religiosi del re o indebolisse il ruolo degli
di nei meccanismi di protezione e legittimazione Il sovrano aveva
sempre una posizione primaria nel culto, teneva a presentarsi come de-
voto costruttore e restauratore di dimore divine. Gli di condizionavano
sempre lesistenza umana. Ma sempre pi aumentava la centralit del re
il quale, pur continuando ad agire in nome del suo dio, diventa sempre
pi protagonista.
Il mutamento si attua definitivamente con un homo novus, piccolo
funzionario di Kish che fonda il primo impero universale: Sargon (2335-
2279). Tra tutti i dinasti mesopotamici, Sargon il primo che ricordato
uomo e non dio! come fondatore di citt, Akkad. Qualunque sia il
grado di attendibilit storica di questa tradizione, la letteratura univer-
sale ha comunque voluto ritrovare, dopo il lontano Caino, un uomo che
si ragguagliasse agli di nel fondare una citt. Se per gli antichi centri
urbani vera la giustificazione mitica di una fondazione divina, nel caso
le origini della citt nel vicino oriente antico 23

di Sargon luomo che si assume la piena responsabilit di operare una


frattura dellordine naturale; di pi, egli spinge la sua ambizione fino
a voler controllare, dal nuovo centro cos costituito, tutto il resto del
mondo. Quanto agli di, essi non diventano certo estranei agli eventi,
ma ora non combattono pi tra loro per la supremazia, essi concedono
a Sargon le vittorie e il dominio sugli altri popoli.
Con la dinastia di Akkad si ripensa dunque la posizione del re il
quale, pur non essendo mai considerato un dio, si distacca totalmente
dagli altri uomini. Si fa strada una nuova ideologia del potere (re delle
4 parti del mondo), che mira alla costruzione di un impero universale,
e del sovrano: il re forte, coraggioso, soggetto pieno di decisioni po-
litico-militari che vanno (necessariamente) nella direzione voluta dagli
di. La figura eroica del sovrano culmina con Naram-Sin (ultimo dei 4
re di Akkad), che arriva a autodeificarsi, a guisa di nume tutelare che,
pur su un gradino inferiore, si pone accanto ai veri di. Anche nellarte
dellepoca si percepiscono i segni di tale rivoluzione ideologica, con
luomo posto al centro delluniverso.
Indizi fondati suggeriscono che tali innovazioni ideologiche
(rispetto al mondo sumerico) nella concezione della regalit derivino da
una cultura pi settentrionale, maggiormente influenzata dalle tradizioni
semitiche. In particolare, si segnala al nord una societ in cui ha maggior
peso lordinamento gentilizio, mentre la sfera templare riveste un ruolo
economico secondario. Anche il re non qui un devoto amministratore
legato al culto e del tutto sottomesso alla volont divina, ma un indi-
viduo a tutto tondo che si afferma per le proprie capacit, che prende
decisioni e iniziative, sostiene proprie scelte devozionali (ad esempio
il culto di Ishtar a Akkad), pur avendo sempre lintelligenza politica di
recarsi a Nippur dal dio Enlil, per averne legittimazione e coinvolgerlo
nei suoi piani.
Let di Akkad dunque lepoca di riferimento per la nascita
dellideale eroico del sovrano, che sfiora i limiti della immortalit, un
modello per la letteratura mesopotamica, che proporr di continuo per-
sonaggi, tematiche e situazioni ispirate a quel tempo.
Senza troppo osare, possibile attribuire a questepoca una fun-
zione non troppo dissimile da quella che la tradizione greca conferisce
allet micenea. Del resto, il ruolo che hanno nella tradizione mesopota-
mica alcuni personaggi eroici presenta molte analogie con la complessa e
24 paolo xella

variegata morfologia delleroe greco. Se lideologia eroica mesopotamica


si forma intorno alla funzione del re come fondatore e capo di citt, non
si deve dimenticare il ruolo primario di fondatori, oikistai, che spesso
hanno gli eroi greci e la centralit dei culti eroici nelle tradizioni dei
vari centri ellenici. In entrambi i casi il polo propulsivo dazione e
dideologia dunque la citt e la sua cultura, potenzialmente suscettibili
e qui la Bibbia aveva davvero ragione! di portare luomo ai livelli
pi alti delluniverso.
Ragioni di tempo e di spazio mi costringono a lasciare la Meso-
potamia, su cui tanto da dire ci sarebbe ancora. Occorre ora, in grande
sintesi, rivolgersi allarea siro-palestinese, per due ragioni principali.
Primo, perch qui si individua al meglio la compenetrazione tra cultura
dei sedentari e cultura dei seminomadi, che raggiunge un grande livello
di maturazione. Secondo, perch i popoli di questarea ebbero i contatti
pi diretti con il resto del Mediterraneo, influenzando enormemente le
nostre tradizioni: in primo luogo quei Fenici, fondatori di citt, che tante
tracce hanno lasciato nel Mare nostrum.
Sotto limpulso della tradizione di Uruk, la cultura urbana di Siria
raggiunge il suo culmine verso la met del III millennio sia nellinterno
(Ebla), che sulla costa (Biblo), con peculiarit di realizzazione: il ruolo
subordinato del tempio rispetto al palazzo, una propria concezione della
regalit, una forte componente, etnica e ideologica, dovuta alle genti
seminomadi (si veda il caso di Mari). Abbiamo gi parlato delle diffe-
renze che caratterizzano la comunit/civilt urbana e il gruppo gentilizio
seminomade. Nel primo caso, la societ composta da individui non
eguali come posizione, la cui comunanza dovuta a fattori esterni, come
il risiedere in uno stesso territorio e il partecipare a una stessa organizza-
zione a struttura piramidale. Nel caso del gruppo comunitario, invece, la
societ in pratica lestensione del nucleo familiare, in cui i legami tra
individui si radicano in valori interni: comune discendenza, parentela,
partecipazione alla stessa vita senza differenze sociali specifiche, quindi,
senza chiamare in causa uno spazio abitato.
Astraendo al massimo, diremo che i termini dellopposizione
culturale sono i concetti di territorio per la citt e di nazione per la
comunit gentilizia. Tra la fine del Bronzo e linizio del Ferro si veri-
fica un fenomeno di importanza straordinaria: la costituzione di stati a
configurazione nazionale Aramei, Ebrei, Moabiti, Ammoniti, Edomiti
le origini della citt nel vicino oriente antico 25

che si sostituiscono o si contrappongono agli stati territoriali. Tali stati


nazionali (originati dalla progressiva sedentarizzazione di seminomadi)
hanno una struttura sociale modellata su quella della trib, i nuclei
abitativi si presentano come sottogruppi della trib stessa. Nuovi valori
dominanti sono la la parentela e la comune discendenza (vera o presunta)
da un antenato mitico eponimo (le dinastie si chiamano case di..). C
il culto comune per un antico dio tribale, che diviene ora dio nazionale e
che, a differenza delle altre divinit poliadi, si fonda non gi sul legame
col territorio urbano, ma sul legame con la comunit etnica, che ha stessa
lingua, usi e costumi. Il re dello stato-nazione un antico capo tribale,
che governa attorniato dai maggiorenti di altri gruppi tribali. Anche se
i pantheon resistono, il culto del dio nazionale predomina sugli altri,
insieme a una paredra, con tendenze verso lenoteismo e la monolatria:
come nel caso di Israele, dove il dio nazionale tende a diventare se non
lunico oggetto di venerazione, almeno lunico oggetto di culto lecito.
Elementi o tracce di questo sistema e della relativa ideologia si
percepiscono ovunque nellarea siriana. A Ebla, ad esempio, il re ben
lontano dal modello sacerdotale sumerico e anche dal tipo eroico acca-
dico: un saggio gestore la cui autorit temperata da unassemblea di
Anziani con funzioni amministrative e decisionali non secondarie. Un
ruolo di rilievo ha anche la regina, e la coppia reale comunque molto
attiva nel culto. Lo stato cittadino e le genti seminomadi vivono sempre
pi in simbiosi, traendo da questi contatti reciproci vantaggi e benefici.
E sorprendente constatare la complementarit tra due modelli di vita e
due strategie socio-economiche che coesistono proficuamente.
I documenti che concernono le epoche successive dellarea
siro-palestinese ci continuano a mostrare questa apertura della cultura
urbana allintegrazione di nuovi valori. Sono soprattutto i pantheon e la
sfera religiosa in cui si riconosce una pluralit di tradizioni diverse che
si stratificano e si fondono.
Un esempio emblematico ci fornito dal caso di Ugarit e del
suo pantheon.
Posta sulla costa siriana allaltezza di Cipro, Ugarit fior special-
mente nei secoli XV-XII a.C., ed da considerarsi la diretta antecedente
delle citt fenicie del I millennio, a cui la avvicinano la lingua e le tra-
dizioni religiose. Qui, al vertice dellassemblea divina si trovano da un
lato il dio cittadino Baal, dai tratti agrari, dallaltro il dio El, una divinit
26 paolo xella

in origine legata a tradizioni nomadiche, non urbane. El il carismatico


e anziano dio creatore, Baal il giovane e potente difensore dellordine
cosmico che El ha instaurato. La loro una vera diarchia, poich nessuno
di loro in grado, da solo, di sovvertire un equilibrio che si regge sulla
distribuzione organica delle funzioni e sulla complementarit dei ruoli. El,
che possiede il carisma e la saggezza, non pu governare senza la forza
e il coraggio di Baal, che si vede affidata la regalit. Egli la conquista
dopo una una serie di lotte vinte contro i poteri caotici delle acque e della
morte. Proprio per questo, protagonista di una vicenda di morte e ritorno
alla vita, Baal diventa il leader dei Rapiuma, gli antenati divinizzati che
aiutano i viventi elargendo loro salute, fecondit e fertilit. Quanto a
El, dir solo che la sua figura ha esercitato unenorme influenza sulla
personalit di Yahweh, unaltra divinit dalle radici nomadico-pastorali.
A questa stessa cultura risale antichissimamente anche El, dio creatore
non legato particolarmente al territorio. Baal invece specificamente
figlio della cultura urbana, detto Baal di Ugarit, ancorato al luogo e ai
suoi abitanti. Anche nella tradizione semitica posteriore, questo modello
continuer: in Fenicia il Baal di una citt il suo primo mitico re, come
esplicito nel caso di Melqart, dio poliade di Tiro, il cui nome significa
appunto re della citt. Il tipo di politeismo attestato a Ugarit conoscer
dunque unespansione nellet del Ferro, con gli di poliadi delle varie
citt (oltre a Tiro, Sidone, Berito, Arwad, ecc.) che assumono i tratti di
re prototipici legati al territorio e alla popolazione che vi risiede. E una
mitologia cittadina che finisce per prevalere, conferendo sanzione
simbolica ai valori legati a questa fondamentale esperienza umana.
Abbiamo seguito il fil rouge delle origini della citt, spaziando
dalla preistoria al nostro ieri. Come in ogni analisi storica, non vi una
specifica morale da trarre, ma solo verificare i modi originali in cui
luomo di volta in volta ha dato sanzione culturale alle sue conquiste,
ai suoi progressi, alle ansie che hanno generato. Resta linvito ad una
riflessione approfondita sul messaggio che ci trasmettono gli antichi
universi culturali che ho troppo rapidamente evocato. In unepoca di
radicali trasformazioni come la nostra, con la prospettiva di una pluralit
di megalopoli che sempre pi mettono a contatto individui diversi per
origini e culture, con difficilissimi problemi di coesistenza e integra-
zione, occorre forse fermarsi un momento sulle possibili soluzioni che
nellantico Oriente come ai giorni nostri, deve poter continuare a offrire
le origini della citt nel vicino oriente antico 27

listituzione della citt, non a caso ritenuta dagli antichi uninvenzione


degli dei.

Indicazioni bibliografiche
Gli argomenti e i testi che qui vengono citati, direttamente o per
allusione, coprono un ambito talmente vasto da richiedere una bibliografia
di molte pagine. Per semplicit, rinviamo qui ad alcuni studi specifici
attraverso i quali sar facile ricostruire la documentazione dettagliata.
Lo studio pi recente e documentato lo si deve a D. Pezzoli
Olgiati, Immagini urbane. Interpretazioni religiose della citt antica,
Orbis Biblicus et Orientalis, Freiburg, 2002. I temi qui trattati erano
stati in parte da me gi affrontati in P. Xella, La citt divina. Cultura
urbana e politeismo nel Vicino Oriente antico, in F. Cardini (a cura
di), La citt e il sacro (= Civitas Europaea, 2), Milano, 1994, pp. 1-42.
Molto utile e lucido resta lo studio di M. Liverani, Lorigine della citt.
Le prime comunit urbane del Vicino Oriente, Roma, 1988. Per i lettori
di lingua spagnola sar ancora da segnalare, in particolare per le con-
cezioni oltramondane e il rapporto (anche spaziale) tra questo mondo e
mondo infero, P. Xella (ed.), Arqueologa del Infierno, Editorial AUSA,
Barcelona 1994 (trad. di P. Xella, ed., Archeologia dellInferno. Laldil
nel mondo antico vicino-orientale e classico, Essedue Edizioni, Vero-
na, 1987). Da ultimo, sul difficile rapporto tra indagini archeologiche
e storico-religiose, si rinvia al volume di imminente pubblicazione M.
Rocchi P. Xella (edd.), Archeologia e religione, Storia delle Religioni
II, Essedue Edizioni,Verona, 2006.

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