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Introduzione.
a) Tre modi di domandarsi sulluomo: Socrate, Cartesio, Kant.
La domanda sulluomo una domanda classica nella filosofia. Possiamo dire che
ci sono stati tre i modi di domandarsi sulluomo nella storia della filosofia: il socratico,
il cartesiano e il kantiano.
Socrate guarda luomo vedendolo come un essere singolare tra gli altri. Socrate
non discorreva se non di argomenti umani (Xenofonte, Memoriabili, I,1,15). Per questa
via si arrivati a vedere luomo come orizzonte e confine di due mondi, come
microcosmo. Durante tanti secoli il pensiero filosofico si occupato delluomo e ha
trattato di assegnargli un posto nelluniverso. In una scala ascendente, il suo luogo
proprio sarebbe nel vertice della realt corporale. In una scala discendente, sarebbe
nellultimo gradino, nel limite dove lo spirito non basta a se stesso e richiede
nellessere e nell agire la collaborazione della materia. Questo modo di domandarsi
origin le diverse teorie riguardo allessere singolare che luomo tra gli altri esseri del
mondo, con i quali ha delle affinit e correlazioni. Luomo si trova nel mondo e in esso
si installa nel miglior modo che gli possibile nel breve spazio della sua esistenza.
Il modo socratico di interrogarsi sulluomo ha un accento innanzitutto etico:
luomo capace di conoscere. Deve conoscersi, e tutto ci ordinato ad essere un uomo
buono.
Questo modo di vedere luomo cambia con i tempi, con la rinascita nellEuropa
della cultura antica. La singolarit delluomo si scopre nella sua dimensione interiore,
nella coscienza. Nicol Cusano punta verso la nuova maniera di vedere luomo: E
come se un poligono inscritto in un circolo rappresentasse la natura umana, ed il circolo
quella divina (La dotta ignoranza, III, IV, p. 202). Ma solo con Cartesio acquista
consistenza un nuovo fondamento: la coscienza. Cartesio inizia un modo di vedere
luomo solo dalla sua dimensione interiore, pensante. Che cosa sono? Una cosa che
pensa. E una cosa che dubita, che concepisce, che afferma, che nega, che vuole, che
non vuole, che immagina anche, e che sente (Meditationes de prima philosophia, II, p.
27). Il pensiero si incontra con se stesso, e nella sua luce si trova luomo. Il pensiero era
il punto fermo e immobile, la verit certa e immutabile per conoscere qualcosa
delluomo. Luomo, nella sua fragilit umana, viene sostenuto dal pensiero. Luomo
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non che una canna, la pi fragile della natura, ma una canna pensante (Pascal,
Pensieri, 264, pp. 37 e 46). Per questa via luomo cresce nel suo orgoglio, e la ragione
esce dalla propria orbita e incomincia a vedersi come infinita. Luomo pensa, dir
Spinoza, [...] lidea la prima cosa che costituisce lessere della mente umana [...]. Ne
segue che la mente umana parte dellintelletto infinito di Dio; e perci quando diciamo
che la mente umana percepisce questo o quellaltro, non diciamo niente altro se non che
Dio [...] ha questa o quella idea (Spinoza, Etica, II, prop. 11). Per queste vie luomo
della modernit ha voluto uscire dalle sue dimensioni umane (p. 79).
Il modo kantiano di interrogarsi sulluomo cambia prospettiva. Non ormai una
cosa, ma un soggetto. Il sapere sulluomo acquista dimensioni di totalit, perch tutte le
altre domande si riferiscono alla domanda sulluomo. Considerato come soggetto,
luomo centro della totalit. Tutto si riferisce alluomo, tutto parte da lui, non c il
mondo senza luomo: Due cose riempiono lanimo di ammirazione e venerazione
sempre nuova e crescente, quanto pi spesso e pi a lungo la riflessione si occupa di
esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho
bisogno di cercarle e semplicemente di supporle, come se fossero avvolte nelloscurit,
o fossero nel trascendente; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la
coscienza della mia esistenza (Kant, Critica della ragion pratica, II, concl.). E questa
prospettiva della totalit e della soggettivit, una volta acquisita, la filosofia no lha pi
abbandonata. La nuova filosofia fa delluomo il soggetto unico e universale della
filosofia, e quindi converte lantropologia nella scienza universale (Feuerbach,
Frammenti di filosofia, II, 388). Questo modo di interrogare ha segnato il pensiero
filosofico degli ultimi tempi.
La domanda: cos luomo? stata formulata in contesti diversi. E tutte le risposte
sono risultate insufficienti. Luomo socratico e cartesiano viene mutilato dalla sua
realt, perch non supera la realt degli oggetti. Con Kant appare la distinzione tra cosa
e persona, ma ancora si domanda sulluomo come un che cosa, molto astratto, senza
che incida nellesistenza singola.
Secondo il parere di Unamuno, queste non sono altro che divagazioni, pi o meno
scientifiche: E il bipede implume della leggenda, lo zoon politikon di Aristotele, il
contraente sociale di Rousseau, lhomo oeconomicus della Scuola di Manchester,
luomo sapiens di Linneo o, se si vuole, il mammifero verticale. Un uomo che non di
questo o di quel luogo, n di questa epoca n di quellaltra, che non ha sesso n patria,
unidea insomma. Ovvero, un non uomo. Il nostro laltro, quello di carne e ossa: io,
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tu, lettore mio, quellaltro pi lontano, noi tutti che calchiamo sulla terra. E questuomo
concreto, di carne e ossa, il soggetto e al tempo stesso loggetto di ogni filosofia, lo
vogliano o no certi sedicenti filosofi (Del sentimento tragico della vita, 11).
b) I concetti di persona e individuo
Se il tema del personalismo, come movimento tipicamente antideologico, ha
conosciuto, nella seconda met del s. XX, un innegabile declino di fronte al prevalere
della ragione calcolante, non accaduto cos con il suo fondamento speculativo, la
persona. Il pensiero contemporaneo ha sentito il bisogno di recuperare il concetto di
persona, perch non solo riassume la totalit delluomo nellorizzonte dellinfinito, ma
nella sua singolarit irrepetibile.
Il tema della persona risale alle origini del pensiero, cio alla vita stessa, quando
luomo ha avuto il bisogno di domandarsi non solo che cos, ma chi . Come ai
giorni di S. Agostino, il tema delluomo la grande questione (Et factus eram ipse
mihi magna quaestio, Conf. IV,5).
Le nozioni di persona e di individuo costituiscono due concetti chiave della storia
della filosofia occidentale e sono ridiventate un crocevia del pensare, allo stesso tempo
che evidenziano le differenze di fondo che contrassegnano lattuale pluralismo
culturale.
La nozione di persona, di incerte origini etrusche e con manifestazioni nel mondo
greco e romano, divenne col cristianesimo una decisiva categoria teologica. Per
estensione passata al linguaggio filosofico e ha finito per indicare luomo nella sua
peculiare costituzione ontologica e nella sua inalineabile dignit morale.
La nozione di individuo, pur avendo avuto nel pensiero classico una rigorosa
definizione concettuale, si sviluppa soprattutto nel pensiero moderno. Le sue varie
espressioni hanno come comune denominatore la difesa dellautonomia del soggetto di
fronte ad ogni forma oggettiva di autorit (politica, religiosa, morale, ecc.).
Le nozioni di persona e di individuo entrano, dunque, in gioco anche nel dibattito
contemporaneo, nel momento in cui si cerca di definire una qualche identit del
soggetto morale, ossia delluomo considerato come agente di scelte libere e autonome, e
come membro di una comunit.
Accanto alle categorie di persona e individuo si aggiunta anche quella di
singolo. La nozione di singolarit, usata tal volta al posto di individuo o di persona,
ha avuto una tematizzazione ricca di fascino nella meditazione esistenziale di
Kierkegaard e nella sua polemica con Hegel.
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il motore immobile sono elementi cosmici e quindi impersonali. Questa strutura non
lascia lorizzonte aperto per la comprensione della persona e della libert.
Questo pensiero per maturer e sar la fonte da dove sorgeranno le categorie
della comprensione della persona.
a) Presocratici.
I presocratici hanno tematizzato lesperienza radicale del mondo e hanno visto
luomo nella natura, immerso nella physis, ma in situazione di poterla capire. Teofrasto
(s. IV-III a.C.) ci trasmette una frase sorprendente di Alcmeone di Crotone, medico e
fisiologo (s. V a.C.), che anticipa la modernit, quando distingue luomo di tutto ci che
lo circonda: Luomo si distingue di tutti gli altri esseri perch solo lui pensa, in tanto
che gli altri esseri hanno sensazione e non pensiero (Delle sensazioni, 25). Cartesio
non ha detto di pi, sebbene labbia detto in unaltra maniera.
Si vuole capire lanima come elemento diverso da ci che corporale: Lanima
un alito, uno spirito, scriver Xenofane. Gli dei non hanno rivelato agli uomini tutte le
cose dallinizio, ma gli uomini, se cercano, sono capaci di trovare ci che pi
nascosto (Xenofane, Diels, Frag. 18). Heraclito far delluomo un ascoltatore del
logos, per il quale gli si d la totalit (Frag. 50). Parmenide si sentito attratto dalla
forza della verit e ha creduto luomo capace di andare pi in l della porta che separa la
luce dalle tenebre fino ad arrivare al cuore della verit (Frag. I, 25-30). Anassagora ha
scoperto la forza del nous: luomo caratterizzato dallintelletto, e il suo enigma la
sua condizione corporale, la sua situazione terrestre. Per Empedocle la natura riveste
le anime di uno strano involucro di carne (Empedocle, Frag. 126). Questo primo
pensiero sulluomo vuole indicare gi una differenza di esso con il mondo circondante.
aumentare le tue richezze [...] e invece non ti curi ne ti inquieti per la sapienza e la
verit e perch la tua anima sia il meglio possibile? (Apologia, 29e). Dalluomo si fa
una chiamata al profondo della persona, ormai sentita ma non scoperta. Il daimon che
accompagna Socrate e gli parla, lo dirige e gli da forza per proseguire il cammino, non
che la mitificazione della coscienza che percepisce lunit di ci che personale e
decide su se stesso. La profondit della vita personale raggiunge in Socrate un livello
che rimane storico. Socrate non solo si presenta come paradigma del filosofo, ma anche
come paradigma della vita personale, che affronta il suo destino ed fedele alla sua
vocazione.
Platone sottolinea di pi la dimensione spirituale delluomo. Il mito della caverna
esprime la profondit della sua dottrina (Repubblica VI, 515e-516b). In effetti luomo
un forestiero, vive delle ombre, pieno di desideri di evasione e di ritorno; nella caverna
un prigioniero che anela la liberazione. Luomo lanima. Il suo destino conoscere e
amare. La sua vita immortale. Ma in questa tappa terrestre, mentre si trova tra gli astri
e gli animali, in realt un vivente mortale composto di corpo e anima (Fed. 246c).
Questa composizione ha unito il meglio e il peggio (Tim. 69e), limmagine e la realt,
perch c un aggregato di due realt. Il corpo unimmagine che ci accompagna
(Leggi, XII, 959b), e come tale una partecipazione deficiente del modello. Il reale e il
vero immortale che siamo si chiama anima (Leggi, XII, 959b). Lanima quello che
costituisce il nostro io, quello che forma la nostra personalit, quello che ci da il potere
di avere un nome: Al conversare tu e io, intercambiando i pensieri, sono le anime che
conversano... Se Socrate conversa con Alcibiade, non lo fa con il suo volto di carne e
ossa, come appare, ma ragiona con Alcibiade stesso, vale a dire, con la sua anima.. Ti
ama quindi chi ama la tua anima (Alcibiade, 130a-131c). Ma mentre vanno uniti in
questo cammino devono cooperare, non si deve muovere n lanima senza il corpo, n
il corpo senza lanima, se vogliamo raggiungere il qualificativo di buono e bello nel
senso pi profondo (Tim. 88bc). Il corpo immagine imperfetta, ma ci stato dato
soprattutto come strumento dellanima. Luomo deve curare se stesso, cio la sua anima
(Fed. 115b) e governare il corpo (Fed. 246b). Realizzare il destino delluomo
rispondere alle esigenze dellanima. Lesistenza delluomo non tragica, bensi deve
essere ordinata per raggiungere tranquillamente il fine.
Luomo platonico un uomo celeste, e non conosce altre leggi che quelle della
gravitazione celeste, verticale e ascendente: verso la verit e la bellezza. Luomo
platonico uno spirito rivestito da uno strano involucro di carne, e la sua dimensione si
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capisce solo dallo spirituale (sebbene solo nella misura in cui il mondo greco stato
capace di precisare questa nozione). E certo tuttavia che questa nozione del platonismo,
bench rifiuti il concreto ed evada verso luniversale delle forme, gravita sulla storia
della comprensione delluomo.
Aristotele va pi in l nella ricerca dellessere umano, e si avvicina di pi al
concreto e al reale che luomo. Luomo che Aristotele presenta della terra, ha un
posto tra gli esseri del mondo. E vero che scrive sullanima (peri psyks). Ma non si
tratta di unanima celeste, arrivata da un altro mondo, ma dellanima che si unisce in un
modo profondo e reale con il corpo per dargli vita, per costituire una realt umana.
Lanima la prima entelekia, latto radicale del corpo organizzato (De anima, II, 31-
32). Luomo si conosce attraverso i suoi atti e le operazioni delle sue facolt, e si
manifesta come un tutto. Lessere vivente, luomo, una totalit. Conoscere lanima
conoscere il principio della totalit, latto: lanima il principio per il quale viviamo,
sentiamo, ci muoviamo e intendiamo (De Anima, 2, 414al 214). E in questo, luomo
rivela la sua affinit con tutti gli altri esseri del cosmo. La materia e la forma si
uniscono per dare origine alla sostanza, al singolo, che la sostanza prima (Met. VII,
1039b20). Dalla forma gli vengono lessere e le operazioni peculiari. Aristotele applica
la teoria dellilemorfismo a tutti gli esseri del mondo, incluso luomo.
Luomo allo stesso tempo zoon logikn (III, De Anima, 4, 414b18) e zoon
politikon (Pol. I, 1252a). Ha una dimensione verticale, per la quale si eleva fino ad
essere parente del Theos. La vita conforme al nous la pi alta, perch il nous il
migliore delluomo (Ethic.Nic. 10, 1177b26). Ma nel momento di vedere come questo
nous appartiene alluomo concreto, Aristotele non lo vede chiaro. Lasci il problema
aperto (De Anima, III, 4-5, 429-430).
Luomo ha trovato in Aristotele il suo posto nel mondo. E tuttavia vero che non si
separa molto lindividuo concreto dallessenza in generale delluomo. Ad Aristotele, in
quanto greco, preoccupa lelemento comune, la forma, ci che rimane. In tal modo che
pu scrivere che lo stesso un uomo in genere che un uomo esistente.
Questo momento pieno del pensiero greco ha permesso scoprire i valori pi alti
delluomo. Ma in realt luomo rimasto come unastrazione ideale, in una visione
ottica troppo lontana dalluomo concreto e reale. Si tratta di vedere luomo nella totalit
del cosmo. Per Platone, questi un animale perfetto. Per Aristotele invece physis
composta di forme e materie, che punta verso la persona singola libera e autonoma, di
fronte a tutto il resto (Ethic. Nic. IX, 1168).
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c) Lellenismo.
E un periodo in cui si torna alluomo concreto e alla sua problematica della
ricerca della felicit. Tra le diverse scuole ellenistiche emerge la stoica, per il suo
contributo alla comprensione delluomo e della persona. Il suo pensiero tende ad
illuminare la vita umana concreta. Le preoccupa soprattutto la felicit. Lo stoicismo
una scuola che si presenta in una maniera pi modesta che il pensiero di Platone e
Aristotele. Ma questa debolezza lo rende capace di essere pi concreto e umano.
Vediamo il pensiero di Seneca, che occupa un posto rappresentativo tra gli stoici.
Lucio Anneo Seneca (5-65) nato a Cordoba ed entrato nella scuola stoica.
Parla in prima persona, scrive la sua vita, cerca le espressioni pi ovvie e naturali per
farsi capire da tutti, sempre indipendente nel suo modo di essere e di pensare: ego
tamen idem sum, qui et infans fui et puer et adulescens (Ep. 121,14). Conserva sempre
il suo marchio di personalit: A nessuno mi sono consegnato come schiavo, non porto
il nome di nessun padrone. Do molto credito al giudizio dei varoni insigni, ma chiedo
pure che il mio sia tenuto in conto (Ep. 45, 4).
La caratteristica di Seneca non tuttavia la sua personalit, ma la sua dottrina
sullindividuo, luomo e la persona. Raccogliamo qui i tratti pi salienti del suo
pensiero, perch suppone un notevole contributo alla scoperta delluomo. I due nuclei
fondamentali sono lindividuo e la persona.
1. Lindividuo come personalit.
Luomo forma parte di un tutto, che pu chiamarsi natura, che in s non
omogenea, ma che ha una gerarchia tra gli elementi che la compongono. Sotto luomo ci
sono soltanto gli alberi e gli animali, sopra c solo Dio (Ep. 124,14). La natura
raggiunge la sua perfezione nella ragione. Il logos la pienezza che dirige tutto ci
che comprende la natura. Cos come luomo possiede un elemento direttore, che la
mente, alla stessa maniera nel mondo c il logos, che ha la funzione di essere
lelemento principale, dirigente, hegemonikon. Luomo si trova nel cosmo, che un
corpo polimero (soma polimers), come se fosse uno delle sue membra (Ep. 95, 52).
Ci nonostante, luomo ha un centro peculiare, un timbro di individualit che lo fa
singolare in mezzo alla natura, penetrata sempre dal logos. Questo timbro lo spirito.
Luomo costituito, condotto dallo spirito animico: pneuma psychicon dal quale
procedono le operazioni conoscitive; come un logos spermatikon, capace di
sviluppo senza limite tramite leducazione e la cura. Prima il bambino riceve lo
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pneuma come physis, che dirige lo sviluppo nellinfanzia e nella pubert. Ma non
diviene ragione se non nellet adulta. Tutti gli dei possiedono la ragione in pienezza.
Nelluomo, solo il saggio si lascia possedere da essa e cos acquista la sua genuina
personalit in mezzo alla natura e al logos (De tranquill. Animi, II, 1).
Nonostante il parlare di materia, come se ci fosse un materialismo universale, gli
stoici, e Seneca in particolare, diffendono la forza spirituale del logos e delluomo,
come elemento distintivo nella sua singolarit. Il logos si trova nelluomo, ma non
lannulla: lo lascia nella sua individualit e gli conferisce la sua forza.
Per la possessione di questa natura singolare, la cui virt nella ragione, ogni
uomo possiede la coscienza e la libert. La coscienza e la capacit di possedere s
stesso sono la spiegazione della libert, che si concede a chi ha raggiunto lo sviluppo
del logos. Seneca si occupato di spiegare come si pu svegliare nellindividuo questa
coscienza di essere uomo, di poter sviluppare la sua personalit, seguendo limpulso
della forza che la sua natura gli ha dato.
Tutta lEpistola 121 si riferisce alla formazione delluomo per raggiungere lo
sviluppo pieno dei principi e delle ragioni seminali che la natura gli ha dato. Tratta
Seneca di dare ragione della costituzione delluomo, dellinsieme delle qualit che lo
fanno essere questo individuo concreto. Per arrivare alla pienezza si deve seguire la
natura, le sue tendenze e principi. Luomo ha una coscienza della sua natura, che sente,
ma che spiega con difficolt (Facilius natura intelligitur quam enarratur). Il bambino
non sa dire in che cosa consiste la sua costituzione naturale, ma ha in qualche modo
coscienza di essa. Noi sapiamo che abbiamo lanima; ma che cos, come e dove ,
non lo sappiamo... Tutti conosciamo che dentro di noi c un principio dei nostri
movimenti, ma che cos, lo ignoriamo (Ep. 121, 5). Appare lio, guidato dalla natura.
La natura non mi spinge solo allinfanzia o alla giovent, ma ad essere me stesso (me
natura conmendat).
La dottrina sulla perfezione dellindividuo, resa possibile da dentro per la tendenza
che d la stessa natura, soffre una restrizione nelle dottrine stoiche e anche in Seneca,
perch si pensa che la maggioranza degli uomini non si lasciano condurre da questo
principio fino ad esaurire le loro possibilit, cio non diventano uomini autentici, ma
rimangono in fieri. Soltanto il saggio raggiunge la perfetta personalit. Seneca
condivide con gli stoici lammirazione per questo genere di vita contemplativa.
Aristotele diceva che era come la partecipazione alla vita divina, la cosa pi alta che c
nelluomo; il nous la cosa migliore delluomo. Dal secolo V, e durante un migliaio di
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anni, tutti gli eredi della cultura antica rivolgono lo sguardo alla contemplazione per
trovare la vita felice delluomo.
Gli stoici, con questa convinzione, non solo evitano il nome di saggio (come gi
avevano fatto i discepoli di Pitagora, per umilt) per chiamarsi filosofi, ma lo
pongono come esempio di vita perfetta. La natura ci da la ragione, ma solo il saggio la
sviluppa in modo perfetto.
Questa partecipazione piena alla vita della ragione concede al saggio due grandi
caratteristiche, per le quali la sua personalit raggiunge una pienezza, che manca ad
altri: autarchia e libert. Seguendo la ragione, il saggio acquista la genuina sufficienza
per la sua vita e, per essa, lautentica libert di fronte al mondo, agli dei e a se stesso.
Seneca sviluppa ampiamente questi temi, e in essi include lantropologia e la morale, e
li propone come il grande ideale della vita umana.
Autarchia, un concetto che si svilupp in Occidente, ma che ha la sua origine
nellOriente cananeo, dove il concetto di perfezione nelluomo fu inteso come capacit
di avvalersi di se stesso senza dipendere dagli altri. Il saggio deve essere un principio di
se stesso, lorigine delle sue proprie decisioni, non schiavo di nessuno, perch questa
la tendenza di ogni uomo. Queste caratteristiche le acquista per la virt, per
leliminazione di tutte le alienazioni a cui sottomesso. Per Seneca la virt, cio il poter
seguire la natura e conformarsi ad essa, fine a se stessa. E come la virt dentro
delluomo, ne consegue che il saggio, per mezzo della virt, pu trovare il fine dentro di
s. La virt allora premio in s stessa. Il saggio inoltre vive tutte le alienazioni, ci che
difficile alla maggioranza degli uomini, che passano per la vita senza saper realizzarla.
Il saggio tratta innanzitutto di realizzare la propria vita, di viverla in pienezza. Ma
ci pone il principio di autosufficienza, di indipendenza, di essere s stesso e non
unaltro.
Il saggio si distingue anche per la libert, che deve conquistare. La vita in
qualche modo una lotta per la libert: vivere, Lucile, militare est (Ep. 96,5). Perci si
fa necessario confrontarsi con tutto ci che minaccia la propia interiorit. Questa
conquista si fa in due momenti della lotta: uno vincendo il nemico da fuori e laltro
partecipando pienamente nellordine della natura.
Laffermazione di se stesso ci prepara il campo per la battaglia contro tutto ci che
non siamo e che ci minaccia. La personalit pu essere distrutta dai timori e dai
desideri: timore di perdere ci che ci piace, e desiderio di possedere ci che ci
stimola. E necessario che il saggio, se non vuole perdere lautonomia e convertirsi in
11
- Il concetto di natura.
Per Boezio la natura non equivalente al concetto di physis, ma piuttosto di
ousia. Pi che un mondo di realt di tipo aristotelico, ci troviamo in un ordine ideale
di essenze e concetti, di orientamento neoplatonico. C un predominio del dialettico
sullontico. La natura che si prende come essenza o ousia si intende come concetto
onnievolvente, cio come riferita a sostanza e non solo come a corpo.
Il modo pi comune di intendere la natura come essenza. In questo caso
comprende tutto lessere, perch si dice di tutti gli esseri. La sua estensione la
massima. Non resta fuori se non il nulla.
Secondo Aristotele, si chiama natura, in senso metaforico, ogni sostanza, perch
anche la natura una classe di sostanza. Questo si fonda nel fatto che la natura, intesa
come principio produttivo dellessere, termina la sua azione nella formazione delle
sostanze. La sostanza il fine di ogni generazione. Perci pu esserci tra entrambe
qualche equivalenza. E Boezio va pi in l, e comprende nel concetto di sostanza ogni
essere che possa intendersi come principio di azione.
C un modo pi ristretto di intendere il concetto di natura quando si applica solo
al corporeo: natura est principium motus, secundum se, non per accidens (Liber de
persona, c.1). E unallusione al concetto ilemorfico di Aristotele, nel quale lessenza
dellessere materiale non solo la forma, ma anche la materia. Prevale ancora una volta
lidea di natura come principio di azione, come fonte originaria di tutto ci che si
produce.
Infine Boezio intende la natura come principio specificante. Per la natura ogni
cosa sar ci che e si differenzier da tutto il resto (Natura est unamquamque rem
informans specifica differentia).
Nel preferire questo modo di intendere la natura, Boezio lascia lambito ristretto
del corporeo e si istalla nelluniversalit della prima accezione, e in pi segue la linea
del platonismo che ascrive lessenza delle cose alla forma, e in questo pure daccordo
con il profondo aristotelismo: la forma da lessere, costituisce la specie, principo di
ogni attivit e distinzione. Per tutto ci gli esseri si manifestano e si costituiscono per la
forma.
- Il concetto di persona.
Per Boezio impossibile trovare la persona fuori dallambito della natura, perch
sarebbe una persona senza differenza specifica, senza essenza, e in pi cadrebbe fuori
dallambito dellessere; sarebbe come il nulla. La persona allora inclusa nella sfera
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della natura, come specie dentro il suo genere. Ma quali nature sono persone? Per
risolvere questo problema, Boezio ricorre allalbero di Porfirio. Si trattta di scendere dal
p generico e comune al pi particolare nellambito della natura, fino a trovare la
persona.
Orbene nella natura si trovano sostanze e accidenti. La persona si deve cercare tra
le sostanze. Queste possono essere concrete e universali, e quelle concrete, corporee e
incorporee. E possibile che le persone si trovino in entrambe. Ma le corporee possono
essere persone solo se sono viventi, sensibili e razionali. Ci sono due tipi di sostanze
razionali: le une di per s immutabili e impassibili, e le altre mutabili e passibili. Tutte
convengono nellessere razionale e per ci la persona si trova in tutte: At hominis
dicimus esse personam, dicimus Dei, angeli (Liber de persona, 2, 1343 B).
Per questa via siamo arrivati al campo della natura nel quale si danno le persone:
solo nelle sostanze concrete dotate di capacit conoscitiva. Ma la sostanza non solo
concreta. Boezio ha parlato prima del campo delluniversale, perch ha nella mente non
solo le idee platoniche ma anche la realt dei concetti universali. Linflusso
neoplatonico gli fa valorizzare la sfera delluniversale come il campo privilegiato del
reale. Ma nel momento di trovare in esso la persona, questa realt si fa impalpabile. Lui
avverte che luomo universale platonico non persona.
Frutto di questo discorso dialettico, condotto con rigore, che la persona non si
trova se non nellambito della natura o dellessere sostanziale, razionale e individuale.
Cos definisce la persona: Persona est naturae rationalis individua substantia (Liber
de persona, 3, 1343 D).
Raggiunta la distinzione tra natura e persona, Boezio tratta di applicarla. Il mondo
personale comprende luomo, gli angeli e Dio. N luomo n gli angeli offrono nessuna
difficolt speciale, poich di loro basta sapere che partecipano, ciascuno a modo
proprio, della natura razionale. Il problema come applicare a Dio le due nozioni di
natura e persona.
Nel Liber de persona Boezio dedica alcune linee a spiegare come si realizzano
nelluomo i diversi momenti ontici che implica la persona. Luomo una totalit, a cui
competono la natura o lessenza; ha l autonomia nel suo essere, non in un altro e per
ci gli compete la sussistenza ed soggetto di accidenti. E quindi vera sostanza ed,
esssendo individuo di natura razionale, vera persona (Liber de persona, 3, 1345 A).
Boezio, in questa ricerca sulla persona, prende gli elementi della tradizione, li
unisce e li formula in un linguaggio filosofico con il marchio delloriginalit. Lui
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riuscito a trovare una struttura consistente: la base della persona lessere sostanziale.
Per ci ha lautonomia ed soggetto. La sua differenza la spiritualit, per tanto ha
ragione. Questo essere esige costituirsi come totalit identica, nettamente diverso dagli
altri. Le moderne concezioni dell essere-in-s e dell essere per s si trovano
implicite in Boezio.
La relazione tra persona e natura non costituisce alcun problema in Boezio. La
persona emerge nellambito del razionale, una natura peculiare pi perfetta alla quale
compete la libert e la conoscenza. La sua azione , dunque, regolata non da leggi fisse
e immutabili, ma dalla provvidenza e dalle decisioni del libero arbitrio.
Boezio si muove preferentemente nellordine logico. Come buon dialettico cerca
prima la chiarezza nei concetti. Pretende di trovare una definizione chiara accettabile
per tutti. Questo il suo merito. Ma non riuscito a formulare una dottrina coerente,
capace di integrare tutti gli elementi che lui stesso ha scoperto. Per esempio, il suo
pensiero oscilla tra la sostanza individuale e la relazione: o relativizza la sostanza o
sostanzializza la relazione. E in questa fluttuazione ha anticipato il posteriore sviluppo
del tema, che puo essere ridotto a questi due poli. Per gli scolastici conta di pi la
sostanza; per i moderni, invece, la relazione.
a) Precedenti storici.
Lapporto di J.-J. Rousseau (1712-1778) molto importante. Alla fredda analisi
della scienza illuministica, lui oppone la penetrazione intuitiva del sentimento. Il suo
pensiero tuttavia paradossale e oscillante. Daccordo con lIlluminismo egli fa della
felicit e dellutile il significato della vita, la pietra di paragone per accettare o
respingere concezioni e sistemi.
Nel I Discorso d una risposta negativa al quesito dellAccademia di Digione.
Il progresso delle arti e delle scienze non ha contribuito, secondo lui, al miglioramento
dei costumi, anzi li ha corrotti. Nel Discorso sullorigine e i fondamenti
dellineguaglianza tra gli uomini, in consonanza con il I Discorso, egli afferma la
fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini, che propria della natura originaria
delluomo, capace di soddisfare i suoi bisogni spontaneamente. Questa spontaneit
primitiva per superata dallineguaglianza dovuta al vivere sociale, giacch, secondo
lui, la societ porta nel suo seno un pi o meno stato latente di guerra. Il primitivo,
invece, vive nella felice ignoranza, incapace di fare il male, perch non sa cosa sia il
male.
La visione antropologica di Rousseau si riassume nella celebre frase dellEmilio:
Tutto bene nascendo dalle mani dellAutore delle cose; tutto degenera tra le mani
delluomo. Per tanto, si deve tornare alla natura. NellEmilio, la Nuova Eloisa e il
Contratto sociale, Rousseau spiega come avviene questo ritorno nellindividuo, nella
famiglia e nella societ.
Petruzzellis scrive (N. Petruzzellis, Il pensiero politico e pedagogico di J.
Rousseau, Bari, Adriatica 1958, 183) che il pensiero di Rousseau rimane ancora troppo
prigioniero della realt sensibile [...] e cos si depaupera e si fa soverchiare da pi forti
ispirazioni irrazionalistiche. Ed appunto a queste che la cultura radicale si richiama,
ma portandole alle estreme conseguenze di un ottimismo naturalistico senza alcun
limite.
Anche il Marchese di Sade (1740-1814) offre un modello ispiratore alla cultura
radicale. La dissolutezza della sua condotta e lestrema immoralit dei suoi scritti
testimoniano unimmagine pervertita in sommo grado. Per lui, ateo, antireligioso,
materialista, pessimista, deificatore della natura, non v altra legge che listinto, n
altra verit che il male. E il rifiuto di ogni norma superiore allindividuo, il rifiuto di
Dio (lo stravagante sistema deifico, limpostura, la chimera divina). Tutti questi
22
mondo dei desideri, delle emozioni, dei bisogni, ecc. E impossibile dire in poche parole
tutte le implicanze che questa svolta comporta: ogni campo del sapere scientifico,
letterario, storico, sociale, etico coinvolto in questa che possiamo chiamare
unautentica rivoluzione culturale. Per usare unespressione di S. Nicolosi (Cf. La storia
della filosofia come problema, in Aquinas 31 (1988) 459-476), dalla Galassia
Gutenberg siamo passati alla Galassia Marconi. La prima espressione della
chiarezza razionale e sistematica, della fede nel valore rappresentativo di una realt
assoluta. La Galassia Marconi, invece, la galassia della creativit continua ed
imprevedibile del nuovo; la galassia che ci permette di scomporre e ricomporre gli
elementi del reale, di costruire un mondo di immagini, che non pi la rappresentazione
di un mondo di realt, ma rappresenta soltanto se stesso come espressione della nostra
creativit. E la galassia delleffimero che porta alla cultura e talvolta al culto
delleffimero.
b) I padri delle crisi: Nietzsche, Heidegger e Wittgenstein.
Premessa questa visione dinsieme si fa necessario risalire a quei pensatori che si
possono definire i padri della crisi della ragione e ai suoi attuali esponenti. Allinterno
di questa svolta epocale, tre pensatori possiamo individuare come responsabili della
crisi della verit e della ragione: Nietzsche, Heidegger e Wittgenstein.
Nietzsche si pone di fronte allinterrogativo di Kant: Come sono possibili i
giudizi sintetici a priori? e lo sostituisce con questaltro: E perch necessaria la fede
in siffatti giudizi?. E evidente che egli sostituisce alla verit linterpretazione. E
ancora: Kant pone in discussione le condizioni di possibilit di conoscere, ma ne
presuppone il senso e il fine; Nietzsche, invece, mette in dubbio proprio questo: Posto
pure che noi vogliamo la verit: perch non piuttosto la non verit? E lincertezza? E
perfino lignoranza?. Non ha senso dunque il discredito dellapparire rispetto
allessere: che la verit abbia maggior valore dellapparenza, non nulla pi che un
pregiudizio morale... S, che cosa ci costringe soprattutto ad ammettere che esiste una
sostanziale antitesi di vero e falso? (Al di l del bene e del male, 7).
In tal modo tutto viene negato: la natura, la verit, le essenze, il soggetto e perfino
il mondo apparente: Abbiamo tolto di mezzo il mondo vero: quale mondo ci rimasto?
Forse quello apparente? [...] Ma no! Col mondo vero abbiamo eliminato anche quello
apparente (Crepuscoli degli idoli ovvero come si filosofa col martello). Scompare cos
ogni discriminante tra vero e falso, tra reale e ideale, tra buono e cattivo. Il valore non
24
qualcosa in s, ma un punto di vista, legato a una particolare forma di vita, il cui tratto
fondamentale la volont di potenza.
Heidegger, studioso e commentatore di Nietzsche, ha messo in crisi in Essere e
tempo tutto il pensiero occidentale, denunciando luniversale oblio dellessere. La
ricerca del senso dellessere, che costituisce il problema fondamentale della filosofia,
possibile solo andando alle cose stesse, come diceva Husserl; pertanto, lontologia
non possibile se non come fenomenologia, il che comporta il lasciar vedere da se
stesso ci che si manifesta (Essere e tempo, 99) e, di conseguenza, la differenza
ontologica tra essere ed ente.
A suo dire la metafisica classica, da Platone in poi, ha dimenticato questa
differenza, ha concepito il pensiero come rappresentazione, dove lessere conosciuto si
configura come essere-presente, per cui ha finito per occuparsi dellente dimenticando
lessere (Introduzione alla metafisica, 207).
Cos il superamento della metafisica implica il rifiuto del sapere teoretico-
rappresentativo, espresso con molta chiarezza alla fine di La sentenza di Nietzsche Dio
morto: La ragione glorificata da secoli la nemica pi accanita del pensiero
(Sentieri interrotti, 246). Con ci Heidegger non intende negare la ragione in se stessa,
bens la ragione come fondamento, traducendo nel modo pi fedele la famosa sentenza
di Nietzsche, il cui significato prioritario non sta nellenunciazione metafisica che Dio
non esiste, bens nella negazione epistemologica del fondamento, ovvero della ragione,
senza cui non ha neppure senso chiedersi se Dio esiste.
Wittgenstein, nel suo Tractatus, aveva concepito il linguaggio come immagine
del mondo e affermato come unico linguaggio significante quello scientifico. Ma nelle
Ricerche filosofiche precis che anzitutto il linguaggio non esprime pi relazione con la
realt, ma con luso proprio del contesto sociale, e ci porta inevitabilmente
allimpossibilit della verit. E se il significato si riconduce alluso, pur non essendo
negazione della teoria o della struttura, certamente la negazione della pretesa della
verit a valere universalmente e assolutamente. Cos si arriva al tramonto della verit
oggettiva e metafisica, al tramonto della concezione metafisica del soggetto e al
tramonto della concezione dellessere come fondamento.
Questi sono i presupposti filosofici del liberalismo radicale. Vediamo ora le sue
principali caratteristiche riguardo al concetto di uomo.
25
c) Luomo liberal-radicale.
La mentalit radicale diffusa soprattutto nel mondo giovanile e veicola una
concezione delluomo alquanto complessa e al tempo stesso fluida, non riducibile a una
forma unica ma individuabile dai suoi tratti fondamentali.
- Luomo liberal radicale un individuo.
Nellantichit Protagora aveva definito luomo come la misura di tutte le cose; il
radicalismo si pone sulla stessa lunghezza donda, concependo luomo come individuo,
perfetto nella sua natura originaria, pura soggettivit, spontaneit assoluta, assoluta
autosufficienza, che non ammette nulla di superiore e trascendente a s. Gi Max Stirner
aveva indicato nellindividuo il punto di riferimento assoluto: Al pari di Dio, sono il
nulla di tutto laltro, e per me sono il mio tutto, sono lio come lunico... Non c niente
al di sopra di me (M. Stirner, LUnico 42-43).
Questa reificazione del soggetto, oltre a comportare lo svuotamento della propria
interiorit, fa s che lio si attacchi allimmediato e alleffimero, riponendo la propria
fiducia nei desideri che si succedono uno dopo laltro senza tregua. Da ci quella
superficiale ansiet che porta allestranazione da s, dagli altri e dalle cose, in una
parola, allisolamento, che non da confondere con la solitudine: questa la condizione
indispensabile affinch luomo dimori con s e maturi le grandi decisioni che lo fanno
crescere in umanit nel suo essere e operare; lisolamento, invece, accompagnato dalla
paura di se stessi e, perci, dallevasione continua del proprio vuoto interiore verso il
finito in cui trovar quiete.
Luomo radicale, vivendo cos dal di fuori, incapace di amare. Lamore, infatti,
spezza lisolamento e la chiusura; lamore comunicazione, scambio, dono. Lio
radicale, al contrario, riduce lamore a possesso e ricerca il piacere, in quanto vede
laltro come mezzo per il proprio godimento e, per tanto, non ha nulla da comunicare,
da donare.
- Luomo liberal-radicale buono per natura.
La cultura radicale ritiene luomo buono per natura. E qui la nostra mente va, oltre
che allottimismo naturalistico di Rousseau, ancora allo stesso Stirner, che nella sua
famosa opera scriveva: Alla sentenza cristiana noi siamo tutti peccatori, io oppongo
questa: Noi siamo tutti perfetti.
Poich il radicalismo finisce nel nichilismo, dovremmo concludere con un
profondo pessimismo; e, invece, qui incontriamo una visione pienamente ottimista della
vita. Ma questa contraddizione si spiega perch i radicali partono dalluomo concepito
26
come individuo e non come persona, il che toglie ogni tensione allessere e al dover
essere, mancando il fondamento che lo spirito. Allora tutto buono quando si parte
dalluomo cos inteso, perch tutto sullo stesso piano, senza distinzione alcuna. Se
lunica realt limmediatamente visibile e verificabile, necessariamente il radicalismo
deve confondere lo spontaneo col razionale, listinto col logico, il comodo col buono. In
realt ci troviamo di fronte a una vera e propria mutilazione delluomo, a un individuo
ridotto al piano della pura sensibilit.
Questo spiega le insistenti campagne attenenti al sesso, che il radicalismo solleva
continuamente (campagna per laborto libero, per la liberalizzazione sessuale, per
lomossesualit, per i mezzi anticoncezionali, per il matrimonio solubile, ecc.), che sono
difatti semplicemente applicazioni operative coerenti con la concezione delluomo
identificato con listinto e il desiderio.
- Luomo liberal-radicale pienamente autonomo.
Il liberalismo rifiuta sistematicamente ogni norma di carattere oggettivo in quanto
condizionante la libert, che deve essere assoluta e incondizionata. Non esiste un ordine
metafisico o comunque non lo si pu conoscere; quindi se non vi certezza di verit
non v legge morale o regola degli atti umani. La norma la natura, la volont
individuale.
E chiaro che la libert, di cui si parla, vuota di contenuti e finalizzata a se stessa;
una libert negativa, che si ferma alla periferia delluomo e non si radica nella
profondit del suo essere. La vera libert invece la capacit di autodeterminazione
finalizzata alla crescita e alla formazione della personalit. La libert cos intesa
radicata nella ragione.
La pienezza di autonomia, di cui parla la mentalit radical-liberale sinonimo di
indipendenza da tutto e da tutti. Dove non c un fondamento metafisico non si pu
giustificare una legge morale: il soggetto opera secondo quel che gli piace e gli torna
utile. Luomo radicale provvede solo a s e vive murato nel suo individualismo, quasi
fuori dello spazio e del tempo, incapace di relazioni e comunicazione con gli altri. La
libert, perci, si riduce a soddisfacimento di innumerevoli diritti, senza doveri, che la
societ obbligata a garantire.
In questo progetto, dunque, lindividuo lAssoluto, non Dio. Lesistenza di Dio
comporterebbe una limitazione per luomo. E allora, come gi diceva Dostojevsky: Se
Dio non esiste tutto permesso.
27
3. Antropologia social-marxista.
- Elementi generali dellantropologia marxista.
Presentiamo soltanto le linee portanti del marxismo. Bisogna anzitutto distinguere
tra marxismo assoluto, che fa capo a Marx e ai suoi primi seguaci, e marxismo relativo
di stampo pragmatista. Noi punteremo sul primo.
Lantropologia marxista trova il suo luogo naturale nel materialismo che, secondo
lespressione di Feuerbach, pone luomo sui propri piedi, in opposizione
allidealismo. Marx fa della materia la causalit primaria, ma poich egli non si mai
liberato dalla dialettica hegeliana, quando parla della materia non la considera in se
stessa, ma come materia nella quale contenuto e racchiuso tutto il dinamismo del
discorso umano, essendo le determinazioni dello spirito, essenziali nella dialettica di
Hegel, come iniettate nella materia. Ne deriva unambiguit fondamentale che rimarr
sempre. Ed propio questo rapporto dialettico tra uomo e natura che diversifica il
materialismo di Marx da quello precedente e lo qualifica come materialismo storico e
dialettico. Lambiguit che esso rappresenta meriterebbe ampio approfondimento, ma
solo sottolineeremo alcune strutture portanti.
In un testo famoso Marx scrive: I filosofi hanno soltanto diversamente
interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo (Marx-Engels, Tesi su Feuerbach).
Questa tesi fonda con chiarezza il materialismo storico come filosofia della prassi, dove
la filosofia non intesa come riflessione astratta o speculativa, o come ideologia, ma
29
come impegno concreto mirante al miglioramento della societ. Egli sostiene con forza
che non sono le idee che fanno da guida alla storia, ma sono le situazioni concrete, i
rapporti economici che, suscitando le diverse culture e mentalit, guidano gli eventi
storici.
La produzione delle idee direttamente intrecciata allattivit materiale e alle
relazioni materiali degli uomini. Il pensiero e le rappresentazioni procedono
direttamente dal comportamento materiale. Sono gli uomini i produttori delle loro
rappresentazioni e idee, ma gli uomini reali, operanti. La coscienza non pu essere mai
qualcosa di diverso dallessere cosciente, e lessere degli uomini il processo reale della
loro vita. Esattamente allopposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che discende
dal cielo sulla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cio, non si parte da ci che gli
uomini dicono, o pensano, per arrivare agli uomini vivi; ma si parte dagli uomini
realmente operanti e cos si spiegano le idee. Lobiettivo, dunque, quello di agire sul
reale, per modificarlo e, pertanto, lazione misura il pensiero, la prassi fa la verit del
sapere.
E questa una filosofia pi profonda di un semplice pragmatismo o di un
materialismo meccanicistico. Tutto il sapere dialettico ordinato a quel fine pratico che
la lotta rivoluzionaria. Come in Hegel, infatti, cos in Marx, la storia ipostatizzata e
tutto ad essa va subordinato; ma mentre nel primo la storia umana storia di idee,
epifania della ragione, nel secondo storia di rapporti economici, guidata appunto dalle
forze economiche costituenti.
E vero che Marx non riduce tutta la vita umana alla sola dimensione economica,
perch luomo anche eticit, religiosit, diritto, ecc., ma anche vero che questi fattori
non sono autonomi, dal momento che li concepisce come ideologie, sovrastrutture
dipendenti e subordinate dalla struttura reale della societ umana, che quella
economica.
Questa teoria di Marx forse non stata mai consegnata alla storia allo stato puro,
perch subito il suo amico Engels ne ha dato uninterpretazione che lha travisata
alquanto. Marx assume la dialettica di Hegel e la capovolge, la rimette in piedi, la
trasporta dalla mente ai fatti, dalla coscienza infelice alla realt sociale in
contraddizione. In sostanza, ogni momento storico genera nel suo seno delle
contraddizioni: sono queste la molla dello sviluppo storico.
F. Engels (1820-1895) fu per quaranta anni amico e collaboratore di Marx. Il
cosiddetto materialismo dialettico (DIAMAT), nucleo fondamentale della visione del
30
mondo del marxismo sovietico, ha i suoi testi fondamentali non tanto in Marx quanto
piuttosto in Engels. Marx, infatti, si era limitato ad assumere la dialettica come metodo
per interpretare la storia e la societ. Engels, invece, sotto gli stimoli del positivismo,
della teoria evolutiva e degli sviluppi della scienza, estende linterpretazione dialettica
alla natura, stilando le tre leggi che restano invariate nel marxismo dialettico: la legge
del passaggio della quantit in qualit (grandi mutamenti quantitativi producono alla
fine cambiamenti qualitativi), la legge dellinterpretazione degli opposti (esistono in
realt contraddizioni oggettive che non possono venir considerate separatamente una
dallaltra) e la legge della negazione della negazione (il processo dialettico si svolge per
successive negazioni che danno origine a conformazioni sempre nuove). La dialettica ,
per Engels, la teoria dellintero universo, della storia sociale umana e del pensiero, e
non solo della natura. La dialettica, pertanto, movimento, in una parola identificata
con evoluzione progressiva. Cos frainteso non solo il pensiero hegeliano, ma anche
quello marxiano.
Il materialismo storico e dialettico (DIAMAT) diventato la dottrina
dogmatica, monolitica e totalitaria, dichiarata ufficiale nella Seconda Internazionale
(1889), il marxismo ortodosso presente nei manuali scolastici e insegnato nelle scuole
dellURSS e dei maggiori partiti comunisti del mondo, fino al crollo del 1989.
Senza dubbio, il ceppo originario dellantropologia social-marxista rimane la
teoria marxiana. Col passar degli anni essa, mutando elementi di alcune correnti
filosofiche, sub diverse interpretazioni, elaborazioni e sviluppi dando luogo ai vari
marxismi.
- Luomo social-marxista.
La preoccupazione antropologica attraversa tutta lopera di Marx. Per luomo
Marx spende tutte le sue energie, con lo scopo di liberarlo dalloppressione e dallo
sfruttamento. Questo si dimostra facilmente, non soltanto nei continui tentativi di
fondare e rifondare riviste, ma anche nei suoi scritti. Il suo obiettivo era la liberazione
delluomo come fine ultimo della ricerca e dellazione. In fondo questo stato,
senzaltro lelemento che ha dato al marxismo, e da ancora in alcuni paesi, un fascino
irresistibile presso le grandi masse popolari: ritenere cio che questo sia lunico sistema
capace di ascoltare il grido dellumanit sofferente e di instaurare lordine e la giustizia.
Affrontando il tema dellumanesimo marxista (di Marx e delle altre revisioni), lo
troviamo sempre strettamente collegato al tema della religione. Infatti, lantropologia
marxista, fondandosi sulla nozione di uomo come essere naturale o generico, e in
31
In questo modo luomo defraudato del suo specifico, ossia della sua natura e
quindi della sua interiorit, costruito come dallesterno, cio dalla situazione in cui si
trova e dai rapporti che intesse. Questo davvero paradossale, se si pensa allimpegno
di Marx e dei suoi seguaci nel lottare contro loppresione delluomo per realizzare il
regno della libert. Sappiamo che la aspirazione delluomo alla libert non si soddisfa
con solo la libert politica, ma soprattutto con quella interiore, non alienata, che si fonda
sulla ratio. In tutti i tipi di marxismo questultima negata in radice.
- Luomo social-marxista prassi produttiva.
Questa connotazione strettamente connessa con quella precedente. Infatti, dove
non esiste gi una natura umana, essa deve farsi. Si tratta adesso di capire come avvenga
questo farsi, come cio lesistenza concreta realizzi la sua priorit sullessenza.
Questo come dato dal lavoro. Secondo Marx (e tutti i marxisti ne sono daccordo)
luomo produce se stesso attraverso il lavoro. Egli scrive a questo propposito: Si
possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per tutto
ci che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi dagli animali allorch
cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza... Producendo i loro mezzi di
sussistenza, gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale (Marx-
Engels, Lideologia tedesca, 8).
La natura umana si costruisce nel lavoro, nel rapporto tra uomo e natura. Il lavoro,
possiamo dire, ha un carattere teleologico, in quanto luomo, a differenza degli animali,
d uno scopo a ci che fa imprimendo nella natura il proprio fine. Luomo che lavora
anzitutto unaffermazione della propria personalit, una rivendicazione di libert nei
confronti della natura. La natura materiale gli si oppone, ma egli la domina riuscendo ad
imprimere ad essa le sue mete, i suoi scopi. Lintima natura della materia esercita cos il
rapporto di causa nei confronti delloggetto prodotto dalluomo col suo lavoro. C
dunque un rapporto di stretta dipendenza nei confronti della causa: non si pu
raggiungere quel dato effetto se non si lavora sulla materia che pu produrre loggetto.
Tale effetto , s, prodotto dalla materia, ma stato proposto e voluto dalluomo, che ha
dato alla materia il suo fine. E in questo rapporto di reciproca dipendenza tra uomo e
materia che la storia va avanti. E questo il senso di quanto Marx scrive nei Manoscritti:
luomo fa luomo, fa se stesso e laltro uomo (fa se stesso per laltro).
Il lavoro , dunque, lessenza delluomo che, nella sua propria attivit, realizza se
stesso. Ma se il lavoro non pi libero, bens alienato, luomo estraneo a se stesso,
ossia perde la sua libert perch non produce pi per realizzare se stesso e gli altri
33
uomini, ma produce solo in funzione della richiesta di oggetti da parte dellaltro uomo e
per stimolare sempre nuovi bisogni di oggetti. Da qui linsofferenza e insoddisfazione
delloperaio che deve lavorare solo per sopravvivere, del capitalista che condizionato
dalle richieste del mercato, e degli altri uomini che chiedono in base ai bisogni stimolati
dalla produzione capitalista.
Tutto questo mostra il ruolo determinante dellattivit trasformatrice, che diventa
fonte della realizzazione delluomo e del compimento della storia. Inoltre questa
attivit, intesa come pratica rivoluzionaria, consente il superamento della contraddizione
tra la dialettica necessaria della storia e limpegno volontario delluomo al servizio di
tale dialettica. La stessa filosofia, che ha come scopo la ricerca della verit, deve
rivolgersi direttamente alla prassi, al processo di trasformazione che la realt stessa e
fa la verit. In parole di Del Noce : con Hegel il mondo si fatto filosofia, dopo
Hegel la filosofia deve farsi mondo (Il Problema dellateismo, 286).
Ci che primario, perci, nelluomo social-marxista la prassi; ogni altro
valore e la stessa coscienza, che il sacrario pi intimo delluomo, sono determinati da
questa base materiale. Ecco un testo emblematico di Marx: La morale, la religione, la
metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse
corrispondono, non conservano oltre la parvenza dellautonomia. Esse non hanno storia,
non hanno sviluppo, ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro
relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realt, anche il loro pensiero e i
prodotti del loro pensiero. Non la coscienza che determina la vita, ma la vita che
determina la coscienza (LIdeologia tedesca, 13).
Si potrebbe obiettare che nel materialismo dialettico la posizione mutata
rispetto a questa di Marx; le sovrastrutture infatti non sono pi determinate dalla
struttura economica. Questo vero, ma vero anche che, mancando di un fondamento
ontologico, esse restano delle chimere, delle indicazioni del tutto deludenti, come cieche
vie che non portano alla meta desiderata.
Cosa pensare di questo uomo progettato da Marx? Dice bene al riguardo G.
Bucaro (Luomo libero in Carlo Marx, in Orientamenti sociali 33 (1977) 4): A noi
sembra che con la concezione marxiana ci troviamo dinanzi ad un chiaro razionalismo,
il razionalismo del farsi, che poi diventa il razionalismo della prassi... Allinterno di
questo discorso... il destino delluomo simile a un criceto che, allinterno della sua
gabbia, ha il ruolo di far girare sempre la ruota. Luomo, come il criceto, legato al
girare dellevoluzione, deve inserirsi in questa ruota e spingere ulteriormente. Se si
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ferma, tutto per lui finito. Il processo del divenire diventa cos il nuovo e
fondamentale limite alla libert delluomo. Infatti il limite alla libert delluomo dato
dal processo di autoproduzione: la necessit di produrre lo riduce a oggetto e mezzo per
la produzione.
- Luomo social-marxista uomo sociale.
Luomo di Marx non mai luomo singolo, individuo, e tantomeno persona, ma
luomo che nasce dal sociale e muore nel sociale, ossia luomo che attraverso la prassi
realizza se stesso come essere generico, come uomo totale, compiendo al tempo stesso
la storia. E quanto si deduce dai testi che seguono: Lumanit della natura c soltanto
per luomo sociale: giacch solo qui la natura esiste per luomo come legame per
luomo, come esserci delluomo e dellaltro per lui; e solo in quanto elemento vitale
della realt umana essa fondamento della umana esistenza... Dunque, la societ la
compiuta consustanziazione delluomo con la natura.... E poi continua: Lindividuo
ente sociale. La sua manifestazione di vita... quindi una manifestazione e
unaffermazione di vita sociale. La vita individuale e la vita generica delluomo non
sono distinte (Manoscritti, 227-228).
Sostenere queste tesi negare alluomo la sua consistenza ontologica, la sua
autonomia rispetto agli altri e rispetto alla storia. I testi di Marx mostrano che la pretesa
del suo umanesimo del tutto infondata. In tale visione, infatti, la persona pura
astrazione e cos pure la sua dignit. Maritain dice a questo proposito: Il marxismo
un umanesimo, umanesimo ateo in cui trova esito lumanesimo antropologico dei secoli
razionalisti. Ma questo umanesimo un umanesimo dellessere generico umano, un
umanesimo della natura umana dilatata e compiuta in societ umana, esso non sa niente
della persona umana come persona (La filosofia morale, Brescia, Morcellania 1971,
281). E ne da un giudizio severo: Limmolazione dialettica della persona tanto
completa nellordine spirituale quanto in quello sociale. Nonostante lardore
appassionato del suo slancio originario, lumanesimo marxista... finisce cos in un
fallimento (Ivi 283).
Questa perdita dellidentit irriducibile della persona e la sua totale e immanente
identificazione con la societ un dramma non solo speculativo, ma anche storico. Basti
ricordare quanti sistemi politici hanno fatto proprio il regime comunista al prezzo di
milioni di sacrifici umani, sia nellEst europeo che nei Paesi asiatici.
Risorge quindi il problema della libert di cui si parla continuamente in contesto
marxiano, ma non nel senso di libert personale, cio di quella libert delluomo di
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contenuto dottrinale, tra lesigenza etica e umana di Marx e la strada tracciata che non
pu portare a soddisfare questa nobile aspirazione.
Da questi pochi accenni dobbiamo concludere che nellantropologia social-
marxista ci troviamo di fronte a una visione puramente immanentistica della realt, e
che un dialogo tra marxismo e cristianesimo, a livello di principi, pu essere
significativo di fronte a quelli che vogliono, com il caso di Gramsci, laicizzare la
cultura.
Le due antropologie presentate (liberal-radicale e social-marxista), per quanto a
prima vista possano sembrare antitetiche, a uno studio attento si rivelano simili. Infatti
loro denominazione comune il primato della prassi, linstaurazione del regnum
hominis. Questo il fondamento che porta allunico risultato: lo svuotamento della
realt in genere e delluomo in specie. Difatti, in entrambi i casi ci troviamo di fronte a
un circuito chiuso: la natura o individuo per il primo, la cultura o societ per il secondo,
sono un tutto concluso che, vanificando la persona umana, rendono impossibile la
giustificazione e delluomo e di Dio. Questa deludente conclusione ci fa riscoprire la
verit di quanto Nietzsche, a pi di un secolo di distanza dai nostri giorni, aveva scritto:
Si avvicina lepoca nella quale si combatter la lotta per il dominio della terra; questa
lotta sar combattuta in nome di teorie filosofiche fondamentali (Frammenti postumi).
o, meglio, durata, non resta altro che guardare questo fluire nellatto stesso in cui
avviene.
Lunico principio che riesce a spiegare luniverso come durata e processo, non
per predeterminati, ma sempre aperti alla novit, lo slancio vitale. Questo slancio
vitale lo si coglie solo con lintuizione, ma non con lintelligenza, perch questultima
metafisicamente improduttiva in quanto, fissando la fluidit del reale (la materia) ci fa
vedere le cose fatte e ha di mira lutilit pratica: l uomo faber che costruisce la
scienza o la sfera della conoscenza utile per lazione, della quale Bergson contesta la
validit metafisica. Lintelligenza, quindi, lorgano della scienza; lintuizione, invece,
lorgano della filosofia.
Non chiara la definizione di intuizione; ma resta molto chiara, invece,
lopposizione tra intelligenza e intuizione e lintuizionismo e antintellettualismo di
Bergson, che ha tanto influito su varie correnti filosofiche e puntualmente su Scheler.
b) Il Vitalismo di F. Nietzsche (1844-1900).
Il crollo delle certezze positivistiche e del modello scientifico, basato unicamente
sul dato, fa sentire lurgenza di una ridefinizione dei valori che prelude alla scoperta
della dimensione a-razionale ed istintuale come base dellagire umano. In questo
contesto si situa la riflessione di Nietzsche, che lascia una traccia profonda non solo
nella speculazione, ma nella cultura di tutto il Novecento.
Nietzsche sostiene in La nascita della tragedia (1872) che la tragedia nasce come
sintesi di due opposte visioni del mondo: quella apollinea e quella dionisiaca, dalla cui
contrapposizione, da Socrate in poi, ha origine la morale dellOccidente. La classicit
greca non si pu intendere se non si tengono presenti queste due anime: quella
apollinea, fondata sulla ragione, sullautocontrollo e la repressione degli istinti e
quella dionisiaca, che lesaltazione entusiastica della vita, che gode del corpo e della
natura, ma che anche manifestazione di forze distruttive ed istintuali. Nella tragedia
questi due aspetti si fondono: alla razionalit della trama e dei personaggi si affianca il
dionisiaco del coro e della musica.
La rottura dellequilibrio raggiunto dai greci, col prevalere dellapollineo sul
dionisiaco, ha dato origine, a partire da Socrate, alla morale della rinuncia, degli schiavi,
usata per reprimere, insieme con gli istinti vitali, la potenza e il predominio dei forti. Da
qui Nietzsche procede a una sistematica trasvalutazione dei valori che avrebbe dovuto
trovare una compiuta espressione nellopera La volont di potenza, non portata a
39
termine e pubblicata postuma dalla sorella in base agli inediti interpretati e alquanto
manipolati.
La volont di potenza sostituisce alla vecchia tavola dei valori (platonico-
cristiana), che si fondava sul metasensibile, la nuova tavola di valori che si fonda sul
sensibile, su ci che terreno. Vi scongiuro, fratelli, siate fedeli alla terra, e non
credete a coloro che vi parlano di speranze ultraterrene. Essi sono dei manipolatori di
veleni, che lo sappiano o no (Cos parl Zarathustra).
Sotto questa critica il valore diventa un punto di vista, tutto ci che accresce la
vita, e disvalore tutto ci che ostacola laccrescimento; i fatti diventano interpretazioni,
la verit si identifica con lopinione. Significativo al riguardo il titolo di un paragrafo
di Cos parl Zarathustra: come il mondo vero fin per diventare favola.
Pertanto, ogni conoscenza oggettiva inconcepibile essendo interpretazione da
parte del singolo; scompare inoltre ogni metafisica e ogni fondamento naturale della
morale. E questo vuol dire eliminare ogni punto di riferimento assoluto, rappresentato
nel passato dalla figura di Dio, garante dellassolutezza dei valori e dellordine razionale
e finalistico del mondo; vuol dire, in altre parole, la morte di Dio, annunciata ne La gaia
scienza.
La morte di Dio implica, dunque, la nascita di una nuova umanit, di un Oltre-
uomo che riferimento a se stesso, creatore dei valori e della linea di demarcazione tra
il bene e il male. E luomo nuovo, la volont di potenza, che stabilisce i valori terreni
e sempre nuovi (Morale aristocratica, autonoma, dionisiaca).
Questo passaggio dalluomo al super-uomo non indolore, esige una separazione
netta col passato, un atteggiamento nuovo verso la vita che non va intesa in modo
lineare implicante finalismo, ma in modo ciclico, cio essa non ha n inizio n fine;
ogni attimo, ogni atto provvisto di valore e di senso in s, e si fonda su se stesso. Solo
se voluto e riconosciuto come proprio, il suo ripetersi per leternit non atterrisce. Ma
pu essere accolto con gioia. E questa la dottrina delleterno ritorno dellidentico.
Secondo linterpretazione heideggeriana, la problematica di Nietzsche
strettamente unitaria e si compone della volont di potenza, del super-uomo, delleterno
ritorno dellidentico. Essi fanno un tuttuno con la vita, lessere, il divenire.
vicende, tutta la sua vita e il suo pensiero. Col cattolicesimo mantenne tuttavia una
relazione tormentata, contrassegnata da un successivo ripudio (1900), da un entusiasta
ritorno (1915) e un definitivo abbandono (1922) in cui perseverer fino alla morte,
dovuta ad un infarto. Anche nella sua vita sentimentale ebbe a soffrire molto, con tre
successivi matrimoni.
Inevitabilmente queste travagliate vicende dovevano riflettersi sulla speculazione
di Scheler. Lesuberanza del suo carattere e la versatilit della sua intelligenza,
nonostante lesigenza di sistematicit, lo rendevano soggetto a continue oscillazioni,
sempre alla ricerca di nuovi campi di esplorazione.
Lincostanza anche la nota che accompagna la scelta dei suoi studi
(successivamente Filosofia, Psicologia, Medicina, Sociologia). Era fortemente attratto
dalle scienze biologiche, antropologiche e sociologiche, le quali costituirono per lui una
costante fonte di interessi.
Si pu dire che Scheler era uno spirito vorace e insaziabile. Le sue letture
spaziavano in un orizzonte vastissimo: scienze, letteratura, storia, sociologa, psicologia
e antropologia; in una parola, nessun campo del sapere gli rimasto estraneo e
indifferente.
Dallo spiritualismo e dal neokantismo, Scheler impar che le formazioni ideali
dello spirito sono indipendenti e irriducibili agli atti psichici; tuttavia sentiva la
difficolt di raccordare le une con gli altri. Husserl, col suo metodo fenomenologico,
che trova il suo punto cardine nell intenzionalit della coscienza, gli insegn la via
ideale per uscire dal dualismo in cui il kantismo e il neokantismo si dibattevano. A lui
stava a cuore saldare universale e particolare, cio garantire la comprensione della vita e
della persona umana nelle sue modalit quotidiane di esistere nel mondo storico e
sociale. E per un certo periodo la collaborazione tra Husserl e Scheler fu intensa.
Da Husserl prende gli strumenti del metodo fenomenologico, e cio loggettivit
della visione delle essenze e lintenzionalit della coscienza: principi che gli
garantivano di evitare lo psicologismo, come era avvenuto per Husserl e, al tempo
stesso, il formalismo kantiano. Applica cos il metodo fenomenologico alla vita morale.
naturale. E dopo aver criticato i moderni, che considerano lidea di Dio come
antropomorfica, conclude: Lidea di persona, applicata a Dio, non dunque
lespressione di un antropomorfismo! Dio piuttosto lunica persona perfetta e pura,
mentre il quid che pu chiamarsi col nome di uomo solamente una persona
imperfetta e analogamente intesa (Sullidea delluomo).
Sulla conoscenza ed il rapporto con Dio Scheler ha scritto uno tra i pi
significativi libri di fenomenologia della religione: Leterno nelluomo (1921). La prima
evidenza filosofica, dice Scheler, che c qualcosa, che non c il nulla. E dal prendere
coscienza che c qualcosa nasce lo stupore di fronte allessere. Ma dopo questa prima
evidenza, si presenta immediatamente levidenza che vi un essere assoluto
caratterizzato dallaseit, lonnipotenza e la sacralit. Nellesperienza religiosa si ha la
rivelazione del Sacro, e ad essa luomo risponde con la fede. Luomo pu sapere di Dio
solo in Dio.
Letica scheleriana vuole essere unetica rigorosamente personalistica, infatti al
culmine della scala dei valori sta la persona-amore, sia in quanto soggetto supremo di
valore morale, sia in quanto fondamento assoluto di ogni altro tipo di valore. E siccome
ogni comportamento morale tale in relazione ai valori pi alti, Scheler afferma che il
significato morale consiste nella glorificazione della persona e, in ultima analisi, della
persona delle persone, cio di Dio (Il formalismo).
In Essenza e forme della simpatia (1923), Scheler ci offre ancora il contributo pi
significativo riguardo allanalisi della vita emozionale in generale e della simpatia in
particolare. Si compone di tre parti: nella prima, che corrisponde alla pars destruens,
Scheler fa la critica alle teorie inadeguate sulla simpatia ed enuncia la sua dottrina sulla
stessa. Nella seconda svolge una ricerca fenomenologica sul significato dellamore e
dellodio: sostanzialmente critica il pansessualismo di Freud, lo spirito capitalistico e la
scienza meccanicistica. Nella terza affronta il problema della conoscenza dellaltro.
Scheler considera la simpatia come lunico autentico fondamento del rapporto
interpersonale: la simpatia, infatti, garantisce lautonomia della persona e la possibilit
della comunicazione e della comprensione. La simpatia non il contagio emotivo che si
scatena nelle masse. La sua vera funzione consiste nel distruggere lillusione solipsista e
nel rivelarci la realt dellaltro in quanto altro.
La simpatia, per, ha dei limiti. Essa, infatti, una forma di comprensione che si
ha nei limiti dei rapporti che ci legano alle altre persone: provo simpatia per unaltra
persona in quanto e nei limiti che fa parte della mia collettivit, famiglia, ecc. Solo
44
- Rilievi critici.
46
Scheler. Il sentimento un posterius non un prius, riconosce il valore non lo crea, non
lo costituisce n lo risolve in s, n capace di scoprirlo e realizzarlo isolato
dallintelligenza.
Anche K. Wojtyla si interessato della figura di Scheler, ponendosi la domanda se
e quanto il suo sistema fosse adatto ad interpretare letica cristiana. E, dopo unattenta
e documentata analisi comparativa delle due prospettive, risponde nelle Tesi conclusive
che il sistema etico, costruito da Scheler, fondamentalmente non si adatta alla
formulazione scientifica delletica cristiana a causa delle sue premesse fenomenologiche
ed emozionalistiche e, pertanto, non ci consente di definire in alcun modo il principio
obiettivo per cui un atto eticamente buono e un altro cattivo. Per fissare questo
principio bisogna passare dal metodo fenomenologico a quello metafisico, e per fare
questo il sistema di Scheler non ci pu aiutare. Tuttavia non possiamo privarci dei
vantaggi che offre: Esso d ai valori etici quel marchio di esperienza, li avvicina
alluomo concreto, permettendo di esaminare la vita etica dalla parte dei suoi fenomeni.
Con tutto ci, compie tuttavia un ruolo secondario e solo ausiliario (Wojtyla, Max
Scheler, 234).
nome della persona, il personalismo si presenta come unanalisi del mondo moderno, e
come protesta contro il suo stato di putrefazione avanzata.
Luscita dalla crisi deve tener conto dei fondamenti morali e religiosi, cio non
deve essere una rivoluzione disinteressata ai drammi della vita reale; deve, dunque,
consistere nella costruzione di una comunit di persone.
Il personalismo una filosofia, non un semplice atteggiamento, una filosofia e
non un sistema (Mounier). Nel saggio Il personalismo e la rivoluzione del s. XX, lo
stesso Mounier stabilisce alcune regole della strategia personalista: a) indipendenza
rispetto ai partiti; b) la stretta unione di spirituale e di materiale; c) spirito pronto a
cambiare direzione, pur di restare fedeli alla realt.
- Le dimensioni o strutture della persona.
Le opere p importanti di Mounier sono: Trattato del carattere, Libert sotto
condizione, Introduzione agli esistenzialismi, Che cos il personalismo, Il
personalismo. Sono importanti anche i numerosi articoli che scrisse nella rivista
Esprit.
Il personalismo di Mounier, non essendo un sistema, non vuole per essere un
semplice atteggiamento, ma una filosofia, che non rifugge come tale da mettere ordine
nei pensieri e da tentare una sistemazione. Non certo una sistemazione definitiva, ma
impegnata nel delineare quelle fondamentali strutture delluniverso personale, che la
persona va edificando nel suo movimento di personalizzazione.
Il personalismo uno sforzo globale per superare la crisi delluomo. Questo sar
possibile solo se si pone al centro della discussione la persona. Ma che cos la
persona? La persona non un oggetto, sia pure il pi meraviglioso che ci sia dato di
conoscere dal di fuori; essa lunica realt conoscibile e, al tempo stesso, costruibile
dallinterno. Presente dovunque, essa non ci data in nessun luogo.
Non per questo la persona qualcosa di ineffabile. Solo che, in quanto si esprime
attraverso unincessante creazione di situazioni, norme, istituzioni, nulla che la esprima
pu esaurirla. La persona unattivit vissuta come vocazione, incarnazione e
comunicazione. Queste sono le tre dimensioni della persona: Luomo chiamato a
meditare sulla sua vocazione, sul suo posto nel mondo e sui suoi doveri nella
comunione universale.
La persona unattivit vissuta come autocreazione, che si coglie e si conosce nel
suo atto come movimento di personalizzazione. A tale esperienza nessuno pu essere
condizionato n costretto. Ma chi rifiuta dimpegnarsi nellesperienza della vita
49
personale non pu penetrare luniverso della persona e ne perde il senso come si perde
la sensibilit di un organo che non funziona. Donde il paradosso centrale dellesistenza
personale: essa il modo propriamente umano di esistenza e, ci nonostante, bisogna
incessantemente conquistarselo. Cos la prima dimensione o struttura della persona la
vocazione.
Una seconda struttura lesistenza incorporata e incarnata. Diversamente dagli
spiritualismi antichi e moderni, che dividono luomo in due componenti indipendenti
materia e spirito - senza riuscire poi a collegarle, il realismo personalista vede la
persona umana originariamente immersa nella natura incarnata. Luomo corpo allo
stesso tempo che spirito: tutto intero corpo e tutto intero spirito. Il corpo influenza e
condiziona talmente lo spirito, che gli umori e le idee risultano forgiati anche dai fattori
biologici, climatici, sociologici. Ha ragione quindi il materialismo marxista a definire
luomo come un essere naturale. Ma ci si sbaglia se lo si considera soltanto un
essere naturale. La persona, infatti, pure incarnata nella natura, trascende la natura e ne
emerge con la sua attivit creatrice per personalizzare la natura stessa. Di ogni
problema pratico, dice Mounier, bisogna anzitutto trovare la soluzione sul piano delle
infrastrutture biologiche ed economiche, se si vuole che siano vitali le decisioni prese su
altri piani (Il personalismo).
La terza struttura la comunicazione. Essa costituisce, secondo Mounier,
lesperienza fondamentale della persona. Lindividualismo, ideologia dominante della
societ borghese occidentale, ha strutturato lindividuo sulla base di un atteggiamento di
isolamento e di difesa, assolutizzando il suo bisogno di possedere e sottomettere. Ne
risultato un uomo chiuso in se stesso, egoista, per il quale ogni vicino necessariamente
o un tiranno o uno schiavo. Secondo Mounier, la persona che star alla base della nuova
civilt si sviluppa solo purificandosi continuamente dallindividuo che in lei e
rendendosi disponibile agli altri. La prima esperienza della persona infatti lesperienza
della presenza al mondo e alle altre persone: essa non esiste se non in quanto diretta
verso gli altri, non si conosce che attraverso gli altri. La comunicazione il fatto
primitivo della persona. Si potrebbe dire che luomo esiste soltanto nella misura in cui
esiste per gli altri: essere amare. Latto di amore la pi alta certezza delluomo, il
cogito esistenziale irrefutabile: Io amo, quindi lessere , e la vita vale la pena di essere
vissuta (Il personalismo). Queste verit sono tutto il personalismo.
- Le altre strutture delluniverso personale.
50
bergsonismo, accoglie tutte quelle briciole di verit che sono compatibili con la
trascendenza. La sintonia con S. Tommaso gli consente in pi di fare sua la philosophia
perennis senza perdere mai di vista le nuove istanze del pensiero.
In quanto alla filosofia tomista, egli contrario a questa denominazione, per le
seguenti ragioni: a) questo epiteto sarebbe certamente dispiaciuto a San Tommaso; b)
non conviene indicare una dottrina filosofica col nome di un teologo; c) non conviene
indicare col nome di nessun uomo una filosofia che, identificandosi con la filosofia
perenne, deve rinnovarsi di generazione in generazione.
Nei suoi ultimi anni neppure lespressione filosofia cristiana gli sembrava
adeguata. A dire il vero non mi soddisfa molto giacch evoca non so quale confusione
o diminuzione della filosofia ad opera del cristianesimo, non so quale arruolamento
della filosofia in una pia confraternita o in una setta devozionale (Scienza e saggezza,
123). Anche ne Il contadino della Garona dice: Questi diavoli di parole filosofia
cristiana o politica cristiana, sono davvero imbarazzanti: sembrano quasi
clericheggiare una cosa secolare per natura e imporle unetichetta confessionale.
Filosofia della fede forse meglio di filosofia cristiana, ma si presta ugualmente ad
equivoci (Il contadino 214).
Ma occorre veramente un tale nome? Sarebbe meglio chiamarla filosofia
dellessere o ontosofia. La filosofia si muove nella comprensione dellessere, inteso
non come essenza, n come fatto empirico, ma come actus essendi.
Egli unfilosofo cristiano; non filosofo nelle cose del mondo e cristiano nello
spazio del sacro, ma un filosofo che, pur ammettendo la filosofia come perfetta opera di
ragione, non la separa della rivelazione, ma chiede alla grazia di sostenere ed elevare la
ricerca razionale.
Dopo aver perso Dio per autosufficienza, luomo ha smarrito lanima. Egli si cerca
invano: sconvolge il mondo per ritrovarsi ma trova solo delle maschere e dietro ad esse
la morte (Che cosa luomo?).
Poi la volta dellirrazionalismo, dellodio allintelligenza, del risveglio di una
dualit tragica fra la vita e lo spirito. Nietzsche ha proclamato lavvento del
superuomo, della volont di potenza, la morte della verit, la morte di Dio.
Il caso pi vivo di questa corrente il razzismo nazista. Esso si fonda sul
misticismo dellistinto che ha in odio la ragione. La sua religiosit demoniaca invoca
Dio, ma come genio protettore della gloria di un popolo o di uno stato o come demone
della razza.
Anche questa volta luomo non pi una creatura ad immagine di Dio, animata da
unanima spirituale; luomo una molecola del tutto politica e vive del tutto collettivo
in cui non c pi speranza n illusione di felicit e di libert, poich esso ha sete di
potere e si realizza nella violenza.
In conclusione possiamo dire che luomo moderno ha soffocato le sue aspirazioni
alla fratellanza, alla pace, alla libert, al progresso, alla felicit nel mito della Classe,
della Razza, della Nazione, dello Stato.
Dalla rassegna di queste prospettive distorte e riduttive scaturisce lurgenza di
ripensare a fondo cosa sia luomo. Dopo la grande delusione dellumanesimo
antropocentrico e lesperienza atroce dellantiumanesimo, il mondo ha bisogno di un
nuovo umanesimo, un umanesimo teocentrico o integrale che prenda in
considerazione luomo in tutta la sua grandezza e miseria naturale, nella totalit del suo
essere.
A questa antropologia, per cos dire storica, appena delineata, che tiene conto
del mutare delle istanze culturali e del tempo, Maritain affianca una antropologia
metafisica, come esame della struttura permanente e universale delluomo, che non
deriva dalla situazione e dal momento storico in cui vive, ma che propria della realt
profonda di ciascun uomo e riguarda la sua esistenza spirituale e definitiva in rapporto
non solo con la natura e con la societ, ma anche con Dio.
Molti sono i libri in cui Maritain tratta esplicitamente delluomo, e in tutti
sottolinea la tesi fondamentale: luomo persona. Tale definizione talmente ricca che
per penetrarla e coglierne tutte le implicanze richiede un maggiore approfondimento.
Anzitutto luomo persona: un tutto che sussiste ed esiste per la sussistenza e
lesistenza della sua anima spirituale [...] un microcosmo, che nella sua esistenza
57
Altra nota caratteristica della persona umana la sussistenza. Luomo, come ogni
esistente finito, composto di essenza ed actus essendi. Ora lessenza, perch non solo
riceva lesse, ma anche lo eserciti, necessita di questa dimensione metafisica nuova,
della sussistenza, cio di quellattuazione positiva che fa passare lessenza allactus
essendi. In virt della sussistenza la persona umana possiede la propria esistenza in
modo assolutamente suo, una totalit in cui il tutto interno a se stesso e in possesso
di se stesso. Possedendo se estesso, tale tutto fa sue lesistenza e le operazioni che
esercita: esse non sono soltanto di lui, ma a lui proprie. La sussistenza il sugello
ontologico della persona e della sua unit e il fondamento delle propriet della persona
nellordine morale.
Da quanto detto risulta evidente linfondatezza del rimprovero che stato mosso a
Maritain di aver misconosciuto la soggettivit. Si pu dire senza timore di aver smentito
che il sano realismo di S. Tommaso lo guida sempre quando tratta della realt in genere
e quando studia luomo in specie. Da S. Tommaso aveva appreso che Dio non crea delle
essenze alle quali darebbe come ultima rifinitura la sussistenza per farle poi esistere.
Dio crea dei soggetti... Essi hanno unessenza, si esplicano nellazione e sono per noi,
ciascuno nella loro realt individuale esistente, una profondit inesauribile di
conoscibilit (Breve trattato, 55-56).
E chiaro che il posto di preminenza delluomo rispetto al cosmo si giustifica in
base alla sua natura intellettuale (razionalit), che va intesa in tutta la sua portata e non
confusa con la natura fisica. Le aspirazioni delluomo allinfinito rimandano ad una
natura spirituale, alla natura cio pi perfetta del mondo creato, che anela addirittura a
diventare Dio. E gi emerso, inoltre, che il grado ontologicamente pi perfetto di
sussistenza quello della vita intellettiva delluomo, grazie alla sussistenza dellanima.
La grandezza delluomo sta nel suo spirito, che radicalmente intelligenza. E
lintelletto che specifica la sua natura, lo fa uno con se stesso mentre lo rende aperto
allessere totale, capace anche di superare ogni orizzonte limitato e di rientrare in se
stesso dalla dispersione dellesteriorit.
Lamore e il rispetto per lintelletto, unitamente allaffermazione della capacit
che esso ha di conoscere il reale, una delle costanti del pensiero di Maritain.
- Libero arbitrio e libert.
La metafisica della persona ha posto in rilievo gli elementi essenziali della
struttura costitutiva delluomo: lindividualit, la personalit, la sussistenza, la
razionalit.
59
nulla... senza di me potete introdurre nellatto e nellessere quel nulla che loffende. La
volont libera, perci, ha potere nullificante, nel senso che pu frangere la mozione
divina verso il bene: proprio in questa frazione che consiste il male.
- Uomo e societ.
Per capire il discorso sul rapporto tra uomo e societ bisogna discendere fino alle
radici metafisiche della questione. Come abbiamo detto ognuno di noi tutto individuo
e tutto persona, per cui se ogni persona un universo a se stesso, unico e irrepetibile, un
tutto, la societ che costituita da persone risulta un tutto composto da tanti tutti.
La societ un corpo sui generis, perch un tutto le cui parti sono dei tutti
con una propria autonoma esistenza. E il caso di ricordare quanto Kierkegaard molto
saggiamente sottolineava: mentre nel mondo animale la specie pi importante del
singolo individuo, nel mondo umano il contrario, perch il singolo un prius rispetto
alla comunit e ne costituisce un elemento essenziale al punto che essa non totale se
schiaccia il singolo o non tutela e promuove il bene di ciascuna persona.
Tutto questo ci fa concludere che la societ fatta per luomo. In breve possiamo
dire che una comunit pienamente umana secondo Maritain deve essere caratterizzata
dalle seguenti note: a) personalistica, perch riguarda la societ come un tutto di
persone la cui dignit anteriore alla societ; b) comunitaria, perch riconosce che la
persona tende naturalmente alla societ e alla comunione; c) pluralistica, perch
comprensiva del fatto che lo sviluppo della persona esige una pluralit di comunit; d)
teistica o cristiana, nel senso che riconosce, nella realt delle cose, Dio, principio e fine
della persona umana, e primo principio di diritto naturale anche il primo principio
della societ politica e dellautorit in mezzo a noi.
- Conclusione.
Maritain entra in dialogo con le altre proposte antropologiche. In Umanesimo
integrale, in maniera detagliata, ripercorre le tappe di quella che egli chiama la
tragedia dellumanesimo: dal Medioevo, et in cui tutto lumano era sotto il segno del
sacro, allepoca moderna in cui luomo passa al culto delluomo. Lumanesimo
teocentrico cos ha ceduto il passo allumanesimo antropocentrico, con conseguenze tali
che a ragione si pu parlare di umanesimo inumano.
Questo umanesimo antropocentrico moderno ha le sue radici in Cartesio. Lui il
responsabile delle concezioni riduttive dellumanesimo dei nostri tempi. Infatti, la
separazione tra anima e corpo, morale e politica, contemplazione e azione, umano e
divino, che caratterizza lantropologia cartesiana, genera quel umanesimo liberal-
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borghese che persiste nellattuale radicalismo, pur assumendo una accentuata coloritura
empiristica e soggettivistica.
Maritain rifiuta questa antropologia dualistica cartesiana e ogni umanesimo
riduttivo che ne deriva. Cos scrive: Se il mondo non deve essere sommerso dalla
barbarie, occorre che nasca ora un nuovo umanesimo, e il suo compito sar soprattutto
un compito dintegrazione (Da Bergson 107), tra la ragione e il mondo irrazionale
dellaffettivit, dellistintivit e dellemozione, ma anche tra la ragione e il mondo della
volont. E proprio questa visione onnidimensionale delluomo ci che costituisce la
sostanza stessa del suo umanesimo integrale. Di fronte allavvanzare dellumanesimo
ateo, egli si batte per un umanesimo integrale, che rispetti veramente la grandezza
originale delluomo, che proceda dalla ragione e dai recessi dellessere umano.
Importa molto, per la salvaguardia della dignit delluomo, che tale umanesimo
assegni alla ragione umana il suo giusto posto, legata con vincoli di dependenza dal suo
Creatore. Un tale umanesimo inconcepibile se la filosofia che lo ispira non una
filosofia cristiana (Bergson). Il progetto di Maritain si fonda su tre principi: a) primato
della persona e della societ sullo Stato; b) primato della persona e del lavoro sul
capitale; c) primato della persona e delletica sulla politica.
Da ci derivano delle caratteristiche proprie allumanesimo di Maritain: a) esso
teistico: Dio allorigine e al termine delluomo e luomo si realizza solo per Dio, con
Dio e in Dio; b) nella sua condizione storica luomo ordinato a Dio; c) il rapporto di
questi piani risolto nel rispetto dellautonomia propria e della distinzione; d) un
umanesimo integrale, che considera luomo in tutto il suo spessore e in quella rete di
rapporti con luniverso naturale, sociale e divino.
7. Umanesimo scientifico?
- Umanesimo scientifico.
La cultura scientifica costituisce un fenomeno di vastit mondiale e uno dei
problemi pi rilevanti per lumanit e per la Chiesa. Risulta imprescindibile
lapprofondimento della sua comprensione per verificare la possibilit di un nuovo
rapporto fra la fede cristiana e gli aspetti pi significativi della cultura scientifica. Si
tratta quindi di considerare lumanesimo scientifico, soprattutto, come analisi culturale
finalizzata a far emergere il significato umanistico della scienza. La scienza un fattore
essenziale dello sviluppo personale delluomo e un evento particolarmente significativo
per la cultura e le sue molteplici espressioni quali la religione, letica, la filosofia, ecc.
62
anche il suo sistema solare dal centro, per relegarlo in un punto remoto e anonimo
della galassia. Infine scopr che lintero universo era privo di centro.
Linquietudine derivata dalla perdita del centro venne strumentalizzata dalle
ideologie immanentiste di tipo prometeico, che aspiravano a riconquistare una nuova
centralit, trasformando la scienza in potere tecnologico ed industriale. Esse, tuttavia,
non beneficiarono n lumanit n la scienza. Luomo diventato solo un dente della
ruota, cos tremenda e intricata, che n lui n i suoi compagni sanno dove il veicolo stia
andando, n dove vadano esattamente le sue capacit e i suoi contributi (Cantore,
Luomo scientifico, 507).
Come abbiamo detto, gli scienziati della prima generazione erano tutti dei
credenti convinti, che sapevano tenere ben distinti lambito della fede e lambito della
scienza, per cui non videro alcun contrasto fra i risultati della loro attivit scientifica e la
loro fede, e non ebbero alcuna difficolt nellinserire le loro straordinarie scoperte nel
quadro delle loro concezioni morali e religiose.
La situazione cambi successivamente, non tanto in seguito al conflitto con
Galilei, ma per leccessivo entusiasmo sollevato dai risultati iniziali della scienza. I
razionalisti, assai critici verso la metafisica e le religioni, furono invece del tutto acritici
nellassolutizzare la scienza (scientismo) alterandone la natura, il significato e i ruoli.
Questo travisamento (o alterazione) ricadde pure sugli operatori scientifici. Ne rimasero
immuni soltanto i grandi scienziati, dotati di eccezionale acume speculativo e critico.
Ad essi si devono le interessanti riflessioni sulla scienza, che costituiscono le basi del
pensiero epistemologico.
Concludendo possiamo dire che lumanesimo scientifico potrebbe essere
compendiato in una sola frase: la scienza rivela luomo a se stesso. Esso significa che
tutto il discorso sulla scienza, in realt, un discorso sulluomo e va riferito a lui, unico
responsabile dellumanizzazione o disumanizzazione di ogni impresa, compresa la
scienza. Lattivit scientifica svela, nelle profondit delluomo, una coincidenza degli
opposti: da una parte un essere splendidamente creativo e, dallaltra, intrinsecamente
labile, fallibile e problematico. Ecco perch creativit, fallibilit e problematicit
rimangono i caratteri fondamentali ed ineliminabili della scienza.
La creativit mette in rilievo la capacit umana di far emergere gli aspetti
misteriosi della realt. La fallibilit, invece, costringe luomo a esercitare letica e
lascetica della verit. La problematicit, a livello cosmologico, gli toglie lillusione
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che luniverso sia come egli crede e, a livello antropologico, quella di essere come gli
piacerebbe essere.
Pertanto, letica scientifica impedisce alla persona ogni indebito auto-
compiacimento e lascesi scientifica la spinge, senza sosta, a trascendersi verso nuove
conoscenze, pur sempre umanizzanti. Quindi la dimensione umanistica dellesperienza
scientifica, pur rimanendo distinta, si avvicina a quella religiosa, da cui pu apprendere
a far maturare il primitivo stupore in autentica meraviglia e ammirazione, aperte alla
trascendenza.
Conclusione
Da tutto il discorso fatto si pu concludere che la questione delluomo la magna
quaestio. Heidegger ha lasciato parole significative al riguardo: Nessunepoca ha
avuto, come lattuale, nozioni cos numerose e svariate sulluomo. Nessunepoca
riuscita come la nostra a presentare il suo sapere intorno alluomo in modo cos efficace
e affascinante, e a comunicarlo in modo tanto rapido e facile. E anche vero per che
nessun epoca ha saputo meno della nostra che cosa sia luomo. Mai luomo ha assunto
un aspetto cos problematico come ai nostri giorni (Kant e il problema della
metafisica, 275-276). E perch? La risposta potrebbe essere questa: oggi soffriamo di
una malattia dello spirito che consiste nellessere intrappolati nel frammento senza
senso, avendo perduto il rimando allIntero. Laveva capito Kant molto bene: Che lo
spirito umano rinunci un giorno ad ogni ricerca metafisica cos poco da attendersi
come che, per non respirare sempre unaria impura, noi preferissimo un giorno di
astenerci affatto di respirare. La metafisica vivr sempre nel mondo, anzi, meglio, vivr
sempre in ogni uomo, specialmente in ogni uomo capace di riflettere (Kant,
Prolegomeni a ogni metafisica futura...).
Quale umanesimo? Difficile trovare una risposta. La questione, come abbiamo
potuto vedere, ancora aperta.