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Claudio Magris transatlantico

Nicoletta Pireddu
Georgetown University

Nonostante la fama internazionale di Claudio Magris e lindubbio impatto delle


sue opere nellitalianistica mondiale, la sua produzione saggistica e narrativa non sembra
avere ancora fatto breccia nella critica e nella teoria nordamericana. Questa situazione
tanto pi paradossale se si considera che Magris probabilmente il pi multiculturale, il
pi comparatista e il pi interdisciplinare degli scrittori italiani contemporanei, per
tematiche e per formazione. La sua prospettiva storico-filosofica, come egli stesso
sottolinea, deriva dalla cultura tedesca, ma la sua prosa, specialmente la sintassi,
rigorosamente italiana, mentre le sue vicende biografiche e letterarie sono fondate su
sensazioni ed eventi che lo portano ad attraversare multipli confini.
Tuttavia sono finora ancora scarsi gli interventi critici che inseriscono Magris in
un contesto letterario e teorico di pi ampio respiro. Propongo quindi nuovi modi di
leggere e insegnare Magris sottolineando il contributo che le sue idee possono fornire a
un dibattito teorico di portata globale. In particolare, intendo trascendere lormai classico
Danubio e le interpretazioni di altre opere individuali di Magris per esplorare la relazione
dello scrittore triestino con il contesto culturale e accademico americano sullo sfondo
della tradizione europea. Dopo aver presentato una visione pi articolata della posizione
magrisiana sullAmerica, mi soffermer, a titolo di esempio, sui legami tra quella che
definisco lerosione interna dello spazio eurocentrico operata da Magris e le correnti
teoriche americane dei transatlantic studies, hemispheric studies e Global South.
Claudio Magris transatlantico, dunque, non semplicemente per il suo ruolo di
mediatore culturale tra le due sponde delloceano, ma anche, pi specificatamente, quale
antesignano di una precisa linea di pensiero anti-egemonica, di cui egli non soltanto
sostanzia lintento decostruttivo ma delinea gi anche la pars construens.
Nella sua lezione inaugurale per Biennale Democrazia 2015 LEuropa della
cultura Claudio Magris ha ribadito unidea che appare sovente nei suoi testi critici,
ovvero la convinzione che uno degli aspetti che rendono europei gli italiani quanto gli
olandesi, o i tedeschi quanto i greci, sia la comune visione delluomo come zon
politicn, individuo parte integrante della societ, in contrasto con il cowboy americano,
icona di indipendenza e solitudine. Su tale differenza, in varie occasioni, Magris ha
fondato la sua argomentazione a difesa dellumanismo europeo--che sviluppa la
coscienza e la memoria di una superiore radice comune con cui poter lottare contro la
selvaggia atomizzazione causata da nazionalismi e da ancora pi barbarici
micronazionalismi (Noi 8) ma anche della capacit dello Stato di temperare il
difficile rapporto tra universalit, individualit e diversit. Affinch la denuncia della
spesso falsa unit sovranazionale non porti alla costruzione di muri sciovinisti o
municipali, necessario a suo avviso reagire alla crescente svalutazione e denigrazione
dello Stato costituzionale. DallUnione Europea Magris si attende un superamento dei
singoli Stati, ma non dellidea di Stato [] liberale e democratico (10). Egli non
approva la degenerazione dello stato sociale in assitenzialismo parassitario ma al
contempo si oppone al liberismo selvaggio ispirato al modello reaganiano secondo cui
ognuno deve pensare solamente a se stesso senza chiedersi quanto sia legittimo spendere
per aiutare qualcuno che muore di fame accanto a noi. Questo anarco-capitalismo sempre
pi vincente, secondo Magris, la negazione della civilt europea.
Rispetto ad esempio alla cultura americana, pur accettando che lo stato rinunci a
essere soggetto economico, le nazioni europee si aspettano che esso garantisca con la
legge lordinato svolgimento di attivit sempre pi complesse che altrimenti sarebbero
fonte di conflitti e prevaricazioni senza fine (Noi 10). In questo confronto tra vecchio e
nuovo continente, stato e dirittotuttora difesi dalla cultura europea--possono apparire
prosaici. Il cowboy che difende generosamente la fanciulla inerme dai pistoleros
sicuramente pi affascinante del burocrate. Tuttavia continua Magris, il seducente Far
West ci deve anche far pensare a cosa succederebbe se non arrivasse quel
provvidenziale eroe. Il Western insegna che c anche bisogno dello sceriffo, con cui
inizia lopera della legge e dello Stato, senza la quale i deboli restano esposti alla
violenza dei forti (10-11).
Da queste prime affermazioni, intravediamo un vecchio continente imperniato
sulla complementariet di individuo e collettivit, minacciato da due opposti ma analoghi
eccessi: da un lato, lannullamento di tutte le diversit e identit in una gelatinosa totalit
sociale operato dalla globalizzazione, e, dallaltro, una febbre identitaria regressiva e
reattiva, che porta a vivere la propria peculiarit non come concreta istanza di universalit
umana ma come selvaggia diversit. Magris ritiene che, cos come lidea di nazione un
prodotto della cultura europea, tutti i nazionalismi abbiano avuto origine in Europa
(Limes 60). Nel suo pensiero, tuttavia, si percepisce in maniera altrettanto
inequivocabile il ruolo dellimperialismo culturale statunitense, con il suo liberismo e
consumismo, nella trasformazione del mondo in un bazar universale che, come leggiamo
ne La storia non finita, rende tutto opinabile, negoziabile, possibile (Storia 125) o che,
in Utopia e disincanto, ha trasformato il nostro tempo nellera delloptional, regolata
dalla borsa dei valori (Utopia 257).
La variet della vita, bene inestimabile della tradizione europea, non
necessariamente umiliata bens protetta dallo Stato (Noi 11), ma lidea di Stato che
ispira Magris quello che nella storia ha esemplificato la ricchissima diversit di nazioni,
culture e paesaggi umani tutelata dalla forza e dalluguaglianza della legge che ha
consentito a genti diverse di dire noi e loro parlando dei vicini, ma anche di dire noi
comprendendo pure quei loro (11). Questo per Magris il sentimento fondante
dellEuropa (11). Non sembra quindi casuale che il narratore de lInfinito viaggiare si
muova soprattutto nel vecchio continente, con puntate in Cina, Vietnam, perfino
Australia, ma senza riferimenti al Nord America. Magris ha ammesso tante volte di
essere abbastanza intimidito dagli Stati Uniti come potenza che tiene in mano per molti
versi le sorti del mondo.
In realt, tuttavia, lAmerica per Magris non rappresenta semplicemente quell
Occidente spostato sempre pi a ovest (Utopia 86) dai fuggiaschi della crisi europea.
Se, da un lato, come egli riscontra nei romanzi di Sealsfield, i pionieri americani
estendevano [] limpero della cattiva coscienza europea (86), dallaltro, in un suo
recente editoriale, gli Stati Uniti dAmerica rappresentano lunico modello capace di
garantire sicurezza e stabilit all'Europa, ossia un vero Stato - federale, decentrato, ma
con una sua coesione e una sua cogente autorit (Basta), in cui gli Stati nazionali
fungano da regioni autonome ma prive del diritto di veto contro le decisioni politiche del
governo o di promulgare leggi o costituzioni in contrasto con quelle europee. E, colpito
dal senso di insicurezza e dal sentimento di un futuro frustrante ed opaco che traspare
dalle proteste contro il governo spagnolo a cui ha assistito nel 2013, Magris si
immedesima qui nellesigenza delle nuove generazioni di costruire il proprio mondo,
facendo valere il proprio diritto alla felicit proclamatosintomaticamentedalla
Dichiarazione americana (Basta).
Magris e lAmerica si arricchisce, insomma, di ulteriore significato in relazione ai
recenti soggiorni di Magris in America. Per tali esperienze, direi, vale la riflessione con
cui lo scrittore illustra leffetto del suo Infinito viaggiare sul suo personaggio: Talvolta
come se il viaggio riemergesse dal buco nero della propria personalit e restasse quasi
sorpreso della direzione in cui lo portano i suoi passi, rivelandogli patrie del cuore prima
a lui stesso ignote (Infinito xxviii). Nellultimo decennio, con laumento delle traduzioni
in lingua inglese delle sue opere, Magris ha infatti intensificato la sua presenza
oltreoceano in qualit di conferenziere e di scrittore in residence presso vari atenei
statunitensi. La sua esperienza diretta di questo Occidente per lui a volte troppo lontano
gli ha permesso di scoprire ci che, nei suoi appunti di viaggio, definisce la mia
Mittelamerica (Mittelamerica), --ovvero esperienze e valori che lo hanno formato e
che egli ritrova nel nuovo continente--, ma anche di recuperare aspetti della cultura
americana spesso compromessi da stereotipi, come il livello dellistruzione scolastica.
AllAmerica mediatica e capitalistica-ultra degli anni della Guerra in Iraq,
capeggiata dal presunto capo carismatico ma in realt impacciato sabotatore Bush, come
anche alla patetica ipocrisia pro-Stati Uniti dei giornali italiani in quel frangente, Magris
oppone il sano dissenso, la libera e autocritica franchezza (Mittelamerica) con cui in
America si discutono specifiche decisioni politiche. E se un soggiorno negli Stati Uniti
fa diventare pi liberali, questa apertura permette a Magris, pur con la sua fenomenale
formazione enciclopedica e la sua provocatoria difesa del nozionismo come prerequisito
per una solida cultura, di apprezzare una dimensione ormai estranea alla verbosa
pedagogia italiana che invece consuetudine negli atenei americani, ovvero il rapporto
diretto col testo, la lettura e limpressione personale, capace di stimolare lintelligenza,
la fantasia e il giudizio critico nonostante linevitabile verginit di conoscenze acquisite
di seconda o terza mano. La vera forza di un paese consiste nella qualit dellistruzione
media (Scuola) anzich nelleccezione, scrive Magris dopo la sua prima visita a una
scuola secondaria statunitense. Questo liceo pubblico nella periferia di Chicago si
rivelato uno dei pi begli incontri con la realt americana per l atmosfera rispettosa e
scherzosa, sciolta e aliena da quella supponenza che si ritrova in certi club studenteschi
esclusivi. Magris colpito dalla istintiva capacit di questi studenti, nonostante le
difficili condizioni di partenza per la maggior parte di loro, di cogliere i problemi
essenziali. Lungi dallasfittica endogamia dei campus di eccellenza, qui lo scrittore
mitteleuropeo trova lamericana variet delle origini e lunit che alla fine ne risulta e
giunge alla conclusione che sia piuttosto lEuropa ad avere distrutto quellecumene
mitteleuropea che oggi sopravvive trapiantata in America (Mittelamerica).
Proprio a partire da questa persistente attenzione alla variet culturale come
fondamento per il dialogo cogliamo i legami tra la percezione magrisiana della cultura
statunitense e la rilevanza che il suo pensiero pu avere nel dibattito intellettuale
doltreoceano. Lelemento a mio avviso centrale nella poetica magrisiana una
concezione dello spazio come dimensione porosa, instabile checome sottolineo con il
topos della casa provvisoria nel mio volume The Works of Claudio Magris-dal livello
del soggetto individuale a quello nazionale sino alla dimensione sovranazionale, europea
e globale resiste sia alla costrizione ideologica dellidentit come esclusiva propriet
private sia a quella del nomadismo assoluto. Con le sue frontiere mobili Magris ci offre
un approccio critico e poetico allessere e allappartenere che mantiene vivo
lattaccamento a una dimensione domestica senza cadere nellidolatria dellio o nel
fanatismo della patria. Sono tante, quindi, le modalit con cui lintellettuale triestino e
mitteleuropeo pu contribuire a un dibattito che, al di qua e al di l dellAtlantico, intende
provincializzare il discorso delle potenze dominanti sfumandone i confini geografici e il
loro monopolio.
Linnovazione stilistica delle sue forme narrative ibride si combina con un
radicamento nei valori che lo distinguono appunto dallapproccio tipicamente
postmoderno, con il suo scardinamento della possibilit della verit e del significato,
leclissi della realt e della soggettivit, il crollo della tradizione senza la ricerca di
risposte o il tentativo di ricostruire sulle rovine del passato. Magris ammette che finita
lepoca dei grandi racconti lyotardiani, della loro totalit non problematica, ma crede
ancora nella capacit del discorso (sia esso teorico o letterario) di confrontarsi con il
disordine del mondo e di cercare significati senza lillusione di acquisirli definitivamente.
Si distanzia quindi da una nozione semplicistica e materiale di fondamento ma sostiene il
bisogno di fondare continuamente una totalit che, sebbene temporanea e costantemente
in fieri, non ci esonera dalla necessit di stabilire connessioni significative nonostante il
divario tra aspirazioni e risultati.
Magris quindi erode lo spazio eurocentrico dallinterno, dimostrando che il
pensiero europeo possiede gli strumenti per condannare gli eccessi della propria
tradizionestrumenti che si possono anche applicare ad altre aree geopolitiche e
culturali, in primis appunto il contesto transatlantico. LAtlantico, infatti, stato
recentemente ripensato come spazio intellettuale sede di interazioni culturali affrancate
dal modello eurocentrico e dai suoi epigoni nordamericani. Secondo Diana Taylor,
tradizionalmente lAmerica ha operato come a delimiting, bounded entity (1424), che
rappresenta il centro di unautorit politica ed enunciativa in espansione unidirezionale
verso lesterno, al servizio di una ideologia dellesclusione. Walter Mignolo, ad esempio,
intende minare la logica della colonialit derivante dal potere economico, politico ed
epistemologico delle due roccaforti della modernit occidentale, ovvero Europa e Nord
Atlantico, che con la loro idea totalitaria della totalit hanno permesso alla modernit di
crearsi e di preservarsi attraverso lesclusione di un fuori. quindi necessario
perseguire un progetto di decoloniality (Globalization 19), capace di instaurare un
dialogo pluralistico e interculturale tra i centri egemonici e le regioni marginali e
periferiche del mondo definite come Global South. Dal canto suo, Paul Gilroy, con la
sua controcultura transnazionale, intende minare ogni forma di nazionalismo etnico e
culturale. E con un analogo approccio, Diana Taylor introduce i cosiddetti hemispheric
studies per riconcettualizzare lAmerica come reticolo di pratiche condivise e
interconnesse, oltre i confini statunitensi,--una dimensione plurale e performativa,
derivante da prolungati movimenti migratori e diasporici verso e attraverso lintero
continente americano in cui convergono questioni di identit, ideologia, potere e
rappresentazione.
Molti concetti della poetica magrisiana, nello spazio europeo, si fanno portavoci
della medesima prospettiva. Tra di essi, lidea delleffimero trascolorare in Microcosmi
(44). Dal caff a Trieste fino alla Mitteleuropa, i suoi mondi concentrici si fondono uno
nellaltro e materializzano cos la stessa idea di Europa e di Europeit come fuggevole
mutabilit cromatica di diverse identit e culture. I confini sono precisi ma si dissolvono
rapidamente, come lo spettro di colori del lago ad Anterselva nel capitolo Antholz.
Tramite il pensiero di Magris quindi possibile non soltanto minare la persistente
dicotomia tra il presunto universalismo della posizione eurocentrica e il localismo della
periferia del mondo, ma anche la tendenza non meno ideologica a trascurare il contributo
dellEuropa stessa a un discorso transculturale non autoritario che trascende demarcazioni
geografiche, in grado di inaugurare, come dice Diana Taylor per lo spazio americano,
new possibilities by rehearsing a different politics of engagement (1427). Magris si
spinge anche oltre, poich, mentre sostiene pluralit identitaria e mobilit come
prerequisiti per il dialogo e per un autentico incontro con gli altri, egli difende anche
alcuni imprescindibili valori universali, frutto della democrazia, che ritiene
definitivamente acquisiti quindi non negoziabili negli scambi interculturaliad esempio
luguaglianza di diritti indipendentemente dallappartenenza nazionale, etnica, sessuale o
religiosa.
Magris esamina le eccentricit interne a spazi tradizionalmente egemonici,
mostrando come essi portino alla luce complessit geopolitiche ed epistemiche che
sfumano i confini tra emisferi e tra i loro rispettivi discorsi, e possono quindi anche
suggerire un diverso allineamento teorico tra le due sponde dellAtlantico. Voglio
soffermarmi, ad esempio, su Mediterraneo e Mitteleuropa come eccentricit interne al
vecchio continente che alimentano un dibattito sullEuropa al di l della frontiera
concettuale tra Sud e Nord globali e dellopposizione tra centro e periferia. Edgar
Morin ha cercato di identificare minime caratteristiche comuni al Mediterraneo, capaci di
catturare al contempo lunit, la diversit, la complementariet e le opposizioni che
caratterizzano il bacino nel suo complesso. Pur riconoscendo il ruolo dellumanismo
europeo nella legittimazione del diritto dellindividuo alla conquista, Morin evidenzia al
contempo il suo lato etico, che, promuovendo il diritto alla libert, ha anche difeso il
dovere della solidariet. Da sito di un potenziale scontro di civilt, il Mediterraneo pu
costituire uno spazio condiviso di dialogo a cui lEuropa pu e deve contribuire con la
sua capacit di problematizzare concetti, soppesare i contrasti, dare dignit alle verit
degli interlocutori ed esercitare un giudizio razionale aperto, critico ed autocritico
(Mediterrane).
Questa posizione anti-eurocentrica da cui Morin trae le premesse di un pluralismo
europeo non antagonistico ripresa da Franco Cassano, che, con la sua nozione di
pensiero meridiano, nato nel Mediterraneo quale spartiacque e via di comunicazione tra
punti cardinali e continenti, tratta il Sud al contempo come area geografica e simbolo pi
generale di alterit e differenza, una prospettiva periferica da cui smascherare un
universalismo arrogante e la falsa neutralit delle rappresentazioni dominanti che
sopprimono margini e dissonanze. LEuropa, per Cassano, pu e deve riscoprire linnato
politeismo (Peninsula 90) del suo Sud interno ed esterno, prendendo gli incroci
mediterranei di diverse civilt come la condizione per nuove, non gerarchiche energie
costruttive perch possibile riconoscere anzich sopprimere differenze e difendere
invece molteplicit e diversit quali principi fondatori di una nuova politica culturale
soltanto se le culture riescono a indebolire qualunque asserzione di esclusivit, purezza e
integrit e a creare un equilibrio di potere, reciprocit e rispetto.
Da parte sua, Magris ci dimostra che non possibile attribuire un significato
geopolitico univoco o globale a nozioni quali il Mediterraneo e il Sud (in una
prospettiva europea o non-europea). Esse si devono invece esaminare come istanze
particolari di incontri e scambi pi generali in zone di confine, dove tensioni e
negoziazioni, asimmetrie di potere e ricerca di tolleranza coesistono. Non a caso, quando
Cassano afferma che il Mediterraneo ci fa sperimentare la nostra contingenza anzich
offrirci la pienezza delle nostre origini perch, sottolineando i limiti dellEuropa e
dellOccidente, mette in primo piano la linea di divisione e di contatto tra le civilt, egli
propone unargomentazione che Magris ha gi espresso da decenni sul ruolo
paradigmatico dellarea mitteleuropea per una ridefinizione dellidentit culturale
europea. Mosaico poliglotta e pluriculturale solcato da elementi comuni (Terza 39), la
Mitteleuropa di Magris rappresenta un ideale umanistico, il senso di appartenenza a una
pi vasta cultura oltre i confini nazionali. Con la fusione e sovrapposizione di nazioni e la
sua identit mutevole e perpetuamente in crescita (Mitteleuropa142), Magris prefigura
la sua Europa futura come costruzione policentrica e non-gerarchica. Mentre la cultura
mitteleuropea sente profondamente la precariet dellidentit individuale e la fragilit del
soggetto privo di un centro unitario che riconcili le contraddizioni, la sua inabilit di
concepire grandi sintesi o principi universali diviene una difesa della marginalit, della
periferia e della transitoriet come forma di critica radicale e perfino di resistenza a
disegni totalizzanti e autoritari. La Mitteleuropa di Magris al contempo metafora per
lunit infranta del mondo occidentale e antidoto a questa frammentazione perch il suo
intrinseco pluralismo sostanzia la possibilit di coesione nella molteplicit, la premessa di
unEuropa che coltiva dialogo e mediazione, quindi capace di respingere la logica
oppositiva delle superpotenze.
La caratterizzazione magrisiana della cultura mitteleuropea dellironia come
strumento di moderazione pu quindi essere letta come risposta alleurocentrismo del
passato ma anche come ammonimento contro i rischi correnti di egemonia e
discriminazione dentro e fuori i confini europei. La moderazione precisamente la
qualit che Morin e Cassano associano al Mediterraneo, grazie a cui il vecchio continente
si redime del proprio eurocentrismo e scopre che la sua stessa finitezza non un ostacolo
ma una risorsa, un sentiero verso il futuro. Cos come la coesistenza di stabilit e
mutevolezza che in Magris definisce la condizione mitteleuropea ed europea in generale
pu promuovere il pluralismo soltanto riconoscendo il potere costruttivo dei limiti contro
ogni fondamentalismo, per Cassano, con unomologa formulazione, il Mare Nostrum che
unisce e divide, situato tra le terre senza appartenere esclusivamente ad alcuna di esse,
allergico a tutti i fondamentalismi.
Tanto in Magris quanto in Cassano, le frontiere sono duplici e ambigue. Come
leggiamo in Utopia e disincanto e quasi verbatim ne Il pensiero meridiano, talora un
ponte per incontrare laltro, talora una barriera per respingerlo (Utopia 52). La frontiera
stessa una ferita, (Pensiero 54) secondo Cassano. Le linee che traccia, osserva
Magris, attraversano e tagliano un corpo, lo segnano come cicatrici o come rughe,
dividono qualcuno non solo dal suo vicino ma anche da se stesso (Utopia 52). Ma
nessuno dei due intellettuali riduce la frontiera a una divisione da abolire in nome di
fallaci sogni universalistici di mondi sconfinati, n a un confine che unisce
semplicisticamente escludendo differenze. Cos come il pensiero meridiano di Cassano
vede la frontiera e il limite come siti dove ognuno di noi termina e viene determinato
(Pensiero 54), la civilt danubiana di Magris evoca al contempo la necessit e la vanit
delle frontiere geografiche e concettuali in Europa e negli altri continenti. Le fluide rive
del fiume mitteleuropeo per antonomasia minano laggressiva affermazione identitaria
ma al contempo difendono il bisogno e la capacit di darsi limiti e forma. I confini sono
precari e inevitabili proprio perch ci plasmano e rivelano, in particolare, lintrinseca
alterit del soggetto sfatando il mito dellaltra parte: ognuno si trova ora di qua ora di l
ognuno [] lAltro (Utopia 52). Cassano sostanzia questa posizione con il suo
Mediterraneo come un pluriverso irriducibile (Pensiero xxiv), antitesi di ogni
purezza (xxv), che ci ricorda che il nostro noi pieno di altri (xxv). Ed proprio
sulla base di questa alterit costitutiva di ogni presunta identit monolitica che gli studi
transatlantici ed emisferici ripensano ora, sullaltra sponda dellOceano, un nuovo
continente interconnesso tramite condivisione di margini, limiti, bordi come luoghi di
incontro permeabili che favoriscono contiguit e contatto.
difficile, anche per chi li frequenta spesso, ma senza viverci o lavorarci,
parlare e scrivere degli Stati Uniti (Mittelamerica)ammette Magris. Ci che
probabilmente turba il visitatore europeo il nesso di familiarit e di estraneit
(Mittelamerica) che vi si riscontra. In paesi e culture pi marcatamente altre non ci si
attendono analogie con le proprie pratiche e tradizioni, quindi Magris ritiene sia
spontaneo abbandonarsi con pi scioltezza allincontro col lontano e col diverso, il che
rende pi facile scoprire in quella diversit luniversale-umano. Gli Stati Uniti, invece,
sono un mondo nostro e insieme non nostro, sono lOccidente ma un altro Occidente;
per questo le distonie [] disorientano di pi, cos come le incomprensioni in famiglia
[] feriscono e irritano di pi di quelle fra estranei (Mittelamerica). Tale
osservazione per Magris si applica sia alle discrepanze nella quotidianit sia alle
notevoli differenze ideologiche allinterno di una comune concezione democratica
(Mittelamerica).
Dallesperienza personale del Magris viaggiatore al pensiero del Magris
intellettuale pubblico, questa coesistenza di familiarit ed estraneit nel rapporto tra il
vecchio e il nuovo continente dimostra che possibile e necessario superare una visione
manichea di Europa e Mediterraneo, Nord e Sud (europei e non), sponda europea e
atlantica come entit monolitiche e irriconciliabili. Vanno in realt riconcettualizzate
come luoghi plurali e instabili, dove il sangue sempre meticcio (Utopia 69)sedi di
pratiche che Diana Taylor definisce translocal, multilingual, and interdisciplinary
(1425).
Chiss, allora, se, dopo avere interpellato Magris attraverso la razionalit del
logos, limmaginario transatlantico gli parler anche tramite la creativit del mythos. Non
sorprenderebbe pi di tanto se, dopo la Mitteleuropa di Danubio, il localismo di
Microcosmi e il globalismo di Alla cieca, anche quella coscienza comparativa
transnazionale stimolata dallesperienza mittelamericana fecondasse la futura fiction di
Magris. Ma questa , letteralmente, unaltra storia, che ora possiamo daltronde verificare
con il suo nuovo romanzo Non luogo a procedere.
Opere Citate

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