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10/7/2017

Articoli e commenti-Famiglia e successioni-Riviste

Dieta vegana per il figlio tra interesse del minore e


responsabilit genitoriale
Articolo, tratto dalla rivista Famiglia e diritto, Ipsoa, segnalazione del 07/07/2017

Pubblicato il 07/07/2017

Pubblichiamo l'articolo di Emanuela Andreola, tratto da Famiglia e diritto (n. 6/2017), Ipsoa. Per maggiori
informazioni >>

In caso di conflitto tra genitori, e non solo, il giudice deve decidere applicando la regola della preminenza
dellinteresse del minore. La formula estesa del principio, se determina unampia discrezionalit in sede
applicativa, impone tuttavia un metodo rigoroso di indagine del benessere del figlio per individuare la
soluzione pi idonea nel caso concreto. In particolare, la scelta del regime alimentare, che attiene alle
decisioni di maggiore importanza, va presa di comune accordo dagli esercenti la responsabilit genitoriale.
In mancanza, il giudice dovr avere riguardo alla salute del minore e alle sue esigenze di crescita,
avvalendosi di supporti scientifici, di valori estranei al rigoroso sistema del diritto positivo e di massime di
esperienza.

Dieta vegana per il figlio tra interesse del minore e responsabilit genitoriale

(Tribunale di Roma, sez. I civile, sentenza 19/10/2016)

1. Il fatto

La pronuncia in commento riguarda il conflitto tra genitori in sede di separazione allesito di un


procedimento ex art. 709 ter c.p.c., in ordine allesercizio della responsabilit genitoriale.

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Nel caso concreto, il contrasto era sorto in conseguenza dalla decisione materna di
praticare per la figlia minore un rigido regime vegano, con esclusione di prodotti
animali e loro derivati (carne, pesce, uova, latte, latticini etc.), nonch di cereali
raffinati. Trattandosi, nella circostanza, di scelta unilaterale della madre, il padre
ricorreva al giudice della separazione, dolendosi innanzitutto della mancata
condivisione della decisione. In secondo luogo, egli agiva nel timore che un
regime alimentare cos restrittivo potesse rivelarsi pregiudizievole per un sano
sviluppo della figlia e produceva a tale scopo un certificato medico da cui ne
risultava la scarsa crescita ponderale e in altezza. Infine, egli esponeva che la
madre, nonostante il proprio espresso dissenso, aveva imposto di far seguire alla
minore una dieta vegana anche a scuola. La bambina era quindi costretta a
mangiare cibi diversi da quelli degli altri compagni, subendo, a detta del
ricorrente, una vera e propria ghettizzazione, suscettibile di ripercussioni anche
sul piano psicologico. Per tali ragioni, si chiedeva che fosse ordinato alla madre di
adottare in favore della figlia un regime alimentare vario ed equilibrato.

Il Tribunale di Roma giudicava preliminarmente che la decisione relativa al regime alimentare del figlio
minore - in quanto inerente alla salute - dovesse indubbiamente considerarsi di maggiore interesse e quindi
da prendersi di comune accordo tra i genitori, ai sensi dellart. 337 ter, comma 3, c.c., salvo il necessario
intervento giudiziale in ipotesi di disaccordo.

Nel merito, il tribunale riteneva dunque di dover decidere, in primo luogo, verificando leventuale
sussistenza di ragioni di carattere medico, tali da implicare particolari restrizioni alimentari. In mancanza di
motivi ostativi, il Collegio faceva applicazione di parametri di normalit statistica al fine di riconoscere nel
caso concreto il benessere del minore. Secondo i giudici, infatti, a prescindere dalle specifiche convinzioni di
ognuno, qualora debbano essere compiute scelte che superino il disaccordo tra i genitori, occorre riferirsi alle
condotte normalmente tenute dagli stessi, nella generalit dei casi, per la cura e leducazione dei figli.

Con questa impostazione, dopo aver accertato il buono stato di salute della minore e lassenza di allergie o
intolleranze sottese a tale opzione alimentare, il Collegio romano, applicando parametri di ordine statistico,
giungeva a disporre che la figlia minore adottasse nella scuola frequentata una dieta priva di restrizioni.

2. Linteresse del minore come clausola generale

Nel caso in esame linteresse del minore viene in considerazione quale criterio di giudizio nel conflitto tra
genitori in ordine alle decisioni che riguardano la cura, leducazione, listruzione dei figli. La rilevanza
pubblica di detto interesse richiede che sia il giudice, in mancanza di accordo dei genitori, a individuare la
soluzione pi idonea al benessere della prole minorenne, senza tuttavia che linterprete possa contare su
norme che offrano uno schema tipico di intervento dellautorit giudiziaria[1].

Occorre anzitutto precisare che nella nozione di interesse del minore rientrano non soltanto gli interessi nel
significato solitamente attribuito a tale categoria, quali situazioni giuridiche soggettive di rango inferiore, ma
anche i diritti soggettivi del minore, quali la libert, la salute, listruzione e la formazione. Lobbligo di
garantire tali diritti deve essere perseguito anche nel caso in cui si dovessero riscontrare situazioni di netta
contrapposizione con gli interessi degli adulti, primi fra tutti, quelli dei genitori in conflitto. In questo senso,
il diritto minorile, come stato autorevolmente affermato[2], viene a coincidere con un diritto dei diritti del
minore e cio con un vasto insieme di norme che tutelano tutti quei diritti che sono riconosciuti a ogni
cittadino ma che assumono una particolare caratteristica in rapporto alla situazione soggettiva del titolare. La
peculiarit deriva dal fatto che la persona un soggetto la cui personalit in formazione. Il diritto dei
minori, quindi, non si definisce pi come quello che si premura di proteggere il minore dai rischi di atti
negoziali pregiudizievoli, n come quello che considera esclusivamente il comportamento che gli adulti
devono assumere verso i fanciulli, ma come situazione giuridica complessa, fondata sui reali bisogni e sulle
concrete esigenze di una individualit in evoluzione che aspira legittimamente allautonomia e alla libert.
Alla tutela dei fanciulli da tempo rivolta la maggior parte degli ordinamenti statali, i quali si sono
gradualmente impegnati a considerare il minore non come oggetto di tutela ma come soggetto di diritti[3].

Il nostro sistema, sullo stato e sulle condizioni di bambini e adolescenti, richiama costantemente il concetto
di interesse del minore che, in mancanza di ulteriori specificazioni normative, deve essere riempito

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mediante linterpretazione discrezionale del giudice. Questultimo pu attingere a strumenti metagiuridici


tratti dalle scienze umane, in particolare dalla psicologia, dalle scienze pediatriche o dalla sociologia, o da
dati di esperienza che possono arricchire la comprensione della condizione del fanciullo. Il contributo
principale di tali discipline consiste nello svelare che le istanze del minore, in ciascuna delle sue fasi
evolutive, hanno per lo pi base scientifica, con la conseguenza che, in ipotesi di inidoneit del genitore a
perseguirle, lo Stato pu individuarle e attuarle tramite il sistema giudiziario con i suoi organi operativi.

Alla luce di queste considerazioni, la nozione di interesse del minore va dunque ricondotta alla categoria
delle clausole generali il cui contenuto non definito in modo univoco e astratto dalla norma, ma va
completato di volta in volta nel suo significato concreto dallinterprete. Come stato autorevolmente
spiegato, nelle clausole generali vi una delega al giudice affinch attinga a qualcosa di estraneo alla
formula legislativa utilizzata, ricercando valori fuori dei rigidi confini dellordinamento positivo[4]. Con
riferimento allinteresse del minore, la previsione normativa generale richiede che il giudice tenga conto non
di un concetto astratto, riferito ai minori come categoria, bens del concreto interesse di quel bambino, inteso
come persona, con una sua vicenda esistenziale unica e irripetibile, in un determinato contesto familiare,
sociale ed economico che suggerisca la soluzione migliore per lui[5]. Il criterio di giudizio fissato
dallordinamento conferma che esiste una stretta relazione tra i diritti e gli interessi del minore, senza che ci
implichi una confusione dei piani[6].

Inoltre, la tecnica legislativa della clausola generale comporta che il giudice, chiamato a decidere di questioni
riguardanti soggetti minori in base al criterio del loro interesse, goda di ampia discrezionalit
nellindividuare la regola del caso concreto. Conviene quindi cercare di approfondire il rapporto tra dette
clausole e linterpretazione del giudice per cogliere gli standard valutativi che fungono da parametri
nellapplicazione delle norme di questo tipo[7]. Attraverso tale indagine deve essere valutata la fedelt del
giudice alla legge, avendo fin da subito cura di chiarire che luso delle clausole generali deve essere
verificato pi sul terreno della giurisprudenza di merito che su quello della Cassazione. Come stato
efficacemente sottolineato, il giudice di merito si trova nellimmediatezza a risolvere il caso concreto e
quindi nella necessit di riempire di contenuto la clausola generale. Diverso il ruolo della Cassazione,
chiamata, di fronte alla delega di ricerca di valori, a verificare come il primo abbia operato[8].

Su queste basi, con il concorso della giurisprudenza, nel ruolo di fonte del diritto vivente, e della dottrina, in
funzione di verifica dellapplicazione delle norme e dei principi, si sono profilate le linee guida del giudizio
sullinteresse del minore, che deve prediligere le soluzioni che arrechino meno danni possibili al figlio, in
ipotesi di contrasto tra i genitori, e che, in ogni caso, deve operare una valutazione prognostica in relazione
alla vita futura del bambino[9].

In questo quadro di regole e principi va collocata la statuizione del Collegio romano in commento. Il giudice,
rilevato che la forte conflittualit tra i genitori rendeva necessario rideterminare i tempi di permanenza della
figlia con il padre, per una corretta applicazione del principio dellaffidamento condiviso, disponeva il
monitoraggio da parte dei servizi sociali per controllare leffettiva ripresa delle frequentazioni padre-figlia.
Sotto questo profilo, il provvedimento costituisce idoneo strumento di attuazione dellinteresse del minore.
Sulla presunta nocivit del regime vegano, imposto dalla madre senza il consenso dellaltro genitore, il
Collegio, accertato il minore accrescimento della bambina rispetto ai suoi coetanei (quindi rispetto a degli
standard di crescita), adottava invece parametri di normalit statistica per escludere nel caso concreto
lapplicazione del regime vegano alla figlia. Largomento decisivo si fondava sulla considerazione che,
poich la dieta onnivora, normalmente praticata nelle scuole, stata giudicata adeguata da organi statali a ci
deputati (Ministero della salute e della pubblica amministrazione) si presume che essa garantisca la corretta
crescita dei minori: una sorta di delega in bianco a valutazioni su base statistica.

La motivazione dellordinanza appare tuttavia criticabile per la tecnica applicativa della clausola generale
dellinteresse del minore, nella parte in cui rinvia per relationem alle determinazioni raggiunte dagli organi
pubblici in sede di controllo sulle scelte alimentari delle istituzioni scolastiche. In linea di principio infatti,
non vale a perseguire il benessere del minore una valutazione ex ante per categoria indeterminata di soggetti,
ma deve soccorrere unindagine ex post, in relazione agli effetti prognostici del fatto (dieta vegana) sulla
crescita futura di quel bambino. Per questo aspetto, la decisione, ove confermata con sentenza, si presterebbe
a una verifica della Cassazione sulluso della clausola generale, sotto il profilo della insufficiente
motivazione, con lesito di restituire al giudice di merito lesame del caso.

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Sulla correttezza del metodo applicativo della clausola generale dellinteresse del minore, occorre richiamare
un precedente del Tribunale di Monza, giunto in un caso analogo a ritenere che non contrastasse con la salute
del bambino lapplicazione del regime alimentare vegano[10]. In quella situazione il giudice aveva disposto
un approfondimento diagnostico tramite consulenza tecnica dufficio, valutando la compatibilit del regime
vegano con la crescita di quel determinato bambino, purch si prevedessero delle integrazioni alimentari
(conciliabili con detto regime) suggerite dal consulente, nonch lobbligo di monitorare in ambiente
ospedaliero la salute del figlio. Poich il tribunale non aveva invocato il concetto astratto di interesse dei
minori intesi come categoria, bens aveva individuato il percorso logico del giudizio riferito alla specifica
persona, a prescindere da standard valutativi, luso della clausola generale deve ritenersi in quel caso
appropriato[11].

3. Il fondamento costituzionale del favor minoris

Spostandoci dal metodo applicativo alla portata della clausola generale, va ricordato che linteresse del
minore qualificato come superiore dal diritto vivente interno e internazionale[12]. Ad uno sguardo
complessivo della giurisprudenza che ha applicato, nei vari settori del diritto e a diversi istituti, il principio
del favor minoris emerge immediatamente un uso disinvolto della formula. Si va dal superiore, al
prevalente o preminente interesse del minore che, con diversa intensit, introducono bilanciamenti con
gli interessi contrapposti, per giungere sino allesclusivo interesse del minore, che invece elimina la stessa
possibilit di bilanciamento e conferisce a quellinteresse una portata assoluta.

Il concetto della preminenza stato espressamente sancito nella citata Convenzione di New York del 1989,
in cui si afferma che in tutte le decisioni relative ai fanciulli, siano esse di competenza di istituzioni
pubbliche o private di assistenza sociale, di tribunali, di autorit amministrative o ancora di organi legislativi,
linteresse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente (art. 3, par. 1). La
Convenzione Europea sullesercizio dei diritti dei fanciulli, adottata a Strasburgo nel 1996, si propone
espressamente di promuovere, nellinteresse superiore dei minori, i loro diritti, concedere loro diritti
azionabili e facilitarne lesercizio facendo in modo che possano, essi stessi o tramite altre persone od organi,
essere informati e autorizzati a partecipare ai procedimenti che li riguardano dinanzi ad unautorit
giudiziaria (art. 1, par. 2). Ancora, la Carta di Nizza, esprimendosi in termini analoghi, prescrive che in
tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorit pubbliche o da istituzioni private, linteresse
superiore del minore deve essere considerato preminente (art. 24, par. 2).

Anche nellordinamento italiano il principio della centralit dellinteresse del minore si rinviene gi nella
riforma del diritto di famiglia del 1975 e nella L. 4 maggio 1983, n. 184 sulladozione, che lo individua quale
parametro di riferimento per la pronuncia di ogni provvedimento riguardante il minore adottando, sin dalla
stessa dichiarazione dello stato di adottabilit (art. 11, primo comma)[13].

Il principio si poi consolidato con gli interventi legislativi pi recenti. Si vedano in particolare la L. 8
febbraio 2006, n. 54 sullaffidamento condiviso e il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 sullo status unico di
figlio, che individuano nellinteresse del minore il criterio cardine cui riferirsi nellesercizio della
responsabilit genitoriale, sia nella fase fisiologica cos come in quella di crisi della coppia.

In una diversa visione prospettica del rapporto di filiazione, che ha portato ad abbandonare la figura della
potest, i genitori assumono non soltanto diritti, ma anche (e soprattutto) obblighi nei confronti dei figli[14].
Senza volersi soffermare in questa sede sui contenuti dellimpegno, basti dire che la responsabilit
genitoriale oggi intesa, piuttosto che come un diritto, come una funzione riconducibile ai valori
costituzionali del nostro ordinamento.

Anche se la nostra Costituzione non contiene un espresso riferimento al criterio dei best interests del minore,
la dottrina e la giurisprudenza ne hanno ampiamente messo in luce il fondamento costituzionale,
richiamando in primo luogo gli artt. 29 e 30 Cost., sul ruolo della famiglia e sul diritto-dovere dei genitori di
mantenere, istruire ed educare i figli, disciplinati nellambito dei rapporti etico-sociali dei cittadini (Titolo II
Costituzione)[15]. Inoltre deve aversi riguardo a quelle libert fondamentali del titolare, riconosciute e
garantite a qualunque soggetto, sia uti singulus, sia nelle formazioni sociali in cui svolge la sua personalit
(art. 2 Cost.). un principio fondamentale in materia di diritti inviolabili dellindividuo e di obblighi di
solidariet. In tal senso, si ritiene, con orientamento costante, che, sul piano assiologico, linteresse del
minore - nel e fuori dal matrimonio - presenti un rilievo costituzionale primario e quindi non solo

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sovraordinato a valori confliggenti espressi dalla legislazione nazionale ordinaria[16], bens anche anteposto
ad altri diritti di rilievo costituzionale[17]. Resta il principio di libert educativa, parimenti di rango
costituzionale, che riconosce il diritto dei genitori di educare i figli conformemente alle proprie
convinzioni[18], purch non venga pregiudicato linteresse morale e materiale del minore[19].

Linquadramento costituzionale del favor minoris non tuttavia sufficiente a determinarne la nozione, usata
spesso dagli operatori del diritto come formula magica[20], a contenuto vago. Per questo stato
fondatamente denunciato luso retorico del principio, perentorio ma allo stesso tempo indeterminato,
apparentemente risolutore ma vuoto, rigido ma al tempo stesso elastico[21].

4. Indisponibilit del diritto alla salute del minore

In questa cornice normativa, va affrontato laltro tema posto dallordinanza in esame, quello del rapporto tra
interesse del minore e obblighi dei genitori, tra libert del figlio e responsabilit genitoriale[22], tra il diritto
allautodeterminazione dei genitori e gli obblighi familiari e infine tra le competenze familiari e quelle
statuali in materia di salute minorile[23].

In linea di principio, lordinamento riconosce alla famiglia competenze esclusive, perch ritiene che ci
corrisponda alle esigenze di sviluppo della personalit individuale del bambino. Il genitore non ha per
diritto di attuare scelte o indirizzi non corrispondenti allinteresse di questultimo. Per questo motivo
lautorit giudiziaria chiamata a predisporre le misure pi idonee per consentire al minore il godimento dei
suoi diritti non solo in caso di conflitto tra i genitori[24], ma talvolta anche quando le scelte educative dei
genitori siano convergenti[25]. Il consenso dei soggetti che esercitano la responsabilit genitoriale non esime
infatti lo Stato dal controllo sul rispetto dei diritti indisponibili[26]. Pur dovendosi quindi affermare il diritto
dei genitori di educare i figli in conformit delle proprie convinzioni religiose, pedagogiche ed etico-morali,
tale potere-dovere va esercitato nei limiti dellosservanza dellinteresse del minore e anche in conformit
della volont di questultimo[27], acquisita con lascolto[28].

Con riferimento al diritto alla salute del minore, nel caso esaminato dal Tribunale di Roma, trattandosi di
diritto fondamentale dellindividuo (art. 32 Cost.)[29], esso indisponibile e irrinunciabile da parte dei
rappresentanti legali che esercitano la responsabilit genitoriale[30]. Questi, ancorch liberi di determinarsi
in base alle proprie convinzioni etiche e religiose, non possono attuare scelte pregiudizievoli allintegrit
psicofisica del figlio[31]. Il tema non nuovo ed stato affrontato nel caso drammatico del rifiuto di
sottoporre il minorenne, con esiti letali per la salute, a emotrasfusioni e altri interventi sanitari, in base a
determinati precetti religiosi[32]. Si ritenuto che in tal caso ricorressero i presupposti per provvedimenti
ablativi o restrittivi ex art. 330 o 333 c.c.

La scelta del regime alimentare del figlio minore, considerata la sua certa incidenza sulla salute nella fase
della crescita, va trattata, come stabilito dai giudici romani, alla stregua di una decisione di maggior interesse
da prendere di comune accordo. Se entrambi i genitori acconsentono, potranno imporre una specifica dieta
(vegana, vegetariana o comunque parzialmente restrittiva), purch ci non si traduca in un pregiudizio
(anche solo potenziale) alla salute del figlio.

In concreto quindi, linteresse alla salute del minore, quale principio superiore del nostro ordinamento,
destinato a prevalere, in sede di bilanciamento tra valori costituzionalmente protetti, su diritti e libert
fondamentali individuali dei genitori (quale la libert religiosa di cui allart. 19 Cost. o, pi in generale, la
libert di coscienza[33]). Quando infatti le relative esteriorizzazioni possano determinare conseguenze
pregiudizievoli, compromettendo la salute psico-fisica e lo sviluppo dei figli, lautorit giudiziaria pu
intervenire in modo limitativo[34].

5. Conclusioni

Il tema della scelta, legata a ragioni etiche, religiose o salutiste, del regime alimentare che comporti
restrizioni nutritive per il figlio, pone il problema del contemperamento tra i diritti dellindividuo garantiti
dalla Costituzione: da un lato, la libert dei genitori di attuare il proprio orientamento ideologico, dallaltro
quello del figlio di non subire pregiudizio alla propria crescita psicofisica o di non essere danneggiato nella
vita di relazione. Poich i titolari di tali situazioni soggettive (genitori e figli) hanno pari dignit, il criterio
dirimente per garantire lattuazione del bene salute (in senso ampio) comunemente indicato nellinteresse
del minore, soggetto da proteggere nella fase evolutiva, interesse che le fonti nazionali, sovranazionali e
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giurisprudenziali definiscono superiore. Ma la nozione inafferrabile, indeterminata e usata spesso in


modo apodittico dagli operatori del diritto e porta a giudizi diversi, oltre che opinabili, in controversie
giudiziarie delicate che riguardano questioni esistenziali della persona.

Poich il favor minoris appartiene alla tecnica normativa della clausola generale, che tipicamente presenta
uneccedenza di contenuti assiologici rispetto a quelli precettivi abituali delle regole, traducendosi in una
delega al giudice affinch attinga a elementi estranei alla formula legislativa intesa in senso stretto,
particolarmente importante imporre precisi confini tra la discrezionalit e larbitrio del giudice. La diffidenza
manifestata per il concetto evanescente dellinteresse del minore si spiega dunque con i limiti di
funzionamento delle clausole generali e con la loro previsione naturalmente elastica[35].

Il tema di fondo chiarire come lordinamento garantisca la certezza del diritto su temi per i quali ha avocato
a s la funzione istituzionale di controllo, come quella dei diritti inviolabili della persona nella prima
formazione sociale, tutelati dallordine pubblico familiare. Luso della clausola generale non pu e non deve
risolversi in una mera evocazione dellinteresse del minore, con finalit taumaturgiche[36], perch il
giudice di merito tenuto a indicare i parametri di giudizio, i termini della comparazione dei diritti, la fonte
extragiuridica del suo convincimento con specifico riferimento al caso concreto. Lerrore sul piano
metodologico inficerebbe la sentenza, sotto il profilo della effettiva e non contraddittoria motivazione. Il
giudice di legittimit rappresenta quindi lestremo strumento di verifica del corretto funzionamento della
clausola generale dellinteresse del minore.

(Articolo di Emanuela Andreola, tratto da Famiglia e diritto (n. 6/2017), Ipsoa. Per maggiori informazioni
>>)

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[1] Nel codice civile numerosi sono i richiami allinteresse del minore senza ulteriore specificazione. Cfr. ad es., art. 316, comma
3, c.c. in materia di contrasto sullesercizio della responsabilit genitoriale in questioni di particolare importanza; art. 317 bis c.c.
in tema di rapporti con gli ascendenti; art. 337 ter, comma 2, c.c. sui provvedimenti relativi alla prole in ipotesi di dissoluzione
della coppia genitoriale; art. 337 quater c.c. sullaffidamento esclusivo del minore a uno dei genitori; art. 337 sexies c.c.
sullassegnazione della casa familiare; art. 337 octies c.c. sullascolto del minore in vista dellemanazione di provvedimenti che lo
riguardano.

[2] Cfr. M. Dogliotti, Sul concetto di diritto minorile: autonomia, favor minoris, principi costituzionali, in Dir. fam. pers., 1977,
954 ss.

[3] Il concetto espressamente sancito nella Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del fanciullo di New York del 1989
(ratificata e resa esecutiva in Italia con la L. n. 176/1991), nella Convenzione Europea sullesercizio dei Diritti del fanciullo di
Strasburgo del 1996 (ratificata e resa esecutiva in Italia attraverso la L. n. 77/2003), nonch nella Carta dei diritti fondamentali
dellUnione europea proclamata a Nizza nel 2010.

[4] Cfr. ampiamente P. Rescigno, La genesi della sentenza, Rescigno-Patti, Bologna, 2016, 135 ss., il quale si sofferma sulla
portata delle clausole generali dalle codificazioni moderne alla prassi giurisprudenziale, chiarendo anzitutto la differenza con il
mandato che il giudice riceve a ricavare concetti da esperienze poste fuori dal diritto, ma indispensabili per comprendere il
significato di proposizioni normative. In altre parole, se il giudice deve ricorrere ad esempio a nozioni della fisica, lo si rinvia
evidentemente ad un terreno estraneo alloperazione sillogistica per cui norma e fatto concreto si pongono in termini di premessa e
di conseguenza logica, in vista di una determinata conclusione.

[5] Cfr. G. Ferrando, Diritti e interesse del minore tra principi e clausole generali, in Pol. del dir., a. XXXIX, 1, marzo 1998, 167
ss.

[6] Cfr. G. Ferrando, Diritti e interesse del minore tra principi e clausole generali, cit., 170, che mette in guardia dal possibile
fraintendimento della nozione di interesse del minore, quando la si valuti in base a criteri astratti e generalizzanti piuttosto che
particolari e concreti, come invece si conviene a questa clausola generale. Ancora sullindeterminatezza del concetto, cfr. G.
Sicchiero, La nozione di interesse del minore, in questa Rivista, 2015, 72; L. Lenti, Note critiche in tema di interesse del minore, in
Riv. dir. civ., 2016, 1, 10086, secondo cui linteresse del minore sarebbe una sorta di contenitore vuoto che va riempito di contenuti.

[7] Cos S. Patti, La genesi della sentenza, cit., 150 ss., secondo cui, a proposito delle clausole generali, delle norme elastiche e
delle norme generali, occorre precisare i confini tra discrezionalit del giudice e arbitrio del giudice. Il timore dellarbitrio spiega la
diffidenza nei confronti delle clausole generali e le preoccupazioni, storicamente fondate in Germania alla luce dellesperienza
nazionalsocialista. Secondo lAutore, nellapplicazione della clausola generale si ravvisa una forma estrema di interpretazione,
poich il giudice contribuisce a realizzare la fattispecie normativa con laiuto di parametri tratti dallesperienza e dalla realt del
rapporto sociale. Se il giudice supera i limiti di tolleranza ricavabili dallordinamento, viene meno la sua fedelt alla legge.

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[8] Cfr. P. Rescigno, La genesi della sentenza, cit., 140, il quale precisa inoltre che raramente la Cassazione scende a dare contenuti
alle clausole generali, o perch ritiene che lapplicazione concreta di una clausola appartenga alla zona del fatto, o perch, senza
delineare in positivo il concetto richiamato nella clausola generale, si limita a valutare come non coerente la motivazione della
sentenza rinviando ad altro giudice laccertamento del fatto.

[9] Cfr. L. Lenti, Note critiche in tema di interesse del minore, cit., 10086, il quale tra laltro sottolinea il carattere prognostico di
una siffatta valutazione, dovendo il giudice scegliere la miglior soluzione per la vita futura di un determinato minore. In
giurisprudenza, cfr. Cass. 23 settembre 2015, n. 18817, in Foro it., 2016, 3, 1, 902, secondo cui il criterio fondamentale al quale il
giudice deve attenersi nelladozione dei provvedimenti riguardanti i figli minori rappresentato dallesclusivo interesse morale e
materiale della prole, il quale impone di privilegiare, tra pi soluzioni eventualmente possibili, quella che appaia pi idonea a
ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalit
del minore.

[10] Cfr. Trib. Monza 5 luglio 2016, in La legge plus online, che accogliendo il ricorso della madre, ha disposto che il Comune di
Monza, ente affidatario del minore, comunicasse allistituto scolastico che questultimo pu seguire anche a scuola una dieta
vegana a condizione che il bambino venisse periodicamente sottoposto a controlli medici per appurarne la crescita e che la dieta
venisse integrata secondo quanto suggerito dal CTU; sul parametro della compatibilit con il diritto alla salute, cfr. anche Cass. 12
giugno 2012, n. 9546, in Foro it., 2012, 11, 1, 3093, secondo cui lesercizio in concreto di tale potere da parte dellautorit
giudiziaria deve costituire espressione di conveniente protezione (art. 31, comma 2, Cost.) del preminente diritto dei figli alla
salute e ad una crescita serena ed equilibrata.

[11] Sulla necessit di un rigoroso accertamento in concreto, cfr. G. Ferrando, Diritti e interesse del minore tra principi e clausole
generali, cit., 170.

[12] La rilevanza dellinteresse del minore nel panorama internazionale viene ricordato anche dalla giurisprudenza costituzionale:
cfr. Corte cost. 23 febbraio 2012, n. 31, in Corr. giur., 2012, 569, secondo cui nellordinamento internazionale principio acquisito
che in ogni atto comunque riguardante un minore deve tenersi presente il suo interesse, considerato preminente.

[13] Sul punto cfr. Corte cost. 1 aprile 1992, n. 148, in Dir. fam., 1992, 504: Questa Corte ha pi volte sottolineato che dai principi
costituzionali di cui allart. 2 della Costituzione e allart. 30 della Costituzione, primo e secondo comma, discende che ladozione
deve trovare nella tutela dei fondamentali interessi del minore il proprio centro di gravit (sent. n. 197 del 1986, sent. n. 11 del
1981) essendo sempre poziore linteresse del minore stesso alla soluzione pi adeguata allo sviluppo della sua personalit.

[14] Cfr. la recente riforma sulla filiazione (L. 10 dicembre 2012, n. 219 e D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154) che, in linea con i
precetti internazionali, ha sostituito la locuzione potest genitoriale con quella di responsabilit genitoriale. Tale evoluzione
terminologica si resa necessaria per stabilire, anche sotto il profilo strettamente letterale, labbandono della nozione di potest
intesa come autorit del genitore sul figlio minore e la concentrazione, piuttosto, sugli interessi e sulla persona del minore. A tale
passaggio ha contribuito anche levoluzione normativa comunitaria, ad es., il Reg. CE 2202/2003, che contiene una definizione di
responsabilit genitoriale. Anche la nostra giurisprudenza di legittimit ha recepito da tempo la nozione di responsabilit
genitoriale (cfr. Cass. 26 maggio 2004, n. 10102, in Foro it., 2004, 1, 2742; Cass. 15 settembre 2011, n. 18863, in questa Rivista,
2012, 579). Rispetto alla normativa previgente, ora la disciplina della filiazione gravita intorno alla tutela della posizione del figlio,
al suo percorso di crescita psico-fisica che richiede di essere costantemente sostenuto e assecondato sul piano sia morale sia
materiale. Cfr. anche C.M. Bianca, Diritto civile, II-1, La famiglia, Milano, 2014, 344, secondo cui con la nuova prospettiva della
responsabilit genitoriale si voluto sottolineare il mutamento dellantica concezione dellautorit spettante ai genitori e, in
passato, al capo della famiglia. Questa vecchia concezione ha ormai lasciato il posto allidea che i genitori sono titolari di un
ufficio, che essi devono esercitare nellinteresse della prole. Nello stesso senso, in giurisprudenza, cfr. Cass. 19 aprile 2002, n.
5714, in questa Rivista, 2002, 415, che, in materia di affidamento del figlio minore in ipotesi di separazione o di divorzio, ha
affermato che la stessa posizione del genitore affidatario si configura piuttosto che come un diritto, come un munus.

[15] Cfr. G. Ferrando, Interesse del minore e status di figlio, in Giur. it., 1999, 1110; P. Passaglia, I minori nel diritto costituzionale,
in F. Giardina - E. Pellecchia (a cura di), Una voce per i minori, Pisa, 2008, 87.

[16] Cfr. ad es. Cass. 16 febbraio 2002, n. 2303, in questa Rivista, 2002, 36; Cass. 30 settembre 2016, n. 19599, in Corr. giur.,
2017, 181.

[17] Cfr. ad es. Cass. 26 maggio 2004, n. 10102, cit., 2742, secondo cui lesigenza di assicurare il preminente interesse del minore
prevale - ad esempio - sul diritto alla propriet privata di cui allart. 42 Cost., per cui, al fine di assicurare al figlio il diritto di
continuare ad abitare nella casa familiare consentito comprimere temporaneamente, fino al raggiungimento della maggiore et o
dellindipendenza economica dei figli, il diritto di propriet o di godimento di cui sia titolare o contitolare laltro genitore, in vista
dellesclusivo interesse della prole alla conservazione, per quanto possibile, dellhabitat domestico anche dopo la separazione dei
genitori.

[18] Sul punto si richiama in particolare la Carta di Nizza che, allart. 14, par. 3, enuncia: [...] il diritto dei genitori di provvedere
alleducazione e allistruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati
secondo le leggi nazionali che ne disciplinano lesercizio. In tal senso si esprime anche la Convenzione sui diritti del fanciullo,
riconoscendo il diritto-dovere dei genitori di guidare il minore nellesercizio delle sue libert di pensiero, di coscienza e religione
che corrispondano allo sviluppo delle sue capacit.
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[19] Cfr. Corte cost. 23 febbraio 2012 n. 31, cit., 569.

[20] Lespressione di F.D. Busnelli, Persona e Famiglia, Pisa, 2016, 382 ss., il quale si pone il problema se sia davvero
inoppugnabile, in mancanza di precisa definizione del legislatore, il principio secondo cui, nel bilanciamento con i diritti
fondamentali di altri soggetti, debba sempre e comunque essere preferito quello del minore.

[21] Per unampia critica allo straordinario successo dello slogan del prevalente interesse del minore, cfr. E. Lamarque, Prima
i bambini. Il principio dei best interests of the child nella prospettiva costituzionale, Milano, 2016, 79-84. Sottolinea che nel corso
del tempo il principio del favor minoris ha assunto significati diversi ed diventato ambiguo, L. Lenti, Note critiche in tema di
interesse del minore, cit., 93. Nello stesso senso, R. Senigaglia, Status filiationis e dimensione relazionale dei rapporti di famiglia,
Napoli, 2013, 158 e 167 ss.

[22] Cfr. G. Ballarani, Potest genitoriale e interesse del minore: affidamento condiviso, affidamento esclusivo e mutamenti, in S.
Patti - L.R. Carleo (a cura di), Laffidamento condiviso, Milano, 2006, 29 ss.; F. Tommaseo, Conflitti tra genitori sulla scelta della
scuola: quali criteri ha il giudice per valutare linteresse del minore?, in questa Rivista, 2016, 801, secondo cui il giudice,
chiamato ad utilizzare come criterio di giudizio il superiore interesse del minore, esercita un potere intensamente discrezionale nel
dare concretezza a un concetto assolutamente indeterminato, in mancanza di parametri oggettivi di riferimento.

[23] Cfr. Trib. Roma 19 ottobre 2016, in commento la documentazione prodotta dalla ricorrente, dalla quale si evince la presenza
di circolari ministeriali che permettono, nel rispetto delle scelte etico-religiose dei genitori, di chiedere alle scuole di seguire
specifici regimi alimentari, presuppone convergenza di scelte educative dei genitori. In caso di dissenso, il Collegio deve optare
per la scelta che essendo conforme alla normalit statistica quella che maggiormente garantisce linteresse del minore.

[24] La disciplina della soluzione giudiziale del conflitto diversa a seconda che il contrasto sorga tra i genitori nel rapporto
fisiologico del matrimonio o in un contesto di crisi della coppia genitoriale. In questultimo caso infatti si stabilisce che, in caso di
disaccordo sulle decisioni di maggior interesse per i figli (relative allistruzione, alleducazione, alla salute e alla scelta della
residenza abituale del minore), la decisione rimessa al giudice (art. 337 ter, comma 3, c.c.), mentre, in base allart. 316 c.c. il
giudice potrebbe attribuire il potere decisionale al genitore pi idoneo. Secondo C.M. Bianca, La famiglia, cit., 240, la diversa
regola trova ragione nel fatto che lattribuzione del potere decisionale a uno dei genitori, quando il rapporto di coppia in crisi,
potrebbe aggravare la loro tensione a danno del figlio.

La differenza si coglie anche sotto il profilo processuale: mentre infatti il procedimento ex art. 709 ter c.p.c. ha natura contenziosa
e si introduce con ricorso, qualora il contrasto sorga nella normale situazione di convivenza dei genitori, ciascuno di essi pu
ricorrere senza formalit ex art. 316 c.c. al giudice.

[25] Lintervento dello Stato nonostante laccordo dei genitori presuppone la notizia del fatto.

[26] Sui limiti del potere del giudice di perseguire linteresse dei minori nel conflitto genitoriale, cfr. Cass. 12 giugno 2012, n.
9546, cit., 3093; Cass. 19 luglio 2016, n. 14728, in questa Rivista, 2016, 1081, secondo cui, in linea con linteresse del minore, che
ai sensi dellart. 337 ter c.c. costituisce il parametro essenziale di riferimento per ladozione dei provvedimenti relativi alla prole, il
giudice pu prevedere misure idonee a evitare che il contributo del genitore non collocatario alleducazione e allistruzione dei
figli, anche in campo religioso, si traduca nella sottoposizione degli stessi a indebite pressioni o condizionamenti, volti a imporre
laccettazione del credo religioso, in contrasto con la libert dei minori di seguire un proprio percorso nellambito del processo di
maturazione complessiva della loro personalit. Anche nel caso della separazione consensuale, quando le condizioni sono
concordate dai coniugi, residua il controllo giudiziale nel caso di pattuizioni pregiudizievoli nei confronti dei figli minorenni. Lart.
158 c.c. subordina lomologazione alla verifica dellassenza di pregiudizio per i figli, anche se il compito affidato
allomologazione fa di questo atto un mera condizione di efficacia della volont dei coniugi.

[27] Con riferimento in particolare alladesione a una confessione religiosa, cfr. G. Oberto, Modelli educativi ideologici, culturali e
religiosi rispetto al minore di genitori in crisi (Parte I), in questa Rivista, 2010, 506, il quale sottolinea che se i genitori, anche se
daccordo, decidono di educare il proprio figlio a una determinata religione, lordinamento riconosce loro solo un potere di
avviamento, non essendo possibile alcuna coercizione, tranne che nei primissimi anni. Il figlio infatti, ancor prima della
maggiore et, ha il diritto di scegliere la sua vita religiosa.

[28] Questo diritto ha trovato consacrazione nella L. 10 dicembre 2012, n. 219, di riforma della filiazione. Cfr. in particolare artt.
315 bis e art. 336 bis c.c.; art. 24 della Carta di Nizza, che afferma il diritto dei minori di esprimere liberamente la propria
opinione, la quale va presa in considerazione nelle questioni che li riguardano in funzione della loro et e della loro maturit; art.
12 della Convenzione sui diritti del fanciullo, che sancisce il diritto del minore, capace di discernimento, di esprimere liberamente
le proprie opinioni con riferimento a tutte le questioni che lo riguardano, stabilendo che, a tal fine, deve essergli data lopportunit
di essere ascoltato in qualsiasi procedimento giudiziario e amministrativo a lui riferibile.

[29] Il diritto alla salute lunico a essere espressamente definito come fondamentale dalla Costituzione, in quanto presupposto
indispensabile per il godimento di tutti gli altri diritti costituzionalmente garantiti (cfr. F. Del Giudice, Costituzione esplicata,
Napoli, 2016, sub art. 32 Cost., 90; cfr. anche Corte cost. 16 ottobre 1990, n. 455, in Le Regioni, 1991, 1513).

[30] Cfr. M. Luciani, voce Salute, I, in Enc. giur., XXVII, Roma, 1991, 4.

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[31] Cfr. G. Sicchiero, La nozione di interesse del minore, cit., 72, il quale evidenzia che, nel bilanciamento di interessi
contrapposti (da un lato, la libert religiosa dei genitori e, dallaltro, il diritto alla salute del minore), entrambi valori
costituzionalmente protetti, la scelta dovr prediligere linteresse del minore, inteso come persona umana da preservare nel diritto
alla vita ed alla salute.

[32] Il problema si posto soprattutto in relazione al rifiuto manifestato da genitori Testimoni di Geova di sottoporre i figli minori
a emotrasfusione. Sul punto, giurisprudenza e dottrina sono costanti nel ritenere la legittimit di un provvedimento, surrogatorio
della volont dei genitori ex art. 333 c.c., che autorizzi la terapia salva vita, con eventuale possibilit di sospendere la potest
parentale. In giurisprudenza, cfr. ad es. Corte Assise App. Cagliari 13 dicembre 1982, in Giur. it., 1983, II, 364, che ha condannato
per omicidio colposo i genitori che hanno omesso di sottoporre la figlia, affetta da grave thalassemia, alle periodiche necessarie
trasfusioni di sangue; T.A.R. Lazio 8 luglio 1985, in Fam. e pers., 1985, 998; Trib. minorenni Trento 30 dicembre 1996, in Riv. it.
medicina legale, 1998, 835, che ha pronunciato la sospensione della potest parentale a fronte del rifiuto di emotrasfusioni per la
figlia neonata, gravemente immatura e in grave pericolo di vita. In dottrina, cfr. G. Furgiuele, Diritto del minore al trattamento
medico sanitario, libert religiosa del genitore, intervento e tutela statuale, in Giur. it., 1983, II, IV, 349, secondo cui la
discrezionalit riconosciuta al genitore in ordine ai contenuti educativi da impartire al minore [...] ha un limite, costituito dalla
salvaguardia dellinteresse del minore, nella pi ampia accezione di tale interesse.

[33] Il rilievo costituzionale della libert di coscienza, normalmente ricondotta allart. 2 Cost., stato riconosciuto da Corte cost.
19 dicembre 1991 n. 467, in Giur. it., 1992, I, 1, 630, secondo cui a livello dei valori costituzionali, la protezione della coscienza
individuale si ricava dalla tutela delle libert fondamentali e dei diritti inviolabili riconosciuti e garantiti alluomo come singolo, ai
sensi dellart. 2 Cost., dal momento che non pu darsi una piena ed effettiva garanzia di questi ultimi senza che sia stabilita una
correlativa protezione costituzionale di quella relazione intima e privilegiata delluomo con se stesso che di quelli costituisce la
base spirituale-culturale e il fondamento di valore etico-giuridico.

[34] Cfr. Cass. 12 giugno 2012, n. 9546, cit., 3093, che ha precisato infatti che lesercizio in concreto del potere giudiziale pu
assumere anche profili contenitivi dei diritti e delle libert fondamentali individuali, ove le relative esteriorizzazioni determinino
conseguenze pregiudizievoli per la prole. Sulla scorta di tali principi, la Corte di cassazione rigettava il ricorso di una madre
(appartenente alla confessione religiosa dei Testimoni di Geova) avverso la sentenza della Corte dAppello di Firenze che le aveva
imposto di astenersi dal coinvolgere il figlio minore nella propria scelta religiosa. La S.C. infatti ha ritenuto tale limitazione
ineccepibilmente aderente al dettato normativo, avendo i giudici dappello assunto a parametro di riferimento linteresse
preminente del minore, interesse che, allesito dellinsindacabile valutazione discrezionale delle risultanze istruttorie, sorretta da
puntuale ed adeguato riscontro argomentativo, hanno ritenuto pregiudicato non gi per loro soggettivi pregiudizi religiosi o per i
connotati propri del movimento dei Testimoni di Geova, ma per gli effetti, specificamente evidenziati, dannosi per lequilibrio e la
salute psichica del figlio delle parti, ancora in tenera et, indotti dai contegni materni conseguenti e correlati alladesione a tale
confessione religiosa ed inseritisi in un contesto di vita del minore gi reso particolarmente delicato dalla separazione dei genitori.
Conforme, in un caso analogo, Cass. 19 luglio 2016, n. 14728, cit., 1081.

[35] Ci si chiede se non sia contraddittorio con il senso della clausola generale, pensata come strumento per giungere alla soluzione
pi congrua e appagante nel caso concreto, costruire gruppi di casi che concorrono alla tipizzazione della regola (P. Rescigno, La
genesi della sentenza, cit., 142). Il tema coinvolge il rapporto tra giudice e legislatore e attiene alle scelte di fondo
dellordinamento.

[36] Il termine usato efficacemente da E. Lamarque, Prima i bambini. Il principio dei best interests of the child nella prospettiva
costituzionale, cit., 79.

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