C a p i to l o 5
J F E T : a n a l i s i s ta t i c a
Introduzione ai FET ...................................................................................................... 2
Introduzione ai FET
Lacronimo FET sta per Field Effect Transistor e individua una classe di
transistori caratterizzati dal cosiddetto effetto di campo: la corrente che scorre tra i
terminali principali di tali dispositivi (per intenderci, tra i terminali di Source e di
Drain) viene modulata dallazione del campo elettrico corrispondente alla tensione
applicata al cosiddetto elettrodo di controllo, altrimenti detto elettrodo di gate
(dove gate significa porta).
Si tratta di dispositivi unipolari, in cui cio la conduzione di corrente viene
affidata ad un solo tipo di portatori (lacune o elettroni): in questo, essi si
differenziano dai transistori bipolari (BJT e HBT), nei quali invece la conduzione
viene affidata sia agli elettroni sia alle lacune.
I FET di cui ci occupiamo in questo corso sono il JFET ed il MOSFET. In
particolare, questo documento si occupa dei JFET.
R
Riieep
piillo
oggo
o ssu
ull ffu
unnzziio
onnaam
meen
ntto
oddii u
unn JJF
FEET
T
p+
p+
Gate
Source p+ Drain
n p+
RCS
2a S D
RCS
D S
G G
S D
canale n canale p
simmetria del dispositivo. Ci che aiuta a capire quale sia il drain e quale il source
, perci, solo la polarizzazione.
regione regione
ID lineare di saturazione
VG=0
VG<0
VD
VDsat
Al crescere del valore assoluto della V GS , i valori della corrente di drain, a parit
di tensione V DS , diminuiscono: il motivo proprio nel fatto per cui, aumentando la
V GS , aumenta lestensione delle RCS, quindi aumenta lo svuotamento del canale e
quindi si riduce la conduttanza del canale stesso.
Nel grafico possibile individuare fondamentalmente due regioni di
funzionamento del dispositivo:
anche quel breve tratto iniziale in cui landamento , in effetti, pi lineare che
quadratico);
la cosiddetta regione a corrente costante (o anche regione di saturazione),
in cui la corrente rimane, in prima approssimazione, costante nonostante la
tensione di drain superi il valore V DS,sat che provoca lo strozzamento (o pinch-
off) del canale.
Possiamo inoltre fare alcune importanti osservazioni, che saranno riprese anche
in seguito:
VGS=0
IDS
VGS<0
VGS=VP
VDS
2I DSS 2
VDS
I DS = 2 ( VGS VP ) VDS
VP 2
Facciamo osservare sin da ora una cosa molto importante: come abbiamo appena
visto, e come vedremo anche nei MOSFET, per un JFET ci sono due diverse
equazioni che forniscono il valore della corrente I DS e corrispondono ciascuna ad
una diversa regione funzionamento del dispositivo; il fatto che ci siano due diverse
equazioni ha il pregio di fornire una stima molto accurata della corrente in
IGS IDS
+ +
porta di porta di
VGS VDS
ingresso uscita
- -
C V aallllaa p
Caarraatttteerriissttiiccaa II--V dii iin
poorrttaa d nggrreessssoo
n iin
Una prima possibilit quella di tracciare una caratteristica I-V alla porta di
ingresso, ossia, nel caso del JFET, un curva della corrente di gate I GS in funzione
della tensione di gate V GS ; tuttavia, questa caratteristica non molto utile, per il
motivo seguente: la corrente che fluisce attraverso il terminale di gate la corrente
che fluisce attraverso la giunzione p + -n formata dal canale e dalla regione di gate
appunto; questa giunzione polarizzata dalla tensione V GS e abbiamo detto che, per
un JFET a canale n a svuotamento come quello che stiamo considerando, essa
negativa; si tratta dunque di una tensione di polarizzazione inversa applicata alla
giunzione p + -n, per cui la corrispondente corrente I GS si pu assumere praticamente
nulla. Quindi, se andassimo a tracciare la curva di I GS in funzione di V GS , avremmo
corrente approssimativamente nulla per qualsiasi valore della tensione.
C per da fare una duplice osservazione a questo proposito:
In conclusione, quindi, diciamo che lintervallo entro cui consigliabile far variare
[ ]
la tensione di gate V GS VP , V , dove ricordiamo ancora una volta che V P ha segno
negativo.
C poorrttaa d
V aallllaa p
Caarraatttteerriissttiiccaa II--V usscciittaa
dii u
Una caratteristica senzaltro pi importante della precedente quella I-V relativa
alla porta di uscita ed quella che abbiamo tracciato prima per descrivere
qualitativamente il funzionamento del JFET:
IDS
VGS=0
VGS<0
VGS=VP
VDS
T
Trraan
nssccaarraatttteerriissttiiccaa II--V
V
Unaltra importante caratteristica che possiamo tracciare per un JFET (come per
un qualsiasi altro FET) la cosiddetta transcaratteristica (di uscita), nella quale
riportiamo landamento della corrente di uscita I DS in funzione della tensione di
ingresso V GS e in corrispondenza di un prefissato valore della tensione di uscita
V DS .
2
V
I DS = I DSS 1 GS
VP
IDS zona di
saturazione
VGS
VP V
Tutto questo avviene, dunque, quando la V DS tale che il dispositivo lavori nella
regione di saturazione. Vediamo invece come cambiano le cose quando il dispositivo
lavora nella zona lineare (o zona di triodo).
Fissiamo perci un valore basso della V DS , ad esempio 100mV. Partendo sempre
da V GS =V P <0, lequazione da utilizzare per dedurre landamento della I DS con la V GS
questa volta quella relativa alla regione lineare, ossia
2I DSS 2
VDS
I DS = ( VGS VP ) VDS
VP2 2
IDS zona
lineare
VGS
VP V
Infine, se andassimo a tracciare altre curve per valori via via crescenti della V DS ,
avendo cura di rimanere sempre nella regione lineare, avremmo qualcosa del tipo
seguente:
IDS
VDS3 zona
lineare
VDS2
VDS1
VGS
VP V
Transconduttanza gm
Facendo riferimento alle transcaratteristiche I-V appena tracciate, possibile
definire un importante parametro (differenziale) relativo al funzionamento di un
JFET: esso prende il nome di transconduttanza ed definito analiticamente
mediante la relazione
I DS
gm =
VGS Q
In pratica, una volta fissato il punto di lavoro Q del dispositivo, ossia la terna di
valori (V DS ,V GS ,I DS ), la transconduttanza misura la pendenza della
transcaratteristica nel punto di lavoro considerato. Ad essere precisi, ci che essa
misura la pendenza della curva che si ottiene linearizzando la transcaratteristica
nellintorno del punto di lavoro prescelto.
T nd
nssccoon
Trraan nzzaa iin
uttttaan
du dii ssaattu
naa d
n zzoon nee
urraazziioon
E chiaro che il valore della transconduttanza dipende dalla zona di
funzionamento del dispositivo, ossia, a parit di VGS e di I DS , dal valore della V DS .
Vediamo ad esempio quanto esso vale quando il dispositivo lavora in saturazione:
avendo detto che lespressione della corrente in questa regione di funzionamento
2
V
I DS = I DSS 1 GS
VP
VGS
2
2I VGS
gm = I DSS 1 = DSS 1
VGS VP VP VP
2I DSS VGS Q
2I DSS VGS Q
gm = 1 = 1 +
VP VP VP VP
dove il segno - iniziale scompare nel momento in cui la V P viene presa con il suo
segno, ossia appunto negativa.
gm
zona di
saturazione
2I DSS
VP
VGS
VP V
IDS
zona di
saturazione
VGS
VP V
Si osserva infatti come la pendenza della curva vada aumentando man mano che
la V GS aumenta.
Spesso, preferibile esprimere la g m non in funzione della V GS , ma in funzione
della corrente I DS : per fare questo, basta osservare che, dallequazione
2
V
I DS = I DSS 1 GS
VP
VGS I DS
si ottiene che 1 = e quindi, sostituendo nellespressione della g m , che
VP I DSS
2
gm = I DSS I QDS
VP
T
Trraan
nssccoon
nddu
uttttaan
nzzaa iin
n zzoon
naa lliin
neeaarree
Fin qui, dunque, quello che accade alla transconduttanza nella regione di
saturazione. Passiamo a vedere che cosa accade se il dispositivo lavora nella
regione lineare: abbiamo detto che, in questa regione di funzionamento, lequazione
che fornisce il valore della corrente
2I DSS 2
VDS
I DS = 2
(
GS
V VP ) VDS
VP 2
2I DSS 2
VDS 2I DSS
gm = 2 ( VGS VP ) VDS = VDS
VGS VP 2 VP2
gm
zona
lineare
VGS
VP V
IDS
zona
lineare
VGS
VP V
Conduttanza di uscita gO
Mentre la transconduttanza g m esprime le variazioni della corrente di drain I DS
dovute a variazioni della tensione di gate V GS , esiste un altro parametro
fondamentale del JFET (come per tutti i FET daltra parte), che prende il nome di
conduttanza di uscita e che esprime le variazioni della corrente di drain I DS dovute
questa volta a variazioni della tensione di drain V DS : la definizione analitica di
questo parametro quindi
I DS
gO =
VDS Q
ID
VG=0
VG<0
VD
VDsat
E evidente, allora, che, mentre nella regione di triodo (cio per V DS bassa) le
curve della corrente hanno una pendenza anche elevata e quindi un valore elevato
IDS VGS=0
VGS<0
VGS=VP
VDS
E deellllaa m
Effffeettttoo d du
mood nee d
ullaazziioon un
deellllaa llu heezzzzaa d
nggh naallee
dii ccaan
Dobbiamo ora spiegare nel dettaglio per quale motivo la corrente I DS continua a
crescere con la tensione V DS anche nella regione di saturazione, ossia anche dopo
che il canale ha subito il pinch-off.
Abbiamo detto che la tensione che maggiormente influisce sullo svuotamento del
canale la tensione di gate V GS , la quale regola lestensione delle RCS che si
affacciano sul canale stesso. Abbiamo per detto che anche la V DS ha una sia pur
minore influenza sullo svuotamento del canale: nel momento in cui si raggiunge il
pinch-off, cosa che avviene prima in corrispondenza della sezione di drain (in
quanto l che c la tensione inversa maggiore), chiaro che, aumentando ancora
la V DS , il punto di pinch-off (ossia il punto in cui le due RCS si toccano) va via via
spostandosi dal drain verso il source:
RCS
P
RCS
2
V
I DS = I DSS 1 GS (1 + VDS )
VP
ed evidente che essa prevede una dipendenza lineare della I DS dalla V DS secondo il
parametro , che prende il nome di parametro della modulazione della lunghezza
di canale.
Facciamo comunque osservare una cosa: intuitivo rendersi conto che leffetto
della modulazione della lunghezza di canale tanto meno marcato quanto pi lungo
il canale del dispositivo. Infatti, una stessa variazione L della lunghezza L del
canale pi sentita se L piccola, mentre pi o meno trascurabile se L grande.
Considerando, allora, che i JFET sono generalmente dispositivi a canale lungo,
possiamo dedurre che questo effetto sia abbastanza trascurabile in questi
dispositivi. Lo stesso non potremo dire, invece, nei MOSFET, che sono dispositivi a
canale corto e quindi risentono maggiormente delle variazioni di L.
C nd
Coon du dii u
nzzaa d
uttttaan n zzoon
usscciittaa iin dii ssaattu
naa d nee
urraazziioon
Il fatto di considerare la modulazione della corrente anche in zona di saturazione
comporta, come detto in precedenza, che la conduttanza di uscita non sia pi nulla
in questa regione. Andiamo perci a trovarci una sua espressione.
Applicando semplicemente la definizione, abbiamo che
V
2
V
2
VDS VP VP
144 2443
IQDS
g O = I QDS
CCoon nd duuttttaannzzaa d
dii u
usscciittaa iin
n zzoon
naa lliin
neeaarree:: J
JFFE
ETT ccoom
mee rreessiissttoorree
vvaarriiaabbiillee
Dopo aver calcolato la conduttanza di uscita nella regione di saturazione,
possiamo valutarla anche nella regione lineare: lespressione della corrente in
questa regione
2I DSS 2
VDS
I DS = ( VGS VP ) VDS
VP2 2
2I DSS 2
2I DSS
( (V VP ) VDS )
VDS
g DS = 2 ( VGS VP )VDS =
VDS VP 2
GS
VP2
dove abbiamo usato il pedice DS, al posto del pedice O, per distinguere quello
che stiamo ricavando ora da quello che abbiamo ricavato nella regione di
saturazione.
Nel caso in cui possiamo ritenere la V DS trascurabile rispetto agli altri termini,
possiamo scrivere che
g DS =
VP2
(
2I DSS
VGS VP )
oppure anche che
2I DSS VGS
g DS = 1
VP VP
Modello
Modello statico del JFET per grandi segnali
In base alle considerazioni fatte fino ad ora, deduciamo che, a prescindere dalla
regione di funzionamento del JFET, possiamo utilizzare, per esso, il seguente
circuito equivalente:
G D
+ + ID
VGS IDS VDS
(gO)-1
- -
S S
C
Ciirrccu
uiitto
o iin
nvveerrttiitto
orree aa JJF
FEET
T
Introduzione
Una applicazione molto semplice di un JFET (e vedremo anche di un MOSFET)
quella che si ottiene mediante il circuito seguente:
RD VDD
VGG RG
+
vS(t)
-
Questo circuito, per un motivo che sar chiaro pi avanti, prende il nome di
circuito invertitore e pu essere impiegato sia nel funzionamento analogico,
usandolo come amplificatore, sia nel funzionamento digitale, usandolo come porta
logica NOT.
Si distinguono, nel circuito, due generatori di tensione costante ed un generatore
di tensione variabile: i primi due, unitamente alle resistenze R G ed R D,
costituiscono il circuito di polarizzazione del JFET; il generatore v S (t) rappresenta
invece il segnale variabile (onda quadra, sinusoide o quantaltro) che intendiamo
applicare al circuito.
Vogliamo studiare questo circuito e, in particolare, vogliamo ricavare sia il punto
operativo sia landamento della tensione V DS (tensione di uscita) in funzione della
tensione V GS (tensione di ingresso).
RD VDD
VGG RG
N.B. Sottolineiamo sin da ora che il fatto di poter ritenere nulla la I G di grande
vantaggio nelle applicazioni, in quanto permette di trascurare ci che succede
alla porta di uscita del JFET; lo stesso non accadr nei transistori bipolari,
nei quali invece la corrente di controllo (che la corrente di base) non
nulla e impone quindi delle considerazioni in pi.
Passiamo ora a individuare il punto operativo alla porta di uscita. Le curve della
corrente I DS in funzione della tensione V DS sono state descritte gi in precedenza e
sono qui di seguito riportate:
IDS VGS=0
VGS<0
VGS=VP
VDS
VGS=VGG
I QDS
VDS
Q
VDD
V DS
VP VGS
Questa curva presenta una peculiarit evidente: man mano che la tensione di
ingresso V GS aumenta (in quanto diventa sempre meno negativa), la tensione di
uscita V DS diminuisce e viceversa. Questo il motivo per cui quella caratteristica si
dice di tipo invertente e quindi anche il motivo per cui il circuito esaminato
prende il nome di invertitore.
VDS
VDD
VDS
VP VGS
VGS
G
Guuaad
daaggn
noo d
dii tteen
nssiioon
nee
Ci chiediamo come si possa dimensionare il circuito invertitore in modo da
ottenere il guadagno migliore possibile.
E subito evidente che il guadagno sar tanto maggiore quanto maggiore la
pendenza del tratto di caratteristica di trasferimento nel quale viene preso il punto di
lavoro. Dobbiamo dunque trovare il modo di aumentare quanto pi possibile tale
pendenza.
E utile, per rispondere a questa domanda, rivedere il modo con cui si ottiene per
punti la caratteristica di trasferimento trovata prima.
Le caratteristiche di uscita, intersecate con la retta di carico della porta di
uscita, sono le seguenti:
IDS VGS=0
VDD/RD
VGS<0
VDS
VDD
Man mano che la V GS aumenta, la curva della corrente sale e quindi il punto di
lavoro si posta verso sinistra, ossia verso valori via via inferiori della tensione V DS e
via via crescenti della I DS . Prendendo i vari punti di lavoro (ossia leggendo i vari
valori della V DS ), si pu costruire la caratteristica di trasferimento illustrata prima.
E chiaro, allora, che le variazioni di tensione V DS , corrispondenti a variazioni di
V GS , saranno tanto pi marcate quanto maggiore la pendenza della retta di carico
(ossia quanto maggiore R D ) e, inoltre, quanto maggiori sono le variazioni di I DS con
V GS (ossia quanto maggiore la transconduttanza).
Quindi, per aumentare il guadagno di tensione, necessario aumentare o la R D o
la g m o, ovviamente, entrambe. Questo fatto verr confermato anche quando
esamineremo pi dettagliatamente il comportamento del JFET come amplificatore
di piccolo segnale.