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Learning 2.

0 Stefano Besana

Learning 2.0
Le ricadute e i possibili impieghi degli strumenti web
2.0 in contesti formativi ed educativi.

Stefano Besana
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Paper per il corso di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento.
Prof.: Pier Cesare Rivoltella

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Learning 2.0 Stefano Besana

Indice dei contenuti

Abstract .......................................................................................................................................... 3
Il web 2.0 ........................................................................................................................................ 4
Una panoramica dei principali servizi .......................................................................................... 7
Collaborare per costruire contenuti.......................................................................................... 8
Collaborare per riflettere.......................................................................................................... 8
Collaborare per organizzare .................................................................................................... 9
Collaborare per educare.......................................................................................................... 9
Il web 2.0 nella formazione ........................................................................................................... 12
Perché il web 2.0 nel campo formativo?.................................................................................... 12
Le basi teoriche......................................................................................................................... 13
Gli esempi concreti.................................................................................................................... 14
Le possibili problematiche ......................................................................................................... 16
Verso l’e-learning 2.0? .............................................................................................................. 17
Conclusioni ................................................................................................................................... 18
Bibliografia e riferimenti................................................................................................................. 19
Siti Internet, risorse e pubblicazioni on-line ................................................................................... 19

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Abstract
È sempre bene rammentare che non bisogna considerare la gente idiota.
Michel de Certeau

Con il presente documento s’intende offrire uno spunto di riflessione sulla possibilità di introdurre i servizi
offerti dalla rete globale – e in particolare dal web 2.0 – all’interno di contesti formativi ed educativi.
Si proverà, pertanto, ad individuare una serie di ricadute interessanti che permettano di sfruttare le enormi
potenzialità di queste risorse, esaminando alcuni progetti già avviati (e.g. MIT Open Course Ware) e non
mancando di sottolineare le possibili problematiche e difficoltà che la ri-mediazione e la ri-definizione dei
confini necessariamente comportano.
L’intero saggio sarà una semplice finestra alla quale affacciarsi per poter avviare interessanti spunti di
discussione che meriterebbero (e che spesso trovano) spazi di approfondimento a se stanti.

Di che cosa si tratta? Come è definibile il fenomeno? E` davvero così importante? Che ruolo può avere la
formazione in tutto questo?
Sono queste alcune delle domande alle quali si proverà a dare una risposta e attraverso le quali si tenterà di
offrire un punto di vista il più possibile omnicomprensivo.

Ragionare su tale fenomeno significa prendere atto di un rapporto sempre più pervasivo e stringente tra
Internet e vita quotidiana, un rapporto che lontano dai vizi di forma del determinismo tecnologico necessita di
essere compreso secondo il modello che Manuel Castells definisce “sociotecnologico” (Mizella, 2008).

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Il web 2.0
Sono gli spettatori che fanno il quadro.
Marcel Duchamp

“Web 2.0” è un termine che ha acquistato forte risonanza in seguito ad una conferenza del 2004 tenuta da
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Tim O’Reilly, nella quale si è tentato anche di dare una definizione preliminare del fenomeno :

Web 2.0 is a set of economic, social, and technology trends that collectively form the basis for the
next generation of the Internet - a more mature, distinctive medium characterized by user
participation, openness, and network effects.

Una prima definizione del fenomeno è fondamentale per inquadrare – almeno a livello generale – la
questione attorno alla quale ruota la nostra discussione.
Potremmo definire il fenomeno 2.0 come un “concetto aperto”, non soggetto quindi ad una definizione statica
e totalmente omnicomprensiva, ma piuttosto inquadrabile come un processo in fieri.
Esistono tuttavia alcune peculiarità che ci permettono di distinguerlo dai comuni e tradizionali servizi presenti
in rete.

Figura 1 – Le differenze tra Web 1.0 e 2.0

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http://radar.oreilly.com/archives/2006/12/web_20_compact.html,
Tim O’Reilly è uno dei massimi esperti mondiali del web 2.0 e fondatore, oltrechè leader del O’Reilly Radar Team che si
occupa di registrare e monitorare le nuove tendenze della rete mondiale.

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Partecipazione, collaborazione, co-costruzione, centralità dell’utente, “de-professionalizzazione” dei


contenuti, usabilità, facilità, immediatezza, etc. Sono solo alcune delle parole chiave che caratterizzano
questo complesso fenomeno e che ricorrono nei servizi più disparati della rete attuale.
2
Nasce la figura del “prosumer” : le utenze non sono più consumatrici o produttrici di informazioni e di
contenuti, ma divengono entrambe le cose, contemporaneamente, con tutto quello che questo cambiamento
comporta.
Considerare dunque questa realtà come un qualcosa di prettamente legato alla rete globale e al mondo
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virtuale significa perdere di vista le ricadute che il Web 2.0 ha quotidianamente sulle dinamiche sociali,
economiche, politiche, educative e culturali della nostra società.
Uno dei principali fenomeni che il nuovo web ha generato, è proprio quello di rottura del precedente iato tra
reale e virtuale: la rete si emancipa dallo spazio connesso puramente all’informatica e investe la vita
quotidiana in maniera non trascurabile: evolve assieme alle realtà economiche e sociali, evolve assieme alla
politica e partecipa in modo attivo al mondo nel quale viviamo.
Non è un caso che la copertina “man of the year” del 2006 del Time sia stata dedicata proprio a tutti noi
utenti, attraverso con la simbologia di YouTube.

Figura 2 – la celeberrima copertina del Time

Il web 2.0 è alla portata di tutti: se prima era necessaria un’elevata competenza tecnica per gestire un sito
internet – tanto per fare un esempio – oggi bastano alcuni semplici passi per essere presenti in modo
concreto e fattivo nella rete.
4
Internet smette di essere qualcosa di riservato e di elitario ed entra nella vita di ognuno di noi passando per
i Pc, la televisione, il telefono.

“You control the Information Age. Welcome to your world”

2
Si veda a tal proposito il video http://www.youtube.com/watch?v=xj8ZadKgdC0 “Prometeus – The Media
Revolution” della Casaleggio Associati.
3
“Virtuale”, in questo caso, è da intendersi – secondo la vecchia concezione – come mondo del tutto slegato
dalle connessioni con la realtà quotidiana, e relativo solo dall’universo informatico.
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Il fenomeno dei blog è l’esempio più chiaro di quanto stiamo dicendo: la diffusione degli stessi in ogni ambito
ne testimonia l’efficacia e la semplicità d’uso e di fruizione.

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Chi apprende e chi naviga è posto ora al centro del processo, come protagonista, non più come spettatore;
si muove e crea in maniera attiva: gli utenti decretano il fallimento o il successo delle applicazioni, i contenuti
sono generati da chiunque e condivisi a 360° in un processo che porta alla crescita e allo sviluppo reciproci.
Anche se, è sempre bene tener presente – come vedremo più avanti - che la vita dell’utente (e del discente)
2.0 non è esattamente idilliaca.
Se da un lato questo enorme controllo e questa immensa libertà comportano alcuni innegabili vantaggi,
dall’altro – come ogni fenomeno – attivano meccanismi opposti e che lavorano in senso contrario, che
vedono nella dispersività e nella confusione generale i loro punti focali.

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Una panoramica dei principali servizi

When computer networks link people as well as machines, they become social networks.
Barry Wellman

Quali sono, quindi, i principali servizi che sono a nostra disposizione?


L’elenco potrebbe essere infinito, tenendo in considerazione che le applicazioni continuano a crescere,
mutare, cambiare e rinnovarsi.
I servizi nascono in continuazione e spesso è difficile anche semplicemente orientarsi nel mare magnum
della comunicazione mediata dal web.
Possiamo però provare a distinguere “macroaree” che ci permetteranno di categorizzare i servizi più noti e
quelli ai quali faremo riferimento nella nostra discussione, la nostra categorizzazione verterà su uno degli
aspetti chiave delle realtà 2.0: la collaborazione.
Vedremo quindi:

 La collaborazione per la costruzione di contenuti e significati nuovi


 La collaborazione per la riflessione
 La collaborazione per l’organizzazione e la categorizzazione
 La collaborazione per l’educazione e la formazione

Proprio sulla collaborazione per l’educazione insisteremo particolarmente, al fine – magari ambizioso - di
tracciare delle possibili coordinate fondamentali per potersi muovere con maggiore efficacia e
consapevolezza.

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Collaborare per costruire contenuti

La costruzione dei contenuti rappresenta uno dei punti forti della rete 2.0: l’approccio è quello basato sulla
condivisione e sulla co-costruzione di significati e di senso.
L’utente non ha più bisogno di essere “in presenza” per scambiare idee e informazioni, attraverso la
diffusione della banda larga tutto è condiviso in maniera (quasi) istantanea, nascono quindi servizi come
5
Google Docs & Spreadsheets che permettono di lavorare in contemporanea su presentazioni, documenti,
6
fogli di calcolo; nascono i servizi di condivisione di immagini, Flickr in primis, che consentono di disporre di
enormi database di informazioni.
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Servizi come Slideshare e Scribd , mettono poi a disposizione di tutto il mondo, presentazioni, saggi,
documenti.
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O, ancora, servizi che si basano sul videosharing: YouTube e TeacherTube , che guidano nella
condivisione di filmati e videoclip sugli argomenti più disparati.

Figura 3 – Google Docs, Scribd e Flickr

Collaborare per riflettere

Possiamo far rientrare in questa categoria tutti i software che permettono la riflessione o che stimolano il
ragionamento su determinate tematiche, più o meno specifiche.
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Ne sono un esempio Cmap, o le sue varie versioni evolute, disponibili on-line: come Mindomo e
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MindMeister o i semplici portali che connettono realtà differenti; su Splinder , per esempio, è possibile
accedere ad un’unica pagina che permette di connettersi a tutti i blog didattici presenti nel network.
I servizi come questi sono molti nell’ambito della rete e si differenziano molto tra loro, citiamo le mappe
mentali per comodità, ma gli approcci possono essere allargati sino a comprendere molte altre tipologie di
risorse.
5
https://docs.google.com/
6
http://www.flickr.com/
7
http://www.slideshare.net/
8
http://www.scribd.com/
9
http://www.youtube.com
10
http://www.teachertube.com
11
http://www.mindomo.com/
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http://www.mindmeister.com/
13
http://bdlink.splinder.com/: Splinder è la nota piattaforma on-line per la creazione di blog personali.

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Collaborare per organizzare

Nell’ambito organizzativo l’approccio che va per la maggiore è sicuramente quello Wiki con la famosa
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Wikipedia , celebre caso di “sapere collaborativo” formatasi nel 2001 da un’idea di Jimmy Donal "Jimbo"
Wales. Il caso Wikimedia Foundation ha dato seguito a numerosissime imitazioni, che ne testimoniano
l’enorme successo; nei campi più differenti, l’approccio Wiki è utilizzato attualmente per fare fronte a
esigenze anche molto differenti tra loro: dall’organizzare al catalogare, dall’informare al divulgare, dal creare
al pubblicare, dal costruire all’educare.
Il web 2.0, fa dell’organizzazione – o meglio della categorizzazione – uno dei suoi punti di forza: il tutto
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attraverso le procedure di tagging o social tagging , procedure che si basano, per l’appunto,
sull’etichettatura di contenuti, informazioni, relazioni e servizi.
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Ne sono un esempio i servizi di social bookmarking che popolano la rete, primo fa tutti, del.icio.us

Figura 4 – l’homepage di Studeous

Collaborare per educare

Esiste poi tutta una serie di servizi che nasce con il preciso scopo di educare.
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Ne sono un esempio: SciVee , piattaforma di condivisione video che permette la diffusione di ricerche
scientifiche, definita più volte come lo “YouTube della scienza”.

14
http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale.
15
http://en.wikipedia.org/wiki/Social_tagging si tratta di una procedura di categorizzazione “condivisa”: più utenti
appongono dei tag (i.e. etichette) a dei contenuti, classificandoli in questo modo in maniera da permettere una
successiva rielaborazione. Si tratta di principi che sono alla base del Web Semantico.
Tali principi sono anche alla base della cosiddetta Folksonomia, una “tassonomia popolare”.
16
http://del.icio.us/
17
http://www.scivee.tv/about

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Servizi come Studeous che promettono di essere le killer-application di servizi ben più blasonati e diffusi.
Blackboard per esempio, adottato nel nostro ateneo, presenta le medesime funzioni di Studeous, ma è un
servizio a pagamento: la web-application Studeous prevede funzionalità eccezionali e consente la creazione,
diversamente da quanto accade per l’altra piattaforma, di classi, di forum, di chat, di podcast e permette
anche di integrare video e di creare contenuti multimediali di alto livello.
E` un servizio che merita di essere preso in considerazione come seria alternativa alle piattaforme
professionali di LMS per le sue specifiche finalità educative.
Non possiamo poi non citare i servizi che Google offre alle scuole attraverso il suo Google Apps
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Education , come si legge nell’homepage del servizio:

Immagina gli enormi vantaggi che potrebbe trarre l'intera comunità del tuo campus, costituita da studenti,
corpo docente e personale, se potesse condividere le informazioni e le idee in modo più semplice.
Google Apps Education offre strumenti gratuiti di comunicazione, collaborazione e pubblicazione, inclusi
account di posta elettronica con il dominio della tua scuola (ad esempio studente@tua-scuola.edu) che
rendono possibile tutto questo.
20
Esistono anche servizi di “educazione alle tecnologie” come il caso di TeachToday che nasce con il
preciso scopo di far maturare una maggiore consapevolezza nell’utilizzo e nella fruizione dei nuovi media,
soprattutto tra i bambini di età scolare, a livello di istruzione primaria. Un’iniziativa interessante che si pone
ad un livello “meta” rispetto ai servizi che abbiamo già citato e visto in precedenza.
21
Da segnalare anche il caso di Wikiversity negli scopi e negli obiettivi che sottolinea Paolo Ferri sempre in
“La scuola digitale”:

 Creare un aggregatore libero di contenuti e “learning object” (LO) multicodicali per l’apprendimento e
la formazione, per tutte le età e in tutte le lingue;
 Ospitare progetti di ricerca e di didattica che favoriscano la creazione di comunità che operino e
lavorino all’interno di Wikiversity;
 Completare il progetto Wikipedia, attraverso la creazione di una base dati qualificata di
approfondimenti che permetta di costruire una serie di supporting evidences per l’attuale versione di
Wikipedia.

A fronte dell’ottima idea sono però da elencare alcuni punti deboli che questa iniziativa sta riscuotendo.
Si giunge – anche in questo caso – a parlare di competenza e di consapevolezza di chi fruisce delle risorse.
Molti docenti, ancorati ad una mentalità classica, sono piuttosto restii nel comprendere le logiche di
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funzionamento delle licenze Creative Commons , e questo ostacola e frena l’attività del progetto della Wiki
Foundation, possiamo eleggere questo caso come esempio palese del fatto che non sia sufficiente
(perlomeno non più) una nuova idea per concretizzare un progetto totalmente efficace.
23 24
Segnaliamo anche, a titolo di completezza, l’ottima piattaforma LMS Moodle , impiegata, allo stato attuale
25
da una cinquantina di università italiane , ma anche in questo caso ci duole sottolineare come le prospettive
non siano completamente e del tutto rosee: molti degli atenei che impiegano la piattaforma – infatti – non ne
sfruttano (per mancanza di competenze o per scelta) appieno le potenzialità, riducendo il servizio a un
semplice “repository” di materiale didattico on-line e quindi riducendo una piattaforma LMS dalle eccellenti
potenzialità ad un qualcosa di obsoleto e spesso non pienamente efficace.
Personalmente ritengo che il grado di personalizzazione dei servizi e, al tempo stesso, la loro specificità,
siano due caratteristiche fondamentali che rendono impiegabile, o meno, un determinato servizio 2.0 in
ambito educativo/formativo.

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http://www.studeous.com/
19
http://www.google.com/a/edu/, si consiglia anche di visitare la sezione Google for educators a questo
indirizzo: http://www.google.com/educators/index.html
20
http://en.teachtoday.eu/
21
http://en.wikiversity.org/wiki/Wikiversity:Main_Page
22
http://www.creativecommons.it/ le licenze Creative Commons regolamentano l’uso e la fruizione di opere
coperte dal diritto d’autore in rete, si tratta di sei differenti tipologie di licenze che permettono la condivisione libera del
materiale pur mantenendo la paternità dell’autore.
23
Learning Management System: si tratta di piattaforme per l’apprendimento e lo studio on-line. La piattaforma
si occupa di gestire e interfacciare contenuti e utenti.
24
http://moodle.org/ Modular Object-Oriented Dynamic Learning Environment
25
Si veda a tal proposito l’intervento di Federico Bo
http://motobrowniano.wordpress.com/2008/05/19/scibzaarnet-flusso-di-coscienza-collettivo-sulla-scienza/

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Mi spiego meglio: prendiamo come esempio la realtà dei social-network attuali, impiegare qualcosa di
26 27
generalistico come Facebook o Myspace , presenterebbe probabilmente maggiori svantaggi e difficoltà
che note realmente positive.
Questo perché social-network di quel tipo non nascono con precise e concrete finalità che non siano quelle
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di mantenere un’identità in rete e creare connessioni informali. Viceversa un servizio come Ning - sempre
per rimanere circoscritti all’ambito delle reti sociali nel web - potrebbe risultare molto interessante, proprio
perché si pone su un livello differente, quasi “meta”.
Come sempre, dipende dalle proprie esigenze e dalle proprie capacità scegliere cosa impiegare, come
impiegarlo e quando impiegarlo.
E` proprio per questo che diviene, quindi, fondamentale: comprendere per quale motivo sia importante
collegare Web 2.0 e formazione, argomento che tratteremo nella prossima sezione.

Figura 5 – Homepage di Ning

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http://www.facebook.com/home.php
27
http://www.myspace.com/
28
http://www.ning.com/ si tratta di un servizio che permette di creare il proprio social-network personale sulla
base delle proprie esigenze, non rimanendo quindi vincolati da quanto offerto dalla rete.

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Il web 2.0 nella formazione


La cosa migliore, dopo l'avere buone idee, è riconoscere quelle che arrivano dagli utenti.
Qualche volta sono le migliori.
Eric S. Raymond

Veniamo ora alla parte centrale del nostro saggio, nella quale proveremo ad analizzare le questioni che
connettono gli approcci e le logiche 2.0 alla formazione e all’educazione, tentando di delineare punti di forza,
casi concreti e debolezze possibili.

Perché il web 2.0 nel campo formativo?

Non esistono rivoluzioni tecnologiche senza trasformazioni culturali.


Manuel Castells

La vera questione dovrebbe essere “perché no”?


Paolo Ferri nel suo recente libro “La scuola digitale” sottolinea l’esigenza di re-inventare la scuola (e con lei
29
la formazione e l’educazione) per i digital native .
30
Le caratteristiche di questa generazione sono ben delineate da Wim Veen , che sottolinea come si stia
passando dall’homo sapiens all’homo zappiens: la generazione nata con il mouse e il PC tra le mani, che
sperimenta nuove forme di accesso all’esperienza e apprende attraverso schermi, icone, suoni, giochi,
navigazioni virtuali e in costante contatto telematico con il gruppo dei pari. (Veen, 2003; Veen, Vrakking,
2006)
I valori che orientano gli stili e i comportamenti dei digital native sarebbero:

 Espressione di sé e della propria individualità


 Personalizzazione
31
 Condivisione costante di informazioni
 Riferimento costante al gruppo dei pari

La generazione in oggetto lavora in multitasking e difficilmente riesce ad recepire gli stimoli offerti
dall’educazione tradizionale, che risultano – pertanto – obsoleti e non efficaci.
I digital native hanno e stanno imparando a “navigare” e a muoversi in maniera non lineare tra le fonti
d’informazione e di comunicazione, a esplorare i contesti di conoscenza, così come i videogiochi, tentando
di dare significato al nuovo campo semantico attraverso ricognizioni non lineari e disinibite (Ferri, 2008).
E` per questo motivo che diviene indispensabile pensare ad un rinnovo delle attuali politiche scolastiche che
offrono alle nuove generazioni approfondimenti obsoleti e tutt’altro che stimolanti: se leggiamo con
attenzione gli ordinamenti e le circolari promosse durante l’anno 2003 dal Ministro Letizia Moratti emergono
alcuni interessanti risultati.
Si parla innanzitutto di “alfabetizzazione alle tecnologie” e ci si propone di educare all’uso del Pc,
insegnando ai bambini i programmi di base, la videoscrittura, come si accende e si spegne una macchina e
via dicendo.
Non si tratta certo di polemizzare, in questa sede, con le linee guida ministeriali, non è questa l’idea né
l’intenzione: si tratta semplicemente di evidenziare il gap che esiste tra la reale situazione nella quale ci
troviamo quotidianamente immersi e quella percepita, sulla quale si basano gli ordinamenti e i programmi
ministeriali.

29
Con l’espressione “digital native” s’intendono generalmente i soggetti nati nell’era digitale e informatica.
Lo spartiacque non è universalmente condiviso, in genere si considera il 1985 – diffusione di Windows e dei primi PC -
come data di inizio della generazione, anche se in alcuni paesi (Italia per esempio) la data può essere ritardata almeno
di una decina di anni (1995/1997) con l’avvento dei primi browser.
(Si veda anche Ferri, 2008, pp. 58/60)
30
http://www.tbm.tudelft.nl/live/pagina.jsp?id=c69ec114-8e85-4694-8ce6-d05e84ca3f63&lang=en
Wim Veen è professore ordinario alla Delft University of Technology.
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Il cosiddetto “sharing”: uno dei principi fondamentali – come abbiamo visto – del Web 2.0

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Programmi del genere in che modo potranno essere recepiti dagli alunni che quotidianamente sono immersi
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nel mondo dei social-network e di Google?
Va da sé che nel caso la situazione rimanga questa, difficilmente si potrà andare lontano.
Diviene fondamentale, oggi più che mai, “educare gli educatori” e “mettere all’interno di un insieme le
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conoscenze che gli studenti hanno acquisito”, per un cambiamento che sia realmente definibile come tale.
In primo luogo è necessario spingere nei confronti di una formazione alle tecnologie che permettano alla
nostra classe di insegnanti di maturare una certa consapevolezza nell’uso e nella gestione delle stesse; si
dovrà poi portare gli insegnati, gli educatori, i formatori a riflettere sulle potenzialità che questi strumenti
possiedono, considerando gli insegnamenti e gli esempi che provengono dalle realtà internazionali. (Si veda
a tal proposito la prossima sezione, dedicata, appunto, a tali temi).
In quarto luogo è necessario che la scuola, le istituzioni e chi si occupa di processi di apprendimento cominci
a parlare la lingua dei digital native.
Perché non coinvolgere gli studenti stessi nei processi?
Una proposta provocatoria potrebbe essere rendere più trasparenti, attraverso le tecnologie digitali, le prassi
interne e organizzative della scuola. (Ferri, 2008)
34
Si tratta di utopie ?
E` verosimile che allo stato attuale sia difficile ottenere qualcosa del genere – specie nel territorio italiano –
anche se diviene necessario rivedere gli attuali equilibri tra lavori in presenza e lavori on-line per fare in
modo di predisporre le persone al cambiamento e alla flessibilità: doti che risultano – e ancora di più
risulteranno – fondamentali, non solo nell’ambito della rete digitale, ma nell’intera società del futuro.

Le basi teoriche

Knowledge is experience. Everything else is just information.


Albert Einstein

Senza addentrarci in questa sede in trattazioni di tipo filosofico, possiamo intravedere alcune linee guida da
ricollegare con le istanze teoriche del passato.
Gli approcci che fino ad ora abbiamo considerato possono essere ricollegati a modelli di apprendimento
basati su una visione costruzionista ed esperienziale.
Sappiamo che non esistono modelli assoluti che siano in grado di descrivere in maniera corretta e completa
la realtà e sappiamo anche che spesso differenti modelli di apprendimento (scoperta, associazionismo,
comportamentismo, etc.) si intrecciano tra loro dando vita a combinazioni particolari.
Nel nostro caso possiamo affermare che è l’esperienza personale dello studente a fare da chiave e da
valore aggiunto.
Secondo la concezione costruzionista dell’apprendimento il primo passo da compiere non è quello di fornire
informazioni né quello di proporre sperimentazioni o esplorazioni, ma quello di identificare la concezione
spontanea che lo studente possiede (Antonietti, 1998).
Come si muove lo studente all’interno di questa realtà? A che punto si trova rispetto alle nuove tecnologie?
Indagare questi aspetti può divenire molto importante.
Si tratterà quindi di operare in un’ottica di didattica costruttivista individuando alcuni principi fondamentali
(Rivoltella, 2008):

 Costruzione e non riproduzione


 Rappresentare la complessità della realtà
 Situazioni di apprendimento basate su casi reali
 Rappresentazioni multiple della realtà
 Apprendimento collaborativo
 Pratiche riflessive e meta cognitive

Sarà l’esperienza del singolo, opportunamente messa in relazione dal docente a condurre l’apprendimento:

32
Anche in questo caso si veda Ferri (2008) pp. 130-135.
33
Entrambe le citazioni sono tratte da E. Morin, Educare gli educatori, EDUP, Roma, 2002
34
Intese in questo caso in entrambi i modi, secondo le due etimologie: non solo outopie (luoghi che non
esistono), ma anche come eutopie (luoghi piacevoli).

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L’insegnante non determina l’apprendimento. L’insegnante e i materiali d’istruzione diventano risorse


per l’apprendimento in molti modi complessi (Varisco, 2002).

Il docente (o il formatore, l’educatore, l’insegnante) dovrà quindi creare le connessioni sfruttando i dettagli e
non offrire nozioni, ma semplicemente porsi come guida all’interno del processo, mettendo se stesso in
gioco e sperimentandosi in prima persona, affrontando situazioni nuove e imparando a sua volta.

L'ambiente d'apprendimento costruttivista è un posto in cui gli studenti possono lavorare insieme ed
aiutarsi a vicenda per imparare ad usare una molteplicità di strumenti e risorse informative nel
comune perseguimento di obiettivi d'apprendimento e di attività di problem solving. (Wilson)

Gli esempi concreti

The era of mass media is giving way to one of personal and participatory media, says. That will profoundly
change both the media industry and society as a whole
Andreas Kluth

Parlando di esempi concreti viene indispensabile e obbligato il primo riferimento al MIT, il Massachusetts
Institue of Technology e agli innumerevoli progetti che sta portando avanti da quale anno, ponendosi come
leader indiscusso in questo settore.
Sono essenzialmente due le iniziative del MIT che meritano di essere prese in considerazione all’interno
della nostra analisi.
35
La prima di queste è il MIT OpenCourseWare , servizio che permette a chiunque di poter fruire delle lezioni
di uno degli atenei migliori al mondo; attraverso la piattaforma che vedete riportata (figura 5) è possibile
seguire tramite podcast svariate discipline: sono già attivati oltre 1800 corsi, che danno accesso a oltre 900
test d’esame, le utenze hanno la possibilità di fruire di slide, approfondimenti, paper, tesine e molto altro.

Figura 6 – MIT OpenCourseWare

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http://ocw.mit.edu/OcwWeb/web/home/home/index.htm

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L’OpenCourseWare non è l’unica iniziativa del MIT, meritevole di segnalazione è sicuramente anche il
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progetto OpenWetWare che nasce – come leggiamo nella sezione About del sito - con lo scopo di:

[…]
promote the sharing of information, know-how, and wisdom among researchers and groups who are
working in biology & biological engineering. OWW provides a place for labs, individuals, and groups
to organize their own information and collaborate with others easily and efficiently. In the process, we
hope that OWW will not only lead to greater collaboration between member groups, but also provide
a useful information portal to our colleagues, and ultimately the rest of the world.

Fondamentalmente un enorme portale dedicato alle scienze biologiche e ai ricercatori di tutto il mondo, nella
speranza di creare un gigantesco ”laboratorio globale”.
Interessante anche il caso della Snæfellsnes Comprehensive Upper Secondary School (Ferri, 2008) più
che altro per la cooperazione effettuata tra studenti e docenti per la riprogettazione dell’istituto.
Si tratta di un caso esemplare per quel che riguarda la crescita collaborativa e per la gestione dello spazio
fisico dell’apprendimento.
A tal proposito è bene sottolineare – utilizzando questo caso come esempio – che il cambiamento degli
spazi virtuali comporta anche uno stravolgimento e un cambiamento degli spazi fisici dell’apprendimento,
senza entrare in considerazioni di merito ergonomico è chiaro che la situazione non può essere analizzata
da un unico punto di vista, altrimenti si rischierebbe di perdere di vista le necessarie relazioni. Introdurre
tecnologie nell’ambiente di apprendimento non può non comportare modifiche in altri settori e il caso della
scuola islandese è un esempio perfetto che coniuga le due cose.
E in Italia? Cosa offre da questo punto di vista il belpaese?
Le opportunità offerte dalla nostra nazione non sono ancora nemmeno lontanamente paragonabili ai livelli
sopracitati, ma è bene comunque segnalare che qualcosa sembra si stia muovendo nella direzione corretta.
Vediamo alcuni esempi.
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Particolarmente significativo ed esemplificativo è il caso della piattaforma Uni Nettuno , la cui creazione è
stata promossa dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e della Ricerca). Si tratta di un progetto molto
interessante che però non manca di presentare alcuni sostanziali difetti.
L’archivio video delle lezioni è un database immenso di informazioni, ma la piattaforma, e il sito web,
progettati non sono all’altezza di un’idea del genere, risultando obsoleti e mal strutturati, oltrechè poco
usabili.
Le utenze che fruiscono del servizio incorrono spesso in problemi dovuti proprio dalla gestione non
38
impeccabile delle piattaforme e degli ambienti virtuali di apprendimento.
39
Non molto tempo fa ha preso il via anche il progetto Federica dell’università Federico II di Napoli, che si
pone come una piattaforma 2.0 molto interessante per l’e-learning e l’apprendimento a distanza.
Interessante risulta anche il progetto – tutto sommato abbastanza recente – dell’Università di Roma,
40
attraverso il servizio Uniroma.tv , mediante il quale gli studenti possono ottenere news (in formato video)
sulla propria università e sulla propria facoltà.
A livello italiano la situazione è senza dubbio particolare, escluse piccole e modeste realtà che abbiamo
citato il traguardo raggiunto dagli atenei internazionali (abbiamo citato il MIT, ma sono molti altri quelli a
41
procedere in quella direzione, e.g. Berkeley ) appare, ancora, molto lontano.
Resta da domandarsi se abbia davvero senso effettuare paragoni tra contesti così distanti e differenti. Io
sono dell’opinione che il raffronto in questo caso serva, più che per sottolineare un deficit da parte nostra,
per indicare una possibile via di integrazione e per suggerire un modello da seguire, tentando di conciliare il
più possibile le vecchie istanze con la situazione contemporanea.

36
http://openwetware.org/wiki/
37
Si vedano a tal proposito i siti http://www.consorzionettuno.it/nettuno/index.htm e
http://www.uninettuno.it/e/skins/uninettuno/home/index.asp
38
A tal proposito si può seguire la breve discussione avviata in altra sede
http://www.oneweb20.it/11/06/2008/le-lezioni-universitarie-sono-online/ che evidenzia proprio i difetti di gestione che la
piattaforma comporta.
39
http://www.federica.unina.it/il-progetto-federica/
40
http://www.uniroma.tv/
41
http://www.youtube.com/ucberkeley il canale ufficiale della nota università su Youtube è solo un esempio dei
tanti servizi offerti dall’’ateneo americano. E` possibile anche seguire le lezioni del noto ateneo in formato podcast,
liberamente scaricabili quindi e utilizzabili nei “non luoghi” e nei momenti morti della giornata (e.g. metropolitana, jogging,
etc.) il portale è disponibile a questo indirizzo: http://webcast.berkeley.edu/courses.php

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Learning 2.0 Stefano Besana

Le possibili problematiche
Più lontano si cerca il sapere, meno si apprende.
Lao Tzu

“Is Google making us stupid?”


42
E` questo il titolo di un articolo apparso recentemente sul The Atlantic, firmato Nicholas Carr. Si tratta
delle riflessioni personali di uno studioso di processi comunicativi che mettono in evidenza come l’utente
medio di internet si stia lentamente disabituando alla lettura e riscontri difficoltà nei processi di elaborazione.
Nulla di confermato o di provato scientificamente, sono semplici sensazioni che però non mancano di
riscuotere consensi positivi così come non mancano di sollevare condite e vivaci polemiche.
Andrew Sullivan per esempio si dichiara d’accordo con la tesi e con le idee di Carr:

È vero, immersi come siamo nel "multitasking mentale" appena ci sediamo per leggere un
documento di qualche pagina o un libro, ci sentiamo a disagio dopo pochi paragrafi. Voltiamo pagina
e siamo già pronti per un link.

Sulla stessa scia si pone il premio Pulitzer Leonard Pitts, che avanza riflessioni ancora peggiori di quelle di
Carr:

Leggo l’Atlantic e scopro di non essere il solo che sta perdendo l’abitudine alla lettura. Ormai riesco
a digerire la scrittura solo a piccoli blocchi. Datemi un testo di più pagine e vengo subito assalito dal
desiderio incontenibile di controllare la mia posta elettronica. È tutto così dispersivo. Eppure vedo
meno tv e sono meno indaffarato di dieci anni fa. Giorni fa mi hanno dato da recensire un libro.
Avevo pochissimo tempo per leggerlo. È stata una fatica tremenda. Mi sono imposto di restare per
ore su una sedia scomodissima. Ce l’ho fatta, ma alla fine avevo una sensazione di vuoto, di colpa
per essermi allontanato per tanto tempo dal mondo.

Dove sta la verità?


Est modus in rebus scriveva, qualche secolo fa, Orazio nelle satire: c’è una misura in tutte le cose.
Personalmente non condivido le deterministiche e fatalistiche affermazioni dei due giornalisti sopracitati e
non trovo un netto contrasto tra la lettura e l’attività che si svolge in rete, tantomeno ritengo che i processi
mentali siano resi meno efficaci o inibiti da internet. Se è vero – come è vero - che cambiano le modalità di
lettura questo non significa necessariamente un peggioramento delle attuali condizioni.
Certo è che la questione è tutt’altro che semplice o chiusa e che meriterebbe di essere largamente
approfondita.
Non esistono prove che dimostrino la tesi esposta da Carr, ma è sempre bene considerare le tecnologie 2.0
come uno strumento e non come un fine: se lette in quest’ottica, e usate in maniera adeguata, tali tecnologie
difficilmente potranno rappresentare una minaccia.
Una delle ulteriori possibili problematiche che emergono più di frequente quando si parla di insegnamento
attraverso la rete (contesti 2.0 e non) è quello di contrapposizione tra apprendimento informale e formale.
Come è possibile conciliare i contesti 2.0, del tutto informali e territorio comune dei digital native, con le
istanze formali delle accademie, delle università, ma anche solo delle scuole primarie e secondarie?
E` una questione complessa che meriterebbe sicuramente approfondimenti e che non può non essere presa
in considerazione; le scuole – e gli istituti preposti alla formazione e all’educazione – non possono non
considerare la realtà che le circonda: è necessario che trovino una mediazione tra ciò che deve essere
insegnato nelle aule e ciò che può essere appreso fuori da esse.
I digital native, lo abbiamo visto, rischiano di trovarsi annoiati da programmi e materie che non li interessano
e non li stimolano a sufficienza nei loro processi mentali. E` un rischio che non si può correre, ma al tempo
stesso è un rischio che va sapientemente gestito evitando di spingere troppo nella direzione opposta.

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L’articolo è disponibile a questo indirizzo http://www.theatlantic.com/doc/200807/google ed è presente anche
una versione italiana pubblicata sul Corriere della sera del 17 Giugno 2008 per opera di Massimo Gaggi disponibile
anch’essa in rete a questo indirizzo:
http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/08_giugno_17/generazione_web_sotto_accusa_2a98c71a-3c31-11dd-bc39-
00144f02aabc.shtml

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Learning 2.0 Stefano Besana

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Ho avuto modo, e piacere, di intervistare Stefano Mizzella relativamente all’argomento, e concordo con lui
nel considerare i due mondi come realtà differenti che però possono e devono necessariamente ibridarsi e
fondersi in un rapporto nuovo che dia origine a risultati innovativi e differenti.
E concordo anche nel sostenere che

In questo avvicinamento, lo ripeto ancora una volta, le spinte innovative principali non devono
avvenire sul piano tecnologico, ma anche e soprattutto su quello culturale. E la cultura del web 2.0,
ancor più della tecnologia che lo rende possibile, rappresenta il reale vettore di innovazione a cui
l’Università dovrebbe attingere. (Mizzella, 2008)

Il cambiamento auspicabile deve prima passare dalla cultura e poi traslarsi in contesti pratici. Pensare di
poter cambiare lo stato delle cose, modificando semplicemente le politiche attuali, non solo non servirebbe a
nulla, ma potrebbe persino risultare controproducente.

Verso l’e-learning 2.0?

Lo specialista è colui che sa sempre di più su sempre di meno, fino a sapere tutto di niente.
George Bernard Shaw

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Stephen Downes , nei suoi numerosi saggi identifica i nuovi paradigmi che portano alla sinterizzazione di
nuovi principi dell’e-learning.
Il processo dell’e-learning risulta sicuramente una delle attività che sono – e che saranno, nel futuro –
maggiormente influenzate dai nuovi strumenti.
Tutto questo richiede riflessioni particolari e specifiche che permettano di comprendere come questo mondo
stia cambiando.
Non so se la direzione verso la quale si sta andando sia quella – semplicemente – di un nuovo universo di e-
learning, certo è che le piattaforme e i servizi che guardano in questa direzione non possono non rinnovarsi
e non possono pensare di offrire servizi che non siano al passo con i tempi.
Abbiamo visto prima il caso del progetto Uni Nettuno, ma i casi da elencare sarebbero molti. E` un peccato
che questi servizi decadano, ma è il destino che li attende inevitabilmente se non saranno in grado di
comprendere quello che sta avvenendo.
Personalmente ho utilizzato il termine “Learning 2.0” perché credo – in accordo con la citazione e le teorie di
Castells – che alle trasformazioni che abbiamo analizzato in questa sede, corrispondano necessariamente
cambiamenti culturali e sociali non trascurabili.
Non penso si possano tracciare nessi lineari di casualità osservando la questione da un punto di vista
deterministico, credo piuttosto che si tratti di un sistema di relazioni interconnesse tra loro che continuano a
cambiare e a mutare. L’e-learning 2.0, come tutti i casi che abbiamo analizzato sono la conseguenza e al
tempo stesso la causa dei cambiamenti che stiamo vivendo.

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Dottorando in Ricerca internazionale in Società dell’Informazione (Progetto QUA_SI - Quality of Life in the
Information Society) presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Si occupa di New Media Literacy. Collabora
attualmente con l’Università di Roma “Sapienza” e con l’Università IULM di Milano, ed è stato Docente e Tutor presso il
Master di II livello in Ideazione, Management e Marketing degli Eventi Culturali (Università di Roma “Sapienza”).
Presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca è responsabile del Centro di Ricerca “Bi.cromi” (Bicocca Creative
Research On Media Literacy - http://www.bicromi.it) e dell’Osservatorio Nuovi Media diretto dal prof. Paolo Ferri.
È responsabile e organizzatore di Social Media Lab.
L’intervista è disponibile sul sito OneWeb2.0.it:
http://www.oneweb20.it/?s=stefano+mizzella&group_search=blog&x=0&y=0&gr=off
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http://www.downes.ca/ Stephen Downes è uno dei massimi studiosi mondiali in ambito di apprendimento
attraverso le reti informali e sistemi 2.0 per la didattica.

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Learning 2.0 Stefano Besana

Conclusioni
Un impiegato in un ufficio postale è pari a un conquistatore se la consapevolezza è comune ad entrambi.
Albert Camus

In questo breve saggio si è voluto mettere l’accento su alcuni aspetti per una possibile integrazione dei new-
media all’interno dei contesti educativi e formativi.
Va da sé che sviscerare in maniera completa e approfondita l’argomento, in tutte le sue implicazioni presenti
e future, non risulta possibile.
Con questo paper si è voluto offrire la possibilità di uno spunto e di una riflessione comune su quello che
possiamo realizzare.

Avremmo potuto estendere l’elenco di esempi, come quelli di casi concreti, le applicazioni crescono e si
modificano incessantemente, ma non era quello il nostro scopo.
Abbiamo visto alcuni modelli ideali verso i quali tendere per un continuo e costante miglioramento.
Il MIT con i suoi progetti, rappresenta sicuramente un baluardo all’avanguardia, che nel nostro paese risulta
ancora difficilmente attuabile, ma che deve sicuramente essere considerato e studiato.

Le risorse 2.0 sono strumenti, non sono fini, si tratta di possibilità che vengono offerte in egual modo al
docente e al discente.
All’utente la scelta di utilizzarli o meno. Certo è che le modalità blended – che prevedano quindi
un’integrazione tra “tradizione” e innovazione – in questo caso risultano particolarmente azzeccate, specie
tenendo in considerazione l’incredibile fase di transizione che stiamo vivendo.

Si tratta di strumenti molto interessanti e anche molto “potenti” che richiedono una fortissima dose di
consapevolezza e di conoscenza, sia in chi li impiega, sia in chi ne fruisce.

Dalla nostra breve analisi emerge anche come non sia possibile non tenere in considerazione le nuove
istanze, proprio sulla base di quanto affermato dal sociologo Castells, se le rivoluzioni tecnologiche sono
anche – necessariamente – rivoluzioni culturali risulta indispensabile ristrutturare e rivedere l’ordinamento
scolastico ed educativo sulla base delle nuove istanze.

La necessità è quindi quella – in ultima analisi – di maturare una maggiore coscienza relativamente ai temi e
alle realtà che ci circondano e di aggiornarsi costantemente, in modo da poter offrire un’educazione e una
formazione che siano il più possibile adatte al mondo contemporaneo.

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Learning 2.0 Stefano Besana

Bibliografia e riferimenti
ANTONIETTI, A. [1998] Psicologia dell’apprendimento. Processi, strategie e ambienti cognitivi, La Scuola,
Brescia

FERRI, P. [2008] La scuola digitale. Come le tecnologie cambiano la formazione, Bruno Mondatori, Milano

RIVOLTELLA, P.C. [2001] Teoria della comunicazione, Editrice La Scuola, Brescia

Siti Internet, risorse e pubblicazioni on-line


BAILO, F. [2008] Tecnologie per la didattica. Le nuove sfide del WEB 2.0 http://www.iprase.tn.it/

CARR, N. – The Atlantic [2008] Is Google making us stupid?, http://www.theatlantic.com/doc/200807/google

DOWNES, S. [ottobre 2005] E-learning 2.0, http://www.downes.ca/post/31741

ELEARN MAGAZINE [consultato giugno 2008] http://elearnmag.org/index.cfm

FERRI, P. [2008] Second Life e gli altri http://www.scribd.com/doc/3470325/Second-Life-e-gli-altri

FERRI, P. [2008] Atenei virtuali in Italia un’altra occasione mancata?


http://www.scribd.com/doc/3470323/Atenei-virtuali-in-Italia-unaltra-occasione-mancata

MIZZELLA, S. [2008] 2.0 O PERPETUAL BETA? Le trasformazioni del Web tra Social Networking e User
Generated Content, http://www.scribd.com/full/2930560?access_key=key-1bswb0xtyytomn7gm3mp

MORO, F. [2006] Web 2.0 innovazione applicata ai servizi di rete http://www.openarea.net/web2.pdf

O’REALLY, T. [2005] What is web 2.0 Design Patterns and Business Models for the Next Generation of
Software, http://www.oreillynet.com/pub/a/oreilly/tim/news/2005/09/30/what-is-web-20.html

SIMONIN, D. [2007] Il Web 2.0 http://www.scribd.com/doc/283454/Il-Web-20?ga_related_doc=1

TAPSCOTT, D. WILLIAMS, D.A. [2008] Wikinomics http://www.wikinomics.com/blog/

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