INTRODUZIONE
- il contesto attuale tra problematicità e risorse metodologiche
- la necessità di una nuovo “annuncio” non nei contenuti, ma nelle modalità la
catechesi narrativa: dove l’annuncio diventa un narrare, un raccontare storie dove la storia
di Gesù si intreccia con la fede e la storia della Chiesa;
si intreccia con la storia di chi narra
e la storia di chi accoglie il racconto.
- urge un annuncio di Gesù il solo che può interessare e coinvolgere la vita dei
ragazzi e dei giovani
- il problema si pone nel come dire Dio / Gesù oggi
- c’è bisogno di una evangelizzazione che aiuti a vivere perché fonda la speranza su
radici stabili
LA CATECHESI NARRATIVA
La catechesi narrativa (CN) è un metodo di evangelizzazione, essa si presenta come
l’intreccio di tre storie:
- la storia di Dio, di Gesù
- la storia di colui che narra
- la storia di colui che è il destinatario del racconto
La scelta
Siamo consapevoli che il privilegiare la CN come modello comunicativo dell’esperienza di
fede, è una scelta di parte, dove si accentua un modo di comunicare la fede rispetto ad
altri.
Nel tempo della tecnica sembra anacronistico ridare spazio alla comunicazione narrativa,
ma se ci pensiamo bene il racconto aiuta a svelare ciò che nessuna tecnica comunicativa
riuscirebbe a comunicare: sensazioni, emozioni…
Così si esprime Umberto Eco: “di ciò di cui non si può teorizzare, si deve narrare”; e sulle
fede dice: “la fede cristiana si capisce veramente solo raccontando una storia”.
Si pensi alla capacità evocativa del racconto…..lo sperimentiamo ogni giorno nella
celebrazione dell’Eucaristia nel momento della consacrazione; oppure chi di noi non ha
mai raccontato un racconto, oppure ha raccontato una delle Storie di 1agli ai suoi lupetti.
Chi racconta, narra una storia vissuta, non quello studiato su di un libro; la ripetizione non
è un ridire le cose, una banale ripetizione, ma il raccontare nuovamente diventa un
ampliamento, un approfondimento, una ricerca della verità, una condivisione della verità
raccontata.
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Le storie che si intrecciano
Prima ho dato quella che potrebbe essere la definizione di CN, ma è giusto provare a
riprenderla e a spiegarla ulteriormente.
“Narrare non è copiare o clonare la vita di qualche altro, ma offrire una proposta di senso
all’esperienza che viviamo, invitando l’altro ad entrare in dialogo, narrando la sua storia,
comunicando ciò che sta vivendo, cercando, soffrendo e sentendo” (A. Perale).
In fondo anche la comunità cristiana vive della narrazione di un evento che si tramanda di
generazione in generazione. La nostra fede si aggrappa alla narrazione che hanno fatto le
donne e i primi discepoli che hanno visto quella tomba vuota.
La storia di Dio
E’ Dio che desidera raccontarsi e nel farlo, Lui si rivela a noi.
Potremmo leggere tutta la storia biblica come il desiderio di Dio di raccontare se stesso
all’uomo, affinché l’uomo entri in dialogo con Lui.
Qui la Parola è diventata carne, vita, amicizia, relazioni, scontro, gioia, speranza,
passione, dolore, morte e risurrezione.
La storia dell’evangelizzatore
L’evangelizzatore racconta la sua fede cresciuta all’interno della Chiesa: la conoscenza
della Scrittura, le figure dei testimoni, il Magistero della Chiesa, la vita di fede della
comunità che si interroga dinanzi alle sfide della vita.
L’evangelizzatore racconta la vita cristiana con le sue esigenze, i suoi valori e pure le sue
regole; all’evangelizzatore è richiesta la fedeltà all’evento narrato.
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Colui che narra non è distaccato dal contenuto del suo racconto, ma è pienamente
coinvolto, la sua vita è oramai intrecciata con quella di Dio e queste storie crescono, si
completano e maturano all’interno di un contesto ecclesiale.
Chi narra la storia di Gesù vuole una scelta di vita per Gesù, non accetta l’indifferenza,
chiede di fare comunque una scelta.
Un esempio nelle catechesi apostoliche ce l’abbiamo in I Gv 1,1-2: “Ciò che era fin da
principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi
abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la
vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita
eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi)”
Chi racconta deve essere competente a narrare, non nella tecnica, quanto piuttosto nel
fatto che quello che racconta è un pezzo della sua vita, è vita vissuta.
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Una comunicazione che anticipa quello che annuncia
Ciò che viene raccontato è talmente coinvolgente che chi ascolta si trova a vivere
nell’oggi, quello di cui si sta narrando; in questo modo il racconto produce quello che
annuncia.
Se vogliamo parlare di Dio e di suo Figlio che ce lo ha rivelato nell’amore dello Spirito,
dobbiamo dimostrare coi fatti che è possibile vivere secondo il Vangelo e la vita di Gesù:
in questo modo il nostro narrare dimostra che ciò che è stato, è anche oggi.
Chi è capace di stupore, è anche pronto ad affidarsi all’inatteso, non si accontenta del già
conosciuto, ma desidera andare oltre, scoprire, misurarsi con il suo limite per portarlo un
po’ più avanti.
Per riuscire in questo, al narratore viene richiesto un forte coinvolgimento nell’evento che
narra: ciò che racconta non è imparato sui libri, ma è sperimentato nella sua vita, è il frutto
della sua esperienza.
Lui per primo ha visto, udito contemplato e toccato, il “Verbo della vita”.
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Lo scautismo con il suo ricco bagaglio di linguaggi simbolici, di riti e celebrazioni, di
esperienze che iniziano alla vita, può essere davvero un “luogo”, un “tempo” dove vivere la
narrazione come annuncio dell’esperienza di fede.
Nella vita scout…..
Quando un cucciolo entra nel B/C, o un novizio in Reparto o in Clan, inizia il racconto
dell’esperienze, le avventure vissute, i GG vinti, le Imprese memorabili, le route che hanno
segnato le gambe e il cuore.
Tutto questo diventa un “trapasso nozioni” dove chi racconta riesce ad accogliere dentro la
sua storia l’interlocutore, al punto che al novizio sembra di averla già vissuta, in lui nasce il
desiderio di rivivere una storia simile.
Nessuno è costretto, ma dinanzi alla narrazione non è possibile restare indifferenti, siamo
chiamati a fare una scelta……si decide di fare la Promessa.
Ora non sei più fuori del racconto, non più spettatore, ma da protagonista vivi la tua storia,
la tua avventura.
La vita scout e l’esperienza scoutistica, come il Jamboree e gli incontri internazionali, sono
la narrazione di un evento che integra, che esprime accoglienza
La vita all’aperto, non come metafora, ma come esperienza del vivere lo scautismo nel
quotidiano, ci porta a cogliere, ma oserei dire, ad “ascoltare” il racconto di Dio che ci fa la
creazione.
Potrà narrare la sua storia di fede, solo nella misura in cui, come destinatario si è lasciato
coinvolgere fino in fondo nella grande storia della salvezza, ed ha sperimentato lui, per
primo, cosa vuol dire essere salvato.
Ma ciò che è specifico per il capo, educatore nello scautismo, è che la narrazione della
vita cristiana, la matura all’interno di una esperienza tutta particolare che è la Co.Ca.
(piccola espressione di Chiesa).
E’ l’esperienza di comunità che segna quella storia di fede, la fortifica, la purifica, aiuta a
rileggerla, le da autorevolezza e credibilità, ed aiuta a dare senso alle cose e alle scelte.
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Tutto questo invita il L/C, l’E/G l’R/S, a fare una scelta, non impone, ma porta, in maniera
consapevole, a fare una scelta per Gesù.
Narrando, non potrà fare a meno che di farsi carico delle attese, delle speranze e delle
difficoltà che i suoi ragazzi stanno vivendo e la sua storia con Gesù si intreccerà con
questo vissuto; solo così potrà raccontare un Gesù vivo e presenete nella loro storia e la
loro storia si intreccerà con la storia di Gesù.
Come preti, non possiamo far finta di non avere un ruolo particolare e allo stesso tempo
privilegiato, non per distinguersi dai capi laici, o per rimarcare una superiorità, quanto
piuttosto per vivere fino in fondo un nostro specifico, chiamiamolo pure carisma, all’interno
delle Co.Ca. e delle Unità.
Dovremo essere gli “esperti” della narrazione di Dio agli uomini, esperti non perché dotti di
studio, quanto invece perché abbiamo intrecciato la nostra storia con la Sua storia:
“Signore tu mi hai sedotto, ed io mi sono lasciato sedurre” (S. Agostino ???)
Ogni momento sarà l’occasione per narrare Gesù Cristo, senza dover riservare degli spazi
appositi…..
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Chiamata dei primi quattro discepoli Lc 5,1-11
e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide
Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano
insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo