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Psicologi: tra professione, scienza e pratica quotidiana 3
Per descrivere qui brevemente queste tre dimensioni seguiremo per, come giu-
sto, la loro effettiva sequenza, ovvero partiremo dallultima e andremo allindietro.
Tutte e tre tali dimensioni possono comunque sussumersi in un concetto, che
pi basale rispetto alla volont di dare a ciascuna di esse una dimensione strut-
turata e circoscritta: la psicologia anche una scienza; anche una professione;
anche una modalit di azione quotidiana. Ma, soprattutto, la psicologia un movi-
mento di persone, le quali sono accomunate da una loro speciale (quanto a volte
controversa e ambivalente) sensibilit per linteriorit e per laltro, le quali si carat-
terizzano in primo luogo per il fatto di riconoscersi in una comune visione del
mondo, in un percorso di vita e quasi in una forma di spiritualit, dove lo spiri-
to viene per chiamato psiche. La psicologia resta insomma, nonostante tutte
le sue buone intenzioni professionali ed epistemologiche prese a prestito dallin-
gegneria e dalle speranze della scienza positiva, soprattutto un insieme di volont,
di passioni e di speranze, molto prima che un insieme di scoperte scientifiche o
di tecniche.
Per capire davvero che cos la psicologia, e quindi per capire anche in che cosa
davvero consiste il mestiere contemporaneo dello psicologo, sarebbe necessario svi-
luppare un tema assai poco frequentato dalla formazione psicologica quale viene
tradizionalmente proposta in sede ufficiale (specie nellaccademia). Si tratta infat-
ti di andare a vedere da dove realmente venga la psicologia (quella concreta e quo-
tidiana di sempre, non quella teorica o sperimentale novecentesca), ovvero da dove
venga la psicologia in azione, quella che in effetti ciascuno di noi si trova a svi-
luppare nel momento in cui decide di dedicare almeno una parte della propria vita
a questo intrigante mestiere.
Una descrizione dettagliata della psicologia, nella sua lunghissima tradizione di
pratica operativa, non pu essere certo contenuta in questa sede, dedicata princi-
palmente a fornire un quadro introduttivo di larga massima. Cercheremo tuttavia
di evocare almeno in accenno qualche concetto, di carattere storico, epistemolo-
gico e pratico, indispensabile per capire, e quindi anche per esercitare, la profes-
sione. Elenchiamo dunque qualcuno degli aspetti principali qui di seguito, senza
certo pretendere di esaurirli ma limitandoci ad affermarli per punti e rimandando
ai testi citati per gli approfondimenti.
La pratica psicologica antichissima. La professione psicologica, quale pi o
meno la conosciamo oggi, ha preso questo nome abbastanza di recente: in modo
occasionale nella seconda met dellOttocento e in modo relativamente pi siste-
matico nella seconda met del Novecento. In precedenza, tuttavia, ci che i miglio-
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Lasciando dunque sullo sfondo lo scenario appena evocato, veniamo alla psicolo-
gia in quanto disciplina accademica. Questa viene inventata poco dopo la secon-
da met dellOttocento, pi o meno nei termini in cui tendiamo a riconoscerla
oggi, nel regno di Francia da Thodule Ribot e nellimpero austro-ungarico da
Wilhelm Wundt.
Nel tempo, linvenzione della Nuova Psicologia Scientifica (talvolta detta in
gergo NPS) viene per sempre di pi attribuita alla sola figura del fisiologo positi-
vista (tedesco), che verr proposta poi come grande archetipo dello scienziato per
tutto il Novecento (da Einstein a Freud, da Schweitzer a Von Braun e cos via).
Cosicch anche la straordinaria tradizione personologica dellOttocento francese,
da Janet a Bernheim a Taine, diventer nota ai posteri, e agli studenti del XX seco-
lo, solo nella sua traduzione in lingua tedesca (con modeste aggiunte originali),
realizzata appunto da medici appartenenti alla cultura di quella che allora era la
massima potenza militare mondiale. Per cui la versione ufficiale della scienza psi-
cologica, quella che attualmente batte bandiera a stelle e strisce, finisce con les-
sere stata fondata ufficialmente a Lipsia nel 1879, pi o meno.
Sta di fatto che, tanto per fornire un solo dato, nel 1894 i lavori in campo
psicologico sono pubblicati per il 47% in tedesco, per il 22% in francese, per il
22% in inglese, per il 9% in altre lingue. Nel 1954 i lavori in campo psicologi-
co sono pubblicati invece per l85% in lingua (anglo)americana, per il 5% tede-
sca, per il 4% francese, per il 6% in altre lingue. Oggi gli Psychological Abstracts
censiscono almeno 100 000 lavori scientifici di psicologia allanno. Da fine Otto-
cento a oggi gli articoli ufficialmente considerati di psicologia pubblicati nel mon-
do, secondo la banca dati PsycInfo della APA, hanno largamente superato i due
milioni di voci.
Vengono prodotte attualmente nel mondo alcune migliaia di riviste, tra quelle
che si definiscono scientifiche, di prevalente interesse psicologico. Gli Psychological
Abstracts censiscono circa 2000 riviste che contengono articoli di psicologia nel
mondo, in varie lingue, di cui almeno met si dichiarano solo ed esclusivamente
psicologiche. In molti Paesi, non di madrelingua inglese, per mantenere il passo
della dominante cultura statunitense, con cui non pochi degli psicologi ufficiali si
identificano, vengono pubblicate direttamente anche riviste in lingua inglese (che
molti soci delle medesime societ psicologiche locali non sono in grado di leggere
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Per capire la Psicologia Nuova (pi o meno scientifica che sia) occorre evidenzia-
re quanto, nel corso del Novecento, il suo punto di riferimento universale sia diven-
tato, in modo pervasivo, soprattutto la cultura psicologica statunitense. Per ren-
dersene conto basta sfogliare gli statuti delle diverse associazioni psicologiche nazio-
nali, che ricalcano sempre quelli delle associazioni statunitensi, e pi ancora i rife-
rimenti bibliografici contenuti nelle pubblicazioni psicologiche edite in tutto il
mondo, dove evidente legemonia quasi assoluta di contributi nordamericani
rispetto a quelli di qualsiasi altro Paese.
Lo Psicologo Nuovo del Novecento infatti nato ricercatore universitario. Tale
origine si riflette ancora oggi in una certa quale diffidenza, specie da parte degli
accademici (cui peraltro deputata la formazione anche degli psicologi intesi come
professionisti), nei confronti della pratica applicata (terapia compresa). Basti ricor-
dare, a questo proposito, che lesame della letteratura scientifica, per tutto il primo
mezzo secolo di vita della Nuova Psicologia, non evidenzia quasi nessuna idea di
applicativit. Per fare un esempio: la pi autorevole storia della psicologia mai scrit-
ta, peraltro da uno psicologo accademico che aveva molto frequentato la medici-
na psicoanalitica (Boring, 1929-1950), si sempre richiamata, nelle sue varie edi-
zioni, alla sola tradizione detta sperimentale, senza praticamente citare riferimenti
clinici di rilievo.
Disponiamo inoltre di dati sulle opinioni degli psicologi ufficiali almeno a par-
tire dalla fine dellOttocento, grazie a una serie di indagini condotte presso di essi
(conformemente alla tradizione di ricerca tipica della psicologia moderna). Alla
luce di tali dati si rileva che il riferimento diffuso alla pratica professionale extra-
accademica, ma non ancora a quella che oggi viene definita (almeno in Italia)
come psicoterapia, compare in effetti, principalmente negli Stati Uniti, solo con la
Prima guerra mondiale (appunto mezzo secolo dopo la fondazione del leggendario
laboratorio di Lipsia). Praticamente solo con il manifesto dei comportamentisti
di Watson (1913) che viene affermata pienamente, ancorch in sede specialistica,
la possibilit per gli psicologi di agire con fini pratici e in sedi diverse dalluniver-
sit. In tale ben noto manifesto, Watson non parla di cura della malattia menta-
le, ma insiste decisamente sullefficacia potenziale della psicologia scientifica nel
marketing, nelle vendite, nella pubblicit, nelle relazioni industriali, nella propa-
ganda politica ecc.
Tornando alla dimensione, per cos dire, americanista della psicologia (scientifi-
ca), si pu ritenere che la funzione guida degli Stati Uniti dipenda in gran parte
dalla rilevanza numerica e politica della cultura statunitense. La psicologia, in par-
ticolare, si sviluppata in quel Paese in modo eccezionale. Nel 1892, alla sua nasci-
ta, la American Psychological Association (APA) conta 7 soci. Nel 1904 ne rac-
coglie 71. Ma, sempre nel 1904, sono attivi negli Stati Uniti ben 49 laboratori di
ricerca in psicologia. Nel 1917 la American Psychological Association ha 360 iscrit-
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ti, pi di quelli della Societ Italiana di Psicologia Scientifica mezzo secolo dopo.
Nel 1919 almeno 39 sedi universitarie statunitensi offrono un corso completo di
psicologia; mentre almeno 67 universit possiedono un laboratorio di psicologia.
Gi nel 1900 i Ph.D. (lauree molto specialistiche) in Psicologia rappresentano il
quarto gruppo pi numeroso di Ph.D. negli Stati Uniti. Mentre a tuttoggi il tasso
di crescita del gruppo professionale degli psicologi, in quel Paese, secondo solo
allinsieme di quanti si occupano di computer e di informatica.
Altro particolare interessante: negli Stati Uniti la molla pi potente di promo-
zione della psicologia sempre stata la guerra. Con la Prima guerra mondiale si
determina infatti lo sviluppo dei test e delle applicazioni della psicologia al socia-
le e allindustria. Mentre con la Seconda guerra mondiale (specie attraverso la
Veteran Administration) si afferma la cura psicologica, variamente definita come
terapia ma pi spesso come counseling (particolarmente di gruppo).
Comunque, se ci si limita agli aspetti pi generali, la storia degli psicologi, con
variazioni sul tema e con ritmi differenti, appare molto simile un po in tutto il
mondo. Tale evoluzione della disciplina e della relativa professione pu dunque
venire sintetizzata in una progressione tipica.
In quasi tutti i Paesi occidentali il movimento della Nuova Psicologia Scientifica
si evoluto pi o meno secondo la medesima sequenza: nascita nella seconda met
dellOttocento con alcuni pionieri, che si ispirano ai primi fisio-psicologi tedeschi;
filiazione da molte influenze diverse, quali la filosofia, la medicina, la biologia, la
religione, la sociologia, la pedagogia, la parapsicologia ecc; sviluppo della speri-
mentazione con il Novecento, specie per influsso nordamericano; tendenza ad arruo-
lare a posteriori qualche classico filosofo o fisiologo locale (spesso poco noto altro-
ve) nelle proprie file, descrivendolo come precursore eminente, o come vero inven-
tore, della psicologia o di qualche suo settore; citazione degli stessi autori, spesso
statunitensi (non di rado, pi esattamente, tedesco-americani), come punto di rife-
rimento (ma con Freud in testa, pur nella propensione alla ricerca empirica e quan-
titativa); rilevanza quasi solo extra-accademica della psicologia applicata; crescita
costante e decisa della pratica professionale in genere e del counseling in partico-
lare, ma solo nellultimo mezzo secolo; costante presenza di una difficolt di fondo
connessa con le incertezze dellimmagine e del ruolo dello psicologo; complicati
problemi relativi al riconoscimento legale della professione; tendenza degli psico-
logi a sovrapporsi agli psichiatri e generale complessit di rapporti con il mondo
medico; controversie sulla pratica della terapia e dubbi sulla possibilit di una sua
esistenza separata dalla medicina (secondo alcuni) o dalla psicologia generica
(secondo altri).
Fra gli altri elementi di fondo che sono rilevanti per inquadrare la versione moder-
na dello psicologo, vi quello secondo cui il movimento psicologico costante-
mente percorso, in tutto il mondo, da unendemica crisi dimmagine. Spesso le ana-
lisi e le ricerche dedicate al tema non vengono intitolate tanto alla immagine
dello psicologo bens piuttosto alla sua ricorrente mis-perception. Tale immagi-
ne, con la sua intrinseca criticit, appare piuttosto costante nel tempo, almeno
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LO PSICOLOGO IN ITALIA
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LA FORMAZIONE
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LA LEGGE
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Come si pu notare, nella legge manca, nel bene e nel male, qualsiasi defini-
zione del concetto di psicoterapia. Ci si riferisce infatti a tale attivit, ma non la
si descrive. Bench la legge si intitoli esclusivamente allordinamento della profes-
sione, lattivit detta psicoterapeutica (che pure viene definita dai professionisti
come una parte rilevante dellattivit e dellimmagine dello psicologo) vi tratta-
ta separatamente, e solo in termini di formazione professionale postuniversitaria
riferita anche a medici non-psicologi. Sembra cio venire considerata come una
specie di psicologia-non-psicologia, con forti connotazioni sanitarie.
Ai medici, che pure rappresentano una categoria professionale non psicologica,
dedicato specificamente un comma (il 2); e tale riferimento appare decisamente
paradossale, considerando che quello degli psicologi un Ordine professionale cui
un medico, in quanto tale (se non anche laureato in Psicologia), non pu acce-
dere. Si noter poi che la formazione psicoterapeutica definita professionale
(come dire: non scientifica, ma applicativa). Inoltre, nel caso della terapia, la pre-
parazione medica (che spesso non prevede nemmeno un esame di Psicologia)
considerata formazione propedeutica allo stesso titolo di quella psicologica.
Lattuale regolamentazione legale della professione di psicologo, almeno in Italia,
risente insomma decisamente di pregiudizi e di anacronismi vari. Si tratta per della
situazione reale, che secondo molti rappresenta comunque unevoluzione (nel bene
e/o nel male) rispetto al passato.
LA PROFESSIONE
Anche lasciando da parte un esame dettagliato delluso della psicologia nei conte-
sti professionali in genere (e quindi la sua diffusissima presenza in ambiti non uffi-
cialmente psicologici), risulta piuttosto evidente che lo psicologo professionista
una figura difficile da descrivere con esattezza, specie per quanto riguarda gli ele-
menti che lo distinguono chiaramente da altre figure di professionisti i quali, pur
utilizzando appunto costrutti che fanno parte della tradizione psicologica, si quali-
ficano in termini differenti. Vi sono infatti molti altri operatori, oltre allo psicolo-
go, che utilizzano sistematicamente strumenti, concetti e setting, ovvero affronta-
no problemi almeno in parte analoghi a quelli tipici della psicologia.
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Psicologi: tra professione, scienza e pratica quotidiana 19
Linsieme di tali attori, molto simili agli psicologi, comprende almeno due gran-
di categorie generali di professionisti: quelli che godono di credibilit sociale (ma
non nel campo specifico della psicologia) e quelli maggiormente discussi come
figure professionali. Al primo gruppo appartengono, per esempio, i sacerdoti, i
medici, i counselor. Nel secondo gruppo si collocano invece, per esempio, gli
astrologi, i chiromanti e in genere gli studiosi e gli utilizzatori della parapsico-
logia.
Gli elementi di continuit fra laltra psicologia e la psicologia ufficiale riguarda-
no, quanto meno: loggetto dellintervento, che in genere un disagio soggettivo;
le motivazioni del cliente, che sono spesso analoghe a quelle di chi si rivolge allo
psicologo; gli strumenti utilizzati, che vanno dallascolto, alla suggestione, allipno-
si. Le differenze principali riguardano invece il curriculum formativo.
Sul tema generale della professione dello psicologo esistono diversi lavori anche
italiani (Perussia, 1994; Rossati e Ricciuti Biasco, 1998; Sarchielli e Fraccaroli,
2002). Alcuni di questi si riferiscono pi specificamente allintervento terapeutico,
sia in campo privato sia pubblico (Lo Verso et al., 1987).
Al di l di tutti questi problemi di distinzione, il numero degli psicologi paten-
tati nel mondo comunque andato via via crescendo. Tra il 1970 e il 1980 pi
che raddoppiato. Lo stesso avvenuto dagli anni Ottanta a oggi. Nel 1982 si cal-
colava vi fossero circa 260 000 psicologi professionisti nel mondo. Attualmente sono
certamente oltre mezzo milione e probabilmente verso il milione, anche limitan-
dosi solo a quelli iscritti a una qualche associazione o sindacato o corporazione uffi-
ciale. Secondo alcuni dati comparativi, relativi agli anni Novanta, la densit degli
psicologi per milione di abitanti , per fare qualche esempio: Olanda 884, Israele
568, Stati Uniti 521, Brasile 433, Italia 348, Argentina 323, Inghilterra 244,
Giappone 35, Zimbabwe 6.
Negli anni Ottanta lAmerican Psychological Association (APA) contava oltre
60 000 soci. Negli anni Novanta, i soci sono diventati pi di 100 000. Nel 2006 il
numero degli iscritti allAPA assomma a circa 150 000. Nel 1962 il bilancio del-
lAPA di circa un milione di dollari. Nel 1990 supera i 40 milioni di dollari.
Negli anni Duemila arriva ai 40 milioni di dollari solo con le quote di iscrizione,
mentre il bilancio ufficiale complessivo ha largamente superato, nel 2004, gli 80
milioni di dollari.
In Italia, fino alla legge che inquadra giuridicamente la professione di psicologo
nel 1989, risulta essere presente solo qualche decina (fino agli anni Sessanta) e poi
qualche centinaia (fino agli anni Ottanta) di persone che si auto-propongono come
psicologi. Con la met degli anni Novanta si arriva ai 20 000 iscritti allOrdine.
Attualmente, gli iscritti allOrdine degli psicologi sono intorno ai 50 000, di cui
una parte rilevante (dalla met ai tre quarti) appare interessata ad attivit di tipo
clinico.
Nella storia del movimento psicologico professionale, la crescita della clinica
stata esponenziale rispetto allo sviluppo della ricerca. Clinici e applicativi in gene-
re sono oggi molto pi numerosi di accademici e ricercatori. I ricercatori-insegnanti
negli Stati Uniti erano almeno il 60% degli psicologi professionisti negli anni Venti,
non pi del 10% oggi. La svolta decisiva, in cui il numero degli psicologi accade-
mici diventa certamente inferiore a quello dei professionisti non accademici, si
verificata nella seconda met degli anni Settanta.
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chiatri, ammonta probabilmente a non meno di 30-50 000 persone (giusto per
dare un vago ordine di grandezza).
Dal punto di vista dellestrazione sociale, si pu ricordare che la professione dello
psicologo, per il fatto stesso di essere appunto una professione, si collega necessa-
riamente a un ambiente socioeconomico di tipo borghese (come si usa dire).
Analogamente a quanto avviene per tutte le professioni, anche lesercizio della psi-
cologia presuppone in linea di massima un livello di istruzione elevato, e cio un
contesto familiare sufficientemente solido da permettere di intraprendere un lungo
percorso di studi. La scelta di psicologia apre altres la strada a una carriera di tipo
intellettuale che non produce guadagni immediati, e consiste in unattivit lavo-
rativa relativamente disinteressata, nel senso che risulta in genere (anche quando
va abbastanza bene) meno redditizia rispetto ad altre professioni classiche (medici,
odontoiatri, avvocati, ingegneri, laureati in economia e commercio ecc.), o alme-
no agli esponenti di queste che raggiungono i pi alti livelli di successo economi-
co. In poche parole: lo psicologo necessariamente, per quanto con tutte le ecce-
zioni del caso, un esponente della classe media e alta, con una propensione solo
moderata verso il guadagno.
In sintesi, sommando i dati relativi allet con quelli che definiscono il livello
socioeconomico, larea di residenza e di attivit ovvero i contesti di formazione, lo
psicologo, un po in tutto il mondo, fondamentalmente un tipico esempio di
young urban professional, ovvero, come si detto in termini coloriti, uno yuppie;
peraltro, come gi notato, soprattutto uno yuppie donna.
Su un piano generale, i principali settori di intervento degli psicologi, secondo
la American Psychological Association, sono: insegnamento, ricerca, terapia, ser-
vizio pubblico, consulenza. La pratica della psicologia sembra peraltro progredire
verso una crescente diversificazione.
Un dato caratteristico riguarda poi il fatto che la professione tende a venire svol-
ta in modo discontinuo. La grande variet di ambiti e di contesti di lavoro applica-
tivi in cui presente il movimento psicologico si accompagna infatti alla propensio-
ne del singolo psicologo a lavorare contemporaneamente in pi settori. Da un lato,
si rileva una notevole presenza di lavoro part time. Dallaltro lato, si direbbe che
gli psicologi mostrino una certa disposizione a svolgere pi attivit una accanto allal-
tra. Il lavoro part time diffuso specie fra i clinici, per i quali lintervento diretto
sui pazienti rappresenta nella maggioranza dei casi unattivit solo secondaria.
Per esempio, secondo una ricerca sulla totalit dei laureati in Psicologia a Padova
tra il 1975 e il 1985, il 52% dichiara di svolgere attivit nel campo terapeutico,
ma solo il 9% lo fa in modo esclusivo, mentre il restante 43% si occupa anche di
altro (Favretto e Majer, 1990). A met degli anni Ottanta, secondo una ricerca
riportata dagli stessi autori sugli psicologi iscritti alla Societ Italiana di Psicologia
nel Veneto, l85% dichiara di svolgere una qualche attivit terapeutica. Solo il 15%
lo fa tuttavia in modo esclusivo, mentre il restante 63% affianca alla terapia varie
altre attivit.
Bench risulti piuttosto evidente, da molti dati di ricerca, che la scelta di dedi-
care gran parte della propria vita alla psicologia rappresenti un fattore significati-
vo di soddisfazione esistenziale per chi la pratica, vi sono tuttavia anche problemi
tipici di questo lavoro, i quali peraltro non sembrano interferire con il livello di
gratificazione di base. Come dato di fondo, si direbbe che gli psicologi sono sod-
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disfatti quasi per definizione, mentre non perdono quasi mai la speranza di otte-
nere il meglio (secondo loro criteri soggettivi), indipendentemente dal fatto che la
realt quotidiana presenti ostacoli e difficolt. Come avviene per altre scelte ideo-
logico-filosofiche in senso lato, lo psicologo sembra infatti credere nella Psicologia
(con la P maiuscola) come ideale di riferimento, anche se pu nutrire sentimenti
molto meno favorevoli verso la psicologia reale di tutti i giorni.
Il rapporto fra entusiasmo e disillusione pare strutturarsi in un gioco dialettico
che vede alternarsi i due atteggiamenti, bench secondo una progressione relativa-
mente irreversibile. Da alcuni dati di ricerca tenderebbe cio, nella carriera dello
psicologo, a presentarsi una sequenza stadiale di percezione del proprio lavoro che
appare piuttosto ricorrente. Tale sequenza si sviluppa tipicamente in 5 stadi: ingres-
so, acquisizione di identit, dubbio, reimmersione, uscita. In altre parole: c una
prima fase di curiosit in senso lato culturale ed esistenziale, cui segue una scelta
di vita in relazione alla disciplina (formazione), poi una crisi (connessa al disin-
canto che si lega al primo impatto con la pratica professionale), quindi una stabi-
le identificazione (forse meno entusiastica di quella iniziale ma assai pi solida),
cui segue prima o poi linevitabile fine.
Un problema di fondo, tipico del lavoro psicologico, quello dellesaurimento
(burn-out), imparentato appunto con i momenti di crisi. stato notato che i moti-
vi di tale disagio possono riguardare in particolare, oltre allinterferenza di proble-
mi personali irrisolti, anche la presenza di aspettative inadeguate prima di intra-
prendere la professione, cos come di un conflitto tra gli obiettivi che si pone lin-
dividuo e quelli che persegue lorganizzazione in cui questi si trova a operare (Meyer,
1982; Hannigan, Edwards e Burnard, 2004).
Le variabili professionali negative incontrate pi spesso tra gli psicologi che ope-
rano nelle istituzioni statunitensi vengono indicate in: conflitti interpersonali, situa-
zioni a rischio per s e per gli altri, impedimenti, soprattutto istituzionali, che ren-
dono difficile una prestazione veramente di qualit, problemi nel parlare in pub-
blico, difficolt a gestire il tempo, situazioni legalmente non del tutto chiare, con-
troversie di vario tipo, problemi di sviluppo e di reddito professionale, inadeguato
riconoscimento del proprio lavoro.
I maggiori motivi di disagio nella pratica clinica privata riguardano invece: i
limiti di tempo, lincertezza economica, lincertezza relativa al mantenimento di una
clientela pagante, i problemi legati alla gestione imprenditoriale dellattivit, il
sovraccarico di lavoro, le difficolt organizzative legate al training e quelle relati-
ve allo sviluppo di carriera, la monotonia nel lavoro.
Lo strutturarsi dellinterazione psicologica connesso poi allintervento di nume-
rose altre variabili, anchesse definibili genericamente come elementi del setting,
che possono dare luogo a svariati problemi. Va sottolineato, peraltro, che questa
serie di difficolt particolarmente acuta nel caso della relazione uno-a-uno, ma si
presenta in ogni attivit dello psicologo, indipendentemente dalla specializzazione
prescelta. poi da notare che tali problemi della relazione si manifestano in qual-
siasi professione dove il cliente ha un rapporto individualizzato con il professioni-
sta, sia egli medico, avvocato, architetto o quantaltro.
Tornando allintervento psicologico, poich questo un rapporto tra persone,
pare logico attendersi che esso tenda a svilupparsi anche al di l della sua dimen-
sione esclusivamente strumentale rispetto alloggetto dellintervento. Poich, per,
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sentato lorigine di una professione. Il fatto che gran parte dei pronostici risulti ine-
satta, o che molte preghiere non vengano esaudite, non ha mai rappresentato un
vero impedimento per veggenti e sacerdoti cos come, per molti secoli, medici e
cerusici hanno applicato terapie spesso inutili o puramente suggestive senza per que-
sto perdere la propria clientela.
Va infine considerato che una componente della professionalizzazione del clien-
te la sua socializzazione al tipo di intervento che la categoria propone. Il fatto di
rivolgersi a uno psicologo rappresenta infatti un uso sociale che lindividuo deve
in qualche modo imparare, o quanto meno di cui deve avere sentito dire qualche
cosa. Agiscono in questo senso i gi citati mezzi di comunicazione di massa, che
frequentemente parlano di problemi psicologici e di interventi dello psicologo, ma
un peso assai rilevante rappresentato dai gruppi di appartenenza e di riferimen-
to. Il dato messo in grande evidenza da una serie di ricerche che mostrano come
i clienti siano fondamentalmente persone che, prima di rivolgersi allo psicologo,
hanno gi avuto qualche esperienza, anche solo indiretta (attraverso persone vici-
ne o letture), con la psicologia.
Come avviene per lo psicologo, anche la definizione del suo complementare (il
cliente) un tema complesso. Quandanche se ne possa stimare, molto approssi-
mativamente, il numero, resta il problema di scegliere dei criteri utili per descri-
verlo. I clienti appartengono infatti a categorie umane assai diverse, che possono
venire classificate in vari modi. Ci sono quelli privati e quelli pubblici, quelli lievi
e quelli gravi, quelli con patologie eminentemente organiche e quelli che subisco-
no costrizioni quasi solo di natura ambientale, quelli nientaffatto malati, quelli che
si presentano per conto proprio e quelli che vengono inviati per intervento di altri,
quelli che pagano personalmente e quelli che sono assistiti da unassicurazione o
simile ecc.
Oggi come oggi, una buona met della popolazione nordamericana ritiene che
la psicologia abbia avuto una qualche influenza sulla sua vita. Gli statunitensi adul-
ti che ricevono assistenza relativa alla salute mentale, per lo pi da parte di psi-
cologi, sono fra i 5 e i 10 milioni lanno. In Italia, attualmente, i clienti di una
qualche forma di terapia non-biologica sono stimati almeno nellordine delle deci-
ne di migliaia. I pazienti diretti degli psicologi sono valutabili in almeno 30-40 000
persone. Si pu stimare che nel mondo ci siano almeno 10-20 milioni di clienti
individuali (attuali o passati). Molte decine di milioni di persone nella loro vita
hanno avuto qualche contatto diretto con psicologi.
Un po in tutto il mondo il cliente privato tipico adulto (25-45 anni), di clas-
se media e alta (per istruzione e livello socioeconomico), gi familiarizzato con la
psicologia (lha letta o studiata), conosce qualcuno che gi stato dallo psicologo,
affetto da disagi esistenziali pi che da malattie mentali. Un buon quarto dei
pazienti rappresentato da altri psicologi (o professionisti similari: medici, coun-
selor, operatori dei servizi, insegnanti ecc.) in formazione.
Dal punto di vista dei motivi pi diffusi del disagio, appare evidente che il clien-
te tipico dello psicologo contemporaneo non la personificazione dei grandi qua-
dri clinici di cui si legge nei trattati classici di psicopatologia. Quella che prevale
oggi insomma la problematica esistenziale, ovvero la crisi. Il quadro della sin-
tomatologia del paziente medio suona dunque in questo modo:
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28 Storia ed epistemologia
Si tratta molto spesso di una persona che sta vivendo una vicenda relazionale diffici-
le e dolorosa, che pu essersi inserita improvvisamente nella sua storia, quale una sepa-
razione, labbandono o la perdita del partner, o pu invece essersi protratta per anni
prima di esprimersi in un disagio acuto, come in certi sistemi relazionali familiari: i
sintomi diventano allora crisi dansia, fobie, depressione (Brighetti et al., 1986, p. 60).
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Psicologi: tra professione, scienza e pratica quotidiana 29
no parlare oggi, dopo il paziente delle origini e dopo il cliente della psicologia post-
bellica, pi propriamente dellutente (dello psicologo), in quanto fruitore dei ser-
vizi psicologici nelle loro molteplici e continuamente rinnovate forme.
Che cosa il futuro potr riservare alla psicologia: naturalmente impossibile pre-
vedere oggi. Bench lo psicologo ami lasciar credere di saper definire il futuro (com-
portamento) della gente, anche intervenendo su di esso, la preveggenza non anco-
ra entrata nel prontuario della professione. Tuttavia, sembra di poter intravedere
alcune linee di tendenza abbastanza chiare in materia.
Il movimento psicologico sembra infatti avere ormai raggiunto, nel mondo occi-
dentale cos come in Italia, un buon livello di strutturazione sia come disciplina
scientifica sia come mestiere. Rimangono molte difficolt e incomprensioni, ma
chiaro che la psicologia si trasformata in una professione, bench in continuo
divenire.
Tra i problemi maggiori si possono evidenziare le questioni relative alla defini-
zione legale, al ruolo dello psicologo, ai rapporti con gli altri professionisti, parti-
colarmente con i medici, e con le istituzioni.
Tra gli elementi pi positivi, che meglio fanno sperare per il futuro, si possono
annoverare altres: il notevole livello di soddisfazione che gli psicologi professioni-
sti esprimono (pur con varie ambivalenze) verso il proprio mestiere; il crescere del
numero di persone che traggono giovamento (almeno soggettivo) dallintervento
psicologico; la percezione progressivamente sempre pi favorevole che il pubblico
sembra avere del nostro intervento.
Un altro fenomeno che pare essere sempre pi diffuso quello di una pratica
latamente psicologica esercitata in contesti e da soggetti che non necessariamente
appartengono a questa o quella consorteria ufficiale della professione. Il che sareb-
be determinato tanto da fattori legati allevoluzione scientifica e pratica della psi-
cologia quanto a ragioni legate alla sociologia della cultura e al marketing dei ser-
vizi (Fox, 1995; Kvale, 2003).
Questa tendenza appare evidente in tutto il mondo, ma in termini anche pi
chiari in Italia, dove un Ordine professionale psicologico esiste (caso quasi unico
al mondo, analogamente a quello dei notai piuttosto che dei giornalisti) e cerca di
impedire luso della psicologia agli altri professionisti della relazione. Tale Ordine,
con la continua insistenza sulla psicologia come cura della malattia mentale non
realizzabile dagli psicologi bens dalla curiosa categoria ibrida degli psicoterapeuti
(che comprende medici non-psicologi), ha peraltro teso a indirizzare sempre pi la
psicologia verso larea della sanit. Il che ha prodotto migliori contratti per quan-
ti operano nel Servizio Sanitario Nazionale, ma non ha certo favorito la libera pro-
fessione di tutti gli altri.
Sta di fatto che la psicologia, in quanto disciplina scientifica e teorica e prati-
ca, sembra godere di un successo crescente, mentre lo psicologo ufficiale (in quan-
to professionista formalizzato) sembra perdere terreno, nelle attivit diverse dalla
cura della nevrosi o della psicosi, a favore di altri professionisti, che si occupano
delle persone senza pretendere che queste siano mentalmente malate.
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30 Storia ed epistemologia
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