L’ordinamento (o diritto) internazionale è l’insieme delle norme giuridiche che regolano i rapporti
dei membri della comunità internazionale
Organizzazioni internazionali
Organizzazioni i cui organi dirimono controversie o amministrano interessi comuni senza produrre
nuove norme giuridiche vincolanti gli stati membri
a) Art. 10
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute […].
b) Art. 11
L'Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce
le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
c) Art. 117
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché
dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
1) Consiglio
*Composizione
Composto di rappresentanti a livello ministeriale degli stati membri. È un’istituzione a
composizione variabile.
La presidenza è esercitata secondo un sistema di rotazione paritaria.
* Funzioni principali
- Funzione legislativa (un tempo esercitata in via esclusiva, oggi congiuntamente al PE)
- Funzione di bilancio (condivisa con il PE)
- Funzioni di coordinamento delle politiche economiche
2) Commissione
* Composizione
Persone competenti, indipendenti e imparziali; 1 cittadino per ciascuno stato membro (fino al 2014).
La Commissione è nominata dal Consiglio, previa approvazione del Parlamento europeo.
* Funzioni principali
- Vigila sul rispetto degli obblighi comunitari.
- Ha compiti esecutivi. In particolare, è titolare della funzione di esecuzione del bilancio UE.
- Partecipa alla formazione degli atti comunitari (ad es. regolamenti, direttive e decisioni) mediante
la proposta dell’atto (iniziativa esclusiva).
3) Parlamento europeo
* Composizione
Rappresentanti eletti direttamente dai cittadini degli stati membri
* Funzioni
- Funzione legislativa (unitamente al Consiglio)
- Funzione di bilancio (unitamente al Consiglio)
- Funzione di controllo politico della commissione (voto di approvazione della commissione;
mozione di censura a maggioranza di 2/3)
- Altre funzioni tipicamente parlamentari
4) Corte di giustizia
* Composizione
È composta da 1 giudice per ogni stato membro. È affiancata da 8 avvocati generali. Comprende il
Tribunale di primo grado. Ha sede a Lussemburgo
* Funzioni principali
1) Annullamento atti comunitari illegittimi
2) Interpretazione diritto comunitario
(rinvio incidentale/pregiudiziale)
3) Controllo sulla condotta omissiva delle istituzioni
4) Accertamento delle infrazioni degli stati
5) Consiglio europeo
* Composizione
Capi di Stato e di governo + presidente eletto a maggioranza qualificata per 2 anni e mezzo +
presidente della Commissione.
* Funzioni
Organo di impulso e di indirizzo politico generale dell’Unione europea
se un atto comunitario derivato contrasta con essi viene annullato dalla Corte di Giustizia.
Come sono modificabili le fonti comunitarie primarie? Attraverso la procedura di REVISIONE DEI
TRATTATI (art. 48 TUE), che per la sua complessità ricorda un procedimento di revisione
costituzionale, ma richiede in definitiva l’approvazione unanime di tutti gli Stati contraenti e la
successiva ratifica secondo lo schema tipico del diritto internazionale. Esiste anche una procedura di
revisione semplificata.
2.Le fonti derivate dai trattati
I REGOLAMENTI
LE DIRETTIVE
LE DECISIONI
LE RACCOMANDAZIONI (non vincolanti, quindi non vere fonti giuridiche)
I PARERI (non vincolanti, quindi non vere fonti giuridiche)
Altre fonti comunitarie sono: i principi generali (desunti dai trattati), le sentenze
“creative” della Corte di giustizia, e i trattati conclusi dall’U.E.
V. Efficacia delle norme comunitarie negli ordinamenti interni degli stati membri
La Corte di Giustizia ha creato due principi basilari sull’efficacia delle norme comunitarie:
1. Il principio dell’effetto diretto
E’ un principio introdotto dalla Corte di Giustizia nel 1963 che si basa sul seguente assunto: le
norme giuridiche che sono chiare, precise e autosufficienti (tali cioè che non necessitano di ulteriori
provvedimenti normativi delle autorità comunitarie o degli Stati membri) devono essere trattate,
nell’ambito della sfera di applicazione del diritto comunitario, come il diritto nazionale.
Pertanto l’effetto diretto è una caratteristica potenziale di tutti gli atti che producono effetti
normativi nella comunità, siano essi norme del trattato o atti derivati, anche se non si tratta di
regolamenti comunitari (cioè anche se non si tratta degli unici atti direttamente applicabili per
espressa previsione del TCE).
Mentre la diretta applicabilità è propria dei regolamenti ed è codificata nei trattati (vedi art. 288
TFUE), il principio degli effetti diretti si estende a tutte le norme comunitarie (diverse dai
regolamenti) ed è di origine giurisprudenziale.
Esempio: Sentenza Van Gend & Loos del 1963 (effetti diretti delle norme comunitarie)
- Articolo 30 TFUE (ex articolo 25 TCE):
“I dazi doganali all'importazione o all'esportazione o le tasse di effetto equivalente sono vietati tra
gli Stati membri. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali di carattere fiscale”
Importando merci dalla Germania ai Paesi Bassi, l’impresa di trasporto Van Gend & Loos doveva
corrispondere dei dazi doganali che essa riteneva contrari alla norma dell’allora trattato CEE. Il
ricorso proponeva la questione del conflitto tra una normativa nazionale e le norme del trattato
istitutivo. Adita dal giudice olandese, la Corte di Giustizia ha risolto la questione affermando la
dottrina dell’effetto diretto e assicurando in tal modo all’impresa di trasporto una tutela diretta dei
suoi diritti, ai sensi del diritto comunitario, dinanzi al giudice nazionale.
I giudici della Corte di Giustizia hanno stabilito quanto segue:
“Il disposto dell’art. 12 pone un divieto chiaro e incondizionato che si concreta in un obbligo non
già di fare, bensì di non fare. (…) Il divieto dell’art. 12 è per sua natura perfettamente atto a
produrre direttamente degli effetti sui rapporti giuridici intercorrenti fra gli Stati membri ed i loro
amministratori”.
In seguito alla Van Gend & Loos, la Corte di giustizia tornerà con altre pronunce sugli effetti diretti
delle norme comunitarie, chiarendo che anche le altre fonti (come le direttive e le decisioni e le
stesse pronunce della Corte) possono contenere norme generali dotate di effetto diretto e che
l’effetto diretto può riguardare anche un obbligo di fare, purché si tratti di un precetto chiaro e
incondizionato.
Il trattato non conteneva una specifica “clausola di supremazia”, che è stata codificata solo
con la dichiarazione allegata al Trattato di Lisbona del 2009.
Anche questo principio è stato quindi introdotto, per la prima volta, dalla Corte di Giustizia
e si basa sul seguente assunto: ogni norma comunitaria, sia essa un articolo del trattato o una
disposizione amministrativa emanata dalla Commissione, prevale sulla legge nazionale con
essa confliggente, indipendentemente dal fatto che quest’ultima sia emanata prima o dopo la
norma comunitaria.
Il principio di supremazia è di vitale importanza perché garantisce le condizioni di
reciprocità fra gli stati e quindi la “tenuta” dell’Unione.
Esempio: Sentenza Costa/Enel del 1964
I giudici della Corte di Giustizia hanno stabilito quanto segue:
Sintesi:
Le norme comunitarie prevalgono sulle norme del diritto interno di qualunque rango
(compreso il livello costituzionale), con il solo limite dei principi fondamentali e dei diritti
inviolabili sanciti e tutelati dalla Costituzione italiana.
Questa prevalenza opera come prevalenza nelle materie di competenza comunitaria e non
come prevalenza gerarchica (come invece stabilisce la Corte di Giustizia). In sostanza, però,
gli effetti sono analoghi.
Anticipando quanto si dirà tra poco (trattando degli effetti diretti), la prevalenza del diritto
comunitario nelle materie di sua competenza viene garantita attraverso il meccanismo della
“non applicazione” della norma interna confliggente con la norma comunitaria e non con
l’annullamento della norma nazionale (a meno che la norma comunitaria sia priva degli
effetti diretti e perciò non possa essere applicata dal giudice; in questo caso la norma
nazionale con essa confliggente viene invalidata dalla Corte costituzionale tramite una
sentenza di incostituzionalità per violazione dell’art. 11 Cost.; vedi postea).
Sintesi:
Il giudice comune risolve il conflitto norma interna-norma comunitaria in tutti i casi in cui
tale conflitto abbia ad oggetto una norma comunitaria che egli può applicare direttamente
(infatti, se egli è tenuto a non applicare la norma interna contrastante con quella comunitaria
- interposta all’art. 11 - difetta il presupposto della rilevanza della relativa questione di
legittimità costituzionale).
In caso contrario, rilevando una violazione di una norma comunitaria che egli non può
applicare, si rivolge alla Corte costituzionale perché sia dichiarata l’incostituzionalità della
norma nazionale che viola il diritto comunitario (e, indirettamente, l’art. 11 Cost.).
Si deve rivolgere alla Corte costituzionale anche nell’ipotesi di norma comunitaria contraria
ai principi fondamentali e ai diritti inviolabili sanciti dalla Costituzione (stavolta la Corte
può dichiarare incostituzionale la legge di autorizzazione alla ratifica del Trattato istitutivo).