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Brevi note a margine della dichiarazione di incostituzionalit della recidiva

obbligatoria: una nuova battuta darresto per il diritto penale dautore


Corte Costituzionale, Sentenza 23 luglio 2015, n. 185

1. Breve ricostruzione dellistituto

Il termine recidiva sta ad indicare la condizione di chi, dopo essere stato gi


condannato in via definitiva per un delitto non colposo, ne commette un altro
parimenti non colposo.

Con riferimento alla disciplina codicistica di tale istituto, contenuta negli artt.
99 e 101 c.p., occorre evidenziare come essa sia il frutto di numerosi interventi
normativi tra i quali va segnalato, da ultimo, la legge n. 251/2005 [recante
Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di
attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di
reato per i recidivi, di usura e di prescrizione]. Questultima, in una logica
diametralmente opposta a quella del legislatore del 1974, che attenu la disciplina
della recidiva contenuta nel codice, ha innalzato gli aumenti di pena previsti
dallart. 99 c.p. e determinato un generale inasprimento delle conseguenze
penalistiche ricollegate alla dichiarazione di recidiva.

Attualmente lart. 99 c.p. distingue tre diverse forme di recidiva: semplice,


aggravata e reiterata.

Si ha recidiva semplice, ai sensi dellart. 99, co. 1, c.p., nel caso in cui un
soggetto, dopo essere stato condannato con una sentenza passata in giudicato per un
precedente delitto non colposo, ne commette un altro ugualmente non colposo.

In tal caso previsto un aumento di pena fino ad un terzo.

La recidiva aggravata, invece, disciplinata allart. 99, co. 2, c.p., si configura


quando il nuovo delitto non colposo:

della stessa indole di quello precedentemente commesso (c.d. recidiva


specifica). A tal proposito bisogna tener presente che, secondo quanto disposto
dallart. 101 c.p., agli effetti della legge penale, sono considerati reati della
stessa indole non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge, ma
anche quelli che, pure essendo preveduti da disposizioni diverse di questo codice
ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei fatti che li costituiscono o
dei motivi che li determinano, presentano, nei casi concreti, caratteri
fondamentali comuni;
stato commesso entro cinque anni dalla condotta precedente (c.d. recidiva
infraquinquennale);
stato realizzato dopo o durante lesecuzione della pena (c.d. recidiva
vera);
stato realizzato durante il tempo in cui il condannato si sottratto
volontariamente allesecuzione della pena stessa (c.d. recidiva finta).

In tutte queste ipotesi la pena pu essere aumentata fino alla met se sussiste
soltanto una delle circostanze appena menzionate; laggravio, invece, della met
se ne ricorrono due o pi di due.

Si parla, poi, di recidiva reiterata, ai sensi dellart. 99, co. 4, c.p., qualora
il nuovo delitto non colposo sia commesso da chi gi recidivo. In questa
fattispecie linasprimento sanzionatorio varia a seconda del tipo di recidiva che
si precedentemente configurata. Laumento, infatti, della met in caso di
recidiva semplice; di due terzi, in presenza di recidiva aggravata.

Infine, allart. 99, co. 5, c.p., viene disciplinata la c.d. recidiva


obbligatoria, la quale si configura allorquando il nuovo delitto non colposo
rientri tra uno di quelli indicati nellart. 407, co. 2, lett. a), del codice di
rito (tra i quali sono ricompresi, ad esempio, lassociazione mafiosa, i delitti
commessi con finalit di terrorismo o di eversione, il traffico di stupefacenti, la
strage, lomicidio doloso, la rapina aggravata, lestorsione aggravata).

Dunque, a differenza delle ipotesi di recidiva disciplinate nei commi da uno a


quattro dellart. 99 c.p., in cui laggravamento di pena previsto dal legislatore
resta facoltativo per il giudice, nella recidiva obbligatoria laumento
sanzionatorio , invece, automatico e prescinde da qualsiasi accertamento in
concreto da parte dellinterprete.

2. I dubbi di legittimit costituzionale e la recente pronuncia demolitoria della


Consulta

Proprio questultima peculiare figura di recidiva, introdotta con la riforma del


2005, stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Consulta nella
recente pronuncia del 23 luglio 2015, n. 185.

Liniziativa in tal senso stata adottata dalla Corte di cassazione, quinta


sezione penale, che con ordinanza del 10 settembre 2014 ha sollevato questione di
legittimit costituzionale dellart. 99, co. 5, c.p. (cos come sostituito
dallart. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251) in riferimento agli artt. 3 e 27,
co. 3, Cost. [anche la Corte dappello di Napoli, terza sezione penale, con
ordinanza del 19 novembre 2014 ha sollevato la medesima questione di legittimit
costituzionale, richiamando interamente il contenuto dellordinanza emessa dalla
quinta sezione della Suprema Corte].

Pi nello specifico, i giudici remittenti hanno evidenziato la violazione, da parte


dellistituto in esame, dellart. 3 Cost. sotto il profilo della manifesta
irragionevolezza del parametro utilizzato dal legislatore per giustificare
lobbligatoriet dellaumento di pena di cui allart. 99, co. 5, c.p., ossia il
mero richiamo ad uno dei delitti previsti allart. 407, co. 2, lett. a), c.p.p.

Difatti, per consolidata giurisprudenza costituzionale [cfr. Corte Cost., ord. n.


193/1990; Corte Cost., ord. n. 409/2007; Corte Cost., ord. n. 33/2008],
lapplicabilit della recidiva presuppone o almeno dovrebbe un accertamento in
concreto da parte dellinterprete effettuato sulla base di una serie di criteri
elaborati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, tra i quali: la natura dei
reati posti in essere, il tipo di devianza di cui sono il segno, la qualit dei
comportamenti, il margine di offensivit delle condotte, e ogni altro possibile
parametro individualizzante significativo della personalit del reo e del grado di
colpevolezza. Nellistituto censurato, invece, tale verifica viene del tutto
esclusa e lapplicazione della recidiva si fonda sul mero riscontro formale
dellesistenza di determinati precedenti penali.

I giudici a quo, poi, hanno denunciato anche la violazione dellart. 27, co. 3,
Cost., in quanto la preclusione dellaccertamento avente ad oggetto la sussistenza
delle condizioni sostanziali legittimanti laggravio sanzionatorio della
recidiva, renderebbe la pena gi a livello di comminatoria legislativa astratta
palesemente sproporzionata e inevitabilmente avvertita come ingiusta dal
condannato, vanificandone ogni finalit rieducativa.

Dinanzi alle censure appena richiamate, la Consulta ha dichiarato lillegittimit


costituzionale dellart. 99, quinto comma, cod. pen., come sostituito dallart. 4
della legge n. 251 del 2005, limitatamente alle parole obbligatorio e,.

La Corte ha rilevato, in primo luogo, il contrasto con lart. 3 Cost. sottolineando


che la scelta di ricollegare laumento di pena della recidiva esclusivamente al
dato formale del titolo di reato commesso determina la configurazione di un
automatismo sanzionatorio assolutamente privo di ragionevolezza. Tale conclusione
appare tanto pi condivisibile laddove si consideri che il richiamo allart. 407,
comma 2, lett. a), c.p.p. concerne reati tra loro assolutamente eterogenei,
considerati unitariamente dal legislatore per mere esigenze processuali relative al
termine massimo di durata delle indagini preliminari.

La Consulta ha poi riconosciuto anche la violazione dellart. 27, co. 3, Cost.


sostenendo che lassenza di un accertamento volto a riscontrare una pi accentuata
colpevolezza o una maggiore pericolosit sociale del reo nelle ipotesi di recidiva
obbligatoria rende la pena inevitabilmente sproporzionata, vanificandone
irrimediabilmente la finalit rieducativa prevista dallart. 27, co. 3, Cost.

In definitiva, e in via di estrema sintesi, la Corte Costituzionale ha dunque


ravvisato il contrasto della norma censurata sia rispetto allart. 3 Cost., in
quanto la scelta di ricollegare un aumento di pena esclusivamente al dato formale
del titolo di reato commesso appare manifestamente irragionevole; sia rispetto
allart. 27, co. 3, Cost., poich la preclusione dellaccertamento della concreta
significativit del nuovo episodio delittuoso rende ab origine la pena
sproporzionata e, in ogni caso, inefficace rispetto alla sua funzione di
integrazione sociale.

3. La costante riemersione delle logiche dautore nel diritto penale moderno

In occasione del condivisibile intervento demolitorio della Consulta, appena


ricostruito nei suoi tratti essenziali, sembra opportuno sottolineare come
listituto censurato abbia rappresentato - e la disciplina generale della recidiva
continui a rappresentare - uno degli esempi pi emblematici della tendenza del
nostro legislatore a contraddire i principi propri di un moderno diritto penale
del fatto, proponendo categorie concettuali tipiche di un diritto penale
dautore.

tale un diritto penale che, a scapito della necessaria centralit del fatto di
reato, prospetta una colpevolezza per il carattere del reo o per la sua condotta di
vita, finendo per punire lautore del reato non per quello che ha fatto, ma per
quello che o che si lasciato diventare [G. Piffer, I nuovi vincoli alla
discrezionalit giudiziale: la disciplina della recidiva, in Diritto Penale
Contemporaneo, 30 dicembre 2010, p. 2].

Non un caso che tale elaborazione teorica sia sorta tra la fine degli anni Trenta
e linizio degli anni Quaranta nella Germania nazionalsocialista, nella quale la
dottrina di regime punt alla sostituzione della colpevolezza per il singolo fatto
delittuoso con la colpevolezza per la condotta di vita, al chiaro scopo di
semplificare la repressione di qualsiasi forma pi o meno esplicita di dissenso.

cos che la colpevolezza per il fatto criminoso (Einzeltatshuld) ha


progressivamente ceduto il passo alla colpevolezza dautore (Tatershuld), nelle due
forme della colpevolezza per il carattere e per lo stile di vita.

In particolare, la teoria della colpevolezza per il carattere pretende che


allagente si possa muovere laddebito di non aver frenato in tempo le pulsioni
antisociali, in modo da formarsi un carattere meno malvagio e meno propenso a
delinquere.

La teoria della colpevolezza per la condotta di vita, dal canto suo, pretende di
incentrare il giudizio di disapprovazione sullo stesso modello o stile di vita e
sulle scelte esistenziali del reo, che starebbero allorigine della sua
inclinazione al delitto [G. Fiandaca E. Musco, Diritto penale. Parte generale,
Bologna, 2009, p. 316.].
Se vero che il nostro ordinamento penale di ispirazione liberal-illuminista,
tendenzialmente proteso ai canoni delloggettivismo garantista, non potr mai
aderire apertamente ad una simile impostazione teorica, bisogna pur riconoscere
lesistenza di numerosi istituti ispirati alla logica della colpa dautore. Si
pensi, per la parte generale del codice, allubriachezza abituale (art. 94 c.p.) o
alla stessa recidiva (art. 99 c.p.); per la parte speciale, alla contravvenzione di
cui allart. 707 c.p.; per la legislazione penale complementare, infine, al reato
di Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato previsto allart. 10-
bis del Testo unico sullimmigrazione (d.lgs. n. 286/1998).

dunque impossibile negare che espressioni tipiche del diritto penale dautore
continuino a sopravvivere, spesso a stento, in numerose fattispecie astratte
presenti nel nostro ordinamento penale. Tuttavia, dinanzi alla costante riemersione
di simili logiche, resta ferma, oggi pi che mai, la necessit di riportare il
diritto penale alla sua originaria ispirazione oggettivistica.

Tale conclusione, come evidenziato da autorevole dottrina, non implica tout court
lesclusione di qualsiasi valutazione inerente a caratteristiche personali del
soggetto agente, soprattutto quando ci avvenga in una fase diversa da quella della
tipicit, come in quella dellapplicazione e dellesecuzione della sanzione penale.
In questultima sede, pertanto, non solo possibile, ma appare addirittura
necessario prendere in considerazione la disposizione, il modo di essere, le
motivazioni del reo, proprio per approntare unefficace strategia di recupero
sociale [S. Moccia, Il diritto penale tra essere e valore. Funzione della pena e
sistematica teleologica, Napoli, 2006, p. 163].

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