Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1
Nella sentenza 11 luglio 1991 n.333 la corte, in tema di stupefacenti, ha precisato in modo approfondito il legame tra
principio di legalit, la discrezionalit legislativa nella configurazione della fattispecie criminosa e lesigenza che la
legge tenga conto dellesperienza sociale e criminologica da cui la normazione penale deve prendere avvio.
2
Riserva di legge e legge regionale
Alla legge regionale precluso il potere di emanare norme penali. Il problema che si posto fino adesso ora
espressamente disciplinato dallart 117 co2 Cost (novellato l.cost 3/2001) alla cui stregua lo Stato ha legislazione
esclusa in materia di ordinamento penale.
La dottrina ha sempre escluso la potest legislativa in capo alle Regioni. In realt, lassenza di potest implicita nella
ratio dellart 25 co2 Cost poich soltanto il Parlamento nazionale esprime una istanza rappresentativa di tutti i cittadini,
mentre i vari Consigli regionali rappresentano solo i cittadini delle singole Regioni.
Anche il testo dellart 120 co1 Cost, vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che ostacolano in qualsiasi modo la
libera circolazione delle persone e che limitino lesercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio
nazionale postula necessariamente il divieto di adottare provvedimenti penali.
Lattuale indiscutibilit del divieto alle Regioni di emanare norme penali ha spostato lattenzione sui problemi che
concernono le interferenze tra legge statale e legge regionale.
Alla legge regionale NON possibile:
- istituire nuove discriminazioni
- abrogare norme incriminatrici preesistenti
- prevedere cause di estinzione della punibilit o estendere la portata
- prevedere sanzioni penali a tutela di proprie disposizioni o modificare sanzioni penali preesistenti
- modificare i presupposti di punibilit previsti dalla legge statale
- apportare modifiche, estensive o riduttive, alle cause di giustificazione previste dalla legge statale quando
queste siano espressione di principi generali dellordinamento; la legge regionale in tal caso tenuta a
rispettare i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.
Alla legge regionale E possibile la previsione di norme scriminanti poich non sono norme di carattere penale.
La tutela dei precetti regionali realizzata con sanzioni amministrative. Nel caso di concorso tra pena statale e
sanzione amministrativa regionale si applica, come principio generale, la sola sanzione penale. Tuttavia stabilito che
nel caso in cui la sanzione penale sia contenuta in una norma di tipo sussidiario si applica la sanzione amministrativa
regionale, con prevalenza del principio di specialit su quello del rango.
La Corte costituzionale ha sempre escluso la potest penale delle Regioni.
Nella giurisprudenza della corte possono distinguersi fondamentalmente i casi nei quali la illegittimit sta nella
statuizione di una norma penale da parte della regione, dai casi in cui la legge regionale interferisce sulla norma penale
modificando la disciplina contente i presupposti amministrativi dellincriminazione.
Appartengono alla prima serie di casi le sentenze in cui la corte ha dichiarato la illegittimit di numerose norme
regionali che prevedono direttamente sanzioni penali, soprattutto contravvenzioni.
Poich la potest legislativa i campo penale preclusa alle regioni, a queste non consentito neanche richiamare, per
sanzionare la violazione di una norma regionale, pene previste da leggi dello stato per altra fattispecie.
La corte costituzionale ha affrontato poi il tema della interferenza di norme regionali su norme penali statali in alcune
materie di specifica competenza regionale quali la tutela dellambiente e il trattamento dei rifiuti, ledilizia e
lurbanistica.
Riguardo allo smaltimento o accumulo di rifiuti, la corte ha dichiarato la illegittimit costituzionale di numerose leggi
regionali che rendevano lecite attivit sanzionate penalmente da leggi dello stato o escludendo la necessit di
provvedimenti autorizzativi specifici richiesti dalla normativa statale o prevedendo modalit meno rigorose per il
trattamento dei rifiuti.
Il divieto per le regioni di prevedere condizioni pi favorevoli rispetto alla normativa statale ai fini dellestinzione del
reato, del rilascio di una concessione in sanatoria stato affermato in tema di repressione di abusi edilizi: anche tali
norme disciplinano la materia in maniera contrastante con la legge statale incidendo sulla materia penale sempre
sottratta alla potest legislativa regionale.
Particolarmente interessante sono due decisioni della corte, relative allapertura di una casa da gioco a Taormina in
cui stato sottolineato come alle regioni sia precluso di emanare provvedimenti intesi a rendere lecita una attivit, come
lesercizio di giochi dazzardo, e come dalla legge dello stato considerata illecita e passibile di sanzione penale.
3
Una prima risposta si ricava dal dato costituzionale che assegna a tali fonti normative efficacia identica a quella delle
leggi formali. Lespressione linguistica (hanno forza di legge) pertanto non consente la sottrazione a essi della
competenza penale.
- Il decreto legislativo (o legge delega) fonte di normazione delegata dal parlamento al governo, inteso come
organo collegiale, sulla base di una legge formale di delega, limitata temporalmente e rilasciata per oggetti
definiti, che stabilisce i principi e detta i criteri direttivi a cui il governo deve uniformarsi nella normazione
delegata (art 76 cost).
La l.400/1988 prevede come ulteriore controllo sulloperato del governo, che il parlamento, sia chiamato ad
esprimere parere di conformit degli schemi dei decreti delegati rispetto alla legge delega attraverso le
commissioni permanenti delle due camere competenti per materia.
Alla stregua di tali disposizioni evidente che lintervento penale del decreto legislativo non viola la ratio della
riserva. Infatti, attraverso la previsione delloggetto definito, dei principi e dei criteri della delega e della sua
limitazione nel tempo, il parlamento (e non il governo) resta la fonte esclusiva della scelta politica che
costituisce la causa giuridica e lo scopo sociale della norma.
Sono rispettate, inoltre, le esigenze di pubblicit e di dialettica tra maggioranza e opposizione parlamentare.
- Il decreto legge fonte di normazione provvisoria del governo in casi straordinari di necessit ed urgenza. I
decreti decadono, infatti, con efficacia sin dallinizio (ex tunc) ove non siano convertiti in legge dal parlamento
entro 60 giorni dalla loro pubblicazione (art. 77 cost).
Se vero che il controllo del parlamento rigoroso tanto che la mancata conversione gli fa perdere efficacia ex
tunc, vero anche che tale norma, a seguito della mancata conversione, non completamente azzerata nei suoi
effetti.
Le prime decisioni in cui la corte costituzionale si espressa sulla legittimit di leggi penali, emanate nella forma di
decreto legislativo riguardano atti normativi emessi in forza di leggi di delegazione del periodo fascista in cui tali
pronunce hanno affermato come non pu costituire motivo di illegittimit di una legge di delegazione o di un atto
delegato, linosservanza delle norme di cui allart 76 cost e di quelle che impongono la determinazione di principi e la
fissazione di termini.
Con numerose decisioni la corte ha respinto questioni di legittimit concernenti il rispetto da parte del decreto delegato
dei principi e criteri contenuti nella legge delega. Tra le sentenze che hanno dichiarato lincostituzionalit della norma
delegata per eccesso di delega vanno ricordate:
- C.cost 435/1990
- C.cost 176/1991
- C.cost 250/1991
- C.cost 54/1993
4
riserva rispettata quando la legge esprima con sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti
della fonte non legislativa.
Pu concludersi nel senso che la riserva di legge assoluta almeno tendenzialmente, nel senso che il rinvio allatto
normativo secondario legittimato solo quando concerne la determinazione in chiave tecnica di un elemento della
fattispecie.
In questo modo preclusa alla fonte secondaria ogni discrezionalit politica e lintegrazione meramente tecnica
garantisce il rispetto della riserva.
Con riferimento al rapporto della legge con gli atti normativi generali e astratti del potere esecutivo preesistenti,
losservanza della riserva assoluta garantita quando il rinvio sia di carattere recettizio nel senso che la legge
recepisce il contenuto del regolamento preesistente facendolo proprio e restando indifferente alle eventuali vicende
normative delle regole richiamate.
Il carattere recettizio deve essere chiaramente espresso dalla norma richiamante.
Il rapporto tra legge e atti del potere esecutivo nella giurisprudenza costituzionale
Sul rapporto tra legge penale e gli atti normativi del potere esecutivo, la corte costituzionale ha sostenuto che il
principio di legalit soddisfatto quando nella norma statale sono indicati con sufficiente specificazione i presupposti,
i caratteri, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dellautorit non legislativa, alla cui trasgressione deve seguire la
pena. Ricorrendo a tale principio la corte ha individuato due sole ipotesi di illegittimit costituzionale per violazione
dellart 25 co2 cost.:
1 stata dichiarata lillegittima dellart 11 r.d. 3267/1923 perch demanda alle norme locali di polizia forestale,
emanate dalle camere di commercio, di stabilire a propria scelta le sanzioni penali da applicare ai trasgressori
sulla base della considerazione che le leggi dello stato non possono rimettere ad altre autorit di determinare a
propria scelta se sanzionare o meno e con certe modalit piuttosto che con altre
2 stata dichiarata lillegittimit del combinato disposto degli art 1 e 5 l.818/1984 in tema di certificato di
prevenzione incendi, in quanto rinvia ad una fonte di grado inferiore lindividuazione dei destinatari
dellobbligo di richiesta del certificato antincendio e nulla-osta provvisorio, la cui violazione sanzionata
penalmente; la corte rileva infatti come il totale rinvio della legge penale al regolamento o allatto
5
amministrativo gi esistente, non pu considerarsi rinvio ad uno specifico atto in quanto perdura la facolt
dellamministrazione di mutare, sostituire o abrogare latto stesso.
A partire dalla seconda met degli anni 80 le pronunce della corte hanno delimitato la possibilit di integrazione ai soli
elementi di carattere tecnico, in modo tale che nessuna discrezionalit punitiva sia lasciata dalla legge allesecutivo.
Applicando il gi citato criterio della sufficiente specificazione la corte ha inoltre affermato la compatibilit della
riserva di legge con norme penali che sanzionano linosservanza di provvedimenti particolari del potere esecutivo.
Nella questione di legittimit costituzionale di norme incriminatrici che rinviano ad atti amministrativi per
lintegrazione del precetto penale frequente il riferimento alle norme penali in bianco.
8
pena non sostanzialmente rispettata poich una pluralit di esigenze non trovano una guida legislativa
sufficientemente univoca.
Restringendo lattenzione sui profili della legalit formale, come fissata dalle disposizioni codicistiche, va ricordato che
la tipicizzazione della sanzione evoca il rapporto tra la precisione del tipo e la discrezionalit del giudice.
In virt dei principi retributivi e rieducativi la comminazione della sanzione va individualizzata con riferimento alla
gravit del fatto e alla personalit del colpevole.
Ne segue che il legislatore ha lonere di individuare per ogni reato la sanzione predeterminate, tra un minimo e un
massimo edittale, nonch procedere alla possibilit che il giudice commini, in relazione al disvalore concreto
dellillecito, sanzioni diverse anche nel tipo.
Se il potere discrezionale del giudice essenziale per il corretto funzionamento del sistema costituzionale il principio di
legalit impone la predeterminazione per legge dei criteri su cui fondare il potere discrezionale nonch la previsione di
tipologie di cornici sanzionatorie sufficientemente determinate.
Per quanto la fissazione del tipo e della misura della sanzione spetti al legislatore, la scelta discrezionale non
insindacabile costituzionalmente per eccesso di potere legislativo ossia quando tale potere sia stato esercitato in modo
assolutamente irragionevole e contraddittorio.
Lirragionevolezza della previsione sanzionatoria ricavabile dallesame della disciplina complessiva di una stessa
materia o di un gruppo di materie collegate tra loro dallaffinit del bene giuridico tutelato.
La violazione del principio di precisione si verifica quando la cornice sanzionatoria sia eccessivamente dilatata o la
previsione di tipi diversi di pena non sia accompagnata da criteri orientativi adeguati per la scelta discrezionale del
giudice. In casi del genere non si parla di discrezionalit vincolata di comminare una pena ma di una vera e propria
libert in capo al giudice non delimitata dalla legge.
Lirragionevolezza deve risultare dallintero sistema normativo e non dalla opinabilit della scelta compiuta dal
legislatore.
Il legislatore utilizza talora delle formule che prevedono cornici di pena diverse in relazione ai casi di:
- Speciale gravit
- Minore gravit
- Lieve entit.
Secondo un orientamento consolidato nella giurisprudenza della corte costituzionale la determinazione del quadro
sanzionatorio e la valutazione della proporzionalit tra qualit e quantit di pena e disvalore del fatto rientrano
nellambito del potere discrezionale del legislatore, il cui esercizio per non del tutto sottratto a un giudizio di
legittimit costituzionale. La corte ha infatti ritenuto di poter sindacare la legittimit delle norme nei casi mi manifesta
infondatezza della previsione edittale con riferimento alla irrazionale e ingiustificata disparit di trattamento
sanzionatorio in ipotesi simili.
Pi numerose sono state, invece, le pronunce di rigetto in cui la corte, in riferimento alle cornici di pena stabilite dal
legislatore e alla legittimit di previsioni sanzionatorie differenziate, ha sottolineato come in tali ipotesi spetti al giudice
far emergere in concreto la diversa gravit della varie sottospecie e graduare su questa, nel rispetto dei minimi edittali,
la pena da irrogare.
9
Le prescrizioni contemplate sono:
--- da un parte sulla falsariga degli istituti cautelari e prevenzionistici nonch della misura di sicurezza della libert
vigilata, esse integrano misure volte al controllo del condannato limitando alcuni aspetti della libert personale
--- dallaltra parte, nella prospettiva della riparazione a favore della vittima, contemplano la fattispecie delladoperarsi a
suo favore.
Principio di legalit e successioni di leggi penali nel tempo: cenni e rinvio
In primo luogo vi :
senso di sfiducia rispetto agli organismi internazionali e lindubbio deficit di democraticit che ancora oggi
presentano le istituzioni sopranazionali.
La costituzione per lEuropa, allineandosi alle costituzioni interne degli stati dEuropa, riconosce espressamente il
principio di stretta penalit legale insieme con il corrispondente riconoscimento della proporzionalit dei reati e delle
pene.
10
Pi analitica risulta la costituzione europea sulle regole del giusto processo legale, in virt del recepimento delle norme
gi contenute nella CEDU. Tali ulteriori norme rinviano al diritto di difesa, allimparzialit del giudice, alla presunzione
dinnocenza e al diritto ad un ricorso effettivo: svolgimento equo, pubblico ed in un termine ragionevole del processo,
gestito da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge, con adeguata assistenza anche col patrocinato
gratuito dello Stato.
LA CONVENZIONE DEI DIRITTI DELLUOMO (Roma 1950; entrata in vigore in Italia nel 1955) E IL PROBLEMA
DELLE FONTI IN MATERIA PENALE.
Si pu oggi affermare che sia intervenuta la costituzionalizzazione di tutte le disposizioni contenute nella CEDU ad
opera della recezione del testo costituzionale europeo, superando cos linquadramento della CEDU tra le leggi
ordinarie.
Abbiamo una nuova riscrittura della posizione dellindividuo rispetto ai possibili arbitri del potere costituito, che viene
ufficialmente riconosciuta con un diritto universale che presenta una duplice implicazione: la tutela dei diritti umani
fondamentali, con la conseguente nascita di un diritto umanitario (preservato in una dimensione internazionale) e la
salvaguardia delle libert personali, anchesso bene internazionalizzato.
La protezione giuridica dei diritti e delle libert fondamentali degli individui viene pensata dal Consiglio dEuropa
nellambito dellistituzione dei due organismi giurisdizionali della Commissione e della Corte europea dei diritti
delluomo, e di un organo politico, quale il comitato dei Ministri del Consiglio dEuropa, aventi funzioni sia
giurisdizionali che esecutive, in vista della possibilit di consentire un duplice diritto di ricorso per far s che gli organi
citati possano controllare il rispetto, da parte degli Stati, degli impegni assunti con la ratifica del testo convenzionale:
diritto di ricorso individuale contro le possibili violazioni delle norme della CEDU da parte di organismi statali contro i
diritti e le libert umani fondamentali.
Per una pi appropriata tutela giurisdizionale, si attuata la riforma della Corte europea dei diritti delluomo con il
Protocollo n 11 1994: in tal modo la Corte diventata un solo organo permanente, anticipando cos, listituzione (di
poco successiva) di un altro organismo giurisdizionale stabile e permanente per giudicare fatti di rilevanza
sopranazionale la Corte penale internazionale, istituita con lo statuto di Roma del 1998.
La convenzione si apre con la norma-manifesto che sancisce lobbligo per tutti gli stati-parte contraenti di rispettare i
diritti delluomo e prosegue con lesplicita elencazione del catalogo delle libert fondamentali e i corrispettivi diritti, tra
cui il diritto alla vita e il diritto alla libert e alla sicurezza. A questi principi cardine se ne collegano degli altri, in teme
di piena attuazione delle libert fondamentali, diritti o divieti.
La convenzione contiene anche alcune altre enunciazioni che interessano pi da vicino lapplicazione della legge penale
(ponendo quindi un problema di fonti nella materia penale) e lo svolgimento garantito del processo penale. Menziona
anche espressamente il rispetto del principio di legalit, il diritto ad un equo processo, il diritto ad un ricorso effettivo,
11
che deve essere collegato direttamente al diritto di difesa in ogni stato e grado di giudizio; riconoscimento dellobbligo
di motivare i provvedimenti restrittivi della libert; salvaguardia dei diritti dei soggetti detenuti.
Il cammino verso un pieno riconoscimento di tavole di valori universalmente accettati riguardo ai diritti fondamentali
ha ricevuto un importante e significativo punto di svolta con lapprovazione della Carta Europea dei diritti
fondamentali, che su iniziativa del rappresentante tedesco al Consiglio dEuropa di Colonia del 1999, ed in seguito ad
alcuni aggiustamenti operanti durante il Consiglio straordinario di Tampere dello stesso anno, ha visto la sua rapida
promulgazione nel Consiglio dEuropa di Nizza del 2000.
12
rintracciare le coordinate per individuare una responsabilit per gli individui in merito a crimini che avessero
come terminali delloffesa beni di interesse internazionale o sovranazionale.
Il ricorso al diritto penale interno di ciascuno Stato per la punizione di crimini internazionali , determinava due ordini di
problemi:
un deficit nelle previsioni di reato per quelli che non si fatica ad individuare come nuovi crimini per lumanit;
la questione, ancora oggi controversa, dellindividuazione dei soggetti persone fisiche responsabili dei crimini
stessi.
Quindi lo spauracchio era duplice:
forzatura della legalit penale con applicazione analogica o retroattiva di ipotesi di reato non previste al
momento della commissione dei fatti
rischio di una personalizzazione dellincriminazione per i vertici politici di uno Stato, chiamati a rispondere
individualmente per quelli che apparivano crimini di Stato.
Dal primo conflitto mondiale si afferm la necessit della punizione di crimini internazionali con lapplicazione delle
sanzioni agli individui, veri e reali destinatari dei precetti penali statali, e pure delle norme internazionali.
Si pu affermare che la nascita formale di un vero e proprio diritto internazionale penale si ebbe solo dopo la
conclusione della seconda guerra mondiale. Quindi mentre i crimini di guerra fecero la loro comparsa in modo visibile
gi al termine della prima guerra mondiale, la questione della punibilit dei crimini di aggressione e contro lumanit si
pose in termini evidenti solo verso la fine del secondo conflitto mondiale e fu trasfuso negli statuti istitutivi dei
Tribunali internazionali ad hoc. Mentre la particolare nomenclatura di genocidio per una specie di delitti contro
lumanit fu coniata da Lemkin solo nel 1944.
Gli statuti per listituzione di Tribunali ad hoc per la punizione di crimini internazionali di Norimberga, previsti dalla
Carta di Londra de 1945, nonch dallaccordo sul tribunale militare internazionale per lEstremo oriente, dellanno
successivo, furono i primi corpus di norme penali internazionali completi sia delle singole incriminazioni, che dei
principi generali riconosciuti da tutti i popoli civili. Accanto a queste vennero previste una serie di regole tecniche per il
funzionamento dei processi penali che furono intentati contro i gerarchi nazisti e i vertici del potere politico e delle
forze armate giapponesi. Le incriminazioni, nello statuto del tribunale internazionale di Norimberga, prevedevano tre
categorie generali di crimini:
di guerra;
contro lumanit;
contro la pace
e pi una serie di disposizioni sul principio di legalit e sulla personalit della responsabilit penale.
Il novero dei reati internazionali fu ristretto allinizio ai crimini di guerra, da intendersi di due tipi:
crimini di violazione degli usi e delle convenzioni di guerra nei combattimenti
la protezione delle popolazioni civili e dei prigionieri di guerra.
Questultimo problema fu espressamente affrontato nelle successive convenzioni umanitarie di Ginevra del 1949.
Nellambito dei crimini contro la pace si discusse a lungo della controversa figura del crimine di aggressione, del
crimine di guerra preventiva, della valenza da assegnare alla guerra di ritorsione rispetto ad un precedente attacco
preventivo aggressivo e quindi del vecchio dilemma che aveva affannato storici e giuristi per secoli, della guerra giusta.
In questo settore ha assunto un rilievo particolare anche la condotta di terrorismo internazionale.
Con la Convenzione di NY sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio del 1948 fu ufficialmente introdotto
nel sistema del diritto internazionale penale anche questultima figura, che successivamente stata oggetto di numerose
altre convenzioni internazionali.
Una legge di attuazione dellobbligo scaturente dalla Convenzione sul genocidio stata introdotta in Italia (L n
962/1967) mediante la predisposizione di fatti-base come delitti di attentato, determinando in tal modo evidenti
disarmonie tra norma interna ed internazionale, specialmente nel rapporto tra disvalore del fatto e livelli della sanzione.
Dopo i fatti criminosi avvenuti nei territori della ex Jugoslavia, cos come in Ruanda, la comunit internazionale ha
adottato da parte del Consiglio di sicurezza dellONU il Tribunale internazionale penale per i fatti nella ex Jugoslavia
nel 1993 e il Tribunale penale internazionale per il Ruanda nel 1994.
Ultimi esempi di tribunali internazionali penali ad hoc, finalizzati a giudicare fatti ben circoscritti nello spazio e nel
tempo. Questi organi riproponevano gli stessi limiti e gli stessi difetti di quelli di Norimberga e Tokio, che li avevano
preceduti.
Questi aspetti problematici hanno condotto alla Conferenza internazionale di Roma, che ha adottato uno Statuto per un
Tribunale penale internazionale permanente, che il risultato di un lungo processo di mediazione internazionale.
13
LISTITUZIONE DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE ED IL SUPERAMENTO DELLA CRITICITA IN
MATERIA PENALE SOLLEVATA DALLA GIURISDIZIONE DEI TRIBUNALI AD HOC.
Lo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale adottato a Roma nel 1998 strutturato in Capi, il primo dei quali
dedicato allistituzione della Corte e non riveste particolare importanza ai fini del diritto penale, mentre assolutamente
centrali in materia risultano i due successivi che, da una parte, contengono il catalogo dei core crimes ( principali
crimini internazionali di competenza della Corte) e le loro modalit di commissione, nonch importanti disposizioni
riguardanti il ne bis in idem (processuale) e il diritto applicabile, e dallaltra parte, i principi generali del diritto penale.
I crimini di competenza della Corte sono indicati a numerus clausus ed individuati in base ad una loro definita gravit.
Quindi da questo punto di vista sembra che lo Statuto si orienti verso una precisa presa in considerazione delloffesa
agli interessi internazionali.
Sono previsti:
il genocidio categoria ormai autonoma dagli altri crimini contro lumanit; tali atti sono finalizzati alla
distruzione, totale o parziale, di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, mentre i crimini contro
lumanit risultano delineati sul contesto particolare in cui viene realizzato il crimine: un esteso e sistematico
attacco contro le popolazioni civili;
i crimini di guerra la loro esatta definizione, oltre che dal fatto che le condotte punite si caratterizzano per
essere state poste in essere nellambito di un piano o di un disegno politico, dipende anche dalla circostanza
che le condotte punite si manifestano come porzione di una serie di crimini posti in essere su vasta scala.
Tutto limpianto delle incriminazioni solleva qualche motivo di perplessit, non solo per il rinvio (per lindividuazione
dei crimini) a gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949 ma anche dalla non ben delineata distinzione tra
alcune ipotesi di crimini contro lumanit e i crimini di guerra.
Il tipo di descrizione dei fatti che rientrano in ciascun crimine, pare troppo minuzioso e facilmente esposto a creare
lacune che possono essere colmate con interpretazione al limite dellapplicazione analogica delle disposizioni
incriminatrici.
In altre ipotesi sembra viceversa esservi un eccesso definitorio, come nel caso della disposizione sui crimini contro
lumanit, la cui parte finale dedicata allinterpretazione autentica di tutti i sintagmi che compaiono
nellincriminazione stessa. Quindi un corpus di norme suppletive deputato a far da supporto al giudice nella tassativa
applicazione delle fattispecie incriminatrici. Lesuberanza nei titoli di incriminazione fa s che essi costituiscano
autentici codici autonomi dincriminazione distinti per categoria, caratteristica che pu determinare facilmente la
sovrapposizione tra disposizioni incriminatrici e quindi il problema delleventuale insorgere di ipotesi di concorso tra
disposizioni penali.
Ulteriore osservazione le norme risultano piene di locuzioni di carattere puramente normativo, norme tecniche sugli
usi di guerra o su situazioni che possono essere spiegate solo alla luce di unastratta interpretazione normativa
dellelemento della fattispecie. Ci insinua il dubbio su uneccessiva valenza che pu avere in materia lerrore sugli
elementi normativi della fattispecie.
Alcune ipotesi, infine, presentano un livello di indeterminatezza sospetto.
Il nullum crimen, nulla poena sine lege si trova al centro dei principi generali del diritto penale nello Statuto di Roma.
Della legalit penale vengono riprodotti i corollari pi importanti come il divieto di irretroattivit della legge penale, il
quale costituiva uno dei punti dolenti di tutto limpianto degli Statuti precedenti dei Tribunali ad hoc. In pi abbiamo
laggiunta di una particolare disposizione che prevede lobbligo dellapplicazione della legge pi favorevole in caso di
modificazione legislativa prima dellintervento del giudicato. Viene espressamente riconosciuto anche il corollario di
determinatezza tassativit, dal quale dovrebbe discendere il divieto assoluto di applicazione analogica delle norme
incriminatrici.
In pi previsto anche lulteriore canone ermeneutico dellinterpretazione in dubio pro reo, qualora tutti gli altri mezzi
di interpretazione non abbiano consentito la risoluzione del caso dubbio. Una regola di civilt che orienta verso una
piena presa in considerazione del divieto generale di interpretazione in malam partem.
Nella parte che si riferisce ai principi generali tutte le disposizioni successive a quelle che si occupano delle diverse
estrinsecazioni del principio di legalit sono indirizzate al pieno riconoscimento del principio di personalit della
responsabilit penale. Alcune norme sono deputate alla fissazione dei principi sulla personalit della responsabilit
penale, mentre le altre sono dedicate pi da vicino alle cause di esclusione della responsabilit penale. Infatti lart. 25
14
St. stabilisce che la responsabilit penale limitata alle persone fisiche; la responsabilit per il singolo individuo,
anche se ha agito in concorso con altre persone, e si risponde anche per istigazione, concorso morale, agevolazione e
tentativo di partecipazione. La disposizione fissa anche linizio dellattivit punibile a titolo di tentativo.
Art. 28 St. responsabilit dei capi militari e dei superiori gerarchici. La responsabilit del comandante, che svolga
effettiva funzione si radica sullomesso controllo dei sottoposti, potendo esercitare uneffettiva attivit di comando e
controllo, in due casi:
una mancanza (anche colposa) di consapevolezza rispetto alloperato dei subordinati (il comandante sapeva, o
date le circostanze, avrebbe dovuto sapere, unico caso di espressa responsabilit per colpa dello Statuto)
o era nelle sue concrete possibilit impedire la commissione da parte dei suoi sottoposti dei crimini di
competenza della Corte e tuttavia non ha adottato misure idonee allimpedimento del reato o non ha represso
adeguatamente la commissione del crimine.
Lelemento psicologico richiesto per la punibilit dei crimini contenuti nello Statuto viene fissato, in termini generali,
ma esistono anche alcune eccezioni, nellambito della responsabilit dolosa, richiedendosi consapevolezza e intenzione
di compiere il fatto materiale.
Lo Statuto indica poi una serie di cause di esclusione della responsabilit penale. Si stabilisce che non sono imputabili i
minori di 18 anni al momento della commissione del fatto, mentre non spiegano alcun effetto di esonero personale da
responsabilit le qualifiche ufficiali che sono del tutto irrilevanti, come lo sono anche le ipotesi di immunit. Nessuna
causa di estinzione del reato pu inoltre discendere dalla prescrizione, posto che lart. 29 St. decreta come
espressamente imprescrittibili tutti i core crimes.
Le cause di esclusione della responsabilit penale sono indicate nellart. 31 St. e riguardano tutte le ipotesi pi
tradizionali di cause di giustificazione e si fondano sul bilanciamento degli interessi in conflitto (difesa legittima o stato
di necessit) o ipotesi determinate da particolari situazioni emotive o di deficit della personalit o malattie fisiche o
mentali.
La disciplina dellerrore come causa di esclusione dellelemento psicologico del reato (quindi quasi sempre del dolo)
stata fissata sulla distinzione tra errore di fatto (scusabile) ed errore di diritto (inescusabile).
Tuttavia lultima parte dellart.32 St. stabilisce che se lerrore di diritto annulla comunque lelemento psicologico del
crimine, o si verificano le condizioni di scusabilit dellerrore di diritto che investe lordine del superiore, pure lerrore
di diritto esonera da responsabilit.
Art.33 St. disciplina lordine del superiore che ha rappresentato lipotesi pi significativa di causa di esclusione della
responsabilit penale. In linea di principio si esclude che lordine di un governo o del superiore (civile o militare) possa
costituire causa di esonero della responsabilit o anche solo causa di attenuazione della responsabilit stessa. La rigidit
della regola di base viene mitigata da alcune deroghe, facendo rivivere la causa di esclusione della responsabilit, se:
lordine era insindacabile;
la persona ha ignorato lillegittimit dellordine;
lordine non era manifestamente illegale.
Rispetto a questultima eccezione si pu notare che, forse, il legislatore ha pensato a tutta quella serie di crimini di
guerra, densi di elementi normativi che rinviano agli usi o alle norme delle Convenzioni di Ginevra del 1949.
15
Lart. 280 TUE richiede unavanzata tecnica di armonizzazione della legislazione penale europea, mediante
ladeguamento degli standards (richiesti almeno come minimi) di tutela che sono assicurati ai beni finanziari nazionali
per quelli comunitari (principio di assimilazione).
La ragione dellincompetenza del legislatore europeo nella materia penale o lassenza di ogni legittimazione delle fonti
comunitarie viene agganciata al difetto di legittimazione democratica negli organi incaricati dellesercizio del potere
legislativo comunitario. Non si tratta quindi di gelosa conservazione di una prerogativa statale. Non deve neanche
fuorviare il fatto che il sistema delle fonti comunitarie sia costruito secondo un criterio definibile gradualistico: la
legittimazione ad innovare la materia penale dipende non solo dal carattere primario della fonte ( perch altrimenti si
potrebbe stabilire unequivalenza sostanziale tra legge nazionale e regolamento comunitario) quanto dalliter di
formazione della fonte, necessariamente primaria, che deve snodarsi secondo caratteristiche tipicamente parlamentari.
Quindi necessit di sottoporre, in maniera diretta o indiretta, allesame del Parlamento misure come quelle tipiche del
diritto penale.
La conservazione da parte degli Stati della potest di introdurre nuove fattispecie di reato va naturalmente intesa nel
senso pi ampio possibile. Quindi ci vuol dire che la materia penale pu essere innovata solo dal legislatore nazionale
sulla base delle scelte discrezionali che appartengono costituzionalmente a tale soggetto. Al legislatore nazionale rimane
il monopolio nella costruzione del tipo penale, mentre le fonti comunitarie non possono partecipare allindividuazione
del comportamento punibile attraverso la tecnica del rinvio al regolamento comunitario. Da qui la non accettabilit di
norme penali, il cui precetto possa essere formato dal regolamento comunitario attraverso la nota tecnica del rinvio dalla
fonte nazionale a quella comunitaria.
La possibilit di emendare successivamente il regolamento comunitario, con la modalit del rinvio mobile al potere
normativo della fonte comunitaria, rende tale tecnica non congruente con la riserva e determinerebbe unillogica
diversit di disciplina. Il livello di garanzie sembra salvaguardato solo nel caso di integrazioni di specifici elementi
tecnici contenuti nella norma penale, per la cui esatta interpretazione si faccia ricorso alla fonte extrapenale
comunitaria.
Il principio di affidamento della tutela di interessi sovranazionali va intenso necessariamente sulla base di tale premessa.
Il ricorso allo strumento penalistico non pu infatti concepirsi come vincolato: salvo rarissimi casi, non si danno
nellordinamento comunitario veri e propri obblighi comunitari di tutela penale, bench lordinamento comunitario
impegni il legislatore nazionale ad una tutela forte,corrispondente ai canoni ormai tradizionali enunciati dalla celebre
sentenza sul mais greco occorre che la tutela degli interessi comunitari si presenti con i caratteri delleffettivit,
proporzionalit e capacit dissuasiva.
Quando si parla di assimilazione della tutela si intendono tutte quelle ipotesi in cui il legislatore costruisce la tutela
dellinteresse comunitario sul modello a suo tempo concepito per presidiare il corrispondente interesse nazionale. Tale
assimilazione, in quanto muove dallobbligo comunitario di garantire lo stesso livello di difesa, potrebbe far ritenere che
il legislatore nazionale sia vincolato ad un obbligo di tutela penale. Ma la corrispondenza tra linteresse nazionale e
quello comunitario, mostra come il ricorso allo strumento penalistico possa farsi risalire alla scelta originaria del
legislatore nazionale di tutelare penalisticamente il patrimonio sia privato che pubblico. Certo che lobbligo di
assimilazione ha provocato un sensibile avvicinamento tra legislazioni. Si rinvengono cos, nelle legislazioni penali
europee fattispecie incriminatrici uniformi. Da questo punto di vista in passato hanno svolto una rilevante funzione le
direttive dettagliate, con cui si intervenuti ad es. nella materia dellinsider trading o nel fenomeno criminoso
transfrontaliero del riciclaggio.
Ma allora non sarebbe opportuno procedere ad una vera e propria opera di unificazione mediante la previsione di statuti
penali uniformi, incaricati di disciplinare la tutela di alcuni rilevanti interessi comunitari? In questa direzione si sono
mossi alcuni progetti di segno accademico ( Corpus iuris 1996/2000 e gli Eurodelikte) ed istituzionale (il Libro verde
2001).
Si tratta per di un traguardo ambizioso, perch lelaborazione di questi corpi normativi non pu limitarsi alla
enucleazione di alcune essenziali direttive per la costruzione di una o pi fattispecie legali di reato; trattandosi invece di
elaborare un sistema pi compiuto, nel quale si trovino non solo norme incriminatrici , ma anche previsioni di parte
generale.
I divari tra ordinamenti per sollevano delicati problemi di adattamento, che interessano generalmente lelemento
soggettivo del reato e il modo di strutturare la partecipazione rilevante al reato. Con riguardo alla parte speciale, le
maggiori difficolt sono connesse alla previsione del reato associativo, vista lampia variet di soluzioni che si
riscontrano nei diversi paesi europei gli ordinamenti anglosassoni possono avvalersi della conspiracy, nei diritti
16
continentali si tende a prevedere fattispecie associative generiche o specifiche o ritagliate sulle caratteristiche dei gruppi
criminali presenti sul territorio nazionale.
Accanto alla tutela penalistica, di matrice necessariamente nazionale, si pongono anche le sanzioni amministrative
previste direttamente dalle disposizioni comunitarie che costituiscono un esteso e variegato corpo di sanzioni, cui deve
riconoscersi una spiccata finalit retributiva; mediante tali sanzioni il legislatore comunitario provvede direttamente alla
tutela dei propri autonomi interessi, esercitando cos il potere sanzionatorio extra penalistico.
Un distillato dei principali ordinamenti giuridici: questo sarebbe (secondo Tiedemann) il sistema sanzionatorio
comunitario. In effetti i criteri regolatori della responsabilit amministrativa (o quasi penale) derivante dal sistema
comunitario e le regole riguardanti la forma dei relativi illeciti rispecchiano le esigenze di garanzia che ispirano non
solo i sistemi penali nazionali, ma anche quelli penali amministrativi che si riscontrano in buona parte dei diritti degli
Stati membri. In questo quadro il principio di proporzionalit e il divieto del ne bis in idem sostanziale rivestono
particolare importanza. Il primo rispecchia quelleconomia tra beni che costituisce la base politica e razionale del
principio di necessaria offensivit nel diritto penale: anche nel sistema punitivo deve darsi un rapporto di
proporzionalit tra il contenuto lesivo dellillecito amministrativo e la reazione sanzionatoria, onde evitare che a fronte
di alterazioni lievi, minimali dei livelli di interesse di determinati beni corrispondano misure troppo incisive e quindi
non equilibrate. Il secondo si lega, invece, ad unesigenza diversa, legata al carattere di materia limitrofa con il diritto
penale nazionale. Ci ha una particolare importanza specialmente se si considera che in alcuni casi si verifica una vera e
propria sovrapposizione tra la sanzione amministrativa e quella penale nazionale, come nel caso del diritto italiano con
riguardo alle pene accessorie, molte delle quali hanno un contenuto interdittivo analogo a quello delle corrispondenti
sanzioni comunitarie.
17
cose, viene dedicato alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni uno specifico titolo TITOLO VI,
con il quale stato introdotto il Terzo pilastro.
Lintroduzione del tema della cooperazione stata dettata dallesigenza di fronteggiare laggressivit dei comportamenti
economici criminosi e lespansione su spazi transnazionali di questi.
Vengono stabiliti alcuni obiettivi comuni, tra cui la lotta contro la frode su scala internazionale, la cooperazione
giudiziaria i materia penale, la cooperazione doganale, la cooperazione in materia di polizia ai fini della prevenzione e
della lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e se necessario alcuni aspetti di cooperazione doganale, in
connessione con lorganizzazione a livello dellUnione di un sistema di scambio di informazioni in seno ad un ufficio
europeo di polizia (Europol).
La materia penale viene collocata allinterno della costruzione europea, ma al di fuori del quadro propriamente
comunitario. Tale ambiguit si riflette sulle disposizioni contenute nel titolo VI le quali non possono neanche
considerarsi alla stregua di norme internazionali convenzionali per le numerose connessioni esistenti sul piano
normativo e sul piano istituzionale tra primo e terzo pilastro.
Cos anche lo svolgimento delle azioni comuni e posizioni comuni avviene oscillando tra lo spazio propriamente
comunitario e le competenze dellUE.
Il Trattato di Amsterdam (1999) subentra a quello istitutivo dellUnione modificandone sensibilmente alcune parti di
merito, tra cui quella relativa proprio al Terzo pilastro; in particolare deve farsi riferimento al titolo VI recante le
disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.
Nella disposizione iniziale si fa espressamente menzione dellobiettivo primario garanzia ai cittadini dellUnione di
uno spazio di libert, sicurezza e giustizia da raggiungersi attraverso la lotta e la prevenzione del razzismo, della
xenofobia, della criminalit (soprattutto organizzata), del terrorismo, della tratta degli esseri umani, ecc. lo stesso
trattato indica gli strumenti principali per la realizzazione di tali ambiziosi obiettivi:
intensificazione della cooperazione tra le forze di polizia lazione comune comprende in questo settore il
potenziamento degli scambi di informazione, della collaborazione doganale e lindicazione dettagliata dei
compiti dellEuropol;
cooperazione giudiziaria lazione comune si realizza attraverso lincremento dei rapporti tra i Ministeri,
autorit giudiziarie ed autorit omologhe e attraverso la facilitazione dei procedimenti estradizionali ed infine
attraverso la prevenzione dei conflitti giurisdizionali.
Lo stesso Trattato indica, oltre agli strumenti sopra indicati, il ravvicinamento, ove necessario, delle normative penali
degli Stati membri in materia penale: si tratta di un impegno nella lotta alla criminalit organizzata, al terrorismo e al
traffico illecito di stupefacenti.
Quanto alle procedure e ai mezzi di cui le istituzioni comunitarie dispongono per realizzare gli intenti contenuti nel
Trattato in esame, vi il potere del Consiglio di adottare posizioni comuni che definiscono lorientamento dellUnione
in merito ad una questione specifica; le decisioni quadro possono essere adottate dal Consiglio ai fini del
riavvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari; esse sono vincolanti quanto al risultato da ottenere, pur
restando ferma la volont degli Stati membri di scegliere le forme e i mezzi che si ritengono pi opportuni.
Linsieme degli strumenti internazionali con i quali gli Stati perseguono le finalit indicate dal Terzo pilastro, nonch gli
istituti che in forza di tali strumenti vengono introdotti nei vari ordinamenti nazionali costituiscono la cooperazione
giudiziaria in materia penale. Lesercizio di tale cooperazione non pu essere considerato come attinente solo alla
materia del processo, sia pure latamente intesa. VEDI PAG.152-154
PERSONE FISICHE
18
Sembrerebbe trattarsi di una sanzionabilit di natura amministrativa dellente, che consegue alla responsabilit penale
vera e propria della persona fisica autrice del reato, collocata allente stesso da un rapporto di dirigenza o dipendenza.
Qualunque essere umano, indipendentemente dalle condizioni di et e di salute, possiede una capacit penale intesa
come attitudine astratta a commettere reato. In realt il concetto di capacit penale pu assumere due significati:
esso coincide con la capacit in generale di commettere un fatto penalmente rilevante, capacit che se intesa in
astratto e a prescindere dalla concreta assoggettabilit alla sanzione criminale, compete a tutte le persone
fisiche. Quindi in tale accezione sarebbero dotati di capacit penale anche i soggetti immuni.
Se invece si intende lidoneit a divenire centro dimputazione della sanzione, il concetto di incapacit
verrebbe ad essere assimilato a quello di immunit. Quindi le immunit costituirebbero elementi negativi della
capacit penale.
Occorre riconoscere che ogni essere umano indistintamente dotato di unastratta capacit penale. E va da s che
proprio tale circostanza ha finito col rendere esigente individuare anche agli effetti del diritto penale un concetto di
capacit giuridica.
19
IMMUNITA.
Lart.3 c. p prevede che alcune categorie di soggetti siano eccezionalmente sottratte allapplicabilit della sanzione
penale in base a norme di diritto pubblico interno o di diritto internazionale. Queste eccezione sono designate in dottrina
con il termine immunit e possono essere suddivise in diverse categorie:
a seconda della fonte normativa dalla quale deriva lesenzione:
immunit di diritto interno ---- derivanti dal diritto pubblico interno.
Riguardano in primo luogo il Presidente della Repubblica, il quale in base allart.90 Cost. non
responsabile degli atti compiuti nellesercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per
attentato alla Costituzione, casi nei quali messo in stato daccusa dal Parlamento in seduta comune a
maggioranza assoluta ed giudicato dalla Corte costituzionale.
La stessa immunit attribuita al Presidente del senato nel caso in cui sostituisca il Presidente della
Repubblica esercitando funzioni di supplenza temporanea per malattia o altro impedimento del
Presidente della Repubblica.
Tale immunit non di tipo assoluto e dunque si riferisce soltanto ai fatti penalmente rilevanti
commessi nellesercizio delle funzioni presidenziali, mentre non si estende a comportamenti che
esulino dalle stesse.
pacifico che tale immunit sia di tipo funzionale, mentre controverso quale siano esattamente le
funzioni presidenziali, presupposto dal quale dipende la verifica della responsabilit o meno per gli
atti compiuti. Abbiamo a proposito due tesi contrapposte:
tesi restrittiva ---- considera atti funzionali solo quelli tipici e nominati tassativamente
previsti dallart. 87 Cost. Quindi limmunit presidenziale sarebbe in pratica limitata agli atti
controfirmati;
tesi lata --- i limiti della funzione presidenziale non potrebbero essere delimitati senza
riferimento alla prassi. Quindi sarebbero garantiti dallimmunit non solo le funzioni tipiche
e nominate ma anche quelle di indirizzo del Paese. Di conseguenza secondo simile
impostazione, rientrerebbero anche i discorsi e le dichiarazioni connessi allo svolgimento dei
compiti istituzionali, ma potrebbero esservi ricomprese anche le esternazioni, del Capo dello
Stato, purch strumentali e accessorie alla funzione politica.
Lart. 90 Cost. esclude che limmunit si estenda ai reati di alto tradimento e attentato alla
Costituzione. Il problema nasce nellindividuare il contenuto di tali reati. Sul punto vi un indirizzo
secondo cui spetta agli organi del processo penale costituzionale stabilire di volta in volta se u
determinato comportamento sia suscettibile di essere qualificato come un delitto presidenziale. In
ottemperanza al principio di legalit, tali reati andrebbero definiti mediante rinvio ai codici penali e
precisamente, i primi sarebbero i delitti richiamati dallart. 77 c.p.m.p sotto la rubrica alto tradimento,
mentre i secondi sarebbero i fatti di cui allart. 283 c.p che prevede lattentato alla Costituzione.
20
Immunit assoluta e personale di diritto sostanziale riservata al Sommo Pontefice, la cui
persona considerata sacra ed inviolabile, anche per atti compiuti al di fuori delle funzioni
ed inoltre prevista una piena immunit di diritto processuale.
Ratio --- da un lato rileva la particolare posizione dello Stato Citt del Vaticano rispetto
allItalia, e dallaltro vi lesigenza dellItalia di garantire al Papa, come capo della Chiesa
cattolica, la massima libert e sicurezza.
Data la sua natura personalissima, opera come causa personale di esclusione della punibilit
e di ogni altra forma di responsabilit.
Limitata immunit processuale a favore dei Cardinali e dei Vescovi, rispettivamente durante
la vacanza della Sede pontificia e durante lo svolgimento dei Concili.
riconosciuta limmunit a tutti i Capi di Stato esteri che si trovino in tempo di pace in
territorio italiano. Il problema riguarda fino a che punto questa immunit si estenda. Secondo
lopinione prevalente, dopo la cessazione della carica sarebbe possibile chiamare a
rispondere i Capi di Stato estero dei reati compiuti durante la carica, purch non si tratti di
fatti commessi nellesercizio delle funzioni.
Godono di immunit di natura funzionale, perdurante dopo la cessazione della carica, anche
gli organi di Stato esteri.
Ancora pi ampie sono le prerogative degli agenti diplomatici, i quali in linea generale,
godono di unimmunit sia funzionale sia extrafunzionale.
Altre immunit sono previste per i membri del Parlamento europeo, per i giudici della Corte
dellAja e i giudici della Corte europea dei diritti delluomo e per i militari NATO di stanza
in Italia.
Relativamente al contenuto:
immunit funzionali --- si riferiscono esclusivamente ai fatti penalmente rilevanti commessi
nellesercizio di determinate funzioni.
I destinatari di questo tipo di immunit sono i membri del Parlamento, i quali in forza dellart.68 1
co. Cost non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nellesercizio
delle loro funzioni.
Si tratta chiaramente di unimmunit di tipo funzionale, mentre discussioni riguardano
lindividuazione delle attivit che rientrano o meno nel concetto di esercizio delle funzioni. A riguardo
abbiamo una posizioni restrittiva --- limmunit avrebbe dovuto riguardare solo le attivit tipiche,
svolte allinterno del Parlamento, mentre secondo una posizione pi lata ---- limmunit dovrebbe
essere riconosciuta a tutte quelle attivit parlamentari legate da un nesso funzionale con lattivit
propriamente parlamentare.
La seconda impostazione ha trovato riconoscimento nellart.3 della L. n140/2003 lart.68 1co
Cost. si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini
del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni e per ogni altra attivit di
ispezione divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare,
espletata anche fuori del Parlamento.
La Corte costituzionale nel dichiarare linfondatezza della questione di legittimit relativa allart.3, ha
sottolineato che la norma impugnata riafferma lesigenza del nesso funzionale tra le opinioni espresse
e lattivit di parlamentare. Nella motivazione la Corte affronta il problema degli atti innominati,
affermando che la insindacabilit non richiede un nesso funzionale con atti tipici. Ci che conterebbe
che in concreto e dunque caso per caso si accerti lesistenza di un serio ed effettivo nesso che
permetta di identificare latto in questione come espressione di attivit parlamentare.
Dal tenore della norma dovrebbe essere chiaro che qualsiasi attivit del membro del Parlamento
coperta da immunit a prescindere dal luogo ove essa venga svolta; appare definitivamente superato il
criterio della tipicit degli atti parlamentari qualsiasi attivit anche innominata pu essere coperta
da immunit.
Quindi affinch limmunit conservi la propria caratteristica di essere una forma di tutela di
determinate funzioni cui lordinamento attribuisce una speciale considerazione, e non si trasformi
invece in una sorta di privilegio della persona, occorre il rigoroso accertamento del nesso tra lattivit
svolta e la funzione di parlamentare.
21
infine scontato il fatto che non sia garantita alcuna immunit nelle ipotesi di commissione di reati
che esulano dalla funzione parlamentare (es. condotte ingiuriose o diffamatorie del tutto prive di
contenuto politico) o addirittura fattispecie di reato di natura diversa da quella divulgativa quali ad es.
percosse, lesioni, danneggiamenti. Tutte queste condotte, anche se realizzate in Parlamento sono da
considerarsi punibili secondo le regole generali.
Per i membri del Parlamento sono inoltre contemplate immunit di carattere processuale art.68
2/3 co. prevede infatti che senza autorizzazione della camera alla quale appartiene, nessun membro
del Parlamento pu essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, n pu essere arrestato
o altrimenti privato della libert personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una
sentenza irrevocabile di condanna, o se sia colto nellatto di commettere un delitto per il quale
previsto larresto obbligatorio in flagranza, e analoga autorizzazione richiesta per sottoporre i
membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a
sequestro di corrispondenza. Si tratta di immunit di natura processuale, la quale riguarda non solo i
fatti realizzati dal parlamentare nellesercizio delle funzioni, ma anche tutti i comportamenti del
parlamentare anche se svincolati da nesso funzionale e anche se precedenti allassunzione della carica.
Si tratta dunque di unimmunit di tipo assoluto.
Tuttavia, in ordine alla verifica del nesso funzionale la giurisprudenza si sempre mostrata piuttosto
rigorosa, richiedendo da un lato un effettivo collegamento tra la dichiarazione resa allesterno del
Parlamento e dallaltro che latto tipico parlamentare connesso fosse a sua volta rispettoso delle
procedure previste dai regolamenti parlamentari.
Immunit extrafunzionali o assolute --- sono quelle che riguardano i reati commessi da una
determinata classe di soggetti, senza distinzione tra attivit funzionale e non;
immunit sostanziale --- riguardano i casi di inapplicabilit della sanzione penale.
Il venir meno della funzione non farebbe cessare limmunit ad essa collegata.
Tale immunit riconosciuta ai consiglieri regionali, i quali in base al disposto dellart. 122 4 co. Cost.
non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nellesercizio delle loro
funzioni. Si tratta di unimmunit funzionale, la cui ratio identica a quella dellart.68 Cost la Costituzione
garantisce loro il libero ed indipendente esercizio delle loro funzioni di rappresentanza politica, che si
manifesta nella forma legislativa, in quella di indirizzo politico e nellattivit di autorganizzazione del
Consiglio.
La dottrina generalmente qualifica tale immunit come una causa di giustificazione e come unipotesi di
esercizio di un diritto. Da ci consegue che la condotta del consigliere regionale, posta in essere nellesercizio
della funzione, deve considerarsi lecita sia agli effetti penali sia agli altri effetti giuridici e che limmunit
perdura anche dopo la cessazione della carica di consigliere regionale.
Per quanto riguarda le opinioni riconducibili allesercizio delle loro funzioni, vale quanto detto per i
parlamentari, e cio che devono ritenersi coperti da immunit sia gli atti tipici della funzione, sia gli atti
successivi, a condizione che questi abbiano carattere divulgativo del contenuto di atti tipici. Devono
considerarsi estranei allimmunit le opinioni e i voti che siano frutto di reati (corruzione, concussione).
Non godono di unimmunit processuale.
Identica a quella dei parlamentari limmunit dei giudici costituzionali --- art.5 L. n1/1953 stabilisce che
questi ultimi non sono sindacabili, n possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati
nellesercizio delle loro funzioni.
Anche ai giudici della Corte Costituzionale viene riconosciuta unimmunit funzionale di diritto sostanziale,
limitata alle manifestazioni del pensiero inerenti allesercizio delle funzioni previste dallart.134 Cost. Questa
immunit relativa ai voti dati e le opinioni espresse su tutte le materie oggetto del giudizio della Corte. Tale
immunit perdurer anche dopo che il giudice sia cessato dalla carica.
Ai giudici costituzionali spettano anche alcune immunit processuali penali, finch durano in carica. Si tratta di
immunit extrafunzionali, che riguardano tutti i fatti penalmente rilevanti, e quindi anche attivit materiali,
compiuti dal giudice costituzionale, prima o dopo lassunzione della carica, e che operano limitatamente alla
durata della carica. Ratio --- evitare che iniziative persecutorie dellautorit giudiziaria si traducano in una
minaccia alla libert e allindipendenza della Corte Costituzionale ed impedire alterazioni nella sua
composizione.
22
Analoga immunit assicurata ai membri del CSM, i quali non sono punibili per le opinioni espresse
nellesercizio delle loro funzioni e riguardanti loggetto della discussione. Si tratta di unimmunit funzionale
di diritto sostanziale alla quale il legislatore ricollega effetti pi circoscritti rispetto a quelli propri delle
immunit dei parlamentari, dei consiglieri regionali e dei giudici costituzionali.
I membri del CSM sono esonerati soltanto dalla responsabilit penale e non da quella civile e amministrativa.
Quindi essa va qualificata non come una scriminante, ma come una mera causa di esclusione della punibilit.
Per quanto riguarda loggetto, si fa riferimento alle opinioni espresse nellesercizio delle loro funzioni, ma
copre anche i voti in cui si concentrano i giudizi.
Vi un ulteriore limite rappresentato dal fatto che le opinioni espresse devono riguardare loggetto della
discussione. Le opinioni devono essere formulate durante i lavori del plenum o delle commissioni del CSM, in
ordine agli argomenti allordine del giorno e a quelli eventualmente inseriti nel corso dei lavori.
Immunit processuale --- viene impedita la sottoposizione del soggetto al procedimento penale o ad alcuni atti
del medesimo, quali sequestri o perquisizioni.
La cessazione del ruolo farebbe riemergere la possibilit di dar luogo al procedimento penale.
23
PERSONE GIURIDICHE E REPONSABILITA AMMINISTRATIVA DA REATO
PREMESSA
La pena, per la sua natura e per le funzioni fondamentali ad essa tradizionalmente attribuite, sempre stata considerata
una sanzione diretta alla persona fisica e giammai a quella giuridica, in ottemperanza al principio societas delinquere
non potest.
Fondamento normativo di questa concezione personalistica lart. 27 Cost la responsabilit penale personale. Sulla
base di tale norma, si sostenuto che ammettere la responsabilit dellente, e quindi di un soggetto diverso da quello
che ha posto in essere la condotta costituente reato, contrasterebbe con il dettato costituzionale. In unaltra prospettiva, e
cio quella della necessaria corrispondenza tra reo e destinatario della sanzione, si collocano anche quelle obiezioni
volte a sottolineare che la pena corrisposta allente, intaccando il patrimonio dello stesso, potrebbe colpire
ingiustamente anche terzi estranei alla realizzazione dellillecito quali i soci, i dipendenti della societ, i creditori.
Infine, fra le ragioni per le quali la dottrina ha lungamente respinto lidea di una responsabilit penale dellente, vi
stata una concezione psicologica e naturalistica della colpevolezza intesa quale determinazione volitiva riprovevole
dellagente, connaturata in quanto tale alla sola persona fisica essendo lente privo di una propria psiche.
Nel corso degli anni lemergere delle problematiche connesse allevolversi della societ industriale, ha gradatamente
posto in crisi il principio societas delinquere non potest. Molti fatti penalmente rilevanti e gravemente lesivi degli
interessi della collettivit, traggono origine proprio dalle attivit delle persone giuridiche (si pensi ad es.
allinquinamento ambientale).
In questo contesto la concezione personalistica della pena si rivelata sempre pi inadeguata, in primo luogo proprio
per le difficolt di individuare allinterno di un gruppo dirigente, la persona fisica che per il ruolo svolto e per il proprio
potere decisionale possa considerarsi specificatamente responsabile del reato e dunque passibile di sanzione penale.
24
amministrative, salvo il caso che per ragioni di connessione obiettiva con un reato sia il giudice penale a decidere su
entrambi i profili di responsabilit.
Per la prima volta il processo penale, con le garanzie difensive ad esso comma turate, diviene sede naturale per
laccertamento di un illecito classificato come amministrativo.
A fronte della previsione delle garanzie proprie dellordinamento penale, si sarebbe indotti a qualificare la relativa
disciplina come di tipo penalistico anzich amministrativo. Al contempo per vi sono elementi che impediscono di
classificare come penale la sanzione irrogabile allente, dove si rifletta sul fatto che, ad es., opera il sistema del cumulo
giuridico senza che esista alcun corrispettivo. Quindi dal medesimo fatto storico nasce una duplice responsabilit, a
carico sia della persona fisica, sia della persona giuridica. Cos la sanzione prevista per lente appare piuttosto un
trattamento punitivo ulteriore e diverso rispetto a quello conseguente alla responsabilit penale riconducibile allautore
del reato.
Infine il decreto prevede, al fine di esonerare lente da responsabilit, uninversione dellonere della prova inconcepibile
in termini penalistici.
Oggi si pu affermare che, nellambito degli illecito di diritto pubblico, prospettabile una tripartizione nelle forme di
responsabilit:
responsabilit penale caratterizzata dalla commissione di una fattispecie di reato prevista dalla
codificazione penalistica che determina lirrogazione della pena in capo al soggetto fisico autore dellillecito,
in riferimento alle sole sanzioni pecuniarie;
responsabilit amministrativa disciplinata dalla L. n 689/1981 anchessa caratterizzata dalla
commissione di un illecito da parte di una persona fisica sulla quale incombe un regime sanzionatorio fondato
sulle sanzioni pecuniarie di natura principale e su quelle accessorie;
responsabilit regolata dalle disposizioni del d.lgs n231/2001 determinata dalla commissione da parte di
una persona fisica di uno fra i reati previsti da tale decreto. In tal caso viene irrogata, da un lato, la sanzione
penale per lautore dellillecito secondo le normali regole dimputazione del reato, dallaltro, si da luogo, a
seguito di un processo di stampo prettamente penalistico, allirrogazione delle sanzioni amministrative previste
a carico dellente nellinteresse del quale lautore ha agito. Si tratta di un tertium genus che coniuga i tratti
essenziali del sistema penale e di quello amministrativo nel tentativo di contemperare le ragioni dellefficacia
preventiva con quelle della massima garanzia.
GLI ENTI DESTINATARI DELLA DISCIPLINA = gli enti forniti di responsabilit giuridica e le societ e
associazioni anche prive di personalit giuridica.
Eccezioni la normativa non si applica allo Stato, agli enti pubblici territoriali ( sono esclusi da ogni responsabilit
solidale di natura civilistica per il pagamento della multa o dellammenda), agli altri enti pubblici non economici
nonch agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale ( quali la Camera dei deputati, il Senato, la Corte
costituzionale, il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, il Csm e il Cnel. Rientrerebbero in questa
categoria anche i partiti politici e i sindacati cui la carta costituzionale attribuisce un indispensabile ruolo democratico
allinterno dello Stato).
25
delitti con finalit di terrorismo o di eversione dellordine democratico e delitti contro la personalit
individuale;
la L n 62/2005 ha aggiunto, in materia dellinsider trading, la responsabilit dellente in conseguenza degli
illeciti penali costituenti il delitto di abuso di informazioni privilegiate.
IL MODELLO SANZIONATORIO.
Il sistema delineato dal d.lgs n231/2001, agli artt. 9 ess., disegna un modello sanzionatorio originale, in quanto pensato
per rivolgersi allente e non alla persona fisica.
Viene individuato un sistema fondato essenzialmente su due tipi di sanzioni:
pecuniarie;
interdittive;
e in pi:
sanzioni della confisca;
pubblicazione della sentenza di condanna.
27
La disciplina appare improntata al principio di effettivit, con la previsione di un complesso metodo commisurativo,
volto ad individuare ladeguata entit della pena pecuniaria anche in ragione della capacit economica dellente. Inoltre,
almeno nella forma della pena pecuniaria, la sanzione indefettibile. Per lillecito amministrativo dipendente da reato si
applica sempre la sanzione pecuniaria. Non vi dunque la previsione di alcuna forma di sospensione condizionale della
pena.
A tal proposito, si osservato che tale sistema appare forse eccessivamente gravoso nei confronti delle piccole aziende
per le quali linflazione della pena pecuniaria potrebbe rappresentare nella sostanza una duplicazione della sanzione gi
inflitta alla persona fisica.
Si inquadrano invece in una prospettiva social-preventiva, da un lato, la previsione fra i criteri di commisurazione della
pena dellattivit svolta per prevenire ulteriori reati, dallaltro, linclusione fra i casi di riduzione della pena pecuniaria.
Lart. 21 contiene specifiche disposizioni per il calcolo delle sanzioni per il caso in cui lente debba rispondere di una
pluralit di illeciti, in deroga al criterio del cumulo materiale che altrimenti, in assenza di diverse disposizioni, dovrebbe
applicarsi.
Per le sanzioni pecuniarie stato adottato un sistema di cumulo giuridico (sanzione prevista per lillecito pi grave
aumentata fino al triplo) analogo a quello adottato dal codice penale, il quale si applica in caso di concorso formale
nonch in quello di reato continuato ---in questo caso il decreto in esame ha introdotto il criterio oggettivo relativo agli
illeciti commessi nello svolgimento di una medesima attivit, il quale appare pi appropriato per lente rispetto a quello
prettamente soggettivo facente riferimento al medesimo disegno criminoso.
Dove concorrono pi sanzioni interdittive, previsto il criterio di assorbimento, dove si applica la pena prevista per
lillecito pi grave.
Tali deroghe al meccanismo del cumulo materiale si applicano soltanto riguardo ad illeciti commessi prima che per uno
di essi sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva. Quindi eventuali illeciti che venissero commessi dopo la
pronuncia di una sentenza anche non definitiva, non daranno luogo al cumulo giuridico con quelli precedenti: in tali
ipotesi, come in tutti gli altri casi non riconducibili allart.21, il giudice provveder ad applicare le sanzioni secondo il
generale criterio del cumulo materiale.
LE SANZIONI PECUNIARIE.
La sanzione per lente in ogni caso applicabile quella pecuniaria.
Quantificazione la legge delega si limitava a stabilire in via generale per tutti i tipi di illecito riferibili allente
lammontare minimo ( 50 mln) e lammontare massimo ( 3 mld) della sanzione pecuniaria.
Indici di riferimento gravit del fatto e condizioni economiche dellente (utili ai fini della commisurazione in
concreto della sanzione), lasciando per il resto il legislatore delegato libero di individuare le singole sanzioni.
Il legislatore delegato ha costruito un modello sanzionatorio originario rispetto a quello tradizionale per somma
complessiva.
Abbiamo infatti un innovativo sistema per quote, il cui scopo adeguare la sanzione alle condizioni economiche e
patrimoniali dellente.
In primo luogo il giudice deve determinare il numero delle quote tenendo conto:
o gravit del fatto;
o grado di responsabilit dellente;
o attivit svolte per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di
ulteriori illeciti.
La scelta deve collocarsi entro il limite numerico previsto che va da un minimo di 100 quote ad un massimo di
1000 quote.
In un secondo tempo, il giudice determina il valore monetario della quota tenendo conto delle condizioni
economiche e patrimoniali dellente, fermi restando solo i valori minimi e massimi di c 258 e c 1.549.
Il risultato di questo procedimento bifasico dovrebbe essere una sanzione la quale, oltre ad essere proporzionata al
disvalore oggettivo e soggettivo del reato, sia commisurata alleffettiva capacit patrimoniale del singolo ente, affinch
la sanzione non rischi di essere indifferente o al contrario insostenibile.
ALTRI CRITERI DI COMMISURAZIONE DELLA PENA:
abbiamo un complesso di elementi di natura oggettiva e soggettiva. In particolare, lindice relativo al grado di
responsabilit dellente, allude chiaramente alla fondamentale distinzione tra illeciti commessi da soggetti in
posizione apicale, i quali esprimono una maggiore colpevolezza dellente, e quelli riferibili ai dipendenti.
28
Inoltre, la responsabilit dellente si misura anche in relazione allefficienza e alla diligenza dimostrate nella
predisposizione di modelli di prevenzione dei reati.
Infine, di matrice special preventiva sono gli indici corrispondenti allattivit svolta per eliminare o attenuare
le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. In particolare, lattivit svolta per
prevenire la commissione di ulteriori illeciti si colloca al di fuori della valutazione del fatto illecito commesso,
rilevando piuttosto al fine di determinare la capacit a delinquere dellente.
Sono poi previste riduzioni della sanzione per ipotesi di particolare tenuit, o in presenza di condotte efficaci di
riparazione delloffesa.
29
LA LEGGE PENALE NEL TEMPO
30
Molto vivace stato il dibattito in tema di prescrizione del reato, in quanto la crisi del sistema giudiziario penale ha
portato come inevitabile conseguenza che procedimenti, a volte di notevole importanza, si siano chiusi con sentenze di
proscioglimento per estinzione del reato a seguito del decorrere del termine prescrizionale.
Tale situazione ha pertanto indotto parte della dottrina penalistica a proporre che, in relazione ad una serie di reati, siano
introdotti termini di prescrizione pi lunghi di quelli attualmente previsti dallart.157 c.p. e che contestualmente venga
sancita la loro applicabilit retroattiva anche ai reati anteriormente commessi.
Recentemente, a seguito dellentrata in vigore della L. n 251 /2005, proprio con riferimento allistituto della
prescrizione si sono presentate una serie di questioni connesse a profili di diritto internazionale.
I nuovi criteri accolti dallart.157 c.p per determinare il tempo prescrizionale hanno comportato che il nuovo regime
possa rivelarsi, in alcuni casi, pi favorevole rispetto a quello del precedente art.157 c.p. e in altri casi meno
vantaggioso.
Il nuovo disposto dellart.157 c.p individua il termine prescrizionale nel massimo edittale e prevede anche che nel
computo della pena si debba tenere conto solo dellaumento per le circostanze aggravanti ad effetto speciale. Inoltre,
stabilisce termini raddoppiati per i delitti di cui agli artt. 449 e 589 c.p., 2 e 3 co.
Il regime intertemporale disciplinato allart.10 della presente legge, in base al quale fermo restando le disposizioni
dellart.2 del c.p quanto alle altre norme della presente legge, le disposizioni dellart.6 non si applicano ai procedimenti
e ai processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano pi lunghi di quelli previgenti. Se, per effetto delle
nuove disposizioni, i termini di prescrizione risultano pi brevi, le stesse si applicano ai procedimenti e ai processi
pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione dei processi gi pendenti in primo grado ove vi
sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonch dei processi gi pendenti in grado di appello o avanti la
corte di Cassazione.
Il presunto contrasto con il divieto di retroattivit nascerebbe dal fatto che la nuova disciplina pi sfavorevole in materia
di prescrizione potrebbe applicarsi a condotte realizzate prima dellentrata in vigore della L. n 251/2005, a condizione
che per quei fatti il procedimento penale sia iniziato nella vigenza del nuovo testo dellart.157 c.p.
Sembrerebbe che il riferimento alla situazione processuale, inizio del procedimento penale, sia stato fatto proprio per
ribadire il divieto di retroattivit della normativa pi sfavorevole.
A ci si aggiunga che, non avendo previsto la l. n 251/2005 unespressa deroga ai principi sanciti dallart. 2 c.p. ed
essendosi limitata a richiamare la validit del disposto con riferimento a tutte le altre modifiche intervenute, si pu
affermare che il divieto di retroattivit comporta che le regole pi sfavorevoli introdotte dalla l. 251/2005 non siano
riferibili ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore.
Maggiori problematiche ha suscitato il successivo 3 co. della legge citata, il quale stabilisce che: se per effetto delle
nuove disposizioni, i termini di prescrizione risultano pi brevi, le stesse si applicano ai procedimenti e ai processi
pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione dei processi gi pendenti in primo grado ove
sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonch dei processi gi pendenti in grado di appello o avanti alla
Corte di Cassazione.
Due sarebbero i distinti profili di incostituzionalit:
il primo riguarderebbe la deroga al principio della retroattivit favorevole sancito dallart.2 2co. ss.
In realt, con riferimento a questo aspetto, dottrina e giurisprudenza hanno generalmente fatto riferimento alla
contraria posizione della Corte Costituzionale. In effetti, anche recentemente la Corte, ha affermato che il solo
principio di irretroattivit della legge penale incriminatrice ha rango costituzionale e non quello della
retroattivit della legge pi favorevole al reo. Allineandosi a tale indirizzo, la giurisprudenza quindi ha escluso
che il regime transitorio ponesse questioni di legittimit costituzionale.
I motivi di censura sarebbero relativi ad un difetto di ragionevolezza della scelta legislativa nella parte in cui
ha differenziato lapplicabilit della normativa pi favorevole a seconda della fase processuale in cui si trovava
il procedimento al momento dellentrata in vigore della l.251/2005.
32
Lart. 2 c.p detta una diversa disciplina in ordine allipotesi di abrogazione di un reato (art. 2 2 co.) ed a quella di una
riformulazione della fattispecie (art. 4 co.).
Solamente nel primo caso opera totalmente il principio della iperretroattivit della legge abolitrice, mentre nellipotesi
di una mera modificazione legislativa degli elementi della fattispecie incriminatrice le conseguenze giuridiche sono pi
limitate.
Sul piano applicativo assume rilevanza il fenomeno successorio nella categoria dellabolitio criminis ovvero in quella
della mera modifica della fattispecie. In realt i nodi problematici derivano dal fatto che lipotesi disciplinata dallart. 2
2 co. c. p. pu verificarsi sia nel caso di abolizione integrale di una figura di reato, sia nel caso di una riformulazione
della fattispecie che si riveli eterogenea rispetto a quella precedente.
Nella recente esperienza legislativa si possono ricordare numerosi esempi di abolizione integrale es. abrogazione del
delitto di istigazione allaborto, attuata con la L n 194/1978.
Per quanto riguarda il fenomeno della riformulazione di una fattispecie che comporti labolizione di quella sostituita,
sufficiente fare riferimento alla riforma dei reati tributari a seguito del d.lgs n 74/2000. In effetti, con riferimento a
talune fattispecie e, soprattutto in riferimento alla contravvenzione e al delitto di utilizzazione di fatture per operazioni
inesistenti, dato riscontrare una vera e propria abolitio criminis.
I problemi si presentano principalmente con riferimento a questultima situazione. Infatti, ogniqualvolta si presenti una
simile forma di successione di leggi penali, linterprete non pu sottrarsi allonere di accertare se labrogazione della
norma incriminatrice, sino allora presente nellordinamento, segua contestualmente una nuova e diversa disciplina di
incriminazione, o se invece questa sostituzione implichi invece una mera riformulazione della fattispecie. In effetti,
solamente nella prima ipotesi le condotte antecedenti la legge di modifica devono considerarsi non punibili, dal
momento che, da un lato, la legge posteriore ha abolito il vecchio reato, dallaltro, la nuova norma non pu trovare
applicazione retroattiva.
Profili problematici possono affiorare anche nellipotesi di c.d. abrogazione integrale. Paradigmatica in tal senso
risultata labolizione nellordinamento italiano del delitto doltraggio a pubblico ufficiale.
Sotto il profilo della successione temporale pu attuarsi anche la c. d abolizione parziale di una fattispecie. In
particolare stato segnalato che ogni fattispecie legale , in quanto composta da elementi scomponibili nei loro
particolari modi di essere, capace di molteplici contenuti, costituendo un genus in cui rientrano tante species, tante
ipotesi particolari, anchesse legali, quanti sono i possibili modi di atteggiarsi dei singoli elementi costitutivi. Una volta
scomposta la figura criminosa in sottofattispecie, non vi sarebbero sul piano dellanalisi strutturale, ragioni ostative
alleliminazione, in astratto, di una o di alcune sottoipotesi rientranti nella figura generale.
Pi complesso si presenta il problema quando la restrizione della figura criminis dipende da una successiva
specificazione o aggiunta di elementi genericamente ricompresi nella fattispecie abrogata.
In questultimo caso, si devono distinguere due diverse situazioni:
Successione temporale di due figure delittuose, le quali si pongono in rapporto di specialit bilaterale, ma
entrambe per aggiunta.
Con riferimento a questa ipotesi di sostituzione, attesa la presenza di elementi aggiuntivi, reciprocamente
estranei, dovrebbe ammettersi una eterogeneit strutturale fra fattispecie vecchia e nuova, comportante per
conseguenza il riconoscimento di unabolizione totale. Rientrerebbe in tale categoria la sostituzione
dellart.578 c. p. (infanticidio per causa donore) con lodierna formulazione --- infanticidio in condizioni di
abbandono materiale e morale.
La nuova norma si configura come speciale per lintroduzione di un elemento aggiuntivo.
Secondo un primo indirizzo, parrebbe legittimo concludere nel senso della successione di leggi, poich il fatto
tipico specializzato nel nuovo disposto di per s idoneo ad essere riportato entro la precedente fattispecie,
rappresentandone una sottofattispecie che la norma posteriore ha isolato.
A opposti risultati perviene unaltra parte della dottrina sul piano della tipicit penale una sottofattispecie
non sarebbe giuridicamente configurabile. E ci in quanto il ricorso a tale figura legittimerebbe come
conseguenza logica laffermazione alla cui stregua ciascuna fattispecie normativa definita conterrebbe un
numero indefinito di elementi specializzanti. A ci si aggiunga che laggiunta di elementi nuovi, non
ricompresi fra quelli tipizzati dalla precedente figura criminis, verrebbe a spezzare il rapporto di continuit fra
fattispecie, rendendo la situazione assimilabile a quella dellinterferenza di elementi non riconducibili gli uni
agli altri.
Quindi, andrebbe ravvisata unabolizione totale ogniqualvolta sia riconoscibile un fenomeno di sostituzione di una
fattispecie con altra caratterizzata da elementi specializzanti.
33
LA RIFORMULAZIONE DI UNA FIGURA CRIMINOSA: MODIFICHE IMMEDIATE E MODIFICHE MEDIATE.
Il fenomeno successorio che comporti la riformulazione di una fattispecie pu essere conseguenza di:
modificazioni immediate gli interventi legislativi incidono direttamente sulla struttura del tipo di illecito.
in tale ambito si possono individuare almeno tre diverse forme di successione di leggi:
sostituzione della fattispecie;
abrogazione di una norma e contestuale riespansione di una formula incriminatrice previgente;
innesto di una nuova fattispecie interferente con lambito di applicazione di altre pregresse.
In tutti questi casi configurabile un fenomeno di successione di legge. Limitatamente allultima situazione
opportuno procedere ad alcune precisazioni. Una successione di leggi per innesto normativo pu verificarsi
solo quando la fattispecie successiva si collochi in un rapporto di specialit rispetto alla norma preesistente.
Questa la situazione verificatesi con lintroduzione dellart.388 ter nel codice penale italiano. Infatti prima
dellentrata in vigore di tale norma, il fatto di aiutare taluno con fatti fraudolenti a sottrarsi allesecuzione della
pena pecuniaria rientrava nellambito dellart. 390 c. p., nellillecito di mancata esecuzione dolosa di sanzioni
pecuniarie. In un simile caso, con riguardo a fatti anteriori alla novella legislativa, il giudice deve valutare in
concreto quale sia, fra vecchio e nuovo, il trattamento giuridico pi favorevole al reo.
Si pu escludere un fenomeno successorio quando la nuova fattispecie venga a configurarsi come generale
rispetto alla precedente incriminazione, divenuta speciale in seguito dellinnesto normativo. Infatti il nuovo
illecito non assume rilevanza ai fini dellapplicabilit della precedente, che anche nel nuovo contesto
normativo deve considerarsi prevalente. Quindi, per i fatti che anteriormente non erano rilevanti penalmente
vale il divieto di retroattivit, mentre per quelli gi punibili continua a trovare applicazione la vecchia
disciplina.
Modificazioni mediate il novum legislativo incide non sulla struttura della fattispecie, ma sulla possibilit di
applicazione ad un caso concreto. Numerose sono le ipotesi prospettabili: dallabrogazione del reato rispetto al
quale stata presentata una denuncia calunniosa, ai casi in cui venga meno, a seguito di un provvedimento
amministrativo o legislativo, la qualit di pubblico ufficiale.
In dottrina discusso se tali modifiche determinino un fenomeno successorio.
Secondo un primo orientamento si dovrebbe escludere lapplicabilit dellart. 2 2 co. c.p, nel caso di
variazioni a norme integratrici di legge penale. Di diverso avviso vanno altri autori, i quali sono invece
favorevoli ad uninterpretazione estensiva che comporti lapplicazione dellart. 2 anche alle c.d modifiche
mediate della fattispecie.
La prevalente dottrina giunge a differenti conclusioni secondo la natura della norma integratrice della
fattispecie penale. Quindi, non sarebbe corretto qualificare come disposizioni incriminatrici di un precetto
penale quelle cui faccia riferimento altro disposto attraverso un elemento normativo della fattispecie. In tal
caso si dovrebbe escludere la riferibilit dellart. 2 2 co. c. p., dal momento che tale abrogazione non fa venir
meno il disvalore del fatto criminoso commesso anteriormente e quindi la ratio puniendi del medesimo.
Ad opposta conclusione sarebbe invece inevitabile pervenire con riferimento alle c.d. disposizioni definitorie,
le quali costituiscono vere e proprie fattispecie integratrici della norma penale. Un es. --- ridefinizione della
minore et operata dalla L. n39/1975, che ha abbassato il limite dai 21 ai 18 anni.
In ordine poi alla c. d. legge penale in bianco, la posizione prevalente in dottrina quella secondo cui
labrogazione della disposizione realmente integratrice importa quella liceit del comportamento alla stregua
del giudizio di valore astratto che essenziale allart. 2 2 co. c.p. Per contro, ad una conclusione negativa si
dovrebbe giungere nellipotesi in cui ad essere annullato o modificato fosse latto amministrativo richiamato
dalla norma penale.
In giurisprudenza i casi concreti pi frequentemente esaminati riguardano la depenalizzazione del reato
presupposto nella calunnia e nellomessa denuncia, labolitio criminis del reato-scopo nei delitti associativi,
labrogazione della norma cautelare nellipotesi di colpa specifica, il venir meno della qualifica soggettiva, ad
opera di legge extrapenale, nei c.d reati propri.
34
In tale ambito controversa stata la questione di diritto intertemporale connessa allentrata in vigore della l. n
359/1982, che ha trasformato lEnel da ente pubblico in societ per azioni. sorto il problema se a seguito di
tale modifica non dovesse pi ritenersi configurabile la fattispecie di contraffazione del sigillo di un ente
pubblico commessa anteriormente allentrata in vigore della legge di privatizzazione.
Abbiamo divergenti soluzioni nella giurisprudenza della Suprema Corte. Secondo un primo orientamento
lintervenuta privatizzazione dellEnel non ha affatto modificato il contenuto delle norme incriminatrici e
perci rimane immutata la punibilit della contraffazione dei sigilli, strumentale alla sottrazione di energia
elettrica commessa prima della trasformazione dellEnel in societ per azioni.
Di diverso avviso sono state le altre decisioni della Suprema Corte, secondo le quali la trasformazione
dellEnel da ente pubblico in societ per azioni, non rende pi configurabile la fattispecie di contraffazione del
sigillo di un ente pubblico, commessa prima della sua trasformazione.
35
Teoria della continuit del tipo di illecito vi modifica della fattispecie e non vera e propria abrogazione
quando le due leggi in rapporto di successione temporale tutelino il medesimo bene giuridico contro le
medesime modalit offensive.
Secondo tale teoria affinch si possa ravvisare un rapporto di continuit fra la vecchia e la nuova disposizione,
sono richieste non solo lidentit dei fini di tutela delle due norme, ma anche le medesime modalit di
aggressione. Quindi, se nelle due fattispecie il bene giuridico tutelato e le modalit di aggressione sono
essenzialmente identici, ravvisabile una modifica della fattispecie; invece se vi stata una variazione
sostanziale, allora va riconosciuta una vera e propria abolitio criminis.
A differenza di quanto avvenuto in Germani, questa tesi ha avuto limitato successo, sul piano delle posizioni
dottrinali, in Italia. Nella lettura proposta dalla dottrina prevalente affinch possa ravvisarsi una continuit di
tipo di illecito necessario che nella vecchia e nella nuova fattispecie vi siano identit di bene giuridico e
stesse modalit di aggressione allo stesso.
Tale criterio comporterebbe la necessit di utilizzare valutazioni di ordine sostanziale e non formale, che
facendo leva sul disvalore del fatto possano legittimare unaffermazione di omogeneit del bene protetto o
delle modalit di lesione.
Si rilevato che anche ricorrendo ad un confronto vincolato tra i parametri che identificano la tipicit penale,
non si potrebbe superare quel deficit dindeterminatezza che il vizio originario della tesi in esame. Infatti,
nella nuova disposizione, salvo non sia ripetitiva della precedente, vi sarebbe sempre un quid novi. Con
riguardo a questo elemento innovativo linterprete si troverebbe sempre di fronte ad unalternativa del tutto
discrezionale: porre in rilievo in chiave strutturale lelemento di novit se intende accedere alla tesi
dellabolitio criminis, oppure svalutare il fattore innovativo se preferisce propendere per la conclusione
dellabrogatio sine abolizione.
Infine stato sottolineato che ammettendo la continuit, in termini sostanziali, fra fattispecie diverse anche
quando la norma successiva presenta elementi eterogenei rispetto alla precedente, si correrebbe il rischio di
patenti elusioni della irretroattivit della norma incriminatrice.
Teoria della piena continenza vi una successione di leggi penali ogniqualvolta la nuova fattispecie sia
pienamente contenuta nella precedente.
Nasce per superare le forti obiezioni mosse al criterio della continuit del tipo di illecito. Infatti secondo parte
della dottrina, questultima tesi verrebbe a porsi in contrasto con il principio di legalit. Per ovviare a tale
problema si proposto che nel caso di successione di leggi penali la punibilit in base alla nuova norma sia
possibile solo quando questultima risulti pienamente contenuta nella precedente.
Nel fenomeno successorio, da un lato la punibilit ai sensi della vecchia fattispecie deve essere esclusa, poich
per volont del legislatore la norma non pi vigente e dallaltro, che la disposizione successivamente entrata
in vigore non pu trovare applicazione in forza del divieto di retroattivit. Lunica eccezione a tale regola
riscontrabile solo nel caso in cui la nuova fattispecie fosse gi pienamente contenuta nella precedente.
Nellambito della scienza penalistica italiana abbiamo avuto una rivisitazione di tale criterio. stato
innanzitutto riconosciuto che la teoria della piena continenza si atteggia in modo pi rigoroso rispetto a quello
della continuit del tipo di illecito. Ci nonostante essa non sembrerebbe idonea a fornire una risposta coerente
a tutte le questioni determinate dalle modifiche strutturali di una fattispecie penale. A ci si aggiunga che un
fenomeno di continenza andrebbe riconosciuto non solo quando una nuova fattispecie pienamente contenuta
in quella precedente, ma anche nellipotesi inversa.
Quindi se quella nuova viene a configurarsi come generale rispetto a quella abrogata, le condotte
originariamente sanzionate dalla prima manterrebbero rilevanza penale anche ai sensi della nuova norma.
In ultima analisi, tale teoria, pur muovendo da premesse corrette si rivelerebbe inidonea a fornire adeguate
soluzioni alle diverse forme con le quali pu presentarsi un fenomeno di successione fra leggi penali. in
particolare, essa prenderebbe in considerazione solo lipotesi di sostituzione della fattispecie e non la
successione per innesto e labrogazione di una norma e conseguente riespansione dellaltra. Per quanto
riguarda lipotesi della sostituzione della fattispecie, viene osservato che il problema neppure si porrebbe con
riferimento ai casi di sostituzione di fattispecie eterogenee. Presupposto indefettibile per ipotizzare un rapporto
di successione sarebbe quindi la presenza di due fattispecie omogenee. In questultima ipotesi si renderebbe
tuttavia necessario operare una distinzione fra:
labrogazione di una fattispecie che rispetto alla successiva risulterebbe speciale trattandosi di una
dilatazione della sfera del penalmente rilevante, la successione di leggi andrebbe riconosciuta, dal
36
momento che lintroduzione di una norma di pi ampia portata, che si pone in una dimensione pi
generale rispetto alla precedente, ricomprende necessariamente il contenuto tipico della fattispecie
abrogata;
abrogazione di un disposto che in relazione a quello posteriore si porrebbe come generale occorre
fare riferimento al modo con cui il legislatore ha operato quella restrizione delle condotte punibili che
si attua passando da una norma generale ad una speciale. La prima forma di restrizione pu essere
compiuta mediante selezione di alternative gi formalmente tipiche. Meno agevole la soluzione del
problema quando la restrizione della fattispecie dipende da una successiva specificazione o aggiunta
di elementi genericamente ricompresi nella fattispecie abrogata.
Secondo un indirizzo dottrinale, anche in questo secondo caso sembrerebbe riscontrabile una
successione di leggi, poich il fatto tipico specializzato nella nuova norma di per s idoneo ad
essere riportato nella precedente fattispecie in quanto ne rappresenta una sottofattispecie che la
norma posteriore ha isolato. Soltanto in questultimo caso si pu legittimamente riconoscere
quellinterferenza di fattispecie che comporta il binomio abolitio criminis nuova incriminazione.
A diverse conclusioni giunge altra parte della scienza penalistica. Secondo un diverso ordine di idee,
non in questo caso ravvisabile unidentit di fattispecie, sul presupposto che i nuovi elementi,
specializzanti lillecito, non erano precedentemente determinati dal legislatore. Per questo motivo,
una successiva indicazione degli stessi porterebbe come risultato che il nuovo disposto faccia
riferimento ad elementi della fattispecie finora irrilevanti sul piano penale, con la conseguente
esclusione di unidentit fra la vecchia norma e la nuova. Lesattezza di simile conclusione risulta
ancora pi evidente ove il fenomeno di specializzazione per aggiunta si realizzi attraverso
lintroduzione di una pluralit di modifiche.
Si tratta di teorie originariamente formulate nellambito della scienza penalistica tedesca, le quali hanno trovato ampia
diffusione e rielaborazione presso la dottrina italiana.
37
prospettiva, oggi generalmente accolta, secondo cui il metodo interpretativo non pu prescindere da quellessenziale
momento assiologico che costituito dalla ricostruzione del bene giuridico. In realt, una considerazione delle
oggettivit giuridiche tutelate nelle due norme non assente neppure nella cosiddetta analisi di tipo strutturale. Esatta
appare losservazione che anche nellambito di unanalisi di tipo strutturale le scelte di valore, riguardanti linteresse
tutelato, possono cogliersi negli elementi di fattispecie e solamente in essi. Di conseguenza, verrebbe meno
quellevidenziata antinomia fra latteggiamento generale della moderna scienza penalistica, che individua nel bene
giuridico il criterio guida per una corretta esegesi e ricostruzione dogmatica, e la specifica posizione in tale settore,
apparentemente caratterizzata da un metodo formalistico ed avalutativo. Inoltre, ladesione ad un criterio strutturale
puro costituisce la legittima reazione ad un ordinamento giurisprudenziale che ha utilizzato il giudizio di valore come
strumento idoneo a sovvertire i risultati cui il predetto criterio avrebbe condotto.
Va rilevato che lalternativa fra confronto strutturale e giudizi di valore sarebbe on realt apparente, assumendosi che le
scelte di valore si esprimono negli elementi di fattispecie, e solo in essi. Di conseguenza sarebbe legittimo asserire che
nel momento in cui il legislatore procede a riformulare una fattispecie, il mutamento nelloggettivit giuridica si
trasfonde inevitabilmente negli elementi strutturali connotanti la nuova figura di crimine.
Alla luce di quanto ora esposto si pu affermare che, nellesaminare ogni caso di successione fra norme penali,
linterprete, una volta compiuto il confronto in merito alle differenze strutturali fra fattispecie, non tenuto a procedere
ad un ulteriore controllo, a carattere pi specificatamente valutativo, circa gli eventuali mutamenti nelle oggettivit
giuridiche tutelate, dal momento che questultimo non potr portare a risultati ermeneutici diversi da quelli gi
raggiunti. In verit, il criterio fondato sul confronto fra fattispecie in successione lunico in grado di soddisfare quelle
istanze di oggettivit e legalit, cui devono necessariamente ispirarsi le soluzioni adottate in tale materia. E ci, in
quanto tali esigenze trovano attuazione soltanto nel momento in cui la volont storica del legislatore, nonch linteresse
tutelato dalla nuova norma, vengono mediati attraverso il precipitato tecnico di queste scelte di valori, e cio tramite le
fattispecie introdotte nellordinamento.
39
Problematica invece la situazione che si verifica nellipotesi di decreto legge decaduto , non convertito o convertito
con emendamenti.
Nella versione originale del codice Rocco, il 5 co. dellart. 2 c.p. stabiliva che le disposizioni di questo articolo si
applicano anche nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto legge convertito in legge con emendamenti.
Il quadro oggi del tutto mutato, dal momento che lart. 77 1 co. Cost. prevede che i decreti perdono efficacia sin
dallinizio, se non sono convertiti in legge entro 60 gg dalla loro pubblicazione. Di conseguenza non si realizza neppure
un fenomeno successorio fra leggi. Ci comporta fra laltro che, nellipotesi di un decreto-legge il quale abbia introdotto
una fattispecie criminosa o ne abbia aggravato il trattamento, la sua mancata conversione determina linapplicabilit
della disciplina pi sfavorevole ai fatti concomitanti, anche nellipotesi di successiva reiterazione del decreto legge.
E quindi, in forza del principio introdotto dallart. 77 che la Corte costituzionale ha dichiarato lincostituzionalit
delloriginario art. 2 5 co. c.p nella parte in cui estendeva la disciplina della retroattivit favorevole anche alla mancata
conversione del decreto legge.
In realt dopo la sent. 51/19985, la situazione sul piano del diritto intertemporale articolata. Ai fatti commessi
anteriormente allemanazione di un decreto legge, non convertito nel quale fossero state previste unabolitio crimins o
un trattamento pi favorevole, si dovr necessariamente applicare la normativa originariamente vigente.
A diversa soluzione si deve giungere con riferimento alle condotte realizzatesi nel corso della breve vita del decreto
legge. In effetti, in relazione a tale caso, pur essendo venuto meno con effetto ex tunc il dispositivo pi favorevole, la
ratio di garanzia e certezza, alla quale ispirata la disciplina della successione delle leggi penali nel tempo, impone che
alle condotte concomitanti sia applicabile la disciplina pi favorevole introdotta con il decreto legge non convertito.
Nei medesimi termini vanno poi risolte le questioni connesse alla conversione in legge del decreto con emendamenti.
Nel caso in cui la legge di conversione introduca una disciplina pi favorevole rispetto a quella del decreto legge, essa
andr applicata retroattivamente ai sensi dellart. 2, 2, 3 e 4 co. c.p. Per contro, ove il trattamento previsto dal teso
approvato dal parlamento si ponga in termini pi rigorosi rispetto a quello emendato dal governo, le disposizioni pi
favorevoli sono riferibili solamente ai fatti commessi durante la vigenza del decreto legge.
Parzialmente diversa sul punto la posizione della giurisprudenza . la Corte di cassazione infatti ha avuto modo di
chiarire che nellipotesi in cui la legge di conversione introduca modifiche al testo del decreto legge, necessario
distinguere in emendamenti innovativi, soppressivi e modificativi, dovendo attribuirsi ai secondi e ai terzi efficacia
abrogativa o sostitutiva della norma originaria ex tunc, mentre ai primi dovr assegnarsi efficacia di validit temporale
ex nunc, cio dal momento di entrata in vigore della legge di conversione. Qualora un decreto legge, che abbia
introdotto una nuova e pi grave normativa in tema penale, sia convertito in legge con emendamenti di natura
modificativa, non incidenti sulloggetto e la ratio delle originarie disposizioni sottoposte a convalida parlamentare,
rimangono applicabili, anche per il tempo intermedio fra decreto e legge le disposizioni definitivamente fissate in sede
di conversione.
40
A stessa conclusione si deve pervenire con riguardo agli illeciti omissivi, per i quali il tempus commissi delicti si
colloca nel momento in cui andava compiuta lazione giuridicamente doverosa.
Pi complessa la situazione per quanto riguarda i c.d. reati di durata. In particolare, nellipotesi di reato continuato, al
fine di individuare la legge temporalmente applicabile, occorre prendere in considerazione i singoli illeciti. Sotto questo
profilo vi una differenza di soluzioni rispetto a quanto prescrive lart. 158 c.p. in materia di prescrizione del delitto
continuato. In effetti, la regola per cui il termine prescrizionale decorre dal giorno in cui cessata la continuazione non
deve considerarsi riferibile anche al diverso problema riguardante al tempus commissi delicti, tenuto conto che in
questultimo caso il principio del favor rei esclude una valutazione unitaria del reato continuato .
Controversa la questione in ordine ai delitti abituali: ad una tesi, secondo cui il tempo del commesso reato quello in
cui si realizza latto che, unito al precedente, conferisce la natura dellabitualit, se ne contrappone unaltra, secondo la
quale il tempus commissi delicti si colloca nel momento in cui si realizza lultima condotta che integra il fatto di
maltrattamenti.
Le principali problematiche si collocano con riferimento alla categoria dei reati permanenti. A tal proposito si deve
infatti rivelare che ad un indirizzo dottrinale, secondo il quale il tempo va individuato al momento dellinizio della
consumazione, se ne contrappone un altro che giunge a conclusioni diverse. Secondo tale indirizzo, ai fini del diritto
intertemporale, si dovrebbe prendere in considerazione lultimo atto della condotta, in quanto il soggetto ai pone in
contrasto con lordinamento fino allesaurimento dellattivit illecita.
Articolato il quadro giurisprudenziale ---la questione affrontata attiene allipotesi in cui, a seguito di una novella
legislativa, la disciplina e il trattamento sanzionatorio di una fattispecie delittuosa, a carattere permanente, venga
modificata in termini sfavorevoli al reo. stato questo il caso dellintroduzione, nel codice penale, della fattispecie
criminosa dellassociazione di tipo mafioso che si posta come disposizione speciale rispetto a quella generale di cui
allart. 416 c.p.
A riguardo, la posizione accolta dalla giurisprudenza di legittimit e di merito in relazione ai reati permanenti nel
senso che, laddove la consumazione si protragga per volont cosciente dellagente anche nel vigore della nuova legge,
questa soltanto che deve trovare applicazione. Nellambito di questa posizione vi un indirizzo che giunge a
conclusioni parzialmente diverse.
In alcune sentenze infatti la Corte di cassazione ha avuto modo di chiarire che il principio per cui nellipotesi di
permanenza della condotta illecita sotto limperio di una nuova e pi severa legge questa soltanto che deve trovare
applicazione, valido solamente ove si tratti di norme penali omologhe, e cio che hanno per oggetto la stessa struttura,
differenziandosi per la gravit sanzionatoria. Per contro, qualora le due fattispecie in successione temporale fra loro
presentino caratteri strutturali eterogenei, si attua una forma di concorso di reati con la conseguenza che entrambe le
disposizioni devono essere applicate.
44
Solo il legislatore si limita a distinguere tra:
delitto oggettivamente politico si individua guardando al tipo di interesse protetto.
La dottrina ha rilevato lobiettiva difficolt a rintracciare delitti oggettivamente politici, la cui punibilit
dovesse ritenersi subordinata alla condizione della richiesta del Ministro della Giustizia; e la rinvenne in
alcune leggi speciali dellepoca o in ipotetiche leggi speciali future.
Un caso potrebbe essere rappresentato dallart.416 ter che incrimina un episodio di inquinamento nella vita
democratica, nel momento cruciale dellesercizio dei diritti elettorali. Si potrebbe anche considerare il caso di
quei reati che per stessa scelta del legislatore sarebbero preordinati a tutelare beni dalle dimensioni
particolarmente vaste. Si pensi ad es. ad alcuni reati contro leconomia pubblica.
Certo che le notevoli difficolt di rintracciare la nozione di reato oggettivamente politico permette di
rilevare limportanza del delitto comune determinato da motivi politici nellambito dellart.8.
delitto soggettivamente politico il legislatore ha voluto fare riferimento non solo a quei casi, come le
ipotesi delittuose a dolo specifico, in cui linteresse politico, quale causa del reato, viene esplicitato dal
legislatore; ma attraverso il richiamo al concetto di motivo, anche a tutte quelle fattispecie in cui la vicenda
concreta mostri come linteresse politico abbia dispiegato unefficacia motivante rispetto alla realizzazione
del comportamento criminoso.
Certo che il rilievo attribuito alla finalit politica, rappresenta una vistosa deviazione dai principi di
offensivit e materialit.
A questi motivi si aggiungono i problemi direttamente collegati alla menzione che del reato politico ha fatto
la Carta fondamentale per ragioni diverse da quelle che a suo tempo hanno ispirato il legislatore ordinario e in
sostanza sintetizzabili nellesigenza che le pratiche estradizionali siano assistite da una forte clausola di
garanzia.
Quindi con l'avvento della Costituzione repubblicana si avuto un'inversione di tendenza tanto che il delitto
politico stato da essa sottoposto ad un regime di favore: infatti, gli artt. 10 e 26 Cost. sanciscono rispettivamente il
divieto di estradizione dello straniero e del cittadino per delitti politici.
La conformit a Costituzione della estradizione, in termini astratti, dipende dal rispetto di un generale principio di
garanzia, che si pu cogliere nellesigenza di evitare che possano darsi rapporti estradizionali con stati della cui
omogeneit con il sistema di valori dellordinamento italiano si debba di volta in volta dubitare.
Larticolazione di tale generale principio distingue per il piano sostanziale ( illustrato dalla menzione del reato
politico contenuto nella norma costituzionale) da quello processuale ( divieto di trattamenti non conformi al senso di
umanit e comunque discriminatori, che oggi previsto dal codice di procedura penale e chiaramente ricavabile gi dai
principi e dalle clausole di garanzia poste dalla Costituzione).
LA PUNIBILITA DEI REATI COMMESSI ALLESTERO --- consentita dal legislatore soltanto dove ricorrono
determinate condizioni.
Lart.9, di recente riformulato dalla l.n300/2000, stabilisce che il cittadino che commette allestro un reato, pu essere
punito secondo la legge italiana se lautore si trova in Italia. Nel caso in cui lillecito sia punito con una pena restrittiva
della libert personale inferiore nel minimo a tre anni necessaria (oltre alla presenza sul territorio) anche la richiesta
del Ministro della Giustizia o listanza o la querela della persona offesa.
Nel caso invece dello straniero che commetta un illecito a danno dello Stato o di un cittadino, il successivo art. 10 c.p.
stabilisce che questultime condizioni sono sempre necessarie, assieme alla presenza del reo sul territorio dello Stato.
Siccome il legislatore distingue tra delitti commessi dal cittadino e quelli commessi dallo straniero, si tende ad
individuare il fondamento con riguardo alla prima ipotesi nel principio della personalit attiva e nel secondo caso in
quello della difesa; anche se la coppia di norme va considerata per a sua spiccata vocazione universalistica.
Il principio di universalit propriamente inteso sul piano sostanziale significa possibilit tecnica di qualificare lipotesi
concreta alla luce della legge penale interna, senza la necessit di ulteriori condizioni. Lautonomia della contemporanea
previsione del fatto come reato nello Stato in cui stato commesso lillecito potrebbe infatti muovere proprio dalla
stessa idea universalistica, perch tale pretesa di qualificazione dovrebbe teoricamente prescindere dalla parallela
criminalizzazione da parte dello Stato straniero. Naturalmente questa si presenta come la versione pi estrema del
principio di universalit: in senso pi ristretto e debole si potrebbe intendere la competenza dellordinamento a
qualificare alla stregua della legge interna, sul presupposto di un comune riconoscimento di disvalore (tra ordinamento
italiano e ordinamento del luogo in cui il fatto stato commesso).
45
Questa interpretazione sarebbe oltretutto pi coerente con le indicazioni costituzionali; il problema della doppia
incriminazione va infatti correlato al significato sostanziale del principio di legalit.
Nella dottrina che non ritiene positivizzata una clausola di doppia incriminabilit si ragiona per sulla base di altre
argomentazioni e principalmente sul presupposto dellassenza, nelle disposizioni in esame, di qualsiasi riferimento, non
potendo tale principio essere dedotto dalla disciplina dellestradizione che non richiamata in via principale; daltronde
non sarebbe neanche decisivo il richiamo al principio di legalit, perch esso va inteso esclusivamente come garanzia
della previsione da parte delle fonti autorizzate dal diritto interno di un fatto come illecito penale.
Si sostiene che la condizione della doppia incriminazione sia invece necessaria, sicch la disciplina degli artt. 9 e 10
sarebbe ancorata al presupposto di un comune riconoscimento di disvalore tra ordinamento italiano e ordinamento del
luogo in cui il fatto stato commesso.
Questa interpretazione appare preferibile, anche perch maggiormente coerente con le indicazioni generali
dellordinamento; sotto questo profilo evidente la maggiore conformit della disciplina non solo al significato
sostanziale del principio di legalit, ma anche a quello di personalit della responsabilit, che altrimenti prescinderebbe
da quella che ormai una sua componente essenziale, vale a dire la possibilit (anche a favore dello straniero) di
percepire il significato antigiuridico del fatto.
A questo proposito una parte della dottrina distingue lipotesi del reato commesso dal cittadino da quello commesso
dallo straniero.
Le restanti difficolt si collegano tradizionalmente alla natura giuridica della condizione della presenza del reo nel
territorio dello Stato: se si tratti di condizione di punibilit, in senso tecnico, o di un semplice fattore condizionante la
procedibilit.
La distinzione ha rilevanti conseguenze sul piano pratico, perch gli effetti preclusivi tipici del giudicato, laddove venga
rilevato il difetto della condizione, si formano soltanto nel caso di pronuncia nel merito, che si avrebbe nellipotesi in
cui sintendesse la presenza del reo nel territorio dello stato quale condizione di punibilit; altrimenti si tratterebbe di
una pronuncia a rilievo meramente processuale.
La risoluzione del quesito dipende ovviamente dal modo di concepire listituto. Per esempio sulla scorta di un segmento
significativo di dottrina e giurisprudenza, si pu sostenere lassoluta estraneit al fatto della presenza del reo sul
territorio per affermarne la natura di condizione di procedibilit.
Ovvero, al contrario, ragionare in via generale sul fatto che la condizione di punibilit possa anche essere estranea al
piano teleologico ed essere introdotta nella fattispecie esclusivamente per ragioni di opportunit: sicch si tratterebbe di
ricondurla allarea disciplinare dellart.44 c.p.
Secondo alcuni si tratterebbe di una condizione obiettiva di punibilit, perch la funzione di condizione sarebbe quella
di attribuire maggiore risonanza al disvalore del fatto, in ci toccando la sostanza degli interessi tutelati, attualizzando
linteresse dello Stato a punire.
In realt appare preferibile lopinione di chi vede nella presenza del reo una mera condizione di procedibilit: sarebbe
altrimenti singolare la previsione di una condizione di punibilit in via generale e non allinterno della singola
fattispecie criminosa; ci dovrebbe confermare che non si tratta di un fattore attinente alla sostanza degli interessi
tutelati attraverso lo strumento penale.
Sulla questione opportuno dare conto dellestensione operata dalla l n 300/2000, che non innovazione solo
disciplinare ma d piuttosto il senso del mutato indirizzo che caratterizza i rapporti tra gli Stati. A differenza dellipotesi
prevista dal primo comma degli artt. 9 e 10, viene meno la condizione della presenza del reo nel territorio italiano, non
comprendendosi altrimenti il riferimento allistituto dellestradizione; per il caso dei reati contro le Comunit europee,
inoltre, pu valere anche losservazione che la permanenza di una tale condizione mal si attaglia alla mutata idea del
territorio.
Con riguardo agli illeciti commessi a danno delle Comunit europee, di uno stato estero o di uno straniero viene
aggiunta ai criteri gi previsti e tipici, per cos dire ad ottica interna, lulteriore condizione della non concessione o non
accettazione dellestradizione da parte del Governo dello Stato in cui il colpevole ha commesso il delitto (o quello cui
appartiene, laddove si tratti di straniero).
46
Negli ultimi tempi lestensione di tali dispositivi andato aumentando. Le ragioni tendono allidea di costruire un
sistema di tutela integrato, se non ancora comune, specialmente nellambito europeo, per il contrasto di fenomeni che
hanno caratteristiche tali da evadere facilmente i confini nazionali.
Sul piano generale ovvio come il radicamento di criteri universalistici ponga poi seri rischi quanto alla conformit
della disciplina ai principi stabiliti dalla Costituzione.
Daltronde i criteri di collegamento stabiliti dallart.604 c.p per temperare lapplicazione, altrimenti assoluta, del criterio
universalistico sembrano in realt pi apparenti che sostanziali, finendo per escludere la possibilit della qualificazione
secondo la legge italiana del solo fatto commesso dallo straniero, che non sia in danno di un cittadino italiano o al quale
non partecipi un italiano. A ci si aggiunga la critica compatibilit con la Carta fondamentale di una parte significativa
delle fattispecie richiamate dalla disposizione in commento.
Il rischio, insomma, che linnesto del criterio universalistico finisca non solo per perpetuare, ma anche per acuire
alcuni elementi di difformit con le direttive generali dellordinamento.
I problemi principali in questo senso si collegano agli effettivi contenuti dellimputazione soggettiva.
RINNOVAMENTO DEL GIUDIZIO E DIVIETO EUROPEO DEL NE BIS IN IDEM all'art.6491 c.p.p viene stabilito
che nessuno pu essere processato pi volte per il medesimo fatto
Alle disposizioni relative allefficacia della legge penale nello spazio seguono quelle che si occupano di tre istituti
direttamente o indirettamente connessi con la materia della cooperazione tra Stati.
La conferenza, specialmente dellestradizione, con il tea dei limiti spaziali della norma penale piuttosto vaga; ed
infatti piuttosto comune nella dottrina osservare lincongruenza della scelta legislativa, facendo soprattutto leva sulla
naturale matrice internazionalistica dellistituto; sicch viene messa in rilievo la erroneit dellargomento espresso dalla
Relazione ministeriale, secondo il quale lestradizione si ricollegherebbe allefficacia della legge penale nello spazio,
come garanzia della sua applicazione.
La dottrina, ma anche parte della giurisprudenza, sottolineano in modo unanime il contenuto processuale della
disposizione che si occupa del rinnovamento del giudizio (art.11). Il quale, mentre condizionato alla richiesta del
Ministro della giustizia nel casi di fatto commesso allestero, invece obbligatorio nellipotesi in cui il reato oggetto di
un giudizio emesso da unautorit giurisdizionale straniera sia stato commesso in Italia.
Il presupposto di operativit della disposizione espresso da legislatore attraverso il termine di giudizio, che indica il
necessario esaurirsi dellintera vicenda processuale.
Sul piano pratico occorre distinguere il contenuto della richiesta, cui subordinato il rinnovamento del giudizio, nel
caso di fatto commesso allestero ( corrisponde ad una scelta, sempre politica, pi delicata, trattandosi di sovrapporre
alla decisione dellautorit straniera lintervento repressivo italiano potenzialmente produttivo di un esito diverso), da
quello che caratterizza la richiesta degli artt. 8,9 e 10 (riguarda la sola punibilit del fatto).
La disposizione in commento non certo in contrasto con la alcuna norma di diritto internazionale generale, in quanto
tra queste non ne isolabile una che statuisca il divieto del ne bis in idem; quindi non vi sono possibilit di ipotizzare
violazioni mediante delle disposizioni costituzionali solitamente richiamate in materia.
anche vero che il diritto internazionale convenzionale si preoccupa talvolta di stabilire divieti, raramente assoluti, di
rinnovamento del giudizio.
Significativo quanto stabilito dallart.5 del d.l n 120/1994 contenente disposizioni in materia di cooperazione con il
Tribunale internazionale per i crimini commessi nel territorio della ex Jugoslavia, il quale stabilisce che una persona
giudicata da detto tribunale non pu essere sottoposta successivamente in giudizio per il medesimo fatto nel territorio
nazionale.
Di pi ampia portata quanto statuito dallart.54 della Convenzione applicativa degli accordi di Schengen prevede, sia
pure con qualche limitazione, un vero e proprio principio europeo di ne bis in idem. La disposizione stabilisce che chi
sia giudicato con sentenza definitiva in uno degli stati parte non pu essere sottoposto ad un procedimento penale per i
medesimi fatti in un altro stato parte, sempre che la pena sia stata eseguita o sia in corso di esecuzione o, secondo la
legge dello stato di condanna, non possa essere eseguita.
47
Il 2 comma dellart.12 c.p. si preoccupa anche di condizionare il riconoscimento allesistenza di un trattato di
estradizione con lo stato estero che ha emesso la sentenza che deve essere riconosciuta. In assenza di esso, la sentenza
estera pu essere allo stesso modo riconosciuta nello Stato qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta.
In base allart.733 c.p.p vengono fissati ulteriori presupposti (si potrebbe dire in negativo) del riconoscimento --- esso
non pu essere effettuato allorch ricorrano determinate condizioni, tra cui la pi importante forse la doppia
incriminazione del fatto e cio la sua previsione espressa come reato da parte della legge italiana.
Art. 12 1 co. alla sentenza penale straniera pronunciata per un delitto pu essere dato riconoscimento [c.p.p. 730]:
per stabilire la recidiva [c.p. 99, 100, 101] o un altro effetto penale della condanna ovvero per dichiarare
l'abitualit [c.p. 102, 103, 104] o la professionalit nel reato [c.p. 105] o la tendenza a delinquere [c.p. 108];
quando la condanna importerebbe, secondo la legge italiana, una pena accessoria [c.p. 19, 28];
quando, secondo la legge italiana, si dovrebbe sottoporre la persona condannata o prosciolta, che si trova nel
territorio dello Stato, a misure di sicurezza personali [c.p. 199, 215];
quando la sentenza straniera porta condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, ovvero deve,
comunque, esser fatta valere in giudizio nel territorio dello Stato [c.p. 4], agli effetti delle restituzioni o del
risarcimento del danno, o ad altri effetti civili in questo caso non occorre la richiesta del Ministro della
giustizia se viene fatta istanza per il riconoscimento degli effetti indicati nel citato n4 dellart.12.
Per farsi luogo al riconoscimento, la sentenza deve essere stata pronunciata dall'autorit giudiziaria di uno Stato estero
col quale esiste trattato di estradizione. Se questo non esiste, la sentenza estera pu essere egualmente ammessa a
riconoscimento nello Stato, qualora il ministro della giustizia ne faccia richiesta [c.p. 128, 129; c.p.p. 342]. Tale
richiesta non occorre se viene fatta istanza per il riconoscimento agli effetti indicati nel n. 4 (4).
Vi da segnalare che in pi articolato e moderno sistema di collaborazione internazionale lineseguibilit delle sentenze
penali straniere stata col tempo molto attenuata, con riferimento almeno agli stati che aderiscono al Consiglio
dEuropa, dalladozione della Convenzione europea sulla validit internazionale dei giudizi repressivi adottata a lAja
nel 1970, poi ratificata con l.n 305/1977.
In giurisprudenza si afferma un orientamento per cui linteresse al riconoscimento di una sentenza penale straniera ai
fini della recidiva sorge per il solo fatto della condanna pronunciata allestero, a prescindere dalla circostanza
dellesistenza di un procedimento penale in corso al quale la recidiva vada riferita, posto che per lammissibilit del
riconoscimento non si richiede lattualit degli effetti, ma solo la possibilit di essi.
Di recente stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dellart. 12 c.p., sollevata
in riferimento agli artt. 3 1 co., e 24 2 co., Cost., nella parte in cui impedisce il riconoscimento della sentenza straniera
ai fini dellindividuazione del vincolo della continuazione ai sensi dellart. 671 c.p.p.
In particolare, la Corte ha ritenuto inammissibile la questione, da una parte, perch il riconoscimento della sentenza
straniera agli effetti di quanto richiesto dal giudice a quo comporterebbe lindividuazione di un meccanismo che
appositamente rendesse fra loro omologabili il reato giudicato allestero e quello giudicato nello Stato nonch le pene
irrogate nei due giudizi, dallaltra, perch lapplicazione della continuazione tra la condanna subita in Italia e le
condanne allestero determinerebbe unautomatica invasione del giudicato estero al di fuori di qualsiasi meccanismo
convenzionale, in contrasto con quanto previsto dallart. 696 c.p.p (che richiama la Convenzione europea di assistenza
giudiziaria in materia firmata a Strasburgo nel 1959).
LA DISCIPLINA DELLESTRADIZIONE.
Listituto dellestradizione (art. 13 c.p.) ha due figure:
estradizione passiva (dallItalia allestero) l'unico strumento per consegnare un soggetto ad un'autorit
straniera per l'esecuzione della pena;
estradizione attiva il caso inverso quando l'Italia a chiedere il soggetto allo Stato estero
Loperazione consiste nel consegnare un condannato a pena detentiva o colpito da provvedimenti coercitivi.
Si distingue anche tra:
estradizione processuale in caso di consegna di una persona da uno Stato allaltro perch sia qui giudicata;
estradizione esecutiva quando il condannato deve essere assoggettato allesecuzione della epna o misura di
sicurezza detentiva.
da precisare che lintera materia dellestradizione ha subito una forte decentralizzazione.
48
Sul piano disciplinare, dato il carattere gradualistico che segna le relazioni tra i diversi livelli normativi, la portata
dellart.13 c.p. andata ridimensionandosi andata riducendosi la centralit della disposizione essendosi aggiunte
una serie di discipline supplementari di rango formalmente prevalente, com per il caso delle norme costituzionali e di
quelle internazionali.
Sul piano formale bene rilevare come lidea di una sorta di indifferenza tra fonti, tra legge penale italiana, convenzioni
ed usi internazionali, contraddetta dallordinamento costituzionale che sovra ordina tanto le disposizioni di diritto
internazionale generale, quanto quelle di diritto internazionale particolare, alla legge ordinaria.
Per altro verso, i principi dettati dalla disposizione penale debbono intendersi validi in quanto non contraddicano
indicazioni provenienti dalle superiori norme costituzionali, le quali in pi punti si riferiscono esplicitamente alla
materia.
Ci vale in primo luogo per il problema dellestradabilit non estradabilit del cittadino a monte risolto dal costituente
mediante lart.26 Cost richiede lesplicita affermazione della estradabilit, per i reati comuni, nella legge dia
autorizzazione della ratifica della relativa convenzione internazionale.
Quanto poi allespressa riserva di convenzione internazionale per estradare il cittadino, nel caso di reati comuni, se la
lettera della norma costituzionale molto chiara, occorre tenere conto da un lato di quanto contemplato dalla
Convenzione europea di Parigi del 1957, ratificata con l. n 300/1963, che effettivamente consente di rifiutare
lestradizione, dallaltro, di ci che stabilisce la Convenzione di Dublino del 1996, stipulata in ambito europeo, che
espunge dai motivi di rifiuto legittimo la cittadinanza.
Invece, conserva lindubbio significato di criterio positivo di garanzia il principio della previsione bilaterale del fatto,
che si ricollega direttamente al pi generale principio di stretta legalit
In particolare il problema si pone per le cause di giustificazione, per le condizioni di punibilit, nonch per il caso in cui
ricorrano determinate cause di estinzione del reato (ad es. prescrizione, amnistia).
Occorre osservare come le varie situazioni non siano genericamente assimilabili, specialmente se sintenda inquadrarle
nellambito della categoria della c.d punibilit in concreto. Ci vale soprattutto per le scriminanti, se le si consideri alla
stregua di elementi negativi del fatto, sotto questo profilo essendo meno condivisibile il rilevo secondo il quale esse non
rileverebbero in quanto circostanze esterne alla fattispecie astratta.
Diverso il discorso relativo tanto alle condizioni di non punibilit, quanto alla prescrizione o alleventuale amnistia
che dovesse riguardare il reato in questione.
Sotto questo profilo occorre comunque ribadire la natura convenzionale dellistituto estradizionale, sicch la stessa
possibilit di usufruire di una soluzione generale dipende strettamente dallassenza di una specifica previsione nello
strumento internazionale ad hoc.
A ragioni di garanzia si collega anche il c.d principio di specialit, con il quale si intende il divieto di sottoporre al
trattamento giuridico penale il soggetto estradato per fatti diversi anteriori a quelli oggetto della domanda; in questo
senso esso sinscrive ai limiti oggettivi dellistituto.
La regola stabilita dallart. 699 c.p.p e si intende operante tanto per lestradizione attiva che per quella passiva, quanto
dalle norme sulla materia della cooperazione previste dal codice di procedura penale, potendo essere derogata da un
eventuale strumento internazionale.
La stessa disciplina codicistica ipotizza alcune deroghe. Premesso che lo Stato estradante pu in tempi successivi
prestare il proprio consenso a che il soggetto venga punito anche per fatti anteriori diversi, il principio di specialit non
vincola quando lestradato, avendone avuta la possibilit, non ha lasciato il territorio dello Stato al quale stato
consegnato trascorsi 45 gg dalla sua definitiva liberazione; o avendolo lasciato, vi abbia fatto volutamente ritorno.
Lordinamento si preoccupa poi di stabilire il divieto relativo allestradabilit di soggetti a favore di Stati nei quali, per il
reato oggetto dellestradizione, sia prevista la pena di morte, a conferma della totale ripulsa nei confronti di tale specie
di sanzione.
La norma contenuta nella disposizione dellart. 698 c.p.p., quale risulta dalla riformulazione indotta dalla
nota sentenza della Corte costituzionale n 223/1996.
Prima di tale intervento, il problema veniva risolto guardando al carattere assoluto o relativo del divieto costituzionale;
ci in un duplice senso:
si affermava che il vincolo si dispiegava propriamente con riguardo al solo ordinamento interno ed anche con
riguardo a questultimo solo relativamente, essendo in certi casi consentita anche dalla Carta fondamentale la
comminazione della sanzione capitale;
ne veniva esclusa la rilevanza nei rapporti internazionali.
49
Largomento di per s non prova in realt granch, dal momento che, se vero che la regola costituzionale non si pu
imporre ad ordinamenti diversi da quello cui si riferisce, altrettanto vero che essa non condiziona definitivamente e in
modo assoluto la legalit dei comportamenti pubblici e degli atti dei pubblici poteri, ivi compresi quelli che
compongono le sequenze del procedimento estradizionale.
In questo quadro si inserisce la decisione della Corte costituzionale, che ha dichiarato lillegittimit costituzionale
dellaart. 698 2 co. c.p.p e dellart. 9 della l. n 225 /1984 di ratifica ed esecuzione del Trattato di estradizione fra
lItalia e gli Stati Uniti dAmerica, firmato a Roma nel 1983, nella parte in cui consentiva lestradizione per i reati
passibili, nellordinamento statunitense, di essere puniti con la pena id morte anche in assenza di una garanzia giuridica
assoluta.
Il ragionamento della Corte parte dalla considerazione che il divieto generale della pena di morte non pu essere
sorretto, nei rapporti internazionali, dalla clausola della sufficiente garanzia, ritenuta dallautorit giudiziaria e da quella
politica, circa lirrogazione di pena diversa da quella capitale. La scelta del costituente, espungendo al massimo risalto
la pena di morte, postula infatti una garanzia assoluta e non derogabile, fissata in astratto una volta per tutte in modo da
evitare anche la prospettiva di trattamenti irragionevolmente differenziati.
IL COMPUTO DEL TEMPO NEL DIRITTO PENALE. ( art.14 c.p.) --- quando la legge penale fa dipendere un
effetto giuridico dal decorso del tempo, per il computo di questo si osserva il calendario comune.
Tale regola costituisce un parziale elemento di novit rispetto a quanto precedentemente stabilito. Infatti, il codice
vigente ha abolito la finzione di quello Zanardelli, per cui il mese era sempre di 30 gg. Tale scelta si giustifica nella
prospettiva di evitare una diversit fra il calendario comune e quello penitenziario.
Il principio sancito dallart.14 c.p. va necessariamente integrato con lart. 134 c.p., secondo cui le pene temporanee si
applicano a giorni,a mesi e ad anni, specificando poi che nelle condanne a pene temporanee non si tiene conto delle
frazioni di giorno.
Agli effetti della legge penale, perci, lanno equivale a 365 o 366 giorni, a seconda che sia comune o bisestile. Il mese
pu essere di 28, 29, 30 o 31 giorni. Il giorno composto di 24 h e va dalle ore zero alle ore ventiquattro.
Con riferimento al giorno non si tiene conto delle sue frazioni. Di conseguenza, dove si procede a quantificare
laumento o la diminuzione della pena detentiva rispettivamente per lapplicazione di una circostanza aggravante o
attenuante, si effettuer il calcolo aritmetico senza prendere in considerazione il resto delloperazione.
In tali termini orientata la giurisprudenza, la quale ha avuto modo di chiarire che, quando si deve operare una
riduzione di pena detentiva per effetto di attenuanti o diminuenti e il risultato ottenuto comprenda una frazione di
giorno, detto risultato deve essere corretto.
In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto che correttamente, in caso di patteggiamento, dovendosi
ridurre di un terzo la pena di giorni 20 di arresto, il risultato fosse stato determinato in giorni 13 e non in giorni 14.
Al 2 co. viene enunciata la regola secondo cui dies a quo non computatur in termino. Tale disposto prende quindi in
considerazione il tempo come scadenza per il realizzarsi di un effetto giuridico, ad es. la prescrizione di reato, o per il
compimento di unattivit, ad es. la presentazione della querela.
In forza del principio accolto dal secondo comma dellart.14 c.p, il computo del termine inizia a decorrere dalle ore zero
del giorno successivo a quello iniziale. A titolo esemplificativo, nel caso di lesioni lievissime subite il giorno 3
novembre, il termine per la presentazione della querela inizia a decorrere dal giorno 4 novembre e scade il 3 gennaio.
Unimportante eccezione a quanto stabilito dallart. 14 2 co. c.p. sembrerebbe rinvenirsi in tema di esecuzione della
pena detentiva. Al riguardo la dottrina prevalentemente orientata nel senso che, ai fini della detrazione ex art.137 c.p.
della custodia sofferta prima della irrevocabilit della sentenza, vanno inclusi sia il giorno iniziale sia il giorno finale.
Sul piano del diritto positivo, tale tesi trova conferma nelle disciplina del codice di rito dettata in materia di custodia
cautelare: lart.297 1 co. c.p.p prevede infatti che gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della
cattura dellarresto o del fermo.
Pi articolato sul punto il quadro giurisprudenziale. Secondo un recente indirizzo della Corte di Cassazione, in tema di
custodia cautelare, la decorrenza dei termini non si computa ai sensi dellart. 172 c.p.p e quindi secondo il calendario
comune senza tenere conto dellora e del giorno in cui essa iniziata, ma dal momento della cattura, dellarresto o del
fermo.
Minoritario e pi risalente nel tempo appare, perci, un diverso orientamento della Suprema Corte, alla cui stregua il
disposto dellart 297 1 co. c.p.p. non costituirebbe deroga al principio generale stabilito dallart.172 4 co. c.p.p,
50
secondo cui nel termine non si computa il dies a quo, dovendosi piuttosto ritenere che con la norma anzidetta il
legislatore avrebbe individuato in modo certo gli eventi cui deve fare riferimento ai fini della decorrenza del termine di
durata della custodia cautelare.
LA DETERMINAZIONE DELLETA.
controverso se il principio sancito dallart.14 2 co. c.p sia valido anche per determinare let di un soggetto. La tesi
prevalente in dottrina quella secondo cui va seguito il computo naturale e non quello dettato dallart.14 c.p. Per
conseguenza, il soggetto minore det fino al giorno ed alla ora corrispondenti a quelli della nascita.
Maggiormente contradditorio il quadro giurisprudenziale. Di recente, la Corte di Cassazione ha affermato che il
compimento dei 18 anni det, al fine del raggiungimento della piena imputabilit penale, va fissato secondo le regole
stabilite dallart. 14 2 co. c.p. e dallart. 172 4 co. c.p.p e, quindi, trattandosi di termine da computarsi ad anni, allo
scadere delle 24 h del giorno del 18 compleanno del soggetto.
Deve ritenersi perci superato un precedente indirizzo, secondo cui laccertamento della maggiore et deve essere
seguito secondo il computo naturale e non secondo quello previsto dallart.14 c.p.
Quindi, il calcolo dellet non si fonda su giorni interi e non pu prescindere dallora della nascita.
MATERIA REGOLATA DA PIU LEGGI PENALI O DA PIU DISPOSIZIONI DELLA MEDESIMA LEGGE
PENALE. IL PRINCIPIO DI SPECIALITA.
LA SPECIALITA IN CONCRETO.
52
sempre in relazione al significato da attribuire allespressione stessa materia che si sviluppata lelaborazione
dottrinale della c.d specialit in concreto. Secondo questo orientamento, lart.15 c.p, con tale formula, alluderebbe non
al fatto cos come descritto dalle due norme fra le quali intercorra il rapporto di specialit, bens al concreto fatto storico
verificatosi.
Quindi, la presenza dellinciso stessa materia lascerebbe intendere che la norma si riferisce non ad una relazione tra
fattispecie astratte, ma ad un rapporto triangolare, per il quale la medesima condotta concreta sarebbe riconducibile a
due fattispecie stratte indipendentemente dal fatto che luna si presenti speciale rispetto allaltra. In buona sostanza,
quando pi norme convergono verso un medesimo fatto storico, dovr essere applicata la norma pi speciale rispetto a
quel fatto.
Questa tesi si prestata a molteplici critiche
In primo luogo si osservato che, nel caso in cui si interpreti stessa materia come stesso fatto concreto,
comunque riconducibile a pi norme, ci si pone al di fuori del rapporto di specialit in astratto al quale si
riferisce lart.15 c.p.
Si sostenuto che, abbandonando il criterio dettato dallart.15 c.p, secondo il quale la norma speciale prevale
su quella generale, in pratica si elimina lo strumento per scegliere quale disposto applicare e per risolvere il
concorso apparente di norme.
Invero, si deve osservare come coloro che seguono la tesi della specialit in concreto siano costretti a ricorrere ad altri
criteri idonei ad individuare rispetto ad un caso concreto quale sia, fra pi norme, quella da ritenersi speciale. In
questottica, si proposto come criterio quello per cui va scelta la fattispecie che colga appieno il disvalore del fatto
prevedendo la sanzione pi grave.
A tale tesi si possono muovere alcune critiche. Innanzitutto si posto laccento sul fatto che, seguendo tale ordine di
idee, si utilizza un indice che non ha nulla a che vedere con il principio di specialit. La seconda obiezione ---- il difetto
dorigine della specialit in concreto quello di presupporre ci che va dimostrato e cio che il concorso di norme deve
considerarsi apparente. In effetti, non tutte le volte che ad una medesima condotta possano ricondursi pi norme penali
si deve ammettere il concorso apparente dei reati, altrimenti non sussisterebbe listituto del concorso formale dei reati di
cui allart.81 c.p.
Quindi, dove convergono pi norme verso un medesimo fatto, che non siano in rapporto di specialit unilaterale, in
forza dei ragionamenti che stanno a fondamento dei principi di sussidiariet e consunzione che si d per scontata
lesclusione del concorso effettivo dei reati.
chiaro che il concetto di specialit in concreto si reso necessario proprio perch il principio di specialit inteso come
relazione di natura logico formale fra fattispecie non appare da solo sufficiente a risolvere tutte le ipotesi di concorso
apparente di norme.
Lesigenza di ampliare il principio di specialit di cui allart.15 c.p sorge laddove da un lato si escluda lesistenza di
criteri ulteriori rispetto a quello di specialit e dallaltro si faccia riferimento proprio alle esigenze sottese a questi
principi. Il risultato che le incertezze connaturate ai criteri di sussidiariet e consunzione, si trasmettono anche in sede
di applicazione dellart. 15 c.p. in ultima analisi sembrerebbe maggiormente coerente ammettere che tale norma regola
il principio di specialit inteso nella corretta accezione di specialit in astratto. Ci non significa peraltro che al di fuori
di questo rapporto, ulteriori istanze di equit non possano venire risolte facendo ricorso ad altri criteri.
La giurisprudenza , paventando il rischio di un eccessivo allargamento dellart.15 c.p, non sembra aver accolto
lelaborazione della specialit in concreto. Va sottolineato come sia il rapporto fra norme penali e amministrative il
settore dove si riscontra il maggior numero di sentenze nelle quali viene affrontato il problema della specialit in
concreto. In tal senso, si segnala una pronuncia nella quale si esplicitamente affermato che per non incorrere nel
rischio di possibili disparit di trattamento determinate da una delega al giudice in ordine alla valutazione in concreto
del criterio di specialit, deve essere ripudiato il principio di specialit c. d in concreto: una norma speciale nei
confronti di unaltra solo se presenta tutti i requisiti costitutivi di questultima con laggiunta di uno o pi elementi suoi
propri o specializzanti.
Pi recentemente in tema di specialit fra norme penali, va evidenziata una decisione nella quale la Corte di Cassazione
ha affermato di non poter aderire al principio di specialit in concreto, ribadendo che la valutazione del principio di
specialit deve essere effettuata non sulla base delle concrete modalit di svolgimento del fatto, bens su quella di
oggettivi parametri normativi.
LA SPECIALITA BILATERALE O RECIPROCA tale figura espressione della volont di ampliare lambito di
applicazione dellart. 15 c. p.
53
Le ragioni di tale approfondimento muovono dalla constatazione che la specialit inidonea a risolvere tutti i problemi
di concorso apparente.
Tale teoria, a differenza di quella enunciata precedentemente, rimane ancorata allidea che lart.15 c.p riguardi il
raffronto tra fattispecie astratte. Simile situazione ricorre quando due norme, convergenti nel regolare il medesimo fatto
storico, presentano nella loro formulazione, accanto ad un nucleo comune, elementi vicendevolmente speciali, cosicch
ciascuna norma pu dirsi speciale rispetto allaltra.
Frequentemente citato come esempio di specialit bilaterale era, prima della riforma dei reati societari (d.lgs n
61/2002) il rapporto fra laggiotaggio di cui allart.501 c.p e quello societario di cui allart. 2628 c.c. In effetti entrambi
le fattispecie avevano come nucleo comune le manovre fraudolenti sui titoli ma, mentre lart.501 c.p richiedeva come
elemento specializzante il dolo specifico, e precisamente il fine di turbare il mercato interno, lart. 2628 c.c a sua volta
si specializzava per la qualit dellagente, potendo il reato essere commesso solo da soggetti che rivestano determinate
qualifiche allinterno della societ.
La dottrina maggioritaria ha espresso tuttavia critiche nei confronti di tale figura.
In primo luogo,, si osservato che la specialit bilaterale esprime una relazione che, seppure fra norme astratte, non ha
nulla a che vedere con il rapporto di specialit cui allude lart.15 c.p. Infatti, lapplicazione della specialit bilaterale si
pone in contrasto con il principio cui si ispira lart.15 c.p., per il quale, se non ci fosse la regola speciale, i casi da questa
preveduti ricadrebbero sotto la regola generale.
Scendendo sul piano giurisprudenziale si riscontra unanaloga riluttanza ad accogliere il criterio di specialit bilaterale o
reciproca. A riguardo va ricordata una pronuncia nella quale la Corte di Cassazione ha affermato che il rapporto di
specialit reciproca fra norme incriminatrici non consente lapplicazione del principio sancito dallart. 15 c.p., ma rende
configurabile il concorso formale fra i due reati.
Di diverso tenore unaltra decisione che ha ammesso lesistenza del rapporto di specialit reciproca fra norme con
conseguente prevalenza della norma che, di volta in volta, debba qualificarsi speciale nella concreta fattispecie
sottoposta allesame del giudice.
Infine, degna di nota una recente sentenza la quale, bench abbia escluso nel caso specifico lapplicazione del
principio di specialit per lassenza del presupposto dellidentit del bene giuridico tutelato, ha dato avallo alla teoria
della specialit reciproca.
54
Infine, secondo una differente prospettiva, linciso salvo che sia diversamente stabilito, avrebbe la funzione,
allinterno del nostro ordinamento, di rinviare ad un criterio diverso da quello di specialit ( ovvero a quello di
consunzione). Tale espressione avrebbe dunque il valore di riconoscere lesistenza nel sistema penale di un criterio, atto
a dirimere il concorso apparente di norme, ulteriore rispetto al principio di specialit. In pratica, il significato della
deroga, cui accenna linciso in esame, andrebbe riportato alla diversa rilevanza dei due criteri.
Qualora la stessa disposizione sia insieme speciale e consumante, normalmente gli effetti saranno quelli della specialit,
prevalendo tale principio per disposizione della prima parte dellart.15 c.p. Per ove la legge faccia riferimento alla
consunzione, con espressioni del tipo se il fatto non costituisce un reato pi grave, gli effetti del concorso di norme
sarebbero quelli propri di questaltro principio.
A questo complesso quadro dottrinale si contrappone una giurisprudenza che affronta il problema in termini riduttivi.
Infatti, raramente dato riscontrare pronunce giudiziali nelle quali venga affermato che lapplicazione del principio di
specialit comporta la prevalenza della fattispecie speciale a prescindere dallentit della sanzione.
Non in linea con tale orientamento una sentenza della Corte di Cassazione, che ha riconosciuto la prevalenza del
delitto di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p) rispetto al delitto di ricettazione (art. 648 c.p.)anche se
garantita da una sanzione minore.
PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA , accanto a quello di specialit, un ulteriore criterio elaborato dalla dottrina allo
scopo di risolvere il concorso apparente di norme.
55
Presuppone lastratta sussumibilit della fattispecie concreta allinterno di una pluralit di disposizioni normative poste
in relazione gerarchica. La concorrenza delle norme si risolve con la prevalenza della norma primaria; ove questultima
non sia concretamente applicabile, trover spazio quella vicaria.
In realt, non tutta la dottrina ammette che nel nostro ordinamento sia presente un principio di sussidiariet avente
carattere generale, non trovando esso fondamento diretto, a differenza del criterio di specialit (art.15 c.p.) in alcuna
norma di legge.
Nelle diverse impostazioni dottrinali che invece riconoscono uno spazio a simile principio, il significato e la portata di
esso dipendono, in primo luogo, dal ruolo riservato al principio di specialit, ed in secondo luogo, dal riconoscimento o
meno, nellambito del sistema penale, di quello di consunzione.
Da parte della dottrina favorevole a riconoscere tale principio, si fa riferimento:
sussidiariet espressa --- ricorre laddove il legislatore abbia inserito una clausola di riserva nel testo di una
norma incirminatrice
determinate --- la norma primaria individuata in modo specifico con esplicito rinvio allarticolo. Es.
favoreggiamento reale di cui allart.379 c.p.
Quindi, quando il fatto concreto, oltre ad integrare gli estremi del reato descritto dalla norma contenente la clausola di
riserva, realizza gli estremi anche dellaltro reato,trover applicazione soltanto la norma alla quale fa rinvio la clausola
di riserva. Tali clausole sono quelle nelle quali si pongono minori problemi di interpretazione.
Relativamente indeterminate --- si presentano quando la norma individuata con formule del tipo se il
fatto non costituisce un pi grave reato;
assolutamente indeterminate --- il rinvio privo di qualsiasi individuazione specifica (ad es. se il fatto
non previsto come reato da altra disposizione di legge).
Queste non risolvono il concorso apparente, se non presupponendo, al fine di giustificare una
relazione gerarchica fra disposizioni, che la norma primaria rappresenti uno stadio di offesa pi
intensa allo stesso bene giuridico o ad un bene omogeneo rispetto a quella secondaria.
In altri termini, lomogeneit dei beni giuridici tutelati evidentemente scontata dove vi sia una clausola di riserva
determinata. In questo caso per lo stesso legislatore che su questo presupposto provvede ad indicare quale fattispecie
debba prevalere. Invece, negli altri casi, a fronte di un generico richiamo ad unaltra norma non identificata, non
sempre agevole comprendere quando la clausola imponga la selezione di una sola disposizione applicabile e quando,
viceversa, tale clausola non operi, essendo le norme concorrenti eterogenee.
Appare evidente come nella concreta applicazione di siffatte clausole, e dunque nella scelta fra lalternativa del
concorso reale o apparente di reati, si presentino tutti i dubbi ermeneutici che caratterizzano il tema in esame.
In ogni caso, secondo parte della scienza penalistica, il rilevante numero delle norme incriminatrici che contengono
clausole di sussidiariet espressa, legittimerebbe la conclusione che tali clausole obbediscano ad un principio di portata
generale, in grado di operare non solo in casi di sussidiariet espressa ma anche in casi di sussidiariet tacita --- ricorre
quando due norme incriminatrici, alle quali sia contemporaneamente riconducibile il fatto concreto, individuino due
figure di reato di diversa gravit, delle quali luna offenda, oltre al bene offeso dallaltra, anche un bene ulteriore o
rappresenti uno stadio di offesa pi intensa allo stesso bene giuridico.
Altra parte della dottrina si pone criticamente nei confronti della sussidiariet tacita. Si rileva infatti che in assenza di un
riferimento normativo il principio si presenta, per sua natura, di incerta individuazione. Inoltre, si osservato che
quando lapplicazione di una legge esaurisce gi lintero disvalore del fatto, proprio il principio di consunzione a
rilevarsi come il pi idoneo ad evitare il rischio del verificarsi di un ne bis in idem. Vengono cos talvolta ricondotti alla
sussidiariet tacita ipotesi altrimenti risolvibili col principio di consunzione, quali per es. i casi del c.d antefatto non
punibile.
Sul piano giurisprudenziale, va ribadito che le pronunce fanno riferimento quasi esclusivamente al principio di
specialit. Non manca qualche decisione nella quale si accenna al criterio di sussidiariet.
Inoltre, numerosi esempi di scarsa attenzione nei confronti delle clausole di sussidiariet, sono offerti in tema di
concorso tra norme penali e amministrative. Il fatto di trascurare lesistenza di tali clausole porta spesso ad impostare in
modo non coerente il problema del concorso, senza avvedersi che la relazione di specialit tra norme attiene alla
formulazione astratta delle fattispecie convergenti verso il medesimo fatto, mentre la sussidiariet presuppone che il
fatto concreto per come si realizzato, rientri in pi disposizioni gerarchicamente poste. In ogni caso, la preferenza
spesso accordata al principio di specialit frutto anche della scarsa considerazione accordata allinciso di cui allart. 15
c.p. salvo che sia diversamente stabilito, il quale impone che il principio di specialit ceda il passo alla consunzione
nei casi stabiliti dalla legge.
56
Le clausole di sussidiariet rappresentano proprio i casi nei quali la legge indica di prediligere, per la risoluzione del
concorso apparente, non il criterio della specialit bens un criterio di valore incentrato sul concreto atteggiarsi del fatto
storico.
ESEMPI:
la norma dellart.216 L. fall. --- punisce fatti diversi tra loro a titolo di bancarotta patrimoniale e documentale;
art. 73 1 co. d.p.r n309/1990 --- descrive una serie di comportamenti rilevanti penalmente, che riguardano
tutto il ciclo produttivo e commerciale della droga;
art.3 l. n 75/1958 --- nel quale, allelencazione di singole condotte illecite dai numeri 1 a 7, segue al numero 8
una norma sussidiaria di chiusura, volta a reprimere tutti i residui comportamenti volti a favorire o sfruttare la
prostituzione.
In questi casi si ritiene che, anche qualora il reato venga realizzato attraverso la pluralit di condotte descritte dalla
norma, lillecito rimane nella sostanza unico, perch una soltanto la disposizione violata. Si tratterebbe perci di una
unificazione legislativa di pi fatti allinterno di ununica disposizione.
In dottrina vengono impiegate le formule di:
norme a pi fattispecie o legge mista alternativa si presenta quando vi una descrizione di modalit
alternative di un reato, realizzato gi dalla commissione di una sola delle condotte descritte, pur rimanendo
unico anche se le condotte sono plurime;
disposizioni a pi norme si ha quando nella molteplicit dei fatti descritti sarebbe possibile individuare una
pluralit di fattispecie astratte di reato che possono concorrere fra loro.
Tuttavia non sempre risulta agevole distinguere quando la norma incriminatrice rimanga unica anche se realizzata in pi
di uno dei diversi modi indicati, e quando invece ununica disposizione contenga in effetti la previsione di pi
fattispecie astratte di reato. In realt la risoluzione del problema dipende dallesame delle singole fattispecie.
La determinazione del trattamento sanzionatorio dovr decidersi caso per caso sulla base delle modalit di realizzazione
del fatto concreto in base a criteri di valore rispondenti al principio del ne bis in idem. In ogni caso la molteplicit dei
fatti eventualmente commessi dallagente, pur nellunicit del reato, rilever ai fini della commisurazione della pena.
58
Spostandoci nel quadro giurisprudenziale, c da dire che i giudici non sono particolarmente propensi a riconoscere le
ipotesi di unificazione legislativa. Uneccezione si rinviene in tema di reati fallimentari, dove lart. 219 l.fall.,
prevedendo una circostanza aggravante per le ipotesi in cui vengano commessi pi fatti descritti dagli artt. 216-218, non
lascia spazio a dubbi interpretativi riguardo alla sussistenza di unipotesi di unificazione legislativa di tali fatti.
In tema di stupefacenti non si esclude la possibilit del concorso dei fatti descritti nellambito dellart.73 d.p.r. 309, se
essi non siano stati realizzati contestualmente.
In materia di prostituzione, la giurisprudenza orientata nel senso dellapplicabilit delle norme sul concorso dei reati.
59
Quanto allaspetto del bene giuridico tutelato, anche in tema di concorso tra sanzioni penali ed amministrative, sembra
emergere un orientamento volto a riconoscere il concorso effettivo dei reati laddove le due fattispecie abbiano diversa
obiettivit giuridica.
Un altro aspetto pi volte esaminato dalla giurisprudenza quello delle clausole di riserva salvo che il fatto costituisca
reato- contenute nelle previsioni di alcuni illeciti amministrativi. Tali clausole, dovrebbero determinare la prevalenza
della sanzione penale, ad esclusione di quella amministrativa, dove il fatto, oltre che illecito amministrativo, costituisca
reato. Di conseguenza, la norma penale da considerarsi primaria mentre la norma amministrativa meramente
sussidiaria. Qualora il fatto non integri i presupposti di una fattispecie penale, non si pone nemmeno il problema di un
concorso di norme e si applica soltanto la sanzione amministrativa.
Nella valutazione di tali clausole, la giurisprudenza pervenuta a conclusioni diametralmente opposte. Talvolta infatti
nelle varie pronunce si accennato alla sussidiariet o alla consunzione; altre volte si impostato il problema in termini
di specialit tra norme o addirittura di concorso di norme. A tal proposito interessante il contrasto giurisprudenziale
formatosi in merito allomesso pagamento del pedaggio autostradale. Il nuovo codice della strada sanziona in via
amministrativa la condotta di chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento
del pedaggio salvo che il fatto costituisca reato. Si posto perci il problema se il fatto di non corrispondere il
pedaggio autostradale di per s costituisca un illecito amministrativo o il reato di insolvenza fraudolenta.
Una parte della giurisprudenza ha risolto la questione in termini di rapporto di specialit fra le due fattispecie. Si
ritenuto che il mancato pagamento del pedaggio sia di mero rilievo amministrativo.
In simile contesto, la clausola di riserva (salvo che il fatto costituisca reato) riguarderebbe unicamente i casi in cui non
vi sia solo una condotta elusiva, ma ad esempio siano state date false generalit. In questi casi, la riserva farebbe salva
lapplicazione di reati quali linsolvenza fraudolenta o la truffa.
La Corte Suprema, recependo un diverso orientamento, ha invece ricondotto alla sussidiariet il problema del rapporto
tra le due fattispecie. Secondo questa chiave di lettura la clausola, prevedendo espressamente la sussidiariet della
normativa amministrativa, renderebbe inapplicabile questultima tutte le volte che possa essere ipotizzato in concreto un
delitto.
Occorre, comunque, in primo luogo verificare se la condotta posta in essere per eludere integri in concreto i requisiti di
una fattispecie penale. Se la risposta a tale quesito negativa, attesa la mancanza di qualche presupposto materiale o
soggettivo, allora si applicher la sanzione amministrativa. Appare invece scorretta limpostazione del rapporto tra le
due fattispecie in termini di specialit, non rilevando tanto il rapporto logico-formale fra le fattispecie astratte quanto il
concreto atteggiarsi del fatto.
Infine, va ricordato che anche in altre decisioni la giurisprudenza di legittimit non ha dimostrato di inquadrare le
clausole di riserva in una corretta prospettiva. Interessanti sono le sentenze in materia di inottemperanza allinvito a
presentarsi allautorit di pubblica sicurezza. Questa condotta oggi sanzionata in via amministrativa.
Con lapprovazione della l. n 146/2006 la legislazione italiana compie una doverosa ratifica della Convenzione delle
Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale. Si trattava di un atto che occorreva adottare pena la
conseguenza di essere valutati come unwilling rispetto ad una serie di misure ritenute necessarie dal consenso
internazionale.
Questa prospettiva non poteva considerarsi assolutamente vincolante, dal momento che la mancata esecuzione e ratifica
di atti, convenzioni o accordi presi internazionalmente, in assenza di una cogente ed effettiva predisposizione di misure
sanzionatorie realmente effettive, impedisce di condizionare in modo stringente loperato dei singoli legislatori
nazionali. Anzi, talvolta gli stati, pur aderenti ad organismi internazionali, o avendo sottoscritto o approvato
convenzioni internazionali, sfuggono allesecuzione interna dei corrispondenti atti legislativi (obbligatoria in materia
penale, dato il carattere non self-esecuting di convenzioni o direttive internazionali, pena la violazione dei principi
costituzionali di riserva di legge statale e determinatezza) preferendo custodire gelosamente una sorta di arcaica visione
della sovranit statale.
La Convenzione derivava, a sua volta, dallimpegno assunto dai paesi membri delle Nazioni Uniti i quali, dopo che
lassemblea generale aveva adottato la Dichiarazione politica di Napoli ed il piano di azione globale contro il crimine
transnazionale, avente ad oggetto la richiesta di impegno della Commissione di prevenzione del crimine (UNDCP) di
esplorare le possibilit di una convenzione contro il crimine, hanno partecipato, con proprie delegazioni, presso la sede
60
ONU di Vienna, alla redazione di un testo di convenzione contro la criminalit organizzata e di tre annessi protocolli,
riguardanti specifici settori di attivit della criminalit organizzata ed in particolare:
il traffico di migranti (clandestini) (smuggling) lelaborazione di tale protocollo si deve alliniziativa
congiunta di Italia ed Austria, mirava a prevenire e limitare le ipotesi di sfruttamento condotte da gruppi
criminali ai danni di persone che, per sfuggire a situazioni di vita non pi sostenibili nei loro rispettivi paesi di
provenienza per motivi bellici, di scontri etnici o di grave indigenza economica, sono costretti a lasciare il
paese di origine affidandosi a bande criminali che ne favoriscono lemigrazione illegale.
naturalmente esclusa la punibilit di quegli individui che, nel migrare, non abbiano commessi altri reati fuori
di quelli collegati al fatto migratorio inteso in senso stretto;
la tratta degli essere umani (trafficking) tale protocollo era indirizzato a reprimere condotte di vero e proprio
sfruttamento di esseri umani, in particolare soggetti a rischio ed indifesi come le donne e i bambini, che
vengono coattivamente avviati non solo al lavoro forzato, bens anche allo spregevole fenomeno dello
sfruttamento sessuale o fisico, che si iscrive nella pi ampia attivit di contrasto alla schiavit;
il traffico di armi da fuoco e relative munizioni (firearms) -protocollo del 31 maggio 2001- riguarda le armi
leggere da fuoco ed stato adottato dallAssemblea dellONU circa cinque mesi dopo gli altri strumenti, per
difficolt di accordo insorte nella negoziazione, ed ha il palese obiettivo di puntare ad una continua
identificazione dellarma prodotta al fine di contrastare i traffici illeciti nel settore, fino a risalire al produttore,
importatore o distributore dellarma stessa.
Cinque sono i punti essenziali, che laccordo internazionale si proponeva, i quali ne sintetizzano le finalit:
esigenza di fornire i legislatori nazionali di una gamma di norme definitorie certe, sulle nozioni di
base quali gruppo criminale organizzato transnazionale, profitto del reato, grave crimine e sequestro o
confisca, la cui individuazione fosse internazionalmente accettata e adottata, e questo costituisce
leffetto pi manifesto di un allineamento della legislazione penale nazionale a livello sovranazionale
in vista dellobiettivo di una piena unificazione legislativa su alcuni concetti cardine nella lotta alla
criminalit;
lenucleazione di una categoria di fatti universalmente incriminabili, come il partecipare ad una
organizzazione criminale, creare intralci alla giustizia, compiere fatti di corruzione o riciclare i
proventi di del reato;
esigere lintroduzione (da parte degli stati aderenti) di misure di protezione di testimoni o vittime dei
reati compresi negli strumenti internazionali;
adottare meccanismi di collaborazione internazionale anche in ordine agli strumenti pi consueti
come il trasferimento dei giudizi, lestradizione, il sequestro o la confisca;
stabilire un sistema di gestione informatica dei dati raccolti e prevedere lintroduzione di un fondo di
sostegno economico per i paesi pi sforniti di mezzi.
Ci si indirizza verso una forma legislativa di contrasto alla criminalit organizzata transazionale che risponde
ad una logica che di recente stata etichettata come espressione di un diritto penale del nemico, in cui al centro
dellintervento normativo sta lautore con le sue devianze e con il suo essere un corpo estraneo alla societ
civile. Attivit delittuose che nel caso della criminalit organizzata vengono inquadrate come una forma di
Antistato, di contropotere criminale, che mina le stesse istituzioni dei sistemi democratici.
I legislatori nazionali si impegnano poi allinserimento di strumenti di contrasto tesi quasi esclusivamente alla
neutralizzazione totale del fenomeno piuttosto che alla risocializzazione degli individui coinvolti. Prova ne
lo strumentario di sanzioni criminali che vengono impiegate, come nel caso della confisca, e di cui lattuale
formazione costituisce la punta pi avanzata per almeno due ordini di ragioni.
La prima si riferisce alla notevole anticipazione delle misure che vengono largamente estese alla fase
prodromica alle stesse indagini di polizia giudiziaria; la seconda si collega direttamente allestensione dei
limiti spaziali della legge penale di ogni singolo Stato aderente alla convenzione internazionale, che consente
lapplicazione della legge penale internazionale oltre i naturali confini geografici dettati dalle carte e basati
sulla applicazione della norma penale nazionale non pi secondo le regole del principio di territorialit.
NB la cooperazione giudiziaria e di polizia contro il crimine organizzato deve percorrere i binari dellefficienza e
della legalit, pena il sovrapporsi indebito di strumenti coercitivi che abbassano il livello delle garanzie.
61
DEFINIZIONE DI REATO TRANSNAZIONALE.
La l. n189/2002 costituisce il completamento della piattaforma legislativa.
Obiettivo primario del legislatore era la predisposizione di una nozione condivisa di reato transnazionale.
Nella l. 146 la norma deputata a questo compito lart.3 --- strutturato in due segmenti:
il primo relativo alla definizione di reato transnazionale collegato allazione di un gruppo criminale
organizzato.
Si richiede un duplice requisito:
considerato reato transnazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel
massimo a 4 anni e deve essere coinvolto un gruppo criminale organizzato.
Non sufficiente quindi che sia commesso un reato di una certa gravit, ma occorre anche che esso si inscriva
nellattivit criminosa di un gruppo che non agisca solo nellambito di una semplice compartecipazione
criminosa, bens nella cornice di una associazione criminale che si avvale della forza derivante dal vincolo
associativo comprensiva di notevoli mezzi e uomini in unorganizzazione protratta nel tempo.
Tuttavia, proprio in ordine alla nozione di gruppo criminale organizzato si pu ben dire che la norma in verit
risulti una disposizione relativamente in bianco. Non compare infatti una compiuta nozione di crimine
organizzato o di gruppo criminale. Ci si limita solo alla perimetrazione delle classi di reato che si prestano ad
essere eseguite nel programma criminoso dellassociazione.
La norma, come abbiamo gi detto, nulla dice in ordine alla struttura del fatto associativo, al fatto di
considerare gruppo criminale un agglomerato pi o meno organizzato e dotato di strumenti adeguati per la
commissione dei reati-scopo. A tal fine soccorrono senzaltro, in via di interpretazione sistematica, le norme
del codice penale italiano o una delle varie azioni comuni che hanno dato attuazione al pino dazione contro la
criminalit organizzata, predisposto dal gruppo istituito dal Consiglio europeo di Dublino nel 1996. La citata
azione comune ha dettato una definizione di organizzazione criminale, valida a livello transnazionale, come di
unassociazione strutturata di pi di due persone stabilita da tempo che agisce in modo concertato allo scopo di
commettere reati.
La nozione ruota attorno a tre perni fondamentali:
numero minimo di partecipanti per formare una struttura adeguata;
azione temporalmente continuativa;
concertazione teleologicamente orientata dalla commissione dei delitti di scopo.
il secondo riguardante il carattere di trans nazionalit del crimine vera novit della definizione fornita
dallart.3 (seconda parte) della l.146.
detto carattere viene individuato in base a quattro caratteri di collegamento per lapplicazione della legge
penale nello spazio. Si tratta di criteri di individuazione del reato transnazionale chiaramente alternativi.
1. Lillecito viene commesso in pi di uno Stato riferendosi qui alla commissione di un reato,
richiama il fatto nel suo complesso, comprensivo anche dellevento. Utilizza quindi non solo il
criterio della condotta in senso ubiquitario, nella misura in cui stabilisce che la ripartizione nel
territorio di pi Stati delle varie porzioni di cui si compone il comportamento vale a radicare
laggancio alla disciplina del reato transnazionale, a fortiori se si tratta di reato associativo che
richiede la predisposizione di una struttura organizzata ramificata tra pi Stati, ma impiega anche la
regola che nel territorio di uno Stato diverso si sia realizzato levento.
2. Il reato commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione,
direzione o controllo avviene in un altro Stato qui viene richiamato il carattere ormai diffuso
dellassociazione criminale che, in virt del vincolo associativo, della sua struttura complessa e della
forza intimi dativa, opera in pi di uno Stato. Questo criterio prende in esame direttamente il reato
plurisoggettivo necessario, con tutte le sue caratteristiche di illecito.
62
3. Canone sostanzialistico, di tipo materiale --- il fatto commesso in uno Stato ma ha effetti sostanziali
in un altro Stato si fissano i presupposti di questultima nozione di crimine organizzato
transnazionale quasi a m di clausola di chiusura. La quale potrebbe riacquistare un qualche profilo
di determinatezza solo se si intendessero gli effetti sostanziali come sinonimo di evento del reato in
un significato tecnico. Tuttavia il tenore della disposizione farebbe pensare ad una nozione pi larga,
dove vi rientra qualsiasi effetto collaterale che derivi dalla commissione dellillecito penale, anche
non appartenente ai requisiti del reato inteso in senso stretto.
63
I REATI CHE DETERMINANO LA RESPONSABILITA DELLENTE: GLI INTERVENTI LEGISLATIVI DEL
2006.
L. n 146/2006 ha ratificato la convenzione e i protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato
transnazionale (c.d Convenzione di Palermo). Il legislatore ha inserito fra i reati per i quali prevista la responsabilit
dellente lassociazione a delinquere, lassociazione di stampo mafioso, lassociazione per delinquere finalizzata al
contrabbando di tabacchi lavorati esteri e quella diretta al traffico di sostanze stupefacenti, i delitti di riciclaggio e
impiego di denaro di provenienza illecita, i reati in materia di immigrazione clandestina ed infine il delitto di
favoreggiamento personale e quello di cui allart. 377 bis c.p.
Sono state previste sanzioni pecuniarie ed interdittive nei confronti dellente responsabile per questi reati con lunica
eccezione dei due delitti contro lamministrazione della giustizia per i quali sono stabilite unicamente sanzioni di tipo
pecuniario.
Il secondo intervento legislativo --- l. n 7/2006 ha invece introdotto allart.25 del d.lgs n231/2001 una responsabilit
dellente nella cui struttura vengono realizzate pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, oggi sanzionate
dallart. 583 bis c.p.
Oltre a questi recenti ed importanti interventi legislativi si deve sottolineare come col tempo si sia venuta formando una
significativa giurisprudenza. A riguardo va segnalata una recente decisione della Corte di Cassazione nella quale
vengono affrontate alcune delle principali problematiche suscitate dal d.lgs n231/2001.
La Suprema Corte esamina, per la prima volta, in modo approfondito in quali termini vadano intesi i requisiti
dellinteresse o del vantaggio cui fa espresso riferimento lart.5 del d.lgs 231/2001.
Presupposto per la responsabilit dellente il fatto che il reato sia stato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio.
Al riguardo, secondo il Supremo collegio, linteresse va valutato ex ante, mentre il vantaggio richiede una verifica ex
post. Di conseguenza, alla stregua di simile impostazione, non potrebbe condividersi la definizione attribuita da parte
della dottrina alla locuzione. E ci perch i due vocaboli esprimono concetti giuridicamente diversi: potendosi
distinguere un interesse a monte della societ ad una locupletazione in conseguenza dellillecito, rispetto ad un
vantaggio obiettivamente conseguito allesito del reato, perfino se non espressamente divisato ex ante dallagente.
64