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IL PRINCIPIO DI LEGALITA

Principio di legalit nel diritto vigente


Per principio di legalit, contemplato dallart 25 co2 Cost e art 1 cp, la norma penale legittimata solo quando il suo
oggetto sia stabilito da una legge precisa e determinata.
Dato il carattere rigido della costituzione, il principio di legalit vincola non solo il giudice, ma anche il legislatore il
quale non pu spogliarsi del potere di produzione normativa in materia penale.
Il principio di legalit affermato anche per le misure di sicurezza che non possono essere applicate, secondo lart 25
co3 cost, se non nei casi previsti dalla legge. Il principio, in questo caso, implica che le singole regole di condotta,
nonch le sanzioni contemplate in caso di loro violazione, siano specificate dalla fonte legislativa con caratteri di
generalit e astrattezza, anteriormente alla realizzazione del fatto.
Il principio di legalit assume quattro dimensioni distinte:
1 Si presenta come riserva di legge che descrive il monopolio del Parlamento nazionale sulla normazione penale
2 Si presenta come irretroattivit della norma penale pi sfavorevole allautore
3 Si presenta come precisione e pregnanza del precetto e della sanzione (c.d. determinatezza) ossia precisa e
individua tutti gli elementi costitutivi e della corrispondenza tra il fatto tipico e una esperienza di vita
concretamente verificabile
4 Infine, si presenta come tassativit, ossia il divieto per il giudice di estendere analogicamente il precetto e la
sanzione prevista dalla legge e dellobbligo per il legislatore di evitare clausole che facoltizzino lanalogia.
Il principio di legalit statuito inoltre:
- Dalla Convenzione europea dei diritti delluomo e delle libert fondamentali in cui si prevede che: nessuno
pu essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui stata commessa, non
costituiva infrazione secondo il diritto nazionale o internazionale, n che ad alcuno possa essere inflitta una
pena pi grave di quella vigente al momento del fatto. ammesso a favore della persona fisica, contro la
violazione del principio di legalit, il rimedio giurisdizionale alla Corte Europea dei diritti delluomo con sede
a Strasburgo.
- Il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici stabilisce, anchesso, il principio di legalit affermando
che nessuno pu essere punito per azioni o omissioni che non costituiscono reato secondo il diritto nazionale o
internazionale al momento in cui sono state commesse.
- Dallo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale
- Dal Trattato che adotta la Costituzione per lEuropa prevede il principio di legalit e di proporzionalit dei reati
e delle pene, utilizzando il termine diritto (invece che legge) al fine di abbracciare anche sistemi di diritto
comune che non conoscono il monopolio della legge e attribuiscono efficacia giuridica al precedente
giudiziario.

Fondamento del principio di legalit


Per quanto concerne il fondamento del principio di legalit possiamo affermare che in esso sono ravvisate esigenze:
di CERTEZZA (fondamento giuridico/penalistico)
di GARANZIA del cittadino dagli arbitri del potere esecutivo e del potere giudiziario (fondamento
politico/costituzionale ricollegabile alla separazione dei poteri dello Stato).
La legge, in primo luogo, fornisce ragioni di garanzia pi credibili di altre fonti. Essa, infatti, tende a esprimere le
esigenze che sono maggiormente avvertite dalla comunit sociale cui rivolta. Grazie ai mezzi di informazione, la
legge, verificabile nei presupposti e nelle finalit della politica criminale. In virt della pubblicit, tutti i giuristi, sono
in grado di preventivare le conseguenze ed esprimere critiche alle modalit tecniche cui formulata.
Inoltre, in secondo luogo, la legge corrisponde allesigenza di obiettivit e di certezza contro larbitrio giudiziario
manifestando in modo non equivoco una tavola di prescrizioni uguali per tutti e da tutti conoscibili.
Alla base del principio di legalit vi una esigenza non espressa per cui il precetto dovrebbe imporsi al destinatario non
come comando ma come espressione di una ratio intrinseca di giuridicit.
Nellesperienza della giurisprudenza costituzionale degli ultimi decenni riscontrabile lo sforzo di integrare la
garanzia politica e lesigenza di certezza con i principi di: colpevolezza e di offensivit dellillecito secondo cui il
principio di legalit diventa condizione positiva per lattuazione integrale del principio di personalit della
responsabilit penale e di colpevolezza dellautore per il fatto compiuto.
Nella sentenza 24 marzo 1988 n.364 che ha dichiarato lillegittimit costituzionale dellart 5 cp, la Corte ha messo
in luce il legame tra i principi di legalit e colpevolezza.

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Nella sentenza 11 luglio 1991 n.333 la corte, in tema di stupefacenti, ha precisato in modo approfondito il legame tra
principio di legalit, la discrezionalit legislativa nella configurazione della fattispecie criminosa e lesigenza che la
legge tenga conto dellesperienza sociale e criminologica da cui la normazione penale deve prendere avvio.

Sviluppo storico del principio di legalit


Sviluppo storico del principio di legalit p.8

Crisi attuale del principio di legalit


Al riconoscimento unanime del principio di legalit fa riscontro, negli ultimi tempi, il diffondersi di dubbi in ordine alla
sua validit concettuale e alla sua utilit pratica nellattuale contesto storico/politico.
Pu oggi, infatti, parlarsi di crisi della legalit in materia penale causata da molti fattori tra cui:
- la legalit in crisi in virt delle acquisizioni provenienti dalla ermeneutica giuridica che hanno falsificato il
criterio metodologico su cui si reggeva il dogma della legalit e della sottoposizione rigida del giudice
- la legalit in crisi in relazione al progressivo decadimento dello stato nazionale e alla disgregazione del
concetto di sovranit.
- la legalit in crisi per il prepotente affacciarsi degli organismi sovranazionali e internazionali sul terreno delle
fonti le quali rivendicano una competenza indiretta di carattere penale.
Ai tre ordini di fattori indicati avente carattere strutturale, si sposano tre ulteriori dinamismi provocati dal potere
legislativo e dalla comunit degli studiosi in diritto penale. E sono:
1 luogo Con riferimento alla giurisprudenza si pu sostenere che essa agisce spesso in base a una
autocomprensione dilatata del proprio compito, che la inclina alla critica pregiudiziale della legge e alla
continua tendenza a correggere in modo interpretativo gli errori della legge, colmando lacune del prodotto
legislativo.
Atteggiamento questo che non risiede solo nello scopo di adottare la legge alla giusta decisione del caso
concreto ma anche quello di sovrapporre allorientamento politico del legislatore una visione alternativa che
ritenuta, appunto dalla giurisprudenza, pi ragionevole e corretta.
2 luogo Con riferimento alla legislazione si sottolinea il fenomeno relativo allo scremare generalizzato della
fiducia nella legge che ricollegata alla perdita di autorevolezza del legislatore, il quale incapace di
provvedere in modo organico alla soluzione dei temi cruciali del diritto penale.
Ci provoca, quindi, un eccesso e un difetto di legislazione e favorisce lintervento della giurisprudenza che
volto a disapplicare le leggi particolari e ad introdurre correzioni e integrazioni che colmano le lacune sui temi
generali.
3 luogo Occorre denunciare la responsabilit di una parte della letteratura scientifica che non si vuole adattare
alla legge.
doveroso comunque ribadire la fondamentale importanza, nellattuale momento storico, del principio tradizionale
nullum crimen sine lege stricta.
In realt il diritto non sta tutto racchiuso nella legge, in quanto questa assume lesperienza giuridica come suo oggetto,
guida e la corregge, la modifica, integrando con essa. La legge costituisce con la condotta e con il diritto soggettivo uno
dei poli fondamentali dellordine nel quale si identifica il diritto.
Preso atto di ci e del fatto che la norma da applicare al caso concreto nel diritto vigente il prodotto dellopera del
legislatore e dellinterpretazione giurisprudenziale, va detto che nel campo penale la legge ha un ruolo particolare in
quanto legato:
- alla eccezionalit della conseguenza tipica legata alla violazione del precetto
- e alla problematica del giudizio umano che infligge la pena nei confronti di un altro uomo.
La pena consiste nella privazione dei diritti fondamentali della persona; inoltre pur non potendo incidere sulla sfera
pi intima e radicale della dignit personale, essa tuttavia colpisce inevitabilmente la sfera esterna della dignit
personale, impedendo alla persona di esercitare i diritti in cui si esplica normalmente la vita umana.

Principio di legalit e riserva di legge statale

Riserva di legge e diritto comunitario (cenni)


LUnione europea non ha potest sanzionatoria penale neanche alla stregua del Trattato istitutivo della Costituzione per
leuropa.

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Riserva di legge e legge regionale
Alla legge regionale precluso il potere di emanare norme penali. Il problema che si posto fino adesso ora
espressamente disciplinato dallart 117 co2 Cost (novellato l.cost 3/2001) alla cui stregua lo Stato ha legislazione
esclusa in materia di ordinamento penale.
La dottrina ha sempre escluso la potest legislativa in capo alle Regioni. In realt, lassenza di potest implicita nella
ratio dellart 25 co2 Cost poich soltanto il Parlamento nazionale esprime una istanza rappresentativa di tutti i cittadini,
mentre i vari Consigli regionali rappresentano solo i cittadini delle singole Regioni.
Anche il testo dellart 120 co1 Cost, vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che ostacolano in qualsiasi modo la
libera circolazione delle persone e che limitino lesercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio
nazionale postula necessariamente il divieto di adottare provvedimenti penali.
Lattuale indiscutibilit del divieto alle Regioni di emanare norme penali ha spostato lattenzione sui problemi che
concernono le interferenze tra legge statale e legge regionale.
Alla legge regionale NON possibile:
- istituire nuove discriminazioni
- abrogare norme incriminatrici preesistenti
- prevedere cause di estinzione della punibilit o estendere la portata
- prevedere sanzioni penali a tutela di proprie disposizioni o modificare sanzioni penali preesistenti
- modificare i presupposti di punibilit previsti dalla legge statale
- apportare modifiche, estensive o riduttive, alle cause di giustificazione previste dalla legge statale quando
queste siano espressione di principi generali dellordinamento; la legge regionale in tal caso tenuta a
rispettare i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.
Alla legge regionale E possibile la previsione di norme scriminanti poich non sono norme di carattere penale.
La tutela dei precetti regionali realizzata con sanzioni amministrative. Nel caso di concorso tra pena statale e
sanzione amministrativa regionale si applica, come principio generale, la sola sanzione penale. Tuttavia stabilito che
nel caso in cui la sanzione penale sia contenuta in una norma di tipo sussidiario si applica la sanzione amministrativa
regionale, con prevalenza del principio di specialit su quello del rango.
La Corte costituzionale ha sempre escluso la potest penale delle Regioni.
Nella giurisprudenza della corte possono distinguersi fondamentalmente i casi nei quali la illegittimit sta nella
statuizione di una norma penale da parte della regione, dai casi in cui la legge regionale interferisce sulla norma penale
modificando la disciplina contente i presupposti amministrativi dellincriminazione.
Appartengono alla prima serie di casi le sentenze in cui la corte ha dichiarato la illegittimit di numerose norme
regionali che prevedono direttamente sanzioni penali, soprattutto contravvenzioni.
Poich la potest legislativa i campo penale preclusa alle regioni, a queste non consentito neanche richiamare, per
sanzionare la violazione di una norma regionale, pene previste da leggi dello stato per altra fattispecie.
La corte costituzionale ha affrontato poi il tema della interferenza di norme regionali su norme penali statali in alcune
materie di specifica competenza regionale quali la tutela dellambiente e il trattamento dei rifiuti, ledilizia e
lurbanistica.
Riguardo allo smaltimento o accumulo di rifiuti, la corte ha dichiarato la illegittimit costituzionale di numerose leggi
regionali che rendevano lecite attivit sanzionate penalmente da leggi dello stato o escludendo la necessit di
provvedimenti autorizzativi specifici richiesti dalla normativa statale o prevedendo modalit meno rigorose per il
trattamento dei rifiuti.
Il divieto per le regioni di prevedere condizioni pi favorevoli rispetto alla normativa statale ai fini dellestinzione del
reato, del rilascio di una concessione in sanatoria stato affermato in tema di repressione di abusi edilizi: anche tali
norme disciplinano la materia in maniera contrastante con la legge statale incidendo sulla materia penale sempre
sottratta alla potest legislativa regionale.
Particolarmente interessante sono due decisioni della corte, relative allapertura di una casa da gioco a Taormina in
cui stato sottolineato come alle regioni sia precluso di emanare provvedimenti intesi a rendere lecita una attivit, come
lesercizio di giochi dazzardo, e come dalla legge dello stato considerata illecita e passibile di sanzione penale.

Riserva di legge versus decreti legislativi e decreti legge


Quanto agli atti normativi dello stato discusso se la disposizione di cui allart 25 co2 cost, statuisca una riserva di
legge formali o semplicemente una riserva di legge materiale, con la conseguente ammissione che i decreti legislativi e i
decreti legge costituiscano una fonte penale.

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Una prima risposta si ricava dal dato costituzionale che assegna a tali fonti normative efficacia identica a quella delle
leggi formali. Lespressione linguistica (hanno forza di legge) pertanto non consente la sottrazione a essi della
competenza penale.
- Il decreto legislativo (o legge delega) fonte di normazione delegata dal parlamento al governo, inteso come
organo collegiale, sulla base di una legge formale di delega, limitata temporalmente e rilasciata per oggetti
definiti, che stabilisce i principi e detta i criteri direttivi a cui il governo deve uniformarsi nella normazione
delegata (art 76 cost).
La l.400/1988 prevede come ulteriore controllo sulloperato del governo, che il parlamento, sia chiamato ad
esprimere parere di conformit degli schemi dei decreti delegati rispetto alla legge delega attraverso le
commissioni permanenti delle due camere competenti per materia.
Alla stregua di tali disposizioni evidente che lintervento penale del decreto legislativo non viola la ratio della
riserva. Infatti, attraverso la previsione delloggetto definito, dei principi e dei criteri della delega e della sua
limitazione nel tempo, il parlamento (e non il governo) resta la fonte esclusiva della scelta politica che
costituisce la causa giuridica e lo scopo sociale della norma.
Sono rispettate, inoltre, le esigenze di pubblicit e di dialettica tra maggioranza e opposizione parlamentare.
- Il decreto legge fonte di normazione provvisoria del governo in casi straordinari di necessit ed urgenza. I
decreti decadono, infatti, con efficacia sin dallinizio (ex tunc) ove non siano convertiti in legge dal parlamento
entro 60 giorni dalla loro pubblicazione (art. 77 cost).
Se vero che il controllo del parlamento rigoroso tanto che la mancata conversione gli fa perdere efficacia ex
tunc, vero anche che tale norma, a seguito della mancata conversione, non completamente azzerata nei suoi
effetti.
Le prime decisioni in cui la corte costituzionale si espressa sulla legittimit di leggi penali, emanate nella forma di
decreto legislativo riguardano atti normativi emessi in forza di leggi di delegazione del periodo fascista in cui tali
pronunce hanno affermato come non pu costituire motivo di illegittimit di una legge di delegazione o di un atto
delegato, linosservanza delle norme di cui allart 76 cost e di quelle che impongono la determinazione di principi e la
fissazione di termini.
Con numerose decisioni la corte ha respinto questioni di legittimit concernenti il rispetto da parte del decreto delegato
dei principi e criteri contenuti nella legge delega. Tra le sentenze che hanno dichiarato lincostituzionalit della norma
delegata per eccesso di delega vanno ricordate:
- C.cost 435/1990
- C.cost 176/1991
- C.cost 250/1991
- C.cost 54/1993

Riserva di legge e decreti governativi in tempo di guerra


Fonte di diritto penale sono i decreti governativi in tempo di guerra emessi dal governo su delega conferitagli dal
palamento ai sensi dellart 78 cost il quale afferma che le camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al
governo i poteri necessari. Si tratta di una normazione di carattere assolutamente eccezionale.
Non sono costituzionalmente legittime fonti promananti da organi monocratici dellesecutivo come le ordinanze in tema
di pubblica sicurezza del ministro dellinterno e del prefetto in quanto prima di tutto non ricorre il presupposto dello
stato di guerra ma solo uno stato di pericolo pubblico o di guerra civile, e inoltre perch la delega conferita al governo
come organo collegiale e non da altri organi dellesecutivo.

Riserva di legge statale e atti del potere esecutivo


Con riferimento al rapporto della legge con gli atti normativi generali ed astratti che il potere esecutivo emana
posteriormente alla legge, stato in passato discusso se la riserva debba intendersi:
--- come ASSOLUTA (nel senso da escludere ogni facolt dellesecutivo di integrare il contenuto del precetto e del
trattamento sanzionatorio)
--- o come RELATIVA (con conseguente potere del governo di integrare la norma primaria).
La dottrina quasi unanimamente esclude che la riserva sia relativa o assoluta ma che questa sia congegnata in modo tale
da lasciare ugualmente una potest normativa allesecutivo.
Si cos affermata, soprattutto nella giurisprudenza della corte costituzionale, la teorica volta a limitare al massimo
grado la rilevanza delle fonti secondarie in campo penale, detta della sufficiente specificazione nel senso che la

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riserva rispettata quando la legge esprima con sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti
della fonte non legislativa.
Pu concludersi nel senso che la riserva di legge assoluta almeno tendenzialmente, nel senso che il rinvio allatto
normativo secondario legittimato solo quando concerne la determinazione in chiave tecnica di un elemento della
fattispecie.
In questo modo preclusa alla fonte secondaria ogni discrezionalit politica e lintegrazione meramente tecnica
garantisce il rispetto della riserva.
Con riferimento al rapporto della legge con gli atti normativi generali e astratti del potere esecutivo preesistenti,
losservanza della riserva assoluta garantita quando il rinvio sia di carattere recettizio nel senso che la legge
recepisce il contenuto del regolamento preesistente facendolo proprio e restando indifferente alle eventuali vicende
normative delle regole richiamate.
Il carattere recettizio deve essere chiaramente espresso dalla norma richiamante.

Riserva di legge statale e provvedimenti concreti del potere esecutivo


Non violano la riserva di legge le norme penali che sanzionano linosservanza a provvedimenti individuali riconducibili
a determinate tipologie generali di atti della pubblica amministrazione o dellautorit giudiziaria. In questi casi il
provvedimento concreto, alla cui inottemperanza subordinata la punibilit, funziona effettivamente allinterno della
fattispecie come elemento normativo del fatto, senza aggiungere nulla al contenuto del precetto.
Il provvedimento amministrativo o giudiziario non svolge in questi casi nessuna funzione creativa nelleconomia della
fattispecie, poich non prescrive nulla ma costituisce la semplice condizione di fatto perch la norma astratta trovi
concreta attuazione.

Postilla sulle norme penali in bianco


Con lespressione norme penali in bianco si fa comunemente riferimento a un procedimento di tecnica normativa per
cui il contenuto del precetto individuato da norma diversa rispetto a quella che statuisce la pena.
Si tratta di un espediente di tecnica normativa con cui la fonte primaria invece di specificare direttamente il contenuto
del precetto opera un rinvio ad altra fonte dellordinamento.
Il rinvio pu essere compiuto:
- a unaltra legge penale o extrapenale
- a un regolamento gi esistente
- a un regolamento futuro
- a una norma straniera
- a una norma consuetudinaria.
Fermo restando che il rinvio a una fonte diversa dalla legge non viola la riserva assoluta solo quando sia di tipo
recettizio nei confronti di una disposizione preesistente, resta da verificare le condizioni di legittimit del rinvio dalla
legge penale ad altra fonte primaria situata in un ramo dellordinamento diverso da quello penale.
Un limite va sicuramente ravvisato nel divieto di irretroattivit della legge incriminatrice dove non ammissibile
lapplicazione della norma rinviante per effetto della modifica della legge di rinvio. Salvo questo limite sembrerebbe
che il principio di legalit integralmente rispettato.

Il rapporto tra legge e atti del potere esecutivo nella giurisprudenza costituzionale
Sul rapporto tra legge penale e gli atti normativi del potere esecutivo, la corte costituzionale ha sostenuto che il
principio di legalit soddisfatto quando nella norma statale sono indicati con sufficiente specificazione i presupposti,
i caratteri, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dellautorit non legislativa, alla cui trasgressione deve seguire la
pena. Ricorrendo a tale principio la corte ha individuato due sole ipotesi di illegittimit costituzionale per violazione
dellart 25 co2 cost.:
1 stata dichiarata lillegittima dellart 11 r.d. 3267/1923 perch demanda alle norme locali di polizia forestale,
emanate dalle camere di commercio, di stabilire a propria scelta le sanzioni penali da applicare ai trasgressori
sulla base della considerazione che le leggi dello stato non possono rimettere ad altre autorit di determinare a
propria scelta se sanzionare o meno e con certe modalit piuttosto che con altre
2 stata dichiarata lillegittimit del combinato disposto degli art 1 e 5 l.818/1984 in tema di certificato di
prevenzione incendi, in quanto rinvia ad una fonte di grado inferiore lindividuazione dei destinatari
dellobbligo di richiesta del certificato antincendio e nulla-osta provvisorio, la cui violazione sanzionata
penalmente; la corte rileva infatti come il totale rinvio della legge penale al regolamento o allatto

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amministrativo gi esistente, non pu considerarsi rinvio ad uno specifico atto in quanto perdura la facolt
dellamministrazione di mutare, sostituire o abrogare latto stesso.
A partire dalla seconda met degli anni 80 le pronunce della corte hanno delimitato la possibilit di integrazione ai soli
elementi di carattere tecnico, in modo tale che nessuna discrezionalit punitiva sia lasciata dalla legge allesecutivo.
Applicando il gi citato criterio della sufficiente specificazione la corte ha inoltre affermato la compatibilit della
riserva di legge con norme penali che sanzionano linosservanza di provvedimenti particolari del potere esecutivo.
Nella questione di legittimit costituzionale di norme incriminatrici che rinviano ad atti amministrativi per
lintegrazione del precetto penale frequente il riferimento alle norme penali in bianco.

Riserva di legge e consuetudine


Il principio di riserva di legge preclude:
- alla consuetudine di creare norme penali incriminatrici (consuetudine incriminatrice)
- di riconoscere alla consuetudine un ruolo di integrazione degli elementi costitutivi del fatto, in ragione della
incertezza ricollegabile a una fonte priva di una origine determinabile e che non formulata per iscritto
(consuetudine integratrice)
- inoltre non ammissibile che la consuetudine abroghi norme penali (consuetudine abrogatrice) in quanto
contrasta con il principio di gerarchia delle fonti, per cui una legge pu essere abrogata, in modo espresso o
tacito, soltanto da una legge posteriore.
La consuetudine pu essere fonte di una causa di giustificazione (consuetudine scriminante) poich la riserva di legge
limitata alla norma penale in senso stretto. Leffetto creativo per limitato dal principio della gerarchia delle fonti.
La corte di cassazione esclude che la consuetudine possa esercitare qualsiasi effetto abrogativo di doveri fissati
normativamente.
In altri casi, invece, la cassazione fa riferimento alla fonte consuetudinaria per determinare elementi normativi di
fattispecie o per specificare e interpretare la portata e il significato della norma.
Fatta eccezione per alcune rare pronunce, la prevalente giurisprudenza di legittimit nega alla consuetudine una
funzione scriminante.

Riserva di legge e sentenze della Corte costituzionale


Per effetto del sindacato di costituzionalit possono verificarsi fenomeni di caducazione (il privare di efficacia
giuridica) di norme penali incriminatrici di sfavore oppure di norme penali di favore, che prevedono cause di
giustificazione, cause di non punibilit, circostanze attenuanti.
1 Caso Nel primo caso la sentenza dichiarativa di incostituzionalit restringe larea della responsabilit penale
o fa sorgere una disciplina pi favorevole al reo.
2 Caso Nel secondo caso estende tale area o introduce una disciplina pi severa.
Entrambi i fenomeni sono ammissibili perch la creazione del novum normativo non il frutto di un atto
positivamente volto alla creazione del diritto, bens leffetto legato intrinsecamente alle caratteristiche dellintervento
della corte.
Il quadro complicato dalle modalit particolari in cui si esplica concretamente il giudizio di costituzionalit. Infatti
sorgono tre ordini di problemi:
- Accade che la corte pronunci sentenze interpretative di rigetto con le quali la norma riconosciuta conforme ai
principi costituzionali. Viene qui in considerazione la differenza tra la norma reale e la proposizione linguistica
normativa. Nella concretezza quando la corte dichiara illegittima una tra le norme reali, pronuncia
implicitamente lillegittimit della norma corrispondenti al tenore dellinterpretazione ritenuta contraria alla
costituzione. Nelle sentenze di questo tipo sono individuabili due dispositivi, rispettivamente di rigetto e di
accoglimento.
- Un secondo problema concerne le sentenze additive con le quali la corte pronuncia lillegittimit di un disposto
di legge in quanto o perch non enuncia uno o pi elementi di fattispecie, o non contempla determinati effetti
o conseguenze, indispensabili per far rientrare la norma sospettata nella conformit costituzionale. Le sentenze
additive sono legittime solo quando lelemento aggiuntivo costituisce un principio di carattere generale
inerente allordinamento interno o al settore di ordinamento cui appartiene la norma oggetto della decisione.
- Un terzo problema concerne leventuale reviviscenza di una norma incriminatrice preesistente. Pu accadere
che sia dichiarata la difformit dalla costituzione di una norma con cui il legislatore ha diversamente regolato
una diversa materia, restringendo la portata della legge incriminatrice precedente o introducendo elementi
suscettibili di operare a favore del reo.
In questo caso occorre domandarsi se, caduta la norma pi favorevole, si verifichi o meno la revivescenza della
norma precedente meno favorevole. La risposta negativa, in quanto ammettere la revivescenza
significherebbe attribuire alla corte una potest legislativa di tipo positivo.
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La corte costituzionale pi volte intervenuta sulle norme penali dichiarando la illegittimit con sentenze manipolative.
Tra le pronunce additive di incostituzionalit vanno ricordate:
- C.cost n108/1974
- C.cost n290/1974
- . (vedi libro p.51-52)
Numerose sono anche le sentenze interpretative di rigetto in cui la corte, manipolando la fattispecie penale sottoposta al
suo sindacato, vincola il giudice ordinario a non applicare la norma secondo linterpretazione dichiarata
incostituzionale.
Una recente pronuncia delle Sezioni unite della corte di cassazione ha confermato tale orientamento affermando che le
decisioni interpretative di rigetto della corte costituzionale non hanno efficacia erga omnes e pertanto determinano solo
un vincolo negativo per il giudice del procedimento nel quale la relativa questione stata sollevata. Questo giudice,
infatti, non pu sollevare la disposizione impugnata attribuendole il significato ritenuto dal giudice delle leggi
incompatibile con la costituzione, mentre tale giudice conserva il potere-dovere di interpretare in piena autonomia
quella disposizione.

Principio di legalit e garanzia sostanziale

Il principio di precisione descrittiva e di pregnanza del fatto


Il principio di legalit non esprime solo lesigenza formale che il precetto e la sanzione siano posti dal parlamento come
organo che rappresenta la generalit dei cittadini, ma altres lesigenza sostanziale che la responsabilit penale sia
vincolata alla realizzazione di un fatto normativamente individuato e descritto nei suoi caratteri fondamentali.
Un sistema imperniato sulla mera legalit formale (che specifica solo quale debba essere la fonte di qualificazione
giuridica e non le modalit con cui deve presentarsi il suo oggetto) non consentirebbe leffettivo dispiegamento di una
garanzia di diritto sostanziale cos ampia come quella inerente alla ratio dellart 25 co2 cost.
Affiora cos listanza di precisione descrittiva e di pregnanza del fatto idonea a saldare tra loro i presupposti
sostanziali e processuale della sentenza, delineando organicamente il rapporto tra:
--- modalit di previsione astratta della fattispecie
--- e procedura del fatto storico.
Limplicazione reciproca delle due fa comprendere che la garanzia del destinatario sta nella individuazione del
contenuto della norma con modalit tali da renderla idonea a costruire il sintomo esterno della ragionevolezza
dellintervento punitivo.
Il principio dio previsione e pregnanza esprime lesigenza di ragionevolezza e di coerenza della scelta legislativa
insieme con listanza di riscontrabilit e di verificabilit della descrizione normativa.
Se il linguaggio normativo non pu essere certo allo stesso modo di un linguaggio rigorosamente scientifico, lesigenza
della certezza postula che le norme siano formulate in modo da manifestare chiaramente la natura delle scelte politiche
di penalizzazione e da offrire ai destinatari uno strumento di controllo dellesercizio del potere legislativo e un criterio
sicuro per il proprio comportamento.
La legge VIOLA il principio di legalit sostanziale quando:
- Il precetto risulti costruito con formule vaghe e indeterminate tali da abbracciare situazioni molto distante e
eterogenee tra loro
- Il precetto sia intrinsecamente contraddittorio o palesemente in contrasto con altre norme dellordinamento
- Al tenore formale del precetto non corrisponde un substrato psicologico, patologico, criminologico noto agli
esperti delle discipline scientifiche e da essi descritto o una esperienza di vita chiara e non contraddittoria per
la generalit dei cittadini
- Il nesso tra il bene giuridico tutelato e la pena sia espresso in termini di assoluta inadeguatezza, sproporzione
o diseconomicit.

Tecniche di formulazione delle norme penali


Dai rilievi appena descritti emerge chiaramente che la precisione e pregnanza della norma non sono ricollegabili a una
determinata tecnica di formulazione in quanto dipendono piuttosto dalla chiarezza con cui un ragionevole programma
punitivo si sia riversato in una disposizione logicamente non contraddittoria. Ci non toglie rilievo alla esigenza di
migliorare le modalit tecniche di espressione normativa. In primo luogo viene in considerazione la distinzione tra:
- Elementi di fatto di tipo descrittivo
Esprime un contenuto che si ricava direttamente dalla esperienza di vita del destinatario o che pu essere
precisato attraverso un criterio di misura esterno
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- Elementi di fatto di tipo normativo
La cui determinazione postula un apprezzamento di tipo normativo.
la rigorosa distinzione tra le due categorie non per concettualmente sostenibile poich gli elementi descrittivi
richiedono, nei casi dubbi, di essere interpretati. Inoltre la distinzione trascura che la grandissima parte degli elementi di
fattispecie si colloca in una zona grigia che sta ai confini tra le due categorie.
Come accade per esempio nelle fattispecie criminose come dato dai termini violenza (che pu essere privata, sessuale,
sulla cosa ect.) o minaccia, abuso o intimidazione.

La determinazione dellelemento normativo pu essere affidata a norme giuridiche o a norme extragiuridiche o a


norme di costume.
Non sussistono in generale controindicazioni allutilizzo penale dei concetti normativi in senso stretto almeno quando il
rinvio alla norma extrapenale sia chiaramente individuabile e la nozione giuridica espressa sia ricavabile in base ai
normali procedimenti interpretativi.
Qualche perplessit suscitano i concetti normativi che rinviano a norme extragiuridiche sia di tipo tecnico (regole di
perizia, diligenza e di accuratezza inerenti allo svolgimento della specifica attivit professionale) o etico/sociale
(attinenti alla morale familiare, condotta contraria allordine pubblico o alla morale delle famiglie, latto o loggetto
osceno, i maltrattamenti in famiglia). Un giudizio tendenzialmente di imprecisione di questi elementi non
condivisibile in quanto molti concetti etico/sociali sono ancorati allesperienza comune dei cittadini.
Tendenzialmente prive di precisione sono le norme che contengono clausole generali. Esempio: art 269 seconda parte
ove punito chi svolge comunque una attivit tale da recare nocumento agli interessi generali nazionali; art 291 che
punisce il vilipendio della nazione italiana.
Al fine di ottenere una sufficiente precisione pu offrire un soccorso la tecnica casistica con cui si procede alla
descrizione analitica di specifici comportamenti, oggetti, situazioni. Contro luso di tale tecnica non vale lobiezione
che essa determinerebbe il formarsi di lacune nel tessuto punitivo in modo da sollecitare il giudice alla integrazione
tramite analogia. Invero la presenza di lacune punitive non va vista come una anomalia. In considerazione di ci
opportuno che sia il legislatore a prendere atto dellesistenza di una lacuna, provvedendo a colmarla o a non colmarla a
seconda del giudizio politico in ordine allopportunit di estensione. Il legislatore ha dato prova negli ultimi anni di
voler colmare le lacune emerse nel corso dellesperienza giurisprudenziale.
La tecnica casistica non pu essere il criterio ordinatorio della fattispecie penale. Questa tecnica particolarmente
consigliabile quando si riscontri in un certo momento storico la tendenza giurisprudenziale allastensione analogica
degli elementi di fattispecie.

Il principio di precisione e pregnanza nella giurisprudenza costituzionale


Le prime pronunce della corte costituzionale sul principio di precisione descrittiva e pregnanza nella individuazione del
bene giuridico risalgono allinizio degli anni sessanta dove la corte respingeva tutte le questioni di legittimit sollevate
sulla base della frequente considerazione che il principio in virt del quale nessuno pu essere punito per un fatto che
non sia espressamente preveduto come reato dalla legge non attuato nella legislazione penale, limitandosi spesso a
una descrizione meramente sommaria e alluso di espressioni meramente indicative realizzando nel miglio modo
possibile lesigenza di una previsione tipica dei fatti.
Negli anni ottanta venuto a imporsi un rigoroso orientamento in base al quale sono state dichiarate incostituzionali
norme che non rispettavano i requisiti minimi di riconoscibilit e intelligibilit del precetto penale. Si infatti
riconosciuto che il principio di precisione della fattispecie, contenuto nella riserva assoluta di legge in materia penale
impone al legislatore lobbligo di formulare norme concettualmente precise, sotto il profilo della chiarezza e della
intelligibilit dei termini impiegati. Tale riconoscimento si avuto in cost n.364/1988 ove si legge: i principi di
tassativit e irretroattivit delle norme penali incriminatrici evidenziano che il legislatore costituzionale intende
garantire ai cittadini, attraverso la possibilit di conoscenza delle stesse norme e la sicurezza giuridica delle consentite,
libere scelte del legislatore.

Adeguatezza e proporzione della pena rispetto al tipo di fatto


Il principio di precisione e pregnanza del tipo esplica i suoi effetti non solo con riferimento ai presupposti della
punibilit ma anche alle conseguenze sanzionatorie. Il sistema sanzionatorio stato sconvolto dalle riforme processuali
nonch dal radicale mutamento del diritto penitenziario. Le riforme che ne sono seguite hanno disintegrato la
correlazione tra pena edittale e pena concretamente applicabile dal giudice. Nellattuale ordinamento la legalit della

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pena non sostanzialmente rispettata poich una pluralit di esigenze non trovano una guida legislativa
sufficientemente univoca.
Restringendo lattenzione sui profili della legalit formale, come fissata dalle disposizioni codicistiche, va ricordato che
la tipicizzazione della sanzione evoca il rapporto tra la precisione del tipo e la discrezionalit del giudice.
In virt dei principi retributivi e rieducativi la comminazione della sanzione va individualizzata con riferimento alla
gravit del fatto e alla personalit del colpevole.
Ne segue che il legislatore ha lonere di individuare per ogni reato la sanzione predeterminate, tra un minimo e un
massimo edittale, nonch procedere alla possibilit che il giudice commini, in relazione al disvalore concreto
dellillecito, sanzioni diverse anche nel tipo.
Se il potere discrezionale del giudice essenziale per il corretto funzionamento del sistema costituzionale il principio di
legalit impone la predeterminazione per legge dei criteri su cui fondare il potere discrezionale nonch la previsione di
tipologie di cornici sanzionatorie sufficientemente determinate.
Per quanto la fissazione del tipo e della misura della sanzione spetti al legislatore, la scelta discrezionale non
insindacabile costituzionalmente per eccesso di potere legislativo ossia quando tale potere sia stato esercitato in modo
assolutamente irragionevole e contraddittorio.
Lirragionevolezza della previsione sanzionatoria ricavabile dallesame della disciplina complessiva di una stessa
materia o di un gruppo di materie collegate tra loro dallaffinit del bene giuridico tutelato.
La violazione del principio di precisione si verifica quando la cornice sanzionatoria sia eccessivamente dilatata o la
previsione di tipi diversi di pena non sia accompagnata da criteri orientativi adeguati per la scelta discrezionale del
giudice. In casi del genere non si parla di discrezionalit vincolata di comminare una pena ma di una vera e propria
libert in capo al giudice non delimitata dalla legge.
Lirragionevolezza deve risultare dallintero sistema normativo e non dalla opinabilit della scelta compiuta dal
legislatore.
Il legislatore utilizza talora delle formule che prevedono cornici di pena diverse in relazione ai casi di:
- Speciale gravit
- Minore gravit
- Lieve entit.

Secondo un orientamento consolidato nella giurisprudenza della corte costituzionale la determinazione del quadro
sanzionatorio e la valutazione della proporzionalit tra qualit e quantit di pena e disvalore del fatto rientrano
nellambito del potere discrezionale del legislatore, il cui esercizio per non del tutto sottratto a un giudizio di
legittimit costituzionale. La corte ha infatti ritenuto di poter sindacare la legittimit delle norme nei casi mi manifesta
infondatezza della previsione edittale con riferimento alla irrazionale e ingiustificata disparit di trattamento
sanzionatorio in ipotesi simili.
Pi numerose sono state, invece, le pronunce di rigetto in cui la corte, in riferimento alle cornici di pena stabilite dal
legislatore e alla legittimit di previsioni sanzionatorie differenziate, ha sottolineato come in tali ipotesi spetti al giudice
far emergere in concreto la diversa gravit della varie sottospecie e graduare su questa, nel rispetto dei minimi edittali,
la pena da irrogare.

Il principio di legalit/tipicit delle pene e le prescrizioni atipiche


Poich ogni sanzione connotata da uno specifico contenuto, il principio di tipicizzazione si distende su tutta la
disciplina che concerne lesecuzione della pena, ivi comprese le modalit del trattamento e lesecuzione delle misure
alternative.
Oggetto di incertezza la compatibilit delle prescrizioni relative allaffidamento sociale con i principi costituzionali (di
cui allart 13 e 25 cost) sotto il duplice profilo della genericit dellart 47 ord. Pen. e della imponibilit di prescrizioni
non espressamente previste.
Il quadro normativo rileva la contraddittoriet del sistema.
Laffidamento in prova al servizio sociale nato come misura congruente alla risposta positiva del soggetto al trattamento
penitenziario, diventato nella pratica la pena principale riservata dallordinamento ai condannati appartenenti alla
fascia intermedia della criminalit e, in particolare, alla maggioranza dei condannati per gravi violazioni delle norme
penali fallimentari e che tutelano la pubblica amministrazione.
Da questa situazione scaturita lesigenza di riempire di contenuti punitivi e rieducativi la concreta esecuzione
dellaffidamento.

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Le prescrizioni contemplate sono:
--- da un parte sulla falsariga degli istituti cautelari e prevenzionistici nonch della misura di sicurezza della libert
vigilata, esse integrano misure volte al controllo del condannato limitando alcuni aspetti della libert personale
--- dallaltra parte, nella prospettiva della riparazione a favore della vittima, contemplano la fattispecie delladoperarsi a
suo favore.
Principio di legalit e successioni di leggi penali nel tempo: cenni e rinvio

Il principio in dubio pro reo

LINTERNAZIONALIZZAZIONE DELLA LEGGE PENALE

IL PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL DIRITTO PENALE E I SUOI RIFLESSI SULLA


MATERIA: LA TENUTA DELLE GARANZIE COSTITUZIONALI E IL RISPETTO DEGLI OBBLIGHI
INTERNAZIONALI.
Per un pieno dispiegamento dei principi europei scaturenti dagli odierni assetti di cooperazione internazionale nella lotta
al crimine e di adeguamento della legislazione penale ad una tendenza alla globalizzazione, si pongono con maggiore
urgenza problemi di rispetto dei principi di garanzia per il cittadino, attraverso la salvaguardia della legalit.

Vi il delicato problema del riconoscimento della valenza dei principi costituzionali


penali non solo nella carta costituzionale degli stati nazionali ma anche nella
costituzione europea adottata con il trattato per una costituzione per lEuropa del 2004.

In primo luogo vi :

lesigenza di assicurare un adeguato livello di protezione delle garanzie.


Linflizione di sanzioni privative della libert personale riconosciuto espressamente nella carta costituzionale
italiana allart.13 ed anche ribadito nelle disposizioni contenute nel trattato che adotta una costituzione per
lEuropa, anche se con espressioni meno forti rispetto al testo italiano.
Collegata allinviolabilit della libert personale dellindividuo e della sicurezza personale, il patto internazionale
esprime limpegno a garantire che, nel caso che la libert personale sia stata violata, qualsiasi persona pu disporre di
effettivi mezzi di soccorso, anche nel caso in cui la violazione sia stata commessa da persone agenti nellesercizio delle
loro funzioni ufficiali. Esigenza che si ricollega anche al diritto costituzionale di difesa di cui allart. 24 Cost. Italiana.
Limplementazione odierna del sistema penale verso una dimensione internazionalizzata pone, in primo luogo, un
problema di gestione del livello di tensione tra lesigenza di predisporre un organigramma di strumenti contro il crimine
organizzato e transfrontaliero.
Occorre poi aggiungere che il diritto penale, come sistema afflittivo dotato di una forte carica etica e di orientamento dei
comportamenti sociali, utilizza un apparato sanzionatorio che costituisce il nucleo fondante del potere di coercizione, a
sua volta espressione diretta della sovranit statuale. Prerogativa che gli stati, pur membri di organizzazioni
internazionali e firmatari di trattati internazionali, convenzioni e patti convenzionali, custodiscono gelosamente. Questo
stato di fatto determina resistenze sulle cessioni di sovranit nel settore pi rappresentativo, che costituito proprio dal
diritto criminale inteso in senso stretto.
Quindi, gli obblighi internazionali sembrano far breccia in materia penale, proprio per le considerazioni appena
proposte, in modo molto pi difficoltoso nonostante il loro carattere vincolante e convenzionale.
In secondo luogo:

senso di sfiducia rispetto agli organismi internazionali e lindubbio deficit di democraticit che ancora oggi
presentano le istituzioni sopranazionali.

La costituzione per lEuropa, allineandosi alle costituzioni interne degli stati dEuropa, riconosce espressamente il
principio di stretta penalit legale insieme con il corrispondente riconoscimento della proporzionalit dei reati e delle
pene.

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Pi analitica risulta la costituzione europea sulle regole del giusto processo legale, in virt del recepimento delle norme
gi contenute nella CEDU. Tali ulteriori norme rinviano al diritto di difesa, allimparzialit del giudice, alla presunzione
dinnocenza e al diritto ad un ricorso effettivo: svolgimento equo, pubblico ed in un termine ragionevole del processo,
gestito da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge, con adeguata assistenza anche col patrocinato
gratuito dello Stato.

CONVENZIONI ED OBBLIGHI INTERNAZIONALI.


La chiusura della fase statalista, che tende ad un riconoscimento della sovranit altrui, e la successiva apertura di una
pi convincente stagione della cooperazione internazionale e del riconoscimento degli obblighi internazionali per
lItalia, si ha con lentrata in vigore della Costituzione del 1948. Da questo momento lo spartiacque, anche per la
materia penale, segnato da principi quale quello indicato dallart.11 sulle limitazioni di sovranit nazionale e il
favorire le organizzazioni internazionali e dallart.10 che sancisce la conformazione dellordinamento interno alle
norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
Le prime avvisaglie della costruzione di un diritto (anche punitivo sanzionatorio) dellUE si hanno con le tre precedenti
CECA, EURATOM e CEE. Lo strumento della convenzione pare da questo momento in poi indirizzato in una duplice
direzione:
costruzione di un sistema sopranazionale che influisce pi o meno direttamente sulla legislazione penale degli
stati membri di organizzazioni europee o internazionali, e ci concerne il progressivo formarsi di un acquis
comunitario e di un sistema di diritto penale internazionale per la punizioni di crimini internazionali;
introduzione di strumenti sempre pi adeguati e moderni di cooperazione giudiziaria in vista della protezione
di interessi avvertiti come trascendenti un mero interesse nazionale.
Si spiegano in questo senso ladozione di convenzioni, su cui si poi di nuovo intervenuti con le direttive dettagliate
comunitarie in vista delladozione di leggi comunitarie interne. Pi di recente si adottato, per lintroduzione di
meccanismi avanzati ed uniformizzati di cooperazione giudiziaria, lo strumento della decisione quadro, che istituisce
lEurojust per rafforzare la lotta contro le forme pi gravi di criminalit.

LA CONVENZIONE DEI DIRITTI DELLUOMO (Roma 1950; entrata in vigore in Italia nel 1955) E IL PROBLEMA
DELLE FONTI IN MATERIA PENALE.
Si pu oggi affermare che sia intervenuta la costituzionalizzazione di tutte le disposizioni contenute nella CEDU ad
opera della recezione del testo costituzionale europeo, superando cos linquadramento della CEDU tra le leggi
ordinarie.
Abbiamo una nuova riscrittura della posizione dellindividuo rispetto ai possibili arbitri del potere costituito, che viene
ufficialmente riconosciuta con un diritto universale che presenta una duplice implicazione: la tutela dei diritti umani
fondamentali, con la conseguente nascita di un diritto umanitario (preservato in una dimensione internazionale) e la
salvaguardia delle libert personali, anchesso bene internazionalizzato.
La protezione giuridica dei diritti e delle libert fondamentali degli individui viene pensata dal Consiglio dEuropa
nellambito dellistituzione dei due organismi giurisdizionali della Commissione e della Corte europea dei diritti
delluomo, e di un organo politico, quale il comitato dei Ministri del Consiglio dEuropa, aventi funzioni sia
giurisdizionali che esecutive, in vista della possibilit di consentire un duplice diritto di ricorso per far s che gli organi
citati possano controllare il rispetto, da parte degli Stati, degli impegni assunti con la ratifica del testo convenzionale:
diritto di ricorso individuale contro le possibili violazioni delle norme della CEDU da parte di organismi statali contro i
diritti e le libert umani fondamentali.
Per una pi appropriata tutela giurisdizionale, si attuata la riforma della Corte europea dei diritti delluomo con il
Protocollo n 11 1994: in tal modo la Corte diventata un solo organo permanente, anticipando cos, listituzione (di
poco successiva) di un altro organismo giurisdizionale stabile e permanente per giudicare fatti di rilevanza
sopranazionale la Corte penale internazionale, istituita con lo statuto di Roma del 1998.
La convenzione si apre con la norma-manifesto che sancisce lobbligo per tutti gli stati-parte contraenti di rispettare i
diritti delluomo e prosegue con lesplicita elencazione del catalogo delle libert fondamentali e i corrispettivi diritti, tra
cui il diritto alla vita e il diritto alla libert e alla sicurezza. A questi principi cardine se ne collegano degli altri, in teme
di piena attuazione delle libert fondamentali, diritti o divieti.
La convenzione contiene anche alcune altre enunciazioni che interessano pi da vicino lapplicazione della legge penale
(ponendo quindi un problema di fonti nella materia penale) e lo svolgimento garantito del processo penale. Menziona
anche espressamente il rispetto del principio di legalit, il diritto ad un equo processo, il diritto ad un ricorso effettivo,

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che deve essere collegato direttamente al diritto di difesa in ogni stato e grado di giudizio; riconoscimento dellobbligo
di motivare i provvedimenti restrittivi della libert; salvaguardia dei diritti dei soggetti detenuti.
Il cammino verso un pieno riconoscimento di tavole di valori universalmente accettati riguardo ai diritti fondamentali
ha ricevuto un importante e significativo punto di svolta con lapprovazione della Carta Europea dei diritti
fondamentali, che su iniziativa del rappresentante tedesco al Consiglio dEuropa di Colonia del 1999, ed in seguito ad
alcuni aggiustamenti operanti durante il Consiglio straordinario di Tampere dello stesso anno, ha visto la sua rapida
promulgazione nel Consiglio dEuropa di Nizza del 2000.

I DOCUMENTI DELLE NAIZONI UNITE E IL DIRITTO PENALE.


Con la nascita dellONU (1945) si ottiene la realizzazione di una grande istituzione sovranazionale che cerca di opporre
la forza della comunit internazionale alla brutale violenza bellica, di cui si scoraggia qualsiasi tipo di utilizzo o di
adesione, per la risoluzione di controversie interstatuali o che abbiano ad oggetto aree regionali di crisi nei reciproci
rapporti istituzionali.
Accanto allesigenza di evitare il verificarsi di conflitti armati e di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, si
pongono anche misure idonee a prevenire e reprimere le minacce allequilibrio della pace.
In tempi pi recenti lopera dellONU in materia di diritto penale internazionale pare concentrarsi pi decisivamente
verso il controllo del fenomeno criminoso del terrorismo internazionale, come crimine di aggressione e contro la pace, e
per la salvaguardia dei diritti umani nella miriade dei conflitti multietnici che stanno insanguinando il pianeta in pi
luoghi. Abbiamo risoluzioni in tema di crimini contro lumanit, il genocidio e i crimini di guerra, rispetto ai quali erano
state in precedenza nominate una Commissione per il disarmo, il Comitato speciale per le operazioni per il
mantenimento della pace e unapposita Commissione sui diritti umani. Altre importanti risoluzioni si segnalano in
materia di tortura e trattamenti inumani. In questultimo settore si aggiungono di recente anche alcuni Decisioni, mentre
unaltra Decisione riguarda la situazione nei territori palestinesi occupati.

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELLUOMO E PATTO INTERNAZIONALE REALTIVO AI


DIRITTI CIVILI E POLITICI: IN PARTICOLARE I CRIMINI CONTRO LUMANITA E LEMERGERE DI UN
DIRITTO UMANITARIO.
Al pari della Convenzione dei diritti delluomo del 1948, anche il Patto internazionale prevede una serie di disposizioni
che lambiscono pi o meno il diritto penale.
Con listituzione del comitato dei diritti delluomo, da parte dello stesso Patto internazionale, si infatti stabilito, in
modo non dissimile dalla Convenzione, che se anche non si possa sottoporre a giudizio di condanna uno Stato parte,
prerogativa che spetta alle istituzioni europee, nondimeno si possa in ogni caso prendere atto che, per alcuni fatti che
contravvengono alle finalit del Patto, si aprono indagini formulando osservazioni generali. inoltre previsto che
attraverso comunicazioni scritte indirizzate da privati al Comitato, questo possa, una volta espletati gli opportuni
accertamenti, trasmettere le proprie considerazioni tanto allo Stato interessato che al soggetto che ha proposto lazione
conoscitiva: un modo preventivo per denunciare eventuali violazioni dei diritti delluomo e delle libert fondamentali.
Le norme che riguardano il sistema penale sono contenute nella parte terza del Patto e si riferiscono al diritto alla vita,
di cui nessuno pu essere arbitrariamente privato, mentre una particolare disciplina dedicata alla pena di morte, di cui
si indicano i limiti e le condizioni di ammissibilit, ed il relativo diritto di chiedere le grazia o la commutazione della
pena e lindicazione che nessuna disposizione del Patto pu consentire di ritardare o impedire labolizione di questa
pena da parte di qualunque Stato firmatario. Sono espressamente bandite la tortura, che qualsiasi altro trattamento
crudele, disumano o degradante.
Altre disposizioni, invece, si riferiscono allequo svolgimento del processo penale e al principio di legalit.

LA GIURISDIZIONE PENALE INTERNAZIONALE E LA LEGALITA PENALE.


Il problema della punizione di crimini internazionali rappresenta uno dei pi impervi capitoli del diritto internazionale.
Una sorta di principio devolutivo del diritto penale statale, che peraltro non li prevedeva come fatti costituenti reato,
avrebbe indotto a punirli secondo norme sopranazionali appositamente individuate e con una giurisdizione
internazionale.
Infatti il diritto internazionale classico non contemplava la responsabilit di individui, accanto a quella degli Stati, per
fatti illeciti e quindi si contempl una duplice possibilit:
quella di ritenere responsabili gli Stati stessi per gli illeciti

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rintracciare le coordinate per individuare una responsabilit per gli individui in merito a crimini che avessero
come terminali delloffesa beni di interesse internazionale o sovranazionale.
Il ricorso al diritto penale interno di ciascuno Stato per la punizione di crimini internazionali , determinava due ordini di
problemi:
un deficit nelle previsioni di reato per quelli che non si fatica ad individuare come nuovi crimini per lumanit;
la questione, ancora oggi controversa, dellindividuazione dei soggetti persone fisiche responsabili dei crimini
stessi.
Quindi lo spauracchio era duplice:
forzatura della legalit penale con applicazione analogica o retroattiva di ipotesi di reato non previste al
momento della commissione dei fatti
rischio di una personalizzazione dellincriminazione per i vertici politici di uno Stato, chiamati a rispondere
individualmente per quelli che apparivano crimini di Stato.
Dal primo conflitto mondiale si afferm la necessit della punizione di crimini internazionali con lapplicazione delle
sanzioni agli individui, veri e reali destinatari dei precetti penali statali, e pure delle norme internazionali.
Si pu affermare che la nascita formale di un vero e proprio diritto internazionale penale si ebbe solo dopo la
conclusione della seconda guerra mondiale. Quindi mentre i crimini di guerra fecero la loro comparsa in modo visibile
gi al termine della prima guerra mondiale, la questione della punibilit dei crimini di aggressione e contro lumanit si
pose in termini evidenti solo verso la fine del secondo conflitto mondiale e fu trasfuso negli statuti istitutivi dei
Tribunali internazionali ad hoc. Mentre la particolare nomenclatura di genocidio per una specie di delitti contro
lumanit fu coniata da Lemkin solo nel 1944.
Gli statuti per listituzione di Tribunali ad hoc per la punizione di crimini internazionali di Norimberga, previsti dalla
Carta di Londra de 1945, nonch dallaccordo sul tribunale militare internazionale per lEstremo oriente, dellanno
successivo, furono i primi corpus di norme penali internazionali completi sia delle singole incriminazioni, che dei
principi generali riconosciuti da tutti i popoli civili. Accanto a queste vennero previste una serie di regole tecniche per il
funzionamento dei processi penali che furono intentati contro i gerarchi nazisti e i vertici del potere politico e delle
forze armate giapponesi. Le incriminazioni, nello statuto del tribunale internazionale di Norimberga, prevedevano tre
categorie generali di crimini:
di guerra;
contro lumanit;
contro la pace
e pi una serie di disposizioni sul principio di legalit e sulla personalit della responsabilit penale.
Il novero dei reati internazionali fu ristretto allinizio ai crimini di guerra, da intendersi di due tipi:
crimini di violazione degli usi e delle convenzioni di guerra nei combattimenti
la protezione delle popolazioni civili e dei prigionieri di guerra.
Questultimo problema fu espressamente affrontato nelle successive convenzioni umanitarie di Ginevra del 1949.
Nellambito dei crimini contro la pace si discusse a lungo della controversa figura del crimine di aggressione, del
crimine di guerra preventiva, della valenza da assegnare alla guerra di ritorsione rispetto ad un precedente attacco
preventivo aggressivo e quindi del vecchio dilemma che aveva affannato storici e giuristi per secoli, della guerra giusta.
In questo settore ha assunto un rilievo particolare anche la condotta di terrorismo internazionale.
Con la Convenzione di NY sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio del 1948 fu ufficialmente introdotto
nel sistema del diritto internazionale penale anche questultima figura, che successivamente stata oggetto di numerose
altre convenzioni internazionali.
Una legge di attuazione dellobbligo scaturente dalla Convenzione sul genocidio stata introdotta in Italia (L n
962/1967) mediante la predisposizione di fatti-base come delitti di attentato, determinando in tal modo evidenti
disarmonie tra norma interna ed internazionale, specialmente nel rapporto tra disvalore del fatto e livelli della sanzione.
Dopo i fatti criminosi avvenuti nei territori della ex Jugoslavia, cos come in Ruanda, la comunit internazionale ha
adottato da parte del Consiglio di sicurezza dellONU il Tribunale internazionale penale per i fatti nella ex Jugoslavia
nel 1993 e il Tribunale penale internazionale per il Ruanda nel 1994.
Ultimi esempi di tribunali internazionali penali ad hoc, finalizzati a giudicare fatti ben circoscritti nello spazio e nel
tempo. Questi organi riproponevano gli stessi limiti e gli stessi difetti di quelli di Norimberga e Tokio, che li avevano
preceduti.
Questi aspetti problematici hanno condotto alla Conferenza internazionale di Roma, che ha adottato uno Statuto per un
Tribunale penale internazionale permanente, che il risultato di un lungo processo di mediazione internazionale.
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LISTITUZIONE DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE ED IL SUPERAMENTO DELLA CRITICITA IN
MATERIA PENALE SOLLEVATA DALLA GIURISDIZIONE DEI TRIBUNALI AD HOC.
Lo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale adottato a Roma nel 1998 strutturato in Capi, il primo dei quali
dedicato allistituzione della Corte e non riveste particolare importanza ai fini del diritto penale, mentre assolutamente
centrali in materia risultano i due successivi che, da una parte, contengono il catalogo dei core crimes ( principali
crimini internazionali di competenza della Corte) e le loro modalit di commissione, nonch importanti disposizioni
riguardanti il ne bis in idem (processuale) e il diritto applicabile, e dallaltra parte, i principi generali del diritto penale.
I crimini di competenza della Corte sono indicati a numerus clausus ed individuati in base ad una loro definita gravit.
Quindi da questo punto di vista sembra che lo Statuto si orienti verso una precisa presa in considerazione delloffesa
agli interessi internazionali.
Sono previsti:
il genocidio categoria ormai autonoma dagli altri crimini contro lumanit; tali atti sono finalizzati alla
distruzione, totale o parziale, di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, mentre i crimini contro
lumanit risultano delineati sul contesto particolare in cui viene realizzato il crimine: un esteso e sistematico
attacco contro le popolazioni civili;
i crimini di guerra la loro esatta definizione, oltre che dal fatto che le condotte punite si caratterizzano per
essere state poste in essere nellambito di un piano o di un disegno politico, dipende anche dalla circostanza
che le condotte punite si manifestano come porzione di una serie di crimini posti in essere su vasta scala.

Tutto limpianto delle incriminazioni solleva qualche motivo di perplessit, non solo per il rinvio (per lindividuazione
dei crimini) a gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949 ma anche dalla non ben delineata distinzione tra
alcune ipotesi di crimini contro lumanit e i crimini di guerra.
Il tipo di descrizione dei fatti che rientrano in ciascun crimine, pare troppo minuzioso e facilmente esposto a creare
lacune che possono essere colmate con interpretazione al limite dellapplicazione analogica delle disposizioni
incriminatrici.
In altre ipotesi sembra viceversa esservi un eccesso definitorio, come nel caso della disposizione sui crimini contro
lumanit, la cui parte finale dedicata allinterpretazione autentica di tutti i sintagmi che compaiono
nellincriminazione stessa. Quindi un corpus di norme suppletive deputato a far da supporto al giudice nella tassativa
applicazione delle fattispecie incriminatrici. Lesuberanza nei titoli di incriminazione fa s che essi costituiscano
autentici codici autonomi dincriminazione distinti per categoria, caratteristica che pu determinare facilmente la
sovrapposizione tra disposizioni incriminatrici e quindi il problema delleventuale insorgere di ipotesi di concorso tra
disposizioni penali.
Ulteriore osservazione le norme risultano piene di locuzioni di carattere puramente normativo, norme tecniche sugli
usi di guerra o su situazioni che possono essere spiegate solo alla luce di unastratta interpretazione normativa
dellelemento della fattispecie. Ci insinua il dubbio su uneccessiva valenza che pu avere in materia lerrore sugli
elementi normativi della fattispecie.
Alcune ipotesi, infine, presentano un livello di indeterminatezza sospetto.

Il nullum crimen, nulla poena sine lege si trova al centro dei principi generali del diritto penale nello Statuto di Roma.
Della legalit penale vengono riprodotti i corollari pi importanti come il divieto di irretroattivit della legge penale, il
quale costituiva uno dei punti dolenti di tutto limpianto degli Statuti precedenti dei Tribunali ad hoc. In pi abbiamo
laggiunta di una particolare disposizione che prevede lobbligo dellapplicazione della legge pi favorevole in caso di
modificazione legislativa prima dellintervento del giudicato. Viene espressamente riconosciuto anche il corollario di
determinatezza tassativit, dal quale dovrebbe discendere il divieto assoluto di applicazione analogica delle norme
incriminatrici.
In pi previsto anche lulteriore canone ermeneutico dellinterpretazione in dubio pro reo, qualora tutti gli altri mezzi
di interpretazione non abbiano consentito la risoluzione del caso dubbio. Una regola di civilt che orienta verso una
piena presa in considerazione del divieto generale di interpretazione in malam partem.
Nella parte che si riferisce ai principi generali tutte le disposizioni successive a quelle che si occupano delle diverse
estrinsecazioni del principio di legalit sono indirizzate al pieno riconoscimento del principio di personalit della
responsabilit penale. Alcune norme sono deputate alla fissazione dei principi sulla personalit della responsabilit
penale, mentre le altre sono dedicate pi da vicino alle cause di esclusione della responsabilit penale. Infatti lart. 25
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St. stabilisce che la responsabilit penale limitata alle persone fisiche; la responsabilit per il singolo individuo,
anche se ha agito in concorso con altre persone, e si risponde anche per istigazione, concorso morale, agevolazione e
tentativo di partecipazione. La disposizione fissa anche linizio dellattivit punibile a titolo di tentativo.
Art. 28 St. responsabilit dei capi militari e dei superiori gerarchici. La responsabilit del comandante, che svolga
effettiva funzione si radica sullomesso controllo dei sottoposti, potendo esercitare uneffettiva attivit di comando e
controllo, in due casi:
una mancanza (anche colposa) di consapevolezza rispetto alloperato dei subordinati (il comandante sapeva, o
date le circostanze, avrebbe dovuto sapere, unico caso di espressa responsabilit per colpa dello Statuto)
o era nelle sue concrete possibilit impedire la commissione da parte dei suoi sottoposti dei crimini di
competenza della Corte e tuttavia non ha adottato misure idonee allimpedimento del reato o non ha represso
adeguatamente la commissione del crimine.
Lelemento psicologico richiesto per la punibilit dei crimini contenuti nello Statuto viene fissato, in termini generali,
ma esistono anche alcune eccezioni, nellambito della responsabilit dolosa, richiedendosi consapevolezza e intenzione
di compiere il fatto materiale.
Lo Statuto indica poi una serie di cause di esclusione della responsabilit penale. Si stabilisce che non sono imputabili i
minori di 18 anni al momento della commissione del fatto, mentre non spiegano alcun effetto di esonero personale da
responsabilit le qualifiche ufficiali che sono del tutto irrilevanti, come lo sono anche le ipotesi di immunit. Nessuna
causa di estinzione del reato pu inoltre discendere dalla prescrizione, posto che lart. 29 St. decreta come
espressamente imprescrittibili tutti i core crimes.
Le cause di esclusione della responsabilit penale sono indicate nellart. 31 St. e riguardano tutte le ipotesi pi
tradizionali di cause di giustificazione e si fondano sul bilanciamento degli interessi in conflitto (difesa legittima o stato
di necessit) o ipotesi determinate da particolari situazioni emotive o di deficit della personalit o malattie fisiche o
mentali.
La disciplina dellerrore come causa di esclusione dellelemento psicologico del reato (quindi quasi sempre del dolo)
stata fissata sulla distinzione tra errore di fatto (scusabile) ed errore di diritto (inescusabile).
Tuttavia lultima parte dellart.32 St. stabilisce che se lerrore di diritto annulla comunque lelemento psicologico del
crimine, o si verificano le condizioni di scusabilit dellerrore di diritto che investe lordine del superiore, pure lerrore
di diritto esonera da responsabilit.
Art.33 St. disciplina lordine del superiore che ha rappresentato lipotesi pi significativa di causa di esclusione della
responsabilit penale. In linea di principio si esclude che lordine di un governo o del superiore (civile o militare) possa
costituire causa di esonero della responsabilit o anche solo causa di attenuazione della responsabilit stessa. La rigidit
della regola di base viene mitigata da alcune deroghe, facendo rivivere la causa di esclusione della responsabilit, se:
lordine era insindacabile;
la persona ha ignorato lillegittimit dellordine;
lordine non era manifestamente illegale.
Rispetto a questultima eccezione si pu notare che, forse, il legislatore ha pensato a tutta quella serie di crimini di
guerra, densi di elementi normativi che rinviano agli usi o alle norme delle Convenzioni di Ginevra del 1949.

SPAZIO GIURIDICO EUROPEO E NORME DELLUE

LEGISLAZIONE COMUNITARIA E RISPETTO DEL PRINCIPIO DI RISERVA DI LEGGE STATALE IN


MATERIA PENALE.
A causa del processo di integrazione europea, lunico dato stabile rappresentato dal permanere in capo agli Stati
nazionali della competenza di legiferare in materia penale, con conseguente assenza di ogni possibilit tecnica per gli
organi comunitari di incidere nella suddetta materia.
Ci non ha impedito che il processo di integrazione investisse anche lordinamento penale, anche se attraverso vie che
comunque importassero sempre una mediazione del legislatore nazionale. Anche perch non intervenuta una cessione
delle prerogative statali in materia di riserva di legge statale, attraverso una espressa rinuncia a porzioni del principio di
sovranit nazionale in forza della previsione dellart.11 Cost.
Da questo punto di vista si progressivamente potenziato il c.d modello dellaffidamento della potest punitiva agli
Stati nazionali che viene devoluto dalle istituzioni comunitarie, per la tutela dei propri interessi finanziari.

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Lart. 280 TUE richiede unavanzata tecnica di armonizzazione della legislazione penale europea, mediante
ladeguamento degli standards (richiesti almeno come minimi) di tutela che sono assicurati ai beni finanziari nazionali
per quelli comunitari (principio di assimilazione).
La ragione dellincompetenza del legislatore europeo nella materia penale o lassenza di ogni legittimazione delle fonti
comunitarie viene agganciata al difetto di legittimazione democratica negli organi incaricati dellesercizio del potere
legislativo comunitario. Non si tratta quindi di gelosa conservazione di una prerogativa statale. Non deve neanche
fuorviare il fatto che il sistema delle fonti comunitarie sia costruito secondo un criterio definibile gradualistico: la
legittimazione ad innovare la materia penale dipende non solo dal carattere primario della fonte ( perch altrimenti si
potrebbe stabilire unequivalenza sostanziale tra legge nazionale e regolamento comunitario) quanto dalliter di
formazione della fonte, necessariamente primaria, che deve snodarsi secondo caratteristiche tipicamente parlamentari.
Quindi necessit di sottoporre, in maniera diretta o indiretta, allesame del Parlamento misure come quelle tipiche del
diritto penale.

La conservazione da parte degli Stati della potest di introdurre nuove fattispecie di reato va naturalmente intesa nel
senso pi ampio possibile. Quindi ci vuol dire che la materia penale pu essere innovata solo dal legislatore nazionale
sulla base delle scelte discrezionali che appartengono costituzionalmente a tale soggetto. Al legislatore nazionale rimane
il monopolio nella costruzione del tipo penale, mentre le fonti comunitarie non possono partecipare allindividuazione
del comportamento punibile attraverso la tecnica del rinvio al regolamento comunitario. Da qui la non accettabilit di
norme penali, il cui precetto possa essere formato dal regolamento comunitario attraverso la nota tecnica del rinvio dalla
fonte nazionale a quella comunitaria.
La possibilit di emendare successivamente il regolamento comunitario, con la modalit del rinvio mobile al potere
normativo della fonte comunitaria, rende tale tecnica non congruente con la riserva e determinerebbe unillogica
diversit di disciplina. Il livello di garanzie sembra salvaguardato solo nel caso di integrazioni di specifici elementi
tecnici contenuti nella norma penale, per la cui esatta interpretazione si faccia ricorso alla fonte extrapenale
comunitaria.
Il principio di affidamento della tutela di interessi sovranazionali va intenso necessariamente sulla base di tale premessa.
Il ricorso allo strumento penalistico non pu infatti concepirsi come vincolato: salvo rarissimi casi, non si danno
nellordinamento comunitario veri e propri obblighi comunitari di tutela penale, bench lordinamento comunitario
impegni il legislatore nazionale ad una tutela forte,corrispondente ai canoni ormai tradizionali enunciati dalla celebre
sentenza sul mais greco occorre che la tutela degli interessi comunitari si presenti con i caratteri delleffettivit,
proporzionalit e capacit dissuasiva.
Quando si parla di assimilazione della tutela si intendono tutte quelle ipotesi in cui il legislatore costruisce la tutela
dellinteresse comunitario sul modello a suo tempo concepito per presidiare il corrispondente interesse nazionale. Tale
assimilazione, in quanto muove dallobbligo comunitario di garantire lo stesso livello di difesa, potrebbe far ritenere che
il legislatore nazionale sia vincolato ad un obbligo di tutela penale. Ma la corrispondenza tra linteresse nazionale e
quello comunitario, mostra come il ricorso allo strumento penalistico possa farsi risalire alla scelta originaria del
legislatore nazionale di tutelare penalisticamente il patrimonio sia privato che pubblico. Certo che lobbligo di
assimilazione ha provocato un sensibile avvicinamento tra legislazioni. Si rinvengono cos, nelle legislazioni penali
europee fattispecie incriminatrici uniformi. Da questo punto di vista in passato hanno svolto una rilevante funzione le
direttive dettagliate, con cui si intervenuti ad es. nella materia dellinsider trading o nel fenomeno criminoso
transfrontaliero del riciclaggio.
Ma allora non sarebbe opportuno procedere ad una vera e propria opera di unificazione mediante la previsione di statuti
penali uniformi, incaricati di disciplinare la tutela di alcuni rilevanti interessi comunitari? In questa direzione si sono
mossi alcuni progetti di segno accademico ( Corpus iuris 1996/2000 e gli Eurodelikte) ed istituzionale (il Libro verde
2001).
Si tratta per di un traguardo ambizioso, perch lelaborazione di questi corpi normativi non pu limitarsi alla
enucleazione di alcune essenziali direttive per la costruzione di una o pi fattispecie legali di reato; trattandosi invece di
elaborare un sistema pi compiuto, nel quale si trovino non solo norme incriminatrici , ma anche previsioni di parte
generale.
I divari tra ordinamenti per sollevano delicati problemi di adattamento, che interessano generalmente lelemento
soggettivo del reato e il modo di strutturare la partecipazione rilevante al reato. Con riguardo alla parte speciale, le
maggiori difficolt sono connesse alla previsione del reato associativo, vista lampia variet di soluzioni che si
riscontrano nei diversi paesi europei gli ordinamenti anglosassoni possono avvalersi della conspiracy, nei diritti

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continentali si tende a prevedere fattispecie associative generiche o specifiche o ritagliate sulle caratteristiche dei gruppi
criminali presenti sul territorio nazionale.
Accanto alla tutela penalistica, di matrice necessariamente nazionale, si pongono anche le sanzioni amministrative
previste direttamente dalle disposizioni comunitarie che costituiscono un esteso e variegato corpo di sanzioni, cui deve
riconoscersi una spiccata finalit retributiva; mediante tali sanzioni il legislatore comunitario provvede direttamente alla
tutela dei propri autonomi interessi, esercitando cos il potere sanzionatorio extra penalistico.
Un distillato dei principali ordinamenti giuridici: questo sarebbe (secondo Tiedemann) il sistema sanzionatorio
comunitario. In effetti i criteri regolatori della responsabilit amministrativa (o quasi penale) derivante dal sistema
comunitario e le regole riguardanti la forma dei relativi illeciti rispecchiano le esigenze di garanzia che ispirano non
solo i sistemi penali nazionali, ma anche quelli penali amministrativi che si riscontrano in buona parte dei diritti degli
Stati membri. In questo quadro il principio di proporzionalit e il divieto del ne bis in idem sostanziale rivestono
particolare importanza. Il primo rispecchia quelleconomia tra beni che costituisce la base politica e razionale del
principio di necessaria offensivit nel diritto penale: anche nel sistema punitivo deve darsi un rapporto di
proporzionalit tra il contenuto lesivo dellillecito amministrativo e la reazione sanzionatoria, onde evitare che a fronte
di alterazioni lievi, minimali dei livelli di interesse di determinati beni corrispondano misure troppo incisive e quindi
non equilibrate. Il secondo si lega, invece, ad unesigenza diversa, legata al carattere di materia limitrofa con il diritto
penale nazionale. Ci ha una particolare importanza specialmente se si considera che in alcuni casi si verifica una vera e
propria sovrapposizione tra la sanzione amministrativa e quella penale nazionale, come nel caso del diritto italiano con
riguardo alle pene accessorie, molte delle quali hanno un contenuto interdittivo analogo a quello delle corrispondenti
sanzioni comunitarie.

INCIDENZA RIFLESSA DELLA NORMATIVA COMUNITARIA SU QUELLA NAIZONALE INTERNA.


Premessa essenziale molte norme incriminatrici risultano dalla combinazione anche di elementi normativi
extrapenali di matrice comunitaria; dato che si riscontra con una certa frequenza, visto il ricorso che, specie nel diritto
penale delleconomia, il legislatore fa ad elementi tratti da altri settori dellordinamento, alcuni dei quali sono ormai
governati dalla legislazione comunitaria. Si realizzano dunque fenomeni fisiologici di integrazione.
In altri casi leffetto immediato della combinazione tra legge penale nazionale e norma comunitaria consiste nella
manifestazione di profili di incompatibilit tra precetti. In queste evenienze lesito dipende dal corretto impiego dei
criteri normativi che regolano i contrasti che possono insorgere tra disposizioni provenienti da diversi ordinamenti.
Quando si parla di incompatibilit tra norma comunitaria e legge nazionale penale si allude allantinomia che intercorre
tra due discipline appartenenti a distinti ordini normativi, anche se collegati. Nella materia penale, lincompatibilit pu
essere totale ( la norma comunitaria rende inapplicabile la norma penale in tutta la sua estensione) oppure parziale (
abbiamo una limitazione del campo di applicazione della legge interna).
Un fenomeno di incompatibilit pu realizzarsi anche per via del conflitto che potrebbe intercorrere tra la norma
comunitaria e la parte sanzionatoria del precetto penale, s che il contenuto della pena, principale o accessorio, non pu
dispiegarsi interamente.
Naturalmente gli esiti descritti ( ovvero: incompatibilit e disapplicazione della norma nazionale) possono consolidarsi
solo se non comportino effetti in malam partem, secondo quanto chiarito da una sentenza della Corte di giustizia del
2005, che si pronunciata sulleventuale contrasto tra la normativa comunitaria e la disciplina penale italiana delle false
comunicazioni sociali, dichiarando linsussistenza di tale conflitto che, dove affermato, avrebbe condotto al sindacato su
una norma penale pi favorevole. Infatti la Corte di Giustizia europea ha affermato che la prima direttiva sul diritto
societario non pu essere invocata in quanto tale dalle autorit di uno Stato membro nei confronti degli imputati
nellambito dei procedimenti penali, poich una direttiva non pu avere come effetto, di per s ed indipendentemente da
una legge interna di uno Stato membro adottata per la sua attuazione, di determinare o aggravare la responsabilit
penale dellimputato, sicch ha dichiarato irricevibile il ricorso dei giudici italiani contro la nuova legge sul falso in
bilancio. La Corte fa leva ovviamente sulla natura della direttiva come provvedimento incapace di porre obblighi per
lindividuo e comunque alle medesime conclusioni si sarebbe potuto pervenire considerando linefficacia in malam
partem della norma comunitaria.

LE FORME AVANZATE DI COLLABORAZIONE: LA COSTRUZIONE DEL TERZO PILASTRO DELLUNIONE


DAL TRATTATO DI MAASTRICHT A QUELLO DI AMSTERDAM.
Lo sforzo congiunto nella lotta e nella prevenzione contro il crimine segna, poi, un progresso notevole con il TUE
(Maastricht 1992) dove, insieme alla previsione della piena libert di circolazione e di soggiorno per le persone e le

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cose, viene dedicato alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni uno specifico titolo TITOLO VI,
con il quale stato introdotto il Terzo pilastro.
Lintroduzione del tema della cooperazione stata dettata dallesigenza di fronteggiare laggressivit dei comportamenti
economici criminosi e lespansione su spazi transnazionali di questi.
Vengono stabiliti alcuni obiettivi comuni, tra cui la lotta contro la frode su scala internazionale, la cooperazione
giudiziaria i materia penale, la cooperazione doganale, la cooperazione in materia di polizia ai fini della prevenzione e
della lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e se necessario alcuni aspetti di cooperazione doganale, in
connessione con lorganizzazione a livello dellUnione di un sistema di scambio di informazioni in seno ad un ufficio
europeo di polizia (Europol).
La materia penale viene collocata allinterno della costruzione europea, ma al di fuori del quadro propriamente
comunitario. Tale ambiguit si riflette sulle disposizioni contenute nel titolo VI le quali non possono neanche
considerarsi alla stregua di norme internazionali convenzionali per le numerose connessioni esistenti sul piano
normativo e sul piano istituzionale tra primo e terzo pilastro.
Cos anche lo svolgimento delle azioni comuni e posizioni comuni avviene oscillando tra lo spazio propriamente
comunitario e le competenze dellUE.
Il Trattato di Amsterdam (1999) subentra a quello istitutivo dellUnione modificandone sensibilmente alcune parti di
merito, tra cui quella relativa proprio al Terzo pilastro; in particolare deve farsi riferimento al titolo VI recante le
disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.
Nella disposizione iniziale si fa espressamente menzione dellobiettivo primario garanzia ai cittadini dellUnione di
uno spazio di libert, sicurezza e giustizia da raggiungersi attraverso la lotta e la prevenzione del razzismo, della
xenofobia, della criminalit (soprattutto organizzata), del terrorismo, della tratta degli esseri umani, ecc. lo stesso
trattato indica gli strumenti principali per la realizzazione di tali ambiziosi obiettivi:
intensificazione della cooperazione tra le forze di polizia lazione comune comprende in questo settore il
potenziamento degli scambi di informazione, della collaborazione doganale e lindicazione dettagliata dei
compiti dellEuropol;
cooperazione giudiziaria lazione comune si realizza attraverso lincremento dei rapporti tra i Ministeri,
autorit giudiziarie ed autorit omologhe e attraverso la facilitazione dei procedimenti estradizionali ed infine
attraverso la prevenzione dei conflitti giurisdizionali.
Lo stesso Trattato indica, oltre agli strumenti sopra indicati, il ravvicinamento, ove necessario, delle normative penali
degli Stati membri in materia penale: si tratta di un impegno nella lotta alla criminalit organizzata, al terrorismo e al
traffico illecito di stupefacenti.
Quanto alle procedure e ai mezzi di cui le istituzioni comunitarie dispongono per realizzare gli intenti contenuti nel
Trattato in esame, vi il potere del Consiglio di adottare posizioni comuni che definiscono lorientamento dellUnione
in merito ad una questione specifica; le decisioni quadro possono essere adottate dal Consiglio ai fini del
riavvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari; esse sono vincolanti quanto al risultato da ottenere, pur
restando ferma la volont degli Stati membri di scegliere le forme e i mezzi che si ritengono pi opportuni.

Linsieme degli strumenti internazionali con i quali gli Stati perseguono le finalit indicate dal Terzo pilastro, nonch gli
istituti che in forza di tali strumenti vengono introdotti nei vari ordinamenti nazionali costituiscono la cooperazione
giudiziaria in materia penale. Lesercizio di tale cooperazione non pu essere considerato come attinente solo alla
materia del processo, sia pure latamente intesa. VEDI PAG.152-154

EFFICACIA DELLA LEGGE PENALE NEI CONFRONTI DELLE PERSONE.

PERSONE FISICHE

IL SOGGETTO ATTIVO DEL REATO: IL CONCETTO DI CAPACITA PENALE.


Soggetto attivo del reato colui che pone in essere la condotta tipizzata in una fattispecie penale; non pu che essere
una persona umana.
In realt il problema oggi si pone in riferimento alla persona giuridica.
Il d.lgs n231/2001 pur essendo una svolta di primaria importanza per quanto riguarda la concezione della
responsabilit delle persone giuridiche, non sembrerebbe introdurre una vera e propria capacit penale di questultime.

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Sembrerebbe trattarsi di una sanzionabilit di natura amministrativa dellente, che consegue alla responsabilit penale
vera e propria della persona fisica autrice del reato, collocata allente stesso da un rapporto di dirigenza o dipendenza.
Qualunque essere umano, indipendentemente dalle condizioni di et e di salute, possiede una capacit penale intesa
come attitudine astratta a commettere reato. In realt il concetto di capacit penale pu assumere due significati:
esso coincide con la capacit in generale di commettere un fatto penalmente rilevante, capacit che se intesa in
astratto e a prescindere dalla concreta assoggettabilit alla sanzione criminale, compete a tutte le persone
fisiche. Quindi in tale accezione sarebbero dotati di capacit penale anche i soggetti immuni.
Se invece si intende lidoneit a divenire centro dimputazione della sanzione, il concetto di incapacit
verrebbe ad essere assimilato a quello di immunit. Quindi le immunit costituirebbero elementi negativi della
capacit penale.
Occorre riconoscere che ogni essere umano indistintamente dotato di unastratta capacit penale. E va da s che
proprio tale circostanza ha finito col rendere esigente individuare anche agli effetti del diritto penale un concetto di
capacit giuridica.

REATI COMUNI E REATI PROPRI.


Sulla base delle caratteristiche del soggetto attivo si pu operare una distinzione tra:
reati comuni sono realizzabili da chiunque
reati propri debbono essere commessi esclusivamente da persone che rivestono una particolare qualifica
naturalistica o giuridica preesistente alla norma penale.
Es. --- art.578 c.p solo la madre pu essere soggetto attivo del delitto di infanticidio e feticidio;
--- artt. 216 e 217 l.fall. solo limprenditore dichiarato fallito che pu rivestire la qualit di autore dei
reati di bancarotta fraudolenta e semplice.
A loro volta si distinguono in:
reati propri non esclusivi sono costituiti da fatti che, senza la qualifica soggettiva dellautore,
avrebbero natura di illeciti extrapenali e sarebbero comunque offensivi di altrui interessi;
reati propri semiesclusivi rientrano quei comportamenti che, anche in assenza di una qualifica
soggettiva, avrebbero natura di reato.
Es. --- delitto di peculato la condotta appropriativa, mancando la qualit di pubblico ufficiale, in
ogni caso riconducibile alla fattispecie di cui allart.646 c.p.
reati propri esclusivi fatti che, facendo difetto la qualifica soggettiva, sarebbero inoffensivi di
qualsiasi interesse e perci si porrebbero come giuridicamente leciti.
Non sempre agevole la qualificazione di una fattispecie come reato proprio. Vi sono infatti casi in di
disvalore del fatto.
Vi sono casi in cui la qualit personale del soggetto non espressamente indicata dal legislatore, dovendo
essere implicitamente ricavata dal complesso della descrizione della fattispecie.
Es. --- delitto di bigamia come soggetto attivo viene indicato chiunque. Dalla lettura del disposto si
evince che lautore del delitto deve essere legato da un matrimonio avente effetti civili. Quindi, soggetti attivi
dellillecito possono essere solo i gi coniugati civilmente.
Sul piano strutturale, perch possa essere riconosciuta la natura di reato proprio necessario che la qualit
personale si ponga come elemento realmente aggiuntivo rispetto a tutti gli elementi che connotano il fatto
tipico. Es. la qualit personale dei soggetti attivi del delitto di incesto si pone come elemento aggiuntivo del
tutto indipendente rispetto allatto sessuale che realizza la condotta illecita dellart.564 c,.p.
Sotto il profilo sostanziale e contenutistico le qualit personali del soggetto attivo assolvono alla medesima
funzione degli elementi della fattispecie, e cio quella di contribuire allindividuazione dello specifico
contenuto di disvalore del fatto.
La previsione normativa di reati propri presuppone una particolare relazione fra la categoria di soggetti,
individuati nella norma, e il bene giuridico tutelato. Quindi, i soggetti rientranti in tale categoria sono
destinatari di particolari doveri a protezione di interessi specificamente legati alla loro sfera di azione o di
signoria.

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IMMUNITA.
Lart.3 c. p prevede che alcune categorie di soggetti siano eccezionalmente sottratte allapplicabilit della sanzione
penale in base a norme di diritto pubblico interno o di diritto internazionale. Queste eccezione sono designate in dottrina
con il termine immunit e possono essere suddivise in diverse categorie:
a seconda della fonte normativa dalla quale deriva lesenzione:
immunit di diritto interno ---- derivanti dal diritto pubblico interno.
Riguardano in primo luogo il Presidente della Repubblica, il quale in base allart.90 Cost. non
responsabile degli atti compiuti nellesercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per
attentato alla Costituzione, casi nei quali messo in stato daccusa dal Parlamento in seduta comune a
maggioranza assoluta ed giudicato dalla Corte costituzionale.
La stessa immunit attribuita al Presidente del senato nel caso in cui sostituisca il Presidente della
Repubblica esercitando funzioni di supplenza temporanea per malattia o altro impedimento del
Presidente della Repubblica.
Tale immunit non di tipo assoluto e dunque si riferisce soltanto ai fatti penalmente rilevanti
commessi nellesercizio delle funzioni presidenziali, mentre non si estende a comportamenti che
esulino dalle stesse.
pacifico che tale immunit sia di tipo funzionale, mentre controverso quale siano esattamente le
funzioni presidenziali, presupposto dal quale dipende la verifica della responsabilit o meno per gli
atti compiuti. Abbiamo a proposito due tesi contrapposte:
tesi restrittiva ---- considera atti funzionali solo quelli tipici e nominati tassativamente
previsti dallart. 87 Cost. Quindi limmunit presidenziale sarebbe in pratica limitata agli atti
controfirmati;
tesi lata --- i limiti della funzione presidenziale non potrebbero essere delimitati senza
riferimento alla prassi. Quindi sarebbero garantiti dallimmunit non solo le funzioni tipiche
e nominate ma anche quelle di indirizzo del Paese. Di conseguenza secondo simile
impostazione, rientrerebbero anche i discorsi e le dichiarazioni connessi allo svolgimento dei
compiti istituzionali, ma potrebbero esservi ricomprese anche le esternazioni, del Capo dello
Stato, purch strumentali e accessorie alla funzione politica.
Lart. 90 Cost. esclude che limmunit si estenda ai reati di alto tradimento e attentato alla
Costituzione. Il problema nasce nellindividuare il contenuto di tali reati. Sul punto vi un indirizzo
secondo cui spetta agli organi del processo penale costituzionale stabilire di volta in volta se u
determinato comportamento sia suscettibile di essere qualificato come un delitto presidenziale. In
ottemperanza al principio di legalit, tali reati andrebbero definiti mediante rinvio ai codici penali e
precisamente, i primi sarebbero i delitti richiamati dallart. 77 c.p.m.p sotto la rubrica alto tradimento,
mentre i secondi sarebbero i fatti di cui allart. 283 c.p che prevede lattentato alla Costituzione.

In tema di prerogative costituzionali, la giurisprudenza ha riconosciuto che limmunit prevista


dallart.90 Cost. di tipo funzionale, laddove per gli atti commessi al di fuori dellesercizio delle sue
funzioni, il Presid. Della Repubblica responsabile alla stregua di qualunque cittadino. Limmunit
presidenziale non deve essere limitata solo agli atti tipici e controfirmati, ma si estende alle pi ampie
funzioni.
Oggetto di numerose pronunce stato il problema delle c.d esternazioni la giurisprudenza, sul
presupposto che a delimitare le funzioni presidenziali concorrono, oltre alle norme costituzionali,
anche le prassi applicative, ammette in linea di principio che limmunit possa riguardare le
esternazioni presidenziali, purch esse siano finalizzate ad unattivit funzionale del Presidente della
Repubblica.
Immunit di diritto internazionale.
In base allart.3 c.p. le immunit possono derivare anche da fonti normative internazionali, quali
trattati e convenzioni.
Fra le pi importanti:

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Immunit assoluta e personale di diritto sostanziale riservata al Sommo Pontefice, la cui
persona considerata sacra ed inviolabile, anche per atti compiuti al di fuori delle funzioni
ed inoltre prevista una piena immunit di diritto processuale.
Ratio --- da un lato rileva la particolare posizione dello Stato Citt del Vaticano rispetto
allItalia, e dallaltro vi lesigenza dellItalia di garantire al Papa, come capo della Chiesa
cattolica, la massima libert e sicurezza.
Data la sua natura personalissima, opera come causa personale di esclusione della punibilit
e di ogni altra forma di responsabilit.
Limitata immunit processuale a favore dei Cardinali e dei Vescovi, rispettivamente durante
la vacanza della Sede pontificia e durante lo svolgimento dei Concili.
riconosciuta limmunit a tutti i Capi di Stato esteri che si trovino in tempo di pace in
territorio italiano. Il problema riguarda fino a che punto questa immunit si estenda. Secondo
lopinione prevalente, dopo la cessazione della carica sarebbe possibile chiamare a
rispondere i Capi di Stato estero dei reati compiuti durante la carica, purch non si tratti di
fatti commessi nellesercizio delle funzioni.
Godono di immunit di natura funzionale, perdurante dopo la cessazione della carica, anche
gli organi di Stato esteri.
Ancora pi ampie sono le prerogative degli agenti diplomatici, i quali in linea generale,
godono di unimmunit sia funzionale sia extrafunzionale.
Altre immunit sono previste per i membri del Parlamento europeo, per i giudici della Corte
dellAja e i giudici della Corte europea dei diritti delluomo e per i militari NATO di stanza
in Italia.
Relativamente al contenuto:
immunit funzionali --- si riferiscono esclusivamente ai fatti penalmente rilevanti commessi
nellesercizio di determinate funzioni.
I destinatari di questo tipo di immunit sono i membri del Parlamento, i quali in forza dellart.68 1
co. Cost non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nellesercizio
delle loro funzioni.
Si tratta chiaramente di unimmunit di tipo funzionale, mentre discussioni riguardano
lindividuazione delle attivit che rientrano o meno nel concetto di esercizio delle funzioni. A riguardo
abbiamo una posizioni restrittiva --- limmunit avrebbe dovuto riguardare solo le attivit tipiche,
svolte allinterno del Parlamento, mentre secondo una posizione pi lata ---- limmunit dovrebbe
essere riconosciuta a tutte quelle attivit parlamentari legate da un nesso funzionale con lattivit
propriamente parlamentare.
La seconda impostazione ha trovato riconoscimento nellart.3 della L. n140/2003 lart.68 1co
Cost. si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini
del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni e per ogni altra attivit di
ispezione divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare,
espletata anche fuori del Parlamento.
La Corte costituzionale nel dichiarare linfondatezza della questione di legittimit relativa allart.3, ha
sottolineato che la norma impugnata riafferma lesigenza del nesso funzionale tra le opinioni espresse
e lattivit di parlamentare. Nella motivazione la Corte affronta il problema degli atti innominati,
affermando che la insindacabilit non richiede un nesso funzionale con atti tipici. Ci che conterebbe
che in concreto e dunque caso per caso si accerti lesistenza di un serio ed effettivo nesso che
permetta di identificare latto in questione come espressione di attivit parlamentare.
Dal tenore della norma dovrebbe essere chiaro che qualsiasi attivit del membro del Parlamento
coperta da immunit a prescindere dal luogo ove essa venga svolta; appare definitivamente superato il
criterio della tipicit degli atti parlamentari qualsiasi attivit anche innominata pu essere coperta
da immunit.
Quindi affinch limmunit conservi la propria caratteristica di essere una forma di tutela di
determinate funzioni cui lordinamento attribuisce una speciale considerazione, e non si trasformi
invece in una sorta di privilegio della persona, occorre il rigoroso accertamento del nesso tra lattivit
svolta e la funzione di parlamentare.
21
infine scontato il fatto che non sia garantita alcuna immunit nelle ipotesi di commissione di reati
che esulano dalla funzione parlamentare (es. condotte ingiuriose o diffamatorie del tutto prive di
contenuto politico) o addirittura fattispecie di reato di natura diversa da quella divulgativa quali ad es.
percosse, lesioni, danneggiamenti. Tutte queste condotte, anche se realizzate in Parlamento sono da
considerarsi punibili secondo le regole generali.
Per i membri del Parlamento sono inoltre contemplate immunit di carattere processuale art.68
2/3 co. prevede infatti che senza autorizzazione della camera alla quale appartiene, nessun membro
del Parlamento pu essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, n pu essere arrestato
o altrimenti privato della libert personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una
sentenza irrevocabile di condanna, o se sia colto nellatto di commettere un delitto per il quale
previsto larresto obbligatorio in flagranza, e analoga autorizzazione richiesta per sottoporre i
membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a
sequestro di corrispondenza. Si tratta di immunit di natura processuale, la quale riguarda non solo i
fatti realizzati dal parlamentare nellesercizio delle funzioni, ma anche tutti i comportamenti del
parlamentare anche se svincolati da nesso funzionale e anche se precedenti allassunzione della carica.
Si tratta dunque di unimmunit di tipo assoluto.
Tuttavia, in ordine alla verifica del nesso funzionale la giurisprudenza si sempre mostrata piuttosto
rigorosa, richiedendo da un lato un effettivo collegamento tra la dichiarazione resa allesterno del
Parlamento e dallaltro che latto tipico parlamentare connesso fosse a sua volta rispettoso delle
procedure previste dai regolamenti parlamentari.
Immunit extrafunzionali o assolute --- sono quelle che riguardano i reati commessi da una
determinata classe di soggetti, senza distinzione tra attivit funzionale e non;
immunit sostanziale --- riguardano i casi di inapplicabilit della sanzione penale.
Il venir meno della funzione non farebbe cessare limmunit ad essa collegata.
Tale immunit riconosciuta ai consiglieri regionali, i quali in base al disposto dellart. 122 4 co. Cost.
non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nellesercizio delle loro
funzioni. Si tratta di unimmunit funzionale, la cui ratio identica a quella dellart.68 Cost la Costituzione
garantisce loro il libero ed indipendente esercizio delle loro funzioni di rappresentanza politica, che si
manifesta nella forma legislativa, in quella di indirizzo politico e nellattivit di autorganizzazione del
Consiglio.
La dottrina generalmente qualifica tale immunit come una causa di giustificazione e come unipotesi di
esercizio di un diritto. Da ci consegue che la condotta del consigliere regionale, posta in essere nellesercizio
della funzione, deve considerarsi lecita sia agli effetti penali sia agli altri effetti giuridici e che limmunit
perdura anche dopo la cessazione della carica di consigliere regionale.
Per quanto riguarda le opinioni riconducibili allesercizio delle loro funzioni, vale quanto detto per i
parlamentari, e cio che devono ritenersi coperti da immunit sia gli atti tipici della funzione, sia gli atti
successivi, a condizione che questi abbiano carattere divulgativo del contenuto di atti tipici. Devono
considerarsi estranei allimmunit le opinioni e i voti che siano frutto di reati (corruzione, concussione).
Non godono di unimmunit processuale.
Identica a quella dei parlamentari limmunit dei giudici costituzionali --- art.5 L. n1/1953 stabilisce che
questi ultimi non sono sindacabili, n possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati
nellesercizio delle loro funzioni.
Anche ai giudici della Corte Costituzionale viene riconosciuta unimmunit funzionale di diritto sostanziale,
limitata alle manifestazioni del pensiero inerenti allesercizio delle funzioni previste dallart.134 Cost. Questa
immunit relativa ai voti dati e le opinioni espresse su tutte le materie oggetto del giudizio della Corte. Tale
immunit perdurer anche dopo che il giudice sia cessato dalla carica.
Ai giudici costituzionali spettano anche alcune immunit processuali penali, finch durano in carica. Si tratta di
immunit extrafunzionali, che riguardano tutti i fatti penalmente rilevanti, e quindi anche attivit materiali,
compiuti dal giudice costituzionale, prima o dopo lassunzione della carica, e che operano limitatamente alla
durata della carica. Ratio --- evitare che iniziative persecutorie dellautorit giudiziaria si traducano in una
minaccia alla libert e allindipendenza della Corte Costituzionale ed impedire alterazioni nella sua
composizione.

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Analoga immunit assicurata ai membri del CSM, i quali non sono punibili per le opinioni espresse
nellesercizio delle loro funzioni e riguardanti loggetto della discussione. Si tratta di unimmunit funzionale
di diritto sostanziale alla quale il legislatore ricollega effetti pi circoscritti rispetto a quelli propri delle
immunit dei parlamentari, dei consiglieri regionali e dei giudici costituzionali.
I membri del CSM sono esonerati soltanto dalla responsabilit penale e non da quella civile e amministrativa.
Quindi essa va qualificata non come una scriminante, ma come una mera causa di esclusione della punibilit.
Per quanto riguarda loggetto, si fa riferimento alle opinioni espresse nellesercizio delle loro funzioni, ma
copre anche i voti in cui si concentrano i giudizi.
Vi un ulteriore limite rappresentato dal fatto che le opinioni espresse devono riguardare loggetto della
discussione. Le opinioni devono essere formulate durante i lavori del plenum o delle commissioni del CSM, in
ordine agli argomenti allordine del giorno e a quelli eventualmente inseriti nel corso dei lavori.
Immunit processuale --- viene impedita la sottoposizione del soggetto al procedimento penale o ad alcuni atti
del medesimo, quali sequestri o perquisizioni.
La cessazione del ruolo farebbe riemergere la possibilit di dar luogo al procedimento penale.

NATURA GIURIDICA DELLE IMMUNITA: CONSEGUENZE PROCESSUALI.


Le immunit aventi natura funzionale derivanti dal diritto interno sono assimilabili alla categoria delle cause di
giustificazione, in particolare lesercizio di un diritto o ladempimento di un dovere.
Il fatto commesso dal soggetto il quale gode di immunit funzionale da considerarsi lecito, con lulteriore
conseguenza che sarebbe esclusa la responsabilit penale a titolo di concorrente nel reato del terzo, privo di immunit, il
quale abbia contribuito alla realizzazione del medesimo.
Secondo una autorevole opinione, limmunit funzionale dovrebbe avere natura di causa di esenzione dal processo.
Diversamente ragionando, bisognerebbe supporre che il soggetto immune sia dichiarato tale mediante una pronuncia di
proscioglimento nel merito analoga a quella che riconosce lesistenza di una causa di giustificazione.
L. n140/2003 ---- dispone che:
nei casi che rientrano nellart. 68 1co. Cost., il giudice provvede con sentenza in ogni stato e grado del processo
penale.
Nel caso in cui sia sollevata eccezione di applicabilit dellart.68 Cost., la c.d pregiudiziale parlamentare, la norma
impedisce al giudice di compiere una valutazione autonoma volta a disattendere lart.68. Se non ritiene di accogliere
leccezione riguardante lapplicabilit dellart.68 1 co., proposta da una delle parti, il giudice provvede senza ritardo
con ordinanza non impugnabile, trasmettendo direttamente copia degli atti alla Camera alla quale il membro del
Parlamento appartiene o apparteneva al momento del fatto.
In pratica il giudice pu in prima battuta prosciogliere il parlamentare ex art.68 Cost.
prevista poi una scansione procedurale per la quale, nellipotesi in cui si crei un contrasto tra il giudice ordinario e la
Camera di appartenenza, questultima prevale ove ritenga applicabile lart.68. In questo caso al giudice ordinario gi
investito del procedimento e in disaccordo con la decisione della Camera, non resta che sollevare conflitto di
attribuzione rimettendo la decisione finale alla Corte Costituzionale.
Per quanto riguarda le immunit derivanti dal diritto internazionale, occorre distinguere tra:
Immunit extrafunzionali lesenzione della pena deriva da ragioni di opportunit politica inerente ai rapporti
tra Stati. Quindi, il fatto e rimane illecito, ma lordinamento rinuncia a punirlo per la posizione che riveste
lautore del reato. Si ritiene che tali situazioni non rappresentano una vera e propria causa personale di
esclusione della pena, posto che il soggetto non gode di unimmunit permanente bens temporanea.
Immunit funzionali secondo un primo ordine di idee, anche questo tipo di immunit andrebbe qualificato
come causa di giustificazione; altra parte della dottrina esclude il venir meno dellantigiuridicit del fatto
compiuto dallimmune ed afferma che limmunit nasce da una limitazione allesercizio del potere
giurisdizionale.
Per quanto riguarda lapplicazione giudiziale, va sottolineato che gi prima dellentrata in vigore della L. n140/2003 la
giurisprudenza si era attestata sulla posizione che il giudice ordinario ha un potere di cognizione in ordine
allapplicabilit dellart. 68 Cost. Tale impostazione stata poi rafforzata dalla legge citata.
Relativamente alle immunit funzionali derivanti dal diritto interno, la posizione giurisprudenziale quella secondo cui,
in prima battuta, spetta sempre al giudice ordinario la preliminare valutazione circa lapplicabilit delle prerogative
invocate. E ci perch, nellottica giurisprudenziale, nessuno pi idoneo del giudice a contemperare il rispetto delle
garanzie costituzionali con quello dei diritti dei terzi che siano stati lesi nei loro diritti.

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PERSONE GIURIDICHE E REPONSABILITA AMMINISTRATIVA DA REATO

PREMESSA
La pena, per la sua natura e per le funzioni fondamentali ad essa tradizionalmente attribuite, sempre stata considerata
una sanzione diretta alla persona fisica e giammai a quella giuridica, in ottemperanza al principio societas delinquere
non potest.
Fondamento normativo di questa concezione personalistica lart. 27 Cost la responsabilit penale personale. Sulla
base di tale norma, si sostenuto che ammettere la responsabilit dellente, e quindi di un soggetto diverso da quello
che ha posto in essere la condotta costituente reato, contrasterebbe con il dettato costituzionale. In unaltra prospettiva, e
cio quella della necessaria corrispondenza tra reo e destinatario della sanzione, si collocano anche quelle obiezioni
volte a sottolineare che la pena corrisposta allente, intaccando il patrimonio dello stesso, potrebbe colpire
ingiustamente anche terzi estranei alla realizzazione dellillecito quali i soci, i dipendenti della societ, i creditori.
Infine, fra le ragioni per le quali la dottrina ha lungamente respinto lidea di una responsabilit penale dellente, vi
stata una concezione psicologica e naturalistica della colpevolezza intesa quale determinazione volitiva riprovevole
dellagente, connaturata in quanto tale alla sola persona fisica essendo lente privo di una propria psiche.
Nel corso degli anni lemergere delle problematiche connesse allevolversi della societ industriale, ha gradatamente
posto in crisi il principio societas delinquere non potest. Molti fatti penalmente rilevanti e gravemente lesivi degli
interessi della collettivit, traggono origine proprio dalle attivit delle persone giuridiche (si pensi ad es.
allinquinamento ambientale).
In questo contesto la concezione personalistica della pena si rivelata sempre pi inadeguata, in primo luogo proprio
per le difficolt di individuare allinterno di un gruppo dirigente, la persona fisica che per il ruolo svolto e per il proprio
potere decisionale possa considerarsi specificatamente responsabile del reato e dunque passibile di sanzione penale.

LA NATURA DELLA RESPONSABILITA.


Il d.lgs n231/2001 detta la disciplina della responsabilit amministrativa delle persone giuridiche, delle societ e delle
associazioni anche prive di personalit giuridica. Loccasione per lintroduzione di tale normativa stata la necessit di
dare attuazione alla convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni
economiche internazionali.
Il sistema della responsabilit degli enti si fonda sui seguenti presupposti:
che una persona legata da un rapporto funzionale con lente stesso realizzi uno dei reati contenuti nellelenco
citato;
che esista un collegamento di tipo obiettivo tra lillecito commesso e lente, consistente nella finalizzazione del
reato stesso al vantaggio o allinteresse della persona giuridica.
Il tipo di rapporto funzionale che lega lautore del reato allente, influenza i criteri di imputazione della
responsabilit allente stesso. Occorre sottolineare che dove lautore del reato sia soggetto in posizione apicale,
sorger una responsabilit tendenzialmente automatica ed assoluta dellente. Per contro, trattandosi di soggetto
sottoposto allaltrui direzione, la persona giuridica ne risponder solamente quando sia riscontrabile una
agevolazione colposa del reato.
Quindi, dove venga commesso uno dei reati da parte di persone organicamente inserite, a vario titolo, nella
struttura dellente e nellinteresse di questo, sorge un duplice profilo di responsabilit: alle conseguenze penali
ascrivibili allautore dellillecito si aggiunge una sanzione, gravante sullente, di tipo pecuniario o interdittivo.
DOMANDA--- la responsabilit prevista per lente di natura amministrativa o penale?
Il decreto prevede una forma di responsabilit che, sebbene qualificata in primo luogo come amministrativa, suscita
notevoli problemi di inquadramento. In primo luogo appare singolare che presupposto imprescindibile della
responsabilit dellente sia la commissione, sia pure da parte di una persona fisica, di un fatto costituente reato. In
secondo luogo va rilevato come sia il giudice penale, nellambito del processo instaurato a carico dellautore del reato
commesso nellinteresse dellente, ad avere la funzione di accertare la responsabilit della persona giuridica. questo
un ulteriore aspetto peculiare, tenuto conto che di regola la pubblica amministrazione ad irrogare le sanzioni

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amministrative, salvo il caso che per ragioni di connessione obiettiva con un reato sia il giudice penale a decidere su
entrambi i profili di responsabilit.
Per la prima volta il processo penale, con le garanzie difensive ad esso comma turate, diviene sede naturale per
laccertamento di un illecito classificato come amministrativo.
A fronte della previsione delle garanzie proprie dellordinamento penale, si sarebbe indotti a qualificare la relativa
disciplina come di tipo penalistico anzich amministrativo. Al contempo per vi sono elementi che impediscono di
classificare come penale la sanzione irrogabile allente, dove si rifletta sul fatto che, ad es., opera il sistema del cumulo
giuridico senza che esista alcun corrispettivo. Quindi dal medesimo fatto storico nasce una duplice responsabilit, a
carico sia della persona fisica, sia della persona giuridica. Cos la sanzione prevista per lente appare piuttosto un
trattamento punitivo ulteriore e diverso rispetto a quello conseguente alla responsabilit penale riconducibile allautore
del reato.
Infine il decreto prevede, al fine di esonerare lente da responsabilit, uninversione dellonere della prova inconcepibile
in termini penalistici.
Oggi si pu affermare che, nellambito degli illecito di diritto pubblico, prospettabile una tripartizione nelle forme di
responsabilit:
responsabilit penale caratterizzata dalla commissione di una fattispecie di reato prevista dalla
codificazione penalistica che determina lirrogazione della pena in capo al soggetto fisico autore dellillecito,
in riferimento alle sole sanzioni pecuniarie;
responsabilit amministrativa disciplinata dalla L. n 689/1981 anchessa caratterizzata dalla
commissione di un illecito da parte di una persona fisica sulla quale incombe un regime sanzionatorio fondato
sulle sanzioni pecuniarie di natura principale e su quelle accessorie;
responsabilit regolata dalle disposizioni del d.lgs n231/2001 determinata dalla commissione da parte di
una persona fisica di uno fra i reati previsti da tale decreto. In tal caso viene irrogata, da un lato, la sanzione
penale per lautore dellillecito secondo le normali regole dimputazione del reato, dallaltro, si da luogo, a
seguito di un processo di stampo prettamente penalistico, allirrogazione delle sanzioni amministrative previste
a carico dellente nellinteresse del quale lautore ha agito. Si tratta di un tertium genus che coniuga i tratti
essenziali del sistema penale e di quello amministrativo nel tentativo di contemperare le ragioni dellefficacia
preventiva con quelle della massima garanzia.

GLI ENTI DESTINATARI DELLA DISCIPLINA = gli enti forniti di responsabilit giuridica e le societ e
associazioni anche prive di personalit giuridica.
Eccezioni la normativa non si applica allo Stato, agli enti pubblici territoriali ( sono esclusi da ogni responsabilit
solidale di natura civilistica per il pagamento della multa o dellammenda), agli altri enti pubblici non economici
nonch agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale ( quali la Camera dei deputati, il Senato, la Corte
costituzionale, il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, il Csm e il Cnel. Rientrerebbero in questa
categoria anche i partiti politici e i sindacati cui la carta costituzionale attribuisce un indispensabile ruolo democratico
allinterno dello Stato).

I REATI CHE DETERMINANO LA RESPONSABILITA DELLENTE.


Lente non risponde di qualsiasi reato della persona fisica, ma solamente di quelli previsti, in ottemperanza al principio
di legalit, il quale riguarda non esclusivamente la fattispecie costituente reato, ma anche lattribuzione di responsabilit
allente.
sancita la responsabilit dellente con riferimento ai delitti di concussione, corruzione e frode.
Su questo punto il decreto legislativo ha operato una drastica riduzione dellelenco previsto dalla legge-delega, dove era
contemplata la responsabilit delle persone giuridiche anche per le fattispecie a tutela dellambiente, del territorio e
della sicurezza sul lavoro.
Tale decreto ha comunque introdotto un peculiare sistema punitivo destinato ad operare per tutte quelle fattispecie che
in futuro potranno aggiungersi allelenco attualmente esistente.
Infatti, successivamente alla sua entrata in vigore, sono state introdotte nuove fattispecie di reato:
elenco di falsi nummari, di non frequente realizzazione allinterno di enti che non siano intrinsecamente
criminali;
reati societari;

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delitti con finalit di terrorismo o di eversione dellordine democratico e delitti contro la personalit
individuale;
la L n 62/2005 ha aggiunto, in materia dellinsider trading, la responsabilit dellente in conseguenza degli
illeciti penali costituenti il delitto di abuso di informazioni privilegiate.

I CRITERI DI ATTRIBUZIONE DELLA RESPONSABILITA ALLENTE.


La commissione da parte di una persona fisica di uno fra i reati previsti dal decreto presupposto necessario ma non
sufficiente: affinch sorga la responsabilit aggiuntiva dellente occorre che tale reato sia ad esso riconducibile sotto un
duplice profilo obiettivo e subiettivo.
Il reato commesso da determinate categorie di persone legate a vario titolo allente, comporta la responsabilit di
questultimo solo dove questo sia stato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio. Lente dunque non responsabile
se lautore del reato ha agito nellinteresse esclusivo proprio o di terzi.
Se il soggetto posto in rapporto di immedesimazione organica agisce nellinteresse dellente (o anche dellente purch
non nellesclusivo interesse proprio o di terzi) o comunque allente ne deriva un oggettivo vantaggio (sempre purch il
soggetto fisico non abbia agito nellesclusivo interesse proprio o di terzi), la responsabilit per il reato commesso
attribuibile anche allente. In pratica, la responsabilit dellente esclusa solo nel caso in cui il soggetto, avendo agito
nellesclusivo interesse proprio o di terzi, rompa il rapporto di immedesimazione organica, rendendo manifestamente
estranea al reato la persona morale, e facendo divenire irrilevante agli effetti della responsabilit qualunque vantaggio
che sia in ogni caso derivato allente. Quello dellinteresse appare un criterio composito sia di natura soggettiva ed
intenzionale, sia di natura oggettiva.
Gli artt. 5,6 e 7 del d.lgs 231/2001 individuano, inoltre, le qualifiche delle persone legate a vario titolo allente, distinte
nelle due fondamentali categorie di:
soggetti in posizione apicale comprende tutte quelle persone che allinterno dellente rivestono funzioni di
rappresentanza, di direzione o di amministrazione.
Fra i soggetti apicali il decreto, dando pi valore al dato sostanziale rispetto a quello formale, include anche
coloro che abbiano esercitato anche di fatto la gestione o il controllo dellente.
Dal novero dei soggetti apicali restano cos esclusi i sindacati i quali svolgono funzioni di controllo ma non di
effettiva gestione;
soggetti sottoposti allaltrui direzione.
Qualora un soggetto in posizione di vertice nei termini esposti commetta un reato fra quelli previsti, lente
responsabile a meno che non provi la sussistenza di una serie di requisiti fra loro concorrenti.
Lart.6 individua una complessa fattispecie nella quale lesonero da responsabilit impone allente uninversione
dellonere della prova. Lente chiamato a dimostrare in primo luogo che lorgano dirigente ha adottato ed
efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire
reati della specie di quello verificatosi. La descrizione di tali modelli di organizzazione contenuta nel 2 co. dellart.6.
lente, inoltre, deve provare che il compito di vigilare sul funzionamento e losservanza dei modelli e di curare il loro
aggiornamento stato affidato a un organismo dellente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Il 4 co.
precisa che negli enti di piccole dimensioni tali compiti di controllo possono essere svolti direttamente dallorgano
dirigente. In terzo luogo, lente deve provare che le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i
modelli di organizzazione e di gestione ed infine che non vi stata omessa o insufficiente vigilanza da parte
dellorganismo.
Agli effetti dellesonero da responsabilit si prevede che lente abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della
commissione del reato, modelli di organizzazione e allo stesso tempo, esista un adeguato organo di vigilanza.
Ci che in realt sembra essere rilevante che la gestione dellente appaia, in generale, informata ai criteri della buona
politica dimpresa. La commissione di un reato non metterebbe in dubbio la validit di tali modelli proprio perch la
fraudolenza rappresenta una censura da parte della condotta dei vertici rispetto a quella dellente.
La commissione di un reato da parte di una persona in posizione di vertice comporta automaticamente la responsabilit
amministrativa dellente, salvo che questo riesca sostanzialmente a dimostrare che lautore ha agito in maniera
fraudolenta eludendo i modelli predisposti. Si tratta di una probatio diabolica, posto che difficilmente loperato di un
soggetto, che per il proprio ruolo rappresenta ed esprime la politica dellente, potr apparire come estraneo alla persona
morale. Quindi si pu ritenere che la responsabilit dellente deriver pressoch in maniera automatica dalla
commissione di un reato da parte di un soggetto di vertice, salvi i ben pochi casi nei quali verr raggiunta la prova
dellestraneit dellente a tale reato.
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Lart.7 2 co. stabilisce che in ogni caso esclusa linosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se lente, prima
della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato, un modello di organizzazione, gestione e controllo
idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Da questo disposto si coglie pertanto una chiara ottica
preventiva, tesa ad indurre lente alla predisposizione dei modelli di organizzazione.
Infine, in relazione alle condizioni di esonero dalla responsabilit si fatto riferimento a elementi incidenti sulla
punibilit, ovvero sulla scusabilit.
Le fattispecie di esonero andrebbero collocate non nella sfera delle scusanti soggettive, bens in quella residuale della
punibilit. In ogni caso quando ricorrono le condizioni di esonero, lente sar sottratto alle sanzioni amministrative con
leccezione della confisca del profitto che lente ha tratto dal reato.
Di non agevole interpretazione anche lart.7, il quale detta i presupposti della responsabilit dellente quando il reato
venga commesso da soggetti sottoposti allaltrui direzione. Al riguardo il 1 co. chiarisce che lente responsabile se la
commissione del reato stata resa possibile dallinosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza; il 2 co. dispone
che ladozione da parte dellente di un modello di organizzazione idoneo a prevenire reati della specie di quello
verificatosi esclude a priori linosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza e la responsabilit dellente. Quindi
ladozione dei modelli sembrerebbe mettere comunque lente al riparo da eventuali responsabilit per i fatti di reato
commessi dai dipendenti.
A prima vista, la fondamentale diversit, che differenzia la responsabilit della persona morale a seconda che il reato sia
commesso da dirigenti o da sottoposti, sembrerebbe risiedere in quellonere della prova posto a carico dellente soltanto
nel primo caso. Tuttavia, sotto questo aspetto la diversit tra le due norme pi esigua di quanto appaia , tenuto conto
del fatto che lente per sollevarsi da responsabilit deve dimostrare di aver efficacemente adottato il modello di
organizzazione.
In realt la vera peculiariet dellart. 7 consiste in quel nesso causale tra linosservanza degli obblighi di vigilanza e la
commissione di reato. Quindi se il reato commesso dai vertici, lente che non abbia predisposto i modelli di
organizzazione rinuncia a propri alla possibilit di andare esente da responsabilit; diversamente, nellipotesi di
condotta illecita da parte di un dipendente, al mancanza di tali modelli non comporta necessariamente la sanzione
amministrativa. Infatti, pur essendo lente privo di modelli di organizzazione, tale mancanza potrebbe in concreto
rivelarsi non collegata al reato commesso.
Inoltre, i due tipi di illecito (e cio responsabilit dellente per reato del soggetto apicale o del dipendente) sono dal
punto di vista strutturale ben differenti.
Nel reato commesso dai vertici infatti ravvisabile una responsabilit concorrente e diretta dellente, mentre lart.7
costruisce una fattispecie complessa corrispondente ad un fatto di agevolazione colposa dellaltrui reato. Sul piano della
qualificazione giuridica la consapevolezza che, nel primo caso, la prova delladeguatezza dei modelli di
organizzazione si atteggia a scusante e, nel secondo, linosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza costituisce
elemento positivo essenziale dellillecito dellente collettivo.
Si osservato che appare ben difficile incardinare la responsabilit del dirigente nel quadro dellomesso impedimento
dellevento reato, stante la necessit di accertare una causalit omissiva che requisito ben pi rigoroso rispetto al mero
nesso agevolativo.
Se per lente la predisposizione dei modelli di organizzazione rappresenta un onere finalizzato allesonero da
responsabilit amministrativa, per il dirigente la prospettiva muterebbe. Infatti, una volta introdotti tali modelli,
lattuazione e il rispetto dei medesimi rappresenterebbero per il dirigente un vero e proprio obbligo la cui inosservanza
potrebbe divenire giuridicamente rilevante.

IL PRINCIPIO DI AUTONOMIA DELLA RESPONSABILITA DELLENTE.

IL MODELLO SANZIONATORIO.
Il sistema delineato dal d.lgs n231/2001, agli artt. 9 ess., disegna un modello sanzionatorio originale, in quanto pensato
per rivolgersi allente e non alla persona fisica.
Viene individuato un sistema fondato essenzialmente su due tipi di sanzioni:
pecuniarie;
interdittive;
e in pi:
sanzioni della confisca;
pubblicazione della sentenza di condanna.
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La disciplina appare improntata al principio di effettivit, con la previsione di un complesso metodo commisurativo,
volto ad individuare ladeguata entit della pena pecuniaria anche in ragione della capacit economica dellente. Inoltre,
almeno nella forma della pena pecuniaria, la sanzione indefettibile. Per lillecito amministrativo dipendente da reato si
applica sempre la sanzione pecuniaria. Non vi dunque la previsione di alcuna forma di sospensione condizionale della
pena.
A tal proposito, si osservato che tale sistema appare forse eccessivamente gravoso nei confronti delle piccole aziende
per le quali linflazione della pena pecuniaria potrebbe rappresentare nella sostanza una duplicazione della sanzione gi
inflitta alla persona fisica.
Si inquadrano invece in una prospettiva social-preventiva, da un lato, la previsione fra i criteri di commisurazione della
pena dellattivit svolta per prevenire ulteriori reati, dallaltro, linclusione fra i casi di riduzione della pena pecuniaria.
Lart. 21 contiene specifiche disposizioni per il calcolo delle sanzioni per il caso in cui lente debba rispondere di una
pluralit di illeciti, in deroga al criterio del cumulo materiale che altrimenti, in assenza di diverse disposizioni, dovrebbe
applicarsi.
Per le sanzioni pecuniarie stato adottato un sistema di cumulo giuridico (sanzione prevista per lillecito pi grave
aumentata fino al triplo) analogo a quello adottato dal codice penale, il quale si applica in caso di concorso formale
nonch in quello di reato continuato ---in questo caso il decreto in esame ha introdotto il criterio oggettivo relativo agli
illeciti commessi nello svolgimento di una medesima attivit, il quale appare pi appropriato per lente rispetto a quello
prettamente soggettivo facente riferimento al medesimo disegno criminoso.
Dove concorrono pi sanzioni interdittive, previsto il criterio di assorbimento, dove si applica la pena prevista per
lillecito pi grave.
Tali deroghe al meccanismo del cumulo materiale si applicano soltanto riguardo ad illeciti commessi prima che per uno
di essi sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva. Quindi eventuali illeciti che venissero commessi dopo la
pronuncia di una sentenza anche non definitiva, non daranno luogo al cumulo giuridico con quelli precedenti: in tali
ipotesi, come in tutti gli altri casi non riconducibili allart.21, il giudice provveder ad applicare le sanzioni secondo il
generale criterio del cumulo materiale.

LE SANZIONI PECUNIARIE.
La sanzione per lente in ogni caso applicabile quella pecuniaria.
Quantificazione la legge delega si limitava a stabilire in via generale per tutti i tipi di illecito riferibili allente
lammontare minimo ( 50 mln) e lammontare massimo ( 3 mld) della sanzione pecuniaria.
Indici di riferimento gravit del fatto e condizioni economiche dellente (utili ai fini della commisurazione in
concreto della sanzione), lasciando per il resto il legislatore delegato libero di individuare le singole sanzioni.
Il legislatore delegato ha costruito un modello sanzionatorio originario rispetto a quello tradizionale per somma
complessiva.
Abbiamo infatti un innovativo sistema per quote, il cui scopo adeguare la sanzione alle condizioni economiche e
patrimoniali dellente.
In primo luogo il giudice deve determinare il numero delle quote tenendo conto:
o gravit del fatto;
o grado di responsabilit dellente;
o attivit svolte per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di
ulteriori illeciti.
La scelta deve collocarsi entro il limite numerico previsto che va da un minimo di 100 quote ad un massimo di
1000 quote.
In un secondo tempo, il giudice determina il valore monetario della quota tenendo conto delle condizioni
economiche e patrimoniali dellente, fermi restando solo i valori minimi e massimi di c 258 e c 1.549.
Il risultato di questo procedimento bifasico dovrebbe essere una sanzione la quale, oltre ad essere proporzionata al
disvalore oggettivo e soggettivo del reato, sia commisurata alleffettiva capacit patrimoniale del singolo ente, affinch
la sanzione non rischi di essere indifferente o al contrario insostenibile.
ALTRI CRITERI DI COMMISURAZIONE DELLA PENA:
abbiamo un complesso di elementi di natura oggettiva e soggettiva. In particolare, lindice relativo al grado di
responsabilit dellente, allude chiaramente alla fondamentale distinzione tra illeciti commessi da soggetti in
posizione apicale, i quali esprimono una maggiore colpevolezza dellente, e quelli riferibili ai dipendenti.

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Inoltre, la responsabilit dellente si misura anche in relazione allefficienza e alla diligenza dimostrate nella
predisposizione di modelli di prevenzione dei reati.
Infine, di matrice special preventiva sono gli indici corrispondenti allattivit svolta per eliminare o attenuare
le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. In particolare, lattivit svolta per
prevenire la commissione di ulteriori illeciti si colloca al di fuori della valutazione del fatto illecito commesso,
rilevando piuttosto al fine di determinare la capacit a delinquere dellente.
Sono poi previste riduzioni della sanzione per ipotesi di particolare tenuit, o in presenza di condotte efficaci di
riparazione delloffesa.

Oltre alla pena pecuniaria, il decreto legge in esame prevede anche:


SANZIONI INTERDITTIVE:
abbiamo 5 tipi di misure:
o linterdizione dallesercizio dellattivit;
o sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione
dellillecito;
o divieto di contrarre con la p.a, salvo che per ottenere la prestazione di un pubblico servizio;
o esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e leventuale deroga di quelli gi
concessi;
o novit --- divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste e l dove ricorrano i seguenti
presupposti:
che il reato sia stato commesso dai vertici o se commesso da dipendenti sia stato determinato o
agevolato da gravi carenze organizzative e lente ne abbia tratto un profitto di rilevante entit;
che ricorra lipotesi di reiterazione degli illeciti.
Queste sanzioni si aggiungono, nei casi pi gravi, alla pena pecuniaria, non potendo essere queste comminate
in via esclusiva.
Non possono considerarsi accessorie rispetto alla pena pecuniaria. Infatti, si tratta di sanzioni che incidono
profondamente sullattivit e sulla vita stessa dellente. Poi, oltre ad essere irrogabili con la sentenza di
condanna, sono anche applicabili dal giudice in via cautelare, funzionando come strumento di prevenzione
generale immediatamente applicabile.
Hanno scopo deterrente, ma per altro verso viene data allente la possibilit, in ogni momento, di attivarsi per
evitarle. Infatti prevista linapplicabilit qualora lente, prima dellapertura del dibattimento, faccia il
necessario per assicurare unefficace riparazione delloffesa e abbia provveduto al risarcimento del danno o
riparazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato o abbia eliminato le carenze organizzative che
hanno dato causa al reato oppure abbia messo a disposizione, ai fini della confisca, il profitto conseguito dal
reato.
Anche successivamente allemissione della sentenza di condanna, lente pu ottenere la conversione delle
sanzioni interdittive in pecuniarie.
Nellipotesi in cui lo svolgimento di un pubblico servizio o le possibili ripercussioni sulloccupazione ostino
alla sospensione dellattivit dellente, prevista unalternativa alle sanzioni interdittive la nomina di un
Commissario per prosecuzione di data attivit per un periodo pari alla durata della sanzione interdittiva. In
questo caso il profitto viene confiscato, cosicch tale misura persegue comunque a pieno titolo sanzionatorio
per lente, pur nella salvaguardia degli interessi collettivi.
CONFISCA --- misura volta non tanto a punire lente, quanto a sottrarre al medesimo il prezzo e il profitto
dellillecito.
Non commisurata secondo i criteri di proporzione, propri della sanzione pecuniaria, n incontra limiti di
valore, coincidendo con lentit del profitto, salvo la parte che pu essere restituita al danneggiato e i diritti
acquisiti da terzi in buona fede.
disposta obbligatoriamente e senza che abbiano rilievo eventuali condotte successive.
PUBBLICAZIONE DELLA SENTENZA.

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LA LEGGE PENALE NEL TEMPO

IL DIVIETO DI RETROATTIVITA DELLA LEGGE PENALE SFAVOREVOLE: ORIGINI STORICHE,


FONDAMENTO TEORICO ED ECCEZIONI A TALE PRINCIPIO.
Il divieto di retroattivit della norma penale incriminatrice ( nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali)
costituisce uno dei corollari del principio di legalit.
Tale principio di irretroattivit trova consacrazione non solo nel diritto interno italiano ( gi previsto allart.1 c.p, oggi
recepito allart.25 2 co. Cost.) ma anche in importanti fonti del diritto internazionale (Convenzione europea di
salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali e Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici), i
quali sanciscono il divieto di applicare sanzioni criminali a condotte che al momento della loro realizzazione non
costituivano reato.
Lirretroattivit si colloca come uno strumento volto a contenere i possibili arbitri del legislatore.
Tradizionalmente per giustificare tale divieto si fatto riferimento alle fondamentali esigenze di garanzia e certezza del
cittadino nei confronti del potere statuale, in quanto il cittadino ha sempre diritto di potere conoscere se un fatto, in un
determinato momento storico, costituisca illecito penale.
In una prospettiva diversa da quella prospettata, si posto laccento sul fatto che il divieto di retroattivit della legge
incriminatrice andrebbe ricondotto sia alla funzione di prevenzione generale ( lorientamento del singolo verso un
determinato comportamento pu naturalmente venire sempre e soltanto da norme gi tipicizzate , in quanto precetti
penali retroattivi finirebbero per cadere nel vuoto), sia al principio di colpevolezza ( la regola del nulla poena sine
culpa esigerebbe che, al momento della libera scelta da parte di un soggetto di commettere un fatto rimproverabile, sia
gi vigente nel sistema giuridico positivo quella particolare legge penale che dia origine a quella fattispecie illecita).
Esso assume allo stato attuale un ruolo fondamentale e solo in casi eccezionali gli ordinamenti prevedono deroghe a tale
principio ( punizione dei crimini contro lumanit commessi in periodo di guerra o durante regimi politici totalitari).
Oggi vi un fondamento normativo in atti internazionali --- Convenzione europea di salvaguardia dei diritti delluomo e
il Patto internazionale contengono un esplicito limite al divieto di retroattivit in rapporto a quei fatti che risultino
criminosi alla stregua dei principi generali del diritto riconosciuti dalla nazioni civili o dallinsieme delle nazioni.

IL CAMPO DI APPLICAZIONE DELLART.25, 2 CO. COST. : IL PROBLEMA DELLE MISURE DI SICUREZZA


E DEGLI ISTITUTI DI NATURA PROCESSUALE.
In forza del principio enunciato degli artt. 25 2c. Cost e 2 1 co. c.p, sia lintroduzione di norme incriminatrici, sia
modifiche in senso peggiorativo del trattamento sanzionatorio, non potranno avere alcun effetto retroattivo.
Lart.25 3 co. Cost. si limita a prevedere per le misure di sicurezza la riserva di legge. Non potr mai essere riferibile
una misura di sicurezza ad una condotta che al momento della sua realizzazione non costituiva reato.
Controversa invece la questione di una possibile riferibilit dellart.25 2 co. Cost. anche alla successione di norme
penali processuali. Si possono individuare almeno tre settori in cui modifiche delle norme processuali possono incidere
direttamente sulla libert personale:
il regime delle prove;
il regime dellesecuzione penale nella parte in cui definisce i contenuti della pena;
misure cautelari personali.
A tal proposito, noto come sia del tutto prevalente la soluzione negativa circa la possibilit di ravvisare nel favor rei un
principio generale in tema di successione di norme processuali penali.
Ancora oggi resta controverso se, in deroga a tale criterio, sia da ritenersi operante anche nella materia processuale il
principio delleffetto retroattivo delle leggi comportanti un pi favorevole regime relativo alla libert personale
dellimputato.
Vedi paragrafo pag. 226-227.

LE PROBLEMATICHE DI DIRITTO INTERTEMPORALE IN MATERIA DI PRESCRIZIONE DEL REATO.

30
Molto vivace stato il dibattito in tema di prescrizione del reato, in quanto la crisi del sistema giudiziario penale ha
portato come inevitabile conseguenza che procedimenti, a volte di notevole importanza, si siano chiusi con sentenze di
proscioglimento per estinzione del reato a seguito del decorrere del termine prescrizionale.
Tale situazione ha pertanto indotto parte della dottrina penalistica a proporre che, in relazione ad una serie di reati, siano
introdotti termini di prescrizione pi lunghi di quelli attualmente previsti dallart.157 c.p. e che contestualmente venga
sancita la loro applicabilit retroattiva anche ai reati anteriormente commessi.
Recentemente, a seguito dellentrata in vigore della L. n 251 /2005, proprio con riferimento allistituto della
prescrizione si sono presentate una serie di questioni connesse a profili di diritto internazionale.
I nuovi criteri accolti dallart.157 c.p per determinare il tempo prescrizionale hanno comportato che il nuovo regime
possa rivelarsi, in alcuni casi, pi favorevole rispetto a quello del precedente art.157 c.p. e in altri casi meno
vantaggioso.
Il nuovo disposto dellart.157 c.p individua il termine prescrizionale nel massimo edittale e prevede anche che nel
computo della pena si debba tenere conto solo dellaumento per le circostanze aggravanti ad effetto speciale. Inoltre,
stabilisce termini raddoppiati per i delitti di cui agli artt. 449 e 589 c.p., 2 e 3 co.
Il regime intertemporale disciplinato allart.10 della presente legge, in base al quale fermo restando le disposizioni
dellart.2 del c.p quanto alle altre norme della presente legge, le disposizioni dellart.6 non si applicano ai procedimenti
e ai processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano pi lunghi di quelli previgenti. Se, per effetto delle
nuove disposizioni, i termini di prescrizione risultano pi brevi, le stesse si applicano ai procedimenti e ai processi
pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione dei processi gi pendenti in primo grado ove vi
sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonch dei processi gi pendenti in grado di appello o avanti la
corte di Cassazione.
Il presunto contrasto con il divieto di retroattivit nascerebbe dal fatto che la nuova disciplina pi sfavorevole in materia
di prescrizione potrebbe applicarsi a condotte realizzate prima dellentrata in vigore della L. n 251/2005, a condizione
che per quei fatti il procedimento penale sia iniziato nella vigenza del nuovo testo dellart.157 c.p.
Sembrerebbe che il riferimento alla situazione processuale, inizio del procedimento penale, sia stato fatto proprio per
ribadire il divieto di retroattivit della normativa pi sfavorevole.
A ci si aggiunga che, non avendo previsto la l. n 251/2005 unespressa deroga ai principi sanciti dallart. 2 c.p. ed
essendosi limitata a richiamare la validit del disposto con riferimento a tutte le altre modifiche intervenute, si pu
affermare che il divieto di retroattivit comporta che le regole pi sfavorevoli introdotte dalla l. 251/2005 non siano
riferibili ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore.
Maggiori problematiche ha suscitato il successivo 3 co. della legge citata, il quale stabilisce che: se per effetto delle
nuove disposizioni, i termini di prescrizione risultano pi brevi, le stesse si applicano ai procedimenti e ai processi
pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione dei processi gi pendenti in primo grado ove
sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonch dei processi gi pendenti in grado di appello o avanti alla
Corte di Cassazione.
Due sarebbero i distinti profili di incostituzionalit:
il primo riguarderebbe la deroga al principio della retroattivit favorevole sancito dallart.2 2co. ss.
In realt, con riferimento a questo aspetto, dottrina e giurisprudenza hanno generalmente fatto riferimento alla
contraria posizione della Corte Costituzionale. In effetti, anche recentemente la Corte, ha affermato che il solo
principio di irretroattivit della legge penale incriminatrice ha rango costituzionale e non quello della
retroattivit della legge pi favorevole al reo. Allineandosi a tale indirizzo, la giurisprudenza quindi ha escluso
che il regime transitorio ponesse questioni di legittimit costituzionale.
I motivi di censura sarebbero relativi ad un difetto di ragionevolezza della scelta legislativa nella parte in cui
ha differenziato lapplicabilit della normativa pi favorevole a seconda della fase processuale in cui si trovava
il procedimento al momento dellentrata in vigore della l.251/2005.

IL PRINCIPIO DELLA RETROATTIVITA FAVOREVOLE. LA DEROGA A TALE PRINCIPIO PER LE LEGGI


TEMPORANEE ED ECCEZIONALI. LABOLIZIONE DELLA C.D ULTRATTIVITA DELLE LEGGI PENALI
TRIBUTARIE.
Nel codice penale italiano il 2, 3 e 4 co. dellart. 2 disciplinano tre situazioni in cui opera il principio della
retroattivit favorevole.
Art. 2, 2 co. stabilisce che nessuno pu essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non
costituisce reato: e se, vi stata condanna, ne cessano lesecuzione e gli effetti penali.
31
Tale disposto prevede quindi che labolizione di un reato estenda i propri effetti anche a tutti i fatti commessi
anteriormente allentrata in vigore della norma abrogatrice. Inoltre, la norma sancisce la regola secondo cui il
fenomeno dellabolitio criminis travolge anche il giudicato.
3 co. dispone che se vi stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la
pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria.
4 co. se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui
disposizioni sono pi favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.
Secondo un orientamento dottrinale il divieto di retroattivit della legge penale incriminatrice deriverebbe da un
principio superiore, il favor libertatis. Di conseguenza, nellordinamento italiano, anche il principio della retroattivit
favorevole, bench non espressamente previsto, assumerebbe rango costituzionale.
Secondo la prevalente tesi dottrinale, la garanzia costituzionale discenderebbe non dallart. 25 2 co. Cost., bens dal
principio di eguaglianza sancito dallart. 3 della Carta fondamentale. E ci in quanto tale norma vieta qualsiasi
discriminazione irragionevole fra situazioni eguali.
Diversa la posizione della Corte costituzionale, la quale anche recentemente ha ribadito che dalla lettura dellart. 25 2
co. Cost. emerge che solo il principio di irretroattivit della legge penale incriminatrice ha acquistato valenza
costituzionale ma non quello della retroattivit della legge pi favorevole al reo. Da ci consegue che, come deve essere
ritenuto conforme al richiamato disposto costituzionale il principio della retroattivit della disposizione pi favorevole,
alla stessa conclusione dovr pervenirsi in ordine alla legge che prevede la irretroattivit delle norme favorevoli.
Tale conclusione troverebbe conferma nel fatto che lart. 2 5 co. c.p. prevede una deroga al principio di retroattivit
della norma penale favorevole per le leggi temporanee e quelle eccezionali. In tal caso, il diverso principio della
incondizionata applicazione della legge del tempo in cui il fatto stato commesso appare conforme al canone
costituzionale della ragionevolezza. evidente che nellipotesi di leggi emanate per fronteggiare situazioni oggettive di
carattere straordinario il ritorno alla normalit, e quindi la conseguente abrogazione dei reati previsti da tali norme, non
pu avere leffetto del venire meno della rilevanza penale delle condotte realizzate nel vigore della normativa
eccezionale.
Alle stesse conclusioni si deve giungere anche in relazione alle leggi temporanee contengono la predeterminazione
espressa del periodo di tempo in cui avr vigore. Anche queste disposizioni penali sono introdotte per fronteggiare
eventi a carattere contingente, differenziandosi dalle norme eccezionali unicamente per il fatto che la legge stessa a
fissare un termine per la sua vigenza.
Recentemente venuta meno laltra tradizionale deroga al principio della retroattivit favorevole presente nel sistema
penale italiano. Infatti labrogazione dellart.20 l. n 4/1929, a seguito dellentrata in vigore del d.lgs n 507/1999, ha
sancito la scomparsa del c.d principio di ultrattivit delle leggi penali finanziarie. Lart. 20 stabiliva che le disposizioni
penali delle leggi finanziarie si applicano ai fatti commessi quando tali disposizioni erano in vigore, ancorch le
disposizioni medesime siano abrogate o modificate al tempo della loro applicazione.
Oggi anche nella materia penal-tributaria trovano applicazione le disposizioni ispirate allidea della retroattivit
favorevole.

ILLECITO AMMINISTRATIVO E SUCCESSIONE DI LEGGI NEL TEMPO.


Il divieto della irretroattivit sfavorevole oggi sancito anche in materia di illecito amministrativo. La l. n 689/1981
stabilisce infatti che nessuno pu essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia
entrata in vigore prima della commissione della violazione.
La giurisprudenza della Corte costituzionale ha affermato che il principio della irretroattivit delle leggi stato
costituzionalizzato soltanto con riguardo alla materia penale, mentre per le restanti materie losservanza del principio
stesso rimesso alla prudente valutazione del legislatore.
Secondo la Suprema Corte, in materia di illeciti amministrativi, ladozione dei principi di legalit, irretroattivit e
divieto di applicazione analogica, implica lassoggettamento del fatto alla legge del suo verificarsi, con conseguente
inapplicabilit della disciplina posteriore pi favorevole.
In linea con questo orientamento anche la posizione della Corte costituzionale, la quale ha avuto modo di affermare
che deve escludersi qualsivoglia violazione dellart.3 Cost. nel fatto che il legislatore abbia in altri settori dellillecito
amministrativo sancito il principio della retroattivit favorevole.

LABOLITIO CRIMINIS. IL PROBLEMA DELLA C.D ABOLIZIONE PARZIALE.

32
Lart. 2 c.p detta una diversa disciplina in ordine allipotesi di abrogazione di un reato (art. 2 2 co.) ed a quella di una
riformulazione della fattispecie (art. 4 co.).
Solamente nel primo caso opera totalmente il principio della iperretroattivit della legge abolitrice, mentre nellipotesi
di una mera modificazione legislativa degli elementi della fattispecie incriminatrice le conseguenze giuridiche sono pi
limitate.
Sul piano applicativo assume rilevanza il fenomeno successorio nella categoria dellabolitio criminis ovvero in quella
della mera modifica della fattispecie. In realt i nodi problematici derivano dal fatto che lipotesi disciplinata dallart. 2
2 co. c. p. pu verificarsi sia nel caso di abolizione integrale di una figura di reato, sia nel caso di una riformulazione
della fattispecie che si riveli eterogenea rispetto a quella precedente.
Nella recente esperienza legislativa si possono ricordare numerosi esempi di abolizione integrale es. abrogazione del
delitto di istigazione allaborto, attuata con la L n 194/1978.
Per quanto riguarda il fenomeno della riformulazione di una fattispecie che comporti labolizione di quella sostituita,
sufficiente fare riferimento alla riforma dei reati tributari a seguito del d.lgs n 74/2000. In effetti, con riferimento a
talune fattispecie e, soprattutto in riferimento alla contravvenzione e al delitto di utilizzazione di fatture per operazioni
inesistenti, dato riscontrare una vera e propria abolitio criminis.
I problemi si presentano principalmente con riferimento a questultima situazione. Infatti, ogniqualvolta si presenti una
simile forma di successione di leggi penali, linterprete non pu sottrarsi allonere di accertare se labrogazione della
norma incriminatrice, sino allora presente nellordinamento, segua contestualmente una nuova e diversa disciplina di
incriminazione, o se invece questa sostituzione implichi invece una mera riformulazione della fattispecie. In effetti,
solamente nella prima ipotesi le condotte antecedenti la legge di modifica devono considerarsi non punibili, dal
momento che, da un lato, la legge posteriore ha abolito il vecchio reato, dallaltro, la nuova norma non pu trovare
applicazione retroattiva.
Profili problematici possono affiorare anche nellipotesi di c.d. abrogazione integrale. Paradigmatica in tal senso
risultata labolizione nellordinamento italiano del delitto doltraggio a pubblico ufficiale.
Sotto il profilo della successione temporale pu attuarsi anche la c. d abolizione parziale di una fattispecie. In
particolare stato segnalato che ogni fattispecie legale , in quanto composta da elementi scomponibili nei loro
particolari modi di essere, capace di molteplici contenuti, costituendo un genus in cui rientrano tante species, tante
ipotesi particolari, anchesse legali, quanti sono i possibili modi di atteggiarsi dei singoli elementi costitutivi. Una volta
scomposta la figura criminosa in sottofattispecie, non vi sarebbero sul piano dellanalisi strutturale, ragioni ostative
alleliminazione, in astratto, di una o di alcune sottoipotesi rientranti nella figura generale.
Pi complesso si presenta il problema quando la restrizione della figura criminis dipende da una successiva
specificazione o aggiunta di elementi genericamente ricompresi nella fattispecie abrogata.
In questultimo caso, si devono distinguere due diverse situazioni:
Successione temporale di due figure delittuose, le quali si pongono in rapporto di specialit bilaterale, ma
entrambe per aggiunta.
Con riferimento a questa ipotesi di sostituzione, attesa la presenza di elementi aggiuntivi, reciprocamente
estranei, dovrebbe ammettersi una eterogeneit strutturale fra fattispecie vecchia e nuova, comportante per
conseguenza il riconoscimento di unabolizione totale. Rientrerebbe in tale categoria la sostituzione
dellart.578 c. p. (infanticidio per causa donore) con lodierna formulazione --- infanticidio in condizioni di
abbandono materiale e morale.
La nuova norma si configura come speciale per lintroduzione di un elemento aggiuntivo.
Secondo un primo indirizzo, parrebbe legittimo concludere nel senso della successione di leggi, poich il fatto
tipico specializzato nel nuovo disposto di per s idoneo ad essere riportato entro la precedente fattispecie,
rappresentandone una sottofattispecie che la norma posteriore ha isolato.
A opposti risultati perviene unaltra parte della dottrina sul piano della tipicit penale una sottofattispecie
non sarebbe giuridicamente configurabile. E ci in quanto il ricorso a tale figura legittimerebbe come
conseguenza logica laffermazione alla cui stregua ciascuna fattispecie normativa definita conterrebbe un
numero indefinito di elementi specializzanti. A ci si aggiunga che laggiunta di elementi nuovi, non
ricompresi fra quelli tipizzati dalla precedente figura criminis, verrebbe a spezzare il rapporto di continuit fra
fattispecie, rendendo la situazione assimilabile a quella dellinterferenza di elementi non riconducibili gli uni
agli altri.
Quindi, andrebbe ravvisata unabolizione totale ogniqualvolta sia riconoscibile un fenomeno di sostituzione di una
fattispecie con altra caratterizzata da elementi specializzanti.
33
LA RIFORMULAZIONE DI UNA FIGURA CRIMINOSA: MODIFICHE IMMEDIATE E MODIFICHE MEDIATE.
Il fenomeno successorio che comporti la riformulazione di una fattispecie pu essere conseguenza di:
modificazioni immediate gli interventi legislativi incidono direttamente sulla struttura del tipo di illecito.
in tale ambito si possono individuare almeno tre diverse forme di successione di leggi:
sostituzione della fattispecie;
abrogazione di una norma e contestuale riespansione di una formula incriminatrice previgente;
innesto di una nuova fattispecie interferente con lambito di applicazione di altre pregresse.
In tutti questi casi configurabile un fenomeno di successione di legge. Limitatamente allultima situazione
opportuno procedere ad alcune precisazioni. Una successione di leggi per innesto normativo pu verificarsi
solo quando la fattispecie successiva si collochi in un rapporto di specialit rispetto alla norma preesistente.
Questa la situazione verificatesi con lintroduzione dellart.388 ter nel codice penale italiano. Infatti prima
dellentrata in vigore di tale norma, il fatto di aiutare taluno con fatti fraudolenti a sottrarsi allesecuzione della
pena pecuniaria rientrava nellambito dellart. 390 c. p., nellillecito di mancata esecuzione dolosa di sanzioni
pecuniarie. In un simile caso, con riguardo a fatti anteriori alla novella legislativa, il giudice deve valutare in
concreto quale sia, fra vecchio e nuovo, il trattamento giuridico pi favorevole al reo.
Si pu escludere un fenomeno successorio quando la nuova fattispecie venga a configurarsi come generale
rispetto alla precedente incriminazione, divenuta speciale in seguito dellinnesto normativo. Infatti il nuovo
illecito non assume rilevanza ai fini dellapplicabilit della precedente, che anche nel nuovo contesto
normativo deve considerarsi prevalente. Quindi, per i fatti che anteriormente non erano rilevanti penalmente
vale il divieto di retroattivit, mentre per quelli gi punibili continua a trovare applicazione la vecchia
disciplina.
Modificazioni mediate il novum legislativo incide non sulla struttura della fattispecie, ma sulla possibilit di
applicazione ad un caso concreto. Numerose sono le ipotesi prospettabili: dallabrogazione del reato rispetto al
quale stata presentata una denuncia calunniosa, ai casi in cui venga meno, a seguito di un provvedimento
amministrativo o legislativo, la qualit di pubblico ufficiale.
In dottrina discusso se tali modifiche determinino un fenomeno successorio.
Secondo un primo orientamento si dovrebbe escludere lapplicabilit dellart. 2 2 co. c.p, nel caso di
variazioni a norme integratrici di legge penale. Di diverso avviso vanno altri autori, i quali sono invece
favorevoli ad uninterpretazione estensiva che comporti lapplicazione dellart. 2 anche alle c.d modifiche
mediate della fattispecie.
La prevalente dottrina giunge a differenti conclusioni secondo la natura della norma integratrice della
fattispecie penale. Quindi, non sarebbe corretto qualificare come disposizioni incriminatrici di un precetto
penale quelle cui faccia riferimento altro disposto attraverso un elemento normativo della fattispecie. In tal
caso si dovrebbe escludere la riferibilit dellart. 2 2 co. c. p., dal momento che tale abrogazione non fa venir
meno il disvalore del fatto criminoso commesso anteriormente e quindi la ratio puniendi del medesimo.
Ad opposta conclusione sarebbe invece inevitabile pervenire con riferimento alle c.d. disposizioni definitorie,
le quali costituiscono vere e proprie fattispecie integratrici della norma penale. Un es. --- ridefinizione della
minore et operata dalla L. n39/1975, che ha abbassato il limite dai 21 ai 18 anni.
In ordine poi alla c. d. legge penale in bianco, la posizione prevalente in dottrina quella secondo cui
labrogazione della disposizione realmente integratrice importa quella liceit del comportamento alla stregua
del giudizio di valore astratto che essenziale allart. 2 2 co. c.p. Per contro, ad una conclusione negativa si
dovrebbe giungere nellipotesi in cui ad essere annullato o modificato fosse latto amministrativo richiamato
dalla norma penale.
In giurisprudenza i casi concreti pi frequentemente esaminati riguardano la depenalizzazione del reato
presupposto nella calunnia e nellomessa denuncia, labolitio criminis del reato-scopo nei delitti associativi,
labrogazione della norma cautelare nellipotesi di colpa specifica, il venir meno della qualifica soggettiva, ad
opera di legge extrapenale, nei c.d reati propri.

34
In tale ambito controversa stata la questione di diritto intertemporale connessa allentrata in vigore della l. n
359/1982, che ha trasformato lEnel da ente pubblico in societ per azioni. sorto il problema se a seguito di
tale modifica non dovesse pi ritenersi configurabile la fattispecie di contraffazione del sigillo di un ente
pubblico commessa anteriormente allentrata in vigore della legge di privatizzazione.
Abbiamo divergenti soluzioni nella giurisprudenza della Suprema Corte. Secondo un primo orientamento
lintervenuta privatizzazione dellEnel non ha affatto modificato il contenuto delle norme incriminatrici e
perci rimane immutata la punibilit della contraffazione dei sigilli, strumentale alla sottrazione di energia
elettrica commessa prima della trasformazione dellEnel in societ per azioni.
Di diverso avviso sono state le altre decisioni della Suprema Corte, secondo le quali la trasformazione
dellEnel da ente pubblico in societ per azioni, non rende pi configurabile la fattispecie di contraffazione del
sigillo di un ente pubblico, commessa prima della sua trasformazione.

I DISCUSSI CONFINI FRA LA ABOLITIO CRIMINIS E ABROGATIO SINE ABOLITIONE: IL QUADRO


DOTTRINALE.
Il principale nodo ermeneutico in materia di diritto intertemporale rappresentato dagli incerti limiti fra il fenomeno
abolitivo e quello di mera riformulazione della fattispecie.
Nellambito dottrinale abbiamo tre indirizzi:
teoria della valutazione in concreto qualora il fatto concretamente commesso sia sussumibile sotto entrambe
le previsioni astratte succedutesi nel tempo, dovrebbe trovare applicazione lart. 2 4 co. c.p. Invece, nel caso
in cui il fatto concreto, dapprima inquadrabile in una fattispecie penale, successivamente non risulti
riconducibile alla nuova incriminazione, si sarebbe in presenza di una vera e propria abolitio criminis.
Il punto di partenza per tutti gli studi che hanno affrontato il tema dei rapproti fra abolitio criminis e modifica
della fattispecie, rappresentato dalla teoria della valutazione del fatto concreto linterprete, nel valutare se
labrogazione di una fattispecie e la contestuale introduzione di un nuovo reato abbia effettivamente
comportato una abolitio criminis, deve procedere ad applicare le due normative al fatto concreto sub iudice.
Ci posto, se la condotta illecita rientra in entrambe le previsioni, si dovrebbe concludere che si in presenza
di una successione di leggi penali, con la conseguenza che il fatto resterebbe penalmente rilevante.
A diverse conclusioni si dovrebbe pervenire se il fatto concreto non risulti sussumibile in entrambe le
fattispecie. Laddove la condotta non apparisse riconducibile alla nuova disposizione e allo stesso tempo la
vecchia fosse stata abrogata, essa non costituirebbe pi reato. Infatti da un lato la prima fattispecie sarebbe
scomparsa dallordinamento, dallaltro la nuova non risulterebbe applicabile ostandovi il divieto di
retroattivit. Per converso, nellipotesi in cui il fatto rientrasse nel nuovo reato e non in quello abrogato, si
renderebbe evidente che esso non sar punibile, in quanto commesso anteriormente allentrata in vigore della
norma che lo sanziona penalmente.
Bench oggi la prevalente dottrina ritenga inaccettabile il criterio del fatto concreto, un autorevole
orientamento continua a considerarlo come lunico valido per risolvere la difficile alternativa tra abolitio
criminis e mera modifica della fattispecie. Il primo e fondamentale rilevo mosso a tale teorica rappresentato
dal fatto che seguendo il criterio dellapplicazione in concreto si potrebbe giungere ad una palese violazione
del divieto di retroattivit della norma penale incriminatrice. Tale tesi sarebbe valida solo per i casi facilissimi
di abolitio criminis, e cio quelli in cui vi stata abrogazione della vecchia fattispecie ed eterogeneit piena
della nuova rispetto alla precedente.
Peraltro non solo sul piano della possibile elusione del principio di legalit che vengono mossi rilievi critici
alla teoria dellapplicazione in concreto. Si infatti osservato come non si possa dimenticare che labolitio
criminis un evento legislativo e come tale generale ed astratto, una scelta dellordinamento relativa a classici
comportamenti , tipologie di condotte. Quindi, un criterio per essere ritenuto valido, deve operare sul piano
delle fattispecie astratte e non su quello delle singole condotte concrete.
A ci si aggiunga che leventuale riconducibilit del fatto concreto anche alla nuova norma incriminatrice, pur
in presenza di una sostanziale divergenza fra le due fattispecie astratte, potrebbe dipendere da fattori del tutto
fortuiti che, in quanto tali, impedirebbero di tracciare a priori il limite fra lecito ed illecito in rapporto a tipi di
comportamento legislativamente predeterminati.

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Teoria della continuit del tipo di illecito vi modifica della fattispecie e non vera e propria abrogazione
quando le due leggi in rapporto di successione temporale tutelino il medesimo bene giuridico contro le
medesime modalit offensive.
Secondo tale teoria affinch si possa ravvisare un rapporto di continuit fra la vecchia e la nuova disposizione,
sono richieste non solo lidentit dei fini di tutela delle due norme, ma anche le medesime modalit di
aggressione. Quindi, se nelle due fattispecie il bene giuridico tutelato e le modalit di aggressione sono
essenzialmente identici, ravvisabile una modifica della fattispecie; invece se vi stata una variazione
sostanziale, allora va riconosciuta una vera e propria abolitio criminis.
A differenza di quanto avvenuto in Germani, questa tesi ha avuto limitato successo, sul piano delle posizioni
dottrinali, in Italia. Nella lettura proposta dalla dottrina prevalente affinch possa ravvisarsi una continuit di
tipo di illecito necessario che nella vecchia e nella nuova fattispecie vi siano identit di bene giuridico e
stesse modalit di aggressione allo stesso.
Tale criterio comporterebbe la necessit di utilizzare valutazioni di ordine sostanziale e non formale, che
facendo leva sul disvalore del fatto possano legittimare unaffermazione di omogeneit del bene protetto o
delle modalit di lesione.
Si rilevato che anche ricorrendo ad un confronto vincolato tra i parametri che identificano la tipicit penale,
non si potrebbe superare quel deficit dindeterminatezza che il vizio originario della tesi in esame. Infatti,
nella nuova disposizione, salvo non sia ripetitiva della precedente, vi sarebbe sempre un quid novi. Con
riguardo a questo elemento innovativo linterprete si troverebbe sempre di fronte ad unalternativa del tutto
discrezionale: porre in rilievo in chiave strutturale lelemento di novit se intende accedere alla tesi
dellabolitio criminis, oppure svalutare il fattore innovativo se preferisce propendere per la conclusione
dellabrogatio sine abolizione.
Infine stato sottolineato che ammettendo la continuit, in termini sostanziali, fra fattispecie diverse anche
quando la norma successiva presenta elementi eterogenei rispetto alla precedente, si correrebbe il rischio di
patenti elusioni della irretroattivit della norma incriminatrice.
Teoria della piena continenza vi una successione di leggi penali ogniqualvolta la nuova fattispecie sia
pienamente contenuta nella precedente.
Nasce per superare le forti obiezioni mosse al criterio della continuit del tipo di illecito. Infatti secondo parte
della dottrina, questultima tesi verrebbe a porsi in contrasto con il principio di legalit. Per ovviare a tale
problema si proposto che nel caso di successione di leggi penali la punibilit in base alla nuova norma sia
possibile solo quando questultima risulti pienamente contenuta nella precedente.
Nel fenomeno successorio, da un lato la punibilit ai sensi della vecchia fattispecie deve essere esclusa, poich
per volont del legislatore la norma non pi vigente e dallaltro, che la disposizione successivamente entrata
in vigore non pu trovare applicazione in forza del divieto di retroattivit. Lunica eccezione a tale regola
riscontrabile solo nel caso in cui la nuova fattispecie fosse gi pienamente contenuta nella precedente.
Nellambito della scienza penalistica italiana abbiamo avuto una rivisitazione di tale criterio. stato
innanzitutto riconosciuto che la teoria della piena continenza si atteggia in modo pi rigoroso rispetto a quello
della continuit del tipo di illecito. Ci nonostante essa non sembrerebbe idonea a fornire una risposta coerente
a tutte le questioni determinate dalle modifiche strutturali di una fattispecie penale. A ci si aggiunga che un
fenomeno di continenza andrebbe riconosciuto non solo quando una nuova fattispecie pienamente contenuta
in quella precedente, ma anche nellipotesi inversa.
Quindi se quella nuova viene a configurarsi come generale rispetto a quella abrogata, le condotte
originariamente sanzionate dalla prima manterrebbero rilevanza penale anche ai sensi della nuova norma.
In ultima analisi, tale teoria, pur muovendo da premesse corrette si rivelerebbe inidonea a fornire adeguate
soluzioni alle diverse forme con le quali pu presentarsi un fenomeno di successione fra leggi penali. in
particolare, essa prenderebbe in considerazione solo lipotesi di sostituzione della fattispecie e non la
successione per innesto e labrogazione di una norma e conseguente riespansione dellaltra. Per quanto
riguarda lipotesi della sostituzione della fattispecie, viene osservato che il problema neppure si porrebbe con
riferimento ai casi di sostituzione di fattispecie eterogenee. Presupposto indefettibile per ipotizzare un rapporto
di successione sarebbe quindi la presenza di due fattispecie omogenee. In questultima ipotesi si renderebbe
tuttavia necessario operare una distinzione fra:
labrogazione di una fattispecie che rispetto alla successiva risulterebbe speciale trattandosi di una
dilatazione della sfera del penalmente rilevante, la successione di leggi andrebbe riconosciuta, dal

36
momento che lintroduzione di una norma di pi ampia portata, che si pone in una dimensione pi
generale rispetto alla precedente, ricomprende necessariamente il contenuto tipico della fattispecie
abrogata;
abrogazione di un disposto che in relazione a quello posteriore si porrebbe come generale occorre
fare riferimento al modo con cui il legislatore ha operato quella restrizione delle condotte punibili che
si attua passando da una norma generale ad una speciale. La prima forma di restrizione pu essere
compiuta mediante selezione di alternative gi formalmente tipiche. Meno agevole la soluzione del
problema quando la restrizione della fattispecie dipende da una successiva specificazione o aggiunta
di elementi genericamente ricompresi nella fattispecie abrogata.
Secondo un indirizzo dottrinale, anche in questo secondo caso sembrerebbe riscontrabile una
successione di leggi, poich il fatto tipico specializzato nella nuova norma di per s idoneo ad
essere riportato nella precedente fattispecie in quanto ne rappresenta una sottofattispecie che la
norma posteriore ha isolato. Soltanto in questultimo caso si pu legittimamente riconoscere
quellinterferenza di fattispecie che comporta il binomio abolitio criminis nuova incriminazione.
A diverse conclusioni giunge altra parte della scienza penalistica. Secondo un diverso ordine di idee,
non in questo caso ravvisabile unidentit di fattispecie, sul presupposto che i nuovi elementi,
specializzanti lillecito, non erano precedentemente determinati dal legislatore. Per questo motivo,
una successiva indicazione degli stessi porterebbe come risultato che il nuovo disposto faccia
riferimento ad elementi della fattispecie finora irrilevanti sul piano penale, con la conseguente
esclusione di unidentit fra la vecchia norma e la nuova. Lesattezza di simile conclusione risulta
ancora pi evidente ove il fenomeno di specializzazione per aggiunta si realizzi attraverso
lintroduzione di una pluralit di modifiche.
Si tratta di teorie originariamente formulate nellambito della scienza penalistica tedesca, le quali hanno trovato ampia
diffusione e rielaborazione presso la dottrina italiana.

LINEE ESSENZIALI DEL PIU RECENTE DIBATTITO DOTTRINALE IN ITALIA: LA DISCUSSA


CONCILIABILITA DEL CRITERIO BASATO SUL CONFRONTO STRUTTURALE FRA FATTISPECIE CON UN
APPROCCIO DI TIPO VALUTATIVO.
Gi da alcuni anni autorevole dottrina ha segnalato il problema che, in determinati casi, al rigore formale della relazione
logico strutturale di specialit non corrisponde sempre e necessariamente quella continuit di valutazione legislativa
del fatto, la quale costituisce lindefettibile presupposto per riconoscere unipotesi di successione meramente
modificativa della fattispecie.
Pi di recente la delicata questione stata nuovamente affrontata in modo organico. Si infatti sottolineato come vada
operata una divisione tra approcci di tipo strutturale o formale e quelli di tipo valutativo (andrebbe collocata anche la
teoria della continuit del tipo di illecito). In realt, simile ricostruzione, non escluderebbe, ma anzi implicherebbe,
unanalisi strutturale e formale. In effetti, il modus operandi del giudice sarebbe il medesimo che egli deve seguire al
fine di accertare il rapporto di specialit fra fattispecie penali. in tali ipotersi perci la differenza si presenterebbe
unicamente nel fatto che si tratta di una specialit diacronica e non sincronica. In ogni caso il ricorso al criterio del bene
giuridico e delle modalit doffesa, e quindi ad elementi di tipo valutativo, dovrebbe servire unicamente a circoscrivere
ulteriormente, in senso favorevole, i parametri strutturali, non in senso peggiorativo a scapito dei criteri strutturali stessi,
perch altrimenti, sostituendosi a criteri logico strutturali, rischia di scardinare ogni base sicura di giudizio nel
rapporto fra norme penali. A conferma di tale impostazione, vengono indicate alcune recenti sentenze della Corte di
Cassazione, relative da un lato allabrogazione del delitto di oltraggio e dallaltro alla riforma dei reati tributari, le quali
testimonierebbero che il ricorso a criteri di tipo strutturale formale avrebbe portato ad una conclusione errata, ovvero
allinquadramento del fenomeno successorio nellart. 2 4 co. c.p. per contro, la Corte di Cassazione giunta ad
affermare esattamente la presenza di una vera e propria abolitio criminis, proprio utilizzando un criterio valutativo, qual
quello del bene giuridico.
Questa posizione non ha trovato pacifica accoglienza nella dottrina penalistica italiana. Si infatti rilevato che il criterio
dei rapporti strutturali non produce affatto quegli esiti incerti propri del paradigma sostanzialistico della discontinuit
del tipo di illecito, e allo stesso tempo racchiude un fondamento teleologico. Tale nei suoi termini essenziali, lo stato
della questione. In realt molteplici ragioni depongono a favore delladesione ad un criterio strutturale puro.
Innanzitutto opportuno sgombrare il campo dal rilievo secondo cui un approccio ai problemi di diritto intertemporale
fondato unicamente sul confronto strutturale fra fattispecie sarebbe viziato da una palese contraddizione con la

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prospettiva, oggi generalmente accolta, secondo cui il metodo interpretativo non pu prescindere da quellessenziale
momento assiologico che costituito dalla ricostruzione del bene giuridico. In realt, una considerazione delle
oggettivit giuridiche tutelate nelle due norme non assente neppure nella cosiddetta analisi di tipo strutturale. Esatta
appare losservazione che anche nellambito di unanalisi di tipo strutturale le scelte di valore, riguardanti linteresse
tutelato, possono cogliersi negli elementi di fattispecie e solamente in essi. Di conseguenza, verrebbe meno
quellevidenziata antinomia fra latteggiamento generale della moderna scienza penalistica, che individua nel bene
giuridico il criterio guida per una corretta esegesi e ricostruzione dogmatica, e la specifica posizione in tale settore,
apparentemente caratterizzata da un metodo formalistico ed avalutativo. Inoltre, ladesione ad un criterio strutturale
puro costituisce la legittima reazione ad un ordinamento giurisprudenziale che ha utilizzato il giudizio di valore come
strumento idoneo a sovvertire i risultati cui il predetto criterio avrebbe condotto.
Va rilevato che lalternativa fra confronto strutturale e giudizi di valore sarebbe on realt apparente, assumendosi che le
scelte di valore si esprimono negli elementi di fattispecie, e solo in essi. Di conseguenza sarebbe legittimo asserire che
nel momento in cui il legislatore procede a riformulare una fattispecie, il mutamento nelloggettivit giuridica si
trasfonde inevitabilmente negli elementi strutturali connotanti la nuova figura di crimine.
Alla luce di quanto ora esposto si pu affermare che, nellesaminare ogni caso di successione fra norme penali,
linterprete, una volta compiuto il confronto in merito alle differenze strutturali fra fattispecie, non tenuto a procedere
ad un ulteriore controllo, a carattere pi specificatamente valutativo, circa gli eventuali mutamenti nelle oggettivit
giuridiche tutelate, dal momento che questultimo non potr portare a risultati ermeneutici diversi da quelli gi
raggiunti. In verit, il criterio fondato sul confronto fra fattispecie in successione lunico in grado di soddisfare quelle
istanze di oggettivit e legalit, cui devono necessariamente ispirarsi le soluzioni adottate in tale materia. E ci, in
quanto tali esigenze trovano attuazione soltanto nel momento in cui la volont storica del legislatore, nonch linteresse
tutelato dalla nuova norma, vengono mediati attraverso il precipitato tecnico di queste scelte di valori, e cio tramite le
fattispecie introdotte nellordinamento.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA DI ART. 2, 2 E 4 co., c.p. : DAL CRITERIO DELLA


CONTINUITA DEL TIPO DI ILLECITO A QUELLO DEI RAPPORTI STRUTTURALI.
Nellambito della teoria della continuit del tipo di illecito, si colloca la decisione della Corte di cassazione a Sezioni
unite del 1990, la quale ha esaminato i profili di diritto intertemporale connessi alla sostituzione delle fattispecie di
interesse privato e abuso innominato e il nuovo abuso di ufficio.
Ladesione al criterio della continuit del tipo di illecito da parte del supremo collegio stata pi formale che effettiva,
tenuto conto del fatto che in molte decisioni il parametro utilizzato, a volte in modo espresso, a volte in maniera occulta,
stato quello della valutazione in concreto.
Non appare fuori luogo affermare che la corte di cassazione propone, per risolvere i problemi di diritto intertemporale,
un criterio ispirato a un sincretismo nel quale coesistono sia elementi della tesi dei rapporti strutturali, sia riferimenti
alla teoria della continuit del tipo di illecito. In particolare, due sono le pronunce della suprema corte che vanno
ricordate:
nella prima le Sezioni unite hanno esaminato la successione normativa fra lart. 4 1 co. lett. D) l. 516/1982 e
lart. 2 d.lgs 74/2000.
Nella motivazione il Supremo collegio fa ricorso sia al criterio del bene giuridico, sia a quello dei rapporti
strutturali. Sotto il primo profilo, riscontrano una sostanziale differenza fra la lesione dellinteresse erariale
allintegrale riscossione delle imposte dovute, rispetto alla generica trasparenza fiscale, oggetto giuridico
specifico dei reati previsti nella l. 516/1982. Sotto il secondo aspetto, la nuova fattispecie presenterebbe
ulteriori elementi non riconducibili alla precedente figura, postulando in particolare lindicazione in
dichiarazione di elementi passivi fittizi, non richiesta invece dallart. 4 lett. D). quindi, lelemento della
dichiarazione, oggi richiesto per la configurabilit del delitto di cui allart. 2 del d.lgs 74/2000, non si
atteggerebbe ad elemento specializzante, bens ad elemento eterogeneo rispetto alla previgente previsione
incriminatrice. Da tali premesse deriverebbe quindi la qualificazione del fenomeno successorio fra lart. 4 e
lart. 2 nel binomio abolitio criminis/nuova incriminazione.
La seconda decisione riguarda la successione fra la contravvenzione di cui allart. 1 1 co. l. 516/1982 e il
delitto introdotto allart. 5 del d.lgs 74/2000. Analogo si presenta il percorso argomentativo seguito dal
Supremo collegio. Infatti, la Corte regolatrice fa riferimento, da un lato, alle oggettivit giuridiche tutelate
nelle due norme, dallaltro, ai rapporti strutturali fra vecchia e nuova disposizione. Sotto il primo profilo si
rileva come lattuale sistema penale-tributario sia imperniato sulla repressione dei fatti caratterizzati da
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rilevante offensivit, con abbandono di un modello di tutela anticipata, contraddistinto da illeciti a natura
strumentale e prodromica. Sul piano dellanalisi strutturale vengono poi messi in luce gli elementi di
disomogeneit fra le due fattispecie. Per conseguenza, secondo le Sezioni Unite si deve escludere una
continuit fra fattispecie, dal momento che nel caso in esame vi un passaggio da una norma generale ad una
speciale che introduce elementi nuovi caratterizzanti non previsti dalla norma previdente.
Da quanto finora esposto emerge infatti con tutta chiarezza la svolta che queste decisioni rappresentano nella
giurisprudenza della Suprema corte. Infatti, analizzando le due pronunce inevitabile riscontrare una maggiore
attenzione Suprema Corte ad abbandona re il criterio della continuit del tipo di illecito per adottare il parametro dei
rapporti strutturali. Tuttavia non si tratta di una chiave di lettura pacificamente condivisa. Vi chi ritiene che ladesione
a questultimo criterio sia solo nominalistica, dal momento che nella realt la corte avrebbe continuato ad utilizzare la
tradizionale teoria della continuit del tipo di illecito.
A distanza di soli due anni il Supremo collegio ha compiuto un ulteriore passo verso una piena adesione alla tesi
secondo cui lunico parametro idoneo a regolare i confini tra abolitio criminise mera modifica della fattispecie pu
rinvenirsi nel confronto strutturale fra la vecchia e la nuova figura criminosa.
Vengono esaminate le teorie tradizionali proposte per tracciare i confini fra il fenomeno dellabolitiio criminis e quello
della mera modifica della fattispecie. Deciso il rifiuto del criterio della valutazione in concreto. Sul punto, le Sezioni
unite recepiscono la fondamentale obiezione mossa a tale tesi dalla dottrina italiana e tedesca, e cio che ricorrendo alla
formula prima punibile, dopo punibile, quindi punibile si corre i rischio di giungere ad una elusione del divieto di
retroattivit della norma penale. In particolare, la Suprema corte afferma che se si optasse per la continuit quando un
fatto concreto commesso sotto il vigore della legge abrogata rientra nella previsione della nuova legge si farebbe di
questa unapplicazione retroattiva, in quanto quel fatto verrebbe punito solo per aspetti che prima erano privi di
rilevanza penale.
La sentenza distingue due tipi di approcci, quello strutturale e quello valutativo.
Il Supremo collegio afferma che il passaggio da un criterio strutturale a una successiva valutazione delle oggettivit
giuridiche delle norme messe a confronto non sia di regola necessario e debba avvenire solo se vi sono elementi
univocamente indicativi di una volont legislativa totalmente abolitrice.
Mediante questa pronuncia il criterio dei rapporti strutturali trova una formale consacrazione.

IL CONCETTO DI DISPOSIZIONE PIU FAVOREVOLE AI SENSI DELLART. 2 4 co. c.p.


Meno controversi sono in dottrina e giurisprudenza i criteri in base ai quali il giudice deve individuare, nellipotesi
successoria disciplinata dallart. 2, 4 co. c.p., la legge pi favorevole. Secondo il consolidato orientamento
giurisprudenziale il giudice deve procedere ad una valutazione in concreto --- deve operare un confronto fra la
disciplina che nel caso di specie sarebbe applicabile alla luce della vecchia e della nuova normativa.
Le questioni nascono quando la nuova disciplina abbia aspetti per un verso migliorativi e per latro peggiorativi. Il
giudizio pu implicare una serie di valutazioni provvisorie e successive aventi per oggetto lintera situazione, tenendo
conto perci non solo della specie o dellentit della pena in concreto, ma anche di ogni altro elemento. Quindi il
giudice deve prendere in considerazione non solo le modifiche che riguardano la durata e la specie della sanzione
principale, ma anche quelle relative alla possibile applicazione di misure di sicurezza e pene accessorie. In simile
prospettiva, la valutazione circa il trattamento in concreto pi favorevole si estender al regime delle circostanze e delle
cause estintive del reato.
In particolare la giurisprudenza ha avuto modi d precisare, da un lato, che la pena detentiva sempre, per sua stessa
natura, pi grave e meno favorevole della pena pecuniaria, rimanendo a tal fine irrilevante il criterio di ragguaglio
previsto dallart. 135 c.p., dallaltro, che legge pi favorevole deve considerarsi quella che prevede una pena detentiva
meno grave, indipendentemente dallentit della pena congiunta pecuniaria.
Inoltre, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che il giudice tenuto ad applicare globalmente la disciplina che sia
da ritenersi in concreto pi favorevole. Ci significa che la legge applicabile una sola delle due, e non una terza legge
risultante dalla combinazione della vecchia e della nuova disciplina c.d. divieto di tertia lex.

IL DECRETO LEGGE DECADUTO, NON CONVERITTO O CONVERTITO CON EMENDAMENTI.


Il principio di irretroattivit della norma penale sfavorevole riferibile anche al decreto legge. Quindi, lintroduzione di
una fattispecie o laggravamento della sua disciplina, attuati attraverso lo strumento della decretazione durgenza,
produrranno effetto solamente con riguardo alle condotte illecite successive allentrata in vigore del provvedimento.

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Problematica invece la situazione che si verifica nellipotesi di decreto legge decaduto , non convertito o convertito
con emendamenti.
Nella versione originale del codice Rocco, il 5 co. dellart. 2 c.p. stabiliva che le disposizioni di questo articolo si
applicano anche nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto legge convertito in legge con emendamenti.
Il quadro oggi del tutto mutato, dal momento che lart. 77 1 co. Cost. prevede che i decreti perdono efficacia sin
dallinizio, se non sono convertiti in legge entro 60 gg dalla loro pubblicazione. Di conseguenza non si realizza neppure
un fenomeno successorio fra leggi. Ci comporta fra laltro che, nellipotesi di un decreto-legge il quale abbia introdotto
una fattispecie criminosa o ne abbia aggravato il trattamento, la sua mancata conversione determina linapplicabilit
della disciplina pi sfavorevole ai fatti concomitanti, anche nellipotesi di successiva reiterazione del decreto legge.
E quindi, in forza del principio introdotto dallart. 77 che la Corte costituzionale ha dichiarato lincostituzionalit
delloriginario art. 2 5 co. c.p nella parte in cui estendeva la disciplina della retroattivit favorevole anche alla mancata
conversione del decreto legge.
In realt dopo la sent. 51/19985, la situazione sul piano del diritto intertemporale articolata. Ai fatti commessi
anteriormente allemanazione di un decreto legge, non convertito nel quale fossero state previste unabolitio crimins o
un trattamento pi favorevole, si dovr necessariamente applicare la normativa originariamente vigente.
A diversa soluzione si deve giungere con riferimento alle condotte realizzatesi nel corso della breve vita del decreto
legge. In effetti, in relazione a tale caso, pur essendo venuto meno con effetto ex tunc il dispositivo pi favorevole, la
ratio di garanzia e certezza, alla quale ispirata la disciplina della successione delle leggi penali nel tempo, impone che
alle condotte concomitanti sia applicabile la disciplina pi favorevole introdotta con il decreto legge non convertito.
Nei medesimi termini vanno poi risolte le questioni connesse alla conversione in legge del decreto con emendamenti.
Nel caso in cui la legge di conversione introduca una disciplina pi favorevole rispetto a quella del decreto legge, essa
andr applicata retroattivamente ai sensi dellart. 2, 2, 3 e 4 co. c.p. Per contro, ove il trattamento previsto dal teso
approvato dal parlamento si ponga in termini pi rigorosi rispetto a quello emendato dal governo, le disposizioni pi
favorevoli sono riferibili solamente ai fatti commessi durante la vigenza del decreto legge.
Parzialmente diversa sul punto la posizione della giurisprudenza . la Corte di cassazione infatti ha avuto modo di
chiarire che nellipotesi in cui la legge di conversione introduca modifiche al testo del decreto legge, necessario
distinguere in emendamenti innovativi, soppressivi e modificativi, dovendo attribuirsi ai secondi e ai terzi efficacia
abrogativa o sostitutiva della norma originaria ex tunc, mentre ai primi dovr assegnarsi efficacia di validit temporale
ex nunc, cio dal momento di entrata in vigore della legge di conversione. Qualora un decreto legge, che abbia
introdotto una nuova e pi grave normativa in tema penale, sia convertito in legge con emendamenti di natura
modificativa, non incidenti sulloggetto e la ratio delle originarie disposizioni sottoposte a convalida parlamentare,
rimangono applicabili, anche per il tempo intermedio fra decreto e legge le disposizioni definitivamente fissate in sede
di conversione.

LA DICHIARAZIONE DI ILLEGITTIMITA COSTITUZIONALE DI UNA NORMA PENALE.


Anche nellipotesi di declaratoria di illegittimit costituzionale relativa ad una fattispecie penale non si presenta un vero
e proprio fenomeno di successione temporale fra leggi.
Discussi sono gli effetti derivanti dalla declaratoria di illegittimit di una norma penale.. non vi controversia quando si
tratti di un disposto contenente una nuova incriminazione. In tal caso, la pacifica conseguenza derivante dalla pronuncia
della Corte che il fatto commesso prima della decisione non pi punibile. Se stata pronunciata sentenza
irrevocabile di condanna, ne cessano lesecuzione e tutti gli effetti penali.
Pi complessa la questione ove oggetto della declaratoria di illegittimit sia una c.d norma di favore, e cio una norma
che abbia depenalizzato una precedente fattispecie incriminatrice o abbia introdotto una disciplina meno afflittiva
rispetto alla pregressa. Con riferimento a simile ipotesi, si posto il problema se a seguito della pronuncia della Corte
costituzionale si attui una reviviscenza della precedente normativa.

IL TEMPUS COMMISSI DELICTI


Lapplicazione dei principi sanciti dallordinamento penale in materia di diritto intertemporale presuppone
lindividuazione del tempus commissi delicti. A fronte delassensa di una discplina nel codice Rocco il criterio seguito
quello che fa riferimento al momento della condotta delittuosa. Tale principio valido in relazione sia ai reati di mera
condotta, sia a quelli di evento, dato che anche per questi ultimi al momento dellattivit che si pone latto di
ribellione del reo nei confronti dellordinamento.

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A stessa conclusione si deve pervenire con riguardo agli illeciti omissivi, per i quali il tempus commissi delicti si
colloca nel momento in cui andava compiuta lazione giuridicamente doverosa.
Pi complessa la situazione per quanto riguarda i c.d. reati di durata. In particolare, nellipotesi di reato continuato, al
fine di individuare la legge temporalmente applicabile, occorre prendere in considerazione i singoli illeciti. Sotto questo
profilo vi una differenza di soluzioni rispetto a quanto prescrive lart. 158 c.p. in materia di prescrizione del delitto
continuato. In effetti, la regola per cui il termine prescrizionale decorre dal giorno in cui cessata la continuazione non
deve considerarsi riferibile anche al diverso problema riguardante al tempus commissi delicti, tenuto conto che in
questultimo caso il principio del favor rei esclude una valutazione unitaria del reato continuato .
Controversa la questione in ordine ai delitti abituali: ad una tesi, secondo cui il tempo del commesso reato quello in
cui si realizza latto che, unito al precedente, conferisce la natura dellabitualit, se ne contrappone unaltra, secondo la
quale il tempus commissi delicti si colloca nel momento in cui si realizza lultima condotta che integra il fatto di
maltrattamenti.
Le principali problematiche si collocano con riferimento alla categoria dei reati permanenti. A tal proposito si deve
infatti rivelare che ad un indirizzo dottrinale, secondo il quale il tempo va individuato al momento dellinizio della
consumazione, se ne contrappone un altro che giunge a conclusioni diverse. Secondo tale indirizzo, ai fini del diritto
intertemporale, si dovrebbe prendere in considerazione lultimo atto della condotta, in quanto il soggetto ai pone in
contrasto con lordinamento fino allesaurimento dellattivit illecita.
Articolato il quadro giurisprudenziale ---la questione affrontata attiene allipotesi in cui, a seguito di una novella
legislativa, la disciplina e il trattamento sanzionatorio di una fattispecie delittuosa, a carattere permanente, venga
modificata in termini sfavorevoli al reo. stato questo il caso dellintroduzione, nel codice penale, della fattispecie
criminosa dellassociazione di tipo mafioso che si posta come disposizione speciale rispetto a quella generale di cui
allart. 416 c.p.
A riguardo, la posizione accolta dalla giurisprudenza di legittimit e di merito in relazione ai reati permanenti nel
senso che, laddove la consumazione si protragga per volont cosciente dellagente anche nel vigore della nuova legge,
questa soltanto che deve trovare applicazione. Nellambito di questa posizione vi un indirizzo che giunge a
conclusioni parzialmente diverse.
In alcune sentenze infatti la Corte di cassazione ha avuto modo di chiarire che il principio per cui nellipotesi di
permanenza della condotta illecita sotto limperio di una nuova e pi severa legge questa soltanto che deve trovare
applicazione, valido solamente ove si tratti di norme penali omologhe, e cio che hanno per oggetto la stessa struttura,
differenziandosi per la gravit sanzionatoria. Per contro, qualora le due fattispecie in successione temporale fra loro
presentino caratteri strutturali eterogenei, si attua una forma di concorso di reati con la conseguenza che entrambe le
disposizioni devono essere applicate.

I LIMITI SPAZIALI DELLA LEGGE PENALE

NORMA PENALE E TERRITORIO.


Dalla delimitazione spaziale delle fattispecie criminali si occupa un insieme di regole che definisce il piano di
riferimento della legge penale.
Considerando che occorre riferire a questa parte della disciplina anche la specifica disposizione di cui allart.3 c.p. (
obbligatoriet della legge penale), si ottiene un complesso di norme molto capillare che fanno sembrare sovrabbondante
limpalcatura comprensiva degli articoli di legge in tema di limiti spaziali.
Le ragioni di detta sovrabbondanza normativa sono da ricercarsi principalmente nellesasperazione del ruolo della
sovranit dello Stato, che si riteneva potesse scaturire pure da un esercizio del potere statuale punitivo (potere coercitivo
per eccellenza) oltre che nel territorio nazionale, anche in ambito internazionale.
Il legislatore degli anni 30 si preoccupa di salvaguardare i rapporti con gli altri stati, mediante una serie minuziosa di
norme che prevedono specifici criteri di collegamento.
Da tempo invalso luso, condivisibile, di distinguere tra:
diritto penale internazionale ci si riferisce al modo con cui lordinamento provvede a regolare, con
riferimento alla materia penale, le questioni che sorgono dalla coesistenza dello Stato italiano con gli altri stati;
diritto internazionale penale ci si riferisce al sistema di previsione e repressione dei crimini internazionali,
oggi disciplinato anche dallo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale.
In questa parte si proceder allanalisi del primo aspetto, che riguarda lapplicabilit del diritto pubblico interno e cio
delle prescrizioni normative del codice penale che si occupano essenzialmente di due profili:
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lambito di applicazione della legge penale italiana nello spazio;
le disposizioni che regolano le forme di collaborazione tra Stati in materia penale.
Si tratta di regole che condizionano la validit non formale ma empirica della legge penale: consentono la
riconducibilit alle fattispecie di quei soli fatti che siano avvenuti in un certo luogo.
Siccome non esiste una regola internazionale generale che obblighi ad individuare un determinato tipo di collegamento,
le scelte dei vari ordinamenti variano; oscillando tra due modelli astratti e generali:
modello territoriale;
modello universale;
i quali a loro volta vengono tradizionalmente combinati con i due poli del soggetto attivo e passivo, cos ottenendo i
quattro classici modelli.
ovvio che si impongano scelte intermedie: nel sistema italiano il criterio fondamentale sembrerebbe essere quello
territoriale; ma la notevole estensione dei temperamenti introdotti non consente di ritenere che su tale criterio si sia
effettivamente polarizzata la disciplina. Il che indice a ritenere che il principio di territorialit rappresenti il criterio di
partenza da cui muove uno statuto normativo in effetti piuttosto variegato, autorizzando deviazioni dalla regola del
territorio. Quindi, utile dato storico di partenza, superato dalle evoluzioni normative imposte da pi moderni
meccanismi di cooperazione internazionale al crimine e alla collaborazione in materia di giustizia, dettate da esigenze di
superamento di una rigida visione statuale anche dei beni giuridici da tutelare: lemersione di beni sovranazionali ha di
fatto condotto ad unineluttabile trasmutazione della connessione territorio/beni nazionali da tutelare.
Quindi la preferenza al principio territoriale non assoluta.
Mentre al momento dellentrata in vigore del codice penale, tanto la previsione del criterio di territorialit quanto le
eccezioni poste a tale criterio convergono nel principio della sovranit indiscussa dello Stato autoritario, le attuali
previsioni di extraterritorialit della legge penale dipendono in larga misura da scelte negoziate a livello internazionale o
comunque derivano dalla partecipazione dellItalia allUE.
A tal proposito ricordiamo linnovazione pi rilevante che il corpus di norme relative alla validit della legge nello
spazio abbia accolto nel codice penale italiano rappresentata dalla L. n 300/2000 --- attuativa di una serie di strumenti
internazionali elaborati, in sede europea, allo scopo di perfezionare la tutela, pur sempre nazionale, delle finanze
comunitarie. Tali disposizioni consentono il superamento del principio di territorialit, con la predisposizione di
meccanismi di espansione nellapplicabilit della legge penale.

IL TERRITORIO SECONDO LA LEGGE PENALE ITALIANA.


Resta comunque ferma la parte tradizionale sui limiti spaziali, imperniata sul concetto di territorio.
La relativa nozione fissata dallart. 4 c.p e si ricava mediante il criterio, adottato dal legislatore, della soggezione alla
sovranit dello Stato.
Si comprende allora la necessit di riferirsi alle norme di diritto pubblico e specialmente a quelle di diritto
internazionale generale e convenzionale.
Il territorio, quale entit naturale, si articola in sfere:
terraferma territorio metropolitano da cui sono esclusi:
la Repubblica di San Marino, dove la legge penale italiana, in quanto tale, non si applica;
lo Stato Citt del Vaticano, salvo il particolare regime della p.zza San Pietro che aperta al pubblico
e soggetta ai poteri di polizia delle autorit.
Invece fa parte del territorio italiano il comune di Campione, enclave italiana che si trova nel territorio
svizzero a 12 km dai confini italiani.
sedi diplomatiche non si pu in questi casi parlare di aree extraterritoriali, essendo parti integranti il
territorio italiano che godono di speciali guarentigie, in particolare di inviolabilit domiciliare.
mare territoriale si identifica con la zona di mare dellestensione di 12 miglia marine lungo le coste
continentali ed insulari della Repubblica, misurata dalla linea costiera che segnata dalla bassa marea.
zona contigua crea maggiori problemi circa la possibilit per gli Stati di esercitare i caratteristici atti
dimperio anche oltre tale area, in un ambito adiacente ( zona contigua al mare territoriale).
La legittimit di tale estensione da sempre legata alla necessit degli Stati di esercitare in modo pertinente
ed efficace i poteri di vigilanza sanitari e di immigrazione.
Della zona di mare contigua si occupava in primo tempo la Convenzione di Ginevra del 1958 sul mare
territoriale, la quale stabiliva che in una zona di alto mare contigua al suo mare territoriale, lo stato costiero
pu esercitare il controllo necessario in vista di:
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prevenire la violazione delle proprie leggi di polizia doganale, fiscale, sanitaria o di immigrazione;
reprimere le violazioni alle medesime leggi, qualora siano state commesse sul suo territorio o nel
suo mare territoriale.
Si stabiliva anche la larghezza massima della zona contigua assumendo il parametro (12 miglia) oggi stabilito
per il mare territoriale, il che potrebbe far pensare ad una sorta di assorbimento entro il mare territoriale
medesimo.
Tale limite non sempre assunto come invariabile; in molti casi, specie quando si tratta di affrontare
emergenze particolarmente sentite (es. immigrazione, traffico di droga o la tratta umana) lordinamento italiano
fissa distanze pi mobili e ci tanto ai fini dellesercizio delle funzioni generiche di vigilanza doganale o sui
confini, quanto a quelli sostanziali del locus commissi delicti.
stato in dottrina ricordato come, sul piano del diritto internazionale generale, lunico vincolo che incontra lo
stato costiero funzionale e non spaziale --- lo Stato pu fare tutto ci e solo quello che necessario per
prevenire e reprimere il contrabbando nelle acque adiacenti alle sue coste. La distanza della costa del luogo in
cui la repressione avviene ha poco significato: essa pu essere anche superiore alle 12 o 24 miglia, purch non
si tratti di una distanza tale da far perdere ogni idea di adiacenza.
territorio mobile ( = navi o aeromobili civili) si ritiene applicabile il principio della bandiera --- i fatti
commessi allinterno di tali mezzi sono soggetti alla normativa penale dello Stato di appartenenza (di
bandiera) se la vicenda criminosa abbia una rilevanza esclusivamente interna e quindi non coinvolga gli
interessi della comunit territoriale.

LA DETERMINAZIONE DEL LOCUS COMMISSI DELICTI.


Al principio di territorialit segue la regola positiva della determinazione del locus commissi delicti.
Dal punto di vista tecnico occorre distinguere la previsione dellart. 6 c.p dai casi in cui il territorio risulti,
esplicitamente o implicitamente, quale elemento costitutivo della fattispecie criminosa, trattandosi in questo secondo
caso di situazioni strutturalmente diverse e non comparabili, anche perch la presenza del territorio nella fattispecie
confluisce nelloggetto del dolo, sicch ne necessaria la rappresentazione, mentre nulla di ci occorre in ordine al
locus delicti di cui allart. 6 c.p.
previsto che non debba guardarsi alla sola condotta o al solo evento, quanto alluno o allaltro, a seconda del caso
concreto; essendo sufficiente che nel territorio si sia svolta anche una parte della condotta.
La legge penale dello Stato in realt violata non appena lagente abbia posto in essere, nel territorio dello stato
medesimo, anche uno solo degli atti che costituiscono liter criminis. Tale atto, essendo in contraddizione con la detta
legge, perfettamente idoneo a dar vita al rapporto penale; lo stato ha perci il diritto e il dovere di procedere alla
reintegrazione dellordine giuridico violato, anche se gli altri atti del processo criminoso si siano verificati allestero.
Sotto questo profilo occorre considerare che la ratio ispiratrice delloriginaria scelta del legislatore, ancorch ancora
vigente, in parte venuta meno, essendo mutati i termini dei rapporti tra gli stati, specialmente tra quelli europei, ora, a
differenza di allora, improntati al reciproco riconoscimento e alla cooperazione.
Quindi sembrato ad una parte della dottrina, abbastanza naturale impegnarsi nella ricerca di criteri in grado di
delimitare con sufficiente precisione le caratteristiche minime che latto deve possedere per poter essere qualificato
dalla legge penale italiana.
Non pone particolari problemi la determinazione del locus commissi delicti quando si tratta di reato permanente ( si
ritiene che al reato possa applicarsi la legge penale italiana, anche quando la situazione antigiuridica si protragga o si
articoli tra pi territori, se anche una minima parte della condotta ha inizio con la prima azione tipica e da questo punto
opera la disposizione in esame)o abituale ( la soluzione non diversa, ed infatti si afferma che la condotta ha inizio
con la prima azione tipica).
Pi complessa potrebbe apparire la soluzione delle questioni sollevate dalla realizzazione plurisoggettiva del reato. In
primo luogo da tenere in conto che lordinamento ha inquadrato il fenomeno del concorso di persone nel reato sul
principio dellunicit del fatto, sicch sufficiente che nel territorio italiano si sia verificato solo un qualsivoglia
contributo.

SUL PRINCIPIO DI PRETESA UNIVERSALITA.


Le disposizioni che seguono lart.6 c.p. contemplano alcune eccezioni al principio generale di territorialit.
Sono previste una serie di ipotesi a partire dallart.7 c.p. che elenca gruppi di reati i quali, anche se commessi allestero,
sono puniti incondizionatamente, senza la necessit che ricorrano quei fattori che condizionano la punibilit dei reati.
43
Fondamento della disposizione in esame il principio di difesa. Conclusione che vale per le diverse situazioni prese in
considerazione dalla norma, con lunica eccezione del n5 che allude chiaramente al radicamento del c.d principio di
universalit. Ed infatti vengono prevalentemente in considerazioni ipotesi che offendono interessi direttamente
riconducibili allo Stato, ed anche allo Stato persona complessivamente. Naturalmente il rinvio non pu ritenersi
comprensivo della totalit dei delitti contro la personalit dello Stato; restando escluse quelle fattispecie esplicitamente
incompatibili con la situazione di fatto presupposta.
Sempre sul piano interpretativo conviene sottolineare che lipotesi relativa ai reati commessi dai pubblici ufficiali
nellesercizio delle loro funzioni richiama labuso di potere o la violazione del dovere quali elementi costitutivi della
fattispecie, perch in generale il rinvio sintende operato ai tipi di reato; sicch dovrebbero ritenersi escluse quelle
ipotesi comuni, eventualmente aggravate dalla qualifica pubblicistica del reo.
Lambito di applicazione risulta oggi pi ampliato in virt della norma prevista dallart.322 bis c.p. introdotta dalla l. n
300/2000. Lampliamento comunque interno alla lettera dellart.7 c.p. che si riferisce ai pubblici ufficiali, perch
lintervento del legislatore ha inciso sulla possibilit di enucleare nuove sfere di responsabilit mediante lattribuzione
di rilievo penalistico anche alla titolarit di funzioni che sottendono poteri e doveri derivanti dallordinamento
comunitario e internazionale.
Il n 5 dellart.7 c.p. estende il regime della punibilit incondizionata anche alle ipotesi criminose previste da speciali
disposizioni di legge o da convenzioni internazionali.
Il riferimento alla fonte internazionale deve essere precisato.
Dal punto di vista tecnico la inserzione nel nostro ordinamento di una norma incriminatrice deve sempre avvenire, nel
rispetto del principio di stretta legalit, attraverso una fonte qualificata; nel caso di penalizzazione internazionale latto
capace di incidere innovativamente sulla materia penale non la convenzione o la direttiva dettagliata ma il successivo
intervento del legislatore nazionale volto ad ottemperare lobbligo internazionale mediante la previsione espressa di una
norma incriminatrice.
Non si possono dunque collegare effetti di penalizzazione direttamente alla convenzione o alla direttiva che, dal punto
di vista formale, fissa soltanto lobbligo degli stati aderenti di criminalizzare i comportamenti indicati secondo le regole
e i vincoli propri degli ordinamenti interni.
Sempre ad un effetto di espansione nellapplicabilit della norma interna, si pongono ance le recenti disposizioni
introdotte con il d.l n231/2001, che detta la disciplina sulla responsabilit amministrativa delle persone giuridiche.
Lart.4 disciplina i reati commessi allestero. Questa norma, nel richiamare le ipotesi ed i criteri di collegamento
contenuti negli artt. 7,8,9 e 10 c.p. stabilisce che gli enti rispondono anche in ordine ai reati commessi allestero, ma a
condizione che lente abbia nel territorio dello Stato la sede principale. Sicch se ne pu dedurre che il criterio
dimputazione si concretizza nellindividuazione del rilevo che ha il centro dinteressi dellente, che viene individuato
nella sede legale, anche in presenza di succursali allestero o di societ collegate ad un certo gruppo.
Il 1 co. art. 4 detta inoltre una sorta di principio di complementariet, in quanto stabilisce che limputazione pu
avvenire a patto che non sia lo stato del luogo del fatto commesso a procedere preventivamente per quellillecito da cui
scaturisce la responsabilit concorrente dellente.
Quindi si stabilisce che primaria la connessione delloffesa al locus commissi delicti e che secondariamente scatta il
radicamento nellapplicabilit della legge italiana mediante i ricordati criteri di collegamento della sede.
Il 2 co. stabilisce poi che nelle ipotesi in cui occorra, per la punizione del colpevole, anche il presupposto della
richiesta del Ministro della giustizia, si potr procedere contro lente solo se la richiesta sia stata formulata anche nei
confronti di esso: anche qui uninedita condizione di continenza nel senso che la richiesta del Ministro deve contenere,
includere anche lente come autonomo centro di attribuzione della corrispettiva responsabilit amministrativa.

DELITTO POLITICO --- art.8 c.p


Tale disposizione condiziona la punibilit del reato alla sola richiesta del Ministro della giustizia. Nella stessa
disposizione contenuta una clausola di sussidiariet, la quale stabilisce che la regola specifiche dellart.8 scatta solo se
il delitto politico non sia compreso tra quelli indicati nel n1 dellarticolo precedente non rientri quindi gi nel
novero dei reati punibili incondizionatamente, per i quali si applichi un criterio universalistico. Si deve trattare di un
reato politico che possieda i connotati del delitto contro la personalit dello stato che attiri in s i criteri propri del
principio di personalit passiva che, data la rilevanza dei beni giuridici in gioco, consente una proiezione
extraterritoriale della legge penale italiana.
Tale esigenza si rispecchia nel modo tecnico di formulazione della norma: lassenza di una compiuta definizione
consente di abbracciare qualsiasi fattispecie politica prevista nella parte speciale.

44
Solo il legislatore si limita a distinguere tra:
delitto oggettivamente politico si individua guardando al tipo di interesse protetto.
La dottrina ha rilevato lobiettiva difficolt a rintracciare delitti oggettivamente politici, la cui punibilit
dovesse ritenersi subordinata alla condizione della richiesta del Ministro della Giustizia; e la rinvenne in
alcune leggi speciali dellepoca o in ipotetiche leggi speciali future.
Un caso potrebbe essere rappresentato dallart.416 ter che incrimina un episodio di inquinamento nella vita
democratica, nel momento cruciale dellesercizio dei diritti elettorali. Si potrebbe anche considerare il caso di
quei reati che per stessa scelta del legislatore sarebbero preordinati a tutelare beni dalle dimensioni
particolarmente vaste. Si pensi ad es. ad alcuni reati contro leconomia pubblica.
Certo che le notevoli difficolt di rintracciare la nozione di reato oggettivamente politico permette di
rilevare limportanza del delitto comune determinato da motivi politici nellambito dellart.8.
delitto soggettivamente politico il legislatore ha voluto fare riferimento non solo a quei casi, come le
ipotesi delittuose a dolo specifico, in cui linteresse politico, quale causa del reato, viene esplicitato dal
legislatore; ma attraverso il richiamo al concetto di motivo, anche a tutte quelle fattispecie in cui la vicenda
concreta mostri come linteresse politico abbia dispiegato unefficacia motivante rispetto alla realizzazione
del comportamento criminoso.
Certo che il rilievo attribuito alla finalit politica, rappresenta una vistosa deviazione dai principi di
offensivit e materialit.
A questi motivi si aggiungono i problemi direttamente collegati alla menzione che del reato politico ha fatto
la Carta fondamentale per ragioni diverse da quelle che a suo tempo hanno ispirato il legislatore ordinario e in
sostanza sintetizzabili nellesigenza che le pratiche estradizionali siano assistite da una forte clausola di
garanzia.
Quindi con l'avvento della Costituzione repubblicana si avuto un'inversione di tendenza tanto che il delitto
politico stato da essa sottoposto ad un regime di favore: infatti, gli artt. 10 e 26 Cost. sanciscono rispettivamente il
divieto di estradizione dello straniero e del cittadino per delitti politici.
La conformit a Costituzione della estradizione, in termini astratti, dipende dal rispetto di un generale principio di
garanzia, che si pu cogliere nellesigenza di evitare che possano darsi rapporti estradizionali con stati della cui
omogeneit con il sistema di valori dellordinamento italiano si debba di volta in volta dubitare.
Larticolazione di tale generale principio distingue per il piano sostanziale ( illustrato dalla menzione del reato
politico contenuto nella norma costituzionale) da quello processuale ( divieto di trattamenti non conformi al senso di
umanit e comunque discriminatori, che oggi previsto dal codice di procedura penale e chiaramente ricavabile gi dai
principi e dalle clausole di garanzia poste dalla Costituzione).

LA PUNIBILITA DEI REATI COMMESSI ALLESTERO --- consentita dal legislatore soltanto dove ricorrono
determinate condizioni.
Lart.9, di recente riformulato dalla l.n300/2000, stabilisce che il cittadino che commette allestro un reato, pu essere
punito secondo la legge italiana se lautore si trova in Italia. Nel caso in cui lillecito sia punito con una pena restrittiva
della libert personale inferiore nel minimo a tre anni necessaria (oltre alla presenza sul territorio) anche la richiesta
del Ministro della Giustizia o listanza o la querela della persona offesa.
Nel caso invece dello straniero che commetta un illecito a danno dello Stato o di un cittadino, il successivo art. 10 c.p.
stabilisce che questultime condizioni sono sempre necessarie, assieme alla presenza del reo sul territorio dello Stato.
Siccome il legislatore distingue tra delitti commessi dal cittadino e quelli commessi dallo straniero, si tende ad
individuare il fondamento con riguardo alla prima ipotesi nel principio della personalit attiva e nel secondo caso in
quello della difesa; anche se la coppia di norme va considerata per a sua spiccata vocazione universalistica.
Il principio di universalit propriamente inteso sul piano sostanziale significa possibilit tecnica di qualificare lipotesi
concreta alla luce della legge penale interna, senza la necessit di ulteriori condizioni. Lautonomia della contemporanea
previsione del fatto come reato nello Stato in cui stato commesso lillecito potrebbe infatti muovere proprio dalla
stessa idea universalistica, perch tale pretesa di qualificazione dovrebbe teoricamente prescindere dalla parallela
criminalizzazione da parte dello Stato straniero. Naturalmente questa si presenta come la versione pi estrema del
principio di universalit: in senso pi ristretto e debole si potrebbe intendere la competenza dellordinamento a
qualificare alla stregua della legge interna, sul presupposto di un comune riconoscimento di disvalore (tra ordinamento
italiano e ordinamento del luogo in cui il fatto stato commesso).

45
Questa interpretazione sarebbe oltretutto pi coerente con le indicazioni costituzionali; il problema della doppia
incriminazione va infatti correlato al significato sostanziale del principio di legalit.
Nella dottrina che non ritiene positivizzata una clausola di doppia incriminabilit si ragiona per sulla base di altre
argomentazioni e principalmente sul presupposto dellassenza, nelle disposizioni in esame, di qualsiasi riferimento, non
potendo tale principio essere dedotto dalla disciplina dellestradizione che non richiamata in via principale; daltronde
non sarebbe neanche decisivo il richiamo al principio di legalit, perch esso va inteso esclusivamente come garanzia
della previsione da parte delle fonti autorizzate dal diritto interno di un fatto come illecito penale.
Si sostiene che la condizione della doppia incriminazione sia invece necessaria, sicch la disciplina degli artt. 9 e 10
sarebbe ancorata al presupposto di un comune riconoscimento di disvalore tra ordinamento italiano e ordinamento del
luogo in cui il fatto stato commesso.
Questa interpretazione appare preferibile, anche perch maggiormente coerente con le indicazioni generali
dellordinamento; sotto questo profilo evidente la maggiore conformit della disciplina non solo al significato
sostanziale del principio di legalit, ma anche a quello di personalit della responsabilit, che altrimenti prescinderebbe
da quella che ormai una sua componente essenziale, vale a dire la possibilit (anche a favore dello straniero) di
percepire il significato antigiuridico del fatto.
A questo proposito una parte della dottrina distingue lipotesi del reato commesso dal cittadino da quello commesso
dallo straniero.
Le restanti difficolt si collegano tradizionalmente alla natura giuridica della condizione della presenza del reo nel
territorio dello Stato: se si tratti di condizione di punibilit, in senso tecnico, o di un semplice fattore condizionante la
procedibilit.
La distinzione ha rilevanti conseguenze sul piano pratico, perch gli effetti preclusivi tipici del giudicato, laddove venga
rilevato il difetto della condizione, si formano soltanto nel caso di pronuncia nel merito, che si avrebbe nellipotesi in
cui sintendesse la presenza del reo nel territorio dello stato quale condizione di punibilit; altrimenti si tratterebbe di
una pronuncia a rilievo meramente processuale.
La risoluzione del quesito dipende ovviamente dal modo di concepire listituto. Per esempio sulla scorta di un segmento
significativo di dottrina e giurisprudenza, si pu sostenere lassoluta estraneit al fatto della presenza del reo sul
territorio per affermarne la natura di condizione di procedibilit.
Ovvero, al contrario, ragionare in via generale sul fatto che la condizione di punibilit possa anche essere estranea al
piano teleologico ed essere introdotta nella fattispecie esclusivamente per ragioni di opportunit: sicch si tratterebbe di
ricondurla allarea disciplinare dellart.44 c.p.
Secondo alcuni si tratterebbe di una condizione obiettiva di punibilit, perch la funzione di condizione sarebbe quella
di attribuire maggiore risonanza al disvalore del fatto, in ci toccando la sostanza degli interessi tutelati, attualizzando
linteresse dello Stato a punire.
In realt appare preferibile lopinione di chi vede nella presenza del reo una mera condizione di procedibilit: sarebbe
altrimenti singolare la previsione di una condizione di punibilit in via generale e non allinterno della singola
fattispecie criminosa; ci dovrebbe confermare che non si tratta di un fattore attinente alla sostanza degli interessi
tutelati attraverso lo strumento penale.
Sulla questione opportuno dare conto dellestensione operata dalla l n 300/2000, che non innovazione solo
disciplinare ma d piuttosto il senso del mutato indirizzo che caratterizza i rapporti tra gli Stati. A differenza dellipotesi
prevista dal primo comma degli artt. 9 e 10, viene meno la condizione della presenza del reo nel territorio italiano, non
comprendendosi altrimenti il riferimento allistituto dellestradizione; per il caso dei reati contro le Comunit europee,
inoltre, pu valere anche losservazione che la permanenza di una tale condizione mal si attaglia alla mutata idea del
territorio.
Con riguardo agli illeciti commessi a danno delle Comunit europee, di uno stato estero o di uno straniero viene
aggiunta ai criteri gi previsti e tipici, per cos dire ad ottica interna, lulteriore condizione della non concessione o non
accettazione dellestradizione da parte del Governo dello Stato in cui il colpevole ha commesso il delitto (o quello cui
appartiene, laddove si tratti di straniero).

LE DISPOSIZIONI SUL LOCUS COMMISSI DELICTI PREVISTE NELLA LEGISLAZIONE SPECIALE.


Pu darsi che la profonda erosione del criterio di territorialit si tocchi con mano non solo mediante lanalisi delle
disposizioni di parte generale, ma anche passando in rassegna le applicazioni dei criteri alternativi; a cominciare da quei
dispositivi dincriminazione, presenti nella parte speciale, che si preoccupano, oltre che della tipicizzazione, anche di
prevedere la punibilit incondizionata del fatto, dando corpo al rinvio sintetico operato dallart.7 n5.

46
Negli ultimi tempi lestensione di tali dispositivi andato aumentando. Le ragioni tendono allidea di costruire un
sistema di tutela integrato, se non ancora comune, specialmente nellambito europeo, per il contrasto di fenomeni che
hanno caratteristiche tali da evadere facilmente i confini nazionali.
Sul piano generale ovvio come il radicamento di criteri universalistici ponga poi seri rischi quanto alla conformit
della disciplina ai principi stabiliti dalla Costituzione.
Daltronde i criteri di collegamento stabiliti dallart.604 c.p per temperare lapplicazione, altrimenti assoluta, del criterio
universalistico sembrano in realt pi apparenti che sostanziali, finendo per escludere la possibilit della qualificazione
secondo la legge italiana del solo fatto commesso dallo straniero, che non sia in danno di un cittadino italiano o al quale
non partecipi un italiano. A ci si aggiunga la critica compatibilit con la Carta fondamentale di una parte significativa
delle fattispecie richiamate dalla disposizione in commento.
Il rischio, insomma, che linnesto del criterio universalistico finisca non solo per perpetuare, ma anche per acuire
alcuni elementi di difformit con le direttive generali dellordinamento.
I problemi principali in questo senso si collegano agli effettivi contenuti dellimputazione soggettiva.

RINNOVAMENTO DEL GIUDIZIO E DIVIETO EUROPEO DEL NE BIS IN IDEM all'art.6491 c.p.p viene stabilito
che nessuno pu essere processato pi volte per il medesimo fatto

Alle disposizioni relative allefficacia della legge penale nello spazio seguono quelle che si occupano di tre istituti
direttamente o indirettamente connessi con la materia della cooperazione tra Stati.
La conferenza, specialmente dellestradizione, con il tea dei limiti spaziali della norma penale piuttosto vaga; ed
infatti piuttosto comune nella dottrina osservare lincongruenza della scelta legislativa, facendo soprattutto leva sulla
naturale matrice internazionalistica dellistituto; sicch viene messa in rilievo la erroneit dellargomento espresso dalla
Relazione ministeriale, secondo il quale lestradizione si ricollegherebbe allefficacia della legge penale nello spazio,
come garanzia della sua applicazione.
La dottrina, ma anche parte della giurisprudenza, sottolineano in modo unanime il contenuto processuale della
disposizione che si occupa del rinnovamento del giudizio (art.11). Il quale, mentre condizionato alla richiesta del
Ministro della giustizia nel casi di fatto commesso allestero, invece obbligatorio nellipotesi in cui il reato oggetto di
un giudizio emesso da unautorit giurisdizionale straniera sia stato commesso in Italia.
Il presupposto di operativit della disposizione espresso da legislatore attraverso il termine di giudizio, che indica il
necessario esaurirsi dellintera vicenda processuale.
Sul piano pratico occorre distinguere il contenuto della richiesta, cui subordinato il rinnovamento del giudizio, nel
caso di fatto commesso allestero ( corrisponde ad una scelta, sempre politica, pi delicata, trattandosi di sovrapporre
alla decisione dellautorit straniera lintervento repressivo italiano potenzialmente produttivo di un esito diverso), da
quello che caratterizza la richiesta degli artt. 8,9 e 10 (riguarda la sola punibilit del fatto).
La disposizione in commento non certo in contrasto con la alcuna norma di diritto internazionale generale, in quanto
tra queste non ne isolabile una che statuisca il divieto del ne bis in idem; quindi non vi sono possibilit di ipotizzare
violazioni mediante delle disposizioni costituzionali solitamente richiamate in materia.
anche vero che il diritto internazionale convenzionale si preoccupa talvolta di stabilire divieti, raramente assoluti, di
rinnovamento del giudizio.
Significativo quanto stabilito dallart.5 del d.l n 120/1994 contenente disposizioni in materia di cooperazione con il
Tribunale internazionale per i crimini commessi nel territorio della ex Jugoslavia, il quale stabilisce che una persona
giudicata da detto tribunale non pu essere sottoposta successivamente in giudizio per il medesimo fatto nel territorio
nazionale.
Di pi ampia portata quanto statuito dallart.54 della Convenzione applicativa degli accordi di Schengen prevede, sia
pure con qualche limitazione, un vero e proprio principio europeo di ne bis in idem. La disposizione stabilisce che chi
sia giudicato con sentenza definitiva in uno degli stati parte non pu essere sottoposto ad un procedimento penale per i
medesimi fatti in un altro stato parte, sempre che la pena sia stata eseguita o sia in corso di esecuzione o, secondo la
legge dello stato di condanna, non possa essere eseguita.

RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE PENALI STRANIERE.


La sentenza per cui pu essere dato riconoscimento deve essere stata pronunciata per un delitto (escluse le
contravvenzioni).

47
Il 2 comma dellart.12 c.p. si preoccupa anche di condizionare il riconoscimento allesistenza di un trattato di
estradizione con lo stato estero che ha emesso la sentenza che deve essere riconosciuta. In assenza di esso, la sentenza
estera pu essere allo stesso modo riconosciuta nello Stato qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta.
In base allart.733 c.p.p vengono fissati ulteriori presupposti (si potrebbe dire in negativo) del riconoscimento --- esso
non pu essere effettuato allorch ricorrano determinate condizioni, tra cui la pi importante forse la doppia
incriminazione del fatto e cio la sua previsione espressa come reato da parte della legge italiana.

Art. 12 1 co. alla sentenza penale straniera pronunciata per un delitto pu essere dato riconoscimento [c.p.p. 730]:
per stabilire la recidiva [c.p. 99, 100, 101] o un altro effetto penale della condanna ovvero per dichiarare
l'abitualit [c.p. 102, 103, 104] o la professionalit nel reato [c.p. 105] o la tendenza a delinquere [c.p. 108];
quando la condanna importerebbe, secondo la legge italiana, una pena accessoria [c.p. 19, 28];
quando, secondo la legge italiana, si dovrebbe sottoporre la persona condannata o prosciolta, che si trova nel
territorio dello Stato, a misure di sicurezza personali [c.p. 199, 215];
quando la sentenza straniera porta condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, ovvero deve,
comunque, esser fatta valere in giudizio nel territorio dello Stato [c.p. 4], agli effetti delle restituzioni o del
risarcimento del danno, o ad altri effetti civili in questo caso non occorre la richiesta del Ministro della
giustizia se viene fatta istanza per il riconoscimento degli effetti indicati nel citato n4 dellart.12.
Per farsi luogo al riconoscimento, la sentenza deve essere stata pronunciata dall'autorit giudiziaria di uno Stato estero
col quale esiste trattato di estradizione. Se questo non esiste, la sentenza estera pu essere egualmente ammessa a
riconoscimento nello Stato, qualora il ministro della giustizia ne faccia richiesta [c.p. 128, 129; c.p.p. 342]. Tale
richiesta non occorre se viene fatta istanza per il riconoscimento agli effetti indicati nel n. 4 (4).
Vi da segnalare che in pi articolato e moderno sistema di collaborazione internazionale lineseguibilit delle sentenze
penali straniere stata col tempo molto attenuata, con riferimento almeno agli stati che aderiscono al Consiglio
dEuropa, dalladozione della Convenzione europea sulla validit internazionale dei giudizi repressivi adottata a lAja
nel 1970, poi ratificata con l.n 305/1977.
In giurisprudenza si afferma un orientamento per cui linteresse al riconoscimento di una sentenza penale straniera ai
fini della recidiva sorge per il solo fatto della condanna pronunciata allestero, a prescindere dalla circostanza
dellesistenza di un procedimento penale in corso al quale la recidiva vada riferita, posto che per lammissibilit del
riconoscimento non si richiede lattualit degli effetti, ma solo la possibilit di essi.
Di recente stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dellart. 12 c.p., sollevata
in riferimento agli artt. 3 1 co., e 24 2 co., Cost., nella parte in cui impedisce il riconoscimento della sentenza straniera
ai fini dellindividuazione del vincolo della continuazione ai sensi dellart. 671 c.p.p.
In particolare, la Corte ha ritenuto inammissibile la questione, da una parte, perch il riconoscimento della sentenza
straniera agli effetti di quanto richiesto dal giudice a quo comporterebbe lindividuazione di un meccanismo che
appositamente rendesse fra loro omologabili il reato giudicato allestero e quello giudicato nello Stato nonch le pene
irrogate nei due giudizi, dallaltra, perch lapplicazione della continuazione tra la condanna subita in Italia e le
condanne allestero determinerebbe unautomatica invasione del giudicato estero al di fuori di qualsiasi meccanismo
convenzionale, in contrasto con quanto previsto dallart. 696 c.p.p (che richiama la Convenzione europea di assistenza
giudiziaria in materia firmata a Strasburgo nel 1959).

LA DISCIPLINA DELLESTRADIZIONE.
Listituto dellestradizione (art. 13 c.p.) ha due figure:
estradizione passiva (dallItalia allestero) l'unico strumento per consegnare un soggetto ad un'autorit
straniera per l'esecuzione della pena;
estradizione attiva il caso inverso quando l'Italia a chiedere il soggetto allo Stato estero
Loperazione consiste nel consegnare un condannato a pena detentiva o colpito da provvedimenti coercitivi.
Si distingue anche tra:
estradizione processuale in caso di consegna di una persona da uno Stato allaltro perch sia qui giudicata;
estradizione esecutiva quando il condannato deve essere assoggettato allesecuzione della epna o misura di
sicurezza detentiva.
da precisare che lintera materia dellestradizione ha subito una forte decentralizzazione.

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Sul piano disciplinare, dato il carattere gradualistico che segna le relazioni tra i diversi livelli normativi, la portata
dellart.13 c.p. andata ridimensionandosi andata riducendosi la centralit della disposizione essendosi aggiunte
una serie di discipline supplementari di rango formalmente prevalente, com per il caso delle norme costituzionali e di
quelle internazionali.
Sul piano formale bene rilevare come lidea di una sorta di indifferenza tra fonti, tra legge penale italiana, convenzioni
ed usi internazionali, contraddetta dallordinamento costituzionale che sovra ordina tanto le disposizioni di diritto
internazionale generale, quanto quelle di diritto internazionale particolare, alla legge ordinaria.
Per altro verso, i principi dettati dalla disposizione penale debbono intendersi validi in quanto non contraddicano
indicazioni provenienti dalle superiori norme costituzionali, le quali in pi punti si riferiscono esplicitamente alla
materia.
Ci vale in primo luogo per il problema dellestradabilit non estradabilit del cittadino a monte risolto dal costituente
mediante lart.26 Cost richiede lesplicita affermazione della estradabilit, per i reati comuni, nella legge dia
autorizzazione della ratifica della relativa convenzione internazionale.
Quanto poi allespressa riserva di convenzione internazionale per estradare il cittadino, nel caso di reati comuni, se la
lettera della norma costituzionale molto chiara, occorre tenere conto da un lato di quanto contemplato dalla
Convenzione europea di Parigi del 1957, ratificata con l. n 300/1963, che effettivamente consente di rifiutare
lestradizione, dallaltro, di ci che stabilisce la Convenzione di Dublino del 1996, stipulata in ambito europeo, che
espunge dai motivi di rifiuto legittimo la cittadinanza.
Invece, conserva lindubbio significato di criterio positivo di garanzia il principio della previsione bilaterale del fatto,
che si ricollega direttamente al pi generale principio di stretta legalit
In particolare il problema si pone per le cause di giustificazione, per le condizioni di punibilit, nonch per il caso in cui
ricorrano determinate cause di estinzione del reato (ad es. prescrizione, amnistia).
Occorre osservare come le varie situazioni non siano genericamente assimilabili, specialmente se sintenda inquadrarle
nellambito della categoria della c.d punibilit in concreto. Ci vale soprattutto per le scriminanti, se le si consideri alla
stregua di elementi negativi del fatto, sotto questo profilo essendo meno condivisibile il rilevo secondo il quale esse non
rileverebbero in quanto circostanze esterne alla fattispecie astratta.
Diverso il discorso relativo tanto alle condizioni di non punibilit, quanto alla prescrizione o alleventuale amnistia
che dovesse riguardare il reato in questione.
Sotto questo profilo occorre comunque ribadire la natura convenzionale dellistituto estradizionale, sicch la stessa
possibilit di usufruire di una soluzione generale dipende strettamente dallassenza di una specifica previsione nello
strumento internazionale ad hoc.
A ragioni di garanzia si collega anche il c.d principio di specialit, con il quale si intende il divieto di sottoporre al
trattamento giuridico penale il soggetto estradato per fatti diversi anteriori a quelli oggetto della domanda; in questo
senso esso sinscrive ai limiti oggettivi dellistituto.
La regola stabilita dallart. 699 c.p.p e si intende operante tanto per lestradizione attiva che per quella passiva, quanto
dalle norme sulla materia della cooperazione previste dal codice di procedura penale, potendo essere derogata da un
eventuale strumento internazionale.
La stessa disciplina codicistica ipotizza alcune deroghe. Premesso che lo Stato estradante pu in tempi successivi
prestare il proprio consenso a che il soggetto venga punito anche per fatti anteriori diversi, il principio di specialit non
vincola quando lestradato, avendone avuta la possibilit, non ha lasciato il territorio dello Stato al quale stato
consegnato trascorsi 45 gg dalla sua definitiva liberazione; o avendolo lasciato, vi abbia fatto volutamente ritorno.
Lordinamento si preoccupa poi di stabilire il divieto relativo allestradabilit di soggetti a favore di Stati nei quali, per il
reato oggetto dellestradizione, sia prevista la pena di morte, a conferma della totale ripulsa nei confronti di tale specie
di sanzione.
La norma contenuta nella disposizione dellart. 698 c.p.p., quale risulta dalla riformulazione indotta dalla
nota sentenza della Corte costituzionale n 223/1996.
Prima di tale intervento, il problema veniva risolto guardando al carattere assoluto o relativo del divieto costituzionale;
ci in un duplice senso:
si affermava che il vincolo si dispiegava propriamente con riguardo al solo ordinamento interno ed anche con
riguardo a questultimo solo relativamente, essendo in certi casi consentita anche dalla Carta fondamentale la
comminazione della sanzione capitale;
ne veniva esclusa la rilevanza nei rapporti internazionali.

49
Largomento di per s non prova in realt granch, dal momento che, se vero che la regola costituzionale non si pu
imporre ad ordinamenti diversi da quello cui si riferisce, altrettanto vero che essa non condiziona definitivamente e in
modo assoluto la legalit dei comportamenti pubblici e degli atti dei pubblici poteri, ivi compresi quelli che
compongono le sequenze del procedimento estradizionale.
In questo quadro si inserisce la decisione della Corte costituzionale, che ha dichiarato lillegittimit costituzionale
dellaart. 698 2 co. c.p.p e dellart. 9 della l. n 225 /1984 di ratifica ed esecuzione del Trattato di estradizione fra
lItalia e gli Stati Uniti dAmerica, firmato a Roma nel 1983, nella parte in cui consentiva lestradizione per i reati
passibili, nellordinamento statunitense, di essere puniti con la pena id morte anche in assenza di una garanzia giuridica
assoluta.
Il ragionamento della Corte parte dalla considerazione che il divieto generale della pena di morte non pu essere
sorretto, nei rapporti internazionali, dalla clausola della sufficiente garanzia, ritenuta dallautorit giudiziaria e da quella
politica, circa lirrogazione di pena diversa da quella capitale. La scelta del costituente, espungendo al massimo risalto
la pena di morte, postula infatti una garanzia assoluta e non derogabile, fissata in astratto una volta per tutte in modo da
evitare anche la prospettiva di trattamenti irragionevolmente differenziati.

COMPUTO E DECORRENZA DEI TERMINI

IL COMPUTO DEL TEMPO NEL DIRITTO PENALE. ( art.14 c.p.) --- quando la legge penale fa dipendere un
effetto giuridico dal decorso del tempo, per il computo di questo si osserva il calendario comune.
Tale regola costituisce un parziale elemento di novit rispetto a quanto precedentemente stabilito. Infatti, il codice
vigente ha abolito la finzione di quello Zanardelli, per cui il mese era sempre di 30 gg. Tale scelta si giustifica nella
prospettiva di evitare una diversit fra il calendario comune e quello penitenziario.
Il principio sancito dallart.14 c.p. va necessariamente integrato con lart. 134 c.p., secondo cui le pene temporanee si
applicano a giorni,a mesi e ad anni, specificando poi che nelle condanne a pene temporanee non si tiene conto delle
frazioni di giorno.
Agli effetti della legge penale, perci, lanno equivale a 365 o 366 giorni, a seconda che sia comune o bisestile. Il mese
pu essere di 28, 29, 30 o 31 giorni. Il giorno composto di 24 h e va dalle ore zero alle ore ventiquattro.
Con riferimento al giorno non si tiene conto delle sue frazioni. Di conseguenza, dove si procede a quantificare
laumento o la diminuzione della pena detentiva rispettivamente per lapplicazione di una circostanza aggravante o
attenuante, si effettuer il calcolo aritmetico senza prendere in considerazione il resto delloperazione.
In tali termini orientata la giurisprudenza, la quale ha avuto modo di chiarire che, quando si deve operare una
riduzione di pena detentiva per effetto di attenuanti o diminuenti e il risultato ottenuto comprenda una frazione di
giorno, detto risultato deve essere corretto.
In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto che correttamente, in caso di patteggiamento, dovendosi
ridurre di un terzo la pena di giorni 20 di arresto, il risultato fosse stato determinato in giorni 13 e non in giorni 14.
Al 2 co. viene enunciata la regola secondo cui dies a quo non computatur in termino. Tale disposto prende quindi in
considerazione il tempo come scadenza per il realizzarsi di un effetto giuridico, ad es. la prescrizione di reato, o per il
compimento di unattivit, ad es. la presentazione della querela.
In forza del principio accolto dal secondo comma dellart.14 c.p, il computo del termine inizia a decorrere dalle ore zero
del giorno successivo a quello iniziale. A titolo esemplificativo, nel caso di lesioni lievissime subite il giorno 3
novembre, il termine per la presentazione della querela inizia a decorrere dal giorno 4 novembre e scade il 3 gennaio.
Unimportante eccezione a quanto stabilito dallart. 14 2 co. c.p. sembrerebbe rinvenirsi in tema di esecuzione della
pena detentiva. Al riguardo la dottrina prevalentemente orientata nel senso che, ai fini della detrazione ex art.137 c.p.
della custodia sofferta prima della irrevocabilit della sentenza, vanno inclusi sia il giorno iniziale sia il giorno finale.
Sul piano del diritto positivo, tale tesi trova conferma nelle disciplina del codice di rito dettata in materia di custodia
cautelare: lart.297 1 co. c.p.p prevede infatti che gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della
cattura dellarresto o del fermo.
Pi articolato sul punto il quadro giurisprudenziale. Secondo un recente indirizzo della Corte di Cassazione, in tema di
custodia cautelare, la decorrenza dei termini non si computa ai sensi dellart. 172 c.p.p e quindi secondo il calendario
comune senza tenere conto dellora e del giorno in cui essa iniziata, ma dal momento della cattura, dellarresto o del
fermo.
Minoritario e pi risalente nel tempo appare, perci, un diverso orientamento della Suprema Corte, alla cui stregua il
disposto dellart 297 1 co. c.p.p. non costituirebbe deroga al principio generale stabilito dallart.172 4 co. c.p.p,

50
secondo cui nel termine non si computa il dies a quo, dovendosi piuttosto ritenere che con la norma anzidetta il
legislatore avrebbe individuato in modo certo gli eventi cui deve fare riferimento ai fini della decorrenza del termine di
durata della custodia cautelare.

LA DETERMINAZIONE DELLETA.
controverso se il principio sancito dallart.14 2 co. c.p sia valido anche per determinare let di un soggetto. La tesi
prevalente in dottrina quella secondo cui va seguito il computo naturale e non quello dettato dallart.14 c.p. Per
conseguenza, il soggetto minore det fino al giorno ed alla ora corrispondenti a quelli della nascita.
Maggiormente contradditorio il quadro giurisprudenziale. Di recente, la Corte di Cassazione ha affermato che il
compimento dei 18 anni det, al fine del raggiungimento della piena imputabilit penale, va fissato secondo le regole
stabilite dallart. 14 2 co. c.p. e dallart. 172 4 co. c.p.p e, quindi, trattandosi di termine da computarsi ad anni, allo
scadere delle 24 h del giorno del 18 compleanno del soggetto.
Deve ritenersi perci superato un precedente indirizzo, secondo cui laccertamento della maggiore et deve essere
seguito secondo il computo naturale e non secondo quello previsto dallart.14 c.p.
Quindi, il calcolo dellet non si fonda su giorni interi e non pu prescindere dallora della nascita.

MATERIA REGOLATA DA PIU LEGGI PENALI O DA PIU DISPOSIZIONI DELLA MEDESIMA LEGGE
PENALE. IL PRINCIPIO DI SPECIALITA.

CRITERI DI IDENTIFICAZIONE DEL CONCORSO APPARENTE DI NORME.


IL PRINCIPIO DEL NE BIS IN IDEM SOSTANZIALE.
Sussiste un concorso apparente di norme quando un medesimo fatto storico sia riconducibile ad una pluralit di
fattispecie penali e solamente una di esse debba in concreto ritenersi applicabile.
Nel nostro ordinamento il criterio che deve guidare la scelta fra concorso apparente e reale di norme quello di non
attribuire allo stesso soggetto, in relazione ad un unico fatto , la violazione plurima di disposizioni
In simile prospettiva, la dottrina dominante da sempre orientata nellaffermare che, cos come nel diritto processuale
esiste un esplicito richiamo al ne bis in idem (art.649 c.p.p) allo stesso modo nel diritto sostanziale numerosi dati
normativi confermano lesistenza del medesimo principio. Tali elementi sarebbero costituiti, oltre che dallart.15 c.p,
anche dagli artt. 68, 84, 61 e 62 prima parte, 131,170,301, 581 c.p., nonch dalle numerose clausole di riserva contenute
nella parte speciale del codice e nelle leggi speciali.
Proprio allo scopo di garantire il ne bis in idem, la scienza penalistica ha elaborato diversi criteri delegati, in primo
luogo, ad identificare quando ricorre unipotesi di concorso apparente di norme e, in secondo, ad indicare quale fra le
due norme concorrenti debba prevalere a scapito dellaltra.
Da un lato si ritiene sufficiente il solo principio di specialit, considerato lunico di diretta derivazione legislativa
essendo espressamente contemplato dallart. 15 c.p. Per contro, altri studiosi reputano che per regolare in modo
esauriente i casi di concorso apparente di norme siano necessari criteri ulteriori:
il principio di sussidiariet ricorrente quando la norma stessa indica la propria applicabilit vicaria, ove non
ne sia in concreto applicabile unaltra;
il principio di consumazione per il quale due norme concorrerebbero solo apparentemente qualora
lapplicazione di quella contenente la sanzione pi grave esprima gi lintero disvalore del fatto.
Tali criteri, di matrice dottrinaria, si sono rivelati vaghi e di incerta applicazione. A questo proposito, si osservato che
il tema di concorso di norme caratterizzato dalla necessit di tenere conto di due distinti interessi:
esigenza di equit;
bisogno di certezza giuridica che deve guidare lapplicazione delle norme.
La giurisprudenza attribuisca assoluta prevalenza al principio di specialit sul presupposto che esso, a differenza degli
altri criteri, ha un esplicito e diretto riferimento normativo nellart. 15 c.p. Allo stesso tempo, essa tende a richiamarlo
anche laddove sarebbe pi corretto il riferimento a criteri diversi. Tuttavia essa riconosce lesistenza allinterno del
nostro ordinamento di criteri ulteriori dirimenti il concorso apparente di norme.
In ogni caso, nella risoluzione del caso concreto si assiste ad una commistione della terminologia propria dei diversi
principi.
51
IL PRINCIPIO DI SPECIALITA. SIGNIFICATO DI STESSA MATERIA.
Lart. 15 c.p. disciplina il principio di specialit --- quando pi leggi penali o pi disposizioni della legge penale
regolano la stessa materia, prevale la legge o la disposizione di legge speciale.
La norma enuncia il principio senza provvedere a definire i concetti di legge generale e speciale. La dottrina, perci si
sforzata di indicare i presupposti della relazione di specialit fra norme, sostenendo che la disposizione speciale quella
che contiene gli elementi costitutivi della norma generale e, in pi, un ulteriore elemento di specificazione (specialit
per specificazione) o aggiunta (specialit per aggiunta).
La norma generale ha dunque portata pi ampia rispetto a quella speciale, con la conseguenza che si pone il problema
se, qualora la prima venga meno, ad es. in caso di amnistia o di abrogazione, la seconda riespanda la propria sfera di
applicazione
Il rapporto di specialit attiene alla relazione strutturale tra fattispecie astratte. Quindi simile rapporto di natura logico-
formale e sussiste quando due norme, per la loro formulazione, possono dirsi luna speciale rispetto allaltra.
Il concorso apparente di norme, perci, pu essere risolto attraverso il ricorso al principio di specialit solamente ove il
fatto storico considerato sia riconducibile a sue fattispecie fra le quali esista un rapporto da genere e specie nei termini
indicati. In questo caso, lart.15 c.p. detta la regola della prevalenza della norma speciale rispetto a quella generale,
indipendentemente dal trattamento sanzionatorio.
Il principio ha una portata assai vasta nel nostro ordinamento, riguardando non solo il rapporto tra norme di parte
generale e norme di parte speciale del codice penale, ma anche, in base allart.16 c.p., i rapporti tra codice penale e leggi
complementari. Inoltre, tale principio opera anche al di fuori delle norme incriminatrici come nel caso delle circostanze
attenuanti.
noto come il significato da attribuire alla locuzione stessa materia sia stato oggetto di numerosi discussioni, che
hanno portato a conclusioni divergenti. Una parte della dottrina ritiene che tale espressione si riferisca allidentit del
bene giuridico tutelato dalle norme concorrenti a regolare il medesimo fatto.
Secondo questa impostazione, una situazione del ne bis in idem, tale da imporre la selezione della norma da applicare al
caso concreto, possibile unicamente quando le norme concorrenti tutelino il medesimo bene giuridico: qualora non vi
sia tale identit, si dovranno applicare pi norme, esprimendo ciascuna di essa un diverso disvalore.
La dottrina prevalente tuttavia accoglie una diversa tesi secondo la quale allespressione stessa materia va attribuita
laccezione pi semplice quella di stessa situazione di atto. Deporrebbero a favore di tale impostazione, in primo
luogo, argomenti letterali.
Ma prescindere dallindagine letterale, si inoltre osservato che restringere loperativit del principio di specialit ai
soli casi in cui due norme tutelino il medesimo bene giuridico porterebbe a risultati non accettabili.
Non appare superfluo precisare che il presupposto per loperativit del principio di specialit lesistenza di un unico
fatto verso il quale pi norme convergono: dove sussistono pi azioni distinte, tale criterio non potr trovare
applicazione. In questo caso, ove permanga comunque lesigenza di dare ununica valutazione normativa del fatto, si
dovr far ricorso ad altri criteri e in specie a quello di consunzione.
Come abbiamo gi detto precedentemente la giurisprudenza tende ad applicare il principio di specialit anche dove
apparirebbe pi corretto il richiamo ad altri criteri.
Con riguardo alla definizione di stessa materia, la giurisprudenza propende per limpostazione secondo la quale
loperativit del principio di specialit richiede che le fattispecie concorrenti tutelino un bene giuridico uguale. In tale
ottica si segnale una pronuncia a sezioni unite, nella quale contenuta unaffermazione in relazione allart.15 c.p.,
secondo la quale non pu parlarsi di specialit se fa difetto il presupposto della stessa materia, come identit o
omogeneit del bene protetto. Numerose sentenze si sono allineate a questo indirizzo, con conseguente affermazione del
concorso effettivo dei reati sul presupposto che le norme concorrenti avrebbero diversa tutela giuridica. Sul punto,
recentemente si precisato che sussiste un rapporto di specialit anche quando una delle norme abbia natura
plurioffensiva.
Non mancano nella giurisprudenza pi risalente nel tempo, interessanti pronunce nelle quali la Corte Suprema ha
esplicitamente affrontato il problema del significato da attribuire a stessa materia, affermando che la locuzione non pu
significare identit di bene giuridico.
Infine, pi volte la Corte di Cassazione ha sottolineato che lunicit del fatto presupposto per loperativit del
principio di specialit, con la conseguenza del concorso dei reati dove non soccorrano altri criteri di assorbimento.

LA SPECIALITA IN CONCRETO.

52
sempre in relazione al significato da attribuire allespressione stessa materia che si sviluppata lelaborazione
dottrinale della c.d specialit in concreto. Secondo questo orientamento, lart.15 c.p, con tale formula, alluderebbe non
al fatto cos come descritto dalle due norme fra le quali intercorra il rapporto di specialit, bens al concreto fatto storico
verificatosi.
Quindi, la presenza dellinciso stessa materia lascerebbe intendere che la norma si riferisce non ad una relazione tra
fattispecie astratte, ma ad un rapporto triangolare, per il quale la medesima condotta concreta sarebbe riconducibile a
due fattispecie stratte indipendentemente dal fatto che luna si presenti speciale rispetto allaltra. In buona sostanza,
quando pi norme convergono verso un medesimo fatto storico, dovr essere applicata la norma pi speciale rispetto a
quel fatto.
Questa tesi si prestata a molteplici critiche
In primo luogo si osservato che, nel caso in cui si interpreti stessa materia come stesso fatto concreto,
comunque riconducibile a pi norme, ci si pone al di fuori del rapporto di specialit in astratto al quale si
riferisce lart.15 c.p.
Si sostenuto che, abbandonando il criterio dettato dallart.15 c.p, secondo il quale la norma speciale prevale
su quella generale, in pratica si elimina lo strumento per scegliere quale disposto applicare e per risolvere il
concorso apparente di norme.
Invero, si deve osservare come coloro che seguono la tesi della specialit in concreto siano costretti a ricorrere ad altri
criteri idonei ad individuare rispetto ad un caso concreto quale sia, fra pi norme, quella da ritenersi speciale. In
questottica, si proposto come criterio quello per cui va scelta la fattispecie che colga appieno il disvalore del fatto
prevedendo la sanzione pi grave.
A tale tesi si possono muovere alcune critiche. Innanzitutto si posto laccento sul fatto che, seguendo tale ordine di
idee, si utilizza un indice che non ha nulla a che vedere con il principio di specialit. La seconda obiezione ---- il difetto
dorigine della specialit in concreto quello di presupporre ci che va dimostrato e cio che il concorso di norme deve
considerarsi apparente. In effetti, non tutte le volte che ad una medesima condotta possano ricondursi pi norme penali
si deve ammettere il concorso apparente dei reati, altrimenti non sussisterebbe listituto del concorso formale dei reati di
cui allart.81 c.p.
Quindi, dove convergono pi norme verso un medesimo fatto, che non siano in rapporto di specialit unilaterale, in
forza dei ragionamenti che stanno a fondamento dei principi di sussidiariet e consunzione che si d per scontata
lesclusione del concorso effettivo dei reati.
chiaro che il concetto di specialit in concreto si reso necessario proprio perch il principio di specialit inteso come
relazione di natura logico formale fra fattispecie non appare da solo sufficiente a risolvere tutte le ipotesi di concorso
apparente di norme.
Lesigenza di ampliare il principio di specialit di cui allart.15 c.p sorge laddove da un lato si escluda lesistenza di
criteri ulteriori rispetto a quello di specialit e dallaltro si faccia riferimento proprio alle esigenze sottese a questi
principi. Il risultato che le incertezze connaturate ai criteri di sussidiariet e consunzione, si trasmettono anche in sede
di applicazione dellart. 15 c.p. in ultima analisi sembrerebbe maggiormente coerente ammettere che tale norma regola
il principio di specialit inteso nella corretta accezione di specialit in astratto. Ci non significa peraltro che al di fuori
di questo rapporto, ulteriori istanze di equit non possano venire risolte facendo ricorso ad altri criteri.
La giurisprudenza , paventando il rischio di un eccessivo allargamento dellart.15 c.p, non sembra aver accolto
lelaborazione della specialit in concreto. Va sottolineato come sia il rapporto fra norme penali e amministrative il
settore dove si riscontra il maggior numero di sentenze nelle quali viene affrontato il problema della specialit in
concreto. In tal senso, si segnala una pronuncia nella quale si esplicitamente affermato che per non incorrere nel
rischio di possibili disparit di trattamento determinate da una delega al giudice in ordine alla valutazione in concreto
del criterio di specialit, deve essere ripudiato il principio di specialit c. d in concreto: una norma speciale nei
confronti di unaltra solo se presenta tutti i requisiti costitutivi di questultima con laggiunta di uno o pi elementi suoi
propri o specializzanti.
Pi recentemente in tema di specialit fra norme penali, va evidenziata una decisione nella quale la Corte di Cassazione
ha affermato di non poter aderire al principio di specialit in concreto, ribadendo che la valutazione del principio di
specialit deve essere effettuata non sulla base delle concrete modalit di svolgimento del fatto, bens su quella di
oggettivi parametri normativi.

LA SPECIALITA BILATERALE O RECIPROCA tale figura espressione della volont di ampliare lambito di
applicazione dellart. 15 c. p.
53
Le ragioni di tale approfondimento muovono dalla constatazione che la specialit inidonea a risolvere tutti i problemi
di concorso apparente.
Tale teoria, a differenza di quella enunciata precedentemente, rimane ancorata allidea che lart.15 c.p riguardi il
raffronto tra fattispecie astratte. Simile situazione ricorre quando due norme, convergenti nel regolare il medesimo fatto
storico, presentano nella loro formulazione, accanto ad un nucleo comune, elementi vicendevolmente speciali, cosicch
ciascuna norma pu dirsi speciale rispetto allaltra.
Frequentemente citato come esempio di specialit bilaterale era, prima della riforma dei reati societari (d.lgs n
61/2002) il rapporto fra laggiotaggio di cui allart.501 c.p e quello societario di cui allart. 2628 c.c. In effetti entrambi
le fattispecie avevano come nucleo comune le manovre fraudolenti sui titoli ma, mentre lart.501 c.p richiedeva come
elemento specializzante il dolo specifico, e precisamente il fine di turbare il mercato interno, lart. 2628 c.c a sua volta
si specializzava per la qualit dellagente, potendo il reato essere commesso solo da soggetti che rivestano determinate
qualifiche allinterno della societ.
La dottrina maggioritaria ha espresso tuttavia critiche nei confronti di tale figura.
In primo luogo,, si osservato che la specialit bilaterale esprime una relazione che, seppure fra norme astratte, non ha
nulla a che vedere con il rapporto di specialit cui allude lart.15 c.p. Infatti, lapplicazione della specialit bilaterale si
pone in contrasto con il principio cui si ispira lart.15 c.p., per il quale, se non ci fosse la regola speciale, i casi da questa
preveduti ricadrebbero sotto la regola generale.
Scendendo sul piano giurisprudenziale si riscontra unanaloga riluttanza ad accogliere il criterio di specialit bilaterale o
reciproca. A riguardo va ricordata una pronuncia nella quale la Corte di Cassazione ha affermato che il rapporto di
specialit reciproca fra norme incriminatrici non consente lapplicazione del principio sancito dallart. 15 c.p., ma rende
configurabile il concorso formale fra i due reati.
Di diverso tenore unaltra decisione che ha ammesso lesistenza del rapporto di specialit reciproca fra norme con
conseguente prevalenza della norma che, di volta in volta, debba qualificarsi speciale nella concreta fattispecie
sottoposta allesame del giudice.
Infine, degna di nota una recente sentenza la quale, bench abbia escluso nel caso specifico lapplicazione del
principio di specialit per lassenza del presupposto dellidentit del bene giuridico tutelato, ha dato avallo alla teoria
della specialit reciproca.

LA NORMA PREVALENTE. LA FORMULA DI CHIUSURA: SALVO CHE SIA DIVERSAMENTE STABILITO.


Lart. 15 c.p. stabilisce che di regola, e fatto salvo linciso finale, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla
legge o alla disposizione di legge generale.
In via generale, una volta riconosciuto che lart.15 c.p. si applica ai casi in cui fra norme sussiste una relazione astratta
di specialit unilaterale, la scelta della disposizione prevalente non pu che indirizzarsi verso quella avente una
formulazione speciale, contenente gli elementi costitutivi di quella generale e in pi uno o pi elementi specializzanti.
Non essendo necessario, ai fini della sussistenza di un rapporto di specialit fra norme, alcun giudizio di valore, ci che
conta soltanto la specialit di una fattispecie rispetto ad unaltra, a prescindere dal fatto che la norma speciale preveda
una sanzione pi o meno grave.
A diverse conclusioni giunge invece lindirizzo dottrinale che riconduce allart.15 c.p. sia la specialit in concreto, sia
quella bilaterale o reciproca. Va da s che, allineandosi a tale ordine di idee, sorge lulteriore problema di individuare la
norma prevalente. In effetti entrambi gli orientamenti danno luogo nella stessa misura ad incertezza circa i criteri di
scelta della norma effettivamente da applicare. In questa ottica, un criterio ricorrente per la scelta della norma
prevalente indicato nel ricorso al trattamento penale pi severo.
Altra dottrina, in particolare quella favorevole alla specialit bilaterale, per valutare fra due fattispecie in relazione di
reciproca specialit quale sia prevalente rispetto allaltra, ricorre a diversi indici di specificazione ( ad es. la particolarit
del soggetto attivo o la valutazione quantitativa degli elementi specializzanti presenti nelle fattispecie considerate).
Oggetto di discussione non solo il criterio, in base al quale individuare la norma prevalente. In realt anche linciso
finale salvo che sia altrimenti stabilito stato oggetto di contrasti.
Secondo un primo orientamento, tale espressione farebbe riferimento a quei casi, espressamente indicati, nei quali, in
deroga alla regola generale sancita nella prima parte dellart.15 c.p., non si avrebbe applicazione della norma speciale in
luogo di quella generale, bens lapplicazione di entrambe.
Nella diversa impostazione della specialit bilaterale invece la prima e la seconda parte dellart.15 c.p. vanno lette in
maniera unitaria e cio nel senso che tale disposto determinerebbe di regola lapplicazione della norma pi speciale.

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Infine, secondo una differente prospettiva, linciso salvo che sia diversamente stabilito, avrebbe la funzione,
allinterno del nostro ordinamento, di rinviare ad un criterio diverso da quello di specialit ( ovvero a quello di
consunzione). Tale espressione avrebbe dunque il valore di riconoscere lesistenza nel sistema penale di un criterio, atto
a dirimere il concorso apparente di norme, ulteriore rispetto al principio di specialit. In pratica, il significato della
deroga, cui accenna linciso in esame, andrebbe riportato alla diversa rilevanza dei due criteri.
Qualora la stessa disposizione sia insieme speciale e consumante, normalmente gli effetti saranno quelli della specialit,
prevalendo tale principio per disposizione della prima parte dellart.15 c.p. Per ove la legge faccia riferimento alla
consunzione, con espressioni del tipo se il fatto non costituisce un reato pi grave, gli effetti del concorso di norme
sarebbero quelli propri di questaltro principio.
A questo complesso quadro dottrinale si contrappone una giurisprudenza che affronta il problema in termini riduttivi.
Infatti, raramente dato riscontrare pronunce giudiziali nelle quali venga affermato che lapplicazione del principio di
specialit comporta la prevalenza della fattispecie speciale a prescindere dallentit della sanzione.
Non in linea con tale orientamento una sentenza della Corte di Cassazione, che ha riconosciuto la prevalenza del
delitto di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p) rispetto al delitto di ricettazione (art. 648 c.p.)anche se
garantita da una sanzione minore.

PRINCIPIO DI SPECIALITA E ART.68


In dottrina lart. 68 c.p disciplinerebbe una particolare ipotesi di concorso apparente di norme (circostanziali) aventi
la medesima funzione del principio di specialit, ossia quella di risolvere un conflitto tra fattispecie astratte.
Il principale dilemma interpretativo quello di ritagliare allart.68 uno spazio autonomo rispetto allart.15 c.p.: pi si
dilata la sfera di riferimento dellart. 15 c.p. e maggiormente si restringe quella dellart.68 e viceversa.
Dove vi sia una circostanza speciale rispetto ad unaltra generale, per il principio di cui allart.15 c.p., la prima prevarr
sempre sulla seconda a prescindere dalla maggiore o minore entit dellaumento o della diminuzione circostanziale;
diversamente lart.68 1 co. c.p. afferma la regola dellapplicabilit della circostanza che comporti il maggior aumento o
la maggiore diminuzione di pena.
Le soluzioni proposte sono state le pi disparate. Secondo la dottrina prevalente lart.68 c.p. disciplinerebbe le
circostanze complesse definite come quelle disposizioni circostanziali che, nella formulazione normativa, contengano in
s unaltra circostanza. Le altre situazioni ricadrebbero nellalveo dellart. 15 c.p.
Lo scopo del disposto sarebbe invece quello di indurre ad una valutazione della situazione di fatto concretamente
verificatasi al fine di evitare, nellapplicazione della circostanza, di attribuire pi volte rilevanza ad un medesimo
fattore.
Si pu sostenere che tutte le istanze di equit che stanno alla base della elaborazione della c.d specialit in concreto,
ovvero che lanalisi debba muovere dal fatto concretamente accaduto al fine di escludere il concorso formale mediante
la scelta della norma che meglio si attagli al caso di specie, trovano fondamento non nellart.15 c.p. bens nellart.68
c.p.
Lart.68 c.p. pu leggersi come testuale applicazione del principio di consunzione, pur nel circoscritto ambito delle
circostanze, e fermo restando che tale norma si applica anche nel computo delle circostanze attenuanti.
In definitiva, lart.68 c.p. costituisce, nella prospettiva della dottrina pi recente una norma volta ad imporre, riguardo
alle circostanze, il rispetto del ne bis in idem sostanziale, anche laddove non vi sia un rapporto di specialit tra
disposizioni circostanziali astratte, situazione gi risolvibile col ricorso allart.15 c.p.
Per contro, la giurisprudenza non mostra di attribuire particolare rilevanza allart.68 c.p., con la conseguenza che dove
non venga riscontrata una relazione di specialit fra le disposizioni circostanziali, la tendenza quella di dar luogo al
concorso di disposizioni. In tal senso, degna di nota una recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite
nella quale si affermato che in tema di rapina ed estorsione, la circostanza aggravante di cui allart.7 d.l n152/1991
pu concorrere con quella di cui allart. 628 2 co. c.p. Nel caso concreto, in base allanalisi strutturale si sarebbe potuta
riconoscere la relazione di specialit fra le due fattispecie e dunque loperativit dellart.15 c.p. richiamato
esplicitamente nellart.68 c.p.
Conseguentemente, in ottemperanza al principio di assorbimento, ne sarebbe derivata lapplicazione di una sola
circostanza, la pi grave, assorbente lintero disvalore del fatto specifico.

PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA , accanto a quello di specialit, un ulteriore criterio elaborato dalla dottrina allo
scopo di risolvere il concorso apparente di norme.

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Presuppone lastratta sussumibilit della fattispecie concreta allinterno di una pluralit di disposizioni normative poste
in relazione gerarchica. La concorrenza delle norme si risolve con la prevalenza della norma primaria; ove questultima
non sia concretamente applicabile, trover spazio quella vicaria.
In realt, non tutta la dottrina ammette che nel nostro ordinamento sia presente un principio di sussidiariet avente
carattere generale, non trovando esso fondamento diretto, a differenza del criterio di specialit (art.15 c.p.) in alcuna
norma di legge.
Nelle diverse impostazioni dottrinali che invece riconoscono uno spazio a simile principio, il significato e la portata di
esso dipendono, in primo luogo, dal ruolo riservato al principio di specialit, ed in secondo luogo, dal riconoscimento o
meno, nellambito del sistema penale, di quello di consunzione.
Da parte della dottrina favorevole a riconoscere tale principio, si fa riferimento:
sussidiariet espressa --- ricorre laddove il legislatore abbia inserito una clausola di riserva nel testo di una
norma incirminatrice
determinate --- la norma primaria individuata in modo specifico con esplicito rinvio allarticolo. Es.
favoreggiamento reale di cui allart.379 c.p.
Quindi, quando il fatto concreto, oltre ad integrare gli estremi del reato descritto dalla norma contenente la clausola di
riserva, realizza gli estremi anche dellaltro reato,trover applicazione soltanto la norma alla quale fa rinvio la clausola
di riserva. Tali clausole sono quelle nelle quali si pongono minori problemi di interpretazione.
Relativamente indeterminate --- si presentano quando la norma individuata con formule del tipo se il
fatto non costituisce un pi grave reato;
assolutamente indeterminate --- il rinvio privo di qualsiasi individuazione specifica (ad es. se il fatto
non previsto come reato da altra disposizione di legge).
Queste non risolvono il concorso apparente, se non presupponendo, al fine di giustificare una
relazione gerarchica fra disposizioni, che la norma primaria rappresenti uno stadio di offesa pi
intensa allo stesso bene giuridico o ad un bene omogeneo rispetto a quella secondaria.
In altri termini, lomogeneit dei beni giuridici tutelati evidentemente scontata dove vi sia una clausola di riserva
determinata. In questo caso per lo stesso legislatore che su questo presupposto provvede ad indicare quale fattispecie
debba prevalere. Invece, negli altri casi, a fronte di un generico richiamo ad unaltra norma non identificata, non
sempre agevole comprendere quando la clausola imponga la selezione di una sola disposizione applicabile e quando,
viceversa, tale clausola non operi, essendo le norme concorrenti eterogenee.
Appare evidente come nella concreta applicazione di siffatte clausole, e dunque nella scelta fra lalternativa del
concorso reale o apparente di reati, si presentino tutti i dubbi ermeneutici che caratterizzano il tema in esame.
In ogni caso, secondo parte della scienza penalistica, il rilevante numero delle norme incriminatrici che contengono
clausole di sussidiariet espressa, legittimerebbe la conclusione che tali clausole obbediscano ad un principio di portata
generale, in grado di operare non solo in casi di sussidiariet espressa ma anche in casi di sussidiariet tacita --- ricorre
quando due norme incriminatrici, alle quali sia contemporaneamente riconducibile il fatto concreto, individuino due
figure di reato di diversa gravit, delle quali luna offenda, oltre al bene offeso dallaltra, anche un bene ulteriore o
rappresenti uno stadio di offesa pi intensa allo stesso bene giuridico.
Altra parte della dottrina si pone criticamente nei confronti della sussidiariet tacita. Si rileva infatti che in assenza di un
riferimento normativo il principio si presenta, per sua natura, di incerta individuazione. Inoltre, si osservato che
quando lapplicazione di una legge esaurisce gi lintero disvalore del fatto, proprio il principio di consunzione a
rilevarsi come il pi idoneo ad evitare il rischio del verificarsi di un ne bis in idem. Vengono cos talvolta ricondotti alla
sussidiariet tacita ipotesi altrimenti risolvibili col principio di consunzione, quali per es. i casi del c.d antefatto non
punibile.
Sul piano giurisprudenziale, va ribadito che le pronunce fanno riferimento quasi esclusivamente al principio di
specialit. Non manca qualche decisione nella quale si accenna al criterio di sussidiariet.
Inoltre, numerosi esempi di scarsa attenzione nei confronti delle clausole di sussidiariet, sono offerti in tema di
concorso tra norme penali e amministrative. Il fatto di trascurare lesistenza di tali clausole porta spesso ad impostare in
modo non coerente il problema del concorso, senza avvedersi che la relazione di specialit tra norme attiene alla
formulazione astratta delle fattispecie convergenti verso il medesimo fatto, mentre la sussidiariet presuppone che il
fatto concreto per come si realizzato, rientri in pi disposizioni gerarchicamente poste. In ogni caso, la preferenza
spesso accordata al principio di specialit frutto anche della scarsa considerazione accordata allinciso di cui allart. 15
c.p. salvo che sia diversamente stabilito, il quale impone che il principio di specialit ceda il passo alla consunzione
nei casi stabiliti dalla legge.
56
Le clausole di sussidiariet rappresentano proprio i casi nei quali la legge indica di prediligere, per la risoluzione del
concorso apparente, non il criterio della specialit bens un criterio di valore incentrato sul concreto atteggiarsi del fatto
storico.

IL PRINCIPIO DI CONSUNZIONE O ASSORBIMENTO.


Oltre al rapporto di specialit e di sussidiariet fra norme, allo scopo di risolvere un concorso apparente di norme pu
soccorrere un ulteriore criterio ---- quello di consunzione o assorbimento in adesione al ne bis in idem, ove
concorrano pi norme, delle quali una sia sufficiente ad esprimere lintero disvalore della situazione di fatto realizzatasi,
deve trovare concreta applicazione solo la norma c.d consumante o assorbente.
Espressione e fondamento del principio sarebbe lart.84 c.p. che disciplina il reato complesso. Detta norma potrebbe
apparire unapplicazione del principio di specialit, posto che non ci sarebbe necessit di unapposita norma per chiarire
che, qualora un furto venga commesso con violazione di domicilio, non concorrono i reati di furto in abitazione (art.624
bis 1co. c.p.) di furto semplice (art.624 c.p.) e di violazione di domicilio (art. 624 c.p.). in ogni caso lunica norma
applicabile sarebbe quella sul furto in abitazione essendo speciale rispetto alle altre due. In conclusione quindi, per
attribuire un reale significato allart.84 c.p., esso dovrebbe leggersi come formale enunciazione del principio di
consunzione.
Altro dato normativo lart. 68 c.p., il quale in tema di circostanze vieta espressamente la doppia valutazione giuridica
del medesimo elemento di fatto. Da questultima norma si desumerebbe la regola secondo la quale nella scelta fra
disposizioni normative concorrenti a regolare una medesima situazione, deve prevalere quella che, contemplando una
pi grave sanzione, si rivela adeguata ad esprimere lintero disvalore del fatto. La norma prevalente dunque quella che
prevede una pena pi severa, fermo restando che solo lapplicazione di questultima idonea ad evitare lapplicazione
dellulteriore norma concorrente.
Tale principio di fonda sul mero apprezzamento di valore. A differenza della specialit fra norme, la quale implica una
relazione logica fra fattispecie valutabile in astratto, il rapporto di consunzione non pu che muovere dallosservazione
del fatto come concretamente realizzatosi. Pertanto lapplicazione del principio non pu dar luogo a regole generali ma
deve essere sorretta, volta per volta, da criteri di ragionevolezza.
Posto che la funzione del criterio in esame quella di soddisfare unesigenza di equit nella irrogazione della pena in
concreto, un indirizzo dottrinale sostiene che loperativit del principio in esame, a differenza del rapporto di specialit,
non presuppone lidentit naturale del fatto, ma piuttosto lunitariet del quadro di vita definibile anche come identit
normativa del fatto.
Va da s che, reggendosi su apprezzamenti di valore, tale principio, tende inevitabilmente a configgere con lesigenza di
certezza giuridica.
Ipotesi nelle quali sussiste lunicit del fatto storico:
reato progressivo rappresenta una delle pi comuni applicazioni del principio di consunzione. Tale figura si ha
quando lo stesso bene giuridico viene offeso con progressione crescente, talch la fattispecie di reato realizzata
rappresenta lo stadio pi intenso delloffesa arrecata;
fatto tipico contestuale o fatto di accompagnamento non punibile si ha quando un fatto di regola si realizzi
in modo tale da integrare anche gli estremi di altra fattispecie, cosicch questo dato possa ritenersi gi
calcolato nella sanzione prevista dalla norma applicabile.
Cos ad es. il furto di unauto consuma anche quello della benzina, cos come lomicidio assorbe anche il
contestuale danneggiamento degli abiti della vittima.
Nellelaborazione dottrinale lapplicazione del principio di consunzione si estesa fino a regolare situazioni nelle quali
sussiste una pluralit di fatti e di condotte. Espressione di tale prospettiva laccoglimento della figura della c.d
progressione criminosa in senso stretto, situazione nella quale lulteriore e progressiva offesa allo stesso bene giuridico
avviene per effetto di risoluzioni criminose successive.
Riprendendo lesempio fatto in precedenza, se lagente vuole ferire e dopo averlo fatto decide di uccidere, sar
responsabile in ogni caso soltanto per lomicidio, a prescindere dal momento di formazione del dolo di omicidio.
Sarebbe infatti irragionevole irrogare entrambe le sanzioni, anche ammesso che si tratti di azioni distinte.
Rientrerebbero nel principio di consunzione anche lantefatto e il postfatto non punibile attivit che precedono o
seguono un certo reato e che dunque, anche se astrattamente configurerebbero degli autonomi reati, restano assorbite
nel reato maggiore, il quale include gi il disvalore della condotta antecedente o successiva.
57
Un orientamento minoritario ravvisa in tali ipotesi un caso di concorso materiale di reati, trattandosi di una pluralit di
fatti autonomi e distinti e non sussistendo il presupposto fondamentale della struttura del concorso apparente e cio
lunicit del fatto.
Problematiche sono inoltre quelle ipotesi nelle quali la realizzazione di un reato si manifesta attraverso un reato diverso,
che costituisce una modalit di attuazione del primo. Ad es. la falsit in scrittura privata o il millantato credito che
costituiscono lartifizio o il raggiro attraverso il quale si realizzata la truffa.
Con riferimento a tali situazioni la dottrina usa talvolta lespressione di reato eventualmente complesso, per distinguerlo
dai casi dei reati necessariamente complessi ( quelli che, a differenza dei primi, per la loro stessa natura
presuppongono allinterno della struttura un altro reato). In simili ipotesi la dottrina esclude il concorso apparente di
reati, riconoscendovi quello materiale, posto che la commissione di un ulteriore reato non linevitabile mezzo per
realizzare il reato avuto di mira, ma rappresenta soltanto una particolare modalit di realizzazione in concreto del fatto
tipico. Di conseguenza, posto che non ogni truffa presuppone anche la falsit o il millantato credito n ogni estorsione
presuppone anche un furto, lautore sar responsabile in concorso di entrambi i delitti.
Nella giurisprudenza non si registra una particolare propensione a ricorrere al principio di assorbimento per risolvere
casi concreti. Dove infatti non venga riscontrata una relazione di specialit fra le fattispecie, il risultato obbligato appare
essere il concorso effettivo dei reati.
Significativa una sentenza delle Sezioni Unite nella quale, almeno teoricamente, si ammessa lesistenza nel sistema
penale del criterio di assorbimento, purch sussista, al pari del principio di specialit, omogeneit dei beni protetti dalle
norme concorrenti.
Infine, in relazione al problema dei reati eventualmente complessi, scontato che, tendendo la giurisprudenza ad
impostare il problema del concorso apparenti in termini di relazione di specialit tra fattispecie, essa portata a
riconoscere in queste ipotesi il concorso effettivo di reati. Infatti, in situazioni simili si potrebbe giungere alla scelta di
corrispondere ununica sanzione solo sulla base della valutazione globale del disvalore del fatto concreto.
Diversamente, ponendosi nella prospettiva di raffrontare gli elementi delle fattispecie astratte, il risultato del concorso
di reati appare inevitabile.

NORME A PIU FATTISPECIE E DISPOSIZIONI A PIU NORME.


Allinterno del nostro ordinamento vi sono alcune disposizioni le quali, o nella singola formulazione o nel loro
articolarsi in pi commi o pi numeri, contengono la descrizione di una pluralit di condotte sanzionate con la
medesima pena.

ESEMPI:
la norma dellart.216 L. fall. --- punisce fatti diversi tra loro a titolo di bancarotta patrimoniale e documentale;
art. 73 1 co. d.p.r n309/1990 --- descrive una serie di comportamenti rilevanti penalmente, che riguardano
tutto il ciclo produttivo e commerciale della droga;
art.3 l. n 75/1958 --- nel quale, allelencazione di singole condotte illecite dai numeri 1 a 7, segue al numero 8
una norma sussidiaria di chiusura, volta a reprimere tutti i residui comportamenti volti a favorire o sfruttare la
prostituzione.
In questi casi si ritiene che, anche qualora il reato venga realizzato attraverso la pluralit di condotte descritte dalla
norma, lillecito rimane nella sostanza unico, perch una soltanto la disposizione violata. Si tratterebbe perci di una
unificazione legislativa di pi fatti allinterno di ununica disposizione.
In dottrina vengono impiegate le formule di:
norme a pi fattispecie o legge mista alternativa si presenta quando vi una descrizione di modalit
alternative di un reato, realizzato gi dalla commissione di una sola delle condotte descritte, pur rimanendo
unico anche se le condotte sono plurime;
disposizioni a pi norme si ha quando nella molteplicit dei fatti descritti sarebbe possibile individuare una
pluralit di fattispecie astratte di reato che possono concorrere fra loro.
Tuttavia non sempre risulta agevole distinguere quando la norma incriminatrice rimanga unica anche se realizzata in pi
di uno dei diversi modi indicati, e quando invece ununica disposizione contenga in effetti la previsione di pi
fattispecie astratte di reato. In realt la risoluzione del problema dipende dallesame delle singole fattispecie.
La determinazione del trattamento sanzionatorio dovr decidersi caso per caso sulla base delle modalit di realizzazione
del fatto concreto in base a criteri di valore rispondenti al principio del ne bis in idem. In ogni caso la molteplicit dei
fatti eventualmente commessi dallagente, pur nellunicit del reato, rilever ai fini della commisurazione della pena.
58
Spostandoci nel quadro giurisprudenziale, c da dire che i giudici non sono particolarmente propensi a riconoscere le
ipotesi di unificazione legislativa. Uneccezione si rinviene in tema di reati fallimentari, dove lart. 219 l.fall.,
prevedendo una circostanza aggravante per le ipotesi in cui vengano commessi pi fatti descritti dagli artt. 216-218, non
lascia spazio a dubbi interpretativi riguardo alla sussistenza di unipotesi di unificazione legislativa di tali fatti.
In tema di stupefacenti non si esclude la possibilit del concorso dei fatti descritti nellambito dellart.73 d.p.r. 309, se
essi non siano stati realizzati contestualmente.
In materia di prostituzione, la giurisprudenza orientata nel senso dellapplicabilit delle norme sul concorso dei reati.

IL CONCORSO APPARENTE TRA FATTISPECIE PENALI E VIOLAZIONI AMMINISTRATIVE.


Lart.9 1 co. l. n 689/1981 stabilisce che quando uno stesso fatto punito da una disposizione penale e da una
disposizione che preveda una sanzione amministrativa, si applica la disposizione speciale. Ove concorrano una sanzione
penale e una amministrativa, la regola del concorso quella che fa ricorso al criterio di specialit. Per lindividuazione
della norma prevalente, non sembra dunque consentito il rinvio a parametri diversi quali la sussidiariet e la
consunzione.
Sulla base della locuzione stesso fatto, anzich stessa materia, un indirizzo minoritario ha sostenuto che, nellambito
della specialit tra sanzione penale ed amministrativa, se debba valutare se il fatto concreto sia riconducibile ad
entrambe le sanzioni, senza che il confronto debba operare tra gli elementi costitutivi delle fattispecie astratte. In
pratica, stato riproposto anche in questo caso il modello interpretativo della c.d. specialit in concreto.
La posizione dominante quella secondo cui il termine fatto di cui allart.9 non alluda al fatto naturalistico, bens alle
fattispecie legali, presidiate da sanzione penale nonch amministrativa, che possono in astratto entrare in concorrenza
tra loro, cosicch la valutazione della specialit deve sempre riguardare gli elementi costitutivi delle norme.
La regola generale della specialit, subisce una importante eccezione.
Infatti il 2 co. dello stesso articolo stabilisce che quando uno stesso fatto punito da una disposizione penale e da una
disposizione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano che preveda una sanzione amministrativa, si
applica in ogni caso la disposizione penale, salvo che questultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni
penali. dunque, ove il concorso riguardi norme penali e norme amministrative di fonte regionale, si ha prevalenza della
disposizione penale al fine di salvaguardare la potest legislativa statale in materia penale, la quale sarebbe inficiata
qualora la regione potesse disporre delle deroghe alle norme incriminatrici attraverso la previsione di illeciti
amministrativi speciali.
Lultimo inciso del secondo comma stabilisce poi unulteriore eccezione, che ripristina dunque la prevalenza
dellillecito amministrativo, ove la norma penale sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali.
Ad ogni modo, lillecito amministrativo di fonte regionale deve ugualmente prevalere nei casi in cui la norma penale
contiene una clausola di riserva assolutamente indeterminata. In questo caso, infatti, la funzione sussidiaria della norma
penale giustificherebbe lapplicazione prevalente ed esclusiva della sanzione amministrativa regionale. Il medesimo
effetto, invece, non dovrebbe prodursi laddove la norma penale contenga una clausola di riserva di tipo determinato: in
questo caso, la norma penale direttamente richiamata dovrebbe prevalere sulla sanzione regionale.
Il 3 comma stabilisce che ai fatti puniti dagli artt. 5, 6 e 12 della l. n 293/1962 si applicano solo disposizioni penali,
anche quando i fatti stessi sono puniti con sanzioni amministrative previste da disposizioni speciali in materia di
produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande.
Daltro canto, si posto laccento sul fatto che resterebbero fuori dalla previsione, senza deroga quindi al principio della
prevalenza della norma speciale (art. 9 1 co.) le norme di contenuto pi generale, previste dal codice penale, a tutela
della salute pubblica.
Con riferimento ai rapporti fra illecito penale e amministrativo, nella giurisprudenza, si sono formati orientamenti che
ricalcano le problematiche relative allapplicazione del principio di specialit in tema di concorso apparente di norme
penali. si poi affrontato il dubbio in ordine al significato da attribuire a stesso fatto. A tale proposito abbiamo una
significativa pronuncia della Corte Costituzionale che, nellaffrontare due eccezioni di legittimit circa lasserita
disparit di trattamento sanzionatorio nellipotisi di furto venatorio, ha affermato che al fine di stabilire se il soggetto
che esercita la caccia in violazione delle regole sanzionate amministrativamente dalla l.n 968/1977 debba essere punito
anche ai sensi dellart. 624 c.p.
La giurisprudenza prevalente ha aderito allidea che la valutazione di specialit tra illecito penale ed amministrativo
comporti un confronto fra fattispecie astratte.

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Quanto allaspetto del bene giuridico tutelato, anche in tema di concorso tra sanzioni penali ed amministrative, sembra
emergere un orientamento volto a riconoscere il concorso effettivo dei reati laddove le due fattispecie abbiano diversa
obiettivit giuridica.
Un altro aspetto pi volte esaminato dalla giurisprudenza quello delle clausole di riserva salvo che il fatto costituisca
reato- contenute nelle previsioni di alcuni illeciti amministrativi. Tali clausole, dovrebbero determinare la prevalenza
della sanzione penale, ad esclusione di quella amministrativa, dove il fatto, oltre che illecito amministrativo, costituisca
reato. Di conseguenza, la norma penale da considerarsi primaria mentre la norma amministrativa meramente
sussidiaria. Qualora il fatto non integri i presupposti di una fattispecie penale, non si pone nemmeno il problema di un
concorso di norme e si applica soltanto la sanzione amministrativa.
Nella valutazione di tali clausole, la giurisprudenza pervenuta a conclusioni diametralmente opposte. Talvolta infatti
nelle varie pronunce si accennato alla sussidiariet o alla consunzione; altre volte si impostato il problema in termini
di specialit tra norme o addirittura di concorso di norme. A tal proposito interessante il contrasto giurisprudenziale
formatosi in merito allomesso pagamento del pedaggio autostradale. Il nuovo codice della strada sanziona in via
amministrativa la condotta di chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento
del pedaggio salvo che il fatto costituisca reato. Si posto perci il problema se il fatto di non corrispondere il
pedaggio autostradale di per s costituisca un illecito amministrativo o il reato di insolvenza fraudolenta.
Una parte della giurisprudenza ha risolto la questione in termini di rapporto di specialit fra le due fattispecie. Si
ritenuto che il mancato pagamento del pedaggio sia di mero rilievo amministrativo.
In simile contesto, la clausola di riserva (salvo che il fatto costituisca reato) riguarderebbe unicamente i casi in cui non
vi sia solo una condotta elusiva, ma ad esempio siano state date false generalit. In questi casi, la riserva farebbe salva
lapplicazione di reati quali linsolvenza fraudolenta o la truffa.
La Corte Suprema, recependo un diverso orientamento, ha invece ricondotto alla sussidiariet il problema del rapporto
tra le due fattispecie. Secondo questa chiave di lettura la clausola, prevedendo espressamente la sussidiariet della
normativa amministrativa, renderebbe inapplicabile questultima tutte le volte che possa essere ipotizzato in concreto un
delitto.
Occorre, comunque, in primo luogo verificare se la condotta posta in essere per eludere integri in concreto i requisiti di
una fattispecie penale. Se la risposta a tale quesito negativa, attesa la mancanza di qualche presupposto materiale o
soggettivo, allora si applicher la sanzione amministrativa. Appare invece scorretta limpostazione del rapporto tra le
due fattispecie in termini di specialit, non rilevando tanto il rapporto logico-formale fra le fattispecie astratte quanto il
concreto atteggiarsi del fatto.
Infine, va ricordato che anche in altre decisioni la giurisprudenza di legittimit non ha dimostrato di inquadrare le
clausole di riserva in una corretta prospettiva. Interessanti sono le sentenze in materia di inottemperanza allinvito a
presentarsi allautorit di pubblica sicurezza. Questa condotta oggi sanzionata in via amministrativa.

LA LEGGE CONTRO IL CRIMINE ORGANIZZATO TRANSNAZIONALE.

Con lapprovazione della l. n 146/2006 la legislazione italiana compie una doverosa ratifica della Convenzione delle
Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale. Si trattava di un atto che occorreva adottare pena la
conseguenza di essere valutati come unwilling rispetto ad una serie di misure ritenute necessarie dal consenso
internazionale.
Questa prospettiva non poteva considerarsi assolutamente vincolante, dal momento che la mancata esecuzione e ratifica
di atti, convenzioni o accordi presi internazionalmente, in assenza di una cogente ed effettiva predisposizione di misure
sanzionatorie realmente effettive, impedisce di condizionare in modo stringente loperato dei singoli legislatori
nazionali. Anzi, talvolta gli stati, pur aderenti ad organismi internazionali, o avendo sottoscritto o approvato
convenzioni internazionali, sfuggono allesecuzione interna dei corrispondenti atti legislativi (obbligatoria in materia
penale, dato il carattere non self-esecuting di convenzioni o direttive internazionali, pena la violazione dei principi
costituzionali di riserva di legge statale e determinatezza) preferendo custodire gelosamente una sorta di arcaica visione
della sovranit statale.
La Convenzione derivava, a sua volta, dallimpegno assunto dai paesi membri delle Nazioni Uniti i quali, dopo che
lassemblea generale aveva adottato la Dichiarazione politica di Napoli ed il piano di azione globale contro il crimine
transnazionale, avente ad oggetto la richiesta di impegno della Commissione di prevenzione del crimine (UNDCP) di
esplorare le possibilit di una convenzione contro il crimine, hanno partecipato, con proprie delegazioni, presso la sede

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ONU di Vienna, alla redazione di un testo di convenzione contro la criminalit organizzata e di tre annessi protocolli,
riguardanti specifici settori di attivit della criminalit organizzata ed in particolare:
il traffico di migranti (clandestini) (smuggling) lelaborazione di tale protocollo si deve alliniziativa
congiunta di Italia ed Austria, mirava a prevenire e limitare le ipotesi di sfruttamento condotte da gruppi
criminali ai danni di persone che, per sfuggire a situazioni di vita non pi sostenibili nei loro rispettivi paesi di
provenienza per motivi bellici, di scontri etnici o di grave indigenza economica, sono costretti a lasciare il
paese di origine affidandosi a bande criminali che ne favoriscono lemigrazione illegale.
naturalmente esclusa la punibilit di quegli individui che, nel migrare, non abbiano commessi altri reati fuori
di quelli collegati al fatto migratorio inteso in senso stretto;
la tratta degli essere umani (trafficking) tale protocollo era indirizzato a reprimere condotte di vero e proprio
sfruttamento di esseri umani, in particolare soggetti a rischio ed indifesi come le donne e i bambini, che
vengono coattivamente avviati non solo al lavoro forzato, bens anche allo spregevole fenomeno dello
sfruttamento sessuale o fisico, che si iscrive nella pi ampia attivit di contrasto alla schiavit;
il traffico di armi da fuoco e relative munizioni (firearms) -protocollo del 31 maggio 2001- riguarda le armi
leggere da fuoco ed stato adottato dallAssemblea dellONU circa cinque mesi dopo gli altri strumenti, per
difficolt di accordo insorte nella negoziazione, ed ha il palese obiettivo di puntare ad una continua
identificazione dellarma prodotta al fine di contrastare i traffici illeciti nel settore, fino a risalire al produttore,
importatore o distributore dellarma stessa.
Cinque sono i punti essenziali, che laccordo internazionale si proponeva, i quali ne sintetizzano le finalit:
esigenza di fornire i legislatori nazionali di una gamma di norme definitorie certe, sulle nozioni di
base quali gruppo criminale organizzato transnazionale, profitto del reato, grave crimine e sequestro o
confisca, la cui individuazione fosse internazionalmente accettata e adottata, e questo costituisce
leffetto pi manifesto di un allineamento della legislazione penale nazionale a livello sovranazionale
in vista dellobiettivo di una piena unificazione legislativa su alcuni concetti cardine nella lotta alla
criminalit;
lenucleazione di una categoria di fatti universalmente incriminabili, come il partecipare ad una
organizzazione criminale, creare intralci alla giustizia, compiere fatti di corruzione o riciclare i
proventi di del reato;
esigere lintroduzione (da parte degli stati aderenti) di misure di protezione di testimoni o vittime dei
reati compresi negli strumenti internazionali;
adottare meccanismi di collaborazione internazionale anche in ordine agli strumenti pi consueti
come il trasferimento dei giudizi, lestradizione, il sequestro o la confisca;
stabilire un sistema di gestione informatica dei dati raccolti e prevedere lintroduzione di un fondo di
sostegno economico per i paesi pi sforniti di mezzi.
Ci si indirizza verso una forma legislativa di contrasto alla criminalit organizzata transazionale che risponde
ad una logica che di recente stata etichettata come espressione di un diritto penale del nemico, in cui al centro
dellintervento normativo sta lautore con le sue devianze e con il suo essere un corpo estraneo alla societ
civile. Attivit delittuose che nel caso della criminalit organizzata vengono inquadrate come una forma di
Antistato, di contropotere criminale, che mina le stesse istituzioni dei sistemi democratici.
I legislatori nazionali si impegnano poi allinserimento di strumenti di contrasto tesi quasi esclusivamente alla
neutralizzazione totale del fenomeno piuttosto che alla risocializzazione degli individui coinvolti. Prova ne
lo strumentario di sanzioni criminali che vengono impiegate, come nel caso della confisca, e di cui lattuale
formazione costituisce la punta pi avanzata per almeno due ordini di ragioni.
La prima si riferisce alla notevole anticipazione delle misure che vengono largamente estese alla fase
prodromica alle stesse indagini di polizia giudiziaria; la seconda si collega direttamente allestensione dei
limiti spaziali della legge penale di ogni singolo Stato aderente alla convenzione internazionale, che consente
lapplicazione della legge penale internazionale oltre i naturali confini geografici dettati dalle carte e basati
sulla applicazione della norma penale nazionale non pi secondo le regole del principio di territorialit.
NB la cooperazione giudiziaria e di polizia contro il crimine organizzato deve percorrere i binari dellefficienza e
della legalit, pena il sovrapporsi indebito di strumenti coercitivi che abbassano il livello delle garanzie.

61
DEFINIZIONE DI REATO TRANSNAZIONALE.
La l. n189/2002 costituisce il completamento della piattaforma legislativa.
Obiettivo primario del legislatore era la predisposizione di una nozione condivisa di reato transnazionale.
Nella l. 146 la norma deputata a questo compito lart.3 --- strutturato in due segmenti:
il primo relativo alla definizione di reato transnazionale collegato allazione di un gruppo criminale
organizzato.
Si richiede un duplice requisito:
considerato reato transnazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel
massimo a 4 anni e deve essere coinvolto un gruppo criminale organizzato.
Non sufficiente quindi che sia commesso un reato di una certa gravit, ma occorre anche che esso si inscriva
nellattivit criminosa di un gruppo che non agisca solo nellambito di una semplice compartecipazione
criminosa, bens nella cornice di una associazione criminale che si avvale della forza derivante dal vincolo
associativo comprensiva di notevoli mezzi e uomini in unorganizzazione protratta nel tempo.
Tuttavia, proprio in ordine alla nozione di gruppo criminale organizzato si pu ben dire che la norma in verit
risulti una disposizione relativamente in bianco. Non compare infatti una compiuta nozione di crimine
organizzato o di gruppo criminale. Ci si limita solo alla perimetrazione delle classi di reato che si prestano ad
essere eseguite nel programma criminoso dellassociazione.
La norma, come abbiamo gi detto, nulla dice in ordine alla struttura del fatto associativo, al fatto di
considerare gruppo criminale un agglomerato pi o meno organizzato e dotato di strumenti adeguati per la
commissione dei reati-scopo. A tal fine soccorrono senzaltro, in via di interpretazione sistematica, le norme
del codice penale italiano o una delle varie azioni comuni che hanno dato attuazione al pino dazione contro la
criminalit organizzata, predisposto dal gruppo istituito dal Consiglio europeo di Dublino nel 1996. La citata
azione comune ha dettato una definizione di organizzazione criminale, valida a livello transnazionale, come di
unassociazione strutturata di pi di due persone stabilita da tempo che agisce in modo concertato allo scopo di
commettere reati.
La nozione ruota attorno a tre perni fondamentali:
numero minimo di partecipanti per formare una struttura adeguata;
azione temporalmente continuativa;
concertazione teleologicamente orientata dalla commissione dei delitti di scopo.
il secondo riguardante il carattere di trans nazionalit del crimine vera novit della definizione fornita
dallart.3 (seconda parte) della l.146.
detto carattere viene individuato in base a quattro caratteri di collegamento per lapplicazione della legge
penale nello spazio. Si tratta di criteri di individuazione del reato transnazionale chiaramente alternativi.
1. Lillecito viene commesso in pi di uno Stato riferendosi qui alla commissione di un reato,
richiama il fatto nel suo complesso, comprensivo anche dellevento. Utilizza quindi non solo il
criterio della condotta in senso ubiquitario, nella misura in cui stabilisce che la ripartizione nel
territorio di pi Stati delle varie porzioni di cui si compone il comportamento vale a radicare
laggancio alla disciplina del reato transnazionale, a fortiori se si tratta di reato associativo che
richiede la predisposizione di una struttura organizzata ramificata tra pi Stati, ma impiega anche la
regola che nel territorio di uno Stato diverso si sia realizzato levento.
2. Il reato commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione,
direzione o controllo avviene in un altro Stato qui viene richiamato il carattere ormai diffuso
dellassociazione criminale che, in virt del vincolo associativo, della sua struttura complessa e della
forza intimi dativa, opera in pi di uno Stato. Questo criterio prende in esame direttamente il reato
plurisoggettivo necessario, con tutte le sue caratteristiche di illecito.

62
3. Canone sostanzialistico, di tipo materiale --- il fatto commesso in uno Stato ma ha effetti sostanziali
in un altro Stato si fissano i presupposti di questultima nozione di crimine organizzato
transnazionale quasi a m di clausola di chiusura. La quale potrebbe riacquistare un qualche profilo
di determinatezza solo se si intendessero gli effetti sostanziali come sinonimo di evento del reato in
un significato tecnico. Tuttavia il tenore della disposizione farebbe pensare ad una nozione pi larga,
dove vi rientra qualsiasi effetto collaterale che derivi dalla commissione dellillecito penale, anche
non appartenente ai requisiti del reato inteso in senso stretto.

LA DISCIPLINA DELLE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI E DELLE SANZIONI.


Lart.4 della l. 146 prevede che nel caso di commissione di reati con pena massima non inferiore a 4 anni da parte di un
gruppo criminale organizzato su base transfrontaliera si applica la circostanza aggravante dellaumento di pena da un
terzo alla met. Quindi inasprimento della sanzione calcolato sul reato commesso al solo ricorrere della figura di reato
transnazionale.
2 co. --- stabilisce lapplicazione del regime speciale delle circostanze in tema di lotta alla criminalit organizzata. Si
tratta di una severa disciplina di deroga al regime del bilanciamento tra circostanze eterogenee e delle priorit nel
calcolo degli aumenti di pena in base alla quale le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt. 98 e 114
c.p., concorrenti con laggravante del comma 1 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e
le diminuzioni di pena si operano sulla quantit di pena risultante dallaumento conseguente alla predetta aggravante.
Rigoroso anche lo strumentario delle sanzioni, con un regime speciale relativo alla confisca. Lart. 11 (l.146) prevede
infatti alcune ipotesi speciali di confisca obbligatoria e per equivalente, mentre lart.12 introduce incisivi poteri di
indagine del pubblico ministero al fine di confiscare beni, denaro o altre utilit nei casi contemplati dallart.11. E
consentita la confisca per equivalente di somme di denaro, beni o altre utilit nella disponibilit del reo, anche per
interposta persona fisica o giuridica, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato transnazionale
ove non sia stata possibile la confisca delle cose che costituiscono il prodotto del reato. Inoltre, nel caso del reato di
usura prevista la confisca obbligatoria di un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi
usurari.

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI COOPERAZIONE GIUDIZIARIA E DI POLIZIA (l. 146)


Le disposizioni degli artt 6 ( informazione al Parlamento sulla cooperazione in materia di estradizione e di assistenza
giudiziaria) e 8 ( informazione al Parlamento sulla cooperazione di polizia) sono dettate al fine politico-istituzionale
di fissare lindirizzo del governo, nella specie il Ministro della giustizia, sullo stato di attuazione delle previsioni della
Convenzione, con specifico riferimento alle azioni intraprese e alle intese o accordi che servono per potenziare la
cooperazione tra Stati parte in materia di assistenza giudiziaria.
Sono inoltre previste dallart. 13 attribuzioni di competenze speciali al procuratore distrettuale antimafia con
equiparazione a quelle attribuite al procuratore della Repubblica e al questore.
Tuttavia la novit costituita dalla previsione contenuta nellart.9 che consente le operazioni sotto copertura. Non sono
infatti punibili, oltre le previsioni dellart.51 c.p. in tema di adempimento del dovere, le attivit di agenti infiltrati o
provocatori (ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell Arma dei carabinieri e del corpo della guardia di
finanza) esclusivamente finalizzate ad acquisire elementi di prova in ordine ai reati di riciclaggio, impiego di denaro di
illecita provenienza, al titolo dei reati contro la personalit individuale, nonch ai delitti riguardanti armi, munizioni o
esplosivi, quelli relativi alla disciplina della immigrazione, che hanno comportato lassistenza agli associati, lacquisto,
la ricezione o loccultamento del denaro, armi, documenti, stupefacenti che sono oggetto o profitto per commettere il
reato e lostacolo allindividuazione della loro provenienza o che ne hanno consentito limpiego, o che le attivit
suddette siano state compiute dai medesimi ufficiali nelle operazioni di contrasto al terrorismo e alleversione o al
finanziamento del terrorismo.
Il 2 comma dellart.9 consente agli ufficiali di intercettare il flusso informativo che scorre sul circuito dei siti delle reti
di comunicazione, informandone al pi presto il pubblico ministero e comunque entro le 48 ore dallinizio dellattivit.
Il 6 comma attribuisce la possibilit di omettere o ritardare atti di propria competenza, con avviso immediato anche
orale e trasmettendo motivato rapporto non oltre le successive 48 ore nellipotesi di contrasto ai reati di estorsione e di
usura.
Lart. 10 punisce con la reclusione da due a sei anni, salvo che il fatto non costituisca un pi grave reato, chiunque
riveli o divulghi indebitamente i nomi degli ufficiali impegnati nelle suddette operazioni sotto copertura.

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I REATI CHE DETERMINANO LA RESPONSABILITA DELLENTE: GLI INTERVENTI LEGISLATIVI DEL
2006.
L. n 146/2006 ha ratificato la convenzione e i protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato
transnazionale (c.d Convenzione di Palermo). Il legislatore ha inserito fra i reati per i quali prevista la responsabilit
dellente lassociazione a delinquere, lassociazione di stampo mafioso, lassociazione per delinquere finalizzata al
contrabbando di tabacchi lavorati esteri e quella diretta al traffico di sostanze stupefacenti, i delitti di riciclaggio e
impiego di denaro di provenienza illecita, i reati in materia di immigrazione clandestina ed infine il delitto di
favoreggiamento personale e quello di cui allart. 377 bis c.p.
Sono state previste sanzioni pecuniarie ed interdittive nei confronti dellente responsabile per questi reati con lunica
eccezione dei due delitti contro lamministrazione della giustizia per i quali sono stabilite unicamente sanzioni di tipo
pecuniario.
Il secondo intervento legislativo --- l. n 7/2006 ha invece introdotto allart.25 del d.lgs n231/2001 una responsabilit
dellente nella cui struttura vengono realizzate pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, oggi sanzionate
dallart. 583 bis c.p.
Oltre a questi recenti ed importanti interventi legislativi si deve sottolineare come col tempo si sia venuta formando una
significativa giurisprudenza. A riguardo va segnalata una recente decisione della Corte di Cassazione nella quale
vengono affrontate alcune delle principali problematiche suscitate dal d.lgs n231/2001.
La Suprema Corte esamina, per la prima volta, in modo approfondito in quali termini vadano intesi i requisiti
dellinteresse o del vantaggio cui fa espresso riferimento lart.5 del d.lgs 231/2001.
Presupposto per la responsabilit dellente il fatto che il reato sia stato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio.
Al riguardo, secondo il Supremo collegio, linteresse va valutato ex ante, mentre il vantaggio richiede una verifica ex
post. Di conseguenza, alla stregua di simile impostazione, non potrebbe condividersi la definizione attribuita da parte
della dottrina alla locuzione. E ci perch i due vocaboli esprimono concetti giuridicamente diversi: potendosi
distinguere un interesse a monte della societ ad una locupletazione in conseguenza dellillecito, rispetto ad un
vantaggio obiettivamente conseguito allesito del reato, perfino se non espressamente divisato ex ante dallagente.

LE MODIFICHE APPORTATE DALLA L.251/2005 ALLART.158 c.p

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