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NOTE PER STUDENTI DEL CORSO DI LAUREA IN INFERMIERSITICA

INSEGNAMENTO: INFERMIERSITICA NELLE CURE DI FINE VITA


Rocio Cabarcas Garcia

Le cure palliative si fondano su una concezione globale, attiva e continua, che


comprende lassistenza sugli aspetti fisici, psicologici, sociali e spirituali delle
persone in condizione di terminalit, essendo gli obiettivi principali il benessere e la
promozione della dignit e della autonomia di ogni malato e della sua famiglia.
Le cure palliative si occupano in maniera attiva e totale dei pazienti colpiti da una
malattia che non risponde pi a trattamenti specifici e la cui diretta conseguenza la
morte. Il loro scopo principale la qualit di vita del malato mediante il controllo dei
sintomi e della sofferenza globale.. Esse si occupano prima della persona e poi della
malattia, hanno come obiettivo prima la qualit di vita e poi la sopravvivenza,
considerano il morire un processo naturale da non ostacolare con trattamenti non
proporzionati, incoraggiano la capacit di autodeterminazione del malato ed il
coinvolgimento nel processo decisionale, integrano gli aspetti psicologici e spirituali
dellassistenza, affidano compiti di cura ai familiari Care giver) trasferendo loro
gradualmente alcune competenze e dando significato alla loro presenza accanto al
malato, costruiscono una rete di protezione attorno al paziente attivando tutte le
risorse pubbliche, private, sociali e familiari.
Essendo i bisogni delle persone alla fine della vita molto complessi, le cure palliative
vengono erogate da un quipe multidisciplinare che possa dare le risposte
appropriate alla complessit dei bisogni, Tale quipe deve avere una formazione
specifica e le competenze necessarie per trattare situazioni complesse, che si
modificheranno lungo il processo di malattia, con lavvicinarsi del malato alla fase
finale della vita. Deve essere in grado di cogliere l impatto che la vicinanza alla
morte produce nel malato, nella famiglia e nellquipe terapeutica stessa.

Secondo un documento dellapposita commissione ministeriale italiana del 1999 le


cure palliative si caratterizzano per:
la globalit dellintervento terapeutico che, avendo per obiettivo la qualit della
vita residua, non si limita al controllo dei sintomi fisici ma si estende al sostegno
psicologico, relazionale, sociale e spirituale;
la valorizzazione delle risorse del malato e della sua famiglia oltre che del tessuto
sociale in cui sono inseriti;
la molteplicit delle figure professionali e non professionali che sono coinvolte nel
piano di cura;
il pieno rispetto dellautonomia e dei valori della persona malata;
la forte integrazione e il pieno inserimento nella rete dei servizi sanitari e sociali;
lintensit delle cure che devono essere in grado di dare risposte pronte ed efficaci
al mutare dei bisogni del malato;
la continuit della cura fino allultimo istante;
la qualit delle prestazioni erogate

La scelta di perseguire la migliore qualit di vita come obiettivo prevalente implica il


riconoscimento del ruolo centrale del malato nelle cure. Infatti il giudizio sulla qualit
della vita non pu in alcun modo essere dato "dallesterno", ma non pu che fondarsi
su quanto il malato sente e comunica, essendo in malato lunico competente della
sua malattia.

Il Codice Italiano di Deontologia Medica (cdm 3 ottobre 1998) art. 14 dice che il
medico deve astenersi dallostinazione in trattamenti, da cui non si possa
fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento
della qualit della vita. Lart. 32 sottolinea infine che, per il principio
dellautodeterminazione di ogni soggetto, ogni trattamento, soggetto alla regola del
consenso informato non essendo consentito alcun trattamento medico contro la
volont della persona. Infine, allart 37 dice In caso di malattie a prognosi
sicuramente infausta pervenute alla fase terminale, il medico deve limitare la sua
opera allassistenza morale e alla terapia atta a risparmiare inutili sofferenze,
fornendo al malato, trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualit
della vita.
In caso di compromissione dello stato di coscienza il medico deve proseguire nella
terapia di sostegno vitale, finch ritenuta ragionevolmente utile. (Vedi principio di
proporzionalit delle cure)

LOrganizzazione mondiale della sanit (OMS) definisce le cure palliative come un


approccio in grado di migliorare la qualit della vita dei malati e delle loro famiglie
che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili,
attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di una
identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre
problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale OMS, National cancer
control programmes. Policies and managerial guidelines, 2002, p. 84).
Quando il decorso della malattia diventa irreversibile e porta in un intervallo di tempo
variabile il paziente alla morte, si evidenzia spesso un complesso quadro di problemi
in cui sono coinvolte tutte le dimensioni che costituiscono una persona definito
dolore totale (termine coniato da Cicely Saunders, ideatrice del movimento Hospice:
oltre ai problemi fisici si possono manifestare sofferenza psicologica e spirituale,
difficolt nei rapporti interpersonali e sociali e problemi economici.
La fase terminale di una malattia caratterizzata, per la persona malata, da una
progressiva perdita di autonomia, dal manifestarsi di sintomi fisici e psichici spesso
di difficile e complesso trattamento, primo fra tutti il dolore, e da una sofferenza
globale che coinvolge anche il nucleo familiare e quello amicale, e tale da mettere
spesso in crisi la rete delle relazioni sociali ed economiche del malato e dei suoi
familiari.
Prendersi cura del malato in fase terminale significa quindi affrontare tutti questi
aspetti della sofferenza umana. Per questo, le cure palliative prevedono un supporto
di tipo psicologico, spirituale e sociale rivolto sia alla persona malata sia al nucleo,
familiare o amicale, di sostegno al paziente. Questo vuol dire prendere in carico il
malato in modo globale (olistico). In questo senso, le cure palliative provvedono al
controllo del dolore e degli altri sintomi che sono causa di sofferenza per il malato,
integrando anche gli aspetti psicologici e spirituali delle cure.
Le cure palliative come noto, nascono in ambito oncologico e si sono caratterizzate,
nel cos detto modello classico da una presa in carico del malato quando le cure
oncologiche venivano interrotte in quanto non cerano pi spazi terapeutici per la
guarigione o il controllo della malattia (malato off therapy). Una prospettiva diversa
di presa in carico sta entrando in modo deciso; si tratta del modello delle Cure
Simultanee (simultaneous care), caratterizzato da una presa in carico precoce dei
malati in fase avanzata di malattia ma ancora in terapia specifica per il controllo della
malattia. Questo modello il futuro immediato delle Cure Palliative. Le SC vengono
definite come un modello organizzativo mirato a garantire la presa in carico
globale del malato attraverso unassistenza continua e integrata tra terapie
specifiche per la malattia e le cure palliative, quando loutcome non sia
principalmente la sopravvivenza del malato

Le cure palliative rappresentano il concetto pi ampio che comprende al suo interno


le cure di fine vita, intese come gli ultimi giorni , le ultime ore. In questa fase i
sintomi pi comuni di cui il malato soffre sono il dolore, la difficolt di respiro
(dispnea), la tosse, la nausea, la depressione, la stitichezza , i disturbi del sonno, la
perdita di appetito, la stanchezza cronica. Vi ormai accordo che una buona terapia di
un sintomo non possa consistere soltanto in una corretta somministrazione di farmaci,
ma anche in una gestione delle problematiche non mediche che il paziente presenta.
In altri termini, il sintomo, in quanto espressione di un disagio multifattoriale, diventa
il problema clinico centrale attorno a cui ruota lintervento palliativo. Allo stesso
modo che si tratta il dolore, sar necessario occuparsi degli altri sintomi, senza
trascurare nessuno, soprattutto di tipo psicologico e sociale.
I sintomi devono essere trattati con una strategia terapeutica complessiva. In
particolare la fatigue cio lo stato di grave stanchezza, di progressiva perdita di
energia e delle capacit mentali che condiziona negativamente la vita dei malati in
fase terminale; non risulta essere provocata solo da cause organiche ma anche da stati
di disagio sia psicologico (quali la depressione, lansia, la rabbia) sia di tipo sociale
(quali la perdita di ruolo professionale, lisolamento e la solitudine causati dallo stato
di malattia). Cos come per il dolore e altri sintomi, lapproccio terapeutico alla
fatigue richiede non solo un intervento farmacologico, ma di assistenza psicologica,
sociale e spirituale che solo una concezione olistica di cura del malato pu assicurare.
Cure Palliative nelle malattie non oncologiche
La sofferenza causata dai sintomi associati a malattie di tipo cronico-degenerativo
sono paragonabili a quella delle malattie oncologiche, come dimostrato da una
recente meta-analisi sistematica condotta su 64 studi originali relativi alla prevalenza
di undici sintomi comunemente presenti nella fase terminale di malattie oncologiche,
cardiologiche, polmonari e renali croniche e AIDS. In particolare, tre sintomi
dolore, dispnea e astenia sono stati riscontrati in pi del 50% dei pazienti affetti da
queste malattie. (vedi documento SIARTI Le grandi insufficienze dorgano end
stage)
Le malattie cardiache possono causare il dolore al petto tipico dellangina ischemica
o la mancanza di fiato e laffaticamento caratteristici dello scompenso cardiaco.
Lictus secondario a patologie cerebro-vascolari pu causare difficolt motorie o della
parola, mentre le patologie polmonari croniche di tipo ostruttivo possono essere
invalidanti a causa della mancanza di fiato (dispnea). Alcune malattie neurologiche
degenerative (per es., sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica) causano un
progressivo peggioramento dellautonomia dei malati sino al termine della loro vita,
attraverso fasi di riacutizzazione e remissione caratterizzate da gravi sintomi fisici e
psichici e da necessit di elevati e complessi livelli di supporto assistenziale (si
vedano le traiettorie di malattia).
Il controllo di tali sintomi richiede quindi una specifica competenza che si configura
come una vera e propria branca della medicina, ovvero la medicina palliativa, che in
alcuni Paesi anglosassoni stata inquadrata come disciplina specialistica insegnata in
diversi corsi universitari postlaurea e in Italia lo diventata di recente.
Come detto, le cure palliative affermano il valore della vita e considerano la morte
come un processo naturale che non intendono accelerare n posporre.
La medicina tradizionale, altamente tecnologica consente oggi di prolungare la vita
dei pazienti, sia rendendo disponibili farmaci sempre nuovi sia utilizzando tecniche di
sostegno delle funzioni vitali. A causa della complessit di tali interventi, spesso il
paziente si vede costretto a trascorrere lultima parte della vita in ospedale, in un
contesto estraneo ed estraniante; spesso la morte avviene in una condizione di
solitudine sia fisica sia psicologica e di non accettazione sociale della morte come
fatto prevedibile e naturale.
La societ contemporanea cerca di eliminare la morte, allontanandola sempre di
pi, rifiutando la sua esistenza, dimenticando che siamo mortali ( vedi The lady
and the raper video) . Negli ultimi decenni si consolidato, un ideale dominante
secondo il quale la nostra vita debba essere prolungata in una condizione di benessere
e di piacere e quindi la malattia, il dolore e la morte debbano essere rifiutati in quanto
privi di senso in una societ impostata sul principio del piacere e della giovinezza
protratta. In tale contesto culturale e sociale appare sempre pi difficile per i parenti
prestare aiuto ai malati inguaribili al momento del decesso. Sicuramente
laccettazione della morte sempre stata un problema: chi vivo si identifica con
difficolt in un morente. Ma se anche il significato spirituale e simbolico della morte
di una persona assume per la societ in cui vive una connotazione innaturale, estranea
al ciclo della vita, allora la distanza tra chi muore e chi lo circonda rischia di divenire
incolmabile. essenziale poter dare a ciascuno la possibilit di ricevere cure di
elevata qualit e di morire in modo dignitoso, senza dolore e altri sintomi
intollerabili. A tale proposito, alla base dei principi ispiratori delle cure palliative, vi
sono il rispetto del principio di autonomia del malato e la considerazione dei valori
etici e degli usi sociali delle persone che affrontano una grave malattia progressiva.
Di conseguenza, il coinvolgimento dei pazienti nelle scelte che riguardano la cura
della loro malattia rappresenta uno degli obiettivi principali delloperato di chi
somministra le cure palliative.
Vi sono invece evidenze di come nel mondo, e in particolare in Italia, troppi malati
muoiano, troppo spesso in ospedale, senza conoscere la diagnosi della malattia da cui
sono affetti n la prognosi correlata. Da uno studio condotto sul territorio nazionale
risultava che solo il 13% delle persone che muoiono di cancro ha ricevuto
informazioni sulla prognosi (Costantini, Morasso, Montella et al. 2006). Altrettanto
vero che indagini retrospettive eseguite attraverso interviste a parenti di malati
deceduti indicano che, al contrario di quanto accaduto, la sede desiderata dai pazienti
per trascorrere le ultime fasi della vita fosse la casa e non lospedale.
Sono ancora numerosi gli ostacoli che medici e infermieri incontrano nella
comunicazione della diagnosi o delleventuale progressione di malattia: il timore di
ferire inutilmente la persona malata; la paura di vivere angosce e sentimenti di
impotenza difficilmente gestibili; la percezione che il tempo sia sempre troppo
limitato per discutere di temi difficili che provocano sofferenza; la convinzione che la
competenza di alcune figure professionali riguardi solo la componente organica della
malattia e non quella emozionale o psicosociale, demandate invece interamente a
esperti come psicologi e psichiatri..

Il lavoro di quipe

La complessit dei bisogni del malato terminale e della famiglia, incluso il supporto
durante il lutto, richiedono lintervento integrato in quipe di diverse figure
professionali competenti: infermieri, medici, fisioterapisti, psicologi, assistenti sociali
e spirituali. Cio una risposta altrettanto complessa. Lquipe un luogo di
confronto e di conforto dove i diversi professionisti che ne fanno parte, discutono e
prendono decisioni, si pongono obiettivi, si calano sui bisogni del malato e della
sua famiglia, riaggiornandoli, soprattutto perch in questi malati le condizioni
cambiano velocemente e gli interventi pertanto, devono essere rimodulati.

Nellambito del gruppo di lavoro la riunione dquipe riveste particolare importanza


in quanto espressione concreta della multiprofessionalit quale elemento cardine
della medicina bio-psico-sociale e consente di concentrare la lettura del problema
assistenziale della relazione di cura tenendo conto di alcune variabili fondamentali:
- approccio globale alla persona e alla famiglia
- confronto tra obiettivi-interventi-finalit e tempo per la realizzazione (terminalit
della persona che soggetto della cura)
- continuit delle cure in un dialogo tra i differenti setting operativi e
contestualizzazione del piano di cura con diretto riscontro di congruenza per
differenziare il perseguimento reale o ipotetico di un obiettivo.
- Identificazione del paziente come soggetto vivo e non oggetto di studio-
pianificazione
- Identificazione della famiglia come soggetto integrante il processo di cura e
direttamente coinvolta nelle scelte assistenziali da attuarsi ( ruolo cruciale del care
giver nel processo decisionale)
- Rapidit nella formulazione della diagnosi ( da parte di ogni professionista per
giungere ad un quadro globale della situazione)
- Pianificazione della terapia (approccio terapeutico) e cure efficaci (appropriatezza)
- Miglioramento degli interventi in quanto coordinati

Unappropriata conduzione della riunione dquipe consente di migliorare la


comunicazione tra:
- Paziente-operatori sanitari
- Care giver-operatori sanitari
- Paziente famiglia
- Paziente-famiglia-operatori sanitari
- Operatori sanitari-operatori sanitari (implemento della qualit rispetto
allorganizzazione dellassistenza e condivisione degli obiettivi attraverso
lapplicazione della modalit di lavoro per obiettivi)

I setting assistenziali

Se lquipe il luogo di risposta ai bisogni complessi del malato e della sua famiglia
dal punto di vista assistenziale, la Rete lo , dal punto di vista organizzativo. La
Rete costituita dallassistenza al domicilio, in Hospice, in ambulatorio. Le cure
pertanto, possono essere realizzate al domicilio se il paziente lo desidera e la
famiglia, supportata adeguatamente, pu diventare parte integrante dellassistenza;
possono inoltre essere realizzate in ospedale e in strutture di ricovero specializzate,
chiamate hospices. Hospice il termine anglosassone che indica non solo un luogo
ma soprattutto un approccio, quello delle cure palliative. Di fatto le cure palliative
nascono in Gran Bretagna nella seconda met del Novecento a opera di Cicely
Saunders, una giovane donna dellalta borghesia inglese che, in seguito alle sue
esperienze prima come infermiera e poi come assistente sociale in ospedali del
Regno Unito, decise di occuparsi attivamente della cura dei pazienti inguaribili. Dopo
avere conseguito la laurea in medicina, la Saunders, grazie allimpiego di fondi
privati, fond e attiv nel 1967 a Londra il St. Cristophers hospice, la prima struttura
residenziale per lassistenza gratuita dei pazienti in fase terminale. Questa esperienza
di integrazione tra organizzazione del settore privato sociale e servizio sanitario
pubblico fu di riferimento per il movimento degli hospices nei Paesi anglosassoni e in
seguito in altre parti del mondo. Lintuizione di Cicely Saunders stata quella di aver
capito che le persone che si trovavano in condizione di terminalit avevano dei
bisogni DIVERSI da quelli delle persone che guarivano dopo un evento acuto. Era
quindi necessario, assisterli con altri occhi, cambiare lo sguardo dal malato acuto
al malato terminale era per loperatore sanitario un imperativo se si voleva
rispondere alla complessit dei bisogni di questi malati.
Modelli assistenziali
La caratteristica comune dei modelli assistenziali di cure palliative, sviluppati in
tempi diversi in tutto il mondo, riassumibile nel concetto di presa in carico globale
del paziente da parte di una quipe multiprofessionale e interdisciplinare allo scopo
di poter rispondere a bisogni specifici e differenziati in campo medico,
infermieristico, psicologico, spirituale e sociale.
Allo stesso tempo, unaltra caratteristica delle cure palliative lattenzione nei
confronti di quelle persone, familiari o amici, che si prendono cura (caregivers) del
malato e che rappresentano il cosiddetto supporto informale. La persona pi vicina e
importante per il paziente, e che diviene il principale interlocutore per il team di cure
palliative, viene definita caregiver primario. Lindividuazione dei bisogni del
caregiver comprende, nel rispetto assoluto della volont del paziente, unadeguata
informazione circa la diagnosi, la storia naturale e la prognosi della malattia. Questo
indispensabile per assicurare la qualit dellassistenza, per aiutare il paziente ad
affrontare scelte di carattere medico, sociale e personale, per alleviare paure
immotivate e attenuare lansia che deriva dallincertezza. La rete di supporto
informale si assume lonere di molte funzioni di assistenza domiciliare, dalla cura
della persona alla gestione dei farmaci, che vanno a sommarsi alle altre attivit
relative al vivere quotidiano. Spesso chi assiste un malato deve rinunciare o
ridimensionare i suoi impegni lavorativi con conseguente mancato guadagno e
modificazione del suo ruolo sociale. Vi evidenza di come i caregivers abbiano un
rischio elevato di incorrere in disturbi psicologici di tipo depressivo di diversa entit,
sindromi ansiose, disturbi del sonno e calo ponderale. I caregivers pi anziani, per la
loro maggiore fragilit, hanno un rischio aumentato di morbilit e mortalit.
Lidentificazione di categorie di caregivers ad alto rischio di tipo sia psicosociale sia
medico consente alle quipes di cure palliative di sviluppare un piano di assistenza
volto a evitare la perdita del sostegno fondamentale svolto dal sistema informale,
senza il quale qualsiasi assistenza domiciliare non potrebbe essere svolta. Il piano di
supporto al caregiver deve completarsi con un piano di assistenza durante la fase del
lutto, perch tale esperienza associata ad alto rischio di malattia depressiva e a
unalta mortalit.
.
Quadro normativo
In Italia le cure palliative sono diventate tema di discussione di attualit dopo
lapprovazione del Piano sanitario nazionale (1998-2000) che, al fine di tutelare la
salute dei soggetti deboli, individuava come prioritaria lassistenza alle persone che
affrontano la fase terminale della vita, indicando le azioni da privilegiare, quali il
potenziamento dellassistenza medica e infermieristica a domicilio, il potenziamento
degli interventi di terapia palliativa e antalgica e la realizzazione degli hospices. In
quel periodo erano gi operanti esperienze spontanee di cure palliative di tipo
prevalentemente domiciliare, erogate e finanziate da organizzazioni di volontariato e
non lucrative del settore privato-sociale. Queste esperienze hanno rappresentato una
prima risposta della societ civile ai bisogni di pazienti in fase terminale e hanno
indicato la via da perseguire nello sviluppo di una rete assistenziale di cure palliative.
In considerazione del fatto che la sola attivit del settore privato-sociale non poteva
soddisfare le richieste di una grande utenza di malati, le istituzioni sanitarie italiane
hanno cominciato, ad approntare un piano strategico per colmare un vuoto
assistenziale molto vasto. La pubblicazione del programma nazionale per la
realizzazione di strutture per le cure palliative, del 28 settembre 1999 (Gazzetta
ufficiale n. 55 del 7 marzo 2000), e del decreto ministeriale recante i requisiti
strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per i centri residenziali di cure
palliative, del 20 gennaio 2000 (Gazzetta ufficiale n. 67 del 21 marzo 2000), ha
quindi consentito alle Regioni di creare le unit di cure palliative, composte da
medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali e operatori sociosanitari. Secondo le
indicazioni contenute nellaccordo della Conferenza unificata Stato e Regioni del 19
aprile 2001, la rete di assistenza ai pazienti terminali costituita da unaggregazione
funzionale e integrata di servizi distrettuali e ospedalieri, sanitari e sociali che eroga
le cure in diversi ambiti.
Lobiettivo era quello di gestire in modo unitario, da parte dellunit di cura, il
sistema di rete e di garantire ai malati e alle loro famiglie una continuit terapeutica e
assistenziale attraverso lospedale, lassistenza domiciliare e lhospice. Le esigenze di
elevata personalizzazione dellassistenza rendono necessarie strutture di piccole
dimensioni con numero limitato di posti letto.
Nella primavera 2008, al termine della legislatura, lallora ministro della Salute Livia
Turco firm il decreto ministeriale che prevede linserimento delle cure palliative
domiciliari e residenziali nei nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) per la
popolazione italiana. Secondo tali indicazioni, dovr essere garantita la continuit
assistenziale ai pazienti seguiti a domicilio attraverso la programmazione degli
interventi per tutti i giorni della settimana e la pronta disponibilit medica nelle 24
ore. Gli hospices vengono definiti come centri specialistici, in cui medici, infermieri e
operatori tecnici hanno competenze specifiche in relazione agli obiettivi che il piano
assistenziale si prefigge nei confronti del malato e della famiglia.
La conclusione di questo percorso legislativo, ha visto lapprovazione unanime, della
Legge 38/2010 che costituisce larchitettura delle cure palliative in Italia. Di fatto
la Legge 38 Disposizioni per garantire laccesso alle Cure Pallaitive e alla
terapia del dolore da indicazioni precise per lo sviluppo delle Cure Palliative
attraverso la Rete, la formazione, e lorganizzazione dei setting. (STUDIARE
BENE LA LEGGE 38). Successivamente, a luglio del 2012, laccordo Stato
Regioni, ha sancito le indicazioni per lapplicazione della suddetta legge in modo
uniforme su tutto il territorio nazionale. In tempi diversi, le Regioni hanno recepito le
indicazioni per la costituzione delle Reti Locali di Cure Palliative e per la
implementazione della Legge.
I punti salienti della legge possono essere cos riassunti:
a) Lobbligo per i professionisti sanitari (medici e infermieri) di rilevare,
misurare e monitorare nella cartella clinica il dolore dei malati affetti da una
qualsiasi condizione morbosa. Il dolore diviene quindi un parametro vitale
paragonabile ad altri quali la pressione arteriosa e la temperatura corporea.
b) Listituzione di due reti distinte di strutture sanitarie e di professionisti: una per le
cure palliative, laltra per la terapia del dolore. Tali strutture metteranno in
connessione diversi centri specializzati in questo tipo di cure, formando delle figure
professionali specifiche. Questa distinzione appare assai importante in quanto le
competenze dei professionisti e gli obiettivi delle cure palliative non coincidono
necessariamente con quelli della terapia del dolore.
c) La legge prevede una semplificazione e una facilitazione della prescrizione dei
farmaci oppiacei non iniettabili. I medici del sistema sanitario nazionale e i medici
di medicina generale potranno prescrivere questo tipo di farmaci con la semplice
ricetta del Servizio sanitario nazionale.
d) Al fine di ridurre le disparit in termini di costi e di qualit delle cure attualmente
presenti tra le diverse Regioni, la legge prevede unomogeneit delle tariffe per le
cure palliative su tutto il territorio nazionale.
e) Sar rafforzata lattivit dei comitati Ospedale senza dolore, istituiti
dallomonimo progetto ministeriale del 2001, per iniziative di tipo formativo e
operativo sulla terapia del dolore in ambito ospedaliero e territoriale. Inoltre
prevista listituzione di master professionali per i professionisti impegnati nelle cure
palliative e la terapia del dolore.
f) La legge introduce infine la definizione del diritto per i pazienti minori di 18 anni
di ricevere a livello domiciliare assistenza relativa alle cure palliative e alla terapia
del dolore, primo provvedimento normativo di questo genere a livello mondiale.

Non solo cure di fine vita, anche simultaneous care


Come gi descritto, le cure palliative intendono migliorare la qualit della vita, e
possono anche influenzare positivamente il decorso della malattia. Sono applicabili
precocemente nel corso della malattia, insieme ad altre terapie come la
chemioterapia e la radioterapia, e comprendono quelle indagini diagnostiche
necessarie a meglio comprendere e trattare le complicanze cliniche causa di
sofferenza.
essenziale distinguere le cure palliative dalle cure di fine vita nel senso che, le cure
di fine vita si riferiscono alla presa in carico del paziente nel periodo strettamente
legato allevento della morte (settimane, giorni, ore). Le cure di fine vita non sono le
cure palliative, ma queste ultime comprendono le cure della terminalit. Questo
grande equivoco provoca pesanti errori in merito alla definizione dei criteri di
eleggibilit, dei bisogni e delle modalit con cui offrire risposte adeguate.
La storia delle malattie viene tradizionalmente suddivisa in una fase diagnostica, in
una fase terapeutica caratterizzata dalle cure specifiche, che hanno come obiettivo
principale la guarigione e quindi la sopravvivenza del paziente, e, in caso di
insuccesso di queste ultime, in una fase terminale delle cure palliative, che hanno
come obiettivo la qualit della vita residua del paziente. Secondo questa concezione
schematica le cure palliative devono quindi intervenire al momento della
formulazione di una prognosi di malattia terminale, successiva al trattamento con
cure specifiche ( si veda slide del modello tradizionale di cure pallaitive). La
conseguenza di questo approccio si manifesta abitualmente come una brusca
discontinuit nella storia assistenziale del paziente, che si sente improvvisamente
abbandonato dallquipe di medici che fino a quel momento laveva in cura e affidato
a nuove e quindi sconosciute figure mediche e infermieristiche, con cui stabilire una
nuova relazione di cura. Unaltra conseguenza consiste invece nella mancanza o nel
ritardo di affidamento del paziente alle cure palliative a causa di una difficolt da
parte dei medici oncologi e altri curanti come nefrologo, cardiologo ecc. nel caso
delle malattie croniche non oncologiche, a formulare una prognosi di malattia
terminale.
.
La consapevolezza che anche malati che non si trovano vicini al decesso hanno
bisogni complessi che potrebbero beneficiare di un approccio di presa in carico
globale ha spinto la medicina contemporanea a estendere lapproccio delle cure
palliative alle fasi pi precoci delle malattie, cercando di assicurare in tal modo
unassistenza globale per i malati. Una nuova visione delle cure palliative, definita
simultaneous care (vedi slide simultaneous care) tende a integrare queste cure in
maniera incrementale in base al decorso di ciascuna malattia. Deve essere sempre pi
sviluppato e utilizzato il concetto secondo il quale le cure palliative sono un
intervento che pu essere offerto durante tutto il percorso clinico, quindi anche
durante le fasi nelle quali vengono praticate cure specifiche della malattia di base
(chemioterapia, radioterapia, terapie biologiche), per rispondere ai problemi dei
malati.
E noto come lapproccio palliativo, possa essere utile anche alle malattie a carattere
cronico-degenerativo non neoplastiche, anche esse, caratterizzate infine da una serie
di bisogni specifici tali da richiedere lintervento palliativo. Si tratta, infatti, di
malattie inguaribili che, contrariamente a quelle oncologiche, nelle quali la durata
della fase terminale risulta prevedibile con buona approssimazione, hanno un decorso
imprevedibile che pu comunque durare anni, con periodici peggioramenti oppure
con un progressivo deterioramento delle funzioni di pi organi. Le malattie croniche
di frequente sono presenti contemporaneamente nello stesso malato e per questo
motivo si sommano nel causare problemi che incidono profondamente sulla qualit
della vita (vedi traiettorie di malattia).
Come conseguenza ne deriva la considerazione che esiste una reale difficolt a
determinare con ragionevole attendibilit la prognosi a breve-medio termine in
pazienti affetti da patologie croniche in fase terminale. Laccuratezza predittiva per
una malattia terminale risulta ancora pi difficile nei pazienti anziani, che
rappresentano il target privilegiato delle cure palliative. Questi pazienti presentano
infatti contemporaneamente molteplici problemi clinici, per es. la comparsa di una
grave malattia cardiologica in un soggetto affetto da demenza senile o linsorgenza di
una neoplasia in un malato con nefropatia cronica. In questi casi non agevole
stabilire per quale malattia un soggetto possa essere definito in fase terminale. Per
pazienti cos complessi si ritiene pertanto opportuno utilizzare sistemi di valutazione
che integrino le informazioni provenienti dagli specialisti delle varie problematiche
cliniche, cognitive e sociali, attraverso luso di strumenti affidabili, quali le scale
validate per stimare il livello di autosufficienza e di comorbilit. evidente che si
tratta di un processo complesso, che deve inoltre permettere di osservare levoluzione
delle condizioni del paziente e la risposta ai trattamenti, avvalendosi di diverse figure
coinvolte nellassistenza. Laspetto critico per tali pazienti appunto costituito dalla
difficolt di identificare un referente unico che sia capace di gestire il paziente (case
manager) nel suo percorso assistenziale, che potrebbe essere il medico di medicina
generale, lo specialista di una delle specifiche patologie di cui il paziente affetto, il
geriatra o il team di cure palliative.
In Italia un importante passo avanti si fatto in questo senso tra le diverse societ
scientifiche e la Societ Italiana di Cure Palliative per la presa in carico in cure
palliative anche di pazienti terminali non oncologici essendo il risultato de tale
consenso il documento sulle Insufficienze dorgano end stage. (vedi
documentazione di approfondimento)
In conclusione, le cure palliative e la medicina palliativa, che costituiscono,
rispettivamente, una modalit assistenziale e una branca della medicina nate
nellambito della cura delle fasi estreme della vita, vedono applicati i loro modi
operativi e i loro principi in ambiti clinici sempre pi ampi e per il trattamento di
numerose malattie, comprese, ma non solo, quelle neoplastiche. La realizzazione
degli obiettivi delle cure palliative richiede che esse siano accessibili e applicate in
modo uniforme nel nostro Paese e contemporaneamente che siano avviati specifici
percorsi formativi in questo campo.
LOMS ha definito le Cure palliative come segue:
Le cure palliative sono la cura attiva, globale e multidisciplinare dei pazienti affetti
da malattia non pi responsiva a trattamenti specifici e di cui la morte la diretta
conseguenza. Il controllo del dolore, degli altri sintomi e dei problemi psicologici,
sociali e spirituali di fondamentale importanza. Lo scopo delle cure palliative
rivolto al raggiungimento della miglior qualit di vita possibile sia per il paziente che
per la famiglia (intesa come rete relazionale di riferimento).

Ambito di applicazione delle Cure Palliative:


ci si riferisce a persone portatrici di patologie evolutive e d irreversibili, definita dai
seguenti criteri :
criterio terapeutico: assenza o esaurimento di trattamenti curativi specifici
criterio sintomatico: presenza di sintomi invalidanti che comportino una riduzione del
performance status (uguale o < 50 della scala Karnofsky)
criterio evolutivo: rapida evolutivit della malattia con imminenza della morte in
genere entro 3 mesi (rispetto a questo punto si tende a sottolineare come esiste una
forte interdipendenza tra i progressivo agire della medicina attiva e il conseguente
incremento dellattivit palliativa con possibilit di compresenza integrata in fasi
precedenti alla terminalit suddetta, al fine da ottimizzare la presa in carico sia per
quanto concerne gli aspetti relazionali che clinici ed organizzativi rispetto al
mandato-obiettivo della continuit delle cure)

Barriere e problemi delle cure palliative

Nonostante tutta la medicina professi lattenzione per la qualit di vita interamente


intesa, pur vero che la grande attenzione della medicina attiva e di supporto
comunque rivolta alla guarigione della persona e non allaccompagnamento durante il
processo evolutivo della malattia e conseguente morte.
Tale pensiero, se distorto, porta ad individuare lazione delle Cure Palliativa come la
medicina dei buoni sentimenti, senza considerare la complessa situazione che
riguarda la condizione clinica dei soggetti in cura per quanto concerne il controllo
della sintomatologia primaria e secondaria al processo tumorale stesso.
Molto ancora manca rispetto alla conoscenza specifica di questa disciplina che vede
la presenza integrata di una risposta ai sintomi quali espressione di malattia e malattia
in quanto tali, non slegandoli mai dal processo esistenziale che la persona in fasi
terminale si trova a trascorrere. Solo in termini indicativi viene fornito un elenco
delle principali barriere culturali con le quali si ha un quotidiano confronto:
oppiofobia
conflitti con altre discipline mediche
conflitti culturali sul concetto del limite e proporzionalit della cura
a-specificit formativa del personale (carenza di percorsi specifici per gli infermieri)
carenza di studi scientifici e dati epidemiologici
impatto con nuovi modelli culturali.

Il Dolore valutazione e definizione: credere al malato!!!

Esperienza sensitiva ed emotiva spiacevole, associata a reale o potenziale danno


ai tessuti o descritta come tale. Questa definizione, formulata nel 1980
dallInternational Association for the Study of pain (associazione internazionale per
lo studio del dolore), sottolinea il contributo psicologico dellesperienza del dolore. In
ambito di cure palliative questo rimando stato chiaramente approfondito da Cicely
Saunders che ha introdotto il concetto di Dolore Totale. Con questa accezione
lautrice pone laccento alla componente fisica, psichica, sociale e spirituale del
dolore. Questo consente il passaggio dal fatto dorgano al vissuto-malattia meglio
interpretabile con il concetto di sofferenza.
Lesperienza del dolore sempre caratterizzata dalla dimensione personale, dal
significato attribuito alla sofferenza del momento ma anche alle pregresse esperienze
di malattia, pu essere diversamente vissuta anche in relazione a quanto suscitato
dellattribuzione di un significato simbolico di pericolo e minaccia che generalmente
ne aumenta la percezione da parte del malato. In questi casi si aumenta lo stato
dansia e la disponibilit ad una valutazione oggettiva del sintomo stesso.
La stessa attenzione va posta nei riguardi della famiglia che indirettamente risente
della difficolt insita nellesperienza del dolore e malattia e nellambito delle cure
palliative riconosciuta come soggetto attivo del processo assistenziale. Un
controllo accurato del dolore richiede la capacit di sintesi tra efficacia, efficienza,
flessibilit, congruente capacit di definizione delle priorit, empatia oltre che
allutilizzo di specifici strumenti per la valutazione.

Dolore e sofferenza

Quanto sino ad ora esposto fa comprendere come il dolore possa essere ritenuto un
fenomeno complesso, soggettivo che si caratterizza per diverse dimensioni intensit,
qualit, evoluzione, significato personale, vissute in maniera unica da ogni individuo
e quindi con diverso indice di criticit..
Nelle situazioni cliniche acute lattenzione diretta sulla causa, sulla sede,
sullintensit e sullevoluzione temporale del dolore; nelle situazioni di dolore
cronico si deve aggiungere a quanto gi considerato, la valenza dei fattori
psicosociali e comportamentali che incidono e condizionano il grado di rispondenza
tra terapia, trattamento e risultato inteso come beneficio realizzato per il paziente.

Non tutti i dolori provocano sofferenza e la sofferenza espressa come dolore non
sempre origina dal dolore fisico. La sofferenza stata descritta come uno stato
specifico di stress che si verifica quando lintegrit della persona viene minacciata,
dura fino al termine della minaccia o fino a quando lintegrit non ristabilita. Questa
considerazione rimanda in maniera esplicita al pensiero della Saunders ma
indirettamente si ricollega anche al pensiero fondamentale delle teorie del Nursing,
atte a vedere la persona allinterno della concezione olistica della stessa, senza la
dicotomizzazione tra corpo e vissuto. La malattia in ogni sua forma sempre ritenuta
esperienza di vita.
Fornire cure competenti e compassionevoli nel dolore, nella malattia e nelle fasi
terminali della vita al paziente e alla sua famiglia, rappresenta un cambiamento
enorme per la medicina tradizionale: significa porre attenzione alla persona e non
solo alla patologia. Paradigma concettuale di riferimento in risposta al principio della
proporzionalit delle cure. Lattenzione alla persona, lascolto, la comunicazione,
leducazione e tutte le pratiche messe in atto per alleviare il paziente dalla sofferenza,
rappresentano le diverse sfaccettature di un approccio compassionevole al dolore,
quale scambio di significati tra chi si prende cura e chi soffre.

Classificazione del dolore

Nel definire ed identificare il tipo di dolore bisogna far riferimento alla


classificazione del dolore e, cosa fondamentale, necessario tener conto delle
sensazioni del paziente, della sua descrizione del dolore e del suo rapporto con la
sensazione dolorifica, al fine di impostare una terapia mirata e personalizzata secondo
i principi che sono stati sino ad ora esplicitati. Una interpretazione meramente
organicistica del sintomo riduce la possibilit di cura come volutamente intesa
nellambito delle Cure Palliative che, visto la specificit della popolazione affiancata,
non pu esimersi dalla considerazione degli aspetti sociali, spirituali e psicologici
prima riferiti.

In letteratura il dolore viene classificato in base allintensit, alla durata e allorigine.

Intensit: il dolore si distingue in: Lieve, Moderato, Intenso


Questa distinzione fa riferimento esclusivamente allesperienza del paziente, alla sua
percezione del dolore.
Durata: il dolore viene anche distinto in acuto o cronico:
Acuto, ossia che si manifesta improvvisamente, che ha una durata relativamente
breve e indica un pericolo immediato, che, in certi casi, pu minacciare la vita del
paziente stesso (ad esempio il dolore in caso di fratture, il dolore post-chirurgico, il
dolore da infarto, ecc.);
Cronico fa riferimento ad un dolore che persiste da almeno tre mesi; pu anche essere
definito come una situazione, piuttosto che un evento, che compromette la qualit
della vita della persona. Per questo motivo di fondamentale importanza unaccurata
valutazione del dolore, non tanto allo scopo di guarire il paziente, quanto piuttosto
per migliorarne la qualit di vita, in quelle situazioni in cui tale sintomo compromette
la sfera sociale e affettiva del paziente.

Una precisazione particolare merita il dolore oncologico, detto anche dolore cronico
maligno. In questa definizione compaiono due elementi peculiari: il termine
cronico con il quale si fa riferimento ad un dolore insorto da almeno tre mesi, e il
termine malignoche, in base allanalisi fatta, in termini sociologici o scientifici, pu
rispettivamente indicare le sensazioni del paziente (ad esempio odio, depressione,
sconforto, ecc.), o la vera e propria distruzione cellulare ad opera della malattia.

Va da s che lintervento infermieristico si differenzia in modo sostanziale rispetto


alluna o allaltra tipologia di dolore identificata e il piano di impostazione
dellassistenza deve considerare con determinante rilevanza quanto sopra esposto al
fine di un congruente percorso di pianificazione e valutazione dellintervento.

Origine: in base alla causa dinsorgenza il dolore si distingue in superficiale,


profondo, somatico.
Il dolore superficiale solitamente correlato a lesioni dei tessuti e a flogosi;origina
dunque dalla cute, dai muscoli o dalle ossa e loro articolazioni. Viene indicato dal
paziente come un dolore localizzato e descritto come dolente e tormentoso (ad
esempio gli indolenzimenti muscolari e il dolore da artrite).
Il dolore profondo trova origine a livello degli organi interni e di tutte quelle strutture
innervate dal sistema nervoso autonomo; viene indicato come un dolore crampiforme
e quindi non ha una localizzazione netta e definita; spesso associato ad altri sintomi,
quali nausea, vomito, alterazioni del battito cardiaco e della pressione sanguigna ( ad
esempio i dolori mestruali, una colica biliare o i crampi intestinali).
Il dolore somatico, detto anche parietale, origina dal peritoneo; ha una localizzazione
ben precisa e ne un esempio il dolore in corso di appendicite acuta.

Dallanalisi delle definizioni e classificazione del dolore, emerge chiaramente come


laspetto basilare sia la sua soggettivit. Nel momento in cui ci si approccia ad una
persona che prova dolore, fondamentale considerare una serie di fattori (sociali,
fisici, psicologici, culturali) che influenzano la soglia del dolore del paziente, nonch
il suo rapporto con la malattia, incidendo sulla vita quotidiana. quindi importante
ricorrere a tutti gli strumenti a nostra disposizione al fine di effettuare una valutazione
del dolore se non altro verosimile.

Compreso e classificato il dolore nella sua tipologia si apre la necessit di individuare


la possibilit che linfermiere possiede per valutare, misurare e monitorare
landamento del sintomo l dove necessario e nella misura eticamente accennata per
non cadere nella tentazione di un accanimento/abbandono assistenziale. Il tema della
valutazione del dolore in ambito di cure palliative si apre perci ad una stretta
correlazione con la finalit della tutela della qualit di vita e il conseguente concetto
della qualit della morte.

Con il termine valutazione si indica un processo attraverso il quale si accertano i


caratteri qualitativi o quantitativi relativi a qualcosa o qualcuno; questo concetto
ne richiama altri due di notevole importanza: il concetto di osservazione e di
sorveglianza. Importante la definizione che Mc Caffrey offre a proposito del dolore,
concetto poi ripreso dai membri dei centri di cure palliative come caposaldo della
loro filosofia: il dolore qualsiasi cosa che il paziente afferma che sia, esistente
quando il paziente afferma che esista.
Alla luce di quanto sopra, linfermiere matura un atteggiamento critico (cio con
capacit di discernimento) rispetto allutilizzo degli strumenti di valutazione, la loro
interpretazione e i limiti di applicabilit rispetto al concetto di validit.

Scale di controllo

Secondo le linee guida dellAgency for Healt Care Policy and Research opportuno
valutare attentamente il dolore con strumenti di documentazione specifici che
rendano pi oggettive possibile le conclusioni, riducendo linfluenza di preconcetti
verso il paziente che lamenta dolore.
Gli strumenti di valutazione sono suddivisi in due gruppi: le scale di misurazione, che
consentono di quantificare lintensit del dolore riferito dal paziente; gli strumenti
multidimensionali, che permettono di interpretare, oltre allintensit, anche la
dimensione qualitativa dellesperienza dolorosa attraverso un approccio di raccolta
dati globale.

.
Le scale di misurazione

Questi strumenti rappresentano lintensit del dolore su scale ad intervalli regolari,


ai cui estremi sono riportati i termini assenza di dolore e massima intensit del
dolore.

VAS scala analogico-visiva : tra queste la pi utilizzata, anche se non si tratta della
scala pi esaustiva, proposta da Scott e Huskisson nel 1975. Essa presenta una
struttura molto semplice: consiste in una linea di 10 cm di lunghezza, alle cui
estremit sono riportate le diciture assenza di dolore e dolore della massima
intensit possibile. Nel corso degli anni ne sono state proposte sei diverse versioni,
in alcune delle quali venivano aggiunti dei descrittori numerici o verbali in modo tale
da aiutare il paziente nella scelta della tipologia del dolore. Tra le diverse versioni,
due sono risultate le pi adeguate nel consentire una distribuzione omogenea delle
risposte: la VAS senza descrittori di alcun tipo, e la versione con descrittori verbali tra
loro molto simili.
Viene chiesto al paziente di indicare sulla linea il punto in cui ritiene di collocare il
dolore avvertito. Il punteggio viene dunque calcolato misurando i segmenti con un
righello e annotando la distanza tra lestremit e il punto indicato.
Vantaggi: evita qualsiasi disagio a quei pazienti che, per motivi fisici, psichici o
culturali, non sono in grado di utilizzare altre scale o non ne comprendono le
modalit di applicazione; risulta uno strumento agevole sia per la semplicit della
procedura di compilazione, sia per il tempo richiesto per lesecuzione e la lettura. In
ogni caso risultano pi semplici, per la facilit della somministrazione, quelle dotate
di indicatori numerici poich possono essere presentati sia in forma scritta che orale.
Svantaggi: deve necessariamente essere presentata visivamente al paziente; quindi
necessita di un supporto cartaceo, che ne limita lutilizzo a quelle persone con deficit
visivi, cognitivi o fisici. Inoltre i pazienti che si trovano in uno stato avanzato della
malattia e particolarmente debilitati, non sempre hanno la forza di collaborare nella
compilazione della scala.

Dolore della
Assenza massima
di dolore intensit possibile

NRS (Numeric Rating Scale), ovvero la scala di valutazione numerica, viene


utilizzata con tre diverse possibilit di scelta: da 0 a 5, da 0 a 10 oppure da 0 a 100; lo
0 indica in ogni caso lassenza di dolore, mentre il valore massimo indica il peggior
dolore provato. Il paziente invitato ad indicare, verbalmente o graficamente, il
numero che secondo lui meglio indica lintensit del dolore provato.
Vantaggi: facilmente utilizzabile, sia per il paziente che per il personale
infermieristico, e consente una rapida interpretazione dei dati; pu essere inoltre
sottoposta ai pazienti sia in forma scritta che in forma orale, consentendo cos il suo
impiego anche per quelle persone con particolari problemi (ad esempio i non
vedenti), o per coloro che non comprendono la lingua italiana, o che semplicemente
utilizzano solo idiomi dialettali.
Infine facilmente proponibile a quei pazienti seguiti al proprio domicilio: infatti
possibile valutare lo stato fisico del paziente o la progressione della malattia,
ricorrendo ad una semplice telefonata.
Svantaggi: semplice cadere in errore traducendo la sensazione dolorosa in un
numero; il rischio maggiore quello di semplificare o banalizzare la sensazione
provata dal paziente.

VRS (Verbal Rating Scale), o scala di valutazione verbale, utilizza un numero


variabile di aggettivi che descrivono lintensit del dolore; gli aggettivi possono o
meno essere connessi ad una scala numerica. Anche in questo caso al paziente si
chiede di indicare, verbalmente o graficamente, laggettivo che meglio indica
lintensit del dolore avvertito.
Vantaggi: di facile utilizzo poich pu essere proposta anche verbalmente.
Svantaggi: poco sensibile, essendo costituita da 3 o 4 intervalli tra i due estremi, i
quali impediscono di utilizzare descrizioni intermedie.

indicare sul disegno le zone investite dal dolore (ci implica lintegrit dellapparato
visivo e cognitivo del paziente).

BPQ: Questionario Breve Relativo al Dolore


Si serve della semplicit della scala di intensit numerica (da zero a dieci) applicata
in questo caso a delle domande relative allesperienza del soggetto nellambito della
sensazione dolorosa, allo scopo di descrivere la prevalenza, lintensit e limpatto del
dolore nellesperienza e nelle attivit della persona sofferente.

IL Lutto
Note

LE FASI DEL MORIRE:


E. Kubler Ross (dal testo La morte e il morire, Cittadella Assisi)

La prima autrice ad affrontare questa tematica stata E. Kubler Ross che ormai
diventata punto di riferimento obbligatorio per coloro che si accingono ad
approfondire la tematica del processo del vivere e del morire.
Lautrice identifica cinque fasi o stadi che sottolineano non essere n obbligatorie n
sequenziali ma si ritrovano con grande frequenza nello studio dei vissuti della
persona morente.

Negazione della realt e incredulit


Rivolta: Perch proprio a me?
Patteggiamento (o mercanteggiamento). Lammalato pronto a fare compromessi
(.); contratta con Dio perch gli sia concessa un po pi di vita o promette un buon
comportamento se gli verranno risparmiate alcune sofferenze
Depressione e isolamento Lammalato si strugge per ci che ha perso o perder,
diminuisce il suo interesse per il mondo esterno e, in silenzio, attraversa la fase del
dolore preparatorio. Comincia la separazione emotiva dalle persone, dagli oggetti,
dalle attivit mentali. Vengono limitate le relazioni interpersonali come espressione di
un abbandono prematuro della speranza.
Accettazione Il morente affronta serenamente la realt. E una forma di maturit
psichica e spirituale raggiungibile da credenti e non credenti a condizione che non
vengano oppressi da forme di eccesso di terapie o relazionale.

Lautrice, nel suo testo La morte e il morire, pone in risalto che non tutti i morenti
attraversano i cinque stadi o fasi psicologiche nellordine descritto, non tutti arrivano
al grado di elaborazione del proprio morire che si esprime nellaccettazione e le fasi
possono essere caratterizzate anche dalla regressione a stadi precedenti.

Le paure che affliggono il malato terminale

Paura della morte e dellignoto: una paura definita naturale in quanto il non
conosciuto spaventa luomo a prescindere dalla sua natura, la paura della morte
ovviamente acutizza questo stato essendo caricata da tutta la valenza che nota. I
meccanismi di difesa (dalla rabbia alla negazione ect..) sono da ritenersi normali
strategie che lindividuo pone in atto per fronteggiare quanto di drammatico lo sta
coinvolgendo e sul quale non ha potere di controllo. Talune persone si vergognano di
manifestare questa paura, per differenti ragioni, tra le quali il venir meno della loro
dimensione fideistica. La paura del morire legata anche allimmaginario
difficilmente ricostruibile in quanto assente di testimoni, vi la paura di soffrire, di
provare dolore che sono solo parte dellespressione pi piena della paura del morire.
Le fasi di adattamento possono essere caratterizzate da picchi di depressione dovuti
allestrema difficolt del vissuto che ciascuno chiamato a fronteggiare.

Paura della perdita del proprio corpo: riguarda la paura relativa alla perdita della
propria immagine e della propria integrit in quanto il corpo non percepito come un
appendice ma come parte integrante del s. Vi la vergogna del presentarsi agli
altri, la possibile non accettazione di menomazioni o deformazioni secondarie alla
malattia o primarie della stessa, la difficolt di gestire protesi esterne o lessere
portatori di cateteri e/o stomie. La fragilit dellesistenza vissuta e percepita
attraverso la fragilit del corpo con forte rimando al sentimento della perdita.

Paura della perdita dellautocontrollo e della regressione: in questo caso si amplifica


la paura del non essere in grado di sopportare e tollerare gli aspetti dolorosi della
sofferenza e dei trattamenti sino ad essere terrorizzati dalla possibile alterazione dello
stato di coscienza e quindi incapacit a mantenere il controllo.

Paura della solitudine e del rifiuto: si matura in questa fase la paura dellessere
rifiutati perch spiacevoli o sgradevoli da accettare (implementato da eventuali forme
di menomazioni o presenza di lesioni deturpanti e/o maleodoranti), dellessere
abbandonati dagli altri e in contemporanea si vive il senso di rifiuto verso i contatti
umani perch dolorosi. Si instaura un difficile rapporto tra il desiderio della
compassione e il rifiuto della stessa, il bisogno di conforto e la volont di non vedere
gli altri soffrire.

Paura della perdita dei familiari e amici si matura qui il sentimento della paura del
distacco, del lasciare ci che di significativo ci appartiene e al quale apparteniamo ( si
ricordi come il senso di appartenenza sia tappa significativa nella strutturazione della
propria identit, sin dalla primissima infanzia). Da un lato si vorrebbe rendere
significativo ogni singolo istante della propria esistenza, dallaltro ci si rifugia in uno
stato di isolamento emotivo e relazionale. Si parla di dolore anticipatorio per il taglio
dei legami che sono simboli di sicurezza e di identit.

Qualit di vita

LOMS ha definito la Qualit di Vita come la percezione soggettiva che un


individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di
un insieme di valori nei quali egli vive e si riconosce, anche in relazione ai propri
obiettivi, aspettative e preoccupazioni. In modo pi pragmatico ed operativo, la
Qualit di Vita pu essere descritta da una serie di aree o dimensioni dellesperienza
umana che riguardano non solo le condizioni fisiche ed i sintomi, ma anche la
capacit di un individuo di funzionare dal punto di vista fisico, sociale, psicologico e
di trarre soddisfazione da quanto fa, in rapporto sia alle proprie aspettative che alla
propria capacit di realizzare ci che desidera.
Calman lha definita come il gap tra le aspettative / desideri del malato e le sue
condizioni reali indicando che inversamente proporzionale a tale divario. Pi
ampio il divario e minore sar la qualit di vita. In questo senso gli operatori si
devono impegnare nel modificare quello che modificabile per attenuare questo
divario. In altre parole, se le condizioni reali non sono modificabili (ad esempio non
si pu guarire n controllare la malattia, bisogner lavorare per la riduzione delle
aspettative)
(ricordare Calmans gap )

Alcune considerazioni etiche/deontologiche: infermiere e cure palliative

Nel profilo professionale dellinfermiere (D. M. 14 settembre 1994, n. 739) si legge:


Lassistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa.

Nel Codice deontologico dellInfermiere 1999:


4.14 Linfermiere si attiva per alleviare i sintomi, in particolare quelli prevenibili.
4.15 Linfermiere assiste la persona, qualunque sia la sua condizione clinica e fino al
termine della vita, riconoscendo limportanza del conforto ambientale, fisico,
psicologico, relazionale, spirituale. Linfermiere tutela il diritto a porre dei limiti ad
eccessi diagnostici e terapeutici non coerenti con la concezione di qualit della vita
dellassistito.
4.16 Linfermiere sostiene i familiari dellassistito, in particolare nel momento della
perdita e nella elaborazione del lutto.
4.17. Linfermiere non partecipa a trattamenti finalizzati a provocare la morte
dellassistito, sia che la richiesta provenga dallinteressato, dai familiari o da altri.

Codice Deontologico dellInfermiere 2009:


art. 8: se richiesta una attivit contro i propri principi etici, si avvale della clausola
di coscienza..
art. 9: operare con prudenza per non nuocere
art. 16: attenzione a dilemmi etici e promozione ricorso alla consulenza
art.34: Linfermiere si attiva per prevenire il dolore e alleviare la sofferenza. Si
adopera affinch lassistito riceva tutti i trattamenti necessari;
art.35: Linfermiere presta assistenza qualunque sia la condizione clinica e fino al
termine della vita dellassistito, riconoscendo limportanza della palliazione e del
conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale, spirituale;
art.36: Linfermiere tutela lattivit dellassistito di porre dei limiti agli interventi che
non siano proporzionati alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione da lui
espressa della qualit della vita;
art.37: Linfermiere, quando lassistito non in grado di manifestare la propria
volont, tiene conto di quanto da lui chiaramente espresso in precedenza e
documentato;
art.38: Linfermiere non attua e non partecipa a interventi finalizzati a provocare la
morte, anche se la richiesta proviene dallassistito;
art.39: Linfermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento dellassistito, in
particolare nella evoluzione terminale della malattia e nel momento della perdita e
della elaborazione del lutto

Considerazioni
Nel Decreto 14 settembre 1994, n. 739 (profilo professionale dellinfermiere) si
riscontra che lassistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa
di natura tecnica, relazionale, educativa di estrema importanza in quanto il profilo
professionale considerato uno dei riferimenti normativi pi significativi per la
professione infermieristica ed la prima volta che nella normativa relativa allattivit
infermieristica si riscontra un riferimento alle cure palliative.
Il codice deontologico fonte di riferimento in quanto riconosce limpegno
dellinfermiere nell alleviare i sintomi assistendo la persona qualunque sia la sua
condizione clinica e fino al termine della vita. Afferma inoltre la contrariet degli
infermieri verso le cure sproporzionate e introduce i concetti di qualit di vita,
autonomia della persona, diritto allinformazione, coinvolgimento di familiari,
principi fondamentali nelle cure palliative. Afferma inoltre il ruolo dellinfermiere nei
confronti dei familiari, in particolare nel momento della perdita e nella elaborazione
del lutto.

Lapproccio palliativo al trattamento dei sintomi correlato alla rivalutazione


degli obiettivi assistenziali e alla progettualit del paziente fortemente in
relazione al grado di consapevolezza del proprio stato di malattia. Gli obiettivi di
cura (intesa come to care) devono perci essere condivisi con il paziente
dallintera quipe assistenziale al fine di mantenere il significato primo e la
finalit della relazione terapeutica stessa. La pratica infermieristica si avvale di
tutti gli elementi propri della clinica, delle conoscenze di specifica competenza e
degli strumenti infermieristici specifici incluso il costante monitoraggio della
situazione globale della persona assistita, sulla base di bisogni complessi e
mutevoli nel tempo, posizionandosi non solo sul saper fare ma soprattutto sul
saper essere .

Riferimenti.
Dispense di Macaela Lo Russo
Claudio Cartoni Medicina e Cure Palliative
Luciano Orsi Note seminari e convegni diversi
Saiani e Brugnoli Trattato di Cure Infermieristiche
Codice Deontologico dellInfermiere
Enciclopedia Trecani

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