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Il rito matrimoniale Rom

Il matrimonio ha una valenza sociale fondamentale, il momento in cui la donna transita nella famiglia del marito. Nelle comunit
Kosovara il rito matrimoniale ha durata di tre giorni, si caratterizza per banchetti, musica e balli. Dai suggestivi racconti delle
persone che ho intervistato, emerge che si tratta di una festa che coinvolge l'intera comunit, un rito volto a portare alla
conoscenza di tutti la nascita di una nuova famiglia.

Il matrimonio celebrato con rito Rom, non riconosciuto dallo stato Italiano, ma l'unico che conta per la comunit, infatti, da
questo momento che ha inizio la vita matrimoniale.

Tra i Rom Kosovari oramai abituale procedere alla registrazione dell'unione in comune, ma questa ha scarsa rilevanza, una
formalit richiesta dai Gag.

I Rom si sposano una volta raggiunta la pubert, intorno ai 12-15 anni, i maschi possono essere anche pi grandi, ci sono casi,
anche se oggi sempre pi rari, in cui la femmina ha undici anni e il maschio ventitre.

L'et in cui consentito contrarre matrimonio presso i Rom, diversa rispetto a quella prevista dal diritto italiano. In Italia
possibile contrarre matrimonio una vola raggiunta la maggiore et con una sola eccezione, quella del minore emancipato. Una
volta raggiunti i sedici anni, il Tribunale per i Minorenni, su istanza dell'interessato, accertata la sua maturit psico-fisica e la
fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, pu, con decreto emesso in camera di consiglio,
ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni. Questa diversit culturale nella percezione del
matrimonio tra Zingari e Gag si ripercuote su una serie di materie giuridiche, mettendo in luce la diversit tra ordinamento
giuridico Italiano e Zingaro. L'incomunicabilit tra i due sistemi facilmente ravvisabile se cerchiamo di tradurre certe vicende
tipiche della cultura matrimoniale Rom sul piano del diritto italiano.

Il primo problema riguarda la differenza di et per contrarre matrimonio essendo, presso i Rom, consentito contrarlo prima dei
sedici anni.

Se il matrimonio contratto tra due minori che abbiano compiuto tredici anni, e se fra i due la differenza di et non supera i tre
anni, non si pongono problemi poich traducendo la vicenda su piano del diritto penale, trova applicazione l'art 609 quater co.2, il
qual sancisce una causa di non punibilit, al di fuori di questi casi trova applicazione l'art 609 quater che incrimina gli atti sessuali
con minori con pene severissime dai cinque ai dieci anni.

Queste problematiche sono state messe in luce in un recente caso di cronaca riguardante una bambina Kosovara di undici anni,
venduta dalla sua famiglia a un marito ventunenne che l'ha resa madre a dodici anni. L'uomo stato accusato di atti sessuali con
minore e arresto. Questa vicenda stata percepita dalla comunit Rom di Brescia come una prevaricazione dello stato Italiano
sulle proprie tradizioni. Significative sono le parole dichiarate dalla bambina agli agenti: "da noi usa cos". Di fronte a questi eventi
possono realizzarsi presso l'opinione pubblica due diversi atteggiamenti: da una parte il relativismo culturale e dall'altra
l'assolutismo. Da una parte l'atto spiegato riconducendolo a costumi Rom e dall'altro invece in modo, acritico, si percepisce come
una degenerazione dell'animo umano come qualche cosa d'immondo e inaccettabile. La visione relativistica , per me, quella che
deve prevalere quando ci relazioniamo con altre culture. In questa situazione il trauma pi grande, per la bambina, dato
dall'intervento dell'autorit volto a sanzionare un modello di reazioni che trovano radici nel passato.

La questione del riconoscimento del matrimonio Rom, da parte dello stato italiano, una questione che rileva in materia
d'immigrazione, in particolare, al fine di evitare l'espulsione, ai sensi del articolo 19 comma 2 lett. D del D.Lgs 286/98 (novellato da
Corte costituzionale 376/00.). Questa disposizione sancisce il divieto di espulsione di chi sposato con donna in gravidanza. Sulla
vicenda si pronunciata la Corte di Cassazione Sezione I Civile con sentenza del 10 marzo 2006, n. 5220. Il caso riguarda un
cittadino Rom Rumeno D.H nei confronti del quale il prefetto ha disposto con decreto l'espulsione ai sensi dell'art 13.3 let b del
D.Lgs 286/1998 e avverso il quale D.H presenta ricorso al tribunale. Il tribunale accoglie il ricorso adducendo che nel caso di
specie non si pu procedere all'espulsione, in quanto, il ricorrente era sposato, anche se con rito Rom, con donna incinta. Il
prefetto di Pescara presenta ricorso in Cassazione. Questa stabilisce che ai fini dell'espulsione il matrimonio Rom deve essere
registrato nello stato di provenienza. "Gli extracomunitari nomadi che non sono in regola con il permesso di soggiorno non possono
evitare di essere espulsi facendo presente lo stato di gravidanza della moglie sposata con rito 'Rom'". Il tribunale avendo ritenuto
sufficiente per la sussistenza del matrimonio il rito Rom, senza ulteriori accertamenti presso lo stato di origine, ha dato luogo ad
"un'interpretazione irragionevolmente estensiva della norma, a danno dell'interesse nazionale al controllo dell'immigrazione".
Secondo la Suprema Corte, il divieto di espulsione deve essere applicato al "rapporto che di fatto e di diritto possa qualificarsi
come coniugio". La sola "documentazione di matrimonio celebrato con il rito 'Rom'" non sufficiente: il matrimonio "deve trovare il
suo riconoscimento nell'ordinamento giuridico dello Stato di appartenenza".
La Corte Costituzionale nella sentenza nella quale ha esteso il divieto di espulsione anche al marito, ha rilevato che la ratio della
norma sta nell'esigenza di tutelare la salute della donna nel periodo immediatamente susseguente al parto e di proteggere il
rapporto che in tale periodo, necessariamente, si svolge tra madre e figlio. La norma rientra tra quelle che prevedono il divieto di
espulsione dello straniero per ragioni di carattere umanitario che si giustifica, oltre che alla luce delle ragioni sopra addotte, anche
per "l'esigenza di assicurare una speciale protezione alla famiglia in generale, e ai figli minori in particolare, che hanno il diritto di
essere educati all'interno del nucleo familiare per conseguire un idoneo sviluppo della loro personalit". La Corte, infine, rileva
come "il diritto e il dovere di mantenere, istruire e educare i figli, e perci di tenerli con s, e il diritto dei genitori e dei figli minori ad
una vita comune nel segno dell'unit della famiglia, sono ... diritti fondamentali della persona che perci spettano in via di principio
anche agli stranieri".

Il problema che la sentenza della Corte di Cassazione pone se, tutti questi diritti fondamentali debbano riconoscersi a seguito di
un matrimonio non riconosciuto cio, in sostanza, di fronte ad un'unione, solo di fatto, per lo stato Italiano.

La Cassazione ha reputato che, la ratio dell'intervento additivo della Corte Costituzionale dovesse rinvenirsi nell'esigenza di
proteggere e tutelate un matrimonio riconosciuto dall'ordinamento giuridico e non il semplice legame di convivenza fondato su rito
non riconosciuto. Dichiarando di non accettare un'interpretazione estensiva della norma ha sancito una supremazia dell'interesse
nazionale al controllo dell'immigrazione su quello degli affetti, della famiglia, anche se di fatto, e soprattutto ha prevaricato
l'interesse del nascituro a vivere con entrambi i genitori. La Cassazione ha reputato che l'interesse nazionale potesse essere
sacrificato solo a fronte di un matrimonio formalizzato e non a fronte ad un matrimonio informale anche se sostanzialmente
identico. Questa pronuncia mette in luce come il nostro ordinamento sia ingessato e legato a formalismi, incapace di mediare con
culture diverse dalla nostra, che attribuiscono valore alla consuetudo vitae piuttosto che alla formalit matrimoniale, con il
paradosso di non riconoscere un legame familiare, in comunit dove questo sentito in modo forte, dove i rapporti sono
prevalentemente familiari. Tutto questo porta ad erigere delle barriere tra culture che creano incomprensioni e confitti.

Questa sentenza mette in luce anche un'altra questione di difficile soluzione giuridica e cio, come l'ordinamento deve porsi intorno
al concetto di famiglia. La famiglia una realt metagiuridica il primo momento di esperienza collettiva per l'individuo da qui la
difficolt, per l'ordinamento, circa il modo di considerarla; da una parte c' chi sostiene, in nome di una libert individuale,
l'esigenza da parte del legislatore di astenersi da una regolamentazione, significative sono le parole di Carlo Arturo Jemolo che,
nel rilevarne l'essenza metagiuridica, sostiene che:

La famiglia appare sempre...come un'isola che il mare del diritto pu lambire soltanto...la famiglia la rocca sull'onda, ed il granito
che costituisce la sua base appartiene al mondo degli affetti, agl'istinti primi, alla morale, alla religione, non al mondo del diritto. (7)

Dall'altra abbiamo chi sostiene l'esigenza, per lo Stato, di regolare tutto ci che al suo interno. La questione di come
l'ordinamento percepisce e recepisce il concetto di famiglia fondamentale, nella misura in cui questa rilevi in leggi, in materia di
stranieri, nelle quali, sono in gioco diritti umani, valori dell'uguaglianza e della sicurezza pubblica.

Concludendo, la questione pu essere posta su due livelli:

da una parte l'esigenza che lo Stato, nel momento in cui viene a contatto con nuove culture, riconosca anche i loro riti matrimoniali;
questa soluzione per, a mio avviso, difficilmente praticabile per i Rom, i quali non sono rappresentati da nessuna entit statale o
religioso che abbia una forza tale da stringere un accordo con lo stato italiano. Una questione del genere si sta ponendo in
Spagna, dove la comunit Gitana, che pi integrata nel tessuto sociale, ha richiesto allo Stato il riconoscimento del rito
matrimoniale Gitano.

Dall'altra c' la questione, che si afferma con forza nel nostro ordinamento, del riconoscimento delle unioni di fatto che, potrebbe
costituire una valvola di sfogo ogni qual volta un rito matrimoniale tradizionale non riconosciuto.

Comunque dalle mie indagini risulta che la questione ha scarsa rilevanza tra le comunit dell'Olmatello e Poderaccio, poich le
varie famiglie procedano alla registrazione dei matrimoni. Questo mostra come una sottocultura si adatta alla cultura dominante al
fine di acquisire i vantaggi che lei offre o di adeguarsi alle sue regole. Questo ha determinato un cambiamento nel costume tanto
che, dalle interviste risulta essere normale procedere alla registrazione in comune.

5.3- Matrimonio e ruolo femminile

La donna rileva nella societ Rom nel suo ruolo di procreatrice, importante che essa sia feconda poich i figli sono la ricchezza e
la potenza della famiglia. La sterilit pu essere motivo di scioglimento del matrimonio.
Fondamentale la verginit al momento del matrimonio, tanto che, il primo giorno dopo le nozze, si realizza un rituale volto ad
accertarla. Dopo che i due coniugi hanno consumato per la prima volta, le donne del gruppo familiare, che abbiano compiuto
cinquanta anni, entrano nella camera coniugale e accertano la verginit femminile. Questo un momento fondamentale del
matrimonio perch la verginit garanzia della successiva paternit del marito. Se, a seguito del controllo, la donna non risultasse
vergine, il marito pu abbandonarla, in questo caso lei ritorna nella famiglia di origine oppure pu comunque accettarla dichiarando
che con lui che ha perso la verginit. La procreazione di un figlio diviene una questione che riguarda l'intera comunit che vuole
una garanzia sulla paternit del futuro nato. Le donne trasmettono alle loro figlie il valore della verginit ancora oggi. Ho raccolto
testimonianze di donne che, se pur accettano che le loro figlie possano vestire e uscire in modo libero, pretendono da loro la
verginit.

Il matrimonio un matrimonio per compera, dove la famiglia della sposa a fare il prezzo. In origine erano i genitori o i nonni a
combinare il matrimonio, dalle testimonianze che ho raccolto, tra coloro che hanno contratto matrimonio venti anni fa, risulta che
sia l'uomo a indicare la donna alla famiglia, dopo di che la sua famiglia contratta il prezzo con quella femminile. Il valore della
donna, alla luce delle testimonianze raccolte, dato da una serie di connotati fisici, ad esempio, altezza, lunghezza dei capelli o da
particolari sue abilit ad esempio vi la comunit degli haniaria, dove le future mogli sono valutate in relazione alla loro capacit di
rubare.

In caso di contrariet delle famiglie al matrimonio, i due innamorati fuggono (una 'tradizione' diffusa anche nel meridione d'Italia) e
poi ritornano insieme, ottenendo il perdono delle famiglie.

Il prezzo pagato dalla famiglia del marito , da una parte, un ristoro per la perdita di una figlia e dall'altra una garanzia per la
famiglia della sposa, poich dimostra l'agiatezza della famiglia del marito presso la quale lei transiter. Presso alcuni gruppi
Kosovari si dice che "si compra il sangue della sposa". Costei, infatti, destinata a vivere in una condizione paraservile alle
dipendenze del marito e del suocero. Presso i Macedoni, invece, il prezzo pagato non volto ad acquistare le donne ma a pagare
la cerimonia nuziale. Ho notato che le donne Macedoni sono pi emancipate. Probabilmente, in questi gruppi c' stato un
superamento dell'idea della donna come un oggetto di propriet, come acquisto del suo sangue, poich questi sono i primi ad
essere arrivati in Italia e ad aver iniziato un processo verso l'emancipazione femminile.

Prima del matrimonio c' il compromesso che consiste in un impegno solennizzato dalla dazione di un anello. In questo momento
la famiglia del maschio paga una 'caparra'. Il matrimonio pu avvenire anche dopo un anno o due se la ragazza molto giovane.

Questa tradizione del matrimonio per compera, anche se ancora oggi diffusa presso alcuni gruppi tradizionalisti, pian piano sar
superata per effetto di un livello di scolarizzazione sempre pi alto e del processo di assimilazione della cultura dominante.
Parlando con ragazzini di dodici, quattordici anni, emerge che questi percepiscono il matrimonio per compera come qualche cosa
di tradizionale, appartenente ai loro genitori e lontano dal loro modo di vita.

5.4- Il divorzio e diritti delle donne

Il divorzio si realizza quando la donna abbandona la casa del marito per ritornare in quella familiare. In questo caso suo padre
dovr pagare un prezzo alla famiglia del marito. Taluni, che ho intervistato, sostengono che deve pagare il doppio altri la met del
prezzo che era stato pagato per l'acquisto. La figlia divorziata subito ridata in sposa. L'abbandono della famiglia da parte della
moglie un elemento di disonore per cui, generalmente, le figlie sono risposate all'estero lontano dalla comunit dove si
realizzata la separazione. E' comune che le separazioni avvengono prima del concepimento di figli. Nel caso di divorzio alla
presenza di figli, la regola che i figli maschi restino con la famiglia del marito. Per le figlie femmine, pur vigendo la stessa regola,
ci sono margini di contrattazione. Alla luce di questo, la donna Rom, aderendo completamente alle regole del proprio ordinamento,
non pu fruire delle tutele riconosciute dal nostro.

Le vicende del matrimonio Rom mettono in luce altre problematiche che il nostro ordinamento incontra nel contatto con un'altra
cultura.

consueto, presso i Rom, che il primo foglio sia procreato prima dei sedici anni. Per l'art 250 c.c. il riconoscimento non pu essere
fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di et. Questo, fa si che, le madri, infrasedicenni, non possano
riconoscerlo fino al compimento del sedicesimo anno, per cui se il padre ultrasedicienne provvede lui al riconoscimento
altrimenti, se anche lui infrasedicenne, si apre una complessa procedura. L'ospedale avverte gli assistenti sociali e il bambino
portato presso l'ospedale degli Innocenti. A questo, viene dato il cognome dei nonni paterni, nome italiano ed affidato a questi
ultimi. Qualora la donna divorziasse dal marito prima del compimento del sedicesimo anno di et, visto che la regola che i figli
appartengono al marito, il mancato riconoscimento da parte della madre, la priva di ogni diritto su di loro. In questo caso il
legislatore non prevede nessuno strumento per tutelare queste donne. Da buoni studiosi del diritto si potrebbe sostenere che una
volta compiuto il sedicesimo anno, la madre potrebbe riconoscere il figlio e poter accedere cos a tutte le tutele riconosciute dal
nostro ordinamento. Dobbiamo per tener presente che un diritto esiste nel momento in cui il suo titolare decide di farlo valere. Nel
caso delle donne Rom la situazione molto complessa poich esse vivono a cavallo tra due diversi ordinamenti, da una parte lo
Stato Italiano, che offre alle donne ampie tutele conquistate con una dura lotta per l'emancipazione femminile, e dall'altro lato i
Rom che considera la donna in una posizione d'inferiorit, spesso, privandola anche dei diritti sui propri figli. In questo contesto la
donna costretta a piegarsi alla cultura maschile dominante. Una donna che si ribella alle regole del gruppo viene isolata, tanto
dalla propria famiglia che da quella del marito e, dall'altro, pochi sono gli strumenti messi a disposizione dello Stato in queste
situazioni estreme. Il problema pi culturale che di diritti.

La condizione femminile stata oggetto anche di pronunce a livello internazionale.

La risoluzione del Parlamento Europeo del 2005 sottolinea la preoccupazione per la condizione della donna alla luce "delle
tradizioni patriarcali, molte donne, comprese le donne e le ragazze Rom, non godono del pieno rispetto della libert di scelta
relativamente alla maggior parte delle decisioni fondamentali della loro vita e che, pertanto, sono ostacolate nell'esercizio dei loro
diritti umani fondamentali".

L'assistente sociale mi ha fatto presente che ci sono ancora delle situazioni di maltrattamento verso la moglie, anche se queste
sono diminuite. Alcune donne si sono pi volte rivolte al quartiere quattro per chiedere assistenza e hanno presentato denuncia-
querela verso i mariti. Molto spesso la querela viene ritirata poich, le donne si sentono abbandonate dall'intera comunit
famigliare e incontrano difficolt nel chiedere aiuto all'esterno. Si tratta di donne che, vivendo in una situazione di
marginalizzazione, hanno problemi linguistici e non hanno conoscenza delle strutture alle quali possono rivolgersi. A questo si
aggiunge la sanzione che subiscono dal gruppo familiare. Una sanzione che troppo elevata per costoro che non hanno
possibilit di avere una vita al di fuori del contesto della comunit dove sono sempre vissute. Le cose cambieranno quando la
donna si creer un'identit individuale, vuoi per la scuola o per il lavoro, in questo caso sar per lei pi facile ribellarsi alle leggi
della sua comunit.

Tra i vari gruppi presenti nel campo ci sono gli Ashkalija o Egiphziani provenienti dal Kosovo prevalentemente di Pristina, che
abbracciano una rigida lettura del corano, sono partito politico in Serbia e parlano Albanese. Questo gruppo molto pi rigido
verso le donne tanto che, rispetto agli altri gruppi che vivano al Poderaccio, queste lavorano molto meno, solo poche parlano
Italiano e si recano ai servizi offerti dal comune. Le bambine vanno a scuola in modo saltuario. Il quartiere molto attivo sulla
questione delle donne. Generalmente il primo contato con queste avviene attraverso il servizio di consultorio pediatrico e
ginecologico settimanale. Il grado di emancipazione femminile viene rilavato sulla base di una serie di elementi ad esempio
l'aumento dell'et della figlia che viene sposta, il grado di scolarizzazione e l'accesso al lavoro.

L'assistente sociale del quartiere quattro molto attenta alle tematiche femminili e mi pone la questione dei matrimoni per
compera, ancora molto diffusi tra alcuni gruppi tanto Kosovari che Macedoni. "Ci sono delle ragazze che sono nate in Italia o
comunque da anni vissute qui e le loro famiglie le danno in sposa al migliore offerente. Ci sono casi di donne che hanno rifiutato
tali unioni e che hanno chiesto assistenza ai servizi sociali per essere ospitate per evitare di sposarsi, in alcuni casi provano a
ribellarsi, ma poi, sono costrette ad accettare giacch si attiva il processo di faida tra le famiglie".

Molte ragazze sono sposate all'estero. La Francia, la Germania e il Belgio sono le tre mete principali alla luce dei legami tra
famiglie. Questo determina il passaggio di frontiere di minori, anche senza permessi di soggiorno se i loro genitori sono irregolari.
Dall'altra, ci sono casi di ragazze portate in Italia in modo clandestino per sposarsi. La procedura prevede che siano portate in
questura per essere identificate e poi affidate al servizio sociale o alla stessa famiglia del futuro marito se i genitori di lei
dichiarano, di fronte alle autorit, di affidarla a loro. Ci sono casi estremi, generalmente presso Ashkalija, dove le ragazzine
'acquistate come spose', sono costrette a restare segregate nella casa del marito fino al concepimento del primo figlio. Questa
pratica effettuata per evitare che possa congiungersi con altri uomini. Per tutto quest'arco di tempo lei invisibile, non esiste per
le istituzioni, non pu neppure frequentare la scuola. L'assistente sostiene che "si tratta di un vero e proprio sequestro di persona.
Noi vediamo queste bambine quando arrivano al consultorio per il test di gravidanza". Lei ha fatto molte segnalazioni ai vigili urbani
che sono competenti in materia di minori. I vigili, dopo aver provveduto alla loro identificazione in questura, se sono non
accompagnate, le affidano ad apposite comunit.

L'assistente sociale, reputa che per i servizi sociali sia difficile opereare al fine di superare questa pratica discriminatoria verso le
donne poich il Tribunale dei Minori di Firenze sta praticando un razzismo colto, poich giustifica, alla luce di una diversit
culturale, i casi in cui le minori di tredici, quattordici anni partoriscano. A suo avviso c' un comportamento discriminatorio verso i
Rom che viene accentuato nel momento che si accettano certi comportamenti, che per il nostro ordinamento sono vietati, ma, visto
che praticate da una sottocultura, accettati. Mentre per i Musulmani impensabile autorizzare la poligamia, per i Rom si accetta
questa pratica. L'assistente sociale sta da anni lottando contro questa discriminazione femminile e si augura che le cose possano
cambiare con l'avvento di un nuovo giudice minorile la signora C che, pur avendo rispetto per la cultura Rom, ha rispetto per le
donne. La questione della discriminazione femminile una vicenda che va letta in un'ottica diversa da quella di una
contrapposizione tra cultura Rom e Gag. Se c' un elemento che avvicina e che accomuna entrambe le culture, questo la
discriminazione alle donne. Le donne in ogni societ, sono una maggioranza relegata a minoranza. In Italia non stato sufficiente
proclamare l'uguaglianza tra i sessi poich, in sostanza, le posizioni tra i due sono diverse, questo perch, l'affermazione di un
diritto, passa necessariamente da una sua recezione da parte della cultura e della societ. Fino a che certi costumi non muteranno
il diritto, anche se riconosciuto, non trover applicazione basti, come esempio, la scarsa rappresentativit delle donne in politica,
nonostante che esse siano pi del cinquanta per cento della popolazione. Questo perch, culturalmente, la politica, i suoi tempi
sono percepite come maschili e costruiti sul modo di essere maschile. Solo una volta che i costumi saranno cambiati si potr
parlare di una totale eguaglianza. Lo stesso discorso vale per i Rom. Il tessuto della cultura Rom, ha strutturato il ruolo femminile in
un modo tale che risulta, per le donne, difficile, se non impossibile, ribellarsi. Quest'aspetto della subordinazione della donna
all'uomo non un tratto caratteristico della cultura Zingara ma tipico di ogni societ. Non si pu in nome della salvaguardia di
un'identit culturale sacrificare le donne che da secoli hanno subito, non si pu fingere che tutto vada bene. Dall'altra parte non si
pu reputare di risolvere la questione, semplicemente, a colpi di leggi o imponendo la nostra cultura che, per quanto riguarda il
modo di considerare le donne non ha nulla da insegnare alle altere. Il processo di emancipazione femminile deve partire dalle
donne stesse attraverso un lento processo che coinvolge pi generazioni. Sono necessari strumenti che consentano alle donne di
attribuirsi un ruolo e un'identit individuale, che si distacchi dal concetto di donna madre e moglie di un marito. Solo quando alle
donne verr offerta un'alternativa, al loro modo di percepirsi, queste saranno libere di scegliere. Il reprimere certi comportamenti,
come i matrimoni tra maggiorenni e minorenni, la segregazione delle madri bambine, non aiuter a superare il problema ansi,
porter ulteriori allontanamenti delle donne da tutti quei canali che le consentiranno di emancipare. Il nostro ordinamento, cos
come gli assistenti sociali, devono prendere coscienza che il relazionarsi con culture lontane dalla nostra significa anche
accantonare i nostri valori e cercare una via di mediazione. Per la questione femminile, a mio avviso, pi che reprimere i
comportamenti maschili, che non sono altro che il frutto di regole sociali condivise dal quel gruppo, opportuno attivare delle
politiche volte ad offrire un'alternativa alle donne. Si tratta di politiche dei piccoli passi, che si realizzano con pi generazioni, ma
che porteranno ad un'evoluzione delle donne coscienziosa con possibilit anche di mantenere tratti della propria cultura.

6- Distribuzione tradizionale dei nuclei familiari ed evoluzioni

La tradizione Rom prevede che con il matrimonio la donna transita nella famiglia del marito abbandonando quella di origine. I
genitori vivono e sono accuditi dal figlio pi piccolo e da sua moglie; questi devono prendersi cura di loro fino alla morte. Nel
campo ho incontrato il caso di una figlia Zanna quarantanovenne, divorziata, che accudisce e vive insieme al padre vedovo. Molte
famiglie rispettano l'assetto tradizionale, per cui in una casa fissa vivono genitori, figlio pi piccolo con la moglie e rispettiva prole.
Presso queste famiglie ho percepito un forte rispetto verso gli anziani, (8) tanto che, le nuore stesse presentano una sorta di
venerazione verso i suoceri che chiamano pap. l'anziano che con la sua saggezza indica ai figli la 'strada giusta', anche la
donna acquista rilevanza e valore una volta divenuta anziana. Nel campo ho ravvisato, anche, degenerazioni rispetto al modello
tradizionale, cos un caso in cui in un'unica casa fissa vivano genitori, due figli e la moglie del primo figlio con rispettiva prole. A
fronte di questa situazione, quest'ultima rivendicava di poter avere una propria baracca, poich al campo ce ne sono delle libere,
ma la burocrazia degli operatori lo impedisce. Il rispetto per gli anziani un valore molto diffuso anche tra i giovani. E' il padre a
comandare e a decidere nelle scelte dei figli anche dopo che questi si sono sposati. La prima volta che sono stata al campo, sono
stata invitata a fare domande al pi anziano del nucleo familiare, solo in un secondo momento ho potuto facilmente avere relazioni
con gli altri componenti. Soltanto adesso capisco che il mio aver posto la domanda a uno pi giovane stato percepito come una
prevaricazione. D'altra parte gli anziani percepiscono in maniera ancora molto forte la contrapposizione tra Gag e Rom per cui
difficile fare delle interviste.

Il rispetto per l'anziano un tratto peculiare della loro cultura, intervistando Zanna, emerso che ci che non sopporta della nostra
cultura l'abbandono degli anziani. Mi ha raccontato della sua esperienza come assistente in una casa di cura, dove gli anziani
sono lasciati abbandonati a loro stessi.

Ho potuto per ravvisare delle divergenze da questo modello fondato sul rispetto dell'anziano. Intervistando l'assistente sociale del
quartiere quattro, questa mi ha presentato due casi su sessantasette famiglie residenti al Poderaccio, in cui quest'assetto
tradizionale stato superato. Nel caso di specie si tratta di due coppie di anziani lasciati al Poderaccio dai rispettivi figli che hanno
ottenuto una casa popolare. Questa situazione determina una serie di problemi per l'assegnazione di un alloggio popolare per
questi anziani, in vista della futura chiusura del Poderaccio entro il 2011. La legge Bossi Fini del 2002 ha previsto, tra i requisiti per
richiedere un alloggio popolare, il possesso di un permesso di soggiorno rilasciato per una durata di almeno due anni. Gli anziani,
non svolgendo attivit lavorative non possono ottenere questi tipi di permessi. Se sono malati possono ottenere permessi per cure
mediche rinnovabili per tre volte e di durata di un anno, per cui, queste persone non hanno la possibilit di presentare richiesta di
alloggio, non avendo tutti i requisiti, salvo che, non siano riusciti ad ottenere la carta di soggiorno tramite un loro figlio lavoratore.
Un'altra possibilit di rientrare a fare parte dello stesso stato di famiglia del figlio; questo requisito richiesto poich il risiedere
nello stesso luogo garantisce che il figlio provveder al mantenimento dei genitori.

In controtendenza rispetto alla loro tradizione, questi figli hanno lasciato i propri genitori in modo da poter utilizzare i locali del
campo come una seconda casa dove spesso si recano a fare lavatrici. L'operatrice sociale, che mi ha presentato la questione, l'ha
posta come un mutamento di costumi, come un'esigenza di emancipazione dalla famiglia. Il caso, a mio avviso e generalizzando
visto che non conosco i protagonisti della vicenda, pu essere letto anche in un'altra ottica, non come un mutamento nel costume
ma come un'esigenza di adattamento. I genitori sono stati lasciati l al fine di determinare un risparmio e un vantaggio per il gruppo.
Dalla lettura dei libri di Plasere, emerge come sia comune nella cultura Rom il sacrificio di certi componenti famigliari per il
benessere comune. In questo caso gli anziani genitori sono stati lasciati al fine di poter fruire di una seconda casa. Questa
possibile, doppia lettura della vicenda volta a dimostrare che spesso si tende a interpretare certe vicende della cultura Rom alla
luce dei nostri valori e dei nostri modelli, senza tener conto del relativismo culturale.

L'assegnazione degli alloggi popolari ha determinato delle degenerazioni rispetto al loro tradizionale assetto familiare. Suggestiva
la testimonianza di Fako. Lui vive in un alloggio popolare con sua moglie, i suoi figli, il fratello Orchan, la moglie, i figli di questo e
gli anziani genitori. Lui lamenta che ciascun nucleo famigliare ha una sola stanza e che lui deve dividere la sua con i figli, con
difficolt nell'aver rapporti sessuali con la moglie. Questa situazione determina, per lui, una perdita della sua privacy e
dell'affettivit di cui ogni persona necessita. Alla domanda se lui, a questo punto, avesse preferito il campo mi ha risposto: "Meglio
del campo qualsiasi cosa, ma dovete capre che non siamo bestie, anche noi abbiamo diritto di vive in un modo degno". La
vicenda di Fako mi ha fatto sorgere una domanda: le istituzioni che seguono i Rom, si preoccupavano di tener presente la loro
specificit nel momento dell'assegnazione degli alloggi? Ho posto questa questione all'assistente sociale del quartiere quattro, e la
sua risposta stata :

vede per quanto riguarda questa situazione delle famiglie allargate, questa, gioco forza, si dovuta adeguare al fatto che case
grandi non esistono tra le case popolari... il discorso della famiglia allargata per alcuni molto forte ma per altri c' stato un
mutamento di costumi all'interno delle famiglie per cui, pi facile che il maschio, una volta che nato un bambino, se c' la
possibilit di scindersi all'interno del campo, chieda un nuovo alloggio... teniamo presente che tra le case popolari casi grandi ve ne
sono pochissime e sono di costruzione anni 70,80 quando c'erano, anche le famiglie allargate italiane...per quanto riguarda il
discorso delle famiglie allargate debbiamo tenere presente che i Rom si sono emancipati, molti, la maggioranza sta cercando
un'identit nuova che concili i loro costumi e tradizione e il fatto che vivono qui, cosa che apprezzano soprattutto a livello di
consumi.

A questo punto le ho posto la vicenda di Fako e lei mi ha detto che quest'assembramento stato autonomamente creato da loro
poich, l'assegnazione degli alloggi rigidamente legata a certi standard di metri quadri per persona. Spesso, i Rom, pur di
lasciare il campo sono disposti anche ad avere delle case pi piccole ma il comune non gliele pu assegnare.

Ponendo la stessa questione al responsabile del quartiere cinque, lei mi ha spigato che nel momento in cui, nel 2000, questi
presentarono domanda per l'alloggio erano in nove membri. La casa gli stata assegnata nel 2004. In quest'arco di tempo i due
fratelli hanno avuto altri due figli a testa. Per loro non c' possibilit neppure di fare richiesta di due diversi alloggi, a fine di
smembrare il nucleo e quindi ritornare all'assetto tradizionale, poich il loro punteggio basso.

7- Reazioni del nostro ordinamento alla cultura Rom

Abbiamo visto come il nostro ordinamento considera e recepisce certi tratti tipici della cultura Rom. Analizziamo ora come lo Stato
attui una politica di marginalizzazione verso un gruppo sociale attraverso almeno tre strumenti quello legislativo, quello giudiziario
e quello amministrativo.

La legge pu essere uno strumento volto a colpire certi gruppi, nella misura in cui incrimini comportamenti che sono tipici, in via
prevalente, di una certa cultura.

Prendiamo come esempio su tutti l'ordinanza sui lavavetri adottata dal comune di Firenze e il nuovo regolamento di polizia
municipale contro l'accattonaggio. La prima ha vietato su tutto il territorio comunale l'esercizio del mestiere girovago di lavavetri sia
sulla carreggiata che fuori di essa, l'inosservanza delle disposizioni punita ai sensi dell'articolo 650 del codice penale e con il
sequestro delle attrezzature utilizzate per lo svolgimento dell'attivit.

La violazione dell'articolo 650 (inosservanza di un provvedimento dell'autorit) prevede una denuncia penale con arresto fino a tre
mesi o, in alternativa (la decisione spetta al giudice) una sanzione di 206 euro. La seconda vieta l'accattonaggio. Si tratta di due
norme ah hoc volte a colpire certi gruppi etnici, che per cultura o necessit chiedono l'elemosina.

Analizzando la storia del popolo zingaro ha potuto costatare che, a seguito delle persecuzioni e marginalizzazioni che hanno
subito, sono stati costretti a ricorrere alla questua come mezzo di sussistenza. La questua, non pu essere, per, ridotta a mero
mezzo di sostentamento ma essa radicata nella loro cultura. L'intervista condotta a Zanna conferma questo tratto: "Mia nonna
sostiene che essere ladro e fare l'elemosina si tramanda all'interno delle famiglie; se vieni da una famiglia di ladri tale diventi.". Il
fatto che spesso siano le donne a chiederla potrebbe risalire a una vecchia pratica del secolo scorso che vedeva la donna
coinvolta nel processo di riscossione dei compensi ottenuti dal marito nel momento in cui svolgeva le sue attivit. La questua
praticata anche da chi lavora. uno strumento per arrotondare lo stipendio.
Sul piano giudiziario interessante la testimonianza di un giudice penale, Silvia Governatori, che per anni ha avuto contatti con i
Rom. Questa mette in luce come il pregiudizio e gli stereotipi incidano nelle decisioni dei giudici.

Il pregiudizio s'insatura in vario modo nelle decisioni: come parametro valutativo di elementi di prova, sia come parametro per la
regolamentazione dei rapporti (es. nel caso delle decisioni del giudice minorile). Spesso le sentenze sono il frutto del sentimento e
del convincimento di un giudice, velati dietro l'adozione di una motivazione razionale. Il pregiudizio, verso un gruppo etnico, pu
insinuarsi in un processo attraverso le massime di comune esperienza, che non sono alto che regole extranormative frutto
dell'esperienza. Il pregiudizio verso i Rom emerge anche nel momento della valutazione del fatto; ad esempio il cogliere un Rom
nel giardino di una casa, porta all'accusa di tentato furto in abitazione, portando cos i difensori a dover optare per un
patteggiamento. Nel campo, mi hanno raccontato molte vicende di questo tipo. Anche loro percepiscono quest'atteggiamento da
parte della polizia e dei P.M., l'essere zingaro gi un indizio di colpevolezza. Il pregiudizio rileva anche nel momento in cui viene
commisurata una pena ex art. 133, il quale prevede tra i parametri di valutazione, anche la condotta del reo prima del reato e la
condizione di vita. Ancora pi forte il pregiudizio verso e le madri Rom, alle quali tolta la potest sui figli se colte a impiegarli
nell'accattonaggio. I giudici non s'interrogano mai su quali siano le ragioni di bisogno che hanno spinto tale donna
all'accattonaggio.

L'ultima tattica di marginalizzazione a livello amministrativo e l'ho potuta rilevare analizzando la questione dei permessi di
soggiorno presso l'Olmatello. Il caso riguarda i permessi ex articolo 31.3 d.lgs 286/98 rilasciati ai genitori dal Tribunale per i
minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'et e delle condizioni di salute del minore. Si
tratta di un permesso di soggiorno non convertibile. uno strumento che, anche se posto nell'esclusivo interesse dei figli, di fatto
utilizzato per la regolarizzazione dei genitori. Presso il campo si sono verificati molti casi in cui il Tribunale dei minori, con decreto,
riconosceva il diritto di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari e di esercitare le facolt a questo
connesse, ai sensi dell'art. 30 c. 2 D. L.vo 286/98, ivi compresa la facolt di svolgere attivit lavorativa.

La Questura, abusando dei loro poteri, rilasciava permessi di soggiorno per cure mediche apponendo il timbro del divieto assoluto
al lavoro. Le famiglie erano cos costrette a presentare ricorso al Tribunale. Ricorso che categoricamente veniva accolto.

Nel momento in cui si affronta il tema del rapporto tra il nostro ordinamento giuridico e gli Zingari non possiamo tralasciare la
questione dei permessi di soggiorno.

Presso l'Olmatello su centodue presenti solo sessantasette sono regolari, di questi trentacinque sono adulti dei quali: tre hanno la
carta di soggiorno, due permessi umanitari, due sono riconosciuti come rifugiati, due protezione sussidiaria, diciotto lavoro, sei
famiglia, uno salute e uno gravidanza. Molte delle persone presenti all'Olmaello provengono da paesi come il Kosovo, nel quale si
perpetrato un conflitto bellico e dove, ancora oggi, si verificano azioni discriminatori verso loro. Molti di questi si sono visti rifiutare
lo status di rifugiato, e solo per alcuni stato concesso un premesso per fini umanitari. La ragione del non riconoscimento dello
status di rifugiato si rinviene nel fatto che necessario provare una discriminazione o persecuzione personale legata alla
condizione del singolo individuo e non al gruppo. Un'altra difficolt data dal fatto che i Rom tendono, spesso, a entrare in Italia in
modo irregolare confidando sull'aiuto delle reti familiari, eludendo cos i normali canali che gli permetterebbero di ottenere certi
status.

Le norme in materia di asilo si rifanno alla Convenzione del 1951 concernente lo status dei rifugiati, secondo la quale considerato
rifugiato chi nel proprio paese perseguitato per motivi politici, religiosi, etnici, di razza, o ha comunque ragionevoli motivi per
temere della propria vita o di subire violazioni dei diritti umani.

Con il riconoscimento, lo straniero acquista i diritti stabiliti dagli artt.1 e 18 della Convenzione di Ginevra e pu svolgere attivit
lavorativa sia subordinata che autonoma pu anche acquisire la cittadinanza dello stato ospitante ai sensi della Legge 91/1992 se
risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica.

Ne campo abbiamo solo due rifugiati uno di questi il padre di Zanna il quale ha fatto richiesta nel 2002 e ottenuto lo status nel
2005.

Presento adesso la situazione di una delle famiglie che ho seguito quella Fako e Orchan.

Orchan ha ottenuto nel 1994 un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. entrato da irregolare attraverso le reti familiari di
Brescia. Il fratello Fako, la moglie di Orghan e i genitori sono venuti in Italia ed hanno ottenuto asilo politico.

Nei due campi del Poderaccio abbiamo 441 presenze, di cui 173 minori 0/14 e 52 minori 14/18

Tra gli adulti, quindici hanno l'asilo politico, due l'hanno richiesto e uno ha un permesso per motivi umanitari.
L'assisteste sociale sostiene che non vi siano irregolari se non pochissimi e di passaggio. Presso il Poderaccio gli assistenti e gli
educatori sono impegnati in un controllo continuo sui permessi di soggiorno. Quest'attivit ha consentito di eliminare tutte quelle
irregolarit dovute a dimenticanze o mancata informazione. La procedura prevede che ogni qua volta gli assistenti s'imbattono in
irregolari, devono fare una segnalazione ai vigili che poi aprir l'iter verso l'espulsione. Nella pressi per, gli assistenti accertano,
prima della segnalazione, le ragioni dell'irregolarit ed eventualmente vi pongano rimedio.

L'espulsione di cittadini Serbi verso il Kosovo porta, per, una serie di problemi date le particolari condizioni del paese. Questo fa si
che la questura si limita a rilasciargli un invito ad allontanarsi dal territorio italiano, senza possibilit di realizzare, in concreto,
l'espulsione.

8- Conclusioni

In Italia si sta perpetrando una vera e propria politica discriminatoria verso i Rom, che il frutto dell'ignoranza verso un popolo che
da secoli il Caprio espiatorio di ogni ordinamento. Costretti a vivere nelle periferie delle citt, segregati dal resto del mondo, si
crea in torno a loro lo stigma e il pregiudizio, divenendo cos facile bersaglio di politiche discriminatorie. Come ho voluto
sottolineare in questa relazione, i Rom operano fuori dal nostro ordinamento, fuori dai meccanismi di potere e di rappresentanza.
In questo contesto sono facili prede di una politica sempre pi incapace di gestire i rapporti di forza, che necessita di distogliere lo
sguardo dell'opinione pubblica verso fatti di cronaca che costruiscono lo Zingaro come un mostro da eliminare dalla societ, con
buona pace per il principio di uguaglianza e fraternit; dimenticando che anche noi siamo stati un popolo di migranti, pronti a
lasciare la nostra amata patria per un pezzo di pane, e che in cambio abbiamo ottenuto solo segregazione e pregiudizio. Ma no,
noi eravamo diversi da questi Zingari qua che puzzano e infestano le nostre periferie! Ci stupiamo quando li vediamo lavorare e
spaccarsi la schiena nelle attivit pi umili. Eh s, che ci stupiamo, noi nel caldo delle nostre case, con i nostri genitori che ci
pagano gli studi non ci chiediamo cosa fanno e come vivono quelle persone l, costrette dietro un muro di un campo innalzato dal
nostro pregiudizio. A noi basta sapere che sono tanti Ahmetovic ubriachi, e questo acquieta le nostre coscienze quando
accettiamo che un campo possa essere dato alle fiamme dalla camorra o sgomberato dal primo sindaco, meglio ancora se di
sinistra. Indifferenti del fatto che dietro a quelle baracche si celano le vite di persone costrette a fuggire dalle loro terre. Proviamo
per un momento a sostituire la parola Zingaro con Ebreo e vediamo che succede...

Concludo questa reazione con la speranza che un giorno il nostro ordinamento possa riconoscere e rispettare la specificit
Zingara.

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