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Nicola Cabibbo
23 febbraio 2006
2
Indice
1 Introduzione 5
1.1 Unit di misura, Rappresentazione di Heisenberg e di Schroedinger, ecc. 7
2 Integrali di Feynmann 9
2.1 Lampiezza di transizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
2.2 Lapprossimazione reticolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.3 Il limite classico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2.4 Il tempo come variabile complessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2.5 La meccanica statistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.6 Le funzioni di Green . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.7 Pi gradi di libert, teoria dei campi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.8 Il funzionale generatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.9 Loscillatore armonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.10 Campi scalari liberi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.11 Campi scalari liberi Stati a una particella . . . . . . . . . . . . . . . . 27
4 Campi Fermionici 45
4.1 Loscillatore armonico e loscillatore di Fermi . . . . . . . . . . . . . . . 45
4.1.1 Variabili anticommutanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
4.1.2 Somma sui cammini per i due oscillatori . . . . . . . . . . . . . . 48
4.2 Quantizzazione del campo di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
4.2.1 Il teorema di spin e statistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
4.2.2 Stati ad una particella del campo di Dirac . . . . . . . . . . . . . 55
5 Il campo elettromagnetico 57
5.1 La scelta di gauge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
5.2 Il funzionale generatore e il propagatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
5.3 Gli stati a un fotone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
3
4 INDICE
6 Elettrodinamica quantistica 65
6.1 La formula di riduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
6.2 Grafici di Feynman per il funzionale generatore . . . . . . . . . . . . . . 68
6.3 Grafici di Feynman per la matrice S . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
6.4 Combinatoria. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
Introduzione
Una teoria pi completa, che tiene conto sia delle interazioni elettromagnetiche
che di quelle deboli e forti, offerta dal cosidetto Modello Standard. Anche il Model-
lo Standard incompleto, dato che non tiene conto delle interazioni gravitazionali1 .
Malgrado queste limitazioni la QED molto interessante per varie ragioni:
La QED ha unampio campo di applicazioni di interesse fisico, che vanno dalla
1 Mentre a livello di fisca classica (non quantistica) le interazioni gravitazionali sono descritte con gran-
de successo dalla teoria della relativit generale di Einstein, e in molti casi la teoria di Newton si dimostra
del tutto sufficiente, non esiste ancora una versione quantistica universalmente accettata di questa teo-
ria.Lopinione pi diffusa che sia necessario passare da una teoria di campo a una teoria di stringhe,
argomento al di fuori dai limiti di questo corso.
5
6 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
interazione dei fotoni ed elettroni con la materia alla struttura fine dei livelli
atomici.
Alcune delle predizioni della QED sono, tra le predizioni del Modello Standard,
quelle verificate con maggiore accuratezza.
La pi precisa verifica della QED attualmente data dal valore sperimentale del-
la anomalia magnetica dellelettrone. Lequazione di Dirac assegna allelettrone un
momento magnetico pari a un magnetone di Bohr, e/2m, ma questo risultato va
corretto a causa dellinterazione con il campo di radiazione per una fattore (1+ae ),
dove ae appunto la anomalia magnetica, che pu essere espressa come una serie
di potenze di , la costante di struttura fine:
ae = +
2
Exp
ae = (1159652.1884 0.0043) 109 (4 parti per miliardo)
Exp
ae + = (1159652.1879 0.0043) 109
aeTh
= (1159652.1535 0.0240) 10
9
(21 parti per miliardo)
(1.1) A A0 = A + f
U f AU f1 = A + f
Ug U f AU f1Ug1 = A + f + g
1.1. UNIT DI MISURA, RAPPRESENTAZIONE DI HEISENBERG E DI SCHROEDINGER, ECC.7
In questo capitolo vogliamo derivare la somma sui cammini dalla formulazione usua-
le della meccanica quantistica. Lo faremo nel caso particolarmente semplice di un
sistema quantistico con un solo grado di libert. Dopo avere ricavato lespressione
delle ampiezze di transizione mediante la somma sui cammini, faremo vedere come
questo metodo permetta anche di calcolare le funzioni di Green in meccanica quan-
tistica. Conchiuderemo il capitolo indicando come questi risultati vadano estesi al
caso di sistemi con pi gradi di libert e alle teoria di campo.
Come ulteriore dimostrazione della equivalenza tra le differenti formulazioni
della meccanica quantistica, in un successivo capitolo useremo la formulazione con
la somma sui cammini per dedurre le regole di commutazione canoniche,
h i
p m (t0 ) , q k (t0 ) = i h
/ m k
p2
(2.1) H = K + V (q) = + V (q)
2m
dove indichiamo con K lenergia cinetica e V lenergia potenziale.
Vogliamo calcolare lampiezza di transizione da uno stato q1 al tempo t = t1 ad
uno stato q1 al tempo t = t2 = t1 + T . Usando unit di misura in cui = 1 troviamo1
Stato per t = t1 q1
i T H
Stato per t = t1 + T e q1
Ampiezza di transizione a q2 : q2 |e i T H |q1
1 In questo passaggio stiamo usando la rappresentazione di Schroedinger.
9
10 CAPITOLO 2. INTEGRALI DI FEYNMANN
Notiamo anche che il risultato pu essere riscritto in termini della velocit media v,
T p2
r
m mv 2
q2 |e i 2m |q1 = eiT 2 v = (q2 q1 )/T
2i T
Questo risultato ha una interpretazione molto semplice: nel limite classico il sistema
si muoverebbe a velocit costante v. La fase della ampiezza di transizione quindi
nel caso V (q) = 0 data dalla azione lungo la traiettoria classica
t2 t2 m q 2 mv 2 T p2
Z Z
S cl = d t L(q, q) = dt =T q2 |e i 2m |q1 e i S cl
t1 t1 2 2
La corrispondenza tra ampiezza di transizione e lazione classica stata per la prima
volta messa in evidenza da Dirac [1].
Nel caso generale, con un potenziale V (q) arbitrario, possiamo calcolare la am-
piezza di transizione mediante un processo di limite che ci porter a definire linte-
grale di Feynman o integrale sui cammini. Suddividendo lintervallo di tempo T in
N intervalli = T /N possiamo scrivere
q2 |e i T H |q1
(2.3) Z
= d q 1 . . . d q N1 q2 |e i H |q N1 q N1 |e i H |q N2 q 1 |e i H |q1
q k |e i H |q k1 q k |e i V e i K |q k1
k
= e i V (q ) q k |e i K |q k1 e, usando la (2.2),
s
m(q k q k1 )2
k i V (q k )
2 2
= e
2i
k 2
m i m(v2 ) V (q k )
r
= e
2i
2.2. LAPPROSSIMAZIONE RETICOLARE 11
(q k q k1 )
vk =
di modo che possiamo riconoscere nel fattore di fase il lagrangiano L = mv 2 /2
V (q). Se adesso sostituiamo nella (2.3) otteniamo
" #!
Z Y r
m X m(v k )2
i T H k k
(2.5) q2 |e |q1 d q exp i V (q ) + O ()
k 2i k 2
mentre lintegrale della (2.5) definisce, nel limite 0, un integrale sulle possibili
traiettorie e la relativa misura,
Z Y r
m
Z
d q k D[q(t )]
k 2i
(2.7) e i H = e i V /2 e i K e i V /2 + O (3 )
12 CAPITOLO 2. INTEGRALI DI FEYNMANN
t2 m q 2
Z Z Z
i T H
(2.8) q2 |e |q1 = D[q(t )] exp(i S) = D[q(t )] exp i dt V (q)
t1 2
2.5. LA MECCANICA STATISTICA 13
d t = (1 i )
(2.9) t = (1 i ), di modo che
dq dq
q = = (1 + i ) d
dt
V(q) definito positivo In questo caso I > I0 , dove I0 il valore di I calcolato a parit
di traiettoria per V (q) = 0. Quindi si ha almeno la stessa convergenza del caso
precedente.
V(q) limitato inferiormente In questo caso, se V (q) > V0 , I > I0 +V0 T . Laggiunta di
una costante V0 T non muta la convergenza rispetto ai due casi precedenti.
V(q) non limitato inferiormente Bisogna valutare caso per caso. Se ad esmpio V (q) =
q n la convergenza dellintegrale funzionale dipende dal valore dellesponen-
te n. Si pu dimostrare che lintegrale funzionale converge se 0 n 1, e
non converge se n > 0 o n < 1. Notiamo che il potenziale coulombiano un
caso limite.
Notiamo che i casi esclusi sono quelli in cui falliscono anche le formulazioni al-
ternative della meccanica quantistica, ad esempio quella basata sulla meccanica
ondulatoria.
Z () = e Em = m|e H |m
X X
(cio una traccia. . . )
m m
Z
(2.11) = Tr e H = d q q|e H |q (. . . che nella base q diventa . . . )
Z Z
= D[q()] exp d H (q, q) (. . . un integrale sui cammini)
0
q(t1 ) = e i t H qe i t H
Dove sia nel numeratore che nel denominatore lintegrale esteso su tutti cammini
tra t = e t = , tali che q(+) = q(). Si deve intendere che tutti i tempi
vanno interpretati come tempi complessi come abbiamo discusso nella sezione 2.4,
cio che, pi precisamente,
dove nella parentesi quadra gli integrali sono estesi su tutti i cammini periodici tra
t = T 0 = T (1 i ) e t = T 0 = T (1 i ), tali cio che q(T 0 ) = q(T 0 ), e t1,2
0
= (1
i ) t1,2 .
Per dimostrare lequivalenza tra (2.16) e (2.14) consideriamo per semplicit il
caso di due operatori, ed esplicitiamo la dipendenza dal tempo degli operatori in
(2.14). Consideriamo il caso in cui t1 t2
Nel secondo passo T un tempo arbitrario, ma tale che T > t1 , t2 > T . Il termine a
denominatore, 0|e 2i T H |0 = exp(2i T E0 ) compensa lintroduzione di due fattori
e i T H nel numeratore, di modo che il risultato non dipende da T . A questo punto
introduciamo i tempi complessi, e scriviamo:
0 t 0 )H 0 0 0 0 )H
" #
0|e i (T 1 q e i (t1 t2 )H q e i (t2 +T |0
G2 (t1 , t2 ) = lim lim 0H
0+ T 0|e 2i T |0
Tuttavia esso ci permette di passare dal valore di aspettazione in 0 alla traccia degli
operatori sia a numeratore che a denominatore:
i (T 0 t10 )H 0 0 0 0
"P #
m m|e q e i (t1 t2 )H q e i (t2 +T )H |m
G2 (t1 , t2 ) = lim lim 2i T 0 H |m
0+ T
P
m m|e
Infatti per ogni > 0 e per T grande il contributo degli stati eccitati m 6= 0 de-
presso sia a numeratore che a denominatore per un fattore exp 2T (E m E0 ) ri-
spetto a quello dello stato fondamentale, e svanisce nel limite T , che eseguito
prima di quello 0+ lordine dei limiti importante!
Dato che la traccia indipendente dalla base scelta per descrivere gli stati, pos-
siamo usare la base degli autostati della posizione, q,
"R 0 0 0 0 0 0 #
d q q|e i (T t1 )H q e i (t1 t2 )H q e i (t2 +T )H |q
G2 (t1 , t2 ) = lim lim 0
d q q|e 2i T H |q
R
0+ T
Per completare la dimostrazione basta mostrare che lespressione tra parentesi qua-
dre identica a quella che otterremmo dalla (2.16) nel caso di due operatori,
0 0 0 0 0 0
d q q|e i (T t1 )H q e i (t1 t2 )H q e i (t2 +T )H |q
R
0
d q q|e 2i T H |q
R
(2.18)
D[q(t 0 )] exp(i S)(q(t10 ) q(t20 )
R
= R
D[q(t 0 )] exp(i S)
In effetti il numeratore e il denominatore nelle due espressioni sono separatamente
0
eguali. Per quanto riguarda il denominatore, q|e 2i T H |q una ampiezza di tran-
0
R
sizione, che possiamo esprimere come D[q(t )] exp(i S), dove lintegrazione su
tutti i cammini che partono da q a t = T 0 e tornano allo stesso punto per t = T 0 .
Per eseguire lintegrazione su q basta estendere lintegrale sui cammini a tutti quel-
li che, partendo da qualsiasi punto per t = T 0 , tornano al punto di partenza per
t = T 0 . I due denominatori sono quindi eguali.
Per il numeratore, assumiamo che sia T > t1 , t2 > T R , e introduciamo accanto ai
due operatori q somme sul sistema completo di stati, d q q q = 1:
Z
0 0 0 0 0 0
d q q|e i (T t1 )H q e i (t1 t2 )H q e i (t2 +T )H |q
0 0 0 0 0 0
= d qd q1 d q2 q|e i (T t1 )H |q1 q1 |q e i (t1 t2 )H |q2 q2 |q e i (t2 +T )H |q
0 0 0 0 0 0
= d qd q1 d q2 q1 q2 q|e i (T t1 )H |q1 q1 | e i (t1 t2 )H |q2 q2 | e i (t2 +T )H |q
dove D[(x)] rappresenta la misura sullo spazio delle funzioni, e anche in questo
caso, come nella sezione 2.6, questa espressione va intesa come limite,
(2.23)
D[(~x , t 0 )] exp(i S) (~x1 , t10 ) (~x2 , t20 ) . . . (~xN , tN0 )
R
G(x1 , . . . xN ) = lim lim R
0+ T D[(~x , t 0 )] exp(i S)
L
~x , (1 i )T = ~x , (1 i )T
(2.24)
(x, y, z, t ) = (x + L, y, z, t ) = (x, y + L, z, t ) = (x, y, z + L, t ).
La periodicit sia nella direzione temporale che nella direzione spaziale permet-
te di eseguire liberamente integrazioni per parti, ad esempio
Z Z
(2.25) d 4 x ( ) = d 4 x ( )
1 1
(2.27) (x) = p (1 + i 2 ); (x) = p (1 i 2 )
2 2
p
Il fattore 1/ 2 scelto in modo che D[(x)]D[ (x)] = D[1 (x)]D[2 (x)] come si
verifica dallo Jacobiano. Usando questa relazione il calcolo delle funzione di Green
si riconduce alla (2.26), e si ottiene in generale ad esempio
dove, seguendo la discussione nelle sezioni precedenti, gli integrali nella parentesi
quadra sono estesi su tutti i cammini periodici tra t = T 0 = T (1 i ) e t = T 0 =
T (1 i ), tali cio che q(T 0 ) = q(T 0 ), e t1,2 0
= (1 i ) t1,2 .
Le funzioni di Green si ottengono allora come derivate funzionali di Z [J]. Per chi
non lo avesse ancora incontrato, il concetto di derivata funzionale molto sempli-
ce. Consideriamo una funzione f (x), e un funzionale X f (x) . Consideriamo poi
una variazione f (x) f (x) + (x). Il valore di X [ f + ] pu essere sviluppato in po-
tenze di , e questo sviluppo ci permette di definire implicitamente, in analogia con
lo sviluppo di Taylor, le derivate funzionali di X rispetto ad f :
X 1 2 X
Z
X [ f + ] = X [ f ] + d x (x) + d x1 d x2 (x1 )(x2 )
(x) 2 (x1 )(x2 )
(2.32)
1 N X
Z Z
...+ d x1 d xN (x1 ) (xN ) + . . .
N! (x1 ) (xN )
Se analogamente esguiamo uno sviluppo di Taylor della Z [J] in potenze di J,
Z !N
X (i )N Z X
(2.33) Z [J] = D[q(t )] exp (i S) d t qk (t )Jk (t ) ,
N=0 N! k
e in particolare Z
Z [0] = D[q(t )] exp (i S) ,
N Z [J]
1
(2.34) Gk1 ...,kN (t1 , . . . tN ) = (i )N
Z [0] Jk1 (t1 ) JkN (tN ) J=0
20 CAPITOLO 2. INTEGRALI DI FEYNMANN
(2.36) N Z [J]
N 1
= (i )
Z [0] J1 (x1 ) JN (xN ) J=0
Z
(2.38) D[q(t )] exp (i S) F [] = F [i ] Z [J] ,
J J=0
Le funzioni di Green si ottengono allora dalla regola di sostituzione (vedi eq. 2.37)
(2.40) (x) i , (x) i
J (x) J(x)
1 1
(2.41) H = (p 2 + 2 q 2 ); L = (q 2 2 q 2 )
2 2
2.9. LOSCILLATORE ARMONICO 21
Vogliamo usare la tecnica del funzionale Z per calcolare le funzioni di Green. Segui-
remo i calcoli in qualche dettaglio, dato che essi si applicano direttamente a situa-
zioni interessanti, ad esempio alla teoria dei campi. Prima di procedere con il fun-
zionale Z , calcoliamo la funzione di Green a due punti partendo dalla normale for-
mulazione della meccanica quantistica in modo da poter verificare la equivalenza
delle due fomulazioni.
Ricordiamo che, in termini degli operatori di creazione e distruzione (vedi ad
esempio [3]), abbiamo
1 3
q = p (a + a ); a 0 = 1 , a 1 = 0 ; H 0 = 0 , H 1 = 1
2 2 2
1 1
e quindi, q 0 = p 1 ; q 1 = p 0
2 2
Considerando prima il caso in cui t1 > t2 abbiamo
1 i (t1 t2 )
(2.42) G(t1 , t2 ) = e (t1 t2 ) + e i (t2 t1 ) (t2 t1 )
2
Per quanto riguarda il metodo della somma sui cammini, notiamo anzitutto che
con una integrazione per parti
1 1 1
Z Z Z
d t q 2 2 q 2 = d t q q 2 q 2 =
(2.43) S= d t qO q
2 2 2
dove O loperatore differenziale
(2.44) O = 2t + 2
La strategia per eseguire lintegrale quella standard per integrare funzioni del tipo
exp(a x 2 + bx), usata ad esempio nella Appendice A, e consiste nel riscrivere le-
sponente come quadrato perfetto, per ottenere un integrale gaussiano. Procediamo
formalmente, riscrivendo la (2.45) come5
i
Z Z
d t (q + O 1 J ) O (q + O 1 J ) (O 1 J ) O (O 1 J )
Z [J] = D[q(t )] exp
2
i
Z Z
i
Z
= exp d t (O 1 J ) O (O 1 J ) D[q(t )] exp d t (q + O 1 J ) O (q + O 1 J )
2 2
5 Per verificare questo risultato, notare che, con due integrazioni per parti,
Z Z Z
d t (O 1 J) O = d t O (O 1 J) = d t J
22 CAPITOLO 2. INTEGRALI DI FEYNMANN
i
Z
1
(2.46) Z [J] = exp dt J O J
2
O (O 1 J)(t ) = J(t )
(2.48) O G(t ) = (t )
Dobbiamo per ricordare che la Z [J] definita (eq. 2.31) come limite partendo da
valori del tempo con una piccola7 parte immaginaria negativa, t 0 = (1 i )t . Per
piccolo ma non nullo, loperatore differenziale O diventa
(2.49) O = 2t 0 + 2 = (1 + 2i )2t + 2
e il propagatore G(t ) sar il limite per 0 di una funzione G(t , ) che obbedisce
lequazione8 , vedi la eq. (2.9),
(1 + 2i )2t + 2 G(t , ) = (t )
(2.50)
G = a e i t (1i ) + b e i t (1i )
2
2G = (1 i ) G;
Per trovare una soluzione della (2.50) passiamo alle trasformate di Fourier,
1 1
Z Z
(2.51) G(t , ) = dE G(E , )e i Et (t ) = dE e i Et
2 2
6 Ricordiamo che lintegrale funzionale si estende su tutte le orbite periodiche, q(+) = q(), quindi
vogliamo che anche q 0 sia periodico. Occorre quindi imporre qualche restrizione su J(t ), ad esempio che
le funzioni J(t ) ammissibili tendano abbastanza rapidamente a zero per t . Una analoga restrizione
si dovr applicare nel caso della teoria dei campi.
7 Nelle seguenti manipolazioni trascureremo termini 2 .
8 Stiamo trascurando fattori moltiplicativi che tendono ad uno quando 0. Ad esempio avremmo
dovuto scrivere (t 0 ) = (t )/(1 i ), ma questo fattore irrilevante nel limite.
2.9. LOSCILLATORE ARMONICO 23
Im(E) Im(E)
+ i
Re(E)
+ i
Re(E)
i
Figura 2.1: Posizione dei poli nella funzione G(x, ) e cammino di integrazione per
tempi positivi
Quindi
1 (1 2i )
(2.52) G(E , ) = =
2 E 2 (1 + 2i ) E 2 2 (1 2i )
1 1
(2.53) G(E , ) = oppure =
E 2 2 + i E 2 ( i )2
1 e i Et
Z
(2.54) G(t , ) = dE
2 E 2 ( i )2
i i t (1i )
(2.55) G(t , ) = e (t ) + e i t (1i ) (t )
2
mentre la soluzione generale sar
i i t (1i )
(2.56) G(t , ) = e (t ) + e i t (1i ) (t ) + a e i t (1i ) + b e i t (1i )
2
Per determinare le costanti a, b ricordiamo che, per eseguire il calcolo che por-
ta alla (2.46) abbiamo eseguito un cambiamento di variabili nella integrazione sui
cammini,
Z
q(t ) q 0 (t ) = q(t ) q(t ); q(t ) = d t 0G(t t 0 ) J(t 0 ) = q(t )
Dato che lintegrale esteso su tutti i cammini periodici tra t = , anche i cammini
trasformati devono essere periodici, qualunque sia la funzione J(t ). Quindi q(t )
24 CAPITOLO 2. INTEGRALI DI FEYNMANN
2 Z [J]
1
G(t , t 0 ) = 0|T q(t ) q(t 0 ) |0 = = i G(t t 0 )
(2.59)
Z (0) J(t )J(t 0 ) J=0
E interessante a questo punto fingere di non sapere nulla sulla struttura degli
stati eccitati delloscillatore armonico e vedere cosa possiamo direttamente impa-
rare dalla conoscenza delle funzioni di Green, cio dalla (2.42), che riscriviamo per
comodit, nel caso t1 > t2
1 i (t1 t2 )
(2.60) 0|q(t1 ) q(t2 ) |0 = e ; (t1 > t2 )
2
Daltra parte, introducendo un insieme completo di stati,
X
(2.61) 0|q(t1 ) q(t2 ) |0 = 0|q(t1 )|X X |q(t2 ) |0 ; (t1 > t2 )
X
e paragonando con il risultato precedente concludiamo che deve esistere uno stato
1 tale che
1
(2.62) 0|q(t1 )|X = p e i t1
2
e quindi E1 = E0 + . Dalla funzione di Green a quattro punti possiamo imparare
qualcosa del secondo stato eccitato, e cos via. Il funzionale Z J contiene informa-
zioni sullintero spettro degli stati.
2.10. CAMPI SCALARI LIBERI 25
nico, calcoliamo il funzionale generatore (eq. 2.35). Con una integrazione per parti9
possiamo scrivere la azione come
1
Z
S = d4x (x) (x) m 2 2
2
(2.64)
1 1
Z Z
= d4x (x) (x) + m 2 2 = d 4 x K
2 2
dove K loperatore differenziale di Klein Gordon,
(2.65) K = + m 2 = + m 2
i
Z Z
4
d x K + 2 (x)J(x)
= D[(x)] exp
2
i
Z Z
d 4 x ( + K 1 J)K ( + K 1 J) (J K 1 J)
= D[(x)] exp
2
i i
Z Z Z
4 1 4 1 1
= exp d x(J K J) D[(x)] exp d x ( + K J)K ( + K J)
2 2
9 Nel fare integrazioni per parti assumiamo una periodicit di (x) sia nel tempo che nello spazio, come
descritto in dettaglio nella sezione 2.7.
26 CAPITOLO 2. INTEGRALI DI FEYNMANN
Anche questa volta, come nel caso delloscillatore armonico, dobbiamo stare attenti
al limite da tempi immaginari per cui riscriviamo loperatore K come (vedi eq. 2.49)
(2.68) K = (1 + 2i )2t (~
5)2 + m 2
1 1
Z Z
(2.69) F (x) = d 4 p F (p)e i px 4 (t ) = d 4 p e i px
(2)4 (2)4
1
(2.70) F (p) =
~ 2 m2 + i
E2 p
0| T (x) (y) |0 = i F (x y)
(2.72)
2 1
L= k (x) k (x) m 2 2k = (x) (x) m 2
X
(2.73)
k=1 2
Anche in questo caso Z [J] (vedi eq. 2.39) si calcola esplicitamente ripetendo i passi
sviluppati in precedenza, per arrivare a
(2.74) Z [J, J ] = exp i d 4 x d 4 y J (x) F (x y) J(y)
0| T (x) (y) |0 = i F (x y)
(2.75)
0| T (x) (y) |0 = 0| T (x) (y) |0 = 0
(2.76)
Lintegrale in parentesi quadre quello della eq. (2.54), che gi conosciamo dalla
(2.57), quindi:
0| T (x) (y) |0 = i F (x y)
(2.77) ~ (~x ~y )
ip
1 3 e
Z
i p (tx t y ) i p (t y tx )
= d p e (t x t y ) + e (t y t x )
(2)3 2p
otteniamo
e i q~ ~x i q (tx t y )
0| T (~x , tx ) (~ (tx t y ) + e i q (t y tx ) (t y tx )
q , t y ) |0 = e
2q
e i q~ ~x i q (tx t y )
(2.79) 0| (~x , tx ) (~
q , t y ) |0 = e (tx > t y )
2q
e i q~ ~x i q (t y tx )
(2.80) 0| (~
q , t y ) (~x , tx ) |0 = e (t y > tx )
2q
e i q~ ~x i q (tx t y )
0| (~x , tx ) |X X | (~
X
(2.81) q , t y ) |0 = e
X 2q
da cui se scriviamo
Z
X X = d 3 k P; ~k P; ~k
X
(+ stati che non contribuiscono a (2.81))
X
1
(2.82) ~ =
0| (~x , tx ) |P; q e i (~q ~x q tx )
(2)3/2 2q
p
1
(2.83) ~ | (~x , tx ) |0 =
P; q e i (~q ~x q tx )
(2)3/2 2q
p
e i q~ ~x i q (t y tx )
0| (~
q , t y ) |X X | (~x , tx ) |0 =
X
(2.84) e
X 2q
q )e i (~q ~x +tx q )
A q~ | (~x , tx ) |0 = b(~
1
(2.85) ~ | (~x , tx ) |0 =
A; q e i (~q ~x q tx )
(2)3/2
p
2q
1
(2.86) 0| (~x , tx ) |A; q
~ = e i (~q ~x q tx )
(2)3/2
p
2q
Nel precedente capitolo abbiamo applicato il metodo della somma sui cammini a
teorie di campo molto semplici, in particolare a campi scalari reali o complessi li-
beri, che corrispondono a particelle di spin zero. Come vedremo, questi metodi si
applicano egualmente ai campi di particelle di spin 1/2, ad esempio lelettrone e
di spin 1, ad esempio il fotone. Nel primo caso dovremo imparare come trattare
la quantizzazione di campi fermionici, nel secondo dovremo affrontare il problema
della invarianza di gauge. In ogni caso solamente nel caso di campi liberi che si
pu portare a conclusione il calcolo delle varie grandezze che caratterizzano la teo-
ria, in particolare le funzioni di Green e il funzionale generatore. Per campi liberi si
intende parlare di campi che descrivono particelle che non interagiscono tra loro.
Questo si traduce nella richiesta che il Lagrangiano non contenga termini che sono
il prodotto di pi di due campi, e a questo tipo di lagrangiano corrispondono equa-
zioni del moto lineari nei campi. Ad esempio per i campi scalari lequazione di Klein
Gordon,
( + m 2 )(x) = 0,
per campi liberi di spin 1/2 lequazione di Dirac, per il fotono le equazioni di Max-
well. In tutti questi casi la soluzione generale delle eq. del moto data da una so-
vrapposizione di onde piane, che corrispondono ai diversi possibili stati di impulso
definito delle particelle. In tutti i casi interessanti la situazione molto pi com-
plessa: il lagrangiano contiene termini del terzo o quarto ordine (o di ordine ancora
superiore) e le equazioni del moto non sono lineari, e si ottengono teorie non risol-
vibili esattamente. Si ricorre allora a metodi approssimati, tra cui in primo luogo la
teoria delle perturbazioni.
Anche se in questo corso vogliamo sopratutto occuparci di elettrodinamica quan-
tistica, cominciamo con il considerare il caso semplice di un campo scalare reale con
una interazione 4 , e cio con un lagrangiano
1 1 1
(3.1) L = (x) (x) m 2 2 4
2 2 4!
cui corrisponde una equazione del moto non lineare,
1
( + m 2 )(x) = 3
3!
di cui non si conosce una soluzione generale nemmeno a livello classico.
29
30 CAPITOLO 3. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI
(3.2) L (, ) = L 0 (, ) + L 1 ()
Z
(3.3) Z [J] = exp i d 4 xL 1 i Z 0 [J],
J(x)
i 4
Z
Z [J] = exp d4x i Z 0 [J]
4! J(x)
n
(i )n Z 4
4
Z 0 [J]
X
= d x i
n=0 (4!) n n! J(x)
(3.5)
4 0
Z
0 4
= Z [J] i d x i Z [J]
4! J(x)
2 4 4 0
4 4
d xd y i i Z [J] + . . .
2(4!)2 J(x) J(y)
Per procedere col calcolo, ordine per ordine, dobbiamo eseguire materialmente le
derivate funzionali. Notiamo che (eq. 3.4)
Z Z
(3.6) i Z 0 [J] = d 4 y F (x y) J(y) Z 0 [J] = d 4 y F (x y) J(y) Z 0 [J]
J(x)
1 Abbiamo supposto che L 1 dipenda dai campi e non dalle loro derivate, una limitazione che semplifi-
ca i seguenti sviluppi formali ma che pu essere superata senza particolari difficolt. Pure per semplicit
considereremo qu il caso di un singolo campo
3.1. LO SVILUPPO PERTURBATIVO 31
x
x x!
x!
Figura 3.1: Rappresentazione grafica dei due termini della eq. (3.7)
(3.7)
Z Z
0 4 0 4
i i Z [J] = d y F (x 0
y 0
) J(y 0
) d y F (x y) J(y) Z 0 [J]
J(x 0 ) J(x)
i F (x x 0 ) Z 0 [J]
(a) v (b)
v
(c) v
(d)
i
Z
(3.8) vertice d4v
4!
linea da x a y i F (x y)
a queste si deve aggiungere una regola per calcolare il fattore combinatorio da ap-
plicare al contributo di ciascun diagramma. Nel caso della teoria 4 questultima
regola parecchio pi complicata che nel caso della elettrodinamica quantistica.
Nel nostro contesto, in cui la 4 ci serve come modello semplice per la QED, con-
viene soprassedere a questa discussione. sempre possibile, una volta identificata
con le regole che abbiamo dato la forma di un particolare contributo alla Z [J],
tornare alla (3.5) per ottenere il fattore combinatorio corretto.
A ogni vertice o pallino si associa un punto nello spazio-tempo (x, v), su cui vie-
ne eseguita una integrazione, e largomento delle F la differenza tra le posizioni
degli estremi, siano essi vertici o pallino. Quindi al diagramma (c) della figura 3.2
corrisponde un termine in Z [J] che possiamo chiamare D1 ( il primo diagramma
che calcoliamo!)
i
Z Z Z Z Z
4 4 4 4 4
D1 [J] = (i ) d x1 J(x1 ) d x2 J(x2 ) d x3 J(x3 ) d x4 J(x4 ) d4v
(3.9) 4!
(i )4 F (x1 v)F (x2 v)F (x3 v)F (x4 v)
1
1
3.2. PARTI CONNESSE E DIAGRAMMI VUOTO-VUOTO 33
(a)
v1 v2
v2
(b)
v1
(c)
v1 v2
(b) v
(a) v1 v2 v1
1
34 CAPITOLO 3. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI
v1 v2
In questa sezione studiamo la forma esatta della funzione di Green a due punti per
un campo scalare reale. In una teoria di campo con interazioni non possibile cal-
3.3. LA FUNZIONE DI GREEN A DUE PUNTI. 35
Alla somma sugli stati intermedi possono contribuire stati ad una particella p ~ e
stati con due o pi particelle. quindi dividiamo la somma (e il risultato) in due parti:
Z e i p~ (~x ~y ) i p (tx t y )
Z
3
d3p e (tx t y ) + e i p (t y tx ) (t y tx )
(2) 2p
e, paragonando con la (2.77) otteniamo
3.4 La matrice S.
Nella fisica delle particelle il punto di contatto tra teoria e esperimento dato dagli
elementi della matrice S che definiscono la ampiezza di transizione tra stati compo-
sti da una o pi particelle. Nella direzione dellesperimento gli elementi della matri-
ce S si traducono in sezioni durto, probabilit di decadimento, e in generale tutte le
grandezze misurabili nei processi durto. Dal punto di vista della teoria esiste, come
vedremo, una precisa relazione tra elementi della matrice S e funzioni di Green, per
cui la conoscenza sperimentale di tali elementi di matrice permette di esplorare la
struttura della teoria di campo sottostante.
Alla base della teoria della matrice S la cosidetta ipotesi asintotica: qualsiasi
stato fisico di energia finita evolve nel tempo verso uno stato composto da parti-
celle che non interagiscono tra loro. La giustificazione che tutte le interazioni tra
particelle sono a corto raggio dazione4 . Trascurando le interazioni coulombiane o
gravitazionali, unidea rozza del raggio dazione delle interazioni tra particelle data
dalla lunghezza donda Compton. Nel caso delle interazioni adroniche, la lunghezza
donda Compton del pione, 1.4 1013 cm. Dato che nel mondo delle particelle le ve-
locit tipiche sono dellordine della velocit della luce, la separazione tra particelle
adroniche avviene in un tempo dellordine di Ts = 1021 s. Per altri tipi di interazione
la lunghezza caratteristica pu essere pi piccola o pi grande, ad esempio la lun-
ghezza donda Compton dellelettrone 3.86 1011 cm, ma sempre molto piccola ri-
spetto a qualsiasi dimensione macroscopica. Lipotesi asintotica si applica al futuro,
ma anche al passato: ripercorrendo allindietro la storia di qualsiasi stato troveremo
che esso consisteva nel lontano passato da particelle ben separate tra loro.
La separazione delle particelle garantita per stati fisici normalizzati A|A = 1,
che sono pi o meno localizzati, ma non per autostati dellimpulso onde piane
che si estendono su tutto lo spazio. Malgrado ci useremo lipotesi asintotica anche
per autostati dellimpulso intendendo che i risultati ottenuti sono validi se applica-
ti a pacchetti donda. Con queste premesse, se consideriamo uno stato composto
da particelle separate tra loro, dopo un certo tempo T abbastanza lungo (in termini
rigorosi, nel limite T ) lo stato sar ancora composto da particelle separate tra
loro, che possono essere le stesse particelle nei loro stati iniziali o, se intercorsa
4 Le interazioni elettromagnetiche danno luogo ad interazioni a grande distanza, ad esempio la forza
di Coulomb, un caso che va trattato con cura, ad esempio con un appropriato procedimento di limite. Le
stesse considerazioni si applicano alle interazioni gravitazionali.
3.4. LA MATRICE S. 37
Per la derivazione che segue consideriamo il caso pi semplice, una teoria con
un singolo campo scalare reale (~x , t ). Assumeremo che questa teoria descriva un
solo tipo di particelle5 , con spin 0 e massa m. facile convincerci che una relazione
tra funzioni di Green e elementi della matrice S esiste veramente: consideriamo una
funzione di Green a n punti
Quindi per opportune scelte dei tempi si pu esprimere questa funzione di Green
come combinazione di elementi della matrice S. Lultima espressione descrive un
susseguirsi di eventi: i campi del gruppo (r + 1) . . . n creano dal vuoto uno stato i ;
nel lungo intervallo di tempo T le componenti di i possono interagire, e i si tra-
sforma in f , dopo di che il gruppo di operatori del gruppo 1 . . . r distruggono le
componenti di f e si torna allo stato vuoto. Questa espressione suggestiva, ma
non direttamente utilizzabile: quello che serve un modo per estrarre un particolare
elemento di matrice S relativo ad un preciso stato iniziale, con particelle di impulso
determinato sia nello stato iniziale che nello stato finale, che dia direttamente
~ n |S|~
pr+1 , . . . p
~ ~r
p1 . . . p
Per selezionare particelle con impulso definito possiamo ricorrere a una trasformata
di Fourier dei campi. Infatti dalla (C.2) otteniamo:
p
(2)3/2 Z 3
Z
~ ~x
(3.23) 3
0| d x (~x , t )e i q
p = p
|~ (~ ~ )e i q t
qp
2q
5 Stiamo facendo una ipotesi sullo spettro degli stati della teoria, essenzialmente la stessa ipotesi della
sezione precedente.
38 CAPITOLO 3. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI
lezionare il contributo dello stato a una particella isolando il coefficiente della sin-
golarit in E = q . Isolare la singolarit significa moltiplicare per E q e passare
al limite E q . Per ottenere una ricetta pi elegante conviene moltiplicare per
(E q )(E + q ) = E 2 2q = q 2 m 2 , dove q 2 = (E 2 q ~ 2 ) e passare al limite:
Z t Z
2 2 0 3 q ~x )
i (Et 0 ~ 0
lim (q m ) dt d xe p | (~x , t ) |0
~
Eq
(3.26) ( p p
i 2q (2)3/2 Z 3 (~ ~)
qp (1 particella)
=
=0 (2+ particelle)
Notiamo un aspetto importante per luso che faremo di questa ricetta: il risultato
non dipende dal limite superiore di integrazione, t .
dove i puntini indicano altri operatori di campo ( potrebbe essere uno qualsiasi dei
campi nella (3.21)). Se t +, sar spinto in prima posizione dallordinamento
temporale, e quindi pu solo agire da operatore di distruzione, e la sua dipendenza
da t sar del tipo e i t . Viceversa per t finir in ultima posizione, e la
dipendenza da t sar del tipo e i t . Quindi
e i t
(
(t +)
0|T (~x , t ) |0 +i t
(3.28)
e (t )
(3.29)
k=n Z k=n k=r k=n
(qk2 m 2 ) d 4 xk e i qk xk e i qk xk 0|T (x1 ) . . . (xn ) |0
Y Y Y Y
lim
E i i k=1 k=1 k=1 k=r+1
k=n
Y q p
= i 2q (2)3/2 Z ~ ~ r |S|~
q1 q ~n
qr+1 q
k=1
k=4 i k=4
~ 2 = (i )4
Y 2
~ 4 |S|~ (qk m 2 )
Y
q3 q
~ q1 q p lim
3/2 Z E i i
p
k=1 2 q (2) k=1
(3.30) Z k=4
d 4 xk e i q1 x1 e i q2 x2 e i q3 x3 e i q4 x3 0|T (x1 )(x2 )(x3 )(x4 ) |0
Y
k=1
q
dove qk = {~qk , E k } e k = q~ k2 + m 2 . La funzione a quattro punti si ottiene dal
funzionale generatore (eq. 2.36)
4 Z [J]
1
0|T (x1 )(x2 )(x3 )(x4 ) |0 = (i )4
(3.31)
Z [0] J(x1 ) J(x4 ) J=0
Il diagramma (c) della fig. 3.2 lunico di ordine . La sua espressione esplicita
nella eq. (3.9) da cui otteniamo
(3.32)
Z
i d 4 v F (x1 v)F (x2 v)F (x3 v)F (x4 v) + O (2 )
Notiamo che il fattore 1/4! stato eliminato dalle quattro derivate. Nella (3.30) ap-
pare la trasformata di Fourier in ciascuna delle coordinate xk . Paragonando con la
3.6. DIAGRAMMI DI FEYNMAN NELLO SPAZIO DEGLI IMPULSI 41
(3.32) vediamo che questa trasformata si applica a ciascuna delle F associate alle
gambe esterne, per la quale (vedi eq. (2.69), (2.69)) si ottiene
e i q1 v e i q1 v
Z
(3.33) d 4 xk e i q1 x1 F (x1 v) = = , ecc.
~ 12 m 2 + i
E12 q E12 21 + i
I fattori (E k2 2k ) nella (3.30) si semplificano con quelli che provengono dalla tra-
sformata dei propagatori, e si ottiene:
k=4 1
Z
~ 4 |S|~ ~ 2 = i d 4 ve i (q1 +q2 q3 q4 )v + O (2 )
Y
(3.34) q3 q
~ q1 q p
2q (2)3/2 Z
p
k=1
k=4 1
~ 4 |S|~ ~ 2 = (i )(2)4 4 (q1 + q2 q3 q4 ) + O (2 )
Y
(3.35) q3 q
~ q1 q
3/2
p
k=1 2 q (2)
Le prossime correzioni, di ordine 2 , derivano dai diagrammi della figura 3.4. Come
vedremo nella prossima sezione possibile formulare regole per i diagrammi Feyn-
man che si applicano direttamente agli elementi di matrice S, senza passare ogni
volta per il tramite del funzionale generatore. Gi si intravede qualche regola genera-
le: la scomparsa dei propagatori sulle gambe esterne, e la comparsa di una funzione
per la conservazione dellenergia e dellimpulso in ciascun processo. Per i curiosi,
al processo di scattering che abbiamo considerato in questa sezione corrisponde il
semplice diagramma di Feynman della figura 3.6.
q2 q4
q1 q3
lavorare direttamente nello spazio degli impulsi, ovvero dei quadrivettori impulso-
energia. Dal punto di vista funzionale una trasformata di Fourier semplicemente
un cambiamento di variabili. Definiamo la trasformata della funzione J,
1
Z Z
i px
(3.36) 4
J(p) = d x J(x)e ; J(x) = d 4 p J(p)e i px
(2)4
F J(p) F F
Z Z
(3.37) = d4p = d 4 p e i px
J(x) J(x) J(p) J(p)
e analogamente si ottiene
F 1 F
Z
(3.38) = d 4 x e i px
J(p) (2)4 J(x)
e per ottenere quella della (3.29) baster porre p = q per le particelle nello stato ini-
ziale, e p = q per quelle nello stato finale. In termini del funzionale generatore
questo diviene
Z k=n k=n
i pk xk
Y 4 Y 4
d xk e i Z [J] = (2) i Z [J]
k=1 J(x k ) k=1 J(p k )
(J=0) (J=0)
Nello scrivere questa relazione abbiamo omesso di dividere per Z [0], assumendo
che Z [J] rappresenti il funzionale generatore depurato del contributo dei diagrammi
vuoto-vuoto, e cio (vedi sezione 3.3 ) Z[0]=1. La formula di riduzione per la matrice
S, eq. (3.29) si pu riscrivere come (nel secondo passaggio semplifichiamo i fattori i)
~ r |S|~
q1 q
~ ~n
qr+1 q
(2)4 (qk2 m 2 )
" #
k=n
Y k=r
Y k=n
Y
= lim p i i Z [J]
E i i k=1 i 2q (2)3/2 Z k=1 J(qk ) k=r+1 J(qk )
p
(3.39) (J=0)
4 2 2
" #
k=n
Y (2) (qk m ) Y k=r k=n
Y
= lim p Z [J]
3/2 J(q ) J(q k)
p
E i i k=1 2q (2) Z k=1 k k=r+1 (J=0)
i e i px e i py
Z
(3.40) i F (x y) = d4p
(2)4 ~ 2 m2 + i
E2 p
3.6. DIAGRAMMI DI FEYNMAN NELLO SPAZIO DEGLI IMPULSI 43
mentre ad ogni vertice vanno associati i fattori exp(i px) delle linee che vi conflui-
scono. La integrazione nella coordinata del vertice risulta allora in una funzione
che garantisce la conservazione dellenergia e dellimpulso tra tutte le linee che
confluiscono nel vertice,
Z P
d 4 x e i x (pi ) = (2)4 4
X
(3.42) (pi )
p1 p3 p1 p3
q1
q2
p2 p4 p2 p4
1 d 4 p J(p)
Z
Linea esterna
(2) 4 (p m 2 + i )
2
A questo punto possiamo direttamente passare alle regole di Feynman per gli ele-
menti di matrice S. Se consideriamo la regola di riduzione nella eq. (3.39), le deriva-
te funzionali /J(p) eliminano i fattori J(p) presenti nel contributo del diagramma
al funzionale generatore, mentre i fattori
(2)4 (qk2 m 2 )
p
2q (2)3/2 Z
p
44 CAPITOLO 3. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI
i
(2)4 4 ( pin pout )
X X
Vertice
4!
i d4p
Z
(3.43) Linea interna
(2)4 p 2 m 2 + i
1
Linea esterna p
2p (2)3/2 Z
p
p1 p3 p1 p3
q1
q2
p2 p4 p2 p4
dove C rappresenta un fattore combinatorio (in cui abbiamo incorporato gli 1/4!), e
abbiamo trattato p1 , p2 come particelle entranti (stato iniziale) e p3 , p4 come parti-
celle uscenti. Le due si possono combinare in una che garantisce la conservazio-
ne dellimpulso e dellenergia tra particelle entranti e particelle uscenti, presente in
qualunque diagramma per la matrice S. La seconda elimina una delle integrazioni,
fissando q2 = p1 + p2 q1 , e si ottiene
hY q p i1
D2 = C (i )2 2qi (2)3/2 Z (2)4 4 (p1 + p2 p3 p4 )
Z 4
d q1 i i
(2) q1 m + i (p1 + p2 q1 )2 m 2 + i
4 2 2
Campi Fermionici
(4.1) [a, a ] = 1
(4.3) a 0 = 1 ; a 1 = 0; a 1 = 0 ; a 0 = 0; (fermioni)
(4.4) {a, a } = 1
(4.5) H = a a
(4.6) L = i a a a a
1 Come diverr chiaro fra poco conviene in questa fase esplicitare la dipendenza dalla costante di
Planck.
45
46 CAPITOLO 4. CAMPI FERMIONICI
L
(4.7) p= = i a ; H = p a L = a a
a
Notiamo che, dato che L non dipende da a , L/a = 0. In realt la relazione tra
a ed a simmetrica, dato che con una integrazione per parti possiamo esprimere
lazione in due modi equivalenti in cui i ruoli di a, e a sono scambiati,
Z Z
S = d t (i a a a a) = d t (i a a a a)
1 1
(4.8) [a, a ] = [a, p] = i = 1
i i
m ip m ip
(4.9) a = x+ , a = x
2 m 2 m
(4.10) L = i a a a a
e le regole di commutazione
(4.11) [a, a ] =
Nella somma sui cammini a(t ), a (t ) sono trattate come funzioni a valore numeri-
co, cio come grandezze che commutano. Quindi come se si prendesse un limite
classico, 0, nel quale a(t ), a (t ) divengono grandezze commutanti,
(4.12) [a, a ] = 0
(4.13) {a, a } = 0
quindi i cammini nel caso fermionico devono essere descritti da una funzione il cui
valore non un normale numero, ma una quantit che anticommuta, una variabile
di Grassman.
(4.14) {ah , ak } = 0
(4.18) Pi Pk = Pk Pi ; Pi A k = A k Pi ; A i A k = A k A i
d
(4.20) D=i
dt
Dato che lazione deve in ogni caso essere una grandezza commutante, nel caso
fermionico sia J che J devono essere anticommutanti. Come abbiamo fatto nella
sezione 2.9 introduciamo una funzione S(t ) tale che
d
Z Z
dt d t 0 J (t 0 ) S(t 0 t ) i a(t )
dt
d
Z Z
0 0
= d t i d t J (t ) S(t 0 t ) a(t )
dt
2 Questo non altro che loperatore di Dirac (i m), ma in uno spazio ad una sola dimensione.
4.1. LOSCILLATORE ARMONICO E LOSCILLATORE DI FERMI 49
e notando che
d d
i S(t 0 t ) = i S(t 0 t ) = (t 0 t ).
dt d(t 0 t )
lim S t (1 i ) = lim S t (1 i ) = 0
(4.22)
t t
(4.23) S(t ) = i (t ) e i t
Dato che siamo stati attenti a non cambiare lordinamento delle grandezze che nel
caso fermionico anticommutano tra loro, quanto fatto sinora vale sia per il caso bo-
sonico che per quello fermionico. Delle differenze appaiono nel calcolo delle fun-
zioni di Green, dove bisogna tenere conto del carattere anticommutante degli ope-
ratori. Ad esempio, se a una grandezza anticommutante, la (2.13) va ridefinita
come
(
a(t1 ) a(t2 ) se t1 t2
(4.25) T (a(t1 ) a(t2 )) = Fermioni
a(t2 ) a(t1 ) se t2 t1
e quindi anche
(4.27) a(t ) i Bosoni o Fermioni
J (t )
50 CAPITOLO 4. CAMPI FERMIONICI
come si vede dalla (4.19) notando che nel caso fermionico J(t ) anticommuta con
a (t ). Calcoliamo alcune funzioni di Green: Per la funzione a due punti otteniamo,
sia nel caso fermionico che nel caso bosonico (lasciamo la derivazione ai lettori),
0|T a(t )a () |0 = Z [J, J ]
(4.29) J (t ) J()
J=J =0
= i S(t ) = (t )e i (t )
Consideriamo anzitutto il caso t > , per cui otteniamo, assegnando una energia
E0 = 0 allo stato 0,
Questo risultato ci dice che3 esiste uno stato 1 con energia E1 = , e che | 1|a |0 |2 =
1. Quindi possiamo definire la fase dello stato 1 in modo che a 0 = 1. Al conta-
rio, se > t otteniamo
0|a () a(t )|0 = 0
e introducendo un insieme completo di stati A con energia E A ,
| A|a|0 |2 e i E A (t ) = 0
X
A
Il segno che appare nel caso fermionico riflette il principio di Pauli. Ad esempio,
nel caso t1 > t2 > 1 > 2 si ottiene
2
e da questo impariamo che esiste uno stato 2 con
p
p energia E2 = 2, e che [a ] 0 =
2 2. Datopche a 0 = 1, deve essere a 1 = 2 2. Analogamente deduciamo
che a 2 2 = 2 0. Nel caso fermionico impariamo invece che, come segue dal prin-
cipio d Pauli, [a ]2 0 = 0 non esiste un secondo stato eccitato delloscillatore di
Fermi.
(4.32) (i m)(x) = 0
La (4.33) sar il nostro punto di partenza. In analogia a quanto abbiamo fatto per lo-
scillatore, definiamo il funzionale generatore introducendo due funzioni ausiliarie
J (x), J (x).
Z Z
= D[] D[] exp i d 4 x (x) D (x) J(x)
(x) (x) J(x)
(4.34) Z (J, J)
Z Z Z
d 4 x (x) J(x) = d 4 x (x) (i m) d 4 x 0 S F (x x 0 ) J(x 0 )
x
che si verifica direttamente dalla (4.35). Inoltre
Z
0 ) S F (x 0 x) (i
d 4 x 0 d 4 x J(x m) (x)
x
Z
4 0 4 0 0
= d x d x J(x ) S F (x x) (i m) (x)
x
Z Z
= d 4 x 0 d 4 x J(x 0 )4 (x 0 x)(x) = d 4 x J(x)(x)
dove nel primo passaggio abbiamo eseguito una integrazione per parti, e nel secon-
do abbiamo utilizzato la (4.39) che dimostreremo fra poco. La freccia indica che la
derivata va eseguita sulla funzione alla sinistra.
e risulta in una costante moltiplicativa (il valore di Z [0]) che pu essere omessa, e si
ottiene semplicemente
Z
4 0 4 0 0
(4.36) Z (J, J) = exp i d x d x J(x ) S F (x x) J(x)
lim S F (t (1 i ), ~x = 0
(4.37)
t
Dalla espressione (4.38) segue una relazione che abbiamo usato in precedenza,
(4.39) S F (y x)(i + m) = 4 (x y)
x
sostituendo infatti nel primo menbro la (4.38) otteniamo (/x = /y)
S F (y x)(i + m) = (i + m)(i + m)F (y x)
x y x
= (i + m)(i + m)F (y x) = 4 (x y)
y y
4 Vedi la sezione 2.10. Ricordiamo che ( )2 = = . Si verifica facilmente che questa
lunica soluzione accettabile, dato che lequazione omogenea che corrisponde alla (4.35) non altro che
lequazione di Dirac, le cui soluzioni sono sovrapposizioni di onde piane che falliscono la condizione
(4.37), per t se del tipo a frequenza positiva e i t , e per t per le frequenze negative, e i t .
4.2. QUANTIZZAZIONE DEL CAMPO DI DIRAC 53
(4.40) (x) i ; (x) i
J (x) J (x)
Come abbiamo visto nel caso delloscillatore, il segno - nella seconda delle rego-
le di corrispondenza si compensa con un secondo segno - che proviene dal ca-
rattere anticommutante delle derivate funzionali. Avremmo quindi ottenuto esat-
tamente lo stesso risultato se avessimo trattato il campo di Dirac come grandezza
commutante.
Notiamo anche che le funzioni di Green con due o due sono eguali a zero
0| T (x) (y) |0
(i
/ + m) e i p~ (~x ~y ) i p (tx t y )
Z
= 3
d3p e (t ) + e i p (tx t y ) (t )
(2) 2p
e i p (xy) (p/ +m)
1 3 d3p
R
(2) 2p (tx > t y )
=
1 R d 3 p e i p (xy) (p/ +m) (tx < t y )
(2)3 2p
Nel termine con frequenze negative e i p (tx t y ) abbiamo cambiato segno alla varia-
~.
bile di integrazione p
Nei passi che seguono useremo le propriet degli operatori di proiezione (vedi
[8], app. A),
(p
/ + m) 2
X (p
/ + m) 2
X
(4.43) = ur (~
p )ur (~
p ); = vr (~
p )vr (~
p)
2m r=1 2m r=1
e le propriet di ortogonalit
q
ur (~ q ) = vr (~ r s ; ur (~
(4.44) q ) us (~ q ) vs (~
q) = q ) vs (~
q) = 0
m
54 CAPITOLO 4. CAMPI FERMIONICI
1
Z
m X 2
(4.45) 0| (x) (y) |0 = d 3 p e i p (xy) ur (~
p )ur (~
p ),
(2)3 p r=1
e, per tx < t y ,
1
Z
m X 2
(4.46) 0| (y) (x) |0 = d 3 p e i p (xy) vr (~
p )vr (~
p)
(2)3 p r=1
1
Z
m X 2
(4.47) 0| (x) (y) |0 = d 3 p e i p (xy) ur (~
p )ur p)
(~
(2)3 p r=1
1
Z
m X 2
(4.48) 0| (y) (x) |0 = d 3 p e i p (yx) vr (~
p )vr p)
(~
(2)3 p r=1
1
Z
m X 2
0| (x) (x) |0 = X | (x)|02 = d3p p )|2
X
|vr (~
X (2)3 p r=1
Sia il primo membro che il secondo membro sono grandezze definite positive. Se
avessimo considerato , come grandezze commutanti il secondo membro di que-
sta equazione avrebbe un segno negativo (verrebbe a mancare il segno - a primo
membro della eq. 4.46 ) e avremmo ottenuto un risultato assurdo. I campi di Dirac
devono essere anticommutanti.
1 e i p(xy)
Z
0| (y) (x) |0 = d3p
(2)3 2p
e nel limite y x,
1 1
Z
0| (x) (x) |0 = X |(x)|02 = d3p
X
,
X (2)3 2p
una eguaglianza tra grandezze definite positive. Nel caso anticommutante il cam-
biamento di segno a primo membro avrebbe portato a un risultato assurdo.
4.2. QUANTIZZAZIONE DEL CAMPO DI DIRAC 55
q
1/2
XZ
(4.49) cr (~
q; t ) = d 3 x e i q~ ~x ur
q ) (~x , t );
(~
(2)3 m
q
1/2
XZ
(4.50) cr (~
q; t ) = d 3 y e i q~ ~y (~y , t )ur (~
q );
(2)3 m
q
1/2
XZ
(4.51) dr (~
q; t ) = d 3 y e i q~ ~y (~y , t )vr (~
q)
(2)3 m
q
1/2
XZ
(4.52) dr (~
q; t ) = d 3 x e i q~ ~x vr
q ) (~x , t )
(~
(2)3 m
Naturalmente, come adesso dimostreremo, questi sono gli usuali operatori di crea-
zione e distruzione per le particelle e le antiparticelle.
Dalle (4.47), (4.48) otteniamo
1/2
m
(4.53) q ; tx ) (y) |0 =
0| cr (~ e i q t e i q y ur
q );
(~
(2)3 q
1/2
m
(4.54)
0| (y) dr (~
q ; tx ) |0 = e i q t e i q y vr
q );
(~
(2)3 q
q ; tx ) cs (~
(4.56) 0| cr (~ p ; t y ) dr (~
p ; t y ) |0 = 0| ds (~ q ; tx ) |0 = 3 (~ ~ ) r s e i q (tx t y )
qp
0| cs (~ q ; tx ) |0 = 0| dr (~
p ; t y ) cr (~ q ; tx ) ds (~
p ; t y ) |0 = 0,
dove cr (~
q ) = cr (~
q ; t = 0), dr (~
q ) = dr (~
q ; t = 0). Quindi
(4.57) q ) 0 = dr (~
cr (~ q ) 0 = 0
Se adesso definiamo
(4.58) ~ , r = cr (~
P; p p ) 0 ; ~ , r = dr (~
A; p p ) 0
56 CAPITOLO 4. CAMPI FERMIONICI
sostituendo nella (4.53) (di cui prendiamo il complesso coniugato) e nella (4.54), in
ambedue i casi con tx = 0, otteniamo
1/2
m
(4.59) ~ , r =
0| (y) |P; p e i p y ur (~
p );
(2)3 q
1/2
m
(4.60) ~ , r =
0| (y) |A; p e i p y vr p );
(~
(2)3 q
(4.61) P; p ~ , s = A; p
~ , r | P; q ~ , s = r s (~
~ , r | A; q ~)
pq
(4.62) p ; t y ) dr (~
0| cs (~ q ; tx ) |0 = P; p ~ , r = 0
~ , s|A; q
Il campo elettromagnetico
(5.1) L =0
(5.2) F = A A
(5.3) F = A ( A ) = 0
1
(5.4) L = F F
4
(5.5) A A0 = A + f ,
dove f (x) una funzione arbitraria, lascia invarianti sia il tensore di campo F che
la densit di lagrangiano L , e quindi lintegrale dazione. Pi in generale una tra-
sformazione di gauge non deve avere alcun effetto su qualsiasi processo fisico, e in
particolare sui risultati di qualunque misura. Un corollario di questa affermazione
che i potenziali elettromagnetici A non sono essi stessi misurabili.
Linvarianza di gauge centrale nella teoria del campo elettromagnetico e delle
sue interazioni. La richiesta che anche in presenza di interazioni la teoria sia inva-
riante rispetto alla trasformazione di gauge determina il tipo di interazione possibile
57
58 CAPITOLO 5. IL CAMPO ELETTROMAGNETICO
con altri campi. La teoria del campo elettromagnetico il prototipo delle moder-
ne teorie delle interazioni fondamentali, tutte basate sulla esistenza di particolari
invarianze di gauge.
Dove il problema? I lettori ricorderanno che per definire una teoria quantistica
abbiamo dovuto garantire la convergenza degli integrali funzionali che definisco-
no la somma sui cammini. Per ottenere questo risultato abbiamo considerato una
continuazione analitica nel piano complesso della variabile tempo, tramite la ricetta
t t (1 i ). Nel caso del campo elettromagnetico la invarianza di gauge introduce
un nuovo tipo di divergenza che immune a questo rimedio. Consideriamo infatti
un integrale funzionale del tipo
Z
(5.6) I = D[A ]e i S[A ]O[A ]
dove O[A ] un funzionale delle A che sia invariante di gauge e che quindi pu
rappresentare una qualche grandezza fisica. Come al solito lintegrale funzionale
esteso sugli A periodici tra t = . Dato che S[A ] anche invariante di gauge,
per ogni cammino A (t , ~x ) ne esistono infiniti altri, ottenuti con una trasformazione
di gauge, per cui lintegrando ha lo stesso valore. Dato che lo spazio delle possibili
trasformazioni di gauge, lo spazio delle funzioni f (x), infinito, lintegrale neces-
sariamente divergente. Per dominare questa divergenza occorre trovare il modo di
metterla a fattore di ogni integrale del tipo (5.6). Linsieme dei cammini A (x) con-
nessi da trasformazioni di gauge detto una traiettoria di gauge. Quello che vorrem-
mo fare stabilire un sistema di cordinate nello spazio dei cammini tali che un sot-
toinsieme di tali coordinate (le linee orizzontali nella figura 5.1) corrispondano alle
traiettorie di gauge e le rimanenti coordinate (la linea verticale) servano a distin-
guere cammini non equivalenti sotto trasformazioni di gauge, quindi fisicamente
distinti.
A0
A 0 + f
Figura 5.1: Lo spazio delle funzioni A (x) pu essere affettato secondo traiettorie (li-
nee orizzontali) composte da cammini connessi da trasformazioni di gauge. Lungo
le coordinate ortogonali alle traiettorie di gauge (linea verticale) troviamo cammini
fisicamente distinti.
ma dato che lintegrando per ipotesi invariante di gauge, questo potrebbe essere
riscritto come Z Z
D[ f ] D[A0 ]e i S[A0 ]O[A0 ]
5.1. LA SCELTA DI GAUGE 59
(5.7) A = 0
Nella gauge di Lorentz le equazioni di Maxwell si riducono alla equazione delle onde
per ciascuna componente di k,
(5.8) A = 0
1 1
Z Z
d 4 x ( A A )( A A ) = d 4 x ( A )( A ) ( A )2 ,
S =
4 2
1
Z
(5.9) SF = d 4 x ( A )( A ),
2
che porta alle equazioni del moto della (5.8). Dobbiamo naturalmente dimostrare
che il cambiamento della azione non modifica in alcun modo il valore di integrali
funzionali del tipo della (5.6). La trasformazione si basa sulla seguente osservazio-
ne: dato un qualsiasi storia dei potenziali, A (x), indichiamo con A f (x) gli stessi
potenziali dopo una trasformazione di gauge f (x),
(5.10) A f (x) = A (x) + f (x),
si verifica facilmente che il seguente integrale funzionale sulle funzioni di gauge f (x)
una costante K indipendente dai potenziali A (x)
i
Z Z
(5.11) D[ f ] exp d 4 x ( A f )2 = K
1 Il secondo termine richiede due integrazione per parti:
Z Z Z
d x( A )( A ) = d x( A )(A ) = d x( A )( A )
60 CAPITOLO 5. IL CAMPO ELETTROMAGNETICO
dove un numero arbitrario. Lintegrale come al solito esteso alle funzione f (x)
periodiche tra t = . Rimandiamo la dimostrazione e diamo uno sguardo alluso
di questa identit: possiamo riscrivere lintegrale (5.6) come
Z
i
Z Z
I = K 1 D[ f (x)] D[A ]e i S[A ]O[A ] exp d 4 x ( A f )2 ,
Per dimostrare la identit (5.11), fissato il valore di A (x) definiamo f(x) come
Z
f(x) = d 4 y F (x y; 0) A (y)
Abbiamo quindi
A (x) = f(x); A f (x) = [ f (x) + f(x)]
Notiamo adesso che, gli A (x) che interessano sono quelli che compaiono nellin-
tegrale funzionale (5.6), e sono periodici tra t = , e quindi anche f(x) sar pe-
riodica, in conseguenza della buona convergenza di F per t = (vedi la discus-
sione nella sezione 2.9). Quindi con un cambiamento di variabile di integrazione
f f + f, lintegrale diviene semplicemente
i
Z Z
D[ f ] exp d 4 x ( f (x))2 ,
e risulta indipendente da A (x). Notiamo che il risultato dipende in modo essenziale
dal fatto che il cambiamento di variabile f f + f una semplice traslazione. Nel
caso di teorie di gauge basate su gruppi non abeliani, in questo punto si incontra
una complicazione dovuta alla non-linearit delle trasformazioni di gauge, e diviene
necessario, per eseguire il cambiamento di variabili, introdurre uno jacobiano che
richiede particolari attenzioni che in questo caso possiamo evitare.
di modo che
i
Z
Z [J ] = exp d 4 x (J 1 J )
2
i
Z Z
D[A ] exp d 4 x (A 1 J )(A 1 J )
2
Anche in questo caso lintegrale funzionale residuo un fattore costante che pu
essere omesso, e otteniamo
i
Z
(5.17) Z [J ] = exp d 4 x d 4 y J (x)F (x y; 0) J (y)
2
e la funzione a due punti, nella gauge di Feynman, diviene
0|T A (x) A (y) |0 = i F (x y) = i g F (x y; 0)
(5.18)
62 CAPITOLO 5. IL CAMPO ELETTROMAGNETICO
g e i p~ (~x ~y ) i p (tx t y )
Z
0|A (x) A (y) |0 = d3p e
(2)3 2p
g
(5.19) 0|A (x) A (~
q , t y ) |0 = e i q~ ~x e i q (tx t y ) ,
(2)3/2 2q
p
~ = A (~
; q q , 0) 0
(5.20) ; ~k|; q
~ = 0|A (~k, 0) A (~
q , 0) |0 = g 3 (~k q
~)
; ~k|; q
~ = 0|A (~k, 0) A (~
q , 0) |0 = 3 (~k q
~) (, = 1.2.3)
2 Per una discussione della gauge di Coulomb rimandiamo al Mandl e Shaw [8], in particolare il primo
capitolo.
5.3. GLI STATI A UN FOTONE 63
0; ~k|0; q
~ = 0|A0 (~k, 0) A0 (~
q , 0) |0 = 3 (~k q
~)
Una situazione che sembra in aperto contrasto con i dettami della meccanica quan-
tistica: si tratta di uno stato di probabilit negativa.
La soluzione di questo problema deriva dalla invarianza di gauge dellelettroma-
gnetismo, che non del tutto obliterata dalla scelta della gauge di Feynman. Infatti
lazione di Fermi invariante sotto una classe ristretta di trasformazioni di gauge,
caratterizzate da funzioni f (x) tali che f (x) = 0: Infatti (vedi 5.9)
Z Z
d 4 x (A + f ) (A + f ) = d 4 x ( A ) ( A )
Z Z Z
+ d 4 x ( f ) A + d 4 x ( A )( f ) + d 4 x ( f )( f )
e con una integrazione per parti si verifica che tutti i termini della seconda riga si
annullano se f (x) = 0.
Nel seguito daremo una discussione un poco sommaria di come la presenza di
questa invarianza risolva il problema degli stati addizionali che appaiono nella gau-
ge di Feynman. Una discussione pi approfondita e citazioni della letteratura origi-
nale, in particolare il lavoro di Gupta e Bleuler si trovano nel capitolo 5 del Mandl e
Shaw [8]. Per ogni valore di q~ possiamo scegliere quattro vettori di polarizzazione:
1 , 2 Le due polarizzazioni trasverse: 1,2 = {0, ~1,2 }, con (~1,2 ~k) = 0.
~:
L La polarizzazione longitudinale: un vettore spaziale parallelo a q
L = {0, q} .
T La polarizzazione temporale: un vettore di tipo tempo, T = {1, 0}
Il succo dellargomento di Gupta e Bleuler consiste nel mostrare che sebbene i fo-
toni temporali siano emessi con probabilit negativa, la probabilit (positiva) di
emettere un fotone longitudinale cancella esattamente quella (negativa) di emet-
terne uno temporale. Quindi i due tipi aggiuntivi di fotoni presenti nella gauge di
Feynman non portano ad alcuna conseguenza fisica, e linsieme delle grandezze
misurabili in questa gauge identica a quanto si srebbe ottenuto in qualsiasi altra.
Alla stessa conclusione si arriva con un argomento diverso3 che si appoggia alla
teoria delle perturbazioni: il propagatore del fotone nella gauge di Feynman (5.18) si
pu esprimere come somma di tre termini, di cui il primo descrive la propagazione
di fotoni trasversi, il secondo corrisponde alla interazione coulombiana tra le cari-
che, e il terzo contiene nello spazio degli impulsi termini proporzionali a k o k .
I primi due termini ricostruiscono esattamente quanto si otterrebbe nella gauge di
Coulomb, mentre il terzo privo di effetti. Infatti, come vedremo pi in dettaglio nel
seguito, il propagatore del fotone appare sempre attaccato a due correnti,
s F s
3 Vedi Mandl e Shaw [8], paragrafo 5.3, cui rimandiamo per i dettagli.
64 CAPITOLO 5. IL CAMPO ELETTROMAGNETICO
~~r = 0;
q ~r ~s = r s
~ , r = r (~
; q q )A (~
q , 0) 0
e, dalla (5.19),
r (~
q)
(5.22) 0|A (x) |; q
~ , r = e i q~ ~x e i q (tx t y ) ,
3/2
p
(2) 2q
Questultima risulter utile per stabilire le regole di calcolo per la matrice S. Nel
presente testo consideriamo i vettori r come vettori a componenti reali, che de-
scrivono fotoni a polarizzazione lineare. Ricordiamo per che per descrivere stati
con polarizzazione circolare, in particolare fotoni di elicit definita si devono usare
vettori r a componenti complesse.
Capitolo 6
Elettrodinamica quantistica
In questo capitolo applicheremo i metodi sviluppati nei capitoli precedenti alla co-
struzione della teoria delle perturbazioni applicata alla elettrodinamica quantisti-
ca, la teoria delle interazioni tra elettroni, descritti dal campo di Dirac, e il campo
elettromagnetico. Questo sistema sar descritto da un lagrangiano
1
L = (i ( i e A ) m0 ) F F
4
Una caratteristica saliente di questo lagrangiano la invarianza sotto trasformazioni
di gauge, che sono trasformazioni simultanee sia del campo elettromagnetico che
del campo dellelettrone,
(x) e i (x)
Questa una simmetria globale (in contrasto alla simmetria locale la simme-
tria di gauge completa) da cui, tramite il teorema di Noether, discende la conserva-
zione della corrente,
(6.3) ( ) = 0
65
66 CAPITOLO 6. ELETTRODINAMICA QUANTISTICA
Per costruire una teoria delle perturbazioni possiamo dividere il lagrangiano in due
parti:
(6.5) L = L0 + L1
1
L0 = (i m0 ) A A
2
L1 = e( )A
Come vedremo nel seguito del corso (ma per questo argomento faremo riferimento
ad altri testi, e in particolare al Mandl e Shaw [8]) m0 non la massa fisica dellelet-
trone, ma il valore che questa massa assumerebbe in assenza di interazioni, cio per
e = 0. La vera massa fisica, m, pu essere scritta come
(6.6) m = m0 + m
1
(6.7) L0 = (i m) A A
2
(6.8) L1 = e( )A + m()
1. Stabilire le formule di riduzione che legano gli elementi di matrice S alle fun-
zioni di Green.
Per ulteriori argomenti, in particolare per il calcolo della sezione durto di alcu-
ni processi significativi, o per la discussione della rinormalizzazione della carica e
rimanderemo ai testi standard, in particolare il Mandl e Shaw [8].
dellelettrone e del fotone. La trasformata di Fourier dei campi rispetto alle coordi-
nate spaziali serve a proiettare uno specifico valore della quantit di moto, ma per
particelle con spin dobbiamo aggiungere una proiezione su un adatto spinore u, v,
o vettore di polarizzazione nel caso dei fotoni. Per gli elettroni possiamo partire
dalle (4.59), (4.60). Naturalmente anche in questo caso in presenza di interazione
dobbiamo introdurre una costante di rinormalizzazione, Z2 per lelettrone, Z3 per il
fotone1 . Ad esempio dalla (4.59) otteniamo
1/2
mZ2
(6.9) ~ , r =
p ) 0| (y) |P; p
us (~ r s e i p y
(2)3 q
mq (2)3/2 Z2 3 (~
p
~ ) r s
p
= 2i qp
Anche in questo caso (vedi eq. 3.27) il processo di limite porta a un risultato nullo
per stati non di singola particella. Analogamente per la distruzione o la creazione di
una antiparticella2
Z Z
2 2 0 3 q ~x )
i (Et 0 ~ 0
lim (q m ) dt d xe ~
0| (~x , t ) |A; p , r vs (~
p)
Eq t
Z t Z
(6.11) = lim (q 2 m 2 ) dt0 d 3 x e i (Et q ~x )
0 ~
vs (~ ~ , r| (~x , t 0 ) |0
p ) A; p
Eq
mq (2)3/2 Z2 3 (~
p
~ ) r s
p
= 2i qp
Relazioni analoghe si ottengono per gli stati a un fotone partendo dalla (5.22), e
precisamente sia per fotoni uscenti (distrutti) che entranti (creati)
Z Z
e i (Et ~q ~x ) s (~
2 3 0
lim (q ) dt 0
d x q ) 0| ~
A (x) |; q , r
Eq t
Z t Z
(6.12) q ~x )
0 ~
= lim (q 2 ) dt0 d 3 x e i (Et s (~ ~ , r| A (x) |0
q ) ; q
Eq
q p
= i 2q (2)3/2 Z 3 (~ ~ )r s
qp
Paragonando queste relazioni a quelle che valgono per un campo scalare vediamo
che le differenze nel caso dellelettrodinamica saranno minime, oltre quelle dovu-
te alla presenza degli spinori o vettori di polarizzazione dobbiamo solo tener con-
to della differenza nei fattori moltiplicativi nel caso dei fermioni, (6.10), (6.11), e in
quello dei bosoni, (3.26), (6.12). Possiamo scrivere la formula di riduzione in forma
((x)ur (~
q )) fermione iniziale
((x)vr (~
q )) anti-fermione finale
(vr (~
q )(x)) anti-fermione iniziale
(ur (~
q )(x)) fermione finale
q )A (x))
(r (~ fotone iniziale o finale
Z 0 [J, J,
J ] = Z 0 [J, J]
Z 0 [J ];
Z
Z 0 [J, J]
= exp i d 4 x d 4 y J(x) S F (x y) J(y)
(6.14)
i
Z
Z 0 [J ] = exp d 4 x d 4 y J (x)F (x y) J (y)
2
Dove intendiamo che F (x y) sia la funzione di Feynman per m = 0, F (x y; 0).
In presenza del lagrangiano di interazione (6.8) possiamo esprimere il funzionale
generatore come (vedi la sezione 3.1),
Vn
J ] = e V Z 0 [J, J, Z 0 [J, J,
J ] = J ]
X
(6.15) Z [J, J,
n=0 n!
e J J
m
J J
Un pallino tratteggiato rappresenta una J e uno grigliato rappresenta una J.
Z
i Z 0 = d 4 y J(y)S(y
x) Z 0
J(x)
(6.17)
Z
i Z 0 = d 4 x S(y x)J(x) Z 0
J(y)
1
70 CAPITOLO 6. ELETTRODINAMICA QUANTISTICA
z }| {
i i Z 0 = i S(y x) Z 0 , ma, scambiando lordine,
J(y) J(x)
(6.18) z
}| {
i i Z 0 = i S(y x) Z0
J(x)
J(y)
dove la parentesi grafa indica che la derivata seconda opera sulla linea con
pallino prodotta dalla prima derivata. Questo viene detto una contrazione tra
due derivate.
Linee fotoniche interne Tenendo presente che (/J (y))J (x) = g 4 (x y),
z }| {
(6.20) i i Z 0 = i g F (x y) Z 0
J (x) J (y)
i g 1
Z
(6.21) i g F (x y) = d4p 2 e i px e i py ,
(2) 4 p +i
i p
/ +m
Z
(6.22) i S F (x y) = d 4 p e i px e i py
(2)4 p2 m2 + i
Per una linea esterna che finisce in una J (vedi la seconda delle (6.17)) abbiamo:
1 p/ +m
Z Z
(6.23) d 4 x S(y x)J(x) = d 4 p e i py 2 J(p)
(2)4 ~ 2 m2 + i
E p
dove J(p) la trasformata di Fourier della J(x),
Z
(6.24) J(p) = d 4 x e i px J(y)
Analogamente
1 p
/ +m
Z Z
(6.25) d 4 y J(y)S(y
x) = d 4 p e i px J(p)
(2)4 p2 m2 + i
dove J(p)
la trasformata di Fourier della J(x),
Z
(6.26)
J(p) = (J(p)) 0 = d 4 y e i py J(y)
6.3. GRAFICI DI FEYNMAN PER LA MATRICE S 71
1 1
Z Z
d 4 x F (x y) J (y) = d4p 2 e i px J (p)
(2)4 p +i
(6.27) Z
J (p) = d 4 y e i py J (y)
I vari fattori e i px confluiscono nei vertici in cui le linee terminano, e vanno integra-
ti, producendo un fattore (2)4 4 ( pi ) che garantisce la conservazione dellimpul-
P
Dato siamo principalmente interessati alle regole di Feynman per calcolare gli
elementi di matrice S, non ci preoccupiamo ulteriormente di formalizzare quelle
relative al calcolo perturbativo del funzionale generatore.
Z Z
4 i qx 4 i qx 4
d xe (ur (~ q )(x)) = ur (~
q) d x e i = i (2) ur (~
q)
J(y)
J(q)
che, applicato al fattore relativo a una linea esterna di tipo J nel funzionale Z , eq.
(6.25), d
ur (~
q )(/
q + m) 2m ur (~
q)
i e i qx 2 = i e i qx 2
q m +i 2 q m +i
2
Z Z
4 i qx 4 i qx 4
d xe (vr (~
q )(x)) = vr (~
q) d x e i = i (2) vr (~
q)
J(y)
J(q)
porta a
che, applicato alla linea esterna di tipo J,
vr (~
q )(/
q + m) 2m vr (~
q)
i e i qx = i e i qx 2
q2 m2 + i q m2 + i
72 CAPITOLO 6. ELETTRODINAMICA QUANTISTICA
(6.28)
! ! !1/2
Y p 3
(2)4 i 4 ( qi qi ) M f i
Y Y X X
f |S|i = 2m (1) 2q (2) Z
Ferm. Antif. Tutte In Fin
(2)4 i 4 ( qi
X X X
(6.29) qi )M f i = Di
In Fin
Per definire meglio le regole per il calcolo dei diagrammi dobbiamo dire qualcosa
di pi sulla loro struttura. Per prima cosa osserviamo che (vedi eq. 6.16) ad ogni ver-
tice afferiscono due linee fermioniche, una di tipo J prodotta dalla derivata /J,
che possiamo considerare uscente dal vertice, laltra di tipo J, prodotta da / J,
che possiamo considerare entrante. Come risulta dalla (6.18) una linea uscente da
un primo vertice risulter entrante in un secondo. Quindi se seguiamo una linea
fermionica di vertice in vertice si possono realizzare due situazioni: o arriviamo a
una linea uscente dal diagramma (e seguendola allindietro a una linea entrante nel
diagramma), oppure torniamo al punto di partenza. Quindi nei diagrammi ci so-
no due tipi di linee fermioniche: linee aperte e linee chiuse (in inglese loops). Dato
che si tratta di fermioni, dobbiamo stare attenti ai segni. Nei due termini del vertice
(6.16) la derivata / J (linea entrante) a destra di /J (linea uscente). Per una
linea aperta possiamo ordinare gli operatori V che vi contribuiscono in modo che
siano contigui e che le contrazioni avvengano sempre tra il fattore / J in uno dei
vertici e il /J in quello alla sua destra, una situazione che chiameremo normale.
Ad esempio, per una linea aperta con tre vertici in x, y, z,
z }| { z }| {
h i h i h i
i i i i i i
J(x)
J(x) J(y)
J(y) J(z)
J(x)
di modo che siamo sempre nel caso della prima delle (6.18). Nel caso di una linea
fermionica chiusa troviamo necessariamente un numero dispari di casi in cui ven-
gono contratte due derivate nellordinamento inverso, / J alla destra di /J, e
in questi casi si applica la seconda (6.18), che ha il segno opposto alla prima. Ad
esempio per una linea chiusa con due vertici,
z }| {
h i h i
i i i i
J(x)
J(x) J(y)
J(y)
| {z }
6.4. COMBINATORIA. 73
(1) Tr i S F (x y) i S F (y x)
i e 4 ( qi )
X
Vertice elettrone-fotone
i m 4 ( qi )
X
Vertice controtermine
1 i (p
/ + m)
Z
Linea interna fermionica d4p 2
(2)4 p m2 + i
1 i g
Z
(6.30) Linea interna fotonica d4p 2
(2) 4 p +i
(
Fermione iniziale ur (~
q)
Linea Fermionica entrante
Antiferm. finale vr (~
q)
(
Fermione finale ur (~
q)
Linea Fermionica uscente
Antiferm. iniziale vr (~
q)
Linea Fermionica chiusa Aggiungere un fattore (1)
Nella espressione dellampiezza di transizione, eq. (6.28), appare un fattore (-1) per
ciascun antifermione entrante o uscente. Questo pu essere tranquillamente tra-
scurato, dato che un fattore di questo tipo non ha conseguenze osservabili quello
che si misura legato al modulo quadro dellampiezza di transizione. Al contrario
il segno relativo tra diagrammi differenti che contribuiscono allo stesso processo
sono fisicamente rilevanti. questo il caso del fattore (-1) associato alle linee fer-
mioniche chiuse, dato che diversi diagrammi per lo stesso processo possono avere
un diverso numero di tali linee.
6.4 Combinatoria.
In poche parole: non ci sono problemi di combinatoria. Il fattore 1/n! che appare
nello sviluppo di Z in potenze delloperatore differenziale V (eq. 6.15) si compensa
esattamente per i diagrammi connessi non di tipo vuoto-vuoto (i soli che ci interes-
sano) dellelettrodinamica quantistica. La ragione che in un diagramma connesso
ogni vertice ha una suo ruolo unico rispetto a quelli degli altri vertici. Supponia-
mo di avere dimostrato questo fatto, e di avere assegnato agli n vertici dei ruoli
74 CAPITOLO 6. ELETTRODINAMICA QUANTISTICA
{r1 , r2 , rn }. Il diagramma con n vertici sar prodotto dal termine V n /n!, ed esisto-
no n! modi di assegnare gli n ruoli alle n copie di V . Questo cancella esattamente il
fattore 1/n!.
Resta da far vedere che in ogni diagramma i ruoli dei vertici sono tutti diversi. Per
far questo basta far vedere che esiste un algoritmo per assegnare a ciascun vertice
un numero dordine progressivo.
Passo (1) Supponiamo che ci siano a > 0 linee fermioniche aperte ed l 0 linee
fermioniche chiuse. Prima di tutto diamo un ordine alle linee aperte, cia-
scuna delle quali ha una identit definita dagli impulsi entranti e uscenti. Se
A1 , A2 , A a sono le linee aperte, possiamo aprire la lista dei vertici metten-
do prima quelli di A1 cominciando (per non perdere lallenamento) dalla fine
della linea, poi quelli di A2 , e cos via. Cos abbiamo una lista che contiene
tutti i vertici sulle linee aperte, ciascuno con il suo numero dordine.
Passo (2) Se l > 0 la lista deve ancora essere completata con i vertici di l linee chiuse.
Almeno qualcuno di questi sar connesso da un fotone con uno dei vertici gi
nella lista, altrimenti il diagramma sarebbe sconnesso, e tra questi scegliamo
come prossimo nella lista quello connesso al vertice con il numero dordine
pi basso. Partendo dal vertice appena aggiunto alla lista, aggiungiamo alla
lista gli altri vertici che si incontrano sulla stessa linea chiusa, risalendo la linea
(sempre per lallenamento).
Se l 1 > 0 la lista deve ancora essere completata con i vertici di l 1 linee chiu-
se. Almeno qualcuno di questi sar connesso da un fotone con uno dei vertici
gi nella lista, altrimenti il diagramma sarebbe sconnesso, e tra questi sceglia-
mo come prossimo nella lista quello connesso al vertice con il numero dor-
dine pi basso. Partendo dal vertice appena aggiunto alla lista, aggiungiamo
alla lista gli altri vertici che si incontrano sulla stessa linea chiusa, risalendo la
linea (sempre per lallenamento).
Se non ci sono linee aperte (ad esempio + +) diamo un ordine alle particelle
entranti (necessariamente fotoni) , e apriamo la lista con il vertice su cui arriva la
prima di queste. Aggiungiamo i vertici che si trovano sulla stessa linea chiusa del
primo (dobbiamo dire in che ordine?). Se rimangono l > 0 linee chiuse con vertici
non catalogati, tornare al passo (2).
Ampiezza di Transizione in
assenza di Potenziale
T p2
Calcoliamo lelemento di matrice q2 |e i 2m |q1 . Assumiamo che gli autostati di q e
di p siano normalizzati in modo che
Z
q 0 |q = (q 0 q), d q q q = 1
1
q|p = p e i pq troviamo che
2
Z
p 0 |p = (p 0 p), d p p p = 1
Avremo quindi
T p2 T p2
Z
i
q2 |e 2m |q1 = d k q2 |e i 2m |k k|q1
T k2
Z
= d ke i q2 |k k|q1
2m
1 T k2
Z
= d ke i 2m e i (q2 q1 )k
2
75
76 APPENDICE A. AMPIEZZA DI TRANSIZIONE IN ASSENZA DI POTENZIALE
1
W [J]k
X
(B.1) Z [J] = exp(W [J]) =
k=0 k!
X Vk
(B.2) Z [J] = e V Z 0 [J] = Z 0 [J]
k!
Z
(B.3) V =i d 4 xL 1 i
J(x)
dove W 0 [J] la somma dei diagrammi connessi privi di vertici. Nella teoria 4
lunico diagramma di questo tipo il diagramma (d) della figura 3.2, e troviamo (vedi
eq. 3.4)
i
(B.5) W0 [J] = d 4 x d 4 y J(x) F (x y) J(y)
2
77
78 APPENDICE B. FUNZIONALE GENERATORE DEI GRAFICI CONNESSI
Ciascuna derivata funzionale della Z (vedi ad esempio le eq. (3.6), (3.7)) contiene un
fattore Z 0 [J], quindi possiamo scrivere
dove W [J] la somma di tutti i diagrammi connessi, con uno o pi vertici, che im-
maginiamo ordinati in una lista {D1 , D2 , . . .}:
X
(B.9) W [J] = Di [J]
i =1
Per ciascun diagramma Di indicheremo con vi il numero dei vertici in esso contenu-
ti. Il termine V k /k! nella (B.2) produrr i diagrammi connessi con k vertici (un sot-
toinsieme della lista {D1 , D2 , . . .}) oltre a diagrammi non connessi che indicheremo
con G
" #
Vk 0
Di k vi + (diagrammi G non connessi) Z 0 [J]
X
(B.11) Z [J] =
k! i
Consideriamo ora un diagramma G non connesso che contiene n1 copie del dia-
gramma connesso D1 , n2 copie di D2 , e cos via, quindi
quindi G sar prodotto dal termine V v /v! nella (B.2). In questo termine dovremo
scegliere i v1 fattori V che producono ciascuna delle n1 copie di D1 , i v2 fattori che
producono le copie di D2 e cos via (vedi la B.11). Questa scelta si pu fare in
1 v!
(ni !) (vi !)ni
Q Q
modi diversi. Infatti ci sono v! permutazioni dei fattori V , ma questo numero va divi-
so per il numero di permutazioni delle V che contribuiscono a ciascuna componen-
te connessa di G, e quindi dividiamo per (vi !)ni , e per il numero di permutazioni
Q
Q
tra gli n1 gruppi che danno le n1 copie di D1 e cosi via, e quindi dividiamo per (ni !).
v
Il fattore v! si semplifica con il fattore 1/v! che accompagna il termine V nello svi-
luppo della Z [J], eq. (B.2). Analogamente ciascuno dei fattori vi ! a denominatore si
combinano (vedi la eq. B.11) con un V vi a generare le componenti Di .
In conclusione il valore del diagramma G, composto da n1 copie di D1 , n2 copie
di D2 , e cos via, dato da
(D [J])ni
Y i
(B.14) G[J] = .
i =1 ni !
Nella sezione 2.11 abbiamo visto che gli elementi di matrice di un campo scalare tra
vuoto e stati ad una particella sono dati, nella teoria senza interazioni,
p da espressioni
del tipo della eq. (2.82) in cui appare un caretteristico fattore 1/ 2. In questa
appendice vogliamo dimostrare che questo fattore determinato dalla invarianza
del campo sotto trasformazioni di Lorentz, e dal fatto che abbiamo scelto per gli
stati a una particella la normalizzazione
(C.1) ~ p = 3 (~
p 0 |~ p0 p
~)
Questo risultato utilizzato nella sezione 3.3 per ottenere la forma generale della
funzione di Green a due punti e nella sezione 3.4 per stabilire la relazione tra funzio-
ni di Green e elementi di matrice S. Notiamo che la dipendenza da ~x , t fissata dal
valore dellimpulso e dellenergia della particella, quindi baster verificare la (C.3)
per ~x = t = 0,
p
Z
(C.3) 0| (0) |~
p =
(2)3/2 2p
p
81
82 APPENDICE C. INVARIANZA DI LORENTZ E STATI A UNA PARTICELLA.
(C.6) ~ = h(~
Bv q ~ 0) q
q, q ~ 0
(C.7) Bv 0 = 0
p
~ }, e pos-
Partendo da un impulso nullo si otterr un impulso p = {p = m/ 1 v 2 , p
siamo scrivere
~ = 0 = k(p) p
~; ~)
(C.8) Bv p k(p) h(0, p
linvarianza per rotazioni garantisce che k(p) dipenda solo dal modulo di p ~ , e pos-
~ in modo che k(p) sia reale e positiva.
siamo scegliere la fase dello stato p
Il valore di k(p) si determina nel modo seguente (vedi eq. C.1)
3 (~
q ) = ~
q |~ q |Bv Bv |~
p = 0 = ~ p = 0 = h (~ ~ 0 )k(p) ~
q, q p = k 2 (p)3 (~
q 0 |~ q0 p
~)
q 0
2 i 1 p
k (p) = =p =
qk
~ 1 v2 m
q =0
e la (C.8) si pu riscrivere
p
r
(C.9) ~ = 0 =
Bv p ~
p
m
da cui
p
r
0| (0) |~
p = 0 = 0|Bv (0)Bv |~
p = 0 = 0| (0) |~
p
m
e quindi dalla (C.4) si ottiene la (C.3) e, per valori arbitrari di ~x , t , la (C.2).
Bibliografia
83