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Renato Giannini
Indice
1 Elementi di meccanica 1
1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Dinamica dei sistemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2.1 Il principio di DAlembert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2.2 Massa e peso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2.3 Il principio delle potenze virtuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2.4 Equazione di Lagrange . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.2.5 Esempio: equazione del bipendolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2 Loscillatore semplice 8
2.1 Oscillazioni libere non smorzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2.2 Oscillazioni libere smorzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
2.3 Oscillazioni forzate armonicamente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.3.1 Energia dissipata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.3.2 Rappresentazione complessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.3.3 Isolamento alla base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
2.4 Risposta ad unazione periodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.5 Risposta ad una forza impulsiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.6 Risposta ad unazione non periodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.6.1 Integrale di Duhamel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.6.2 Integrazione diretta delle equazioni del moto . . . . . . . . . . . . . 31
2.6.3 Stabilit, decadimento di ampiezza ed elongazione del periodo . . . 33
2
INDICE i
Elementi di meccanica
1.1 Introduzione
Le forze agenti sulle strutture civili, nella maggior parte dei casi, si possono trattare come
se agissero staticamente; con questo si intende che, variando molto lentamente nel tempo,
esse inducono nella struttura velocit ed accelerazioni trascurabili, in modo tale che la
struttura passa da uno stato di equilibrio ad un altro attraverso stati che in pratica possono
essere considerati anchessi di equilibrio. In quanto precede si intende che il termine stato
di equilibrio sinonimo di stato di equilibrio statico.
Sebbene sia vero che la maggior parte delle azioni che interessano le strutture civili si
possono considerare ai fini pratici come statiche, pur vero che esistono alcune importanti
eccezioni; p.es. le azioni indotte da macchinari rotanti allinterno di ocine ed impianti
industriali, la pressione del vento, le azioni indotte da veicoli (in particolare quelli pesanti)
in movimento sui ponti ed i viadotti, le onde del mare, ecc. Non vi dubbio per che
lazione dinamica pi importante per le strutture civili quella sismica, almeno in quei
paesi, come lItalia, dove presente una rilevante attivit sismica.
Lazione sismica si manifesta con un moto del terreno, in direzione orizzontale e verti-
cale, che trascina con s le strutture degli edifici. Questo moto di trascinamento, indotto
dal sisma, induce delle forze di inerzia che agiscono sulla struttura nella direzione del
moto di trascinamento; particolarmente pericolosa la componente orizzontale del moto,
che induce sulle strutture azioni che esse normalmente non sono chiamate a sopportare e
nei confronti delle quali sono spesso vulnerabili.
Limportanza che si attribuisce alle azioni sismiche ben nota; essa discende dagli
eetti distruttivi che un terremoto violento pu avere sulle costruzioni e dalla grande
estensione di territorio interessata dal fenomeno, che pu assumere aspetti catastrofici, sia
dal punto di vista economico, sia da quello relativo alla perdita di vite umane.
La formulazione generale dellanalisi dinamica delle strutture, specialmente quando
queste vengono studiate con modelli lineari, prescinde ovviamente dal tipo di azione;
quindi nel seguito normalmente non si far riferimento allazione sismica. Tuttavia poich
per lanalisi sismica sono stati sviluppati alcuni procedimenti specifici (p.es. lanalisi con
lo spettro di risposta), quando necessario, sar abbandonato il generale per il particolare
specifico.
1
1.2 Dinamica dei sistemi 2
g = 9.81 m/sec2
p = m g = 1 9.81 N
Nella pratica tecnica, in passato, stata molto usata lunit di forza chilogrammo-forza,
comunemente indicata con kgf (o pi semplicemente con kg). Un chilogrammo-forza la
forza peso esercitata da una massa di un chilo, cio:
1 kgf = 1 kg g = 9.81 N
La costante di gravitazione universale G piccolissima (G = 6.66 108 cm3 sec2 g1 ); per questo motivo
la forza di gravit scambiata tra corpi di massa piccola non avvertita: solo se almeno uno dei due
corpi ha grande massa, come quella di un pianeta o di una stella, la gravit ha eetti significativi. Su
piccola scala quindi dominano le forze elettromagnetiche, molto pi intense: tuttavia queste hanno segno
opposto (attrattiva tra particelle di diversa carica, repulsiva tra quelle di carica uguale); poich la materia
generalmente neutra (cio vi uguale numero di particelle con carica positiva e negativa), a grande scala le
forze elettromagnetiche si annullano, mentre le forze gravitazionali, che sono sempre attrattive, divengono
prevalenti e dominano nella meccanica celeste.
2
Il caso dei vincoli scabri pu essere incluso aggiungendo alle forze attive quelle dovute allattrito.
1.2 Dinamica dei sistemi 4
in cui vi0 indica un arbitrario atto di moto virtuale, cio compatibile con i vincoli fissi 3 ,
mentre indica il prodotto interno (scalare) tra vettori. Nelleq. (1.2) non compaiono le
forze reattive, il che normalmente costituisce una notevole semplificazione.
Nel caso di vincoli fissi Pi non dipende esplicitamente da t e quindi lultimo termine nella
(1.4) viene a mancare. Se vi0 indica un atto di moto virtuale, essendo questo per definizione
relativo a vincoli fissi, si avr:
X Pi
vi0 = qk0 (1.5)
qk
k
Sostituendo leq. (1.5) nella equazione delle potenze virtuali (1.2), dopo aver scambiato
gli ordini di somma si ha:
nf "N #
X X Pi
qk0 (Fi mi ai ) =0
qk
k=1 i=1
Questa, per larbitrariet dellatto di moto virtuale qk0 , implica il sistema di equazioni:
N
X N
Pi X Pi
Fi mi ai =0
qk qk
i=1 i=1
che pu scriversi:
N
X Pi
mi ai = Qk (1.6)
qk
i=1
3
Cio, vi0 deve essere compatibile con le condizioni di vincolo rese indipendenti da t, anche se queste
equazioni sono funzioni del tempo. Ad esempio, per un punto materiale che si muove vincolato ad una
linea, che a sua volta si sposta, v0 deve essere tangente alla linea considerata fissa nella sua posizione al
tempo t, senza tener conto del moto del vincolo.
1.2 Dinamica dei sistemi 5
Indicando con vi la velocit del punto Pi , lenergia cinetica del sistema definita dalla
relazione:
N
1X
T = mi vi vi (1.7)
2
i=1
X N N
T vi X Pi
= mi vi = mi vi
qk qk qk
i=1 i=1
X N
T vi
= mi vi
qk qk
i=1
L(q, q, t) = T + U (1.11)
somma dellenergia cinetica e della funzione potenziale, leq. (1.9) si pu scrivere in modo
pi sintetico:
d L L
=0 (1.12)
dt qk qk
che unaltra forma delle equazioni di Lagrange.
Lequazione (1.12) lequazione di Eulero del funzionale:
Z t2
S= L(q, q, t) dt (1.13)
t1
chiamato lazione del sistema. Lequazione (1.12) implica che il sistema evolve tra due
qualsiasi istanti di tempo t1 e t2 rendendo stazionaria lazione S (principio di Hamilton).
Se i vincoli sono fissi, per cui L non dipende esplicitamente dal tempo, si pu dimostrare
che la quantit:
H =T U =T +V (1.14)
si conserva, cio resta costante nel tempo. La quantit H non altro che lenergia totale
del sistema, in quanto somma dellenergia cinetica T e dellenergia potenziale V = U .
Quindi si pu concludere che: in un sistema con vincoli bilaterali, lisci ed indipendenti dal
tempo e soggetto allazione di sole forze conservative, lenergia totale H si conserva.
x1 = l1 sin (1 ) (1.15a)
y1 = l1 cos (1 ) (1.15b)
x2 = l1 sin (1 ) + l2 sin (2 ) (1.15c)
y2 = l1 cos (1 ) l2 cos (2 ) (1.15d)
x1 = l1 cos (1 ) 1 (1.16a)
y1 = l1 sin (1 ) 1 (1.16b)
x2 = l1 cos (1 ) 1 + l2 cos (2 ) 2 (1.16c)
y2 = l1 sin (1 ) 1 + l2 sin (2 ) 2 (1.16d)
1.2 Dinamica dei sistemi 7
1 2
T = m1 x1 + y12 + m2 x22 + y22
2
1h 2 2
i
= (m1 + m2 ) l12 1 + 2m2 l1 1 l2 2 cos (1 2 ) + m2 l22 2 (1.17)
2
Analogamente dalle (1.15) si ottiene la forma esplicita del potenziale U in funzione delle
coordinate lagrangiane:
U = m1 y1 g m2 y2 g = g {m1 l1 cos (1 ) + m2 [l1 cos (1 ) + l2 cos (2 )]}
(1.18)
e quindi, sommando le eq. (1.17) e (1.18), si ha la funzione di Lagrange:
1h 2 2
i
L=T +U = (m1 + m2 ) l12 1 + 2m2 l1 1 l2 2 cos (1 2 ) + m2 l22 2 +
2
g {m1 l1 cos (1 ) + m2 [l1 cos (1 ) + l2 cos (2 )]} (1.19)
Applicando lequazione di Lagrange (1.12) alla funzione (1.19), si ottengono le due
equazioni seguenti, che descrivono la dinamica del sistema:
d L L
= (m1 + m2 ) l12 1 + m2 l1 l2 cos (1 2 ) 2 +
dt 1 1
2
m2 l1 l2 sin (1 2 ) 2 + g (m1 + m2 ) l1 sin 1 = 0 (1.20)
d L L
= m2 l1 l2 cos (1 2 ) 1 + m2 l22 2
dt 2 2
2
m2 l1 l2 sin (1 2 ) 1 + gm2 l2 sin 2 = 0 (1.21)
Le equazioni (1.20) e (1.21) sono nonlineari; per valori piccoli degli angoli 1 e 2 le funzioni
trigonometriche seno e coseno possono essere approssimate dai termini lineari del loro
sviluppo in serie, ottenendo:
2
(m1 + m2 ) l12 1 + m2 l1 l2 2 + m2 l1 l2 (1 2 ) 2 + g (m1 + m2 ) l1 1 = 0
(1.22a)
2
m2 l1 l2 1 + m2 l22 2 m2 l1 l2 (1 2 ) 1 + gm2 l2 2 = 0
(1.22b)
Queste equazioni tuttavia sono ancora nonlineari a causa dei termini che contengono i
quadrati delle velocit angolari che tengono conto degli eetti delle forze centrifughe; se
le velocit sono sucientemente piccole i loro quadrati si potranno trascurare con unap-
prossimazione confrontabile con quella precedente e si ottiene allora il semplice sistema di
due equazioni lineari accoppiate:
Loscillatore semplice
Si consideri una struttura molto semplice, composta da una trave sostenuta da due pilastri
uguali (portale), come quella rappresentata nella fig. 2.1. Se si suppone che siano soddi-
sfatte le seguenti condizioni: i) la trave sia molto pi rigida dei pilastri, in modo che le
rotazioni dei nodi siano trascurabili, ii) la rigidezza assiale dei pilastri sia molto maggiore
di quella flessionale, in modo che i pilastri si possano ritenere assialmente indeformabili,
iii) il telaio si sposti solo nel suo piano; questo sistema ha un solo grado di libert, lo
spostamento x dalla posizione di equilibrio statico.
in cui k = 2 12EJ/h3 indica la rigidezza dei pilastri. Dividendo leq. (2.1) per m ed
introducendo la quantit:
k
2 = (2.2)
m
leq. (2.1) diviene:
= t (2.4)
8
2.1 Oscillazioni libere non smorzate 9
x( ) + x( ) = 0 (2.6)
in cui A e B sono parametri che dipendono dalle condizioni iniziali, cio dallo stato della
struttura al tempo = 0.
Derivando la (2.7) rispetto a si ha:
in cui y = dx/d legato alla velocit v = dx/dt dalla semplice proporzionalit: y = v/,
come segue dalla (2.5). Indicando con x0 , y0 i valori di x ed y al tempo = 0, dalle
equazioni (2.7) e (2.8) esplicitate al tempo = 0, si ottengono i valori di A e B in funzione
delle condizioni iniziali x0 , y0 , per cui la (2.7) diviene:
Dalle eq. (2.7) o (2.9) si osserva facilmente che x( ) (ed y( )) sono funzioni periodiche
di periodo 2:
x( + 2n) = x( ) n intero
Poich x periodica di periodo 2 in , rispetto al tempo reale t risulta periodica di
periodo
r
2 m
T = = 2 (2.10)
k
2.2 Oscillazioni libere smorzate 10
T il periodo proprio delle oscillazioni libere della struttura, detta pulsazione propria,
mentre linverso di T detto frequenza propria
p f = 1/T = /2. Dunque leq. (2.9)
descrive un moto oscillatorio, di ampiezza x20 + y02 e di periodo T , dato dalleq. (2.10).
importante osservare che il periodo delle oscillazioni libere dipende solo dalle caratteristiche
della struttura, massa e rigidezza, e non dallo specifico moto; in particolare il periodo delle
oscillazioni non funzione dellampiezza del moto: vibrazioni di piccola o grande ampiezza
compiono un ciclo nello stesso tempo, almeno fin quando il modello elastico lineare descrive
con suciente esattezza il comportamento strutturale.
elastica, nella fase di scarico invece la forza risulta minore, come illustrato schematica-
mente nella fig. 2.2; larea racchiusa nel ciclo rappresenta il lavoro fatto sul sistema e non
restituito, per cui la trasformazione risulta ora irreversibile. Questo fenomeno si pu spie-
gare assumendo che sul sistema agisca, oltre la forza elastica kx, anche una forza viscosa
o attritivo, la cui ampiezza ed il segno dipendono dalla velocit; il modello pi sempli-
ce quello della viscosit lineare, in cui la forza data dal prodotto della velocit per
una costante, che dipende dalle propriet del materiale e dalla configurazione strutturale.
Con riferimento alla semplice struttura della fig. 2.1, questo eetto pu essere modellato
aggiungendo al sistema un elemento viscoso, schematicamente illustrato in fig. 2.3, che
esplica sulla massa m una forza viscosa FD = cx(t), proporzionale alla velocit del si-
stema ed al coeciente di viscosit c. Che la forza FD sia dissipativa si pu verificare
calcolando il lavoro fatto da questa forza in un ciclo:
I Z T 2
dx dx
WD = c dx = c dt < 0 (2.11)
dt 0 dt
esso risulta (se c > 0) sempre negativo, come segue dal fatto che la funzione integranda
nelleq. (2.11) sempre positiva.
Se si tiene conto anche delle forze di tipo viscoso che si sviluppano nella struttura,
leq. (2.1) deve essere sostituita dalla:
Dividendo tutti i termini delleq. (2.12) per m, tenendo conto della (2.2) ed inoltre ponendo:
c = 2m = 2 km (2.13)
si ottiene:
Quindi eseguendo il cambiamento di variabile (2.4), dal tempo reale t a quello adimensio-
nale , risulta lequazione:
x( ) + 2 x( ) + x( ) = 0 (2.15)
in cui compare il solo parametro ; questo viene indicato come il coeciente di smorza-
mento percentuale, per i motivi che saranno chiariti nel seguito; poich c ha le dimensioni
di una forza divisa per la velocit e perci di una massa divisa per il tempo, risulta
adimensionale.
Lintegrale generale delleq. (2.15) :
2 + 2 + 1 = 0 (2.17)
ossia:
q q
1 = + 2 1 2 = 2 1 (2.18)
avendo posto
q
= 1 2 (2.21)
x(0) = C2 = x0
x(0) = C1 C2 = y0
per cui le eq. (2.20) e (2.22) si possono scrivere esplicitamente in funzione delle condizioni
iniziali:
y0 + x0
x( ) = e x0 cos( ) + sin( ) (2.23)
x0 + y0
x( ) = e y0 cos( ) sin( ) (2.24)
Ponendo y0 = 0 (questa condizione pu sempre essere verificata, fissando opportuna-
mente lorigine del tempo) le equazioni (2.23) e (2.24) si semplificano nelle:
x( ) = x0 e cos( ) + sin( ) (2.25)
1
x( ) = x0 e sin( ) (2.26)
Dalla (2.26) appare evidente che x( ) = 0 se = n, dove n = 0, 1, 2, . . . un numero
intero. In corrispondenza degli istanti in cui x si annulla, x( ) prende valori estremali
(massimi o minimi); in particolare se x0 > 0, x massimo per n pari, minimo per n
dispari. Due massimi consecutivi si verificano quindi per = 2/; passando al tempo
naturale, si pu definire un periodo delle oscillazioni smorzate TD come il tempo che
intercorre tra due massimi della risposta:
T
TD = =p (2.27)
1 2
(T il periodo delle oscillazioni non smorzate); al periodo TD corrisponde una pulsazio-
ne:
q
D = = 1 2 (2.28)
Queste relazioni mostrano che il periodo delle oscillazioni libere, smorzate o no, non di-
pende dalle condizioni iniziali, ma solo dalle caratteristiche delloscillatore, la massa, la
rigidezza e lo smorzamento percentuale . Le eq. (2.20) e (2.23) descrivono un moto oscil-
latorio di ampiezza decrescente, come illustrato nella figura 2.4a. Il rapporto tra
due massimi consecutivi della risposta, agli istanti n = 2n/ e n+1 = 2(n + 1)/, per
leq.(2.25) risulta:
" #
x( n+1 ) 2
= exp p (2.29)
x( n ) 1 2
e dipende soltanto dal coeciente . Il logaritmo dellinverso di questo rapporto detto
decremento logaritmico:
x( n )
l = log (2.30)
x( n+1 )
Leq. (2.29) si pu risolvere in , esprimendo lo smorzamento percentuale in funzione del
decremento logaritmico:
l
=q (2.31)
2l + 4 2
2.2 Oscillazioni libere smorzate 14
smorzamento critico (
0.0 20.0 40.0 60.0 80.0 0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0
(a) (b)
x( ) = e (A + B ) (2.32)
Per valori di superiori ad uno le radici dellequazione caratteristica (2.17) sono reali e
distinte; il moto che ne risulta ancora di tipo non oscillatorio, simile a quello relativo allo
smorzamento critico; tuttavia, come illustrato nellesempio in fig. 2.4b, il moto avviene
pi lentamente ed il sistema impiega pi tempo per raggiungere la posizione di equilibrio
(o meglio uno spostamento sucientemente piccolo, preso convenzionalmente come zero).
F ( /)
x( ) + 2 x( ) + x( ) = (2.36)
k
Se la forza F (t) varia con legge armonica, indicando con f la sua pulsazione, si pu
porre F (t) = F0 sin( f t); sostituendo questa espressione nelleq. (2.36), si ottiene:
x( ) + 2 x( ) + x( ) = u0 sin( ) (2.37)
F0
u0 = (2.38)
k
ad indicare lo spostamento che la struttura subirebbe per eetto una forza di modulo F0
applicata staticamente, mentre
f
= (2.39)
indica il rapporto tra la pulsazione (o la frequenza) della forzante e quella delle oscillazioni
libere (non smorzate) della struttura.
Seguendo la regola generale per la soluzione delle equazioni lineari non omogenee, la
soluzione delleq. (2.37) si ottiene sovrapponendo allintegrale generale della stessa equa-
zione resa omogenea (cio eliminando il termine a secondo membro), un integrale parti-
colare dellequazione completa (2.37). Nel seguito si supporr che la struttura abbia uno
smorzamento subcritico ( < 1), pertanto lintegrale generale dellequazione omogenea
quello espresso dalleq. (2.20). La soluzione particolare dellequazione completa si ottiene
assumendo che possa porsi nella forma:
Ponendo in evidenza le funzioni sin( ) e cos( ), appare evidente che questa equazione
risulta identicamente soddisfatta per ogni valore di se risultano entrambi nulli i coe-
cienti delle funzioni seno e coseno. Imponendo queste condizioni si ottiene il sistema di
due equazioni nelle incognire A1 , A2 :
(1 2 )A1 2A2 = u0
2A1 + (1 2 )A2 = 0
la cui soluzione
1 2 2
A1 = u0 A2 = u0 (2.41)
(1 2 )2 + 4 2 2 (1 2 )2 + 4 2 2
Quindi, sostituendo le espressioni dei coecienti A1 ed A2 nelleq. (2.40), si determina
lespressione esplicita della soluzione particolare dellequazione non omogenea (2.37):
u0 2
x( ) = 2 2 2 2 (1 ) sin( ) 2 cos( ) (2.42)
(1 ) + 4
Leq. (2.40) si pu anche scrivere in forma pi espressiva ponendo:
x( ) = X sin( ) (2.43)
in cui:
q
u0
X= A21 + A22 = q (2.44)
(1 2 )2 + 4 2 2
indica lampiezza del moto di risposta, mentre langolo , definito dalle relazioni:
A2 2
sin() = =q
X (1 2 )2 + 4 2 2
(2.45)
A1 1 2
cos() = =q
X (1 2 )2 + 4 2 2
In presenza di smorzamento ( > 0), la parte delleq. (2.47) che dipende dalle condizioni
iniziali, cio la soluzione dellequazione omogenea, diminuisce esponenzialmente al crescere
di e tende a zero per per ; in pratica per abbastanza grande questo termine
diverr trascurabile a confronto di quello che dipende dalle caratteristiche della forzante.
Quindi nei sistemi dotati di smorzamento si possono distinguere due fasi della risposta: una
prima, per tempi vicini a quello iniziale, in cui il moto influenzato dalle condizioni iniziali,
detta fase transitoria; una seconda, espressa dalla sola eq. (2.42), detta fase stazionaria,
in cui il moto di risposta non dipende dalle condizioni iniziali ma solo dalle caratteristiche
della forzante. Ovviamente la separazione tra queste due fasi convenzionale, in quanto il
passaggio dalluna fase allaltra continuo e, a rigore, la fase stazionaria si raggiunge solo
quando = . In pratica per si pu, con qualche arbitrio, scegliere un valore di oltre
il quale il contribito del termine (2.20) allampiezza totale del moto diviene trascurabile e
considerare stazionario il moto nel tempo successivo.
Poich, come si riconosce guardando la figura 2.4a, anche per valori piccoli di le
oscillazioni libere si smorzano dopo un numero limitato di cicli, interessante puntare
lattenzione sulla parte stazionaria della risposta. Dalleq. (2.42) appare evidente che x( )
periodica di periodo 2/ in e quindi di periodo 2/ f in t; cio lo stesso della forzante.
Lampiezza massima della risposta X quella data dalleq. (2.43), da cui si ricava che:
X 1
=D= q (2.48)
u0 (1 2 )2 + 4 2 2
10.0
8.0
6.0 ==
==
D
==
4.0 ==
2.0
0.0
3.14
==
==
1.57
==
==
0.00
in cui Tf = 2/ f indica il periodo della forza F (t). Quindi sostituendo ad x(t) lespres-
sione esplicita del moto stazionario (2.43), tenendo conto della (2.44), della (2.48) e delle
definizioni di , e u0 , dalleq.(2.51) si deduce:
Z
DF02 f 2/f DF02
W = sin(f t) cos(f t ) dt = sin() (2.52)
k 0 k
Quindi rendendo espliciti i termini D e sin() mediante sostituzione delle equazioni (2.48)
e (2.45), si ha:
F02 4
W = (2.53)
2k (1 )2 + 4 2 2
2
Il primo termine nel secondo membro delleq. (2.53), F02 /2k il lavoro fatto dalla forza
F0 applicata staticamente, nel ciclo di carico; il secondo termine tiene conto della legge
ciclica di applicazione della forza e degli eetti dinamici. facile verificare che lespressione
(2.53) del lavoro fatto dalla forza esterna in un ciclo coincide con quello dissipato dallunico
elemento non conservativo delloscillatore ed espresso dallintegrale:
Z Tf
cx2 (t) dt
0
2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 20
6.0
4.0
2.0
0.0
x
-2.0
-4.0
-6.0
(a)
6.0
4.0
2.0
0.0
x
-2.0
-4.0
-6.0
Figura~2.7: Storie degli spostamenti di due oscillatori con lo stesso coeciente di smor-
zamento = 0.05. Grafico (a): = 0.9; grafico (b): = 1.1. Con linea tratteggiata
indicata la storia della forzante u0 sin( )
1E+2
==
==
1E+1 ==
==
==
1E+0
W
1E-1
1E-2
1E-3
Se sullo stesso piano dove viene riportato ~u si riporta anche il vettore ~x, di modulo Du0 e
che forma con ~u langolo , i due vettori, ruotando solidalmente, descrivono, con le loro
proiezioni su y, lampiezza della forzante e del moto di risposta.
Se si interpreta il piano x, y come il piano dei numeri complessi, i vettori ~u e ~x si
possono interpretare come le rappresentazioni dei numeri complessi:
X[ 2 + 2i + 1]e = U e (2.57)
da cui si ottiene:
U
X= 2 = H(, )U (2.58)
1 + 2i
La funzione
1 1 2 2i
H(, ) = = (2.59)
1 2 + 2i (1 2 )2 + 4 2 2
2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 22
1 2 2
cos() = sin() =
(1 2 )2 + 4 2 2 (1 2 )2
+ 4 2 2
con leq. (2.45).
Se U reale ed uguale ad u0 , per leq. (2.57) e per quanto visto sopra si ha:
legge della parte stazionaria espressa nelleq.(2.54). La forza che il basamento trasmette
al terreno evidentemente la somma delle forze assorbite dai vincoli, cio la forza elastica
k x(t) e la forza viscosa c x(t). Quindi, tenendo conto della (2.54), si ottiene facilmente:
100.00
10.00
1.00
TR
0.10
0.01
sistemi poco smorzati hanno linconveniente di attenuare lentamente gli eetti transitori
e, nel caso si dovesse verificare unazione di frequenza vicina a quella naturale del sistema,
darebbero luogo a pericolose amplificazioni. Valori dello smorzamento prossimi al 10%
rappresentano di solito un buon compromesso tra queste due esigenze.
in cui
2n
n = (2.66)
Tf
2.4 Risposta ad unazione periodica 25
da cui si deduce:
Z Tf
1
a0 = F (t) dt
Tf 0
Z Tf
(2.68)
1 i j t
Aj = F (t)e dt
Tf 0
Negli sviluppi delleq. (2.67) si tenuto conto che le funzioni ein t , per n 6= 0, sono
periodiche e pertanto il loro integrale su di un intervallo multiplo del loro periodo nullo.
Per leq. (2.65) la forza periodica F (t) stata decomposta nella somma di una forza
costante a0 e di infinite forze variabili con legge armonica di ampiezza ||An || e periodo
n = 2n/Tf . Per la linearit del sistema, la parte stazionaria della risposta sar la
somma delle risposte dello stesso sistema a queste forzanti armoniche agenti singolarmente.
Si potr allora porre:
X
x(t) = b0 + Bn ein t (2.69)
n=
n6=0
Infine, sostituendo le soluzioni (??) nelleq. (2.69) si ricava lespressione esplicita della
risposta stazionaria del sistema alla forzante periodica F (t):
X
1
a0 +
i n t
x(t) = H( , )A e (2.72)
k
n n
n=
n6=0
Gli sviluppi in serie della forzante [eq. (2.65)] e della soluzione [eq. (2.72)] contengono
in teoria infiniti termini; tuttavia in pratica spesso sono sucienti pochi termini dello
sviluppo per approssimare in modo accettabile la legge della forzante; inoltre, ricordando
che il modulo della funzione di trasferimento la funzione di amplificazione, illustrata
in fig. 2.5, appare evidente come, per i sistemi debolmente smorzati, saranno fortemente
amplificate le componenti di frequenza prossima alla risonanza, mentre quelle di frequenza
molto maggiore verranno drasticamente ridotte; loscillatore funziona quindi come un filtro
che lascia passare, eventualmente amplificando, le armoniche di frequenza inferiore (o poco
maggiore) di quella naturale, mentre in pratica elimina le armoniche di frequenza pi
elevata. Pertanto, per il calcolo della risposta, negli sviluppi sar suciente tener conto
solo di un numero limitato di termini di frequenza superiore a quella di risonanza, dato
che gli altri sarebbero comunque filtrati dal sistema.
I coecienti dello sviluppo di F (t) si calcolano utilizzando leq. (2.68). Per la (2.66), ricordando
che si posto Tf = 2, si ha:
2n
n = =n
Tf
Ovviamente a0 = 0, mentre per i termini periodici risulta:
Z Z 2
1 int int 1 + (1)n
An = e dt + e dt = i
2 0 n
Sommando i primi termini dello sviluppo (2.73) per n < 10 si ottiene la funzione rappresentata in
fig. 2.12.
2.5 Risposta ad una forza impulsiva 27
Figura~2.12: Approssimazione della funzione onda quadra mediante somma dei primi
termini (n < 10) dello sviluppo in serie di Fourier
I coecienti dello sviluppo della risposta si ottengono moltiplicando i coecienti An per la funzione
di trasferimento H( n /, ); sostituendo ad ed a il loro valore si ha:
1
Bn = An
1 (n/3.5)2 + 2i 0.05 n/3.5
Il modulo di 2An e 2Bn (per n < 10) riportato nella fig 2.13; Sostituendo i valori di Bn cos
calcolati nellespressione (2.69) dello sviluppo, si ottiene la funzione di risposta, illustrata nella
fig. 2.14
. 2
d2 x
m = f (t)
dt2
Quindi, tenendo conto che la massa m non dipende dal tempo, si pu anche scrivere:
d dx
m = f (t)
dt dt
2.5 Risposta ad una forza impulsiva 28
5.0
4.0
3.0
An, Bn
2.0
1.0
0.0
1 3 5 7 9
n
Figura~2.13: Ampiezza del modulo dei coecienti dello sviluppo della forzante e della
risposta
Il prodotto della massa per la velocit la quantit di moto del sistema, lintegrale a
secondo membro detto limpulso prodotto dalla forza f (t) nel tempo t. Leq. (2.74) di-
mostra che la variazione della quantit di moto in un intervallo di tempo uguaglia limpulso
prodotto dalla risultante di tutte le forze agenti nello stesso tempo.
Se ad un sistema in quiete, al tempo t = 0, viene applicata una forza di intensit F0
costante per un tempo t, la funzione di risposta del sistema x(t) pu essere sviluppata in
serie di Taylor nellintorno di t = 0; tenendo conto che per ipotesi si ha x(0) = x(0) = 0,
lo sviluppo diviene:
mx(t) = F0 t + O(t2 )
e(t) sin[ D (t )]
dx(t) = F () d (2.79)
m D
in cui si fatto uso della posizione (2.28). Per la linearit del sistema, la funzione di risposta
allintera storia della forza F () nel tempo (t0 , t) si ottiene sommando i contributi di tutti
gli impulsi infinitesimi in cui stata idealmente decomposta, al limite la sommatoria tende
ad un integrale e cos per la (2.79) si ottiene:
Z t
e(t) sin[ D (t )]
x(t) = F () d (2.80)
t0 m D
in cui
et sin( D t)
h(t) = (2.82)
m D
la funzione di risposta ad impulso delloscillatore di massa m, frequenza angolare e
smorzamento .
Se nelleq. (2.81) si esegue un cambiamento della variabile di integrazione, ponendo
0
t = t , si ottiene lespressione alternativa:
Z tt0
x(t) = h(t0 )F (t t0 ) dt0 (2.83)
0
per cui la risposta stazionaria si ottiene come prodotto di convoluzione tra la forza F (t) e
la funzione di risposta ad impulso h(t).
2
Questo non modifica il risultato, se per esempio si assume che F (t) 0 per t < t0
2.6 Risposta ad unazione non periodica 31
soluzioni accurate. Questi aspetti saranno richiamati pi avanti, dopo aver trattato delle
strutture con molti gradi di libert.
si ottiene unequazione in cui compaiono le grandezze xk ed xx1 , che sono note, e lunica
incognita xk+1 , che pu quindi facilmente essere calcolata. In modo analogo, conoscendo
ora il valore di x ai passi k + 1 e k, si pu determinarne il valore al passo k + 2; il proce-
dimento viene ripetuto per tutti i passi e consente di ottenere la soluzione, approssimata,
dellequazione dierenziale (2.86).
Ad ogni passo la soluzione dipende dal valore della funzione nei due passi precedenti;
nelle condizioni iniziali (al tempo t0 ) questo pone qualche problema perch in tal caso non
esiste un passo precente. Tuttavia allistante iniziale devono essere noti il valore di x0 , e
quello della sua derivata prima x0 e quindi, grazie allequazione dinamica (2.86) scritta
per k = 0, anche laccelerazione xk . Allora dalle equazioni (2.85) scritte per k = 0, si pu
eliminare il termine x1 ed ottenere unequazione in cui compaiono x0 , x0 , x0 , che sono
noti, e x1 . Risolvendo questa equazione rispetto alla sola incognita si ottiene:
t2
x1 = x0 x0 t + x0
2
che, insieme ad x0 , viene usato come valore di innesco del processo di integrazione.
unaccelerazione costante, uguale alla media dei valori iniziale e finale (metodo dellacce-
lerazione media); per = 1/2 e = 1/3 la legge di interpolazione tra i valori estremi
dellintervallo lineare.
Come si vede dalleq. (2.87), i valori finali di x ed x al passo k + 1 dipendono dallac-
celerazione di fine passo, la quale a sua volta dipende, tramite lequazione (2.86), da xk+1
ed xk+1 . Pertanto la soluzione richiede generalmente delle iterazioni: fissato un valore
di prima approssimazione per xk+1 (p.es. uguale al valore del passo precedente) si deter-
minano, mediante le eq. (2.87), xk+1 e xk+1 . Sostituendo questi valori nelleq. (2.87), si
calcola xk+1 e quindi xk+1 e xk+1 ; il procedimento viene iterato fin quando il risultato non
stabile.
I metodi impliciti sono, come si visto, pi onerosi perch richiedono ad ogni passo
alcune iterazioni, e quindi pi calcoli; per contro sono in genere pi accurati, e questo con-
sente di impiegare un passo di integrazione pi grande, il che significa un minor numero
di passi, riducendo cos sensibilmente il loro svantaggio. Inoltre, per opportune scelte dei
parametri e , il metodo di Newmark incondizionatamente stabile, cio la soluzione
resta limitata anche se il passo di integrazione grande rispetto al periodo proprio dello-
scillatore: come si vedr pi avanti, questa propriet molto utile per sistemi con molti
gradi di libert.
A = 1 (2.94)
xk = k 1 (2.95)
det(A I) = 0
in cui tr(A) indica la traccia della matrice A. Poich leq. (2.96) unequazione di secondo
grado, la condizione che le sue radici siano complesse implica che il discriminante sia minore
di zero, ossia che:
tr(A)2 4 det(A) < 0
Per il metodo delle dierenze centrali la matrice A espressa dalleq. (2.92); sostituita
nella precedente si ottiene la condizione:
(2 2 )2 4 < 0
det(A) = 1 (2.98)
2.6 Risposta ad unazione non periodica 35
ne segue che se soddisfatta leq. (2.97) gli autovalori di A sono complessi, dunque la
soluzione oscillante, ed inoltre, poich in tal caso || = 1, anche stabile.
Se le soluzioni sono reali allora risulta:
r !2
2 2 2
4
||max = 1 +
2 4
t 1
< (2.99)
T
Come si notato in precedenza la condizione di stabilit non implica laccuratezza della
soluzione; essa condizione necessaria, ma non suciente, perch la soluzione numerica
dellequazione dierenziale approssimi quella esatta. Per giudicare circa laccuratezza del
metodo si esaminano altri due aspetti della soluzione: il decadimento dellampiezza e lo
scorrimento del periodo.
Gli autovalori di A, supponendo che le condizioni di stabilit siano verificate, sono
complessi coniugati e quindi si possono porre nella forma:
1 = ||ei 2 = ||ei
|| = det(A)1/2 = 1
Si pu quindi concludere che al crescere del rapporto t/T il periodo della soluzione
numerica ottenuta con il metodo delle dierenze centrali si discosta, risultando pi piccolo,
da quello esatto.
Metodo di Newmark
Quando il sistema elastico lineare, lequazione (2.88) pu essere usata per esprimere xk+1
in funzione di xk+1 e xk+1 ; questo permette di eliminare laccelerazione di fine passo dalle
equazioni (2.87), che cos divengono esplicite, e si possono porre ancora nella forma (2.90),
in cui la matrice A :
2 + ( 1) 2 2
2 + 2 2 + 2
A= ( ) 2 2 + ( 2)
3 2
(2.105)
2 + 2 2 + 2
Esplicitamente, la condizione che gli autovalori siano complessi, e quindi la soluzione
oscillante, si esprime ora:
2 (1 8 + 4 + 42 ) 16
tr(A)2 4 det(A) = 2 <0
(2 + 2 )2
da cui segue:
4
< p (2.106)
2
1 + 4( + 2)
2.6 Risposta ad unazione non periodica 37
Si deve peraltro osservare che la condizione (2.107) deve comunque essere verificata, se
si vuole che la soluzione resti stabile anche quando il passo di integrazione abbastanza
piccolo da soddisfare leq. (2.106).
Se = ed 0 lequazione (2.108) soddisfatta per qualsiasi valore di ; in questo
caso lintegratore si indica come incondizionatamente stabile; tuttavia la soluzione risulta
oscillante solo se il passo di integrazione abbastanza piccolo da soddisfare leq. (2.106),
che per = ora si scrive:
4
<
|1 2|
Un altro modo per avere condizioni di stabilit incondizionata, sempre ammesso che si
abbia 1/2, consiste nel rendere infinito il secondo membro delleq. (2.106): in tal modo
la soluzione risulta sempre oscillante (perch verificata leq. (2.106)) e stabile, perch
imposta la condizione (2.107). Annullando il denominatore del termine a secondo membro
delleq. (2.106) si ottiene:
1 + 4(2 + 2) = 0
che verificata se si pone;
(1 + 2)2
= (2.109)
8
Poich la condizione di stabilit richiede che si abbia > 1/2, conveniente porre
1
= + ( 0)
2
2.6 Risposta ad unazione non periodica 38
(1 + )2
=
2
Per ogni scelta di tale che 0 2 1 si ottiene un procedimento che risulta in-
condizionatamente stabile. Si osservi che per = 0 si ha = = 1/2: questo dimostra
che il metodo dellaccelerazione media incondizionatamente stabile. Al contrario il me-
todo dellaccelerazione lineare ( = 1/2 = 1/3) non incondizionatamente stabile; la
condizione di stabilit dellequazione (2.108) diviene per questo caso:
2 3
4 + (1 )2 2
||2 = det(A) =
4 + (1 + )2 2
Quindi risulta evidente che || < 1, con leccezione del caso = 0. Il metodo dellaccele-
razione media il solo, tra gli algoritmi di Newmark, che sia incondizionatamente stabile
e non presenti decadimento di ampiezza.
Per > 0 si manifesta un decadimento di ampiezza; dalle due combinazioni per cui il
metodo risulta incondizionatamente stabile si ottengono risultati molto simili; nel seguito
si fa riferimento alla scelta che rende la soluzione stabile ed oscillante. Sostituendo allora
la precedente espressione di || nelleq. (2.101) si ottiene che la riduzione di ampiezza in
un periodo :
/
4 + (1 )2 2
DA =
4 + (1 + )2 2
I primi termini dello sviluppo in serie di questa espressione sono:
1
DA = 1 + 2 2 2 + O( 3 )
2
Il logaritmo dellinverso di DA il decremento logaritmico delle oscillazioni libere; a
questo decremento corrisponde uno smorzamento percentuale che si calcola con leq. (2.31).
Sviluppando in serie di Taylor lespressione che ne risulta si ha:
1 2 + 33
= 3 + O( 4 )
2 16
Questo smorzamento non compare esplicitamente nelle equazioni del moto ma equiva-
lente, nel senso che produce gli stessi eetti dellalgoritmo numerico; per questo motivo
chiamato smorzamento numerico dellalgoritmo. Se sensibilmente inferiore ad uno,
in modo che siano trascurabili gli infinitesimi superiori, lo smorzamento numerico circa
2.6 Risposta ad unazione non periodica 39
2 4
Sp = + O( 6 )
12 180
mentre il metodo dellaccelerazione lineare (che non incondizionatamente stabile) ha
unelogazione del periodo:
2 17
Sp = 4 + O( 6 )
24 5760
Per 0 il metodo dellaccelerazione lineare produce lo stesso scarto di periodo del
metodo delle dierenze centrali (ma con segno opposto); al crescere di per la situazione
diviene pi favorevole per il metodo di Newmark, come dimostra, nello sviluppo in serie
della funzione Sp , la dierenza di segno tra il termine quadratico e quello di quarto grado.
Capitolo 3
3.1 Introduzione
Gli oggetti reali, da un punto di vista macroscopico, sono continui e quindi caratterizzati
da infiniti gradi di libert. Tuttavia, come insegna la teoria delle strutture, i mezzi continui
possono essere discretizzati, per esempio mediante la tecnica degli elementi finiti (e.f.), e
le equazioni dierenziali che ne descrivono il comportamento ridotte a sistemi di equazioni
algebriche, la cui soluzione approssima quella esatta tanto meglio quanto pi fitta stata
la discretizzazione impiegata.
Analoghe considerazioni si applicano al problema dinamico, spesso in modo ancora
pi marcato, come avviene ad esempio quando la maggior parte della massa associata a
pochi gradi di libert: in tal caso i gradi di libert a cui associata una massa trscurabile
possono essere condensati e non compaiono pi come incognite esplicite nelle equazioni
del moto.
Per esempio, prendendo in esame un telaio multipiano a maglie rettangolari, come
quello illustrato nella fig. , se si trascura la deformabilit assiale delle travi e si ritiene che
le masse associate ai gradi di libert di rotazione dei nodi siano piccole in confronto con
quelle relative alle traslazioni, tutte le masse si possono considerare concentrate a livello
dei piani. Non essendovi masse (e quindi forze) associate agli altri gradi di libert, la
matrice di rigidezza della struttura pu essere condensata, ponendo in relazione solo le
forze applicate ai piani e gli spostamenti corrispondenti.1
Con la notazione delle matrici, lequazione di equilibrio della struttura si scrive:
Ku = f (3.1)
in cui K indica la matrice delle rigidezze, u il vettore degli spostamenti dei piani ed f
il vettore delle forze applicate ai piani. Se le sole forze applicate sono quelle dinerzia,
1
La matrice condensata si pu ottenere direttamente, p.es. mediante un programma ad e.f. standard,
imponendo uno spostamento unitario ai nodi di un piano e spostamenti nulli agli altri: le reazioni che si
ottengono formano una colonna della matrice di rigidezza condensata; variando a turno il piano a cui
imposto lo spostamento si determinano tutte le colonne.
40
3.2 La matrice delle masse 41
detta matrice delle masse. Sostituendo le forze di inerzia ad f nelleq. (3.1) si ottiene il
sistema di equazioni della dianamica di un sistema con masse concentrate e non forzato:
Lequazione (3.3) formalmente simile alla (2.1) relativa ad un sistema con un solo
grado di libert, ma le quantit scalari m e k sono sostituite dalle corrispondenti matrici
M e K. Lequazione (3.3) si riferisce al moto libero e non smorzato di un sistema con
molti gradi di libert: il caso pi generale del moto forzato di un sistema dissipativo si
ottiene con ovvie generalizzazioni: la presenza di azioni esterne comporta laggiunta di
un termine f (t), rappresentativo delle azioni esterne note, mentre gli eetti della viscosit
lineare vengono messi in conto introducendo un termine Cu(t), prodotto di una matrice
viscosa C per il vettore delle velocit. Sulla eettiva struttura della matrice C si torner
nel seguito, per ora si osservi che, con lintroduzione delle forze esterne e degli eetti viscosi,
lequazione dinamica di un sistema discreto con pi di un grado di libert si sintetizza nella
formula:
In cui N(x) indica una matrice di funzioni interpolanti e u0 (t) un vettore di parame-
tri, che nel metodo degli elementi finiti si interpretano come gli spostamenti dei nodi
dellelemento.
Dal campo degli spostamenti si deriva quello delle deformazioni, mediante lapplicazio-
ne di un operatore dierenziale D che, nella teoria linearizzata, valida per piccole defor-
mazioni, lineare. Quindi applicando loperatore D ad u, posto nella forma discretizzata
delleq. (3.5), si ottiene:
in cui
B(x) = D[N(x)]
la matrice che trasforma il campo degli spostamenti nodali u0 nel campo delle deforma-
zioni .
In un mezzo elastico lineare la relazione tra il campo delle deformazioni e quello delle
tensioni lineare, per cui si ha = E, dove E la matrice elastica del materiale.
Utilizzando lespressione (3.6) per , si ha quindi:
Utilizzando le equazioni dellequilibrio nella forma del principio dei lavori virtuali, in-
dicando con g il vettore delle forze di massa, con u il campo, arbitrario, degli spostamenti
virtuali e con il corrispondente campo delle deformazioni, ed indicando con V il volume
dellelemento, si ha:
Z Z
(x, t) (x,t) dx = u(x, t)T g(x, t) dx
T
(3.8)
V V
che, per larbitrariet del campo degli spostamenti u0 , implica sia verificata lequazione:
Nei problemi dinamici, tra le forze di massa g deve essere considerata la forza dinerzia
u ( indica la densit di massa del materiale); il contributo alla forza generalizzata
dovuto alla forza di inerzia si calcola quindi facilmente, sostituendo, nelleq. (3.10), a g il
termine inerziale u; utilizzando per u lespressione (3.5) si ha pertanto:
Z
T
fi (t) = N (x)N(x) dx u0 (t) = Mu0 (t) (3.11)
V
in cui
Z
M= NT (x)N(x) dx (3.12)
V
la matrice coerente delle masse del sistema discretizzato. Nel caso di elementi fini-
ti lequazione (3.12) fornisce la matrice delle masse dellelemento: la matrice dellintera
struttura si ottiene poi assemblando le matrici elementari con le solite regole, valide anche
per lassemblaggio della matrice di rigidezza.
Aggiungendo il termine con le forze dinerzia allequazione di equilibrio si ottiene quindi
ancora lequazione (3.4) (a meno del termine viscoso Cu) ma ora la matrice delle masse
non pi diagonale: essa non stata ottenuta per semplice aggregazione nel nodo della
massa circostante, ma con un procedimento coerente (da qui la denominazione) con gli
altri procedimenti di discretizzazione.
Esempio 3.1 Si vuole costruire la matrice delle masse di una trave vincolata nel piano x, y, con
densit di massa per unit di lunghezza l , uniforme.
Nel riferimento proprio della trave, lasse x coincidente con quello della trave, lasse y ortogonale,se
si indica con u(x) = [u(x) v(x)]T il vettore degli spostamenti e con u0 = [u1 v1 1 u2 v2 2 ]T
il vettore dei parametri nodali, cio le componenti dello spostamento e la rotazione di ciascuna
estremit della trave, la matrice delle funzioni interpolanti :
" #
1 xl 0 0 x
l 0 0
N(x) = 2 3 3 2 3 2
x3 x2
0 3 xl2 + 1 + 2 xl3 xl2 + x 2 xl 0 2 xl3 + 3 xl2 l2 l
Per determinare la matrice delle masse si sostituisce lesprerssione di N(x) data dallequazione
precedente nella (3.12); svolgendo i prodotti e quindi integrando tutti i termini della matrice
quadrata NT (x)N(x) per x variabile tra 0 ed l, tenendo conto che, per ipotesi, l non dipende da
x, si ha:
1 1
3l 0 0 6 l 0 0
0 13 11 2 9 13 2
35 l 210 l 0 70 l 420 l
Z l
0 11 2 1 3 13 2 1 3
T 210 l 105 l 0 420 l 140 l
M= N (x)N(x) dx = l 1
l 0 0 1
0 6 3 l 0 0
0 9
l 13 2
l 0 13
l 11 2
l
70 420 35 210
13 2 1 3 11 2 1 3
0 420 l 140 l 0 210 l 105 l
2
3.3 Oscillazioni libere non smorzate 44
Mu(t) + Ku(t) = 0
si pone:
Si assume quindi che la soluzione delleq. (3.3) si possa esprimere come il prodotto di un
vettore costante per una funzione scalare del tempo z(t); quindi si cerca, se esiste, una
soluzione delleq. (3.3) che si possa porre in tale forma.
Sostituendo leq. (3.13) nella (3.3) e moltiplicando tutti i termini a sinistra per T , si
ottiene:
T M z(t) + T K z(t) = 0
quindi, tenendo conto che i prodotti T M e T K sono scalari, dallequazione prece-
dente si trae:
z(t) T K
= T = 2 (3.14)
z(t) M
cio il rapporto tra la derivata seconda di z(t) e la funzione stessa deve uguagliare una
costante negativa. Il segno di questa costante consegue dal fatto che le quantit T M e
T K sono sempre positive. Questo si giustifica osservando che, se si interpreta il vettore
come un vettore di spostamenti impressi alla struttura, la quantit T K , a meno
del fattore 12 , lenergia elastica della struttura, che , come noto, sempre positiva. Analo-
gamente se si interpreta come il vettore delle velocit impresse ai nodi della struttura,
T M il doppio dellenergia cinetica del sistema, grandezza anchessa positiva.2
Dalleq. (3.14) segue che z(t) deve essere soluzione dellequazione dierenziale:
che coincide con leq. (2.3), delloscillatore ad un g.d.l. libero e non smorzato, la cui
soluzione si pu porre nella forma:
in cui A e sono costanti che dipendono dalle condizioni iniziali del moto.
Sostituendo lespressione di z(t) (3.16) nelleq. (3.13) e quindi questa di nuovo nella
(3.3), si ricava facilmente:
M2 + K A sin(t + ) = 0 (3.17)
2
Quindi le matrici M e K sono definite positive
3.3 Oscillazioni libere non smorzate 45
Perch questa equazione sia soddisfatta per ogni valore di t deve risultare identicamente
nulla la quantit (M 2 + K). Sostituendo 2 con , questo implica che si deve avere:
K = M (3.18)
Questa equazione identica a quella (A.49) studiata nellappendice A: e devono
quindi essere lautovalore ed il corrispondente autovettore, in forma generalizzata, delle
matrici K e M. Come stato mostrato nei ??, ??, ?? ed ??, poich le matrici K e
M sono simmetriche ed il loro determinante non nullo (come segue dal fatto che sono
definite positive), se n lordine delle matrici, se ci il sistema ha n g.d.l., lequazione
(3.18) ha n soluzioni distinte 1 , . . . , n , a ciascuna delle quali associato un autovalore
k (k = 1, . . . , n) i cui valori non sono necessariamente sempre distinti. Sempre per la
simmetria di M e K si ha che gli autovalori k e gli autovettori k sono reali ed inoltre
i vettori k sono linearmente indipendenti, pertanto formano una base per lo spazio Rn :
questo significa che ogni vettore x pu essere ottenuto come una combinazione lineare dei
vettori k .
Unulteriore propriet che deriva dalla simmetria di M e K che, per j 6= k si ha:
Tj Mk = Tj Kk = 0 j 6= k (3.19)
Quindi, se si indica con la matrice n n costruita con gli autovettori k , risulta che le
matrici:
T K T M
sono diagonali ed inoltre:
(T M)1 (T K) = 1 M1 K = (3.20)
in cui indica la matrice diagonale costruita con gli autovalori k di K e M.
Da queste osservazioni segue che lequazione (3.3) ha n soluzioni del tipo (3.13), una per
ogni autovettore di M e K: k zk (t), in cui zk (t) a sua volta la soluzione dellequazione
delloscillatore semplice di frequenza k = k , dove k il corrispondente autovalore.
Dunque la pi generale delle soluzioni delleq. (3.3) si potr esprimere come combinazione
lineare delle precedenti, ossia:
n
X
u(t) = k zk (t) (3.21)
k=1
3.3.1 Esempi
Come primo esempio si studiano le oscillazioni libere del doppio pendolo introdotto nel
1.2.5, utilizzando le equazioni linearizzate (1.23).
Esempio 3.2 Oscillazioni libere del bipendolo Le equazioni del bipendolo sono state ot-
tenute nel nel 1.2.5, applicando le equazioni di Lagrange; in forma linearizzata, valida per piccole
oscillazioni, queste sono espresse dalle (1.23). Queste equazioni possono formularsi, con la notazio-
ne delle matrici, nella forma M + K = 0, in cui indica il vettore delle coordinate lagrangiane
e le matrici delle masse e delle rigidezze sono:
(m1 + m2 ) l12 m2 l1 l2 g (m1 + m2 ) l1 0
M= K =
m2 l1 l2 m2 l22 0 gm2 l2
sono proporzionali (a meno di 2) al quadrato dei periodi di oscillazione del sistema. Tali autovalori
si ottengono come radici dellequazione precedente, e sono:
r
2 2
(l1 + l2 )(m1 + m2 ) + (m1 + m2 ) m2 (l1 + l2 ) + m1 (l1 l2 )
1
1 =
2g m1 + m2
r
(l1 + l2 )(m1 + m2 ) (m1 + m2 ) m2 (l1 + l2 )2 + m1 (l1 l2 )2
1
2 =
2g m1 + m2
Nella figura p
3.1 sono riportati gli andamenti dei periodi di vibrazione (adimensionalizzate mediante
il fattore 2 (l1 + l2 )/g) dei due modi, in funzione del rapporto tra la massa m2 e quella totale e
per due casi del rapporto tra la lunghezza l2 del secondo pendolo e quella totale. In linea continua
rappresentato il caso = 0.5, con linea punteggiata rappresentato il caso = 0.25, che peraltro
coincide con quello relativo a = 0.75. Nella successiva figura 3.2 riportata, in funzione degli
3.3 Oscillazioni libere non smorzate 47
0.8
0.6
0.4
0.2
p
Figura~3.1: Periodi di vibrazione del bipendolo (normalizzati con il fattore (l1 + l2 )/g)
in funzione del rapporto = m2 /(m1 + m2 ); tratto continuo: = 0.5; linea tratteggiata:
= 0.25 e = 0.75. Le linee superiori si riferiscono al primo modo, quelle inferiori al
secondo.
stessi parametri, lampiezza della componente 1 del vettore delle coordinate, rapportata a 2 ,
posta uguale ad 1. Dalla fig. 3.1 si osservi come il periodo del primo modo aumenta al crescere
della seconda massa in rapporto a quella totale, mentre il periodo del secondo diminuisce. Per
= 1 (tutta la massa concentrata nel secondo pendololo) il periodo di oscillazione del primo modo
coincide con quello del pendolo semplice di lunghezza l1 + l2 ; inoltre, dalla fig. 3.2 risulta che
2 = 1 = 1, ossia il pendolo oscilla rigidamente, ignorando la cerniera intermedia. Al diminuire
della massa m2 il periodo del primo modo decresce; se la cerniera al centro (l1 = l2 ) i periodi dei
due modi tendono a coincidere mentre 1 0: lampiezza delle oscillazioni del pendolo superiore,
dotato di maggiore massa, si riduce e tende ad annullarsi (rarontata a quella del pendolo di massa
minore) quando tutta la massa nel nodo superiore.
Si determina ora la storia delle ampiezze delle coordinate angolari 1 e 2 per un doppio pendolo
con masse uguali ( = 0.5) e per tre valori del rapporto = l2 /(l1 + l2 ), assumendo le condizioni
1 = 2 = 1 e 1 = 2 = 0. Indicando con i (i = 1, 2) gli autovettori si ottengono le equazioni:
1
1 [a1 cos (0) + b1 sin (0)] + 2 [a2 cos (0) + b2 sin (0)] =
1
2 2 0
[a1 sin(0) + b1 cos(0)] + [a2 sin(0) + b2 cos(0)] =
T1 1 T2 2 0
Per cui dalla seconda equazione segue che b1 = b2 = 0 mentre la prima si semplifica nella:
1
1 a1 + 2 a2 =
1
-1
-2
-3
Figura~3.2: Primo elemento del vettore modale in funzione del rapporto . I valori positivi
si riferiscono al primo modo, quelli negativi al secondo. Linea punteggiata = 0.25; linea
continua = 0.5; linea tratteggiata = 0.75
e quindi
a1 = 1. 1324 a2 = . 13243
Combinando questi risultati si ottengono le espressioni:
Gli andamenti nel tempo sono, nei due casi, rappresentati nelle figure 3.4 e 3.5.
Si noti come il contributo del seondo modo sia poco rilevante per i casi in cui = 0.5 e = 0.25,
mentre diventano importanti, almeno per il moto della massa superiore, nel caso = 0.75. Questo
era daltra parte prevedibile osservando il grafico della fig. 3.2, dove evidente, per questo caso, la
grande ampiezza (negativa) della componente 1 del secondo autovettore. 2
Come secondo esempio si riporta lo studio delle oscillazioni libere di un semplice telaio
di 3 piani con travi indeformabili (shear type).
3.3 Oscillazioni libere non smorzate 49
0.5
00 10 20 30 40 50 60
t
-0.5
-1
Figura~3.3: Storia temporale delle oscillazioni delle coordinate angolari del bipendolo.
= 0.5 = 0.5. Con linea continua rappresentato 1 , con linea punteggiata 2
0.5
00 10 20 30 40 50 60
t
-0.5
-1
Figura~3.4: Storia temporale delle oscillazioni delle coordinate angolari del bipendolo.
= 0.5 = 0.25. Con linea continua rappresentato 1 , con linea punteggiata 2
3.3 Oscillazioni libere non smorzate 50
0.5
00 10 20 30 40 50 60
t
-0.5
-1
Figura~3.5: Storia temporale delle oscillazioni delle coordinate angolari del bipendolo.
= 0.5 = 0.75. Con linea continua rappresentato 1 , con linea punteggiata 2
Esempio 3.3 Si vogliono determinare le frequenze e le forme modali del telaio a 3 piani rap-
presentato in fig. 3.6, ipotizzando che le travi siano indeformabili e trascurando la deformazione
assiale dei pilastri. Si assume inoltre che le masse sono interamente concentrate a livello dei piani.
Le sezioni dei pilastri sono 30 30 cm2 , le masse, uguali a tutti i piani, sono di 30 t, il modulo
elastico del materiale E = 3 107 KN/m2 .
Il sistema ha tre soli gradi di libert, corrispondenti agli spostamenti dei piani. Numerando le
coordinate lagrangiane ui (gli spostamenti dei piani) partendo dal basso, la matrice di rigidezza si
costruisce facilmente partendo da quella dei pilastri. Indicando con
1
J= 0.3 0.33 = 6. 75 104 m4
12
il momento di inerzia della sezione di un pilastro e con Kp la rigidezza di un piano:
12EJ KN
Kp = 2 = 18000
33 m
La matrice di rigidezza della struttura risulta:
2Kp Kp 0 36000 18000 0
K = Kp 2Kp Kp = 18000 36000 18000
0 Kp Kp 0 18000 18000
Poich le masse sono concentrate, la matrice M diagonale:
30 0 0
M = 0 30 0
0 0 30
Le frequenze proprie (al quadrato) del telaio si possono calcolare come autovalori della matrice
1
30 0 0 36000 18000 0 1200 600 0
A = M1 K = 0 30 0 18000 36000 18000 = 600 1200 600
0 0 30 0 18000 18000 0 600 600
3.4 Oscillazioni smorzate e forzate 51
Nella figura 3.7 sono invece rappresentate le forme modali dei tre modi del telaio. 2
3 3 3
2 2 2
1 1 1
0 0 0
Mi zi + Ci zi + Ki zi = Fi (t) (3.27)
Mi = Ti Mi Ci = Ti Ci Ki = Ti Ki (3.28)
Fi = Ti f (3.29)
la forza modale.
Lequazione (3.27) quella di un oscillatore ad 1 gdl aventi massa, rigidezza e smor-
zamento del modo i. Dividendo questa equazione per Mi questa si pu porre nella forma
standard:
zi + 2i i zi + 2i zi = Qi (t) (3.30)
3.4 Oscillazioni smorzate e forzate 53
in cui
Ki Ci
2i = i = (3.31)
Mi 2 Ki Mi
sono la frequenza naturale non smorzata e lo smorzamento percentuale del modo, mentre
si posto Qi = Fi /Mi .
in cui il numero dei modi considerati m n spesso molto minore del numero dei gdl
della struttura. Viceversa il calcolo di C mediante la (3.32) richiede che si impieghino tutti
gli autovettori di M e K; infatti se in luogo di si impegasse una matrice rettangolare
composta con i primi m < n autovettori, la matrice C cos costruita assegnerebbe uno
smorzamento nullo ai modi di frequenza pi elevata i > m , ci che, per ragioni di
stabilit e accuratezza dellalgoritmo di integrazione, non opportuno.
Per costruire una matrice di smorzamento classica normalmente si preferisce assu-
mere che essa sia proporzionale alle matrici M e K:
C =M+K (3.34)
in cui i indica la frequenza delle oscillazioni libere e non smorzate del modo i. Poi-
ch mediante la (3.34) C dipende solo dai due coecienti e , possibile fissare i
valori degli smorzamenti di due soli modi (p.es. del 1 e del 2 ); gli altri risultano tutti
automaticamente determinati dalleq. (3.35).
2. Per p = 1 leq. (3.36) coincide con la (3.34); per l > 1, per leq. (3.20) si ha:
1 M1 K =
e dunque:
" #
X X
T C = T M l l 1 = diag [Mi ] l l
l l
3.5 Analisi in frequenza 55
Trasformata di Fourier della derivata. Applicando leq. (3.40) alla derivata di f (t)
ed integrando per parti, si ottiene:
f Z Z
df df it
it
= e dt = f (t)e
+ i f (t)eit dt = i fe()
dt dt
Avendo tenuto conto di quanto detto nella nota precedente. Applicando pi volte il
procedimento risulta:
dgnf
= (i)n fe() (3.42)
dtn
Ovvero: la trasformata di Fourier della derivata n-esima di una funzione si ottiene
moltiplicando per (i)n la trasformata della funzione.
da cui segue:
Z ^ Z
g(t)dt = (i)n ge() (3.43)
Lo sviluppo in serie di Fourier pu quindi essere visto come un caso particolare della
trasformata, nel caso che la funzione sia periodica: infatti possibile dimostrare che nel
caso in cui la funzione f (t) periodica, lintegrale (3.40) nullo ovunque, eccetto un
3.5 Analisi in frequenza 57
2 x e() = fe()
x() + 20 x
e() + 20 (i)e
In queste equazioni 0 la frequenza delle oscillazioni libere non smorzate del sistema,
mentre il parametro della trasformata di Fourier e xe e fe indicano le trasformate della
risposta e della forzante, rispettivamente. Risolvendo la precedente equazione rispetto ad
e() si ottiene:
x
1
e() =
x fe() = H(, 0 , )fe() (3.46)
2 + 2i 0 + 20
in cui h(t) indica la trasformata inversa della funzione di trasferimento H(), cio:
Z
1
h(t) = H()eit d (3.48)
2
5
Nel capitolo precedente il tempo natorale t era sostituito con il tempo adimensionale = 0 t per
questo motivo la funzione H risulta moltiplicata per 20 . Si ricordi che = /0 .
3.5 Analisi in frequenza 58
Confrontando leq. (3.47) con la (2.81) appare evidente che la funzione di trasferimento
H() la trasformata di Fourier della funzione di risposta ad impulso (2.82) (a meno del
fattore 1/m), pertanto si avr:
p
Z sin 0 1 2
t
1
H()eit d = p e0 t (3.49)
2 0 1 2
Questa relazione pu essere calcolata direttamente, facendo uso della propriet delle
funzioni olomorfe, per cui si ha:
Z X
f (x) dx = 2i Residuo [f (zn )]
n
dove zn sono i punti di singolarit di f (z) che cadono nella parte superiore del piano
complesso. I punti singolari di H()eit sono le radici della funzione a denominatore:
2 + 2i 0 + 20 = 0
q
2
1 = 0 i 1
2
e quindi:
h i h i p
0 t +i 1 2
e +e
0 t i 1 2 sin 0 1 2 t
h(t) = p = p e0 t
2i 0 1 2 0 1 2
La funzione h(t) si deve intendere nulla per t < 0; pertanto lintegrale (3.47) si pu
estendere allintervallo [, t]; in questo modo leq. (3.47) coincide con la (2.81) quando
il tempo inziale t0 ; questo dimostra che leq. (3.46) fornisce la trasformata della
parte stazionaria del moto.
Per un sistema a molti gradi di libert, supponendo che lo smorzamento sia di tipo
classico, le equazioni del moto possono essere disaccoppiate, riportando il problema a
quello di N oscillatori indipendenti, ciascuno caratterizzato dalla frequenza modale n
e dal relativo smorzamento n , per i quali si applica leq. (3.46). Quindi eseguendo la
trasformata di Fourier delleq. (3.30) si orriene:
en ()
zen () = Hn ()Q (3.50)
in cui
1
Hn () = (3.51)
2 + 2in n + 2n
e
T
en () = n e
Q f () (3.52)
Mn
Il vettore e
f () costruito con le trasformate di Fourier delle componenti del vettore delle
forze esterne f (t). Lintero vettore e
z() dato quindi dalla relazione:
1 T
ez() = diag [Hn ()] T M ef () = diag [Hn ()] 1 M1e
f ()
(3.53)
3.6 Moto di trascinamento 59
Il vettore
Ti MT
pi = (3.59)
i Mi
detto vettore dei coecienti di partecipazione del modo iesimo. Quando il moto della
fondazione traslatorio in una sola direzione, il vettore ag diviene uno scalare e la ma-
trice T un vettore; in questo caso anche pi uno scalare, indicato come coeciente di
partecipazione del modo.
La matrice P dei coecienti di partecipazione si pu anche esprimere direttamente
come prodotto di 1 T, infatti:
1 T
P = T M MT = 1 T (3.60)
Questa formulazione non conveniente per i sistemi con numerosi g.d.l. di cui normalmente
non vengono determinati tutti gli autovettori e pertanto leq. (3.60) non utilizzabile, in
quanto lintera matrice non nota.
Esempio 3.4 Determinare i coecienti di partecipazione dei modi del telaio studiato nellesem-
pio 3.3 supponendo che il moto di trascinamento sia di sola traslazione in direzione orizzontale.
In questo caso la matrice T diviene un vettore che, per la struttura esaminata, ha tre termini, tutti
uguali ad 1:
1
T= 1
1
ricordando le matrici delle masse e degli autovettori della struttura:
30 0 0 . 32799 . 73698 . 59101
M = 0 30 0 = . 59101 . 32799 . 73698
0 0 30 . 73698 . 59101 . 32799
T1 MT 49. 679
p1 = = = 1. 656
T1 M1 30.0
T2 MT 14. 219
p2 = T
= = . 47397
2 M2 30.0
T3 MT 5. 4606
p3 = T
= = . 18202
3 M3 30.0
ovvero, direttamete:
. 32798 . 59101 . 73697 1 1. 656
p = 1 T = . 73697 . 32798 . 59101 1 = . 47395
. 59101 . 73697 . 32798 1 . 18201
Il vettore x stato suddiviso nei sottovettori xf dei gradi di libert non vincolati e xg del
moto impresso ai g.d.l. vincolati e le matrici delle masse, degli smorzamenti e di rigidezza
sono state coerentemente suddivise. La matrice Kf g tiene conto degli eetti prodotti sui
nodi liberi dalle distorsioni impresse ai vincoli; la matrice Mf g non nulla solo nel caso
di matrice delle masse coerente. conveniente esprimere xf come somma di una parte
dinamica e di una statica o distorsiva:
xf = xsf + u (3.62)
in cui u indica la parte dinamica del moto e xsf quella statica. La parte statica si
assume che verifichi lequazione (3.61) in condizioni statiche, cio:
xsf = K1
f f Kf g xg (3.64)
Sostituendo la decomposizione (3.62) nelleq. (3.61) e tenendo conto della (3.64), si ottiene:
Mf f u + Cf f u + Kf f u = Mf f K1
ff K fg M fg xg + C K1
ff ff K fg C f g xg
(3.65)
In questo modo si ottinuto di dare allequazione delle strutture soggette a moto non
sincrono una struttura analoga alla (3.57) relativa al caso sincrono, a parte il termine
a secondo membro delleq. (3.65) che dipende dalla velocit del moto di trascinamento.
Inoltre, se si assume che la matrice di rigidezza sia semplicemente proporzionale a quella
delle rigidezze, cio che sia valida leq. (3.34) con = 0, allora sostituendo Cf f = Kf f
e Cf g = Kf g , lultimo termine del secondo membro delleq. (3.65) identicamente nullo
e risulta:
Mf f u + Cf f u + Kf f u = Mf f K1
ff K f g M f g xg (3.66)
Le sollecitazioni dei nodi liberi dipendono solo dalla parte dinamica dello spostamento:
infatti si ha:
sf = Kf f (u + xsf ) + Kf g xg = Kf f u (3.67)
Lultimo risultato si ottiene immediatamente tenendo conto della posizione (3.63). Nei
nodi vincolati invece si avr:
per cui, tenendo conto della (3.64) e del fatto che Kgf = KTfg , si ottiene:
sg = KTfg u+ Kgg KTfg K1
ff Kf g xg (3.68)
Quindi, contrariamente al caso di moto sincrono, le sollecitazioni nei nodi vincolati dipen-
dono anche dalle distorsioni indotte dal trascinamento.
pu essere sempre trasformata in un sistema di m equazioni del primo ordine; basta per
questo introdurre un vettore di incognite:
y1 = y, y2 = y0 , ... ym = y (m1)
y10 = y2
y20 = y3
..
.
0
ym = a1 ym a2 ym1 am1 y2 am y1 + f
come facile verificare direttamente, sviluppando la (3.72) e tenendo conto delle definizioni
(3.69), (3.70) e (3.71).
in cui x0 indica il vettore delle condizioni iniziali di x(t) ed X(t) la matrice delle soluzioni
principali. X(t) una matrice 2N 2N formata con 2N soluzioni indipendenti dellequa-
zione (3.72) resa omogenea e con condizioni iniziali tali che solo una delle componenti di
x(0) non nulla (ed uguale ad uno). Sinteticamente questo significa che X(t) soddisfa le
condizioni:
in cui con eAt si intende la matrice che si ottiene come limite della serie:
X
1 1 1 n n
eAt = I + At + (At)2 + (At)3 + = A t (3.76)
2 3! n=0
n!
Supponendo che la matrice degli autovettori di A, , sia non singolare, essa definisce una
trasformazione che rende A diagonale [eq. (A.46)] 1 A = , in cui = diag [1 , 2 , . . . , 2N ]
3.7 Smorzamento non classico 65
avendo posto, in accordo alla (3.79), z0 = 1 x0 e w(t) = 1 y(t). Tenendo conto che
et una matrice diagonale, leq. (3.80) si decompone in 2N equazioni indipendenti del
tipo:
Z t
zk (t) = ek t z0k + ek (t ) wk ( ) d (k = 1, 2, . . . , 2N ) (3.81)
0
k = k i k
3.7 Smorzamento non classico 66
La parte reale di questa funzione coincide con la legge del moto di un oscillatore di frequnza
naturale (non smorzata) k e smorzamento percentuale k . Dunque il modulo dellauto-
valore complesso k la frequenza naturale del modo ed il rapporto tra la parte reale ed
il modulo stesso corrisponde al coeciente di smorzamento.
Autovettori complessi
Nelle strutture non smorzate, o smorzate in modo classico, se viene eccitato un singolo
modo di vibrazione, la struttura oscilla in modo che, pur variando lampiezza, la con-
figurazione non muta, poich questa dallautovettore reale delle matrici K e M. Per
comprendere quello che accade per le strutture con smorzamento non classico si osservi
che se k indica il kesimo vettore della matrice , cio il kesimo autovettore di A, deve
soddisfare lequazione Ak = k k . Ricordando la forma della
matrice A [eq. (3.70)] e
k
suddividendo il vettore k in due sottovettori: k = si ha:
$k
0 I k k
Ak = = k
M1 K M1 C $k $k
$k = k k (3.83)
1 1
M Kk M C$k = k $k
Sostituendo la prima nella seconda, dopo aver moltiplicato tutti i termini a sinistra per
M, si ottiene:
2
k M+k C + K k = 0 (3.84)
Gli autovalori k si possono quindi ottenere come radici del polinomio di ordine 2N :
det 2k M+k C + K = 0 ed gli autovettori k come soluzioni del sistema omogeneo
(3.84).
Bk = k Dk (3.86)
Poich le matrici B e D sono simmetriche si verifica facilmente che gli autovettori sono
ortogonali; cio se k e l sono autovettori che corrispondono a due modi diversi k 6= l ,
si ha:
Tl B k = k Tl D k = 0 (l 6= k) (3.87)
k
In forma esplicita, ricordando che si posto k = , alla (3.87) corrispondono le
k k
equazioni
Tl Kk =l k Tl Mk (3.88a)
Tl Ck +(l + k )Tl Mk =0 (3.88b)
quindi, ponendo z0k nella forma |z0k |eik e distinguendo k nelle sue parti reale e imma-
ginaria, risulta:
q
k k t 2
uk (t) = 2 Re (k +i k ) |z0k |e cos k 1 k t + k
q
2
+i sin k 1 k t + k =
q q
k k t 2 2
2|z0k |e k cos k 1 k t + k k sin k 1 k t + k (3.89)
Questa equazione dimostra come, a dierenza del caso delle oscillazioni non smorzate,
o smorzate in modo proporzionale, ora le oscillazioni di ciascun modo sono formate da una
combinazione di due forme, che oscillano con la stessa frequenza ma con una dierenza di
fase di /2, corrispondenti alla parte reale e complessa dellautovettore.
Capitolo 4
4.1 Introduzione
Nei capitoli precedenti sono stati esaminati sistemi con un numero finito di gradi di li-
bert. Da un punto di vista operativo laver ristretto lo studio a tali sistemi non una
limitazione, poich sempre possibile approssimare un sistema continuo con uno discreto,
eventualmente fornito di un numero sucientemente grande di gradi di libert. In alcuni
casi la discretizzazione quasi naturale e d luogo a sistemi con relativamente pochi gradi
di libert (p.es. gli edifici a telaio multipiano), in altri la discretizzazione meno ovvia
e richiede, per ottenere una modellazione significativa, lintroduzione di molti gradi di li-
bert (p.es. la discretizzazione con elementi finiti di un guscio o di una piastra). Tuttavia,
se la discretizzazione con il metodo degli elementi finiti uno strumento potente che per-
mette di risolvere accuratamente problemi complessi, la cui soluzione inabbordabile per
via analitica, ha il limite di non porre in evidenza i caratteri generali delle soluzioni, che
spesso possibile ottenere da uno studio attento delle equazioni che reggono il problema e
della struttura delle soluzioni (quando note); tale studio consente spesso di penetrare pi
profondamente nella natura del sistema e funge da guida per apprestare gli strumenti di
indagine pi appropriati per altri problemi.
Le equazioni della dinamica dei continui si ottengono facilmente estendendo quelle ben
note della statica. In pratica le equazioni di compatibilit cinematica (congruenza) e la
legge costitutiva del materiale (p.es. elastica lineare) non mutano; solo nelle equazioni di
equilibrio si deve tener conto anche degli eetti dellinerzia. Nel caso di piccoli sposta-
menti, quando possibile sostituire le equazioni di equilibrio relative alla configurazione
di riferimento (configurazione indeformata) a quelle relative alla configurazione attuale, le
equazioni di equilibrio si scrivono:
ij/j + gi = ui (4.1)
dove ij indica la componente ij del tensore delle tensioni T, gi sono le componenti del
vettore delle forze di volume g, ui sono le componenti del vettore degli spostamenti u
e indica la densit di massa; il pedice /j denota la derivazione rispetto alla j-esima
coordinata spaziale xj , mentre con il punto sopra il simbolo si indicata la derivata
rispetto alla coordinata temporale t. Pertanto ui la i-esima componente del vettore
accelerazione; inoltre si applicata la convenzione di Einstein, per la quale sottintesa la
68
4.2 Vibrazioni longitudinali di una barra 69
P ij
somma degli indici ripetuti due volte (p.es. ij/j = j xj ). Con altra notazione leq.
(4.1) si pu scrivere:
div T+g =u
Lequazione (4.1), unita a quella di compatibilt cinematica ed alla legge costitutiva
del materiale, descrive in modo completo la dinamica delle piccole vibrazioni dei solidi.
2u
= 2 (4.2)
x t
In un mezzo elastico lineare e per le ipotesi fatte si ha semplicemente = E, dove
u
=
x
la deformazione longitudinale della barra ed E il modulo elastico del materiale.
Sostituendo queste due ultime relazioni nella (4.2) si ottiene facilmente:
u 2u
E = 2
x x t
2u 2u
E =
x2 t2
che si pu anche scrivere:
2u 2u
2
= c2 2 (4.3)
t x
dove, tenendo conto che E e sono grandezze sempre positive, si posto:
s
E
c= (4.4)
dove f1 ed f2 sono funzioni arbitrarie, purch due volte derivabili, il cui eettivo valore
dipende dalle condizioni iniziali ed al contorno. Lequazione (4.5) rappresenta la sovrap-
posizione di due onde, di forma f1 (x) ed f2 (x), rispettivamente, entrambe viaggianti con
velocit c, la prima nel verso negativo e la seconda in quello positivo dellasse della barra.
4.2 Vibrazioni longitudinali di una barra 70
0.8
0.6
0.4
0.2
0 5 10 15 20 25 30
x
-0.2
-0.4
-0.6
-0.8
2
Figura~4.1: Moto di un onda di equazione f (x) = sin(x)e0.03x
Infatti, se ad esempio f1 assume il valore u nel punto x0 al tempo t0 , lo stesso valore sar
raggiunto in tutti i punti in cui soddisfatta la condizione:
x + ct = x0 + ct0
ossia per
x = x0 c (t t0 )
Questa lequazione di un punto che si muove, in direzione negativa, con velocit c.
Analogamente facile verificare che londa f2 si propaga nella direzione positiva con la
medesima velocit. Nella Fig.4.1 rappresentata in tre dierenti istanti londa di equazione
2
sin (x) e0.03x propagantesi in verso positivo.
dove 2 indica una costante positiva. La ragione della scelta del segno della costante sar
chiarito tra breve.
Dalla (4.7) si ottengono due equazioni dierenziali ordinarie (lineari ed a coecienti
costanti):
d2 w
+ 2 w = 0 (4.8)
dt2
d2 2
+ = 0 (4.9)
dx2 c
Lequazione (4.8) coincide con quella (2.3) di un oscillatore semplice non smorzato di
frequenza . La soluzione si pu scrivere nella forma:
ora possibile chiarire la ragione della scelta del segno dellultimo membro del-
la (4.7); se questo fosse stato positivo la soluzione dellequazione (4.8) sarebbe stata
esponenzialmente crescente nel tempo, violando i principi di conservazione.
Analogamente anche la soluzione dellequazione (4.9) una combinazione di funzioni
armoniche:
in cui si posto
= (4.12)
c
mentre A e B sono costanti complesse che dipendono dai vincoli imposti alle sezioni di
estremit. La soluzione dellequazione (4.3) si pu quindi scrivere:
Estremi liberi
In tal caso nella sezioni di ascissa x = 0 e x = l si ha = 0, ovvero, per la proporzionalit
tra tensioni e deformazioni,
u d
x = =w =0 per x = 0 e x = l
x dx
Sostituendo la (4.13) si ottengono le due equazioni:
i (A B) eit = 0
i Aeil Beil eit = 0
Dalla prima di queste equazioni segue che A = B. Quindi dalla seconda si ricava:
A eil eil = 2iA sin (l) = 0
e quindi
c
n = n (4.15)
l
A ciacun valore di n corrisponde quindi una soluzione dellequazione (4.3) che rispetta le
condizioni di bordo libero:
in cui
Estremi vincolati
In questo caso le condizioni al contorno sono (0) = (l) = 0. Di conseguenza dalla (4.13)
si ottiengono le equazioni:
(A + B) eit = 0
Aeil + Beil eit = 0
Il fattore 2i stato incorporato nel coeciente indeterminato A. Nei due casi esaminati le
vibrazioni in due barre di uguali caratteristiche ma diversamente vincolate alle estremit,
una con le estremit libere e laltra incastrate, hanno le stesse frequenze e lunghezze
donda, ma le onde sono traslate, luna rispetto a laltra, del fattore /2.
4.2 Vibrazioni longitudinali di una barra 73
(A + B) eit = 0
i Aeil Beil eit = 0
Per 0 t < t, si ha per ipotesi (0, t) = 0 ed inoltre, per come stato definito
x, (x, t) = 0. Sostituendo queste uguaglianze nelleq. (4.21) ed integrando ancora
entrambi i membri rispetto al tempo, nellintervallo [0, t], si ottiene:
Z x
0 t = [u (x, t) u (x, 0)] dx
0
da cui, si ottiene:
0 t 0
u (0, t) = v0 = lim = (4.22)
t0 x c
in cui c la velocit di propagazione delle onde.
Per quanto visto nel precedente paragrafo, per una barra con un estremo libero ed uno
vincolato, la soluzione dellequazione (4.2) si pu scrivere:
X
u (x, t) = An ein t cos (n x) (4.23)
n=1
dove le espressioni di n e n sono quelle delle eq. (4.20). Diversamente dal caso trattato
prima qui si posta lorigine del riferimento in corrispondenza dellestremit libera della
barra, per cui la funzione seno sostituita dalla funzione coseno. Derivando la (4.23) si
trova lespressione della velocit:
X
u (x, t) = i An n ein t cos (n x) (4.24)
n=1
Ponendo lorigine dei tempi nellistante in cui cessa lazione della forza, al tempo zero la
velocit dei punti della barra nulla ovunque eccetto il tratto iniziale di lunghezza x
dove prende il valore v0 fornito dalla (4.22). Moltiplicando entrambi i membri della (4.24)
per cos (j x), ponendo t = 0 e tenendo conto che u 6= 0 solo per x [0, x], si ha:
Z x
X Z l
v0 cos (j x) dx = i Aj j cos (j x) cos (n x) dx
0 n=1 0
dove loperatore sim (T) indica la parte simmetrica del tensore T, e la legge costitutiva del
materiale. Per un mezzo linearmente elastico ed isotropo questa pu formulare nel modo
seguente:
2 2 2
in cui 4 indica loperatore di Laplace: 4 = div grad = x 2 + y2 + z 2 .
Si assumano ora nulle le forze di volume, e si ponga
u = ul + ut (4.31)
dove:
Analogamente applicando loperatore rotore e tenendo anche conto che rot grad 0, si
deduce:
rot ut ut = 0 (4.34)
Poich per le entrambe le quantit in parentesi quadra nelle due equazioni (4.33) e (4.34)
si annullano rotore e divergenza esse sono, a meno di un termine costante, identicamente
nulle; si ottengono cos le due equazioni:
dove
s s r s
+ 2 E 1 E 1
cl = = ct = =
(1 + ) (1 2) 2 (1 + )
(4.36)
x
y
I due tipi di onde sono note in sismologia con i nomi di onde di pressione, od onde-p, e
onde di taglio, od onde-s; le onde p si propagano con velocit superiore alle onde di taglio
(s), le loro velocit sono nel rapporto:
s r
cl 1
= 2+ = 2 2 (4.38)
ct 1 2
come si deduce dalle (4.36). Lequazione (4.38) dimostra che il rapporto tra le velocit
delle onde p e le s dipende solo dal coeciente di Poisson .
Nel caso piano, e saranno funzioni solo di x e z; inoltre, perch ut sia contenuto nel
piano xz occorre che sia ortogonale a tale piano, quindi che abbia una sola componente
non nulla , parallela ad y. In modo esplicito si ha dunque:
ul = ut = (4.40)
x z
wl = wt =
z x
in cui u, w indicano le componenti sugli assi x e z, rispettivamente, ed i pedici l o t
indicano la parte irrotazionale e quella a divergenza nulla. Sostituendo le (4.40) nelle
equazioni (4.35) si ottiene facilmente:
2
2 2 2
= cl +
x t2 x x2 z 2
2 2
2 2
= cl +
z t2 z x2 z 2
2 2
2 2
= ct +
z t2 z x2 z 2
2 2
2 2
= ct +
x t2 x x2 z 2
Queste relazioni sono equivalenti alle espressioni pi sintetiche:
2
2
grad = cl 4
t2
2
2
grad = ct 4
t2
che, a meno di un termine costante, del tutto irrilevante, implicano che:
2
= c2l 4 (4.41a)
t2
2
= c2t 4 (4.41b)
t2
Queste due equazioni sono simili e si dierenziano solo per il diverso valore della velocit
delle onde di pressione rispetto a quelle di taglio; si cercher ora la struttura della soluzione
di unequazione del tipo:
2F
= c2 4F (4.42)
t2
dove F sta per o e di conseguenza c varr cl o ct .
Separando le variabili si pone
Sostituendo la (4.43) nella (4.42) e dividendo tutti i termini per F = XZ, si ha:
1 d2 2 1 d2 X 1 d2 Z
=c +
dt2 X dx2 Z dz 2
ux = u(z, t) uy = uz = 0 (4.44)
2u 2u
= G
t2 z 2
poich le altre si riducono allidentit 0 = 0, e da cui si ottiene:
2u 2
2 u
= c (4.45)
t2 z 2
p
dove c = G/ la velocit delle onde di taglio [eq. (4.36)].
Separando le variabili, ponendo:
w + 2 w = 0 (4.47a)
00 2
+ = 0 (4.47b)
dove = /c.
Come nel caso delle vibrazioni longitudinali di una barra, le soluzioni delle equazioni
(4.47) sono funzioni armoniche:
e quindi
u (x, t) = Aei(t+x) + Bei(tx)
Per rispettare le condizioni ai limiti si dovr avere che u(0, t) = 0 ed inoltre che
xz (h) = G xz (h) = Gw d
dz |zhl = 0, per cui dovranno essere soddisfatte le condizioni:
(A + B)eit = 0
i Aeih Beih eit = 0
Oscillazioni forzate
Si supponga ora che la base dello strato sia soggetta ad un moto assegnato di direzione
x, descritto dalla storia di accelerazione ag (t). Le equazioni di equilibrio (4.1) sono ovvia-
mente ancora valide, ma devono scriversi con riferimento ad una base inerziale, per cui in
questo caso si ha
2u 2u
ag + 2 = G 2
t z
da cui si deduce lequazione
2u 2
2 u
c = ag (t) (4.52)
t2 z 2
La soluzione di questa equazione si cercher tra le funzioni che possono esprimersi come
combinazione lineare delle autofunzioni n dei modi di vibrazione dello strato, nella forma:
X
u(z, t) = wn (t) n (z) (4.53)
n=1
che soddisfano in modo implicito le condizioni ai limiti. Questo richiede in via prelimi-
nare la dimostrazione che le autofunzioni n formino un sistema ortogonale, ossia che
Rh
0 n (z)k (z)dz = 0 se n 6= k.
4.5 Trave a taglio 82
Ortogonalit dei modi Per quanto visto prima ogni funzione un (z, t) = wn (t)n (z)
una soluzione dellequazione di equilibrio
2 un
un = G
z 2
per cui in ogni istante vi equilibrio tra le tensioni prodotte dalla deformazione elastica un
e le forze esterne un . Se un e uk sono gli spostamenti relativi a due modi di vibrazione
n e k, allora per il teorema di Betti, ad ogni istante, il lavoro fatto dalle forze del modo
n per gli spostamenti del modo k sar uguale al lavoro delle forze del modo k per gli
spostamenti del modo n. In formule:
Z h Z h
(un ) uk dz = (uk ) un dz
0 0
quindi, tenendo conto cke per (4.47a) si ha wn /wn = 2n , dividendo ambo i membri
dellequazione precedente per wn wk si ottiene:
Z h Z h
2 2
n n (z)k (z)dz = k k (z)n (z)dz
0 o
ovvero: Z
h
2n 2k n (z)k (z)dz = 0
0
Se 2n 6= 2k la condizione precedente soddisfatta solo se
Z h
n (z)k (z)dz = 0 n 6= k (4.54)
0
che esprime la condizione di ortogonalit dei modi di vibrazione; quando, come nel caso
esaminato, si suppone che costante nel dominio di integrazione, la condizione (4.54)
Rh
diviene semplicemente: 0 n (z)k (z)dz = 0.
Rh
Dividendo tutti i termini per 0 2k (z) dz e ricordando che c = , dallultima equazione
si deriva;
wk (t) + 2k wk (t) = pk ag (t) (4.55)
dove
Rh
k (z) dz
pk = R0h (4.56)
0 2k (z) dz
il coeciente di partecipazione del modo k. Per costante le funzioni k hanno
lespressione (4.50), pertanto:
Rh 1
z
0 sin k 2 h dz 1 4
pk = R h 2 z = (4.57)
1
0k 0 sin k 2 h dz 0k (2k 1)
I coecienti pk che pesano lazione ag per ciascun modo, decrescono inversamente al-
lordine del modo. Cos, normalizzando tutti i modi per cui 0k = 1 k, il rapporto tra
il coeciente del modo k ed il primo, pk /p1 = 1/(2k + 1). Ad esempio il coeciente di
partecipazione del 10 modo sar 1/19 del coeciente del primo; i modi di ordine molto
elevato pertanto avranno un coeciente molto piccolo e risulteranno trascurabili.
Se leccitazione una funzione armonica di pulsazione f , per quanto visto nel capitolo
2, le ampiezze delle risposte modali wk (t) dipendono, oltre che dallampiezza della forzante,
dal rapporto k = f /k tra la frequenza della forzante e quella naturale del modo. Poich
la funzione di amplificazione D [eq. (2.48)] ha un massimo per ' 1, le risposte dei modi di
frequenza prossima a quella della forzante saranno amplificati; quelli di frequenza k f
( k 1) risultano attenuati, poich D < 1; per quelli di frequenza k f , la funzione
D ' 1, ma, per la (4.57), il coeciente di partecipazione diviene piccolo, pertanto anche
il contributo di questi modi diverr trascurabile in confronto a quello dei modi prevalenti.
Quando leccitazione costituita dalla sovrapposizione di pi funzioni armoniche di
diversa frequenza, in genere vi sar pi di un modo che sar eccitato significativamente;
lentit della risposta di ciascun modo dipender dalle ampiezze delle componenti della
forzante di frequenza pi prossima a quella del modo e dal coeciente di partecipazione
di questo. In genere se leccitazione ha uno spettro a larga banda, cio formato da
molte armoniche di ampiezza confrontabile, la risposta sar dominata dai primi modi a
cui corrispondono i coecienti di partecipazione maggiori.
2u 2u 3u
= G + (4.60)
t2 z 2 tz 2
Si cerca una soluzione della (4.60) ponendo:
ovvero:
2
00 (z) + (z) eit = 0 (4.62)
G + i
u 2u it
=G + = [G + i] e =
z tz z
G i Aeiz Bei z eit (4.67)
Se z = 0 corrisponde alla superficie libera dello strato, si avr (0, t) = 0 e quindi, per
la (4.67) A B = 0, ossia A = B.
Si supponga che la base dello strato sia soggetta ad un moto imposto di tipo armonico:
u0 = U eit ; quindi alla base dello strato, per compatibilit cinematica, si dovr avere:
h h
Aei + Bei =U
4.5 Trave a taglio 85
0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
ed essendo A = B,
U U
A=B= h =
ei h +ei 2 cos ( h)
cos il rapporto tra lampiezza del moto in superficie A + B e quella alla base U
2A 1
F () = = (4.68)
U cos ( h)
p
Per valori piccoli dello smorzamento si ha ' (1 i), dove = /G = /v
il numero donda non smorzato. In tal caso 1 = , 2 = . Ponendo ad esempio
v = 500 m/ sec e = 0.1, h = 50 m
Se il terreno stratificato, la soluzione si pu ancora porre nella forma (4.66) allinterno
di ciscuno strato, ma i coecienti A e B saranno diversi tra uno strato e laltro. Assumendo
per ciascun strato un riferimento che ha origine sulla superficie limite superiore dello strato
e rivolto verso il basso, le condizioni di compatibilit ed equilibrio tra due strati consecutivi
impongono che:
ovvero
Gk ik ik hk ik hk
Ak+1 Bk+1 = Ak e Bk e (4.72)
Gk+1 ik+1
4v 2v p(x, t)
4
+ = (4.75)
x EJ t2 EJ
In questa equazione la densit di massa della trave e v(x, t) la linea elastica della
trave, funzione dellascissa x e del tempo t.
4.6 Vibrazione delle travi inflesse 87
4v 2v
+ =0 (4.76)
x4 EJ t2
la cui soluzione rappresenta le oscillazioni libere della trave. Anche in questo caso la
soluzione si cerca con il metodo di separazione, ponendo:
d4 d2 w
w + =0
dx4 EJ dt2
e quindi:
1 d4 EJ 1 d2 w
= = 2
dx4 w dt2
da cui si deducono le due equazioni:
d2 w
+ 2w = 0 (4.78a)
dt2
d4 2
= 0 (4.78b)
dx4 EJ
La prima ancora lequazione di un oscillatore elementare non smorzato di frequenza
naturale 2 . La seconda delle (4.78), posto
2
a4 = (4.79)
EJ
unequazione omogenea di quarto grado, la cui equazione caratteristica
4 a4 = 0
o, in forma equivalente:
(x) = A1 sin (ax) + A2 cos (ax) + A3 sinh (ax) + A4 cosh (ax) (4.80)
Trave appoggiata
Nella trave appoggiata si annullano sia gli spostamenti sia i momenti alle estremit della
trave. Poich M = EJu00 le condizioni di vincolo forniscono le 4 equazioni per le funzioni
:
(0) = 0 (l) = 0
00 (0) = 0 00 (l) = 0
dove l indica la lunghezza della trave. Sostituendo la (4.80) e la sua derivata seconda si
ottengono le seguenti 4 equazioni, le cui incognite sono i coecienti Ai :
A2 + A4 = 0
A2 + A4 = 0
A1 sin(al) + A2 cos(al) + A3 sinh(al) + A4 cosh(al) = 0
A1 sin(al) A2 cos(al) + A3 sinh(al) + A4 cosh(al) = 0
I modi di vibrazione flessionale di una trave elastica di sezione costante sono sinusoidi
la cui lunghezza donda un sottomultiplo di l: sin(nx/l), a ciascun modo corrisponde
una frequenza di vibrazione fornita dallequazione (4.81).
Mensola
Nel caso di una mensola incastrata nella sezione origine (x = 0), le condizioni di vincolo
sono: u(0) = u0 (0) = 0, M (l) = V (l) = 0, ossia nella sezione di incastro si annullano
gli spostamenti e le rotazioni, nella sezione libera saranno nulle le sollecitazioni di taglio
e momento. Queste condizioni implicano che la funzione deve verificare le seguenti
equazioni:
(0) = 0 (0) = 0
00 (l) = 000 (l) = 0
4.6 Vibrazione delle travi inflesse 89
2 + 2 cos al cosh al
I valori di al che rendono nulla questa funzione devono essere trovati numericamente; le
prime 4 radici sono:
al = 1. 8751 4. 6941 7. 8548 10. 996
w =u+v
(a) commutativa
u+v =v+u
(b) associativa:
u + (v + w) = (u + v) + w
u+0 =u u V
v = au
a(bu) = (ab)u
1u = u
(a + b)u = au + bu
a(u + v) = au + av
90
A.2 Dipendenza lineare 91
a1 v1 + a2 v2 + + an vn = 0 (A.1)
a1 e1 + a2 e2 + + an en + an+1 w = 0 (A.2)
2.
hu, ui 0
hu + v, wi = hu, wi + hv, wi
4.
hu, wi = hw, ui
uw se hu, wi = 0
Se n vettori vj sono tra loro ortogonali allora sono anche linearmente indipendenti.
Infatti in caso contrario esisterebbe una combinazione lineare con coecienti non tutti
nulli per cui:
Xn
aj vj = 0
j=1
Ci implica, dato che hvk , vk i 6= 0, che ak = 0. Poich questo e valido per qualunque vk
(k = 1, 2, . . . , n), ne segue che i coecienti ak devono essere tutti nulli, quindi i vettori vj
sono linermente indipendenti.
Da quanto dimostrato segue che in uno spazio Vn non possono esistere pi di n vettori
tra loro ortogonali.
w1 = v1
hw1 , v2 i
w2 = v2 w1
hw1 , w1 i
(A.4)
hw1 , v3 i hw2 , v3 i
w3 = v3 w1 w2
hw1 , w1 i hw2 , w2 i
...
A.7 Componenti di un vettore 93
facile controllare direttamente che i vettori wj sono tra loro ortogonali; la dimostrazione
per non completa se non si verivica che i denominatori nelle eq. (A.4) sono diversi da
zero. Per questo basta controllare che wk 6= 0 k; ma questo immediato perch, tenendo
conto che ogni wk una combinazione lineare a coecienti non tutti nulli di vj , j k, se
per qualche k risultasse wk = 0, esisterebbe una combinazione lineare dei vettori vj con
risultante nullo, contraddicendo lipotesi di indipendenza dei vettori vj .
Poich i vettori ortogonali sono indipendenti possono essere impiegati per formare una
base dello spazio Vn . Data una base qualsiasi, seguendo la procedura (A.4), si pu sempre
costruire una base ortogonale. Se poi, a partire da una base ortogonale wj si costruisce
unaltra base:
1
uj = wj j
hwj , wj i
che soddisfa alla condizione di normalit huj , uj i = 1, j, la base cos ottenuta si dice
ortonormale.
ossia le componenti del vettore ottenuto moltiplicando un vettore per uno scalare si
ottengono moltiplicando le componenti del vettore dato per lo stesso scalare.
Si calcola ora il prodotto interno di due vettori rappresentati nella base E; utilizzando
leq. (A.5) e le propriet del prodotto interno si ottiene:
X n
n X n X
X n
hu, wi = hej , ek iuj wk = gkj uj wk (A.8)
j=1 k=1 j=1 k=1
Questa equazione dimostra che il prodotto interno di due vettori si calcola come una forma
quadratica i cui coecienti:
formano una matrice quadrata hermitiana1 e definita positiva2 : la prima propriet con-
seguenza della propriet 4, mentre questultima discende direttamente dalla propriet n. 2
del prodotto interno.
Indicando con u e w le matrici n 1 costruite con le componenti dei vettori u e w, e
con G la matrice quadrata n n costruita con i coecienti gkj :
u1 w1 g11 g12 . . . g1n
u2 w2 g21 g22 . . . g2n
u= . w= . G=
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . (A.10)
.. ..
un wn gn1 gn2 . . . gnn
hu, wi = w G u = u G w (A.11)
hu, wi = u I w = u w (A.12)
In questo caso il prodotto interno si riconduce al prodotto matriciale tra una matrice ad
una riga u ed una matrice ad una colonna w.
A = AT
una matrice hermitiana se A = A . evidente che gli elementi della diagonale principale di una matrice
hermitiana sono reali. Se una matrice hermitiana reale allora una matrice simmetrica, cio A = AT .
2
Una matrice quadrata n n A si dice definita positiva se, per per qualsiasi matrice n 1, x 6= 0 si ha:
x A x > 0
3
Nel caso reale leq. (A.11) diviene semplicemente hu, wi = uT G w.
A.8 Cambiamento di base 95
BA=I (A.17)
B = A1 (A.18)
in cui si posto
n
X
u0k = kj uj (A.20)
j=1
Lequazione (2.23) mostra che le quantit u0k sono le componenti di u nella nuova base E0 ;
con esse si costruisce la matrice u0 (n 1) , che si ottiene dalla matrice u delle componenti
relative alla base precedente mediante la trasformazione:
u0 = Au (A.21)
A.9 Operatori lineari 96
Dalleq. (A.24) appare evidente che le componenti del vettore L(u) nella base E, si ot-
tengono combinando linearmente i coecienti akj con le componenti del vettore origine
u. Raccogliendo le componenti di L(u) e di u in matrici n 1 e i coecienti ak,j della
trasformazione nella matrice n n:
a11 a12 . . . a1n
a21 a22 . . . a2n
L=
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
an1 an2 . . . ann
Lu (A.25)
A.9 Operatori lineari 97
L1 L = I
hL(v), wi
Esiste ed unico un altro operatore lineare L , detto loperatore aggiunto di L, tale che:
hL(v), wi = hv L(w)i
L = LT (A.32)
La matrice aggiunta di una matrice reale la sua trasposta. Una matrice hermitiana se
coincide con la sua aggiunta A = A; una matrice reale autoaggiunta se simmetrica.
A(x) = x (A.34)
Applicando loperatore A a tutti i termini della (A.36) e tenendo conto delleq. (A.34),
risulta:
ma, dato che per ipotesi m 6= k , (k 6= m), questa implicherebbe che x1 , . . . , xm1 siano
linearmente dipendenti, contraddicendo lipotesi: quindi leq. (A.36) falsa ed pertanto
dimpostrato che gli autovettori di autovalori distinti sono linearmente indipendenti.
Indicando con I loperatore identico, lequazione (A.34) si pu riscrivere:
(A I)(x) = 0 (A.38)
Ricordando la definizione del nucleo di un operatore, evidente che gli autovettori associati
allautovalore sono il nucleo delloperatore (A I); ne consegue che un operatore
di A se e solo se (A I) non invertibile.
Unulteriore propriet che pu essere dimostrata che ogni operatore A ha almeno un
operatore non nullo. Per quanto visto in precedenza se un operatore lineare ha m atovalori
distinti allora ha anche m autovalori, che tra loro risultano linearmente indipendenti; da
questo consegue che un operatore in Vn non pu avere pi di n autovalori ed autovettori.
A.10 Vettori in Cn 100
A.10 Vettori in Cn
Nei paragrafi precedenti si posto in evidenza come un vettore v Vn , elemento di uno
spazio vettoriale, sia generalmente diverso dai coecienti di una sua rappresentazione
relativa ad una qualche base di Vn ; per sottolineare questa dierenza e non ingenerare
confusione, linsieme delle componenti di v stato chiamato matrice n 1 o matrice
colonna e non vettore, come spesso avviene.
Peraltro lo spazio dei numeri complessi,5 o, pi in generale, il prodotto di n spazi
complessi C C C = Cn uno spazio vettoriale, in quanto soddisfa a tutte le
condizioni esposte nel primo paragrafo. Pertanto le n-ple di numeri complessi sono esse
stesse elementi di uno spazio vettoriale, per cui non improprio chiamare vettore una
matrice-colonna. Quindi linsieme di n numeri complessi di per se stesso un vettore,
come elemento di uno spazio Cn ma pu anche essere la rappresentazione, relativa ad
una qualche base, di un elemento di un altro spazio vettoriale. Ad esempio linsieme dei
segmenti orientati nello spazio che hanno un estremo in un punto uno spazio vettoriale; le
coordinate dellaltro estremo del segmento riferite ad una terna cartesiana forniscono una
terna di numeri che sono le componenti del vettore nella base assegnata. Questa terna di
numeri pu essere interpretata come un vettore dello spazio Rn o come rappresentazione,
riferita ad una certa base, del segmento orientato dello spazio geometrico.
Nel seguito, quando non sar necessario evidenziare questa distinzione, le n-ple di
numeri reali (o complessi) saranno chiamate vettori.
A x = x (A.39)
(A I) x = 0 (A.40)
det(A I) = 0 (A.41)
5
Analoghe considerazioni si applicano allo spazio dei numeri reali, che si pu considerare un sottospazio
di C
6
x = 0 ovviamente soluzione delleq. (A.40), ma essa priva di interesse e quindi denominata banale
A.11 Autovalore ed autovettori di una matrice 101
n + p1 n1 + p2 n2 + + pn = 0 (A.42)
Per il teorema fondamentale dellalgebra leq. (A.42) ha sempre n soluzioni (radici), reali
o complesse, qualcuna delle quali pu avere molteplicit maggiore di 1. Se si indica con k
una delle m n radici distinte delleq. (A.42) e con rk 1 la sua molteplicit, leq (A.42)
equivalente a:
m
Y
( k )rk = 0 (A.43)
k=1
A= (A.44)
1 A = (A.45)
1 = A (A.46)
In questa base la prima colonna di A ha tutti i termini nulli, eccetto il primo, che ha il
valore dellautovalore 1 associato allauovettore . Infatti in questa base ha componenti
[1 0 0 . . . 0] e quindi si dovr avere:
a11 1
a21 0
A = . = 1 = 1 .
.. ..
an1 0
a11 = 1 aj1 = 0 (j = 2 . . . n)
U1 U2 Un1
che trasforma una generica matrice A in una matrice triangolare superiore, i cui termini
sulla diagonale principale sono gli autovalori di A.
(U A U) = U A U = U A U
dato che per ipotesi A = A. Poich daltra parte una matrice triangolare ed hermitiana
ovviamente una matrice diagonale, ne consegue che le matrici hermitiane sono sempre
diagonalizzabili. La matrice ortonormale U della trasformazione che la triangolarizza (e
quindi la diagonalizza) allora la matrice dei suoi autovalori. Da questo segue dunque
immediatamente come corollario che gli autovettori di una matrice hermitiana formano
una base ortogonale.
Unulteriore propriet delle matrici hermitiane che i loro autovalori sono sempre
reali. Infatti se A una matrice hermitiana, un suo autovettore e il corrispondente
autovalore si ha:
A =
quindi, moltiplicando entrambi i membri dellequazione a sinistra per , si ottiene:
A = (A.47)
A = (A.48)
dal confronto tra le equazioni (A.47) e (A.48), tenendo conto che per ipotesi A = A, ne
consegue che deve risultare = , il che significa che reale. In particolare se la matrice
A reale e simmetrica, anche gli autovettori sono reali.
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facile verificare che (A B) = B A. Infatti:
(AT B)T = BT A = BT A
A.11 Autovalore ed autovettori di una matrice 104