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LEFFICACIA STRATEGICA

1) Generalizzando il concetto di strategia, possibile seguire limpostazione che consiste


nellindividuare i caratteri e i profili della strategia inquadrandoli nel contesto
delleconomicit aziendale. Tale opzione si bada sul collegamento tra gli obiettivi perseguiti
e le scelte mediante cui si intende perseguirli, da un lato, e levoluzione prospettica
percepita del task environment e delle connesse situazioni di potere e di dipendenza,
dallaltro. Il riferimento agli obiettivi assume rilievo anche in relazione alle due possibili
concezioni di strategia:
-STRATEGIA IN SENSO STRETTO: gli obiettivi di fondo dellazienda devono essere assunti
come dati, configurandosi il concetto di strategia in relazione ai modi mediante cui
lazienda si relaziona con il suo ambiente e utilizza le risorse di cui dispone per il
perseguimento di tali obiettivi.
-STRATEGIA IN SENSO AMPIO: include nel concetto si strategia sia i fondamentali obiettivi
perseguiti sia le politiche poste in essere per il loro conseguimento.

2) Il primo step nellevoluzione del concetto di strategia consiste nella cosiddetta


PROGRAMMAZIONE DI LUNGO PERIODO (long range planning). Negli anni 50-60 del
secolo scorso prevaleva un orientamento basato sullimpiego del budget annuale in sede di
programmazione e di controllo della gestione. Negli studi di matrice anglosassone, le
diverse aree aziendali (produzione, marketing, finanza ecc.) apparivano tra loro slegate;
tale atteggiamento era anche consentito dalla relativa stabilit dei mercati.
La seconda tappa nellevoluzione del concetto di strategia alla base della Scuola di
Harvard e ha in Andrews uno dei suoi maggiori esponenti. La prima fase del pensiero
bostoniano consisteva in:
ANALISI DELLE CONDIZIONI AMBIENTALI ESTERNE
ANALISI DEL PROFILO COMPETITIVO DELLIMPRESA
ESAME DEI POSSIBILI PERCORSI STRATEGICI PERCORRIBILI
VALUTAZIONE DELLE ALTERNATIVE STRATEGICHE E SCELTA DEI PRODOTTI E DEI MERCATI IN
CUI INVESTIRE
Questa concezione entr in crisi quando inizi a crescere il livello di competitivit e
dinamicit dellabiente esterno.
Il terzo step nellevoluzione del concetto di strategia ha in Ansoff uno dei maggiori
esponenti. La sua impostazione di strategia si basava sulla ricerca di quelle combinazioni
prodotto/mercato pi opportune ed efficienti e sul ricorso a matrici e a schemi altamente
formalizzati. Egli quindi concepiva la strategia solo in relazione ai mezzi da impiegare per
raggiungere determinate finalit.
Al pensiero di Ansoff succede quello di Abell, secondo cui la strategia va intesa quale atto
creativo di selezione del business o dellarea di affari in cui limpresa intende operare, in
modo da poter conseguire agli occhi della clientela una posizione competitiva migliore
rispetto ai concorrenti. La definizione di business non legata alla dicotomia
prodotto/mercato, come succedeva per Ansoff, ma sulla considerazione di tre variabili:
IL GRUPPO DI CLIENTI SERVITO, LE FUNZIONI DEI CLIENTI DA SODDISFARE, LE TECNOLOGIE
UTILIZZATE
Proprio il riferimento alla combinazione di queste tre variabili ha consentito di configurare
il concetto di AREA STRATEGICA DAFFARI (ASA), unarea di business che necessita di un suo
inquadramento sul piano strategico ai fini di una pi appropriata definizione di business e
di una pi proficua ricerca di vantaggi conpetitivi nei confronti dei concorrenti.
Passiamo ora ad inquadrare il pensiero di Porter e la sua concezione di strategia. In primo
luogo, Porter ritiene che la valutazione del grado di redditivit vada investigato
considerando la struttura del settore, a suo avviso composto di 5 forze:
-CONCORRENTI ATTUALI, che consentono di configurare il grado di attrattivit in un
determinato momento;
-POTENZIALI NUOVI ENTRANTI, le cui probablit di entrare nel settore dipendono dalle
barriere allentrata;
-PRODUTTORI DI PRODOTTI SOSTITUTIVI, che potrebbero rappresentare una minaccia nella
misura in cui la propensione dei consumatori alla sostituzione del prodotto sia elevata e i
costi di passaggio contenuti;
-FORNITORI;
-CLIENTI.
In secondo luogo, Porter approfondisce il concetto di vantaggio competitivo, che pu
essere definito in termini di costo o di differenziazione:
-si ha VANTAGGIO DI COSTO quando limpresa riesce a produrre e collocare sul mercato
beni/servizi aventi un valore simile a quello dei concorrenti.
-si ha VANTAGGIO DI DIFFERENZIAZIONE quando limpresa riesce a produrre e vendere
prodotti di qualit superiore rispetto a quella della concorrenza con un livello di costi
simile.
In terzo luogo, Porter delinea il noto modello della CATENA DEL VALORE, basato sulla
scomposizione della gestione dimpresa in attivit rispetto alle quali si configura lapporto al
valore complessivo creato. In tal mdo si individuano le ATTIVITA PRIMARIE (produzione,
marketing, vendite) e le ATTIVITA DI SUPPORTO (gestione delle risorse umane, sviluppo
della tecnologia, approviggionamenti).
A Porter sono successi Prahalad e Hamel, i quali hanno posto laccento sulle risorse e sulle
competenze dellimpresa quali fonti del vantaggio competitivo. Il vantaggio competitivo
non pu essere considerato solo come la capacit dellazienda di produrre a costi inferiori
rispetto alla concorrenza o di offrire prodotti di qualit pi elevata. Gli autori ribadiscono
limportanza di consolidare e sviluppare abilit e competenze cui difficilmente potrebbero
accedere imprese concorrenti in possesso di competenze differenti.
Segue poi il pensiero di Mintzberg, secondo il quale la strategia intesa come il frutto di
una combinazione tra quanto si era deliberato e quanto emerso in relazione alle mutevoli
situazioni di contesto nelle quali limpresa si trovata ad operare.

3) Muovendo dai rapporti di potere/dipendenza che si instaurano tra lazienda e gli altri
attori nel campo dazione, si pu configurare una prima forma di COMPORTAMENTO
STRATEGICO, che Thompson definisce STRATEGIA COMPETITIVA. Questultima consiste
nella risposta dellazienda alle situazioni di dipendenza da altri processi di azione
organizzativa del task environment. In questa prospettiva, la strategia competitiva tesa a
ridurre il potere che altri hanno nei confronti dellazienda considerata, rispetto
allottenimento di input e/o alla destinazione del proprio output. Il comportamento
strategico perseguito dallazienda pu anche essere basato sulla COOPERAZIONE,
configurandosi STRATEGIE COLLABORATIVE. Esse consentono ai partner dellaccordo di
ridurre la propria incertezza potendo fare affidamento sugli impegni assunti dagli altri
partner. Le classiche categorie individuate da Thompson sono riconducibili alla
contrattazione, alla cooptazione e alla coalizione, definite in base al grado di
concentrazione del contesto in cui lazienda si ritrova a operare.
Ecco ora un brave excursus per quanto riguarda le diverse tipologie di alleanza tra imprese.
-ACCORDI DI LICENZA: si configurano quando unimpresa, titolare di un brevetto, di un
marchio o di una formula, concede a un terzo il diritto di utilizzarlo dietro il pagamento di
un corrispettivo.
-FRANCHISING: consiste in un accordo stipulato tra il frinchiser (impresa produttrice) e il
franchisee (impresa commerciale) mediante cui il primo cede al secondo il diritto esclusivo
di vendere i propri beni/servizi in unarea definita, usando il proprio marchio.
-JOINT VNETURE: derivano da un accordo tra due o pi imprese che, preservando ciascuna
la propria autonomia, danno vita a una nuova azienda rispetto alla quale hanno una forma
di controllo paritario e congiunto.
-CONSORZI: forme di collaborazione tra imprese disciplinate dal codice civile mediante cui
si costituisce unorganizzazione comune per lo svolgimento di determinate attivit.
-NETWORK O RETI DI IMPRESE: forme di cooperazione aziendale che possono assumere
diverse forme, caratterizzate dalla condivisione di informazioni e linguaggi su cui si basa
linsieme delle relazioni inter-organizzative che configura la rete.
-GRUPPI: cooperazione tra aziende. Sono caratterizzati da legami di partecipazione al
capitale proprio di altre imprese, per effetto dei quali unimpresa acquisisce una
partecipazione in unaltra impresa mediante il conferimento di risorse.
Per quanto riguarda le strategie collaborative delle amministrazioni pubbliche, tali
collaborazioni possono essere sia verticali che orizzontali: nel primo caso (RELAZIONI
VERTICALI TRA AMMINISTRAZIONE CENTRALE E AMMINISTRAZIONI REGIONALI/LOCALI),
sufficiente il riferimento ai trasferimenti di risorse finanziarie nellambito di modelli di
finanza derivata e mista nonch alla definizione di piani e programmi di attivit o, ancora,
alla verifica del rispetto dei vincoli di bilancio nelle politiche di spending review. Nel
secondo caso (RELAZIONI ORIZZONTALI), basti pensare ai rapporti che legano
amministrazioni centrali e agenzie e autorit amministrative indipendenti, oppure alle
diverse forme di collaborazione tra comuni.
Per quanto riguarda poi le STRATEGIE COLLABORATIVE DELLE AZIENDE NON PROFIT,
possono essere individuate anche in questo caso relazioni orizzontali e verticali. Le prime
consistono nei rapporti che legano aziende non profit e aziende pubbliche o private; le
seconde, invece, uniscono le associazioni sportive a una federazione nazionale che
definisce le regole di adesione, i parametri e i criteri da rispettare.
4) Il lavoro di Chandler pu essere sintetizzato nella sua espressione la struttura segue la
strategia, ossia le scelte strategiche incidono e determinano la struttura organizzativa.
Studi successivi hanno permesso di andare oltre lassioma strategia-struttura. Giova, a tal
proposito richiamare losservazione di Thompson, secondo il quale la struttura di ciascuna
azienda composta di parti indipendenti che vanno opportunamente coordinate; occorre
ridurre al minimo i costi di coordinamento mediante unadeguata aggregazione delle
attivit in unit organizzative. Si configurano, a questo punto, due tipi di interdipendenza: le
INTERDIPENDENE TRANSAZIONALI: hanno ad oggetto le relazioni di scambio; le
INTERDIPENDENZE ASSOCIATIVE: relazioni di associazioni che richiedono un allineamento
di comportamenti.
Le interdipendenze transazionali possono essere:
-SEQUENZIALI, quando possibile definire la direzione dello scambio e la sequenza delle
attivit poich loutput di unattivit rappresenta linput dellaltra.
-RECIPROCHE, quando loutput di unattivit linput di unaltra e viceversa.
Le interdipendenze associative possono essere:
-GENERICHE, quando il risultato complessivo dellazienda dipende dal contributo di diverse
unit che possono o meno agire direttamente.
-INTENSIVE, quado si ottiene unazione comune grazie al concorso di diverse parti che, pur
decidendo autonomamente, si aggiustano luna allaltra.
Le MATRICI DEGLI SCAMBI sono grafici che permettono di identificare quantitativamente il
grado di interdipendenza esistente tra le diverse parti di unazienda. Nelle righe si riportano
gli output destinati ad altre attivit, nelle colonne si riportano gli input provenienti dal altre
attivit.
Le caratteristiche delle pi diffuse strutture organizzative adottate dalla prassi sono la
STRUTTURA FUNZIONALE e la STRUTTURA DIVISIONALE.
La prima il raggruppamento dei processi gestionali in base allomogeneit delle
corrispondenti attivit sul piano tecnico ed economico.
La seconda si caratterizza per una suddivisione del lavoro basata sostanzialmente
sulloutput del processo produttivo.
In questa sede, pu essere utile richiamare alcuni parametri che possono dare un forte
impatto alla struttura organizzativa dellazienda:
-ECONOMIE DI SCALA, intese quale vantaggio economico derivante dallaumento della
dimensione della capacit produttiva.
-GRADO DI SPECIALIZZAZIONE richiesto nellambito delle diverse funzioni.
-FABBISOGNO DI DIFFERENZAZIONE tra le diverse attivit.

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