DURA LEX
La quindicesima indagine
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Art director. Laura Cazzaniga Immagine di copertina: Tulay Over Cartine a cura de: La Carta Stampata
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Indice
Publio Aurelio.......................................................................................................................................2
DURA LEX..........................................................................................................................................3
Roma ai tempi di Dura Lex..................................................................................................................5
PERSONAGGI......................................................................................................................................6
I.............................................................................................................................................................8
II.........................................................................................................................................................24
III........................................................................................................................................................41
IV........................................................................................................................................................47
V.........................................................................................................................................................62
VI........................................................................................................................................................78
VII.......................................................................................................................................................96
VIII...................................................................................................................................................118
IX......................................................................................................................................................131
X.......................................................................................................................................................137
XI......................................................................................................................................................148
XII.....................................................................................................................................................166
XIII...................................................................................................................................................178
XIV...................................................................................................................................................191
XV....................................................................................................................................................196
XVI...................................................................................................................................................209
XVII..................................................................................................................................................216
XVIII................................................................................................................................................221
GLOSSARIO DEI TERMINI GRECI E LATINI, DEI LUOGHI GEOGRAFICI E DEI
PERSONAGGI MITOLOGICI CITATI NEL ROMANZO.................................................................229
GLOSSARIO DEI TERMINI GRECI E LATINI...........................................................................230
LUOGHI GEOGRAFICI.............................................................................................................234
PERSONAGGI EPICI E MITOLOGICI.....................................................................................236
Roma ai tempi di Dura Lex
PERSONAGGI
Primo giorno
La bocca scivol sazia dall'areola ricadendo sulla scura rotondit, lucida di umori
densi. Un seno gonfio, color dell'ambra, magnifico e arrogante nel suo turgore: cos
doveva apparire la poppa divina di Giunone, quando una goccia del suo latte,
dilatatasi a dismisura, aveva creato la grande galassia che tagliava in due il cielo
notturno con la sua caligine di stelle.
La donna che si era appena staccata il bimbo dal petto, per, non era una dea, bens
una robusta schiava di campagna dai capelli corti, rasati con cura perch non vi
allignassero fastidiosi parassiti.
Pirippe sorrise: nemmeno un mese prima, un'insperata buona sorte l'aveva tolta agli
ergastula della villa rurale per farne la nutrice dell'erede dei Gavilii Barbati,
catapultandola nel lusso dei servi di citt, azzimati e satolli alla pari dei loro padroni.
Malgrado gli auspici di un fulgido avvenire, tuttavia, Pirippe stentava ad adeguarsi
allo stile della fastosa domus, dove tutti si beffavano dei suoi modi ruspanti: le
ancelle la irridevano ancora per il profondo inchino con cui, appena giunta in casa,
aveva omaggiato la liberta Elettra scambiandola per la padrona e i domestici non le
risparmiavano battute sboccate sull'ampiezza generosa del suo seno.
Roma era enorme, chiassosa e complicata, pensava dunque la balia, vagheggiando i
semplici compagni della sua rustica prigionia, nonch le oche e le galline dell'aia, in
mezzo alle quali era libera di muoversi senza paura di rompere qualcosa.
Il lavoro, per fortuna, era tanto leggero da farla impigrire; tutto ci che doveva fare
era nutrire il piccolo, mangiare a crepapelle e soprattutto lavarsi, lavarsi, lavarsi.
Ecco infatti Elettra che, deposto il bimbo nella culla, si voltava verso di lei col dito
alzato: stavano per ricominciare le solite raccomandazioni, di nuovo vapore, sabbia,
strigile, acqua calda e vigorose strofinature sul petto destinato a cibare l'ultimo dei
gloriosi Gavilii Barbati.
- Corri alle terme, stanno per aprire! - le ingiunse infatti la liberta in un tono che non
ammetteva replica, mentre chiudeva le cortine di bisso per favorire il sonno
ristoratore del bambino ormai sazio.
Fortunatamente il piccolo Postumo aveva smesso di piangere, pensava Elettra
sedendo fuori dalla porta. I padroni stavano uscendo ed era il caso di riposare un po',
dopo una notte intera spesa a calmare le ansie della sua adorata, piccola kyria:
Dalmatica era ancora esaurita dal parto, ma quell'arpia di sua cognata Gavilia aveva
preteso che accompagnasse lei e il marito alla festa, per il buon nome della famiglia.
Come se fosse stata evocata, un attimo dopo la piccola domina comparve a salutare il
bimbo, bella nella larga veste gialla che la faceva sembrare ancora pi pallida e
fragile.
Passando col telo da bagno sottobraccio, Pirippe ud Elettra che le diceva: - Divertiti,
kyria, penso io al piccolo Pstumo - e poi, rivolta di nuovo a lei: - Spicciati, il
bambino potrebbe svegliarsi e reclamare altro latte!
La balia obbed, allungando il passo. Mentre attraversava l'atrio, sobbalz come
sempre nell'udire l'orologio ad acqua segnare l'ora. Non si sarebbe mai abituata a
quello strano congegno che fischiava come un uccello: dov'era nata lei, bastava il sole
per misurare il tempo
Nella stanza in penombra, il piccolo dormiva, ignaro della maniglia che stava per
abbassarsi.
Un breve spasimo e tutto sarebbe finito.
- Malgrado sia devoto alla memoria del tuo defunto genitore, sono costretto a
rigettare la tua inaccettabile istanza! - sanc drastico il magistrato.
- Ma l'imputata rester priva di difensore - insistette la postulante.
- Allora si trovi un vero avvocato, che possa patrocinarla legalmente!
- Negli ultimi anni della repubblica, Ortensia, figlia del grande oratore Quinto
Ortensio Ortalo, sostenne varie cause in prima persona - obiett la donna.
- Quelli erano tempi di anarchia, di guerre civili e disordine morale! - tuon il
giudice. - Adesso le cose sono cambiate e le femmine non possono pi esercitare la
professione forense. Il loro posto non nelle basiliche, ma accanto al focolare,
all'ombra dello sposo.
- Ascolta, magistrato: so tutto di questo procedimento, l'ho seguito giorno per giorno,
assieme a mio padre!
- Tuo padre ottimo avvocato, non lo nego, forse il migliore che Roma abbia
conosciuto dopo Cicerone e Ortensio afflitto com'era dalla mancanza di un erede
maschio, ha commesso il grave errore di farti studiare la legge: se avesse pensato
invece a trovarti un buon marito, ora ti cureresti di una nidiata di bambini, anzich
sprecare il tuo tempo sui codici!
- Dunque meglio che un'imputata non abbia difesa alcuna, piuttosto che a
patrocinarla sia una donna, anche se in questo modo rischiate di emettere una
sentenza ingiusta!
- Basta, Statilia, hai passato il limite! Non abbiamo pi niente da dirci: la basilica
chiusa da un pezzo e soltanto il grande rispetto che porto al tuo defunto padre mi ha
consentito fino a questo momento di tollerare la tua arroganza! - sibil il magistrato,
additando la porta prima di voltarle ostentatamente le spalle.
Lei si morse le labbra, livida, e usc soffocando a stento un'imprecazione.
Flavia Flora strapp il codicillum con l'invito. Come potevano pensare che avesse
voglia di andare a una festa? E perch tutti continuavano a ridere, chiacchierare,
mangiare e respirare come se non fosse accaduto nulla? si chiese coprendosi le
orecchie con le mani per non sentire i rumori molesti della strada, piena di gente
indaffarata e felice. Gente viva.
Quella casa cos vicina alla Suburra era una maledizione, pens buttando gi d'un
fiato il calice colmo di vino speziato, come aveva preso l'abitudine di fare assai
spesso, negli ultimi tempi. Quando l'anno prima un'abile paraninfa aveva proposto
alla sua famiglia, molto nobile e molto avara, di fidanzarla a Quinto Bulbo
Sempronino un membro dell'ordine equestre distintosi negli affari ne era rimasta
pienamente soddisfatta: Bulbo, vedovo con un figlio adolescente, possedeva un
notevole patrimonio immobiliare e accampava poche pretese sulla dote, in quanto il
nuovo matrimonio con un'aristocratica avrebbe portato lustro alla stirpe, consentendo
ai suoi futuri discendenti di percorrere per intero il cursus honorum e di sedere un
giorno in Senato. La sua sarebbe stata una vita felice, si era riproposta Flora; non
c'era che da conquistarsi l'affetto del figliastro e partorire al marito altri eredi.
Il primo mese dopo le nozze, infatti, tutto le era sembrato perfetto, salvo il ragazzo,
che l'aveva accolta con palese ostilit. Non ci aveva badato: finalmente possedeva
abbastanza denaro da togliersi tutti i capricci, schiave in quantit a servirla e, cos le
era parso, l'amore di uno sposo devoto.
Infine, a coronamento delle nozze, erano giunte le prime nausee, il ventre sempre pi
grosso, il difficile parto, i primi vagiti di Caio Bulbo Sempronino Floriano.
Con un sospiro, Flavia Flora si affacci al cubicolo che ospitava la culla vuota, quasi
si aspettasse di udire ancora il pianto del bimbo.
Le fasce, il poppatoio, gli unguenti, tutto era stato accuratamente riposto, salvo i
tintinnaboli coi quali il bimbo era stato sepolto, perch lo dilettassero col loro suono
argentino anche nella cupa caverna dei morti.
Erano passati due mesi dalla sua scomparsa e ormai il marito non ne parlava pi,
come se nemmeno fosse esistito. Per non farla impazzire, sosteneva lui, ma Flavia
Flora era sicura che il motivo fosse un altro: di fatto, Bulbo stava negando l'evidenza
e adoperandosi per coprire il colpevole.
Ma lei non avrebbe dimenticato, mai! Quando il dolore la assal, lancinante come il
primo giorno, non le rest che atteggiare la bocca ad un ghigno amaro, mentre
avvertiva l'odio germinarle nel ventre e gonfiarsi a dismisura, quasi ad occupare il
posto del figlio che le era stato sottratto.
Sorda alle grida dei passanti e dei venditori che le giungevano dalla veranda aperta,
percorse in punta di piedi il corridoio per spiare ancora una volta all'interno del
tablino: il mostro era l, goffo, pesante, orribile. Uno scherzo di natura. Un
degenerato. Un assassino. Perch nessuno le credeva? Era stato lui, ne era certa,
glielo diceva il suo cuore di madre
Secondo gli antichi, la cima impennacchiata del Monte Olimpo celava agli occhi
degli uomini la reggia degli Immortali. Tuttavia, chi si fosse trovato in quel
pomeriggio a percorrere l'Alta Semita, avrebbe scommesso che la dimora divina fosse
da collocarsi non sulle montagne della Grecia, ma al centro dell'Urbe, e precisamente
nella sfarzosa residenza del cavalier Servilio e della matrona Pomponia sul Quirinale.
- Allora, come ti sembra? - chiese la spumeggiante signora, additando il portone
spalancato della domus che inghiottiva torme di ospiti con la stessa voracit della
mostruosa Cariddi, avida di risucchiare nelle sue fauci le incaute imbarcazioni
avventuratesi nello stretto tra il Bruzzio e la Sicilia.
- Sono senza parole - ammise il senatore Publio Aurelio Stazio, contemplando
perplesso i velami bianchi e azzurri che coprivano i mosaici pavimentali a imitazione
delle nubi olimpiche.
Ma le nubi erano il meno, pens il patrizio davanti ai trenta schiavi pocillatori dal
sesso incerto, abbigliati in chitone scarlatto a imitazione del divino coppiere
Ganimede; li coadiuvavano altrettante ancelle coi pepli "alla Ebe" e parecchi puttini
travestiti da Eroti, con tanto di ali di piuma sulla tunica.
- Aspetta di vedere il resto! - promise o meglio, minacci la matrona.
Aurelio sorrise con indulgenza, ben sapendo come Pomponia, donna esuberante e di
gran cuore, si mostrasse a volte un po' eccessiva nell'attingere al serbatoio di sostanze
del facoltoso marito, sempre per nobili fini, naturalmente. E quale scopo sarebbe stato
pi elevato di una raccolta di fondi a favore delle fanciulle di nascita libera prive di
dote? Senza contare che con quell'atto munifico, Pomponia avrebbe infine ottenuto la
palma della vittoria sulla rivale Domitilla, da sempre sua temibile concorrente per il
titolo di matrona pi mondana e pettegola di Roma.
La guerra senza esclusione di colpi tra le due dame durava infatti da tempo,
combattuta con l'ausilio di ancelle, arcarii, cosmeticae, sarti e ornatrici dalle orecchie
particolarmente aguzze. Le armi messe in campo comprendevano segreti di alcova,
chiacchiere da salotto, modelli all'ultimo grido, tacchi spropositati, parrucche
monumentali, ma anche spettacoli circensi, letture pubbliche di opere inedite,
donazioni a templi o biblioteche e soprattutto memorabili banchetti.
- Quella tirchia di Domitilla credeva di avermi sotterrato a Baia con la sua meschina
festicciola sull'acqua! Invece, per competere con la sottoscritta, ci vuole ben altro che
quattro barchette, qualche lanterna puzzolente e un paio di schiavi asmatici a sbuffare
sui remi! - gongol Pomponia, certa ormai del trionfo. - Voglio vedere come rester
davanti alle portate di carne che ho fatto preparare dal mio bravo Anatolio: pollo
mascherato da capretto, capretto in forma di coscia di gru, coscia di gru in foggia di
vulva di scrofa, vulva di scrofa in guisa di pavone, pavone camuffato da pasticcio di
ghiro
- E ghiro camuffato da cosa? - indag Aurelio, che al pari del suo archimagirus
Ortensio detestava la mania di foggiare il cibo in apparenze ingannevoli.
- Da ghiro, ovvio, altrimenti dove starebbe la sorpresa? - rispose la matrona. - E poi
c' il tema della mitologia, ripreso da tutti i triclinari sono mesi che ci lavoro!
- evidente - rispose sconcertato il senatore.
La matrona, infatti, aveva dispiegato la sua fervida fantasia non soltanto nei costumi
dei coppieri, ma anche nell'abbigliamento dei musici: ai molti Orfei e re Mida,
debitamente muniti di cetre, facevano da contrappasso i suonatori di siringa
sommariamente ricoperti dalle pellicce di capra, che esibivano tutti le orecchie a
punta del dio Fan, modellate con la cera da un abile truccatore.
- Spero che mio marito non abbia avuto difficolt a entrare nelle vesti dorate di
Apollo
Aurelio trem al pensiero del corpulento cavalier Servilio avvolto da una patina
sfavillante. Sapeva tuttavia che, davanti ai dettami di Pomponia, ogni resistenza
sarebbe stata futile: lui stesso, dopo una lunga diatriba col segretario Castore, aveva
accettato di sacrificare la sua sobria eleganza alle ragioni dell'annoso sodalizio,
presentandosi alla festa con la vistosissima synthesis trapunta di stelle regalatagli
dall'amica per le Calende.
E poich non era tipo da rimangiarsi una decisione, il senatore faceva ora buon viso a
cattiva sorte, esponendosi impassibile alle inevitabili punzecchiature: finse cos di
non vedere chi lo segnava a dito sogghignando, non si scompose quando il Flamine di
Marte gli chiese l'oroscopo e ignor signorilmente i commenti salaci del vecchio
Lentulo sulla mancanza di dignit di certi padri coscritti.
- Ave, Publio Aurelio - digrign fra i denti quest'ultimo, appena eletto vicario del
princeps Senatus. - Noto con piacere che sei guarito della cefalea da cui eri afflitto
mentre la nostra nobile assemblea votava in seduta plenaria la nuova composizione
del mangime dei sacri polli dell'oracolo!
- Un prodigio della Dea Bona! - dichiar disinvolto il senatore, le cui ripetute assenze
in Curia coincidevano puntualmente con i ritiri mistici della moglie di Lentulo al
tempio della protettrice delle nobildonne romane.
Fu soltanto incrociando le matrone Simmaca e Medullina, figlie di due autorevoli
membri del Senato, che Aurelio cominci a sentirsi un po' a disagio. Secondo i
pettegoli, le due disinvolte signore condividevano gli amanti nello stesso talamo,
mostrandosi fantasiosissime nell'invenzione di nuovi giochi erotici. Il patrizio aveva
contato di giovarsi della festa per appurare di persona la veridicit di tali voci
malevoli, ma ogni passo in quel senso gli era precluso dalla ridicola cappa stellata
- Viva Bacco, viva Amore! - gridavano intanto gli ospiti, deliziati dalla comparsa di
un gruppo di Menadi e Sileni che sospingevano nella sala un enorme cratere colmo di
vino bollente.
Fu in quel momento che la Dea Fortuna, di cui Aurelio si considerava favorito, si
decise ad intervenire in suo sostegno. Durante un contorcimento seducente ma assai
impegnativo, infatti, l'Arianna issata sull'orlo del cratere perse l'appoggio del Dioniso
a cui era teneramente avvinta e, dopo essersi librata per qualche istante a mezz'aria,
rovin addosso al senatore, trascinandosi dietro grappoli, foglie, pampini, ciati e
mestoli, oltre a una discreta quantit di vino nero.
- Mi dispiace tantissimo, domine! - deplor la sventata, additando la macchia che
deturpava ormai indelebilmente il ricamo. - Se c' qualcosa che posso fare per
scusarmi
Ad Aurelio ne vennero in mente un paio e, presa per mano la baccante pentita, la
condusse fuori, pregustandone il sapore delle labbra di melagrana.
Si era appena chiuso alle spalle la porta di una stanzetta fuori mano, quando
dall'ombra usc un noto profilo dalla barbetta a punta.
- Eccoti, finalmente! - esclam il suo fido segretario greco, interponendosi tra lui e la
danzatrice.
- Castore, che fai qui? - domand stupito il patrizio. Castore di Alessandria, figlio di
una porn di Faro e di un cliente di passaggio, serviva il senatore Publio Aurelio
Stazio dal giorno in cui questi lo aveva sottratto alla vendetta dei sacerdoti egizi,
decisi a mandarlo al capestro per aver rubato il tesoro del tempio di Ammon-Ra. Non
che Castore fosse specchiatamente immacolato, intendiamoci: prima di mettere le sue
indubbie competenze al servizio del suo signore e padrone, aveva infatti esercitato le
professioni di ladro, ricettatore, baro, falsario e truffatore, ottenendo in ogni campo
risultati molto lusinghieri.
- Ma guarda come sei conciato; basta che ti lasci per pochi minuti e subito ti riduci
come Ir il pitocco! - osserv l'alessandrino con aria scandalizzata. - Per fortuna ho
provveduto io a portarti un abito di ricambio!
Castore, il fido. Castore, il devoto. Castore, l'ancora di salvezza, pens il patrizio
compiaciuto, prima di ricordarsi di Castore l'imbroglione, Castore il mestatore,
Castore il servo lestofante che lo frodava da anni, estorcendogli fiumi di denaro.
- Stai tranquillo; avendo assistito all'incidente, la kyria Pomponia sa quanto tu sia
dispiaciuto di doverti privare della sua synthesis stellata ecco qui la tua migliore
veste da banchetto, fresca di torchio - disse il servo sventolando sotto il naso del
padrone una lunga tunica color avorio.
- Ottimo!
- Mi aspetto che tu ti accolli il compenso di questa brava figliola, domine, che si
prestata a una pericolosa capriola per evitarti di diventare lo zimbello dell'Urbe. Non
puoi darle meno di venti sesterzi di mancia, e altri venti a me, che ho architettato tutto
il piano - comput Castore, mentre con un gesto incurante provvedeva ad
impadronirsi della stoffa dimessa dal patrizio, da cui, a dispetto della macchia di
vino, era ancora possibile ricavare una bella somma.
- Vada per la mancia, ma adesso sparisci! - ordin Aurelio.
- Numi, non avrai l'intenzione di approfittare di questa poverina? Un tempo non ti
saresti mai degnato di abbassarti a una serva! Ma certo, si ha un bel sforzarsi a tenersi
in forma, gli anni passano per tutti, senza contare che Simmaca e Medullina hanno
fama di donne esigenti
Aurelio guard la baccante ubriaca, che tanto poverina poi non gli sembrava.
- Brutta cosa attirare l'attenzione dei padroni, mia cara - borbott l'alessandrino al suo
indirizzo. - Non fidarti delle apparenze: il mio domnus sembra innocuo, ma se monta
in collera diventa una furia
- Castore! - tuon Aurelio indispettito.
- Che cosa ti dicevo? terribilmente irascibile e tu, ingenua come sei, vorresti
metterti nelle sue mani? - Castore scosse la testa, abbracciando la ragazza con fare
protettivo. - Ah, fossi nobile e ricco come lui, ti difenderei a costo della vita!
Purtroppo l'imperscrutabile volont del Fato mi ha fatto nascere servo: ubi maior,
minor cessat
- Falla finita!
- Ancora qui, domimi Credevo che avessi raggiunto le dame nella sala del banchetto!
- disse il liberto in tono indifferente.
Castore non aveva poi tutti i torti, ammise il patrizio: la Menade aveva le gambe
storte e il fiato greve di vino, mentre lui, rivestito a dovere, poteva ormai giocare i
suoi dadi con Simmaca e Medullina, lasciando il segretario alle sue tresche ancillari.
Poco dopo, infatti, prendeva confidenzialmente sottobraccio le due audaci matrone,
ordinando a uno degli Eroti di colmargli il calice.
- Sei pronta? - chiese Gaio Glabrio alla moglie, mentre ammirava di soppiatto la
giovane cognata Dalmatica che era in procinto di salire sulla lettiga, avvolta in
un'ampia palla color zafferano. Gavilia aveva voluto a tutti i costi che li
accompagnasse mentre di solito non le permetteva nemmeno di uscire per dare
l'impressione di una famiglia unita davanti agli ospiti della festa, tra i quali ci
sarebbero stati parecchi notabili; lei, Dalmatica, aveva obbedito come sempre, anche
se di malavoglia. Quanto tempo sarebbe occorso a quella ragazza scontrosa e
taciturna per scoprire di avere acquisito qualche diritto come madre del piccolo
Postumo, erede del patrimonio e futuro pater familias? si chiese Glabrio osservando
la fguretta snella della cognata, che contrastava con la corporatura imponente di sua
moglie: Gavilia inalberava labbra sottili, naso importante, occhi maligni, e un fisico
massiccio che nessuna veste, per quanto ricca, riusciva a rendere elegante, senza
contare quell'ombra di peluria sul mento che giustificava appieno il cognomen
Barbata e in pi aveva un'indole terribilmente bisbetica.
Perch non era stato capace di osare un solo gesto con la bella Dalmatica? si
rimprover per l'ennesima volta Glabrio. La mancanza di carattere era sempre stato il
suo problema, ammise, ma non si poteva possedere tutto. Lui aveva ricevuto in dono
dai Numi un viso regolare e piacente, oltre a un corpo invidiabile che manteneva in
forma perfetta con lunghi ed estenuanti esercizi ginnici: a quarantadue anni ne
dimostrava soltanto una trentina, come gli ripetevano spesso le cortigiane dei bordelli
di lusso dell'Aventino, che frequentava di soppiatto a spese della moglie.
- Abbiamo dimenticato i doni! Dovevi pensarci tu, Dalmatica, ma naturalmente,
sciocca come sei, li ha lasciati in casa! - si disper improvvisamente Gavilia Barbata.
- Qualcuno torni a prenderli!
Non che la matrona ardesse dal desiderio di compiacere l'ospite di quella sera, una tal
Pomponia insopportabilmente ricca e fin troppo mondana per essere sposata a un
semplice cavaliere. Al banchetto, per, avrebbero presenziato molti padri coscritti
dagli occhi lunghi, pronti a soppesare il valore dei regali, ed era importante fare bella
figura, in vista del sospirato giorno in cui suo marito sarebbe riuscito finalmente ad
entrare in Senato.
Gavilia soffoc un'imprecazione di rabbia, ricordando come quel giorno le fosse
apparso vicinissimo l'anno precedente, quando, dopo il suicidio dell'unico figlio, la
salute del suo anziano genitore Quinto Cavillo Barbato il Console era decaduta al
punto da spingerlo a fare testamento, aggirando con un espediente la Lex Voconia de
mulierum hereditatibus per designare lei, una femmina, come unica erede in
mancanza di consanguinei di sesso maschile.
Come avrebbe potuto immaginare che, dopo tre anni interi di assoluta sterilit, il
fratello fosse riuscito a ingravidare quella sciacquetta di Dalmatica proprio prima di
gettarsi sulla spada? Nulla era ancora perduto, si era detta allora per consolarsi, non
tutte le gestazioni venivano portate a termine e comunque il nascituro poteva essere
femmina. Invece il mese prima Dalmatica si era sgravata di un orribile mostriciattolo,
che inficiava ogni sua speranza di mettere subito le mani sui beni del defunto padre.
Adesso nella casa dei Gavilii Barbati esisteva dunque un piccolo Postumo, vivo,
maschio ed erede diretto del defunto pater familias, deplor la matrona chiedendosi
in che cosa avesse dispiaciuto gli Dei per meritarsi una simile malasorte. Non le
restava altro che attendere l'apertura del testamento, affidato secondo la consuetudine
alle Vergini Vestali: come parente pi stretto ancorch non di sangue suo marito
Glabrio era deputato ad assumere la tutela del bambino, quindi sarebbe stata lei a
gestire la cassa. Con un'amministrazione accorta, in una decina di anni avrebbe
potuto raggranellare il milione di sesterzi necessario all'ingresso in Curia, senza
contare che soltanto un nuovo nato su tre arrivava vivo all'et adulta, riflett Gavilia,
rivolgendo un lungo sguardo rancoroso alla cognata, la cui improvvisa e inopportuna
fertilit aveva sconvolto tutti i suoi piani. Ma sarebbe occorsa ancora tanta pazienza e
lei, ormai, l'aveva esaurita tutta
Dalmatica intanto, scesa dalla lettiga, si apprestava a rientrare in casa per recuperare i
doni.
- Che ti successo, Glabrio? C' una macchia sulla tunica! - esclam mentre passava
accanto al cognato.
- Non capisco, devo essermi sporcato senza accorgermene - balbett lui, notando
con disappunto la larga chiazza scura che gli imbrattava la veste.
- Non puoi certo presentarti cos ai tuoi futuri colleghi! - sbrait la moglie.
- Certo che no, mia cara - annu lo sposo obbediente. - Andate avanti voi, io vado a
cambiarmi.
Al segnale, i portatori alzarono le stanghe e la lettiga si mosse, preceduta dai
battistrada e seguita da un manipolo di domestici. Glabrio rimase a guardare il
piccolo corteo snodarsi verso l'Alta Semita, emettendo un lungo sospiro di sollievo:
sarebbe andato da solo passeggiando con calma, per distendersi un po' prima di
affrontare quel banchetto che rischiava di risolversi in un esame sfibrante, non tanto
da parte degli illustri ospiti, quanto della sua esigentissima consorte.
- Ti aspettiamo, domimi - chiese lo schiavo nomenclatore, addestrato a ricordare al
padrone il cognomen degli ospiti, in modo da evitargli brutte figure.
- Non il caso - rispose Glabrio. - Prendete i regali e raggiungete la portantina, vi
seguo a piedi non appena pronto! - ordin ai servi in attesa.
Un attimo dopo rientrava di nuovo nelle fauces.
Secondo giorno
Il pomeriggio seguente, passando accanto alla domus dei Gavilii Barbati tra la Velia e
le Carinae, Aurelio si stup di vedere tanti clientes assiepati nel vestibolo. Era insolito
manifestare un cos grande cordoglio per la morte di un neonato: sui bimbi in tenera
et si investiva poco in termini affettivi, perch tutti sapevano che, per quanto fossero
nobili e ricchi, le loro speranze di sopravvivenza erano comunque scarse.
Il piccolo Gavilio Postumo, tuttavia, era stato l'ultimo erede dell'antica stirpe che ora
si estingueva con lui. Tra i suoi antenati c'erano edili e senatori, senza contare il
nonno Quinto Gavilio Barbato il Console, comandante militare celebre per la
disciplina intransigente imposta ai legionari e padre della domina Gavilia Barbata. Il
nobiluomo aveva esalato l'ultimo respiro cinque mesi prima, dopo aver assistito al
suicidio dell'unico figlio, gettatosi sulla spada per lavare l'infamia di una sconfitta
militare. E ora il Fato si era accanito anche contro il suo unico discendente, nato
orfano e sotto una cattiva stella.
- Il giovane, il vecchio e infine il bambino i Numi non sono stati generosi con
questa povera famiglia! - deplor uno dei clientes in fila per porgere le condoglianze.
- Gli Dei danno, gli Dei tolgono - filosofeggi una popolana che portava sottobraccio
un capace paniere, contando su una regalia in memoria del piccolo defunto.
Aurelio distolse gli occhi, rammentando il giorno, tanti anni prima, in cui una simile
folla si era radunata davanti a casa sua.
- Allunga il passo, Meninone, siamo in ritardo - ordin al battistrada dei lettighieri
nubiani. Poi, con un gesto quasi automatico, si rassett la toga col laticlavio, cercando
di convincersi di averla sfoggiata soltanto per presentarsi con maggiore autorit al
nipote della sua antica amante.
A dire il vero, il senatore nutriva non poche perplessit su quello strano incontro. Per
fortuna, da come lo aveva descritto Urania Primigenia, Bulbillo doveva essere un
ragazzino simpatico, senza niente da spartire con quei giovinastri viziati e
insopportabili che bighellonavano stancamente tra palestre e bordelli, persuasi che
fosse loro dovuto tutto e un po' di pi.
Sono lagne da bigotto, Castore direbbe che sto invecchiando, pens il senatore,
chiedendosi dove fosse finito l'alessandrino, che aveva disertato la vestizione
mattutina costringendolo a farsi arrotolare la toga da un'ancella piena di buona
volont, ma priva del suo tocco magico. L'insubordinazione di Castore stava
passando i limiti, si disse, doveva ricordarsi di infliggergli un castigo esemplare, un
giorno o l'altro
Aurelio non ebbe bisogno di informarsi sulla strada. Urania viveva ancora alle
pendici dell'Aventino, nello stesso edificio, modesto ma decoroso, che aveva
occupato prima di partire per l'Oriente.
La facciata, che il senatore rammentava rossiccia, adesso era dipinta di un
tradizionale color ocra; accanto al portone, al posto della chiassosa taverna di cui
conservava chiarissimo il ricordo, c'era ora la bottega di un vecchio orciaiolo che,
ostinandosi a tornire a mano i suoi recipienti, scontava duramente la concorrenza dei
fabbricanti in serie; al piano alto del muro meridionale si apriva ancora la stanza
padronale, not Aurelio, facendo scorrere lo sguardo lungo gli incerti appigli su cui si
arrampicava negli anni in cui era agile come un gatto e non esitava a rischiare una
caduta mortale pur di raggiungere nottetempo una bella donna.
Il portiere era vecchissimo e confuso, al punto da farsi ripetere quattro volte il nome
del patrizio prima di decidersi ad annunciarlo; la servetta, invece, lo accolse con un
sorriso ammiccante, che lasciava intendere come la modestia non fosse tra le virt da
lei pi profondamente sentite.
- Non mi par vero di essere di nuovo al tuo fianco e senza nemmeno dovermi
nascondere, Publio - mormor soave Urania Primigenia, facendolo accomodare in
un piccolo tablino arredato con gusto squisito.
- Tuo figlio in casa? - si guard attorno il patrizio, contando fortemente su una
risposta negativa. Il locale era abbastanza ampio, ma gli intonaci affrescati di un nero
lucido e intenso lo facevano sembrare pi raccolto: una decorazione fnissima, not
Aurelio, usata di solito nei cubicoli privati, tanto che ci si sarebbe attesi di trovare
qualche scena erotica nei piccoli riquadri che si aprivano nel nero delle pareti,
dedicati invece a innocui volatili. Una stanza assolutamente in carattere col fascino di
Urania, che consisteva nell'insinuare senza mai ammettere, suggerire in sordina,
gettare il sasso e ritirare subito la mano
- Grato Felicissimo vive nella nuova domus di famiglia, vicino al Portico di Livia.
C'era troppa confusione, per me, in quel quartiere: quando si hanno i miei anni, si
preferisce stare tranquilli - E una! pens Aurelio, che si era ripromesso di ignorare
le continue allusioni di Urania alla sua et avanzata. Ma perch, se si sentiva tanto
vecchia, aveva indossato uno splendido abito di lana azzurra, capace di valorizzare
appieno gli occhi di zaffiro? Perch si era acconciata i capelli in modo da farne
risaltare l'abbagliante candore, che, lungi dall'evocare una mesta decrepitezza,
ricordava i misteriosi raggi della luna? Perch si era cosparsa le mani di balsamo
rodio, un profumo fin troppo conturbante per una tranquilla matrona attempata?
- Ma veniamo a mio nipote, il caro Bulbillo. La matrigna Flora l'ha subito preso in
antipatia e ora approfitta della grave disgrazia che le occorsa per rovinargli
l'avvenire con accuse scriteriate. In casa tenuto ai margini, il padre spesso fuori
citt e lui non conta alcun amico tra i suoi coetanei. Avrebbe bisogno di una figura di
riferimento, un uomo vero e positivo e chi meglio di te, Publio mio? - flaut Urania
con voce morbida. - Indagando sul suo caso, dovrai vederlo spesso e sono certa che
avrai su di lui un'ottima influenza. Vedrai, un giovanotto straordinario! E io te ne
sarei tanto, tanto riconoscente
- Lo incontrer quanto prima - promise il senatore, prendendo la mano della fascinosa
matrona con l'intenzione di condurla nella stanza che tanti anni prima aveva visto i
loro amori. Dietro di loro c'era quasi un quarto di secolo di lontananza, doveva stare
attento a non crearsi illusioni, si ripeteva, avvertendo il battito cardiaco aumentargli
in maniera decisamente fastidiosa.
- Sapevo di poter contare su di te: di l che ti aspetta! - lo deluse lei aprendosi in un
sorriso disarmante, mentre gli sottraeva con studiata lentezza la mano profumata.
Uscita Urania, il patrizio meditava ora sull'amore parentale, che spesso offuscava
anche il giudizio dei pi saggi: il divino Augusto non aveva forse ceduto alla
debolezza di nominare eredi due giovanotti inetti e scioperati come Gaio e Lucio,
soltanto perch erano figli di sua figlia? L'accorta Livia Drusilla Claudia era stata
costretta a mettere in campo tutta la sua astuzia e la sua abilit coi veleni per
liberarsene, e ottenere quindi che il trono dei Cesari passasse ai suoi discendenti,
anzich a quelli del marito, pens Aurelio, ricordando la terribile "Madre della Patria"
venerata ora col nome di Dea Giulia Augusta.
Non tutti, per, godevano della spietata lucidit di cui aveva dato prova la prima
imperatrice. Soltanto il cieco entusiasmo di una nonna, infatti, avrebbe ritenuto
"straordinario" il giovane che stava entrando nel tablino con le mani unite in grembo
e lo sguardo obliquo di chi presenzia a una veglia funebre.
Il senatore, che si aspettava un ragazzo vispo e magari un po' riottoso, rimase di sasso
nel vedersi davanti una specie di sacco d'orzo con le spalle cadenti sormontate da una
testa oblunga a forma di pera, alle cui ridotte dimensioni faceva riscontro un accenno
di precoce doppio mento; se a ci si aggiungeva che Bulbillo aveva la pelle devastata
dalle pustole, gli occhi sfuggenti e una flebile voce puerile, comprensibile che la
sorpresa fosse alquanto spiacevole.
Un disastro, un completo disastro, soppes Aurelio in preda allo sconforto,
chiedendosi se la sua antica passioncella irrisolta valesse lo sforzo che gli si
prospettava davanti: trasformare quel bamboccione obeso in un futuro vir, un vero
uomo, pareva un'impresa perduta in partenza
- In che rapporti sei con la tua matrigna, Flavia Flora? - attacc senza preamboli.
- Lei dice che io, che io, che io- balbett Bulbillo.
- Guardami negli occhi, quando mi parli! - gli ingiunse Aurelio, a cui la pazienza
difettava in massimo grado. - So gi che cosa dice la tua matrigna, voglio sapere che
ne pensi tu!
- Pensare? - ripet Bulbillo allibito, mentre contraeva le sopracciglia in una grossa
ruga di riflessione, di quelle che si dipingono sul muso dei cani quando non riescono
a capire che cosa il padrone voglia da loro.
- Desidero conoscere la tua opinione - tradusse Aurelio tamburellando col piede sul
mosaico pavimentale, e solo in quel momento si rese conto che, con tutta probabilit,
era la prima volta che a Bulbillo veniva chiesto di esprimere un qualsivoglia parere.
- Flavia Flora non mi sopporta. D'altronde non sono simpatico a nessuno, ad
eccezione della nonna.
Orfano di madre e con un genitore sempre assente, Bulbillo doveva aver patito per la
solitudine e l'indifferenza fino al giorno in cui Urania era tornata a Roma per
circondarlo delle cure che gli erano mancate nei primi anni di vita. Ma intanto era
cresciuto e ora, pi che di un'ava indulgente, avrebbe avuto bisogno di un uomo
capace di guidarlo con fermezza tra gli inevitabili scogli della sua vita di giovane
adulto. Quell'uomo per non poteva essere lui, per quanto ambita fosse la ricompensa
in gioco
- Nutrivi gelosia per il tuo nuovo fratello? - chiese il patrizio senza giri di parole:
doveva essere stata dura vedere il secondogenito prediletto da un padre fierissimo e
da una madre adorante.
- Mi piaceva il bambino, avrei tanto voluto prenderlo in braccio, per non mi
lasciavano avvicinare - rispose Bulbillo, mentre lo sguardo gli correva voglioso al
vassoio dove campeggiavano alcuni grappoli d'uva, dei pasticcini al miele e una
piramide di fichi secchi. Con un gesto deciso, Aurelio occult alla vista il vassoio di
leccornie e la conseguente tentazione: era ora che Bulbillo smettesse di ovviare alle
sue carenze affettive abboffandosi da mane a sera.
- Era Flavia Flora a proibirti di toccarlo?
- Lei e le ancelle se avessi disobbedito, mio padre si sarebbe infuriato - balbett il
ragazzo con un filo di voce.
- Ma come? Eri pur sempre Bulbo Sempronino, il suo primogenito! - sbott Aurelio,
che non sopportava l'autocommiserazione. A forza di compatirsi, Bulbillo aveva
finito per trovare sempre qualche ottima scusa alla sua incapacit di reagire, e il
risultato era sotto gli occhi: mesto, timido, impacciato, il ragazzo si apprestava ad
entrare nell'et adulta dalla porta di servizio, quella riservata ai perdenti.
- Flora mi chiama Bulbo Sempronino Gratiano - rettific l'altro fissando un punto in
basso, vicino ai suoi calzari.
Graziano, ovvero figlio di Grata, una donna di stirpe equestre, comprese Aurelio,
laddove il bambino defunto era stato Bulbo Sempronio Floriano, uscito dai lombi
della rampolla di una antichissima famiglia patrizia.
- Avrei voluto vivere con la nonna, ma non me lo hanno permesso.
- In caso di divorzio o di vedovanza, la legge stabilisce che i figli restino nella casa
paterna. Io stesso sono stato cresciuto dalle ancelle di casa, mentre mia madre partiva
per Antiochia col suo quinto marito - gli ricord il senatore: quella tradizione,
perfettamente consona al mos maiorum, l'antico costume degli avi, faceva s che a
Roma i figli fossero spesso allevati dalle matrigne o addirittura dalle semplici
schiave. - Chi era presente, quando il bambino morto?
- Servit a parte, solo tata e io, almeno credo - sussurr Bulbillo, chiamando il padre
col vezzeggiativo usato dalle femmine o dai bambini in tenera et. - Posso andare,
ora? - aggiunse subito dopo, gli occhi incollati alle ghiottonerie sottrattegli dal
senatore.
- Non certo in cucina a pietire dal cuoco: ti recherai invece a mio nome alla palestra
delle terme di Agrippa, e subito dopo dal medico Ipparco di Cesarea, che ti
prescriver una dieta!
- Dieta? - gemette Bulbillo terrorizzato, mentre il temutissimo vocabolo scuoteva fin
dalle fondamenta un'apatica indifferenza che nemmeno l'accusa di fratricidio era
riuscita ad intaccare.
- Certo! Come puoi correre dietro alle belle ragazze, sbuffando come un mantice sotto
il peso che ti porti addosso? Forza, parti subito e a piedi: l'ambulatorio dietro al
Campo Marzio, dall'altra parte della citt, un po' di esercizio ti far bene!
I Numi lo stavano davvero perseguitando: dopo l'ostilit della matrigna e il
disinteresse del padre, adesso gli avevano scatenato dietro un maledetto ficcanaso
salutista, mugugn tra s Bulbillo, accingendosi tuttavia ad obbedire, come aveva
sempre obbedito a tutti.
- Ebbene, che fai ancora l impalato? Muoversi, giovanotto, correre, scattare! - ordin
Aurelio in tono imperioso.
Il ragazzo fu l l per aprir bocca, ma poi prefer desistere. Quando tuttavia, gi sulla
soglia della stanza, si decise a sollevare gli occhi, quello che rivolse al senatore fu
uno sguardo tutt'altro che amichevole.
- un caro ragazzo, vero? Mite, bonario, senza grilli per la testa - disse Urania con
voce soave. - Io lo definirei amabile. E tu?
Smidollato, rammollito, inetto, imbranato, mollusco, fiacco, imbelle, caciotta,
formaggio, pappafredda, furono i primi termini a passare per la testa del senatore, che
deglut con imbarazzo, cercando affannosamente qualche sinonimo socialmente pi
accettabile.
- Te ne occuperai, vero? - domand lei mettendogli le mani sui polsi, nello stesso
gesto confidenziale che tanti anni prima preludeva all'amore. Fu il brivido che gli
saett lungo la schiena a impedire ad Aurelio di rispondere con il "no" sincero e
brutale che gli correva alle labbra.
Tutto sommato il ragazzo gli faceva pena, cominci a pensare, e avrebbe avuto
abbastanza tempo da dedicargli, adesso che Lollia Antonina era in viaggio, Porzia
Minore occupata a preparare il matrimonio della sorella, Camilla in villeggiatura sui
colli Albani e la moglie di Lentulo sorvegliata a vista dall'anziano marito. E, di fatto,
Urania era ancora molto attraente
- Ero sicura che non mi avresti rifiutato il tuo appoggio! - esclam lei, illuminandosi
tutta. I Numi erano stati benigni nel fargli incontrare di nuovo un vecchio amico tanto
fidato, prosegu. Si sentiva immensamente grata per l'aiuto che Aurelio si era
prontamente offerto di fornirle, ma no, non poteva cenare con lui quella sera,
avvertiva gi i sintomi del solito fastidioso mal di testa, e comunque alla sua et si era
ormai avvezzi a mangiare poco e bere meno, nonch a coricarsi presto e soli
L'orologio idraulico fischiava l'ora col verso del merlo, quando Aurelio fece il suo
ingresso nella domus dei Gavilii Barbati.
L'atrio rigurgitava di clientes, ma Glabrio, prontamente avvertito dal portiere, si
precipit ad accoglierlo con tutti gli onori: non era cosa da poco che un padre
coscritto si muovesse per il lutto di un lattante, soprattutto se con la famiglia
intratteneva solo rapporti sporadici.
- Ave, senatore Stazio! - salut quindi a voce sufficientemente alta perch tutti si
voltassero a notare il nuovo, illustre ospite. Eppure, facendo correre lo sguardo tra la
folla, Aurelio scopr che non era l'unico a portare il laticlavio: in mezzo ai plebei, un
altro padre coscritto Tito Torquato Tricipitino il Balearico, capo della fazione
conservatrice della Curia si appoggiava a una colonna, tenendo la mano sulla spalla
del figlioletto con fare protettivo.
- Posso rendere omaggio alla salma? - chiese compunto Aurelio, mentre osservava
attentamente il suo ospite: la statura non eccelsa, il fisico asciutto perfettamente
proporzionato, i folti capelli rossicci, la pelle chiara e lentigginosa, Glabrio era uno di
quei quarantenni piacenti che conservano a lungo l'aspetto di ragazzini acerbi per
invecchiare poi all'improvviso, finendo per apparire addirittura grotteschi. Ma quel
tempo era ancora lontano per il marito di Gavilia Barbata, che faceva gli onori di casa
muovendosi con invidiabile scioltezza nella candida toga da semplice cittadino privo
di cariche politiche, promosso insperabilmente al ruolo di guida di una stirpe egregia
da una serie di penose e imprevedibili sventure.
- Mi dispiace, purtroppo non abbiamo allestito un vero e proprio feretro - si scherm
Glabrio, arrotolandosi la toga sul braccio con un gesto nervoso. - Mio nipote aveva
solo pochi giorni di vita.
- Ciononostante vorrei vederlo - insistette Aurelio, mentre scrutava alle spalle di
Glabrio la donna robusta dal viso arcigno che doveva essere la sua legittima consorte,
figlia ed erede del defunto Quinto Gavilio Barbato il Console, un senatore di rango
consolare noto per l'estrema durezza nei rapporti pubblici come in quelli privati. Da
lui la matrona aveva ereditato, oltre all'eccesso di bulbi piliferi a cui la famiglia
doveva il soprannome, anche l'espressione decisa del volto, che strideva con quella,
vagamente irresoluta, del marito. Della madre del neonato morto, invece, non c'era
traccia: troppo prostrata per mostrarsi in pubblico, aveva evidentemente incaricato i
cognati di ricevere le condoglianze.
- Come ti dicevo, il piccolo Postumo era appena nato, quindi - fece l'altro,
ostentando il mesto sorriso di circostanza che tutti si aspettavano da lui.
Glabrio non aveva mai avuto eccessive ambizioni: quando gli era stata data in moglie
Gavilia, di qualche anno pi anziana di lui, l'aveva giudicata un'ottima sistemazione
per il terzogenito di una famiglia eminente, sebbene non ricchissima. N si poteva
lamentare della condotta di una sposa fedele, fertile e rispettosa, almeno in pubblico,
giacch in privato non mancava di mostrarsi piuttosto decisionista, risparmiandogli
peraltro il peso di troppe gravi responsabilit. Tutto era filato liscio fino all'ingresso
in casa della giovanissima e ombrosa Dalmatica e al suicidio dell'unico figlio del
paterfamilias, che l'aveva impalmata tre anni prima.
Da quel momento, lui si era trovato nell'occhio del ciclone, con la moglie ambiziosa e
autoritaria da una parte e dall'altra una ragazza triste e appassionata, nei cui occhi
leggeva sentimenti contrastanti che andavano dall'odio all'amore, dalla paura al
desiderio. Adesso, per, la morte del bimbo aveva cambiato tutto: nessuno, nemmeno
il pi ignavo degli uomini, riesce a resistere al richiamo della fortuna, quando la sente
bussare insistentemente alla porta.
- Glabrio, hai mai perso un figlio di quell'et? - chiese brusco Publio Aurelio.
- No, per fortuna. Grazie ai Numi i miei figlioli, che ora si trovano entrambi in
servizio presso le legioni, sono sempre stati sani e robusti - rispose Glabrio,
chiedendosi se doveva aggiungere qualche allusione alla carriera del primogenito,
ormai diciannovenne, che avrebbe avuto bisogno di una spintarella per accedere
all'incarico di legato.
- Io s. Quindi portami dal bambino! - ingiunse il senatore in tono imperioso e
Glabrio, impossibilitato a negarsi, gli indic la stanza.
- Dovevi impedirgli di entrare! - lo critic sottovoce la moglie. - Il cubicolo non
adeguato, passeremo da tirchi solo per non aver coperto gli affreschi con i teli del
lutto!
Lui alz le spalle, contrariato da quell'ennesimo appunto: Gavilia non gliene
risparmiava nessuna, quasi a rimproverarsi di aver sposato un Glabrio qualunque,
anzich un Giulio, un Claudio o un Cornelio. Eppure, quando il padre gli aveva
annunciato il fidanzamento, l'aveva accolto con entusiasmo, lieta che la buona sorte
la unisse a un giovane di bell'aspetto, invece di consegnarla a un vecchio decrepito e
tedioso.
L'amore coniugale, per, era scemato pi rapidamente delle ambizioni, cos da un
pezzo Gavilia non perdeva occasione di sottolineare che un marito attraente ma
oscuro mal si addiceva a una donna dal suo gran nome: si desse da fare, quindi, a
percorrere quel benedetto cursus honorum nel quale non era mai arrivato al di l del
grado di edile
- Stazio un emerito ficcanaso. Potevo forse sbarrargli la strada senza offenderlo?
Mica sono senatore io! - protest lui in tono stizzito.
- Non ancora, marito mio, non ancora - ribatt Gavilia. Morti ormai tutti i maschi di
casa, lei ora avrebbe avuto accesso al cospicuo patrimonio immobiliare della
famiglia, di molto superiore alla cifra utile per essere ammessi in Curia: non c'era che
da aspettare la lettura del testamento, e poi giocare con accortezza il dado vincente.
Il cubicolo era piuttosto ampio, ma non abbastanza per consentire alla balia di
dormire accanto al poppante per nutrirlo ogni qual volta ne facesse richiesta. La culla
era di legno intarsiato d'avorio e aveva le cortine chiuse. Aurelio le scost in silenzio,
come se avesse paura di svegliare il bambino.
Il piccolo Postumo giaceva con gli occhi chiusi, avvolto in un candido sudario che gli
lasciava scoperto soltanto il viso.
Quanti erano a Roma i lattanti che non sopravvivevano al primo mese di vita? si
chiese il patrizio. Prima di tutto bisognava mettere in conto gli esposti, ovvero i
bambini deformi, deboli o soltanto indesiderati, che i genitori rifiutavano di
riconoscere, depositandoli nelle discariche perch fossero raccolti dai mercanti di
schiavi: pochi erano quelli che passavano indenni la prima notte. Poi c'erano i tanti
neonati che si spegnevano per febbri maligne, congestioni, crisi respiratorie o persino
per quegli strani morbi pustolosi giunti dall'Oriente che stavano ora contagiando
anche le terre italiche; infine, esistevano nell'Urbe ancora troppi bimbi ammalati di
povert, che si accasciavano dopo aver a lungo tentato di succhiare un seno ormai
esausto.
La specie umana nasceva inetta alla pari di quelle dei volatili e tante e tali erano le
ragioni per cui un nuovo nato rischiava di morire, che sarebbe stato folle rischiare una
condanna per assassinarlo. Ma come gli implumi, anche i figli dell'uomo erano
indifesi a tal punto da rendere oltremodo facile mascherare un eventuale infanticidio
da disgraziato incidente, rifletteva il patrizio, insospettito dal colore cianotico della
cute del cadaverino.
Postumo era davvero morto per cause naturali? si chiese Aurelio, deplorando che la
luce insufficiente non gli consentisse di cercare sotto le palpebre le petecchie che
avrebbero denunciato un'inequivocabile asfissia. Gettando di quando in quando una
rapida occhiata alla porta, dalla quale i padroni di casa potevano entrare in qualsiasi
momento, sollev quindi la salma dalla culla e ne apr il sudario, alla ricerca di segni
di percosse o di abusi.
Non trov nulla che fosse visibile in quel barlume fioco, ma percep una strana
rigidit nel lino su cui era adagiato il capo di Postumo, come se vi si fosse asciugato
un liquido vischioso. Si trattava indubbiamente di saliva, appur dopo un'accurata
palpazione del tessuto, mentre immaginava il bimbo che agonizzava, sbavando
nell'ultimo, disperato sforzo di respirare.
Un delitto silenzioso. Un delitto in sordina. Un delitto da codardi. Un delitto destinato
a rimanere impunito.
Per un attimo il patrizio si rivide davanti il suo piccolo Publio, immobile nella sua
culla dorata. Aveva sperato che quel figlio rabberciasse in qualche modo il suo insano
matrimonio con Flaminia; si era ripromesso di portarlo con s nei boschi e per le
strade di Roma, di insegnargli ad arrampicarsi, a cavalcare, a tenere in mano una
spada.
Una febbre improvvisa aveva posto fine a tutti i progetti, n era valso a salvarlo lo
sforzo congiunto dei migliori medici di Roma. A ventidue anni non si vive di
rimpianti, cos quel figlio perduto era rimasto soltanto una possibilit inesplorata, un
cammino che non gli era stato dato di percorrere, pi che una ferita insanabile. Ma
poi gli anni erano trascorsi senza che il Fato gli concedesse altri figli e ora, di fronte
al minuscolo corpo rattrappito, sentiva urgere dentro di s l'impulso a intervenire, a
sanare in qualche modo quell'ennesima ingiustizia.
Non sarebbe finita l, lo doveva al piccolo Publio, lo doveva soprattutto a se stesso.
A spingere il senatore, appena uscito dalla domus dei Barbati, verso il vicolo sul retro,
fu un'ispirazione improvvisa e del tutto immotivata, a meno di non mettere in conto la
vocazione di tremendo ficcanaso.
Dietro l'usciolo del cortile non si udiva il solito brusio dei servi tutti nell'atrio,
impegnati a ricevere amici e clientes ma soltanto il crepitio della biancheria stesa ad
asciugare. Ma proprio quando stava per andarsene, al patrizio parve di percepire un
frammento di conversazione, nient'altro che pochi brandelli di una voce intermittente,
coperta a tratti dagli schiocchi dei panni battuti dal vento.
- nessun altro sa del bambino
Aurelio si abbass immediatamente, contando sulla presenza di un bel buco della
serratura, di quelli ampi che permettono di origliare con comodo un colloquio
segreto, godendo anche della vista parziale degli interlocutori. Ma, ahim, non c'era
alcun foro nel legno della porticina, sbarrata dall'interno con un pesante chiavistello.
- un brillante futuro puoi contare sulla mia discrezione - ud ancora, ma la
risposta si perse tra le folate di vento.
Per sentire meglio bisognava sporgersi al di sopra dell'uscio, pens il patrizio
tentando di salire su una grossa pietra dall'equilibrio alquanto instabile, che invece gli
ruzzol sotto i piedi con un rumore sordo.
La voce si spense all'improvviso, spingendolo ad incollare nuovamente l'orecchio alla
porta. Se ne stava ancora l, in una posa tanto vulnerabile quanto poco consona alla
sua dignitas senatoriale, quando un'ombra si lev alle sue spalle.
Aurelio sent un ronzio acuto, come se uno sciame di vespe muratrici avesse deciso di
costruirsi il favo proprio dentro alla sua testa. Per un attimo rest frastornato,
consapevole soltanto delle fitte pulsanti che gli laceravano la nuca, poi reag,
incurante del fiotto rosso che gli gocciolava sul collo.
Una mano a taglio, un movimento fulmineo e l'aggressore retrocesse con un rantolo,
portandosi le mani allo stomaco. Deciso a non lasciarselo scappare, il patrizio si
fiond in avanti e lo afferr per un lembo della tunica.
Fu allora che la testa gli scoppi di nuovo, e stavolta non si tratt di vespe, ma di
cavalli infuriati che lo calpestavano con centinaia di zoccoli scalpitanti.
Rimase fuori conoscenza pochi istanti. Quando rinvenne, l'assalitore era gi sparito
nei meandri della citt tentacolare, lasciandogli nelle mani soltanto un brandello di
stoffa.
- Dunque avevo ragione a sospettare del torbido sotto la morte dell'erede dei Gavilii
Barbati! Chi mi ha assalito, credeva senza dubbio che fossi riuscito a captare fino in
fondo quel discorso compromettente - ragionava un'ora pi tardi Aurelio, sforzandosi
di ignorare l'emicrania - Probabilmente si trattava di un ricattatore persuaso di tenere
in pugno l'assassino!
- Stai lavorando di pura fantasia, padrone - lo avvert il liberto Castore, per nulla
convinto.
- Perch mai colpirmi in testa, altrimenti? Potevano anche ammazzarmi! - protest il
senatore, stizzito per la noncuranza del segretario, che dopo averlo sommariamente
bendato, aveva fatto subito ritorno alla sua anfora di Setino.
- Eh, quanto la fai lunga! - minimizz questi. - Ti sei preso soltanto un paio di
scoppole leggere, di quelle che i precettori tirano quotidianamente sulla nuca agli
scolari distratti!
- Dovevano essere in due: stavo per gettarmi sul primo aggressore, quando un
secondo mi ha colto di sorpresa alle spalle.
- Due, dieci, venti perch non cento, allora? - esager Castore, facendo mostra di
incredulit. - Dev'essere dura, per il tuo orgoglio di patrizio romano, ammettere di
averle prese da un popolano qualunque perch non era certo un nobile quinta,
quello che indossava questo straccio - continu additando il brandello strappato da
Aurelio alla tunica del malfattore.
- Purtroppo non l'ho visto bene, ricordo soltanto che la sua faccia aveva qualcosa di
strano. Forse per l'indizio ci permetter di identificarlo: un tessuto a righe larghe,
potrebbe essere un panno ebraico - illazione Aurelio.
- Non credo - scosse la testa il greco con l'aria di chi se ne intende. - Si tratta senza
dubbio di un manufatto occidentale, proveniente dall'Iberia o dalla Lusitania. Sono di
qualit inferiore ai nostri, ma a Roma vanno per la maggiore per via dei prezzi
stracciati. Immagino che i negozianti a cui sottoporr questo scampolo mi
sciorineranno la solita manfrina sulla concorrenza sleale delle province emergenti, a
basso costo di manodopera
- Tutti sono pronti a inveire contro quel grande mercato globale che l'Impero
romano, ma, guarda caso, nessuno si lamenta mai per il grano importato dall'Egitto,
senza il quale l'Urbe soffrirebbe la fame - alz le spalle il senatore. - Comunque tu hai
sufficiente pelo sullo stomaco per affrontare il piagnisteo di qualunque tessitore. E
spicciati, perch dovrai anche trovare la servit incaricata di accudire i piccoli Bulbo
e Postumo.
- Di questo non se ne parla neppure, domine, sono allergico ai pargoli, vivi o morti
che siano! - rifiut Castore, drastico. Agli occhi del segretario, i bambini erano meri
adulti incompleti, privi ancora di tutte le peculiarit che li avrebbero un giorno resi
interessanti, ovvero le curve nei punti critici per le femmine e le scarselle facili da
borseggiare per i maschi.
- Andiamo, sarai pur stato bambino anche tu! - sdrammatizz Aurelio, ma dentro di s
sospettava che Castore fosse nato gi adulto, come Pallade Atena dalla testa del padre
Zeus.
- Non me ne ricordo affatto. E comunque escludo nella maniera pi assoluta di aver
mai sentito il sapore del latte.
- Infatti, da quello che ti scoli, si direbbe che tu sia stato tirato su a idromele! -
brontol il patrizio, additando il liquore col quale il servo stava abbondantemente
abbeverandosi.
- Doveva essere certamente migliore del tuo, che sembra risciacquatura di piatti: c'
troppo poco cinnamomo e la polpa delle sorbe non stata fatta fermentare a dovere -
critic l'alessandrino, dando fondo all'orcio. - Ecco, finisco io questa schifezza, per
non guastarti la bocca
- Non intenderai sottrarti all'incarico, vero Castore? Perch, in questo caso, avrei un
altro lavoretto che sembra fatto apposta per te: qui c' il conto dell'ebanista al quale
ho commissionato una dozzina di mensole ad intarsio, te ne rammenterai di certo,
dato che sei stato tu in persona a ritirarle. Osserva con attenzione la cifra che indica
l'ammontare dei sesterzi e noterai come la prima asta del numero tre, che si scrive III,
sia stata allungata alla base in modo da trasformarlo in LII, ovvero quarantadue il
carpentiere, dunque, o chi per lui, ha tentato di imbrogliarmi. Mi aspetto ora che tu
recuperi rapidamente l'ammontare del mio credito!
Il segretario fiss incredulo il suo signore e padrone: da quando era diventato tanto
diffidente? Un tempo pagava le ricevute sull'unghia, senza nemmeno leggerle, tanto
che per un po' aveva perfino smesso di contraffarle, perch sarebbe stato come rubare
il bastone a un cieco.
- Lasciati dire, domine, che ti facevo troppo signorile per metterti a controllare certe
quisquilie. Che cosa sono poche centinaia di sesterzi, di fronte al tuo immenso
patrimonio? Una goccia nel mare!
- A proposito di mare, Castore rammenterai di sicuro come le scorse nundinae io
non riuscissi pi a trovare il mio sigillo. Ora, per una strana coincidenza, nello stesso
periodo il plenipotenziario di un piccolo reame alleato con Roma ha elevato una
protesta ufficiale in Curia riguardo una grossa truffa in cui stava per essere coinvolto:
pare che uno sconosciuto dalla barbetta a punta si sia presentato a lui in toga col
laticlavio e anello senatoriale al dito, proponendogli, a nome dei padri coscritti, di
cedere al suo sovrano i moli del porto che Claudio Cesare sta costruendo a Ostia!
- I levantini si sono fatti furbi, domine: non c' pi verso di vender loro gli anfiteatri
gladiatori, che un tempo si spacciavano senza problemi - addusse a sua
giustificazione il liberto.
- Sembra che quel principe sia alquanto vendicativo, Castore. Nel suo regno vige la
pena di morte per impalamento, dopo svariate torture che si protraggono per giorni e
giorni. Tieni presente che sarebbe in grado di riconoscere a prima vista il mestatore
che tentava di imbrogliarlo, se gli capitasse di rivederlo - sorrise subdolamente il
patrizio. - Pare che abbia sguinzagliato suoi scagnozzi per tutta l'Urbe, nell'intento di
stanarlo: esplorano i fori, i mercati, le taverne, perfino i templi. Credo proprio che
l'unico posto dove non penserebbero mai di guardare sia tra le balie e le levatrici
- Adoro i pargoletti, domine! - dichiar Castore, che sapeva quando era il caso di
arrendersi al fato avverso. - Da dove comincio?
- Dalla domus dei Gavilii. Porta qui il personale addetto al lattante, in particolare la
nutrice. Subito dopo mi rintraccerai le ancelle a cui era demandata la custodia del
piccolo Bulbo.
- Credi che ci sia un collegamento tra i due episodi?
- Non ne ho idea. Nessuno nella famiglia di Postumo sembra dubitare che si sia
trattato di un incidente.
- Nel cubicolo c'era poca luce, padrone, e se il colorito del cadavere fosse stato tanto
eloquente come sembrato a te, qualcun altro se ne sarebbe certamente accorto -
obiett perplesso il liberto.
- Forse preferiscono non sapere: la scomparsa dell'erede rimette in gioco un grosso
patrimonio. Dovrei parlare con la madre, ma troppo addolorata per ricevere visite.
- I servi terranno di certo la bocca chiusa - scosse la testa il greco.
- A meno che io non mi avvalga di un agente scaltro, circospetto e di enormi risorse -
lo adul il senatore, mellifluo.
- Tali indubbi pregi potrebbero non essere sufficienti - grad l'apprezzamento il
liberto, mentre preparava il terreno favorevole a una congrua ricompensa.
- L'alternativa un lungo palo appuntito - gli ricord secco il padrone.
- In questo caso me li far bastare, domine - si inchin ossequioso il segretario. - Il
mio rendimento per leviterebbe sensibilmente se potessi lenire la mestizia delle mie
serate solitarie con una dolce presenza femminile.
Aurelio alz il sopracciglio: Castore era solito trascorrere le sue notti al lupanare in
compagnia di prostitute avvinazzate, senza contare che se la faceva anche con tutte le
ancelle di casa.
- Mi accaduto di incontrare una fanciulla che soffre in schiavit sotto iniqui
aguzzini. L'hai conosciuta tu stesso, domine, al banchetto di Pomponia che ne
diresti di acquistarla?
- Non intenderai la baccante ubriacona, vero? Al pio Paride verrebbe un colpo nel
vedersela in casa!
- vero, non ci avevo pensato - sospir l'alessandrino. - Scusa, credevo fossi tu il
dominus
- Lo sono, greco della malora! Quindi, solleva il tuo nobile deretano e affrettati ad
obbedire!
Castore assent, poi arretr di qualche passo inalberando il suo ironico sorriso e usc
inchinandosi, ma non cos profondamente e lungamente come quando era entrato.
Spesso chi afflitto da una grave perdita, trova maggior conforto ad attribuire la sua
sciagura alla perfdia umana, piuttosto di ammettere la cecit del Fato, i cui
imponderabili motivi sfuggono non soltanto ai semplici mortali, ma perfino ai Numi
stessi.
Questo aveva pensato di sostenere Aurelio per scagionare il nipote di Urania: avrebbe
dimostrato quante e quali disgraziate casualit potessero portare alla fine prematura di
un lattante, senza che ci fosse bisogno di tirare in ballo l'atto estremo del delitto. Nel
caso di Bulbo, la tremenda ipotesi di un gesto criminoso, mai suffragata da prove
tangibili, scaturiva certamente dal dolore di una madre, incapace di rassegnarsi alla
tragedia che l'aveva colpita. Privata del figlio amatissimo, Flavia Flora aveva voluto
cercare a tutti i costi un colpevole, finendo per identificarlo col figliastro Bulbillo, un
ragazzo goffo e scontroso con il quale non era mai riuscita a stabilire un'intesa.
L'argomentazione, che in un primo tempo era sembrata solida, si sgretolava per alla
luce dei nuovi fatti: era morto un altro bambino e stavolta pareva davvero che si
trattasse di un infanticidio. Ma non poteva certo essere lui, un estraneo, a dar voce ai
sospetti, tanto pi che il corpicino bluastro era ormai stato sepolto con tutti i suoi
segreti
Dunque, aveva un solo modo per intervenire, quello che peraltro gli era pi
congeniale: condurre un'inchiesta, discreta e clandestina, sulla sorte di Postumo, da
affiancare a quella che Urania gli aveva pregato di imbastire sul nipote.
Non era certo un'impresa facile. A Roma, nessuno si era mai occupato delle morti in
culla: sepolto un figlio appena nato, se ne metteva subito in cantiere un altro,
ricorrendo quando necessario a una moglie pi feconda. Del piccolo scomparso non
rimaneva neppure il nome, presto coperto da un fratello pi fortunato.
Ma quanti erano i lattanti morti precocemente e quanti di loro si erano davvero spenti
per una imprevedibile fatalit? Quante invece di quelle piccole ombre bianche
vagavano ancora invendicate sulla riva della palude Stigia, aspettando che fosse fatta
giustizia?
Una sola persona era in grado di rispondergli, l'unica che, per vocazione e
competenze, fosse espertissima nel preservare la memoria storica dei fatti altrui: la
matrona Pomponia. E per ottenere il suo aiuto, c'era un sistema infallibile: invitarla a
cena.
III
Terzo giorno
- Anni or sono tocc al nipote del decano degli Augustali: nacque prematuro e camp
soltanto un giorno. Il padre si strapp le vesti e omise di rasarsi per ben due nundinae
- cominci a snocciolare l'informatissima signora gi durante la gustatio.
- Poveretto; per lui dev'essere stato un duro colpo - lo compat Aurelio.
- Durissimo - conferm Pomponia. - Pensa che, privo com'era di energie virili, aveva
spinto la moglie a giacere con l'intendente perch gli concepisse il figlio maschio
necessario ad ereditare! Mmm ma che cosa sono queste, le famose offelle di
Ortensio col ripieno di maiale? Ah, che delizia! - esclam, illuminandosi tutta davanti
al vassoio dei rinfreschi. - Hai un archimagirus fedele, amico mio: ha rifiutato una
cifra assurda che gli avevo offerto perch rivelasse la ricetta delle sue offelle al mio
cuoco Anatolio! Ma che cosa stavamo dicendo ah, s, i morti in culla: due anni fa,
la nuora del nipote della suocera del fratello della cugina
- Limitiamoci agli episodi pi recenti - la press il patrizio, che sapeva bene come,
libera di attingere ai suoi vasti ricordi genealogici, la matrona sarebbe risalita fino ai
re di Roma, se non addirittura allo stesso Romolo e Remo e al loro divino progenitore
Marte.
- Vediamo, ci sarebbe un caso nella famiglia di Porzia, la moglie dell'Augure, quella
smorfiosa che tutti dicono bellissima, anche se troppo magra e gli occhi non sono
granch. Se non sbaglio, anche tu la frequenti - butt l Pomponia, a cui erano
giunte voci di una possibile tresca.
- Chi? - cadde dalle nuvole il patrizio, che soltanto pochi giorni prima aveva ricevuto
in gran segreto la matrona nella sua villa sul Gianicolo. L'amica, abile
nell'interpretare i messaggi corporei almeno quanto Aurelio a dissimularli, lo scrut
con occhi di aquila: le era sembrato di scorgere un vago tremolio nella palpebra
destra, indizio di una possibile colpevolezza
- Il suo nipotino si spense per la febbre quartana - continu, riluttante a lasciar cadere
l'argomento. Con Pomponia la difficolt non era ottenere informazioni, ma scremare
quelle utili, stava dicendosi il senatore mentre lei tornava all'attacco, gettando
l'ennesimo amo: - Mi rifer l'episodio Porzia in persona, quando venne a chiedermi
consiglio per la sorella, che vorrebbe nascondere al futuro marito le notti trascorse in
caserma assieme ai gladiatori traci possibile che il suo nome non ti dica niente?
Eppure giurerei che la conosci!
Quando potenze di pari valore vengono a conflitto, a decidere quale prevarr non n
la forza, n l'ardimento, bens soltanto il capriccio della sorte. In aiuto ad Aurelio
venne infatti il momento magico in cui l'ultima offella di Ortensio si scioglieva sulla
lingua della golosa signora: approfittando di quell'istante di distrazione, il patrizio
atteggi il viso alla stessa ieratica immobilit con cui a Lutetia Parisiorum aveva
fronteggiato i Galli ribelli per evitare di farsi sfuggire, anche involontariamente,
informazioni utili alla difesa di Roma.
- Concentrati sulle morti inspiegabili - la riport quindi in carreggiata, badando bene
di non sbattere gli occhi.
- Sarebbe pi facile se mi dicessi dove vuoi andare a parare! - brontol Pomponia,
indispettita.
Messo alle strette, Aurelio si decise a vuotare il sacco, raccontando all'amica delle
fini precoci dei piccoli Bulbo e Postumo.
- S, c' un episodio analogo - ricord subito l'informatissima signora. - Riguarda il
processo ancora in corso sulla fine misteriosa dell'unico rampollo di un certo Appio
Accio, affidato a una nutrice dopo che la madre era morta nel darlo alla luce. - I
giovani romani maschi morivano sul campo di battaglia, le femmine invece sulla
sedia gestatoria, deplor Aurelio: fare un figlio, nell'Urbe, era un rischio paragonabile
a uno scontro coi barbari.
- Appio Accio e poi? - chiese, stupito che la puntigliosa matrona non avesse citato per
intero i tria nomina che designavano di solito i cittadini.
- E poi niente. - Pomponia scroll le spalle. - Evidentemente nessuno dei suoi
ascendenti ha mai compiuto imprese tali da meritarsi un cognomen ex virtute.
Strano, pens Aurelio. Tutti ormai, anche i pi derelitti, avevano uno straccio di
cognome, magari non ottenuto grazie a una conquista, ma dedotto da qualche
caratteristica di un antenato: cos Cicerone significava "cece", Caepio "cipolla",
Cesare "capelluto" ed Enobarbo "dalla barba rossa". Un solo uomo, il pi grande di
tutti, aveva rifiutato i tanti appellativi che gli adulatori cercavano di attribuirgli,
dichiarando che di cognomi onorifici a Roma ce n'erano a bizzeffe, ma esisteva un
unico Caio Mario.
- Forse un cognomen ce l'ha, ma preferisce non usarlo: infatti ha esercitato per anni il
mestiere di coactor, ovvero esattore delle aste pubbliche. Gli tolsero l'incarico dopo
aver scoperto un ammanco, di cui tuttavia non riuscirono ad attribuirgli la
responsabilit.
- Un tipo che cade sempre in piedi, eh? - comment Aurelio con una smorfia.
- Proprio cos - convenne Pomponia. - Su di lui sono corse varie dicerie, ma ne
sempre uscito con le mani pulite.
- E ora accusa la nutrice di averle ucciso il figlio.
- Quell'Accio un viscido furbastro, abile a scagliare il sasso ritirando subito dopo la
mano. Pur non avendo elevato alcuna contestazione formale, ha messo in giro la voce
che la donna pratichi degli abbietti sortilegi da maga!
- Mi meraviglio che il processo non sia gi finito con una condanna - osserv il
patrizio, consapevole del peso della parola di un romano contro quella di una
libertina di discendenza servile.
- Sebbene nata da uno schiavo manomesso, l'imputata, certa Isaura, godeva del diritto
di farsi difendere da un patrono.
Chiunque conoscesse i fondamenti della legge era in grado di rappresentare uno dei
suoi clientes in tribunale, ricord Aurelio. Per spuntarla in una causa difficile,
tuttavia, occorrevano avvocati di professione, che, pur fingendo di esercitare a titolo
gratuito, percepivano parcelle esorbitanti.
- Non dirmi che nell'Urbe esiste un legale disposto a spendere il suo tempo e la sua
influenza a profitto di una popolana qualunque! - esclam quindi sorpreso.
- Esisteva - lo corresse Pomponia - e si trattava del migliore: Statilio Vespillo in
persona - rivel. - Ma adesso che passato a miglior vita, per la sua protetta sar la
fine: priva com' di qualunque difesa, Appio Accio se la manger in un boccone!
Fu mentre accomiatava l'amica sulla soglia del tablino che Aurelio ricevette una
comunicazione ufficiale dalla Curia, relativa a una nuova, brillante iniziativa del
vicario del princeps Senatus. Animato da un forte zelo moralizzatore, non appena
eletto Lentulo aveva infatti dichiarato guerra ai fannulloni della Curia e chiedeva
quindi al collega Publio Aurelio Stazio di rendere dettagliatamente conto di parecchie
assenze immotivate vigilia delle Calende di Marzo, quarto giorno prima delle None
di Febbraio et cetera ingiungendogli di presentarne immediata giustificazione, pena
la decadenza dalle sue funzioni di padre coscritto.
Aurelio gemette: non poteva certo rivelare a quel bigotto di aver trascorso la prima
mattina con Porzia, il cui anziano sposo giaceva in preda ad un feroce attacco di
reumatismi. Ma era la seconda assenza a metterlo nella situazione pi imbarazzante:
nel giorno fatidico, la seduta curiale coincideva con gli esercizi spirituali della
giovane e sorvegliatissima consorte di Lentulo stesso presso il sacello Dea Bona, il
cui culto era rigorosamente riservato alle donne di condizione libera. Poich per
poche erano le porte che il denaro non riusciva ad aprire, la venale custode del
tempietto, addolcita da una borsa pesante, fingeva di non accorgersi della presenza di
un maschio impuro all'interno del recinto sacro, permettendo cos al senatore di
appartarsi con la devota in una cella interdetta alle schiave spione.
Cent'anni prima, uno scherzo analogo giocato dal famigerato tribuno Clodio a Caio
Giulio Cesare, con la complicit della di lui moglie Pompea, aveva suscitato un
enorme scandalo, facendo gridare al sacrilegio. Da gran signore e accorto politico
quale era, il divo Giulio aveva discolpato pubblicamente la sposa fedifraga,
imponendole tuttavia un frettoloso divorzio in vista di nuove nozze con la figlia di un
prezioso alleato, dopodich si era affrettato ad arruolare l'adultero riconoscente nelle
sue fila.
N Lentulo n il marito di Porzia, tuttavia, avevano la classe e l'astuzia del grande
dittatore, quindi sarebbe stato necessario imbastire qualche scusa alternativa, riflett
Aurelio. Ci avrebbe pensato in seguito: doveva prima rintracciare quella tale Isaura
accusata di infanticidio, per scoprire eventuali elementi comuni alle altre morti
inspiegabili di bambini appena nati, progett inquieto, ancora in preda al turbamento
che lo aveva colto nell'udire dalla bocca della sua amica la cronaca del terzo
misterioso decesso.
E se fosse davvero esistito un collegamento tra i tre episodi? Se qualcosa di diverso
da una sciagurata fatalit avesse colpito quei piccoli indifesi? Se nei ginecei romani si
fosse aggirato un unico, silenzioso assassino, determinato a stroncare delle misere
creature che stavano appena affacciandosi alla vita?
Non un assassino, un'assassina, si corresse immediatamente: la tipologia delle
vittime, il luogo del delitto, il modus operandi, perfino il possibile movente facevano
decisamente pensare a una femmina, una donna sterile forse, o semplicemente gelosa
della felicit altrui
Alla sua memoria si affacci immediatamente la vasta galleria di ritratti di infanticide
tramandati da miti e tragedie, prima tra tutte Medea, la cui mano si era levata sugli
stessi figli partoriti all'immemore amante Giasone.
No, il suo era un sospetto del tutto illogico e per di pi aggravato da un atavico
pregiudizio maschile, si convinse subito il senatore, a cui piaceva sentirsi evoluto e
all'avanguardia. Di fatto non c'era alcuna prova che il colpevole fosse una donna, e
nemmeno che tutti i lattanti fossero stati uccisi; perfino sul piccolo Postumo esisteva
qualche dubbio residuo, in fin dei conti era sempre possibile che avesse preso un
abbaglio
Tuttavia, prima di accantonare anche la pi remota possibilit in tal senso, occorreva
escludere la presenza di una stessa persona sui vari luoghi del delitto; bisognava
dunque torchiare non soltanto il personale di servizio e a questo poteva pensarci
Castore, opportunamente stimolato con un sapiente amalgama di minacce e
ricompense ma anche gli stessi parenti in lutto, compito che spettava indubbiamente
a lui.
Lo attendeva un lavoro lungo, sfibrante e antipatico; meglio dunque iniziare subito,
decise, e senza por tempo in mezzo chiam lo schiavo copista a redigere due codicilli
indirizzati ai Bulbi e ai Barbati.
- Quinto Bulbo Sempronio Publius Aurelius Statius salutem dicit- dettava poco dopo,
dimentico ormai di Lentulo, della nota di biasimo nonch delle solide motivazioni
che avrebbe dovuto addurre per giustificare il suo assenteismo.
IV
Quarto giorno
Per quanto ci si possa scordare dei guai, sono questi ultimi ad avere la memoria
lunga. Aurelio lo impar a sue spese il mattino dopo, attraversando il Foro in
direzione della basilica Giulia, dove contava di trovare informazioni sulla causa di
Isaura.
- Proprio tu, Stazio! - si sent chiamare mentre passava accanto al Lacus Curtius.
Narravano le leggende che il pozzo in cui i provinciali di passaggio gettavano
monetine per propiziare un futuro ritorno nella capitale, sorgesse su una voragine
apertasi improvvisamente nel luogo molti secoli prima. Gli oracoli, prontamente
consultati dai sacerdoti, fornirono allora un infausto responso circa quello strano
fenomeno: la fenditura era destinata ad allargarsi fino ad inghiottire l'Urbe intera, se
non si fosse offerto in sacrificio quanto di pi prezioso potesse trovarsi nella citt.
Gi il Senato e il popolo di Roma stavano per raccogliere oro e gioielli, quando il
giovane Marco Curzio, convinto che la pi grande ricchezza di Roma risiedesse nel
valore dei suoi cittadini, si lanci a cavallo nel baratro, immolandosi per la salvezza
della patria.
Molta acqua era passata sotto i ponti da quei tempi lontani e ora, nell'ottocentesimo
anno ab urbe condita, nel Foro non c'era pi alcuna voragine: in caso contrario,
Publio Aurelio non avrebbe esitato a tuffarcisi dentro, pur di evitare un incontro che
si prospettava tutt'altro che gradevole.
- Publio Aurelio Stazio! - ripet Lentulo scendendo minaccioso dai gradini della
Curia. - Che ci fai qui, in tunica corta, mentre tutti i tuoi colleghi, debitamente
rivestiti del laticlavio e dei calcei senatoriali, sono gi assisi sui loro seggi?
Stamattina si vota sull'omaggio che la nostra eccelsa assemblea intende offrire a
Claudio Cesare per il suo genetliaco: ci sono pi di venti mozioni all'ordine del
giorno, tutte da esporre, discutere e votare!
L'ennesima seduta del Senato, come aveva potuto dimenticarsene? gemette Aurelio,
mentre, sordo ai rimbrotti di Lentulo, si dava alla fuga in direzione dei Rostri.
Davanti a quella ingloriosa ritirata, il supplente del princeps Senatus non manc di
manifestare il suo disappunto in maniera vivace e scomposta: lo si vide diventare
giallo come una foglia autunnale il fegato gli aveva sempre dato delle noie per poi
colorarsi di blu, a mano a mano che i deboli polmoni si gonfiavano nello sforzo di
immettere un'enorme quantit d'aria.
Infine, l'urlo esplose.
Tramandano che, all'indomani del saccheggio di Troia, rabbiose e strazianti furono le
grida di Aiace Telamonio, privato lui, il pi valoroso degli Achei delle armi di
Achille in favore dello scaltro Odisseo, a cui si doveva il tranello del cavallo che
aveva fatto cadere l'inespugnabile rocca. Con la stessa collerica possanza l'ululato del
furibondo Lentulo echeggi per tutto il Foro, richiamando fuori dalla Curia un folto
gruppo di padri coscritti.
- Su, su, prendi fiato! - cerc di calmarlo Tito Torquato Tricipitino il Balearico,
battendogli la mano sulla spalla.
- Come possiamo permettere che sieda tra noi un empio nullafacente pronto a irridere
le nostre sacre tradizioni? La sua presenza in Senato un'istigazione a delinquere per
i giovani, gi intaccati dal vizio e dal malcostume di quest'epoca corrotta. Sappiamo
tutti come Stazio ami circondarsi di subdoli greci, stranieri traviati e donne di
malaffare, per tacere delle voci che lo vogliono addirittura in rapporti scandalosi con
alcune matrone ammogliate!
- increscioso, Lentulo, molto increscioso - tagli corto Tricipitino, alle cui orecchie
erano giunte parecchie maldicenze sull'eccessiva devozione della moglie del collega
alla Dea Bona. - Adesso per vieni dentro, devi aprire la seduta.
- Dovresti preoccuparti anche tu di estirpare i cattivi esempi, ora che i Numi ti hanno
concesso un erede del pi puro sangue romano! - lo redargu l'altro.
Il Balearico sussult: che c'entravano lui e suo figlio coi rancori personali di quella
vecchia cornacchia?
- Ma lo tengo in pugno, quello scellerato. Se non riuscir a fornirmi una ragione pi
che persuasiva delle sue assenze, stavolta nemmeno l'amicizia con Claudio Cesare gli
salver le chiappe! E sar soltanto il primo giunto il momento di fare pulizia
all'interno della Curia. Ho ordinato un'inchiesta sui costumi privati dei padri coscritti,
per accertarmi che nessuno di loro o dei loro familiari venga meno alla dignitas
senatoriale!
Chi credeva di essere il vecchio, Catone il Censore redivivo? si accigli il Balearico,
gi pentito di averlo votato come vicario del decano. Il suo partito, infatti, l'aveva
eletto per giocare un tiro maligno all'opposizione, convinto che restasse in carica
soltanto pochi giorni; una volta provata l'ebbrezza del seggio pi alto, per, l'austero
togato non aveva manifestato pi alcuna fretta di dimettersi e questo era un bel guaio,
perch di tutto aveva bisogno la Curia salvo di un bigotto ansioso di restaurare le
prische virt. Ma Lentulo pareva ormai fuori controllo: non pago della verifica delle
assenze, adesso aveva concepito persino l'insana idea di rimestare nella vita privata
dei senatori. Non che ci fosse niente da nascondere, intendiamoci, ma era risaputo
che, a forza di mettere il naso negli affari altrui, qualche magagna si riusciva sempre
a trovare
- Hai tutte le ragioni, Lentulo, per se adesso non rientri, il nostro beneamato Cesare
rester privo del regalo di compleanno - minimizz quindi il Balearico, mentre,
celando l'ansia sotto una gelida flemma, sospingeva il vecchio verso i gradini della
Curia.
Quando il senatore varc di nuovo la soglia della sua domus era tutt'altro che di buon
umore: era passato all'Aventino, solo per apprendere dal vecchio portiere che la kyria
Urania non poteva riceverlo, in quanto oppressa dalla solita emicrania.
- Dov' Castore? - chiese non appena messo piede nell'atrio, ma tutto ci che riusc a
ricavare dall'intendente Paride fu una scrollata di spalle, assieme a un vago gesto di
disappunto che indicava i cubicoli servili.
L'assoluta lealt verso il padrone non impediva infatti al pio procurator di rilevarne le
lacune, che a suo giudizio erano molte e gravi: un eccessivo interesse per le donne
altrui, prima di tutto, poi lo scarsissimo rispetto per le convenzioni, l'aperta
irreligiosit, la predilezione per compagnie inadeguate al suo rango e soprattutto la
deleteria indulgenza con cui trattava il segretario. Andando avanti di quel passo,
l'antica domus degli Aurelii si sarebbe trasformata in ricettacolo per i degenerati di
tutta Roma, si diceva Paride: gi erano criticabili le frequentazioni del dominus - dal
discendente di una stirpe tanto nobile ci si sarebbe aspettati un po' pi di decoro ma
che fosse concessa licenza di sregolatezza anche a un subdolo imbroglione greco di
condizione servile, era pi di quanto una persona dabbene potesse sopportare. E, a
colmare il vaso gi pieno, quel giorno era arrivata anche una mezza selvaggia di
campagna, che non riusciva a toccare niente senza provocare qualche danno: in
mezz'ora di permanenza in cucina, aveva gi rotto due olle di vetro e uno degli orci
speciali in cui Ortensio aveva appena messo a macerare il suo celebre garum all'aceto
speziato
- Domine, stamane i clientes erano piuttosto risentiti, perch, come al solito, dormivi
della grossa quando sono venuti a renderti omaggio - attacc l'intendente, scegliendo
di iniziare dalla pi classica delle sue lagnanze.
- Non hai detto loro che mi trovavo in Senato, alle prese con importantissimi affari
politici?
- S, ma erano appena passati dalla Curia, domine, e pare che ti cercassero anche l.
Ho raccolto io le suppliche al tuo posto, dovresti almeno esaminarle.
- Pi tardi, Paride, adesso vado di fretta! - lo liquid Aurelio e, sordo ai mugugni
dell'intendente, infil il corridoio di servizio, diretto alla tana di Castore.
- A rapporto! - tuon, sollevando dal cubile il segretario, che giaceva senza un
pensiero al mondo sulle morbide rotondit di tre ancelle particolarmente graziose.
- Gaia, Fillide, Iberina, non avete argenti da pulire o tuniche da passare al torchio?
Presentatevi immediatamente dal procurator, che vi trover qualcosa di meglio da
fare che sollazzarvi con questo scansafatiche! - le rimprover severo il senatore,
ripromettendosi per l'ennesima volta di dare ascolto alle reprimende di Paride sulla
drammatica indisciplina della servit.
Anche Castore, per, avrebbe avuto molto da dire sull'irruenza con cui il dominus era
entrato nel suo alloggio. In un mondo retto da Temi, dea della giustizia ovvero un
mondo equo e felice in cui lui fosse nato padrone e Aurelio schiavo una simile
mancanza di rispetto sarebbe stata punita a colpi di staffile. Ma poich Temi non
aveva alcun potere sulle vicende dei mortali e, a dire il vero, poca anche su quelle
dei Numi gli toccava inghiottire il rospo soffocando in gola i tanti meritatissimi
epiteti che gli sgorgavano spontanei alle labbra per qualificare l'illustre genitrice del
suo signore e padrone, ognuno dei quali rivelava uno studio profondo delle intime
miserie del talamo coniugale.
- Hai trovato tracce del panno a righe? - chiese Aurelio senza preamboli.
- Come sospettavo un manufatto di fabbricazione iberica, reperibile sulle bancarelle
di tutta Roma.
- Non sar facile scoprire chi lo ha venduto - fece contrariato il patrizio.
- Quasi impossibile - deplor Castore, predisponendo la trappola.
- Un'anfora del mio migliore Ulbano se ci riesci! - abbocc il senatore.
- Allora stappala subito, domine. Ho ragione di credere che la stoffa sia stata
acquistata nel Vicus Laci Fundani ai margini della Suburra - rivel il liberto.
- Che cosa te lo fa pensare? - domand Aurelio curioso.
- Ho le mie fonti, padrone - si scherm l'altro con aria misteriosa: non c'era motivo di
svelare come avesse semplicemente letto il nome dell'importatore sull'orlo dello
scampolo, usando una delle gemme atte a ingrandire che il padrone custodiva in una
teca violabile con una semplice clavis adultera.
- Intendo far visita di persona a quel bottegaio - stabil Aurelio, mentre si chiedeva
chi altri, se non uno schiavo, avrebbe potuto indossare un tessuto cos dozzinale. - E
che mi dici delle balie?
- Pare che il fratellastro di Bulbillo non avesse alcuna nutrice. Quella del piccolo
Postumo, invece, dopo la disgrazia stata messa in vendita.
- Beh, che aspetti? Corri a comprarla!
- Gi fatto, domine: l'ho pagata tremilacinquecento sesterzi, certo che tu avresti
coperto la spesa.
Aurelio rinunci a contestare il conto, sebbene sapesse che una femmina giovane e
sana costava in media duemila sesterzi, mentre a raggiungere quotazioni maggiori
erano soltanto donne dall'eccezionale perfezione, quali la massaggiatrice Nefer, che
lui stesso aveva pagato la bellezza di duecento pezzi d'oro al mercato di Alessandria,
senza mai rimpiangere la spesa.
- Ottimo, la interrogher immediatamente!
- Se tu potessi prima regolare la nostra piccola pendenza, domine ho anticipato la
somma di tasca mia. Come ti ho detto, fanno trentacinque aurei.
- Meno i quattrocentosessantotto sesterzi delle mensole, Castore, meno i trecento che
hai ricavato dalla vendita della tunica macchiata di vino. Ora, se alla somma
risultante togli anche il prestito che mi devi dalle scorse nundinae, il totale ammonta
a venti aurei in tutto! - esclam il senatore.
Quel taccagno dell'intendente deve avere infettato il padrone con la pessima
abitudine plebea di contare i soldi, pens il greco, che, avendo pagato la nutrice
seicento sesterzi, si trovava ora con un guadagno netto di soli millequattrocento.
Bisognava dunque ingegnarsi al pi presto per mettere a punto una maniera
alternativa di far cassa, riflett Castore, producendosi in un inchino particolarmente
profondo e cerimonioso.
Essendo ormai quasi estinto, il laserpicium si vendeva a once come i metalli preziosi
e costava altrettanto caro: L'archimagirus Ortensio usava tritarlo finemente prima di
introdurlo nello speciale orcio dove veniva messo in salamoia assieme a tutti i cento e
pi ingredienti del garum all'aceto speziato, delizia di tutti i buongustai ammessi alla
mensa di Aurelio.
Per questo, entrando in cucina, il senatore si stup di sentirvi aleggiare l'odore del
celebre condimento, penetrante al punto da indurre a credere che fosse stato usato per
pulire il mosaico pavimentale.
La giaretta, infatti, giaceva in mille pezzi nel piano di cottura, su cui non si vedevano
tegami di sorta. Nessun vassoio colmo di delizie, nessuno odorino appetitoso,
nessuna casseruola sfrigolante. Le griglie per rosolare le carni erano desolatamente
vuote e cos i fornelli attorno ai quali Ortensio di solito si agitava, zompando da un
manico all'altro come un cane fedele che festeggia con una sequela di salti acrobatici
il padrone di ritorno da un lungo viaggio.
Quel giorno, invece, l'archimagirus stazionava immobile accanto al forno freddo, con
l'espressione grata ed estatica che avrebbe inalberato un mortale a cui fosse stato
concesso di assistere alle meraviglie dell'Olimpo.
Davanti a lui stava la balia. Una balia molto, molto baliosa, con le poppe gagliarde
che erompevano dalla costrizione della fascia mammillare simili ai monti di fuoco
delle isole in cui Eolo teneva dimora assieme alla sua corte di venti. Su queste
generose protuberanze era appunto puntato lo sguardo un po' vitreo del cuoco, del
tutto dimentico della cena da preparare.
Nemmeno quando Aurelio schiocc le dita per mettere fine all'incantesimo, Ortensio
si riprese del tutto. Le guance tinte di purpureo imbarazzo, prese a spazzar via dal
tavolo delle briciole inesistenti, mormorando una ridda di giustificazioni speciose.
Lasciandolo al suo stato confusionale, il patrizio fece cenno alla nutrice di seguirlo.
Non appena entrata nella biblioteca, Pirippe si sent raggelare dalla paura: quel posto
era molto peggio di tutti i cubicoli e le cucine messe assieme, tanto c'era roba
dall'apparenza fragile, pronta a sbriciolarsi al minimo tocco.
- Siedi! - le ordin Aurelio, additandole un delicato sgabello rodio, ma il sinistro
scricchiolio del raffnatissimo mobile gli fece subito cambiare idea. - No, meglio qui!
- si corresse, cedendo alla schiava la sua cathedra di vimini.
Pirippe trasecol. Da qualche giorno a quella parte le era stato dato di vivere pi
avventure di quante ne avessero soltanto lontanamente immaginate i suoi vecchi
compagni di servit rurale, il cui raggio d'azione si limitava all'aia, agli ergastula e ai
campi. Era stata tradotta in citt a dorso di mulo, percorrendo una strada
incredibilmente gremita la chiamavano Appia dove per miglia e miglia si
susseguivano sepolcri tanto vasti da poter fornire riparo a intere famiglie. Aveva visto
torri che sfioravano il cielo, portici senza fine, edifici immensi. Aveva contemplato a
bocca aperta la ricca dimora dei Gavilii Barbati, chiedendosi perch mai tre sole
persone avessero bisogno di tante stanze. Si era bagnata alle terme assieme a un
mucchio di altre donne che non avevano altro da fare se non lavarsi di continuo.
Aveva sofferto per il bambino morto e le era venuto da piangere, ma si era resa subito
conto che le usanze della capitale dovevano essere diverse, perch tutti gli altri,
eccetto Elettra, avevano gli occhi asciutti. Era stata trascinata al mercato degli schiavi
ed esposta nuda sul palco, mentre il battitore d'asta le esaminava la bocca come si
faceva con i cavalli, per accertare che non avesse denti guasti. Infine, quel
pomeriggio, aveva messo piede nella cucina pi grande del mondo, rompendovi un
vasetto che per fortuna non doveva essere poi tanto prezioso, perch emanava un
orribile fetore di pesce marcio.
Forte di questa larga esperienza di vita, Pirippe aveva ormai imparato a distinguere le
cose concesse da quelle che non si potevano assolutamente fare: sedere al posto di un
signore rientrava indubbiamente tra quest'ultime, per cui arretr di un passo,
provocando la pericolosa oscillazione di una fragile statuetta di Venere.
- Seduta! - ripet imperioso Aurelio e, con un eccesso di prudenza, spost la cathedra
lontano dal tavolo su cui troneggiava un antico unguentario sottratto dai predatori di
tombe egizie al sepolcro di un funzionario faraonico. - Dunque, tu cibavi il
bambino
- Non ero in casa quando morto, lo giuro! - cominci a tremare la balia.
- In questo caso dispiaceresti ai Numi, perch nessuno conosce esattamente il
momento in cui accaduta la disgrazia. Sempre che di disgrazia si sia trattato
Soltanto udendo quelle parole, Pirippe che tutto sommato era meno tonta di quanto
voleva far credere si rese conto della portata del pericolo: finora era stato tutto uno
scherzo, persino le mani dell'aguzzino che la brancicavano lubriche mentre veniva
spinta sul palco
- O Giove Ottimo e Massimo, o Diana dall'arco d'argento, o Fauno patrono delle
selve, o Priapo dal grande fallo, o Apollo radioso, o Saturno dalla grande falce, o
Flora dispensatrice di vita - cominci, intervallando alle preci lunghi piagnistei.
Aurelio, che da buon seguace di Epicuro agli Dei non credeva affatto, perse la
pazienza: - Lascia i Numi alle loro gozzoviglie sull'Olimpo e rispondimi! Chi aveva
l'incarico di accudire il piccolo Postumo, mentre tutta la famiglia si trovava al
banchetto?
- La liberta Elettra. La giovane kyria era andata a controllare il bimbo prima di uscire,
raccomandandole di non svegliarlo. Non avevo mai visto tanta gente prendersi cura di
un lattante, non facciamo cos in campagna, i bambini valgono poco, tanti ne nascono
e pochi ne crescono
- Che accaduto dopo?
- Quando sono rientrata dal bagno ho trovato Elettra appisolata su una sedia del
corridoio, ma doveva essere un sonno leggero, perch sentendo i miei passi ha subito
aperto gli occhi. Allora sono andata in cucina, intenzionata a mangiarmi un po' di
pane e zuppa assieme alle altre schiave, dato che quella sera non ci sarebbero stati gli
avanzi dei padroni: volevo mettermi a letto presto, durante la notte mi avrebbero
certamente chiamato ad allattare. Ero ancora l, quando ho sentito l'orologio fischiare
col grido del merlo, e subito dopo Elettra che urlava a perdifiato - mormor Pirippe,
recuperando un filo di voce.
Immediatamente dopo, per, ricadde in preda al terrore: - Adesso che cosa sar di
me? Risparmiami, domine, e io setaccer la tua farina, spenner le tue oche, tirer il
collo ai tuoi polli, scuoier i tuoi conigli, pettiner le tue pelli! - implor Pirippe,
buttando sul piatto tutte le sue competenze. - Non ho chiesto io di essere portata a
Roma, capitato solo che avessi del latte inutile
Aurelio si morse le labbra: completamente immerso nella sua logica di maschio, di
uomo libero, di cittadino romano in definitiva di padrone nemmeno per un istante
aveva pensato che per esercitare il mestiere di balia bisognava prima aver partorito.
- Che ne di tuo figlio? - chiese in tono sommesso. Spesso le nutrici erano costrette a
trascurare i frutti del proprio ventre, per cibare quelli altrui.
- nato morto. - La schiava abbass gli occhi. - L'ho sepolto con una collanina di
semi di mela attorno al collo, per difenderlo dagli spiriti maligni. Ho fatto bene, vero?
Aurelio annu: che sarebbe servito mettersi a discutere con una villica superstiziosa?
- Vai pure, ma non farti scrupolo di avvertirmi immediatamente, se dovessi
rammentare qualcosa di utile. E, Pirippe - aggiunse mentre la serva arretrava
goffamente, incespicando nel tappeto.
- S? - chiese lei tremando. Non poteva andarle tanto liscia, si diceva. Il padrone
l'avrebbe fatta frustare, o rimandare al mercato, o nella casa dei Gavilii, dove certo
meditavano di crocifiggerla
- Hai notato quanto carino il mio cuoco? - la conged invece Aurelio con un sorriso
malizioso.
V
Quinto giorno
Il giorno dopo Aurelio partiva alla ricerca del negoziante di stoffe che aveva venduto
lo scampolo del suo misterioso aggressore.
Il Vicus Laci Fundan, lungo e oscuro, era stretto tra le gigantesche insulae che si
innalzavano in precario equilibrio su entrambi i lati della strada. La legge che per
ragioni di sicurezza proibiva ai nuovi fabbricati di superare una certa altezza, era
ormai lettera morta: nell'Urbe eterna, capitale di un immenso impero, ogni palmo di
terra edificabile valeva una follia e bisognava sfruttarlo appieno. Cos, ai piani
superiori delle insulae si aggiungevano sempre nuove strutture, e terrazze verandate,
e balconi, e sporti, e passerelle di legno, e minuscoli locali aerei: una trave come
appoggio, un po' di cemento e via. Certo, ogni tanto qualcosa crollava, ma i
costruttori ci avevano gi guadagnato abbastanza da pagare agevolmente la multa
La patria dei padroni del mondo assomigliava a un formicaio, o meglio, a uno di
quegli altissimi nidi di termiti che aveva visto in giovent, viaggiando fino ai confini
meridionali del mondo conosciuto, l dove non c'erano pi genti civili ma solo tane di
leoni, pens Aurelio alzando lo sguardo verso le torri che incombevano sul vicolo
angusto.
L'Urbe era fatta cos, miserabile e magnifica, splendida e disordinata, favolosa e
caotica, singolare e diversissima dalle tante citt dal rigore geometrico fondate a sua
immagine e somiglianza nelle contrade pi lontane dell'Impero. Roma era unica e lui
la amava senza remora alcuna, con la passione riservata a una donna di cui
impossibile scoprire tutti i segreti, una donna troppo esaltante, troppo indecifrabile e
troppo magica perch davanti a lei il desiderio potesse cedere il posto alla noia.
Roma era la sua amante, pens il senatore. E poich non sarebbe stato divertente
recarsi da un'amante con la scorta, per passeggiare a piedi nelle vie dell'Urbe il
patrizio aveva lasciato a casa il segretario, lo schiavo annunciatore, gli otto lettighieri
nubiani, il corteo di servi e anche Sansone, il colossale nabateo che dopo un infelice
esordio come massaggiatore era stato promosso a guardia del corpo.
Rivestito di una semplice tunica scura, Aurelio percorreva dunque il marciapiede
della viuzza intasata di bancarelle, venditori ambulanti e thermopolia che fornivano
un pasto caldo per pochi sesterzi, offrendo per di pi lo svago degli accattoni e dei
giocolieri che vi transitavano attorno.
Infine, intravide in mezzo alle altre botteghe il negozio indicatogli da Castore e vi
entr con passo deciso.
- Abbiamo il miglior assortimento di stoffe dell'intera capitale, tutta roba tessuta nella
penisola italica, niente a che vedere con gli stracci che si importano adesso dalle
province occidentali! - gli assicurava poco dopo il mercante, nascondendo allo
sguardo occhiuto di Aurelio il codicillo del rotolo di lana, su cui spiccava a chiare
lettere il nome Lusitania.
- Invece, proprio la roba di importazione che mi interessa.
- Ma come, un gran signore come te! - scosse la testa in tono di rimprovero il
mercante, che, lungi dal farsi ingannare dalla tunica dimessa del senatore, aveva
respirato a pieni polmoni l'inebriante profumo di sesterzi emanato dalle unghie
curatissime, dal taglio perfetto dei capelli e dalle guance impeccabilmente rasate.
- A dire il vero, mi interessa il cliente che ha comprato questo scampolo - precis
Aurelio mettendo sotto il naso il brandello strappato durante la colluttazione.
Gli ingranaggi della mente del bottegaio si misero subito in moto: quanto poteva
ricavare di mancia da quel bellimbusto, e quanto invece sarebbe riuscito ad estorcere
al suo cliente, minacciandolo di spifferarne il nome? Di sicuro il damerino avrebbe
pagato di pi la gente nata col cucchiaio d'argento in bocca conosceva solo per
sentito dire il valore del denaro e lo dispensava con giuliva incoscienza ma sul
piatto della bilancia c'erano da mettere anche i bicipiti nerboruti di Strutto, nonch la
sua tendenza a incollerirsi al minimo disappunto
Messo di fronte allo spinoso dilemma, il negoziante opt per l'incolumit fisica,
dichiarando categorico: - Mai visto! - Tuttavia non pot impedire che un luccichio
avido gli brillasse negli occhi davanti ai tre denari con cui il patrizio si baloccava
ostentatamente.
Era palese come due brame di pari intensit stessero cozzando tra loro nella sua
esigua coscienza: da una parte il legittimo desiderio di intascare una bella sommetta
in cambio di una semplice informazione definirla spiata sarebbe stato senza dubbio
eccessivo e dall'altra la paura di trovarsi di fronte alla possente muscolatura di
Strutto, che non avrebbe affatto gradito l'iniziativa.
- Sono spiacente di non poterti essere utile - ripet in tono untuoso, sposando a
malincuore la condotta pi prudente. - Lascia per che ti mostri questa pezza di lino
finissimo
Aurelio scost l'involto di pessimo tessuto che il negoziante si apprestava a srotolare
sul banco e si accomiat con un cenno del capo, sicuro che stesse mentendo.
Uscito dalla bottega, il senatore finse di tornare sui suoi passi, ma, giunto in
prossimit del Foro di Augusto, scese rapido la gradinata che conduceva all'ingresso
settentrionale del tempio di Marte Ultore, eclissandosi dietro una delle statue di
bronzo dorato che ornavano gli intercolumini del portico. Pessima posizione per
osservare, comprese subito: il Foro, costruito nemmeno cinquant'anni prima, giaceva
a un livello sensibilmente inferiore rispetto alla Suburra, rendendogli ardua la
sorveglianza del negozio. Per tenerlo d'occhio, avrebbe dovuto addossarsi alla nicchia
e alzarsi in punta di piedi
- Ehi tu, che fai l dietro? - tuon alle sue spalle una voce autorevole, mentre una
salda presa gli stritolava la collottola. - Seguimi in guardina: ora di finirla con gli
sporcaccioni che si liberano la vescica sui monumenti pubblici!
- Mummio Vero! - esclam Aurelio, riconoscendo il comandante della caserma dei
vigiles notturni di Trastevere che tante volte gli aveva dato una mano nelle sue
inchieste.
- Sei tu, senatore? Mi dispiace, ma sai bene che non guardo in faccia a nessuno:
multerei lo stesso Claudio Cesare, se lo pescassi a orinare nel Foro!
Aurelio sospir. Non sarebbe stato facile far cambiare idea al probo pompiere, inviso
a superiori e colleghi per la tetragona onest, nonch per l'eccessivo zelo. I vigiles
fungevano da polizia notturna, quindi il pattugliamento delle strade durante le ore del
giorno non faceva parte dei loro compiti; tuttavia, malgrado il sole fosse gi alto in
cielo, Mummio si riteneva ancora in servizio. Nessuno sapeva quando l'agente
riposasse, occupato com'era a spegnere gli incendi di notte e a percorrere di giorno la
citt per prevenirne i focolai. Se poi nel corso dei suoi sopralluoghi gli capitava di
notare la minima infrazione alla legge, non esitava a intervenire immediatamente. In
quelle circostanze, guai allo sprovveduto che avesse cercato di risolvere il problema
con una mancia
- Andiamo, Mummio: ti sembro tipo da scambiare la statua di un console per una
latrina pubblica? Mi sono rintanato qua dietro per sorvegliare un sospetto!
Gli occhi del vigile si illuminarono. Mummio aveva una sola debolezza, la passione
per le investigazioni, a cui raramente poteva dar sfogo nella sua veste di semplice
pompiere.
- Abbiamo a che fare con un ladro oppure con un assassino? - domand. - Se hai
bisogno di un valido braccio, ecco qui la mia ascia d'ordinanza!
- soltanto un tizio che mi nasconde qualcosa - spieg Aurelio, additandogli la
bottega.
- Un mercante, eh? Di solito quelli tengono tutto accatastato sul retro,
infischiandosene delle norme di sicurezza che ne dici di una piccola ispezione? -
propose il vigile strizzandogli l'occhio.
Il commerciante di tessuti aveva paura di parlare, ragion il patrizio prima di
acconsentire, ma per quanto tremendo fosse il pericolo che incombeva su di lui,
poche sciagure al mondo erano paragonabili a una meticolosa perquisizione operata
dal vigile Mummio al massimo della sua forma.
- Dammi mano libera e vedrai come lo faccio cantare! - si offr quest'ultimo, e poco
dopo i due si avviavano con passo baldanzoso verso il deposito di stoffe.
Domus dei Gavilii Barbati sulla Velia
Nello stesso istante Castore, appostato davanti alla casa dei Gavilii Barbati sulla
Velia, scrutava la ragazza appena uscita dall'ingresso di servizio.
Difficilmente la liberta Elettra, che era stata la custode del piccolo Postumo, sarebbe
stata scelta per rappresentare Venere Afrodite in un corteo commemorativo. Non che
fosse proprio brutta, ma gli occhi un po' infossati, cos neri da non lasciare
intravedere il confine tra l'iride e la pupilla, ne indurivano l'aspetto, dipingendole in
viso un'espressione scostante aggravata da una stretta corona di riccioli che, per
quanto autentici, sembravano posticci aggiunti all'ultimo momento su una parrucca di
seconda mano. Se a ci si sommava la statura limitata e una complessione tendente al
robusto, non c'era da meravigliarsi che Elettra fosse stata scelta fin da adolescente a
ricoprire il ruolo di mastino da guardia della nobile e smilza padroncina Dalmatica.
Come dunque irretire una musona che a tutto pareva predisposta salvo a una
conversazione gaia e socievole? si chiese Castore, valutando quale, tra i vari
personaggi in cui era solito camuffarsi, sarebbe stato il pi efficace per abbatterne la
diffidenza. Niente principe ellenico, scart subito: con un forestiero Elettra si sarebbe
mostrata certo molto guardinga. Nemmeno il sacerdote egizio si prestava all'uopo,
riflette, vedendo che la donna tirava dritto davanti alle edicole sacre senza esternare
alcun fervore religioso; per la stessa ragione si dovevano espungere anche il druido, il
rabbino, il mago caldeo e l'astrologo babilonese, tutti ruoli che Castore sapeva
interpretare con grande maestria. Per aver ragione di sospetti e cautele, medit,
stavolta occorreva prospettarsi in modo veramente affidabile, incarnando una figura
evocatrice dell'autorit costituita. Si sarebbe travestito da vigile, decise quindi,
mentre cominciava a seguire d'appresso la sua preda verso i meandri della Suburra.
Anche nella dimora di Statilia Vespilla ferveva quella mattina una grande attivit.
- Esci, mia cara? - indag lo zio con pretesa noncuranza.
- Accompagno in basilica Cilo, per dargli le ultime istruzioni - rispose Statilia. -
Abbiamo un caso di stupro che pare piuttosto chiaro, poi il divorzio di una moglie
cum manu: dopo averle mangiato l'intera dote, il marito intende ora ripudiarla per
ricominciare da capo con un'altra! - cum manu, con la mano: era la forma di
matrimonio pi arcaica e tradizionale, in cui il pater familias cedeva allo sposo tutti i
suoi diritti di tutore della figlia, compreso quello di amministrare o dilapidare a
piacere le sue rendite.
- Non so proprio perch il divo Augusto ci tenesse tanto a restaurare questo antico
costume - osserv il vecchio.
- Mostrandosi ligio al mos maiorum, il primo imperatore contava probabilmente di far
dimenticare come avesse conquistato il potere attraverso l'esautorazione del Senato -
discett Statilia.
- A proposito di Senato intendi rivedere quell'affascinante giovanotto che stato
qui ieri?
Statilia scoppi a ridere. - Giovanotto? Ma se ormai ha passato la quarantina!
- Quando si arriva alla mia et, sembrano tutti nel fiore degli anni - sorrise arguto
Vespillo. - Mi piace come si presenta quel Publio Aurelio ha un bel personale, e poi
porta i capelli corti, non certi cernecchi arricciati col calamistrum che sembrano
viticchi d'uva, come il tuo Riccioli d'oro
- Cilo non va dall'ornatore, zio, ha semplicemente i capelli naturalmente mossi. Non
ti simpatico, vero?
- Mi chiedo come tu possa fidarti di un bamboccio con l'aria tanto subdola - sbuff il
vecchio.
- Non sar il massimo, per l'unico disposto a discutere le cause al posto mio! -
ribatt Statilia in tono aspro.
- Oh cara, lo so quanto ti amareggia non essere in grado di esercitare - fece Vespillo
comprensivo. - Tuttavia non vedo perch la passione per l'avvocatura debba escludere
interessi di altro genere: quello Stazio, per esempio
- Smettila di fare il paraninfo, zio, non desidero affatto sposarmi! - mise in chiaro
Statilia, che ben sapeva quanto il vecchio Vespillo ci tenesse a vederla sistemata
prima di imbarcarsi per la palude Stigia.
- Andiamo, cara, oggi non pi necessario condannarsi a una vita di solitudine: le
matrone moderne hanno tutta la libert che vogliono! E il tuo nuovo amico sembra
davvero interessato al processo per infanticidio che istitu tuo padre perch non
arruoli lui nella difesa della tua cliente? Con la sua altissima posizione sociale,
avrebbe certo pi autorit di un Cilo qualunque - sugger Vespillo, non senza uno
scopo recondito: da cosa nasce cosa, tramava in cuor suo, e magari, lavorando
assieme, quei due avrebbero finito per apprezzarsi
- Figurati, zio. Ce lo vedi un patrizio romano, per di pi senatore di dignit consolare,
mentre difende una plebea analfabeta prendendo ordini da una donna?
- Prova almeno a chiederglielo!
- Li conosco, quelli come lui, sono tutti orgogliosi e arroganti! Un uomo della tempra
di Publio Aurelio non accetterebbe mai di attenersi alle mie disposizioni, vorrebbe
fare a modo suo. Invece quella causa mia, sono io l'unica che pu discuterla!
- A costo di vedere condannata un'innocente?
- Riuscir a scagionarla, credimi.
- Statilia - mormor il vecchio con voce dolce. - Sei una donna in gamba, in
gambissima. Soltanto gli insicuri riluttano a domandare aiuto: per chi, come te, sa di
valere qualcosa, non umiliante rivolgersi agli altri, quando ce n' bisogno.
Lei strinse le labbra, nel suo tipico atteggiamento di sfida.
- Ci penser, zio. Non una decisione che possa prendere a cuor leggero.
Brava, pensaci su e chiss che non ti venga qualche altra buona ispirazione,
auspic tra s il vecchio con un sorriso scaltro.
Nel Vicus Laci Fundani alla Suburra, intanto, qualcuno stava sudando freddo.
- Il tuo magazzino si trova a pi di sei pertiche dal primo bocchettone dell'acqua e la
strada intasata. Dove pensi che attaccheremmo le pompe, se dovesse scoppiare un
incendio? - fece Mummio in tono grave, mentre il tessutaio si tergeva la fonte con
una delle sue stoffe pi costose. - Ah, vedo che hai soppalcato immagino che tu
possa mostrarmi i relativi permessi. E che cos' quello? Sembra uno scaldavivande a
carbone, del tipo pi infiammabile!
- spento, comandante - gli fece notare l'altro con un filo di voce, chiedendosi
quando sarebbe finita quella indebita e mostruosa persecuzione. Da quando, un'ora
prima, era entrato nel negozio, il vigile aveva gi controllato due volte l'uscita di
sicurezza, sequestrando perfino un catenaccio arrugginito che non veniva usato da
anni. Non pago, aveva preteso di ispezionare uno per uno i rotoli presenti negli
scaffali, che ora giacevano in caotico disordine sul banco di vendita, spargendo
ovunque quel tipico effluvio di muffa che emana dalle stoffe vecchie conservate al
chiuso.
- Ah, singolare questo disegno! - esclamava poco dopo il vigile in tono tutt'altro che
amichevole, srotolando un panno identico a quello strappato da Aurelio al suo
aggressore. - Mi pare di averlo gi visto addosso a un amico di questo quartiere
- Conosci Strutto? - chiese stupito il mercante: tutti sapevano come quel bullo
prepotente preferisse di gran lunga la compagnia di un lebbroso a quella di un
gendarme.
- L'ho multato parecchie volte - spieg Mummio. - A proposito, la tua ammenda
ammonta a cinquantasei sesterzi, che verrai a depositare domattina in caserma.
Il negoziante alz le sopracciglia, certo di aver capito l'antifona: nel Vicus Laci
Fundani gli esercizi che vendevano stoffe erano troppi perch i gestori non avessero
imparato da tempo come evitare una contravvenzione.
- Facciamo la met e pago subito, senza bisogno della ricevuta - propose quindi,
strizzando l'occhio.
- L'ammenda sale a cento sesterzi, per tentativo di corruzione di un pubblico ufficiale
nell'esercizio delle sue funzioni. E bada di farmi trovare le tue mercanzie in perfetto
ordine domani, quando passer a controllare! - sillab gelido l'incorruttibile Mummio
Vero prendendo la porta.
Mummio era appena uscito quando Elettra mise piede nel negozio, alla ricerca di una
lanetta leggera con cui foderare a lutto i cuscini della padrona.
Lo spettacolo che le si present davanti era a dir poco sconfortante: in mezzo ai rulli
che giacevano sul banco, sulle sedie e addirittura per terra, il tessutaio gemeva
sommessamente, mormorando frasi irriguardose sulla propensione di cagne e scrofe a
congiungersi in unioni bestiali coi membri del corpo dei vigiles nocturni per dar vita a
una nuova progenie atta all'arruolamento.
Fu allora che Castore, rimasto saldamente alle costole della liberta, fece il suo
ingresso, splendidamente rivestito di una tunica di cuoio con le insegne dell'ottava
coorte dei vigili della regio VI.
Un travestimento perfetto. Troppo, a dire il vero.
Il negoziante alz gli occhi, squadr il nuovo persecutore e i suoi denti digrignarono,
emettendo un minaccioso ticchettio. Un istante pi tardi si gettava in avanti con furia
belluina.
- Meno male che c'ero io a farti scudo col mio corpo! - esclamava Castore poco dopo,
trascinando via la spaventatissima Elettra.
- Davvero? Eppure mi pareva che ce l'avesse con te - mormor perplessa la liberta.
- Macch! Per fortuna ho visto da fuori che stava per saltarti addosso. Se non mi fossi
interposto tremo a pensare a cosa poteva accadere a una fanciulla inerme e graziosa
come te, nelle grinfie di quel bruto!
A Elettra era capitato poche volte di sentirsi definire graziosa, e comunque mai da un
giovane tanto onesto e dabbene come quel bravo pompiere. I suoi anni migliori, che
ormai volgevano al termine, erano stati spesi a un unico scopo: servire, difendere e
accudire la sua sfortunata padrona, raccogliere le sue confidenze, consolare le sue
tristezze, adoperarsi perch si sentisse protetta ed amata. Non aveva mai avuto tempo
per gli amori, se non per interposta persona: aveva seguito la kyria nella sua nuova
casa, ne aveva condiviso le speranze e raccolto le lacrime. E c'era ancora tanto da fare
per lei, adesso che aveva perso il bambino
- Ti ringrazio di cuore! - disse commossa.
- Ho fatto soltanto il mio dovere - si scherm il greco inalberando il sorriso franco e
modesto che aveva provato pi volte davanti allo specchio, dopo uno studio
approfondito della mimica facciale del probo intendente Paride. - Beh, non voglio
rubarti troppo tempo, immagino che da qualche parte ci sia un uomo fortunato che
non vede l'ora di riabbracciarti. Fosse per me, rimarrei qui a conversare fino a
domattina!
- Non sei di servizio stanotte? - chiese Elettra additando la divisa, sottratta pochi
minuti prima al magazzino della caserma dei pompieri, proprio sotto il naso del
praefectus maximus.
- Ah, certo! - si corresse l'alessandrino, che si era gi scordato del suo ultimo raggiro.
- Intendevo dire tra un incendio e l'altro, naturalmente
- Deve essere spaventoso avere a che fare col fuoco!
- Non sai quanto! Pensa che una volta, sull'Esquilino - inizi Castore di buona lena
e poich il racconto si prospettava lungo e interessante, prese confidenzialmente la
ragazza sottobraccio, avviandosi con lei verso la casa dei Gavilii Barbati come se
fossero stati fratelli di latte.
Davanti alla basilica Giulia, Statilia assal Cilo con tutta la sua veemenza.
- Come sarebbe a dire che gli imputati sono stati assolti dallo stupro? Erano
chiaramente colpevoli, la ragazza stata trovata dai vigiles notturni in una pozza di
sangue!
- Ho fatto del mio meglio, citando tutti i precedenti che mi avevi indicato, ma
inutilmente: la parola della donna che ha subito la violenza non vale mai come quella
degli aggressori che negano tutto - scosse la testa il giovane.
- Maledetta citt, pare di essere tornati ai tempi del ratto delle Sabine! - imprec
Statilia, congedando il suo assistente con un gesto brusco.
Cilo si allontan, con la coda tra le gambe.
Non poteva resistere a lungo in quel modo, pensava. Orfano di padre, qualche anno
prima aveva investito negli studi di retorica il piccolo gruzzolo di famiglia, nella
speranza di diventare l'uomo di fiducia di qualche personaggio di rilievo, magari un
console o un senatore. Nel concepire i suoi vasti progetti, aveva davanti agli occhi un
esempio luminoso: il suo idolo, Marco Tullio Cicerone, non aveva forse iniziato la
sua carriera durante la guerra sociale, servendo i potenti pi con la penna che con la
spada?
Come il grande oratore, anche Cilo era allergico alla vita militare. Come il grande
oratore, veniva dalla provincia con un immenso carico di ambizioni.
Come il grande oratore, era anche piuttosto codardo.
Il paragone, tuttavia, finiva qui, perch fino a quel momento il giovane non era
ancora riuscito a palesare in alcun modo l'ingegno brillante e multiforme del quale
credeva fermamente di essere dotato. Ed eccolo ridotto ora a fare da galoppino a una
smorfiosa, ad eseguire i suoi ordini alla lettera, a leggere in tribunale le arringhe
scritte da lei, a ricevere i suoi rimproveri ma non sarebbe andata cos per sempre,
giur mentre si voltava indietro per rivolgere alla sua datrice di lavoro un ultimo
sguardo, partecipe in ugual misura di disprezzo e di invidia.
Statilia per non era pi sola adesso, not con interesse; stava andando incontro al
tizio che aveva bussato alla porta il giorno prima: un senatore, gli aveva spiegato
Vespillo nel chiaro intento di farlo indispettire, tale Stazio, Publio Aurelio Stazio, per
la precisione. Usata con accortezza, la ripicca del vecchiaccio avrebbe potuto
risolversi a suo vantaggio, medit Cilo, che coltivava l'abitudine di aggirarsi ogni
giorno con aria indaffarata nei pressi della Curia, nell'intento di farsi notare da
qualche pezzo grosso.
Vedendo Statilia e il senatore che si avviavano lungo la Via Sacra in direzione della
tribuna dei Rostri, il giovane fu lesto a ripercorrere a passo veloce il porticato della
basilica Giulia, intenzionato ad appostarsi tra le colonne del tempio di Saturno per
cogliere qualche frammento della loro conversazione.
Giunto sul podio di travertino, tuttavia, si accorse che l'avancorpo dove aveva sede
l'Erario offriva ben poche speranze di occultarsi alla vista, in quanto a occupare
l'unica postazione adatta per spiare inosservati c'era gi una popolana malmessa. A
quel punto era meglio recedere, si disse Cilo, involandosi rapidamente lungo l'attiguo
Clivio Capitolino: sarebbe venuto a sapere in qualche altro modo quello che i due
stavano dicendosi.
- Lascia perdere, era soltanto un'ipotesi - fece marcia indietro la donna, non appena
Aurelio si dichiar pronto ad assumere il patrocinio di Isaura, nel caso si fosse
convinto della sua innocenza.
A rigor di logica, avrebbe dovuto essere grata di tanta disponibilit un senatore era
quanto di meglio poteva mettere in campo per abbattere i preconcetti che,
inevitabilmente, avrebbero pesato contro l'imputata plebea invece sentiva montare
dentro di lei un sordo rancore per i mesi e mesi di duro lavoro di cui si sarebbe
giovato quel libertino di pessima fama, facendo a sue spese la figura del grande
oratore.
A rafforzare i suoi dubbi intervenne in quel momento il nobile Balearico, che
passando poco lontano biascic tra i denti un frettoloso - Ave, Aurelio! - con ostentata
freddezza, stringendosi accanto il figlioletto, quasi per evitargli qualunque impuro
contatto con il discusso collega.
-Ave, Tito Torquato Tricipitino. Gratular tibi: il tuo erede cresce sano e forte! -
rispose il patrizio, ben sapendo come il Balearico avesse perduto tre figli in tenera
et, prima di dar vita a quell'unico, robusto virgulto.
Fu proprio nel guardare il bambino che Aurelio si accorse della popolana che, alle
spalle di Statilia, osservava la scena dalle colonne del tempio di Saturno. Un istante
pi tardi, la donna scattava all'indietro, scomparendo alla vista.
- Non pecchi di eccessiva popolarit presso i tuoi pari, vero? - comment con una
smorfia la giurista, non appena il Balearico, accomiatatosi con una scusa, si fu
involato nella Via Sacra.
- Forse a Roma c' ancora chi pensa che gli epicurei mangino i bambini! - sbott
sarcastico il patrizio.
- Tutto sommato temo che non sia una buona idea quella di affidarti la mia cliente -
scosse la testa Statilia, gi pentita della sua proposta.
Ma aveva fatto i conti senza la cocciutaggine di Aurelio, a cui le cose apparivano
tanto pi desiderabili quanto pi gli venivano negate.
- Non credo che tu abbia scelta, nobile Statilia: o me o Cilo. Ti faccio presente che,
per quanto mi riguarda, ho il vantaggio di interessarmi a un caso che presenta delle
forti analogie con quello della tua assistita.
Di fatto, meditava il senatore, una sentenza di assoluzione nel caso di Isaura gli
avrebbe aperto la strada per riabilitare il povero Bulbillo, guadagnandogli la
riconoscenza imperitura di Urania Primigenia. Ma non era quello l'unico motivo che
lo spingeva a impegnarsi: da buon epicureo, aveva in orrore le superstizioni del
popolino, pronto a vedere eventi soprannaturali dappertutto, sia che un fulmine
colpisse per caso la rocca del Campidoglio, sia che qualcuno spergiurasse di aver
visto la statua di Giunone Sispita piangere lacrime di sangue. Tra tutti gli eventi
sciagurati, la morte in culla di un neonato era tra quello che pi impressionava i
creduloni, pronti ad attribuirne senza fallo la responsabilit a un perfido maleficio, al
sortilegio delle fattucchiere o addirittura alla mano assassina di qualche femmina,
invariabilmente giovane e bella: persino lui era stato l l per cadere in un simile
pregiudizio, congetturando la presenza di un'unica donna dietro ai decessi di tre
diversi bambini
- Ti sbagli di grosso, Aurelio, se pensi di avere a che fare con una vergine romana di
specchiata modestia, da presentare al giudice come la rediviva Clelia pronta a
sottrarsi eroicamente alla prigionia del nemico. Isaura ha convissuto per anni con un
brutto ceffo, tal Strutto, che gli ha dato anche dei figli, tutti nati morti.
Aurelio aguzz le orecchie, Era proprio a un certo Strutto che il tessutaio aveva
venduto la stoffa a righe. Dunque il convivente di Isaura poteva essere lo stesso
energumeno che lo aveva aggredito dietro alla casa dei Gavilii Barbati, riflett,
sempre pi interessato alla causa.
- L'accusa insister nel sostenere che Isaura ha picchiato il bambino fino a farlo
morire, per usarne poi il corpo nei suoi rituali magici.
- Non c' che dire, tutti saranno pronti a condannarla ancor prima della sentenza.
Intendi farla testimoniare?
- Potrebbe essere controproducente: risponde fin troppo bene al profilo della
colpevole. Immagina che valore verr dato alla parola di una femmina discendente di
schiavi dalla condotta non ineccepibile, contro quella di un uomo i cui antenati sono
stati cittadini romani fin dalla guerra italica!
- Convoca allora i migliori medici dell'Urbe, clinici illustri che non attribuiscano
alcun credito all'intervento delle pratiche magiche e basino il loro giudizio soltanto
sugli studi e l'esperienza. Deporranno su tutti i casi a cui si sono trovati davanti,
chiarendo quanto sia frequente la morte improvvisa in creature tanto vulnerabili quali
i neonati - consigli Aurelio. Una difesa solida, impostata sugli argomenti che pi gli
stavano a cuore, pensava: da una parte la ragione e la scienza, dall'altra una serie di
pregiudizi retrivi, usi a germogliare sul fertile terreno dell'ignoranza e della
credulit ma come conciliarla con ci che aveva visto, o pensato di vedere lui
stesso, nel letto funebre del piccolo Postumo?
- Non baster! - afferm la giurista. - Si tratta di una causa improba. Dimentica
dunque una richiesta che ti ho rivolto esclusivamente per sedare lo scrupolo di non
aver tentato tutto il possibile.
- Ebbene? un'impresa ardua, ma proprio per questa ragione sono disposto a farmene
carico: tutto ci che troppo facile mi tedia, donne comprese!
- Oh, noto quanto tu tema la noia, senatore Stazio, e come ti industri a sconfiggerla!
- sibil Statilia con voce avvelenata. - Aurelio il seduttore delle Vestali, Aurelio
l'atleta olimpico, Aurelio il valoroso che strappa alle fiamme tre pargoletti, Aurelio il
negoziatore che ottiene la cittadinanza romana per i Galli Narbonesi, Aurelio il ribelle
che guida una rivolta di schiavi, Aurelio il perspicace che smaschera un efferato
squartatore! Devo andare avanti? - chiese, mostrandosi al corrente di parecchi dettagli
del passato del patrizio. - Che c', sei rimasto a corto di passatempi per interessarti
tanto al mio processo?
- Fammi almeno parlare con Isaura! - insistette lui, ostinato. - Sono sicuro che hai gi
vagliato a fondo tutti gli aspetti legali, ma dubito che tu abbia svolto ricerche
approfondite sul decesso. Se, a dispetto del parere dei medici, l'accusa insister a
parlare di infanticidio, dovrai essere in grado di dimostrare che anche qualcun altro,
oltre alla tua assistita, aveva il modo di commetterlo!
- Isaura vive ora un regime di semilibert presso le custodi del santuario di Diana
Planciana. Le ho parlato, ma in verit aveva ben poco da dirmi: ha ammesso di essere
uscita a comprare il pane, lasciando il bambino incustodito, come d'altronde faceva
tutti i giorni. Quando rientrata, l'ha trovato morto.
- Proveremo a farla interrogare da qualcun altro. Non dubito che le brave custodi del
tempio concederanno volentieri un favore alla loro pi grande benefattrice - afferm
Aurelio con un sorriso astuto: l'antico santuario sorgeva sul Vicus Longus al confine
tra il Viminale e il Quirinale, vicinissimo alla residenza di Pomponia, che aveva
largheggiato in generose offerte per restaurarne il tetto pericolante.
- questo che non mi piace di te, Publio Aurelio: la spregiudicatezza con cui sei
disposto a percorrere vie traverse svicolando dalle norme prestabilite. Invece
l'accettazione delle regole il fondamento del diritto, perch niente sta sopra alla
legge: dura lex, sed lex!
- Ti sbagli, c' qualcosa che vale ancor pi della legge.
- E che cosa, in grazia ai Numi?
- La giustizia, mia esimia giurista - rispose lui senza alcuna enfasi. - Vogliamo fare in
modo che, per una volta tanto, le due cose finiscano per coincidere?
Lei annu, rabbuiata: per la prima volta nella vita, stava per mettersi nelle mani di un
uomo diverso dal suo amatissimo padre
Sesto giorno
Il mattino dopo, Aurelio si dest all'alba, tanto stordito da quell'alzataccia che mal si
confaceva alle sue abitudini di nottambulo, da avere l'impressione di essere stato
svegliato dal canto di un gallo.
- Meno male che sei gi alzato, padrone! - lo blocc Paride non appena mise piede
fuori dalla sua stanza. - Ci sono miriadi di protetti in attesa nel vestibolo, e temo
proprio che stavolta non accetteranno di essere ricevuti da un semplice procurator.
Aurelio imprec tra i denti: con tanti progetti in testa, tutto desiderava salvo
presenziare alla salutatio mattutina dei clientes, cruccio e delizia di ogni patrizio
romano.
L'istituzione della clientela risaliva ai tempi in cui le cariche politiche davano ancora
un potere effettivo, anzich risolversi in meri onori formali attribuiti ai membri della
classe dirigente, chiamati semplicemente a ratificare le decisioni prese
dall'imperatore. I patrizi di rango senatoriale che intendevano percorrere tutta la
trafila del cursus honorum questore, edile, pretore, console, censore cercavano
allora di procurarsi tra i plebei con diritto di voto un buon numero di protetti, a cui
fornivano quotidianamente una sportula colma di cibo e altre vettovaglie, in cambio
dell'appoggio ai comizi e del formale omaggio quotidiano. La cerimonia di consegna
delle sportulae era lunga, minuziosamente codificata e tediosissima. Il patrono,
abbigliato in toga di gala con tanto di laticlavio e calcei curiali, sedeva nell'atrio su
una sella istoriata, mentre la lunga teoria dei clientes sfilava davanti a lui porgendogli
gli auspici di una buona giornata, assieme alle eventuali suppliche o petizioni da
inoltrare al Senato, e accettava poi dalle sue mani la regalia del giorno, che poteva
consistere in cibo, pelli, tessuti o anche denaro contante. Una volta finito il
ricevimento, i protetti accompagnavano il patrono alla Curia o al Foro e non c'
bisogno di dire che quanto maggiormente il corteo era lungo, tanto pi il patrizio in
questione era ritenuto importante.
- Se tu provassi a tenerli a bada per un giorno o due, Paride, magari promettendo loro
una toga nuova - Gi, perch, per il colmo del dileggio, i clientes che si
presentavano alla salutatio erano tenuti ad indossare la veste ufficiale dei cittadini
liberi e a procurargliela, naturalmente, doveva essere lo stesso patrono!
- Stanno scalpitando dall'alba, domine. corsa voce, al Foro, che assumerai la difesa
di una popolana estranea alla tua clientela, e ora i tuoi protetti si chiedono se tu non
faccia di pi per gli sconosciuti che per loro. Non puoi procrastinare ulteriormente, ne
va del tuo buon nome! - lo redargu severamente Paride che, da liberto di origine
greca qual era, teneva all'etichetta romana pi di tutti i padri coscritti messi assieme.
- Beh, in questo caso - cominci a cedere Aurelio, mentre con un gesto deciso
l'intendente faceva avanzare le ancelle incaricate di rivestirlo.
Poco dopo, avviluppato nei panni curiali, si appollaiava di malavoglia sulla sella
d'onore, che tra l'altro era anche molto scomoda.
- e mi pregio inoltre di consegnarti questa richiesta di pensione, da far pervenire
con urgenza al divino Cesare - recitava un'ora dopo il trentesimo protetto, mentre il
patrizio stentava a tenere gli occhi aperti. Aurelio prese il rotolo e lo consegn a
Paride, che, gemendo, provvide a riporlo nell'apposita cassapanca: sarebbe rimasto
laggi per mesi e mesi prima che il padrone, sempre occupato a studiare filosofia, a
correr dietro alle donne o, peggio ancora, a indagare sui morti ammazzati, si
decidesse a dargli un'occhiata.
- e gradisci, o nobile Publio Aurelio, queste mappae che le mie bambine hanno
tessuto appositamente per te! - esclam un cliente mettendogli in mano due orribili
tovaglioli di pezza, in cambio dei quali si aspettava una cospicua donazione.
- Rendo grazie alle tue figlie, che hanno disertato i loro giochi infantili per
sobbarcarsi un cos lungo lavoro: incaricher il mio carpentiere di fiducia di
fabbricare alcune bambole snodabili appositamente per loro - lo deluse
immediatamente il senatore.
- e degnati di accogliere, egregio patrono, questa istanza tesa a limitare la crescente
immoralit delle matrone sposate, che tanto nuoce al buon nome della patria comune!
- afferm un cittadino magro e segaligno, dalle narici straordinariamente cespugliose.
- In fondo al mucchio, Paride - ordin sottovoce il patrizio all'intendente, mentre
allungava di nuovo stancamente la mano.
- e concedi al tuo supplice Burzio di svincolarsi dalla protezione di Tito Torquato
Tricipitino il Balearico per venire ad aggiungersi alla schiera dei tuoi fortunati
clienti - si inchin un ometto mingherlino.
- Non consuetudine cambiare patrono, Burzio: accettando una simile richiesta,
rischierei di offendere il mio augusto collega.
- Oh, ti prego, illustre senatore! Ho tre figli
- Il Balearico ti fornir certo una sportula adeguata.
- Riuscissi a vederla per intero! Fatto sta che tra i protetti del mio attuale patrono c'
un tizio che, con la scusa di tenere in ordine la fila, pretende la percentuale su ogni
regalia. E come pu un poveretto gracile come me tener testa agli uomini di Accio?
- Accio? Appio Accio? - rizz le orecchie il patrizio, riconoscendo il nome
dell'accusatore di Isaura. - Aspettami nel tablino, alla fine dell'udienza ti parler in
privato!
- accetta, magnanimo Publio Aurelio, questa petizione - aveva gi iniziato un
altro cliente, quando, in barba ad ogni regola, Castore irruppe nell'atrio come un
fiume in piena.
- Corri, domine! Tu-sai-chi disposta a riceverti subito!
Dire che Aurelio si alz dal seggio sarebbe limitativo: schizz a molla con la
massima velocit possibile, come il dardo scagliato da un Apollo incollerito contro
l'incauto che a Delfi avesse osato fornicare con la Pizia sul tripode sacro.
- Padrone, padrone, non puoi andartene adesso! - invoc l'intendente, mentre cercava
di seguire il dominus in mezzo alla massa umana che gremiva l'atrio. Un ultimo
accorato appello e il numero dei clientes prevalse, sommergendolo.
Domus dei Gavilii Barbati sulla Velia
Elettra lo introdusse dalla porta di servizio, l'indice sulle labbra a pregarlo di tacere.
Un istante dopo, sempre in perfetto silenzio, socchiudeva la porta di un'ala nascosta
della residenza dei Gavilii Barbati.
La donna che lo stava aspettando aveva le labbra larghe e generose, ma rivolte
all'ingi, in un'espressione che rivelava drammi recenti e malumori antichi. Era molto
giovane, e pi ancora lo sembravano i suoi occhi, piccoli e scuri come semi di pruno.
Occhi di lepre inseguita. Occhi di chi ha paura.
E Dalmatica magra, nervosa, coi fianchi cos stretti che la si sarebbe detta incapace
di portare un bambino paura doveva averla davvero, perch prima di aprire bocca,
si avvicin pi volte alla porta, per accertarsi che nessuno origliasse.
Quando parl, la voce fu appena percettibile: - Facciamo presto, mia cognata Gavilia
pu tornare da un momento all'altro. Mi sorveglia, mi tiene sotto controllo come una
prigioniera, sempre stato cos, da quando ho messo piede in questa casa. Se non
avessi avuto Elettra - Un matrimonio combinato, infelice come tanti, conclusosi col
drammatico suicidio del marito quando la ragazza era appena entrata in gravidanza,
consider il patrizio. E adesso una nuova, devastante disgrazia.
- Il mio contratto di fidanzamento venne firmato quando avevo quattordici anni. Ero
una principessina a quel tempo, una piccola kyria, come ancora mi chiama la mia
liberta: nate da una famiglia di ottima reputazione, io e mia sorella sembravamo
destinate a nozze invidiabili. Il patto matrimoniale consent infatti a mio suocero di
accedere al consolato, ma poco dopo una serie di rovesci finanziari condusse mio
padre alla rovina. Il vecchio Gavilio Barbato, per, aveva dato la sua parola e, da
uomo d'onore quale era, volle mantenerla ugualmente. Mi dissero che era una grande
fortuna, cos sposai suo figlio, bench mi ripugnasse profondamente.
Il senatore si chiese quanto alla giovanissima Dalmatica, divenuta improvvisamente
povera e priva di peso politico, fosse stato fatto pagare quel generoso privilegio.
- Avevo appena finito di giocare con le bambole quando mi trovai circondata da
estranei, gente che mi disprezzava, ritenendomi solo un peso. Senza Elettra, non avrei
resistito - aggiunse la ragazza. - Mia cognata Gavilia, che dirigeva la casa con
pugno di ferro, mise subito in chiaro che il mio ruolo era uno solo, tacere e obbedire.
In quanto a mio marito, mi avvicinava raramente, accusandomi di freddezza nei suoi
confronti: era vero, rabbrividivo ogni volta che mi toccava, cos passarono tre anni
prima che mettessi in cantiere un erede. Non ci parlavamo quasi, d'altronde non c'era
niente da dire; lui si adeguava supinamente agli ordini paterni, senza mai discuterli.
Fu per questo che accett di condurre in veste di tribuno un drappello di legionari a
reprimere una rivolta di confine: per far carriera era indispensabile una vittoria
militare, diceva mio suocero; si cominciava sempre cos, sul campo di battaglia.
Aurelio annu. Durante la Repubblica, i consoli erano anche capi dell'esercito, quindi
gli aspiranti alle cariche pubbliche dovevano distinguersi nelle imprese belliche,
prima di presentarsi candidati: Mario, Silla, Lucullo, Crasso, Pompeo e lo stesso
Giulio Cesare erano stati valorosi soldati. Si era dovuti arrivare all'ultima delle guerre
civili per vedere un comandante supremo seguire le legioni in lettiga, oppresso da
febbri ostinate, perenni raffreddori e continui attacchi di asma. Il ragazzo debole di
salute che sarebbe passato alla storia col nome di Augusto, tuttavia, poteva contare
sui consigli della scaltra sposa Livia Drusilla Claudia e sull'appoggio totale
dell'abilissimo generale Agrippa; cos il puer, il "bambinetto col moccio al naso"
come lo avevano soprannominato i suoi nemici aveva avuto infine ragione del
grande Marcantonio e della mitica Cleopatra, che ora giacevano nella loro tomba di
Alessandria vegliati da inquietanti Dei egizi dalla faccia bestiale, mentre Roma
capeggiava un invincibile impero.
A buona ragione, quindi, il giovane Gavilio era stato spedito al fronte. Ma quella
volta qualcosa era andato storto: il tribuno le aveva prese di santa ragione da un
gruppetto sparuto di barbari nemmeno tanto bellicosi e, per lavare l'infamia, si era
gettato sulla spada poco dopo il suo ritorno a Roma, lasciando Dalmatica vedova a
nemmeno vent'anni.
- Stai pensando al suicidio di mio marito, vero? Tutto fu salvo una decisione
spontanea: quando seppe che aveva voltato le spalle al nemico per fuggire, il padre
gli impose di uccidersi, non senza essersi accertato prima che io fossi gravida: il
figlio non aveva risposto alle sue aspettative, ora avrebbe provato col nipote -
mormor amara la ragazza. - Invece si spento prima di vederlo nascere, senza
sapere che la sua superba famiglia si sarebbe estinta assieme a un povero bambino
segnato da una cattiva stella.
- Postumo era forse malato?
- No, o almeno non credo: pesava poco, questo vero, per nemmeno io sono un
colosso. Inoltre piangeva spesso, ma per Gavilia erano soltanto capricci.
- mai stato visitato da un medico?
- Non si usa - rispose Dalmatica a voce bassissima. Di fatto, le visite dei medici ai
lattanti erano pi uniche che rare, ma qui si trattava di una famiglia ricca con un
unico prezioso erede
- Era Elettra a custodire il piccolo?
- Sotto la supervisione di mia cognata. Quella sera mi aveva ordinato di non far
entrare nessuno nel cubicolo, nemmeno se avessi sentito gridare: il rampollo dei
Gavilii Barbati doveva abituarsi fin dalla nascita a cavarsela da solo. Dormiva
profondamente quando sono andata da lui, prima di recarmi alla festa. Non ne avevo
nessuna voglia, ero ancora debole per il parto, ma i miei cognati volevano che li
accompagnassi e io non avevo modo di sottrarmi - disse Dalmatica in tono risentito.
- A che ora sei uscita?
- L'orologio ad acqua dell'atrio aveva da poco segnato la quinta ora, quella
dell'usignolo. Quando l'ho visto al mio ritorno, immobile nella culla, non riuscivo a
crederci: tanto dolore, tanto strazio e poi, all'improvviso, quel figlio che avevo tanto
penato per mettere al mondo se ne era andato senza nessuna apparente ragione,
portandosi via tutte le mie speranze.
- Sei ancora molto giovane
- Non possiedo pi una dote decente e per di pi ho fama di femmina poco fertile -
scosse la testa la ragazza. - Mia cognata, che tutto desiderava fuorch vedermi
procreare l'erede di un patrimonio che riteneva gi suo, ora ha ottenuto il suo scopo
naturalmente accusa Elettra di aver mancato ai suoi doveri e insiste perch la
allontani, ma io non posso perderla, tutto ci che mi rimane! - disse stringendo le
labbra, mentre i piccoli occhi di lepre le si velavano di lacrime.
Il timore che le sottraessero l'amata liberta angosciava Dalmatica ancor di pi della
morte del figlio, comprese Aurelio: a vent'anni appena compiuti, non era che una
bambina spaventata. E forse aveva tutte le ragioni di esserlo, forse qualcuno aveva
fatto in modo di rimuovere l'unico ostacolo un esserino fragile e minuscolo che si
frapponeva davanti a un cumulo di sfrenate ambizioni.
La scomparsa del piccolo Postumo, infatti, sconvolgeva l'asse ereditario: vivo, il
bimbo sarebbe stato sottoposto alla tutela dello zio Glabrio il parente maschio pi
prossimo lasciando per a Dalmatica il modo di rivendicare un giorno i diritti e
l'autorit di cui godeva come madre del pater familias, ragion Aurelio, decidendo di
non far parola dei suoi sospetti.
Ma c'era qualcun altro a cui avrebbe potuto confidarli, magari non in modo troppo
diretto, ma con qualche sapiente allusione
- Posso interrogare Elettra? - chiese quindi, avendone in cambio un breve cenno di
assenso.
Nella palestra delle terme di Agrippa al Campo Marzio, l'istruttore tuonava a pi non
posso contro gli allievi che stava addestrando.
- Alzate quel giavellotto, pensate forse si tratti di una saggina per spazzare il
pavimento? Come potete trafiggere lo scudo di cuoio, se non siete nemmeno in grado
di sollevare l'asta? Decidetevi a muovere i vostri grassi deretani, manica di bambocci
viziati, o vi faccio sputare sangue, parola di Megellio! - E gi una sequela di
imprecazioni, che gli sgorgavano dalla bocca limpide come le acque della fonte a cui
attingevano le Vestali per preparare la mola salsa.
Soltanto quando Aurelio, di ritorno dal bagno, comparve sulla soglia, la serie di
improperi si interruppe per un attimo.
- Sei qui per controllare i progressi dei tuoi pupilli, senatore Stazio? Sappi allora che
sono tutti dei disastri, goffi, anchilosati, paralitici! Non sanno muoversi, non sanno
correre, non sanno nemmeno stare dritti in piedi e tutto lascia pensare che non
impareranno mai. Di solito gli impediti come questi li scarto subito, non so proprio
che cosa mi spinga a sprecare il mio tempo con loro!
- Probabilmente i duecento denari d'argento che ti ho promesso, Megellio - rispose il
senatore, che si era curato di iscrivere a sue spese in palestra altri quattro adolescenti
poco dotati, per risparmiare a Bulbillo uno schiacciante confronto. - Quindi sei
avvertito: voglio che alla fine del tuo corso siano in grado di lanciare il pilum. Tutti e
cinque, hai capito bene? Non uno di meno! - tagli corto, andando a raggiungere il
nipote di Urania, che riprendeva fiato sulla panchina sbuffando come un mantice.
- Ehil, mi sembra che la dieta cominci a fare effetto! - ment spudoratamente,
gratificando il giovane di una vigorosa pacca sul dorso.
- Davvero? Ho iniziato soltanto ieri - si stup Bulbillo, drizzando inconsciamente le
spalle cadenti. - A tirare per non ce la faccio proprio, mi dispiace per la nonna, che
ci teneva tanto
- Babbi, nonne, matrigne e adesso anche senatori impiccioni. Quando mai ti deciderai
a fare qualcosa per te stesso, giovane Bulbo?
- Tipo? - sollev gli occhi il ragazzo.
- Tipo colpire lo scudo per il solo gusto di farlo! - esclam Aurelio prendendogli di
mano il giavellotto. - Prova a immaginare che ci sia laggi un gigantesco germano
uscito dalla foresta teutonica con l'ascia sguainata. Stai dicendoti che tutto perduto,
quando ricordi di avere ancora in mano il tuo fedele pilum: lo afferri, prendi la mira
e guarda!
L'asta fendette l'aria, vibr in alto, perse la spinta e fin per conficcarsi nel sughero
che foderava la parete di fondo, mancando clamorosamente lo scudo. Megellio, che
sapeva come il senatore fosse in grado di scagliare il giavellotto a una distanza
doppia senza fallire il bersaglio, alz incuriosito il sopracciglio destro, chiedendosi
che cosa stesse astrologando.
- Sei fuori di una decina di pollici, quasi quasi me la cavo meglio io! - esclam
ridendo Bulbillo, mentre si alzava per recuperare l'asta in vista di un secondo
tentativo.
- Fa' provare anche me! - lo raggiunse un adolescente timidissimo, che fino a quel
momento non si era mosso dalla panca.
- Io la mira ce l'ho buona, ma mi servirebbe pi forza nei muscoli. Magari con un po'
di pesi - intervenne un ragazzino con le braccia sottili come stuzzicadenti.
- Hai figli, senatore? - domand Megellio, osservando lo zelo con cui i giovani si
mettevano in fila per tirare.
- No.
- Ah, ecco perch ci sai fare cos bene! - comment l'altro, alzando le spalle. Se fosse
stato per lui, avrebbe messo quei mollaccioni a vangare l'orto, ma il senatore voleva
che si esercitassero nell'atletica e il senatore pagava, quindi il senatore aveva ragione.
- Qual lo scaffale di Bulbillo? - chiese all'improvviso il patrizio.
Megellio esit soltanto un attimo: gli effetti personali dei clienti erano custoditi sotto
la sua responsabilit, ma chi era un povero allenatore per rifiutarsi di rispondere alla
domanda di un padre coscritto?
- Vieni, te lo mostro! - disse, e poco dopo rientrava in palestra, lasciando Aurelio solo
nello spogliatoio.
Gli effetti personali del ragazzino non rivelavano molto, pens il patrizio riponendoli
di nuovo nell'apposita scansia dopo averli perquisiti a lungo: una tunica praetexta con
la stessa banda rossa che spettava ai senatori, a indicare che ai giovani ingenui, ossia
nati liberi, andava portato il medesimo rispetto dovuto ai magistrati; una seconda
tunica da indossare direttamente sulla pelle, indizio di una salute cagionevole; un
borsellino scarno di tessuto grezzo, con pochi spiccioli e un filo di lana rossa
all'interno; due calzari aperti con la suola di cuoio zigrinato, del tutto inadatti alla
stagione; i pugillares di cera, che recavano ancora traccia delle sillabe greche su cui
si era faticosamente esercitato uno studente non troppo brillante.
La bulla d'oro non c'era: come tutti gli adolescenti dell'Urbe, Bulbillo la portava
sempre al collo, perch le erbe magiche racchiuse nel talismano gli fornissero un
valido presidio contro le influenze maligne. Entro qualche anno l'avrebbe deposta,
assieme alla prima barba, sull'altare di Giove Capitolino: quella cerimonia, che
segnava l'ingresso nel mondo degli adulti, non lo avrebbe tuttavia reso maggiorenne,
perch nessun figlio romano godeva della pienezza dei diritti finch il padre era in
vita.
E che Bulbillo fosse ancora pesantemente sottoposto alla tutela genitoriale, Aurelio
ne ebbe la prova pochi istanti dopo.
- Guarda, tata, sto imparando a tirare! - stava gridando il ragazzo al padre che entrava
nella palestra.
Il patrizio si sofferm ad osservare da lontano Bulbo Sempronino: aveva gli occhi
cupi e l'espressione falsamente sprezzante di chi teme qualcosa. Davanti agli sforzi
ancora molto approssimativi del figlio, non mosse ciglio: non una lode, non un
commento, non una parola incoraggiante.
- Vai abbastanza bene, ma devi mantenerti pi rilassato nello scagliare l'asta.
L'attrezzo un mero prolungamento del tuo braccio, libera tutta la forza che senti
dentro e lo vedrai volare in alto! - intervenne il senatore, toccato dall'espressione
ansiosa dell'aspirante atleta.
- Da quando fai il maestro di ginnastica dei figli altrui, Publio Aurelio? - lo sferz
Bulbo in tono assai indisponente. - Non pensi che avresti dovuto chiedermi il
permesso, prima di iscrivere Bulbillo a questo corso?
- Ho inviato un biglietto per chiederti un colloquio - si scherm Aurelio, senza alcuna
intonazione di scusa nella voce.
- E non hai ottenuto risposta. L'ultimo dei miei desideri dar corda alle manovre
della mia ex suocera per sottrarmi l'affetto del ragazzo. No, non negare, so che ti ha
avvicinato nel corso di un banchetto e che in seguito ti sei recato a farle visita,
presente anche Bulbillo. Ora, Stazio, io ho gi abbastanza pensieri anche senza
trovarmi tra i piedi uno spione manovrato da quella serpe di Urania Primigenia: ho
perso un figlio e la mia attuale consorte insiste a seminare voci malevole sul mio
primogenito, che nuocciono gravemente alla sua e alla mia reputazione. Dato che
Flavia Flora ha alle spalle una famiglia pronta a mettermi a ferro e a fuoco se
chiedessi il divorzio, bene che tutta questa faccenda si spenga col minor rumore
possibile. Bulbillo deve tenersi in ombra, senza farsi notare troppo, altro che mettersi
in mostra nella palestra pi famosa di Roma!
- Tu ti vergogni di lui - comprese Aurelio. E lo credi colpevole, aggiunse tra s e s.
Nessuna fiducia, nessuna speranza, dunque, per un ragazzino grasso e senza garbo,
pi solo di un cagnotto scacciato dal branco.
- Hai visto il mio tiro, tata, che te ne pare? - accorse in quel momento Bulbillo,
visibilmente desideroso di qualche conferma.
- Scarso, figliolo, molto scarso. Non sei tagliato per il giavellotto - lo gel il genitore
con voce annoiata.
Accade a volte che un cielo apparentemente sereno si gonfi all'improvviso di un
cumulo di nuvole grigie, foriere di tempesta. Tale fu l'ombra scura che comparve sul
volto di Bulbillo, ferito una volta di pi dalla disaffezione paterna.
Stavolta per il ragazzo non abbass la testa sotto l'ennesima umiliazione. Al
contrario, lev il capo con tutta la fierezza che gli riusc di raccogliere e guard il
padre dritto negli occhi, pronunciando un'impensabile: - Prova tu, se credi di far
meglio!
Bulbo Sempronino, furioso, si volse verso il senatore: Ecco i risultati della tua
nefasta influenza, Publio Aurelio. Hai piantato il seme della sedizione in un povero
giovane che non aveva altra qualit se non la mitezza!
- Saresti pi convincente se accettassi la sfida, mostrando a tuo figlio che avevi
ragione di criticarlo: comodo pretendere da altri quello che non siamo in grado di
fare noi stessi! - rispose livido il senatore.
- Guai se ti avvicini a casa nostra, Stazio. La vita mi ha gi inflitto abbastanza iatture
perch debba avere a che fare anche con te - sibil l'altro furibondo, facendo segno al
figlio di seguirlo verso l'uscita. Stavolta Bulbillo obbedi con sollecitudine,
incassando il collo tra le spalle incurvate. Ma nel sorpassare la soglia, gir il capo di
un sol pollice, abbastanza tuttavia per mostrare al senatore l'occhio destro, stretto in
un complice cenno d'intesa.
Stava quasi annottando quando il senatore si ritir finalmente nel peristilio su cui si
apriva la sua stanza: era questa la sua privatissima isola di pace dove pochi erano
autorizzati a mettere piede, salvo il topiario che curava il piccolo giardino, ben
diverso da quello di rappresentanza nella parte pubblica della domus. L le aiuole
traboccavano di oleandri e di rose partiche dalla doppia corolla, variet sconosciute
nell'Urbe che, a dire dei suoi detrattori, Aurelio aveva ottenuto intrattenendo rapporti
illeciti con gli storici nemici di Roma. Qua invece c'erano malve, umili convolvoli,
valeriane rosse e stellane selvatiche, assieme a molte specie di crochi che in
primavera e in autunno dipingevano macchie viola e gialle sull'erba. Presso la panca
di marmo era piantato un sambuco e sotto il sambuco Aurelio si stropicci gli
occhi: per un attimo gli era sembrato di vedere con la coda dell'occhio una gallina
grigia ruspare nell'aiuola. Doveva avere avuto le traveggole, non c'erano galline a
Roma, tantomeno in una elegante residenza sul Viminale, dunque si trattava senza
dubbio di un colombo, pens, fermandosi a riflettere.
Era stato sciocco e impulsivo, si disse. Perch aveva insistito per assumere la difesa
di una sconosciuta, dopo essersi gi fatto carico di Bulbillo? Era stato soltanto per i
begli occhi di Urania che avevano molto a che vedere col suo amor proprio e coi
ricordi di una giovent sempre pi lontana nel tempo oppure si era sentito
pungolato dalla riluttanza di Statilia, una donna piuttosto acida che con grande
evidenza lo teneva in scarsa simpatia?
Come risultato, adesso si trovava coinvolto fino al collo in due casi inspiegabili di
morti precoci, senza contare il terzo, quello del piccolo Postumo, erede dei Gavilii
Barbati, che aveva tutta l'aria di essere un delitto. Che cosa avrebbe fatto se,
rimestando nel marcio, avesse scoperto che anche i primi due bambini erano stati
uccisi? I maggiori sospetti, a quel punto, sarebbero stati proprio i suoi due protetti,
Isaura e il giovane Bulbillo.
Forse Statilia aveva ragione, dubit Aurelio, forse dietro alla sua curiosit non c'era
alcuna legittima aspirazione alla giustizia, soltanto il tedio di un uomo troppo
fortunato, stanco dei soliti passatempi.
- Ci sono due messaggi, domine - buss discretamente il procurator. - Inoltre vorrei
parlarti di un problema domestico che rischia di diventare rilevante.
- Non ora, Paride, non vedi che sono occupato? - lo tacit il patrizio, srotolando la
prima lettera, vergata su un costoso papiro a doppia sfoglia identico a quello usato da
lui per la sua corrispondenza privata.
Tutti ricchi in pochi giorni con la catena del Dio Tiberino!
Troverai qui sotto un elenco di quindici cittadini che, come te, hanno ricevuto questa
lettera. Consegna loro un sesterzio ciascuno, poi riscrivi il testo in quindici copie
togliendo il primo nome e inserendo per ultimo il tuo, quindi mandalo ad altrettanti
amici. Entro due nundinae riceverai i primi guadagni, che diventeranno sempre pi
cospicui col passare del tempo. Non spezzare la catena per nessuna ragione: per
averla interrotta Muzio Senecione ha contratto un morbo letale e Marco Cornuto
caduto da una impalcatura; Giulia Sabina stata investita da un carro; Orizia si
rotta un braccio; Malleolo ha perso la gamba destra e Urso l'occhio sinistro
- L'uomo che ti ha assalito davanti alla domus dei Gavilii si distinto fin dalla prima
giovinezza in scontri, risse e scazzottature varie. Da fanatico delle corse, capeggiava
la banda dei patiti della quadriga rossa, e in tale veste ha probabilmente organizzato
una serie di agguati ai sostenitori dei Verdi, in uno dei quali c' scappato il morto. Poi,
un giorno, la sua faccia entr accidentalmente in collisione col bastone del vigile a
cui era commessa la sorveglianza del Circo Massimo. L'impatto del tutto fortuito,
come mi ha spergiurato il comandante dell'VIII coorte ebbe un effetto deleterio sulla
simmetria del volto di Strutto, nonch sulla dentatura candida, caratteristiche queste
che gli avevano sempre garantito un grande successo tra le donne.
- Ed ecco che si spiega perch il suo viso mi era sembrato tanto strano!
- Da quel momento, perse ogni interesse per le competizioni e divenne un cittadino
modello, guadagnandosi il pane con un'attivit legittima e onorevole, ovvero il
commercio di piccoli schiavi. Strutto li cerca nelle campagne, acquistando a prezzo
stracciato quelli di cui i padroni vogliono disfarsi. Si tratta in genere di servetti in
tenera et, dalla salute cagionevole, che trasferisce in un piccolo ergastulum fuori
dalle mura: quelli abbastanza robusti da sopravvivere al viaggio, alla malattia e alla
scarsit di cibo, gli fruttano un buon guadagno, sufficiente a compensarlo della
perdita dei pi deboli.
- Lo fanno coi prigionieri di guerra, con le belve dell'anfiteatro e persino con gli
animali esotici: per ogni pappagallo africano che giunge indenne nell'Urbe, venti ne
muoiono di stenti durante il viaggio. Strutto, evidentemente, ha pensato di applicare
lo stesso sistema anche ai bambini! - esclam il senatore disgustato. - Ehi, mi viene
un sospetto ti risulta che quell'indegno traffico riguardi anche dei neonati?
- Tenderei ad escluderlo: per quanto valga una simile merce, il rischio altissimo.
- Perch mi era passata una certa idea per la testa corre voce che a Roma esista chi,
su domanda, in grado di procurare un figlio alle coppie sterili - aggiunse il senatore.
- Se stai pensando a Dalmatica, scordatelo - afferm il greco, gi messo a parte delle
difficolt a concepire della giovane kyria. - Le ricche matrone in cerca di falsi eredi
pretendono pupi forti e sani, mentre gli schiavetti allevati da Strutto sono pelle e ossa.
- Resta allora da capire perch quel delinquente mi ha colpito subito dopo l'esame del
cadaverino di Postumo. Dubito che si tratti di una coincidenza
- Per eliminare radicalmente il dubbio, non hai che da interrogare la levatrice,
padrone.
- La saga, certo, come ho fatto a non pensarci prima? Il punto di contatto tra i vari
bambini morti potrebbe essere un'ostetrica comune! Contatta Elettra, Castore,
circuiscila, affascinala, seducila, sposala se proprio necessario, ma fatti rivelare il
nome della donna che ha aiutato la sua padrona a partorire!
- Mi sono gi attivato, domine: stasera la accompagner al teatro di Pompeo. A questo
proposito mi servirebbe la tua tessera senatoriale, che da diritto a un posto in prima
fila. Quella poverina non ha mai visto uno spettacolo e mi piacerebbe farla iniziare
alla grande.
- Prendila pure - concesse magnanimo Aurelio.
- Un altro piccolo favore: concorderai con me che bisogna disporre la testimone a un
atteggiamento favorevole. Dicono che la barba non faccia il filosofo, ma l'aspetto
esteriore ha la sua importanza
- Sii breve, Castore; quale dei miei vestiti vuoi in prestito? - sospir il senatore.
- La tunica lunga senza cintura con la doppia greca sulle spalle, padrone!
- Intendi dire quella che mi sono fatto confezionare apposta per la cerimonia a casa
del Flamine di Giove? - esit Aurelio. - Sai bene come il Flamen Dialis e la
Flaminica siano sottoposti a molteplici limitazioni, tra cui il divieto assoluto di
entrare a contatto con nodi di qualsivoglia genere
- Te la restituir come nuova, domine! - promise il greco.
- E sia. Ma in cambio voglio informazioni dettagliate su Appio Accio, l'accusatore di
Isaura. Mi servono per domani, Castore - ingiunse Aurelio, accomiatando il segretario
prima che avesse modo di replicare.
VII
Settimo giorno
Alle nove del mattino del giorno dopo, Aurelio stava sgattaiolando verso l'uscita
posteriore, bene attento ad evitare la ressa dei clientes in attesa di porgergli la
salutatio, quando ud provenire dai quartieri della servit la voce di un segretario
particolarmente pimpante e incredibilmente mattiniero.
- Quattromila e quindici, quattromila e sedici, quattromila e diciassette - contava ad
alta voce, in tono di palese soddisfazione.
Due erano i corni del dilemma, ragion Aurelio, incapace di tenere a freno la
curiosit: poteva spalancare la porta, ingiungendo al servo di rivelargli che cosa
stesse combinando, oppure bussare per chiedergli cortesemente una spiegazione. Nel
primo caso, avrebbe fatto la figura di un tiranno, nel secondo rischiava di mettere in
causa la sua autorit di paterfamilias.
Tertium non datur, affermava Aristotele in tutt'altro contesto, ma ben sapendo che
nella realt esisteva sempre una terza via, il patrizio prefer accucciarsi davanti alla
porta per origliare.
Il buco della serratura, ampio e panoramico stavolta, lasciava intravedere uno
spaccato del letto, su cui erano accatastate parrucche e barbe finte in tal numero da
fare invidia a una compagnia di mimi, assieme a un paio di stivali ignifughi e a un
vessillo dei vigiles notturni. Dai chiodi delle pareti pendevano una lorica di cuoio, un
manto di lana grezza, una tunica di lino bianco ricamata a geroglifici, uno scialle
ebraico da preghiera, un grembiule da macellaio e una divisa da pretoriano.
In quel momento l'uscio si apr di scatto e Castore comparve sulla soglia, cogliendo
in fallo il suo signore e padrone.
- Posso esserti di aiuto? - domand con un certo sussiego, mentre Aurelio balzava in
piedi.
- Che fai qui, anzich ottemperare al tuo incarico? - bofonchi il senatore, cercando
di darsi un contegno.
- Gi fatto, domine - gli assicur il greco. - Anzi, ne approfitto per presentarti la nota
delle spese. Sono stato costretto a bagnare il becco di parecchi informatori, per
ottenere le notizie che ti servivano.
- Trentotto congi di vino? C' da dissetare mezza Suburra! - strabili Aurelio,
chiedendosi come avesse fatto il liberto a battere tutte le taverne di Roma nel breve
spazio di una nottata.
- E dodici libbre di salcicce lucanicae: lo stomaco pieno rende facondi!
- Che hai avuto in cambio? - chiese il padrone, aprendo la borsa per l'ennesima volta.
- Un nome: Gaio Equino. Possiede una bancarella dietro alla Velia, in cui vende
canestri e sedie di vimini. Appio Accio andato a fargli visita, proponendogli di
aderire alla sua nuova iniziativa. Roma una citt molto pericolosa, gli ha detto,
vigiles e pretoriani non bastano a garantire l'ordine pubblico, quindi i cittadini devono
mobilitarsi. Per questo lui ha radunato alcuni volontari disposti a pattugliare il
quartiere, disinfestandolo da accattoni, senzatetto e stranieri dalla dubbia reputazione:
per aderire, bisogna soltanto pagare una piccola tassa
- Una vicenda non troppo diversa da quella capitata a Burzio. Com' andata a finire?
- Equino ha rifiutato e la notte stessa la serranda di legno del suo negozio stata fatta
a pezzi a colpi di accetta - fin Castore, rivolgendo un pensiero riconoscente al bravo
popolano che con le sue confidenze del tutto gratuite al teatro di Pompeo, gli aveva
risparmiato il giro delle osterie e le relative spese.
- Bene. E la levatrice l'hai trovata?
- Elettra non ne conosce il nome, ma sa che a raccomandarla alla sua kyria sono state
due matrone, tali Simmaca e Medullina, figlie entrambi di colleghi tuoi. Dalla fama
di cui godono, puoi star sicuro che ti trasmetteranno volentieri l'informazione, se ti
premurerai di chiederla loro in un ambiente abbastanza riservato, una camera da letto
per esempio. No, padrone, non guardare me, ci sono compiti che non puoi adempiere
per interposta persona!
- Simmaca e Medullina, eh? - fece Aurelio senza eccessivo entusiasmo.
- La soluzione del caso vale un piccolo sacrificio, domine - lo pungol il levantino,
ma in quello stesso istante Paride fece la sua comparsa in fondo al corridoio.
Vedendosi gi ostaggio dei clientes, imbacuccato nella toga di gala sulla scomoda
sella di ebano, Aurelio pens bene di sottrarsi alla tortura. Uno scatto e, sordo ai
richiami dell'intendente, si chiudeva alle spalle l'usciolo di servizio per dirigersi verso
la domus di Pomponia sul Quirinale.
Sul Quirinale due pettinatrici e una cosmetica stavano uscendo dal portone dei
Servilii dopo aver terminato di acconciare la padrona.
- Mi ci comprer un bracciale! - diceva la prima.
- E io una pezza di lino! - le faceva eco l'amica.
- Ma siete proprio sicure che guadagneremo tanto denaro? - esit l'ultima ancella, che
malgrado i dubbi aveva preparato anche lei il suo bravo sesterzio.
- un gioco in cui tutti diventano ricchi! - le assicurarono le altre due. - Vediamo un
po': dobbiamo consegnare la prima moneta al vigile Marciano, la seconda a Simone,
maestro dei giudei, la terza ad Eutichio, sacerdote di Iside, la quarta al gallo
Arbogaste
La catena della del Dio Tiberino, come l'avevano soprannominata, stava spopolando
in tutta Roma, scosse la testa Aurelio mentre avanzava nel vestibolo: i primi quindici
nomi della lista dovevano aver gi ricevuto un bel po' di soldi, ma presto la bolla si
sarebbe sgonfiata, lasciando gli ultimi giocatori con un palmo di naso
In quel momento si sent tirare per la manica.
- questa la dimora della kyria Pomponia, la benedetta dai Numi? - chiese con un
filo di voce una popolana male in arnese, che inalberava sul viso un occhio nero
grande come tutta la provincia di Sicilia. La bambina che teneva per mano era
anch'essa coperta di lividi e la spalla destra le pendeva in una posizione del tutto
innaturale.
In quell'istante la matrona comparve nelle fauces in tutta la sua generosa possanza.
- Vieni, cara, ti stavo aspettando: qui sarai al sicuro! - esclam, accogliendo a braccia
aperte la nuova venuta. - Ah, ci sei anche tu, Aurelio. Accomodati pure - aggiunse
poi, con molto meno trasporto.
- Quella poveretta non osava denunciare per percosse il suo convivente, per paura di
rappresaglie sulla figlia - spiegava poco dopo la matrona. - Le ho offerto rifugio, cos
se quel pezzo di escremento secco si azzarda a venirla a cercare, si trover faccia a
faccia col mio Garnifex!
Aurelio sorrise. Garnifex, la guardia del corpo di Pomponia, aveva combattuto anni
prima nell'anfiteatro, distinguendosi tra tutti gli altri gladiatori per la vigoria fisica e
l'aspetto assolutamente terrificante. Dopo un duello piuttosto ostico, per, si era
trovato privo dell'occhio sinistro e con entrambe le guance solcate da orribili sfregi:
l'arena gli era ormai preclusa e i cospicui guadagni degli anni d'oro se ne erano andati
da tempo in vino e dadi. Pareva gi destinato a una fine miserrima, quando il Fato,
che ha in serbo sorprese per tutti, compresi i mirmilloni guerci, gli aveva fatto
incontrare l'impagabile signora, dal cui fianco non si era pi mosso, simile a un lupo
solitario che trova finalmente un valido capobranco a cui aggregarsi.
- Come l'hai conosciuta? - chiese il patrizio additando la donna dall'occhio nero, che
stava allontanandosi verso i quartieri servili assieme a un gruppo di ancelle.
- Un caso pietoso, indicatomi da Statilia ieri sera a cena, mentre discutevamo
dell'imminente processo.
- Statilia stata qui? - si stup Aurelio, lievemente adombrato.
- L'ho invitata a cena dopo aver appreso da Isaura alcuni dettagli che vi
permetteranno di adottare una nuova, sorprendente linea di difesa!
Numi dell'Olimpo, ci mancava soltanto che Pomponia si mettesse a scrivere di suo
pugno le arringhe, gemette Aurelio, ben conoscendo la tendenza della brava matrona
a tracimare dalle sue specifiche competenze.
- Non credi che avresti dovuto informarmi?
- Sto appunto facendolo. Comunque puoi sempre parlare di persona con la tua
assistita, se proprio lo ritieni necessario: al tempio di Diana le concedono di uscire
ogni tanto e io ho promesso alle guardiane di rifare a mie spese la pavimentazione del
recinto, se si fossero mostrate ancora pi indulgenti che ne dici, mi consigli il
marmo piperino o quello numidico?
- Penseremo in seguito ai restauri, vorrei prima sapere che cosa hai scoperto! - la
press il patrizio.
- Eh, quanta fretta! Vieni, ti spiegher tutto mentre sbocconcelliamo uno spuntino -
disse la matrona, facendogli strada verso il triclinio.
- una storia davvero singolare, non la conoscevo neppure io, prima che Domitilla la
propalasse per tutta Roma, vantandosi di saperla pi lunga di me. Pare che la colpa
sia di una suocera impicciona, certa Nigridia - rivelava poco dopo la signora,
attaccando con vigore un grande vassoio di mitili.
- E chi sarebbe? - fremette Aurelio.
- Non puoi conoscerla, morta all'epoca di Seiano.
Il patrizio annu: erano stati anni duri, quelli in cui il Prefetto del Pretorio
spadroneggiava nell'Urbe, congiurando per usurpare il trono di Tiberio assieme
all'amante Livilla, sorella di Claudio Cesare.
- Nigridia era una austera matrona univira, legatissima ad Agrippina, la vedova di
Germanico che capeggiava il partito ostile a Tiberio. Ricorderai certamente il periodo
infausto in cui quest'ultimo si ritir a Capri con la sua corte di schiavetti dipinti,
abbandonando la citt nelle grinfie rapaci dell'ambizioso Prefetto del Pretorio.
Aurelio se lo ricordava. E ricordava anche quando, scoperta la cospirazione, il corpo
di Elio Seiano era stato scagliato dalle scale Gemonie, i suoi figli adolescenti trucidati
e Livilla fatta morire lentamente di fame. Ma che cosa aveva a che vedere quel
periodo oscuro della storia di Roma coi misteriosi decessi su cui stava indagando?
- I figli di Nigridia sposarono Novella Maggiore e Novella Minore, due sorelle molto
esuberanti, nei confronti delle quali si mostrarono piuttosto inadeguati: erano, per
cos dire, pesci freddi, limacce, oche morte, candele spente, se capisci cosa intendo
- Hai dato spessore al concetto, Pomponia - ribatt Aurelio impaziente. Era chiaro che
la sua amica aveva intenzione di tirarla per le lunghe, tanto pi che il cosiddetto
spuntino stava trasformandosi in un pranzo in piena regola.
- Prenditi un'ostrica, sono freschissime, mi arrivano al galoppo dal lago Lucrino! - Il
patrizio scalpit: aveva per le mani tre bambini morti, un energumeno che lo
prendeva a bastonate in testa, un pupillo recalcitrante, una vecchia fiamma da
riconquistare, un processo improbo, una denuncia in Senato e Pomponia non trovava
di meglio che chiedergli di assaggiare i suoi molluschi!
- Sospettando che le nuore si consolassero fuori del talamo coniugale, Nigridia tese
una trappola per coglierle in flagrante, quindi le svergogn di fronte ai figli,
chiedendo una punizione esemplare. Gli sposi traditi avrebbero dovuto ripudiarle
immediatamente, ne andava della loro dignitas! -
- Situazione delicata - comment Aurelio, finendo per assaggiare i mitili.
- Pi di quanto pensi. Le due fedifraghe, infatti, erano imparentate con Sciano. Se ben
ricordi, a quei tempi si faceva a gara per legarsi a doppio filo con lui, bench fosse un
semplice cavaliere. perfino il nostro bravo Claudio fu costretto a sposarne la sorella
Elia.
- Il Prefetto del Pretorio era il padrone incontrastato dell'Urbe, ragion per cui
immagino che i due accorti giovanotti, anzich sollevare un polverone, abbiano
preferito perdonare le loro mogli in sordina - concluse il senatore.
- Esatto - conferm Pomponia. - La vecchia per era di diverso avviso. Quando prese
ad inveire pubblicamente non soltanto contro le due Novelle, ma anche contro lo
stesso Seiano, i figli decisero prudentemente di confinarla in una villa di campagna,
guardata a vista da poche schiave fedeli. Il subitaneo abbandono fece ammalare
l'anziana Nigridia, che poco dopo spirava, gettando una maledizione sulla futura
discendenza delle nuore: nessuno dei loro eredi maschi sarebbe mai sopravvissuto al
primo mese di vita!
- Ebbene? - fece Aurelio, senza manifestare soverchio interesse.
- Ma come, non hai ancora capito? Sappi allora che Novella Maggiore ha avuto una
figlia dal primo marito Muzio e un'altra dal terzo, Flavio Floro. La prima figlia,
Muzia, ha sposato in seguito Cecilio Longino, detto il Dalmatico. Ho ricostruito nei
minimi particolari la genealogia! - continu la matrona, mettendogli sotto il naso una
tavoletta di cera coperta da un intrico di appunti. - Come puoi ben vedere, Flora e
Dalmatica sono rispettivamente figlia e nipote di una delle due nuore maledette!
Aurelio rizz le orecchie: veniva finalmente alla luce un legame tra due delle donne
precocemente private dei figli. Tuttavia ce n'era anche una terza
- Non ho finito - aggiunse Pomponia, che aveva sempre una risposta per tutto. -
Novella Minore, ripudiata dopo la caduta di Elio Seiano, si marit con un plebeo
molto al di sotto della sua condizione, avendone una figlia. Non indovinerai mai di
chi sto parlando!
- Si tratta forse della defunta moglie di Appio Accio, madre del bambino del cui
omicidio incolpata Isaura? - dedusse facilmente il senatore.
- Appunto! Dunque tutto si spiega: la tua cliente monda di ogni colpa, in quanto
tutti e tre quei poveri piccoli, colpiti dall'anatema, erano destinati a una morte precoce
prima ancora di nascere!
- Le tue informazioni mi sono utilissime e non mancher di lavorarci sopra. Peccato
non poter usare questa favola anche in tribunale
- Perch no? Ho dato per scontato che lo facessi! - si inalber la matrona.
- Viviamo nell'ottavo secolo dopo la fondazione dell'Urbe, Pomponia, e da tempo la
medicina sta dando risposte razionali a fenomeni che gli antichi attribuivano alla
collera dei Numi. Tutti sanno ormai che la malattia e la morte non hanno nulla a che
vedere coi flagelli divini o le oscure maledizioni.
- Vuoi dire che ho lavorato per niente? - fece la signora senza nascondere il
disappunto. - Eppure, vere o false che siano, sai bene che certe cose funzionano. Non
ricordi quando sono riuscita ad aggiustarmi la gamba rotta a forza di ripetere una
magica giaculatoria etrusca?
- Saresti guarita anche recitando a memoria l'Iliade o l'elenco dei consoli - replic il
patrizio.
- Il tuo scetticismo di epicureo davvero irritante, Aurelio. Scommetto che per te la
catena del Dio Tiberino soltanto un lurido imbroglio!
Sebbene portasse i capelli molto corti, il patrizio sent rizzarseli in testa. Calma,
Aurelio, si disse, la tua migliore amica e ha un cuore d'oro. O saggio Epicuro,
dammi un po' della tua pazienza!
- Il processo di Isaura vedr da una parte il pregiudizio e l'oscurantismo, dall'altra la
forza della ragione - tent di persuaderla.
- Mi domando che cosa sia pi importante per te, salvare la vita all'imputata o
affermare le tue convinzioni filosofiche! - ribatt indignata la matrona.
Aurelio non la lasci finire. Alzatosi bruscamente dal tavolo, si accomiat con un
breve cenno del capo e prese la porta.
Vicus Longus
Procedendo in direzione del sacello di Diana Planciana lungo il Vicus Longus che si
snodava tra il Viminale e il Quirinale, il senatore si era gi pentito del gesto
avventato. Col suo atteggiamento intollerante, aveva offeso un'amica sincera che a
suo modo si sforzava soltanto di aiutarlo, un'amica che, oltretutto, aveva scoperto il
primo vero collegamento tra i tre lattanti, ovvero la parentela delle madri,
rispettivamente zia, nipote e cugina.
Naturalmente poteva trattarsi solo di una mera coincidenza. Gi Aristotele aveva
messo in guardia contro i ragionamenti capziosi che conducevano a deduzioni
apparenti: post hoc ergo propter hoc, "dopo di questo quindi a causa di questo", era
infatti un'argomentazione del tutto fallace, la stessa che induceva il popolino a
credere che, continuando a pregare con le formule giuste e a offrire i sacrifici
prescritti, gli Dei avrebbero infine concesso vuoi la pioggia vuoi il sole, vuoi la
fertilit delle donne vuoi l'abbondanza del raccolto, vuoi la vittoria in guerra vuoi la
guarigione dalle pi gravi malattie.
La questione delle parentele, per, andava approfondita. Un investigatore, cos come
uno scienziato, doveva a volte prescindere dalla logica per seguire l'intuito, nella
speranza di afferrare i nessi occulti tra fatti all'apparenza scollegati. Cos aveva fatto
Archimede, ponendosi le domande giuste dopo aver osservato che il suo corpo,
immerso nella vasca da bagno, spostava una certa quantit d'acqua. Ma qual era la
domanda giusta, nel caso dei morti in culla? Per formularla, gli occorrevano altri
indizi.
E doveva trovarli prima di sposare fino in fondo la tesi dell'innocenza di Isaura.
Perch, in mezzo a una serie di tragedie probabilmente casuali, almeno un delitto
c'era stato davvero Aurelio ne era fortemente convinto e cio quello del piccolo
Postumo. Come escludere quindi che anche gli altri fossero infanticidi, riconducibili
magari a una stessa mano?
Erano questi i pensieri che agitavano il senatore, quando si accorse di essere seguito.
Strutto! Finalmente gli avrebbe reso pan per focaccia, pens con le mani che gli
prudevano, mentre si nascondeva in un anfratto per aspettarlo al varco. Ma il profilo
ben poco gagliardo che comparve poco dopo nel Vicus Longus, non apparteneva
affatto al bulletto della Suburra.
- Ancora tu! - esclam il senatore esasperato, trovandosi per l'ennesima volta davanti
a Bulbillo. Il ragazzo non aveva certo scelto il momento migliore per una
chiacchierata: anche senza mettere in conto la fretta di intercettare Isaura nel
momento della libera uscita, l'umore di Publio Aurelio era pi nero del vento di Borea
e la sua capacit di sopportazione ridotta al minimo.
- L'intendente Paride mi ha gentilmente detto dov'eri andato disturbo forse?
Ebbene s, avrebbe voluto rispondere il patrizio, ma un'occhiata alla pelle pi pulita e
alle spalle pi dritte del giovane gli fece cambiare idea. Bulbillo stava sforzandosi di
fare progressi.
- Che c' stavolta? - chiese quindi in tono sbrigativo.
- Ho sentito delle strane voci in giro sui rapporti tra te e mia nonna. Non che mi
dispiaccia, intendiamoci, per uno non ci pensa neppure, una nonna una nonna
- Sono forse fatti tuoi, Bulbillo? - lo interruppe seccato il senatore.
- No, ma io
- Allora, vale! - tagli corto Aurelio, ma il ragazzo lo trattenne, tirandolo per le falde
della tunica.
- Desideravo chiederti un'altra cosa - disse dopo una breve esitazione. - Andavi
d'accordo con i tuoi genitori?
- Vidi mia madre tre volte in vita mia, per devo ammettere che non dimenticava mai
di spedirmi un codicillo di auguri da Antiochia, in occasione del mio compleanno. In
quanto a mio padre, preferisco non parlare, ho ricordi migliori!
- Sei mai scappato di casa? - domand l'altro sottovoce, incerto se confidare al
senatore il suo progetto di raggiungere in segreto Praeneste, dove la nonna possedeva
una piccola tenuta agricola.
- Una ventina di volte - confess tranquillamente Aurelio. - A dodici anni mi recai al
porto con un piccolo fagotto, risoluto a cercare un imbarco. Contavo di arrivare ad
Alessandria, risalire il Nilo e prendere di nuovo il mare a Berenice verso Barbaricum,
sul delta dell'Indo, per visitare le terre in cui giunse Alessandro nel corso della sua
inarrestabile marcia di conquista.
Il ragazzo lo ascoltava a bocca spalancata: come aveva potuto pensare di rifugiarsi a
due passi da Roma, quando c'erano posti al mondo che non aveva nemmeno sentito
nominare? Forse valeva la pena di mettersi a studiare un po' di geografia
- Rientrai la sera stessa: il navarca, un vecchio lubrico a cui veniva la bava alla bocca
alla sola vista di un bambinetto, mi aveva offerto l'ingaggio a condizioni tali da farmi
desistere dall'idea. Decisi quindi di portare pazienza - concluse il patrizio sentendosi
piuttosto ipocrita, lui che di pazienza ne aveva sempre avuta poca.
Bulbillo annu con un mezzo sorriso, che parve di assenso.
- A proposito, dato che sei qui, ti dispiacerebbe dirmi dov'eri sette giorni fa, nel tardo
pomeriggio? - riprese Aurelio, ricordandosi improvvisamente che la domus dei Bulbi
era abbastanza vicina a quella dei Gavilii Barbati sulla Velia: sarebbe stato simpatico
se il ragazzo, gi sospettato di fratricidio, avesse avuto un alibi almeno per la sera
della morte del piccolo Postumo.
- Sono stato in giro, faccio sempre una passeggiata prima di cena - lo deluse lui,
restando sul vago.
- C' qualcuno disposto a confermarlo?
- Di solito sto da solo, non ho molti amici
- Bene, adesso devo andare - lo conged Aurelio con un rapido cenno di saluto. - E
cammina a testa alta, se non vuoi assomigliare a un sacco di farro!
Bulbillo gonfi i polmoni e tir indietro lo stomaco: le spalle gli facevano male, era
troppo abituato a tenerle curve. Si sentiva piuttosto confuso, ma una cosa l'aveva
capita: bisognava pensare alla grande, pensare da uomini.
Il sacello di Diana Planciana era poco lontano. Aurelio lo sorpass, per andare a
fermarsi nel Vicus Longus a una certa distanza dall'abitazione delle custodi. Non
dovette attendere molto per vedere uscire Isaura dalla porta di servizio.
Si trattava di una donna piuttosto scialba, di et indefinibile, col ventre gonfio e gli
occhi tristi di una cagna battuta troppe volte. Addosso portava una tunica dimessa e i
capelli erano completamente celati da un doppio velo raccolto attorno al collo, in
un'acconciatura desueta che il patrizio era certo di aver visto di recente.
Ma dove? si chiese facendo appello alla memoria, prima di ricordare l'ombra scorta
negli anfratti del tempio di Saturno durante il suo colloquio con Statilia ai Rostri. Se
Isaura non avesse avuto qualcosa da nascondere, difficilmente avrebbe usato le sue
ore di libera uscita per spiare i suoi stessi difensori, si disse, decidendo di seguirne i
passi, che si dirigevano di nuovo verso il centro della citt.
La vide percorrere di fretta il vicolo, per poi imboccare il Vicus Laci Fundani,
all'altezza del negozio che aveva venduto la stoffa iberica a righe. E fu l, davanti al
crocicchio, che la raggiunse un tizio con la faccia storta, per prenderla da parte e
mormorarle poche, incisive parole all'orecchio.
Lo tengo! si disse Aurelio balzando in avanti con uno scatto ferino. Stavolta proprio
quel farabutto, non me lo lascer scappare!
Grande e grosso com'era, Strutto oppose una strenua resistenza: sferr subito un
pugno, che l'agile patrizio seppe abilmente schivare, poi un calcio poderoso, che per
fortuna giunse a segno solo di striscio.
Intanto, per, Aurelio gli aveva torto il braccio destro dietro alle spalle, strappandogli
un grido di dolore e, atterratolo con un lesto sgambetto, gli si era piazzato sopra di
peso.
Se ne stava cos, a cavalcioni della sua preda gi definitivamente in trappola, quando
i bravi abitanti del quartiere si risolsero a intervenire. Era ammirevole il senso civico
dei popolani della Suburra, sempre pronti a dare una mano alla giustizia, pens il
senatore con gratitudine.
- Dagli allo sbirro! - pose fine all'equivoco il pi deciso, in cui il patrizio riconobbe
subito il tessutaio sottoposto alla minuziosa ispezione di Mummio.
- Liberiamo il fratello! - url un altro bottegaio, dimentico di tutte le volte che Strutto
lo aveva taglieggiato, pretendendo le sue merci a titolo gratuito.
In un attimo l'antico, congenito, istintivo rancore della plebe contro le forze
dell'ordine, deflagr. A fiondarsi addosso al senatore furono una decina, poi una
ventina, poi un centinaio. Tetragono, Aurelio resistette opponendosi con tutte le sue
forze a quella marea umana, ma alla fine le dita gli vennero aperte ad una ad una e fu
costretto a mollare la presa, dalla quale il prigioniero sgusci via pi veloce di
un'anguilla dal buco della rete.
Un istante dopo si rialzava, pesto come il battuto con cui Ortensio farciva le sue
celebri offelle di maiale.
Il vicolo era deserto e in giro non c'era nessuno, tutte le porte sbarrate, tutte le finestre
chiuse. La Suburra aveva richiuso le sue fauci, dopo aver inghiottito i suoi figli nel
ventre oscuro di Roma.
Dopo sei sedute e tredici scrutini, il Senato di Roma aveva infine deciso il dono con
cui omaggiare Claudio Cesare nel giorno del suo genetliaco. I padri coscritti
sciamarono sui gradini della Curia con le loro toghe svolazzanti, simili a bianche
galline orgogliose di aver deposto l'uovo.
- Stentavo a crederci, ma proprio vero! Uno dei patres rappresenter in tribunale
Isaura, plebea di discendenza servile, contro un onesto cittadino di puro sangue
romano! - esclam scandalizzato Nerico, un novizio della Curia che contava tra i suoi
antenati parecchi iberici, molti piceni e persino un marcomanno latinizzato.
- Che altro ti aspettavi da uno sciagurato come Stazio, sempre pronto a farsi beffe del
mos maiorum! - comment il collega Simmaco.
- un bieco provocatore! Ricordate quando pretese che fossero discusse sul serio
tutte le duecentoquindici interrogazioni sulla purezza dell'acqua di fonte usata dalle
Vestali per impastare la mola salsa? - gli fece eco il senatore Medullino.
- Richiesta odiosa, non c' che dire. Ma se non sbaglio fosti proprio tu, Gneo Norico,
a presentare molte di quelle istanze, nella speranza di far comparire il tuo nome negli
Acta diurna - precis malignamente Tito Torquato Tricipitino il Balearico. - Publio
Aurelio certamente un emerito rompiscatole, ma ha il senso dell'onore, cosa che,
sfortunatamente, non si pu dire di tutti!
- Difendi forse un traditore che ostenta di intrattenere rapporti coi nemici di Roma,
esponendo pubblicamente le rose del regno dei Parti nel suo peristilio? - esclam
Simmaco.
- Si tratta pur sempre di un ex console, che ha ospitato i fasci littori nell'atrio della sua
domus - obiett il Balearico.
- Puah, rimase in carica appena un mese! - minimizz Medullino.
- Sempre console era. E i suoi antenati risalgono ad Anco Marzio! - ribatt il capo
della fazione conservatrice della Curia, che dall'alto del suo altissimo lignaggio
poteva permettersi di contraddire chiunque.
- Anco Marzio, figurati chi ci crede! Quando domand la cittadinanza per gli abitanti
della Gallia Narbonese, furono in parecchi a mormorare che avesse nelle vene sangue
celtico - insinu Nerico.
- Davvero? - si stup Medullino. - Dal numero di amici che conta nella comunit
ebraica, l'avrei fatto piuttosto giudeo.
- Peggio, molto peggio! Dicono che in realt sia figlio di un gladiatore dopo cinque
mariti, sua madre si era ormai abituata alla promiscuit! - rivel Simmaco
sogghignando.
- Dubito che faccia sul serio con la faccenda del processo - comment il Balearico. -
Probabilmente cerca soltanto di compiacere quella fanatica di Statilia Vespilla per
portarsela a letto.
- Allora perch avrebbe inondato l'Urbe di annunci dove promette una grossa
ricompensa a chi porter notizie di un certo Strutto, gi convivente dell'imputata? -
replicarono gli altri.
- Strutto? - ripet il Balearico con aria distratta, mentre la fronte gli si copriva di un
sottile velo di sudore.
- Comunque, ora ci si presenta una magnifica occasione per disfarci di
quell'importuno. Lentulo intende svolgere un'inchiesta approfondita sui membri della
Curia e le loro famiglie, per accertarsi che la loro condotta sia rigorosamente consona
alla digntas senatoriale! - esclamarono entusiasti Simmaco e Medullino, beatamente
ignari della fama di dissolutezza di cui godevano le loro stesse figlie.
Il Balearico assent con la sua solita flemma, ma in cuor suo era tutt'altro che
tranquillo: quel mattino un paio dei suoi clientes si erano presentati alla salutatio
scortati dal gigante che fungeva da guardia del corpo di Publio Aurelio. A riferirglielo
era stato quell'efficiente plebeo che di solito si incaricava di mantenere l'ordine nella
fila: Appio Accio in persona, l'accusatore della popolana Isaura. Forse era meglio
approfittare della circostanza per correre ai ripari, arginando il danno prima che
diventasse irreparabile, si disse il padre coscritto, ovvero prima che quel rimbambito
di Lentulo avviasse la sua sciagurata indagine nel tentativo di emulare i fasti dei
rigidi censori di un tempo.
Il modo migliore per intervenire pubblico, legale e onorevole era quello di
proporsi ufficialmente come patrocinatore di Appio Accio, medit, mentre si
guardava attorno alla ricerca del giovanotto che aveva visto bighellonare tanto spesso
sui gradini della Curia. Si trattava del modesto praticante che faceva da galoppino a
Statilia Vespilla, discutendo sotto le sue direttive le cause che lei, in quanto donna,
non aveva il diritto di patrocinare. Niente di rilevante, ovviamente, soltanto squallide
storie di popolane con mariti maneschi o di ragazze sedotte e abbandonate; d'altra
parte, senza quell'impiego, Cilo sarebbe rimasto un avvocatucolo destinato ad
occuparsi esclusivamente di cani mordaci. Senza dubbio, per, il giovane aveva
ambizioni pi alte, almeno a giudicare da come si metteva in mostra. Eccolo che
arrivava, infatti, ostentando al suo solito di essere occupatissimo, quando in realt
non aveva nulla da fare
Invece il vecchio si sbagliava della grossa: se pure fosse riuscito ad impadronirsi del
magico elmo atto a rendersi invisibili che i Giclopi avevano fabbricato per il divino
Ade, e l'avesse adoperato per spiare l'intimit della nipote con lo spregiudicato
senatore, senza dubbio la scena l'avrebbe lasciato alquanto deluso.
Nel tablino della domus degli Aurelii sul Viminale, infatti, tra i due patrocinatori di
Isaura non era in corso un battibecco tra innamorati, bens una disputa in piena
regola.
- Davvero non saprei come cavarmela senza di te! - ironizzava sarcastica la giurista. -
Studio una causa per mesi e all'ultimo momento arriva l'illustre senatore Stazio a
spiegarmi che sto sbagliando tutto!
Aurelio sospir, auspicando che la donna affrontasse con meno diffidenza le sue
obiezioni, anche se peccavano senza dubbio di scarsa professionalit.
- Credi forse che i giudici si lasceranno persuadere da un'imputata che non convince
nemmeno i suoi difensori? - le fece osservare. - Se Isaura non mente, ci sta
nascondendo qualcosa di importante!
- Una donna distrutta dagli abusi e dalle umiliazioni non si fida di nessuno!
- Tu per mi chiedi di fidarmi ciecamente di lei. Che cosa faremo se l'accusa porter
alla luce particolari compromettenti di cui non ci ha messo al corrente? - replic il
patrizio, domandandosi se Statilia non conoscesse da tempo la vera identit della sua
assistita: avrebbe insistito tanto ostinatamente sulla sua innocenza, se Isaura non le
fosse stata legata da un rapporto di sangue?
- Sei tu il grande investigatore, spetta a te rivoltare la sua vita come un guanto! -
replic lei acida.
- Sappiamo gi che l'ex concubina di un bieco trafficante di carne umana, lo stesso
che mi ha aggredito colpendomi alla nuca.
- Ci irrilevante.
- Solo perch la testa non la tua - bofonchi Aurelio, piccato.
- Ripetiamo tutto da principio! - lo liquid lei drastica, tenendolo a debita distanza:
Stazio doveva essere un vero attaccabrighe, da quando lo conosceva non lo aveva mai
visto una sola volta senza qualche ecchimosi - Comincerai con una invocazione a
Temi, Dea della Giustizia.
- proprio necessario far ricorso alla mitologia? - storse la bocca il patrizio.
- Un buon avvocato deve fornire le risposte prima ancora che vengano poste le
domande. Nell'incolpare Isaura, Appio Accio attinger senza dubbio alla storia di
Medea - spieg la giurista ricordando la fosca vicenda della maga che, in odio a
Giasone, aveva ucciso entrambi i figli concepiti con lui. - Anzich accontentarci di
una goffa replica, noi lo precederemo, citando qualche leggenda su una donna
innocente colpita da una falsa calunnia.
- In una battaglia a colpi di citazioni leggendarie, Appio Accio, uomo di scarsa
cultura, dovrebbe avere la peggio - ammise suo malgrado il patrizio.
- Dimentichi forse che, comprati o meno, produrr anche un gran numero di
testimoni?
- Nessuno dei quali oculare. Noi in compenso abbiamo medici, scienziati e levatrici
pronti a spiegare che un gran numero di lattanti non sopravvive al primo mese di vita.
Anzi, perch non iniziamo proprio col far deporre le sagaci - Perch i giudici
diffidano di loro, ecco perch! - sbott Statilia. - Le ostetriche sono femmine e per di
pi di condizione molto umile: due ottimi motivi per renderle inattendibili.
- Andiamo, Roma non cos arretrata come pensi! - sbott Aurelio senza nascondere
l'irritazione.
- Molto di pi! - inve lei, gettando indietro i capelli con un gesto insofferente.
- Fallo ancora - disse Aurelio con un largo sorriso.
- Che cosa?
- Quel gesto. Sei bellissima quando ti arrabbi.
- Ah s, eh? - Un attimo dopo, il pesante volumen che giaceva sul tavolo un
compendio comprensivo della Lex lulia de adulteriis, della Lex Papia Poppea e della
Lex Voconia de mulierum hereditatibus volava per aria, atterrando violentemente
sull'avambraccio del patrizio.
- Dura lex, sed lex! - scherz il senatore, massaggiandosi la parte colpita.
- Uomo insopportabile, sei riuscito a rovinare il mio broncio perfetto! - si ammorbidi
lei, cedendo a un abbozzo di sorriso.
- Livido pi, livido meno - minimizz Aurelio, magnanimo, prima di tornare in
argomento: - E se andassimo all'attacco, screditando l'accusatore stesso? Posso
chiedere a Burzio ed Equino di sporgere denuncia contro di lui - propose, senza
accennare a un'altra idea, assai meno convenzionale, che gli stava frullando per la
mente.
- Servirebbe a poco: per portare avanti le sue azioni punitive, Accio si sar di certo
premurato di arruolare qualche giovinastro poco raccomandabile, mentre si teneva in
disparte, facendosi scudo del gran nome del suo patrono, Tito Torquato Tricipitino!
- Escludo che il Balearico sappia qualcosa di traffici tanto loschi. A dispetto della sua
mentalit piuttosto chiusa, un uomo rispettabile.
- Tra colleghi della vecchia aristocrazia si solidarizza sempre, vero? - comment
sarcastica la giurista. - Lasciati dire allora che i tuoi mezzucci non hanno niente di
nobile:
Tricipitino non si sarebbe certo abbassato a tappezzare l'intera Roma di manifesti che
promettono congrue mance ai delatori.
- Intendo ritrovare Strutto e la pratica di offrire una ricompensa a chi in grado di
fornire informazioni comunemente ammessa.
- Ma sembrer che vogliamo corrompere i testimoni! - obiett lei con fare aggressivo.
- Accio lo ha fatto davvero! - ribatt il senatore.
- Adesso basta, non muoverai pi un dito senza prima consultarmi. D'accordo?
Aurelio annu, senza lasciarsi scappare nessuna falsa promessa, dato che aveva tutte
le intenzioni di portare avanti un progetto ben poco ortodosso.
- Adesso tardi, devo andare - disse frettolosamente Statilia, per nascondere
l'imbarazzo che le era sorto all'improvviso, dopo quella battuta sulla sua bellezza che
le era suonata vagamente ironica. Publio Aurelio si era sempre comportato
correttamente con lei, discutendo le sue idee senza sconti, senza cedimenti, senza
bavose galanterie. Come se parlasse ad un uomo, insomma. Di fatto, essere trattata
non da femmina, ma da avvocato, era sempre stata la sua massima aspirazione.
Perch mai, allora, si sentiva a disagio? Non era forse in segno di rispetto che il
senatore aveva evitato di assumere l'atteggiamento seduttivo con cui cos si diceva
affrontava di solito i suoi rapporti con l'altro sesso?
- Perch non resti a cena? Mander uno schiavo ad avvertire lo zio Vespillo in modo
che possa raggiungerci - propose il patrizio.
Lei temporeggi: se si fosse trattato di Cilo, o di chiunque altro, avrebbe accettato
senza esitazione, da donna evoluta e sicura, indifferente alle chiacchiere degli ipocriti.
Ma un uomo della tempra di Publio Aurelio avrebbe mai invitato una donna attraente
assieme all'anziano prozio? si chiese, mentre il senatore sorrideva soddisfatto, sicuro
com'era che il vecchio si sarebbe ben guardato dall'accettare.
- D'accordo, allora - assent Statilia, un po' sulle spine. Lo zio Vespillo, comunque,
sarebbe arrivato presto
Erano quasi alla met della prima mensa quando giunsero le scuse del vecchio: era
troppo stanco per accettare l'invito in effetti, il lungo tragitto a piedi aveva esaurito
ogni sua residua energia ma la nipote non si preoccupasse, era in buone mani, ci
avrebbe pensato il senatore a riportarla a casa sana e salva.
Troppo sana e troppo salva, pens Statilia indispettita. Il famoso libertino, il
pericoloso seduttore, lo sciupafemmine che popolava gli incubi dei padri e dei mariti
romani, nell'intero corso della serata non si era mai permesso un cenno, un
ammiccamento, un richiamo che non riguardasse la causa.
Distesa su un comodo lettuccio zeppo di cuscini, nel triclinio piccolo destinato
visibilmente alle cene intime, Statilia osservava le luci sapientemente disposte a
creare una complice intimit e gli affreschi allusivi delle pareti, dove satiri e ninfe si
inseguivano in un allegro gioco d'amore tra le selve dell'Arcadia.
Come si sarebbe comportata nelle stesse circostanze una donna che non avesse
studiato diritto, scritto arringhe e sostenuto ardui processi? si chiedeva.
Probabilmente avrebbe ceduto alla tentazione di allungarsi sui guanciali, di attingere
all'anfora del Falerno, di sollecitare il suo ospite con una conversazione brillante e
impertinente. Lei invece non aveva trovato di meglio che complimentarsi col cuoco
per essere riuscito a preparare tante delizie basandosi soltanto su un umile ingrediente
quale il pollo
Un'altra donna avrebbe avuto un abito di bisso chiaro, anzich di lana color ruggine, e
i capelli acconciati sapientemente al posto di una semplice treccia avvolta attorno al
capo, pens. Si sarebbe mossa senza dubbio con femminile eleganza, emanando da
tutta la persona un inebriante sentore di rosa
Tutto a un tratto, la giurista arricci il naso: non era soltanto la sua immaginazione,
nell'aria aleggiava davvero un lieve profumo!
Nello stesso istante il procurator, che, malgrado i suoi tanti meriti, difettava
grandemente del senso dell'opportunit, provvide ad annunciare a voce tonante: - Una
visita, domine! - E Urania Primigenia comparve sulla soglia del triclinio in tutto il suo
argenteo splendore.
VIII
Ottavo giorno
Aurelio scendeva il Vicus Patricius da solo, a piedi e con la faccia buia. La sera prima
tutto, assolutamente tutto, era andato storto: mentre Statilia domandava in gran fretta
di essere riaccompagnata a casa, Urania, fredda come le acque del gelido Cocito,
prendeva a sua volta un rapido congedo, sebbene l'ora tarda, l'intensa fragranza di
rhodium e l'abbigliamento sfarzoso una tunica color perla che metteva in risalto lo
splendore azzurro degli occhi la dicessero lunga sui progetti coltivati prima di
trovarsi davanti all'inattesa presenza di un'altra donna.
Infine, a degno coronamento di tanta scalogna, quella mattina c'era stata la lite con
Castore.
- Ti ho fatto da galoppino per tutta Roma e ora mi rifiuti un piccolo favore? - aveva
esclamato il segretario, offeso dal suo categorico rifiuto di assumere l'intera
compagnia della menade avvinazzata per allietare l'annuale banchetto dei filosofi,
evento presieduto sempre da Aurelio, dato che era l'unico tra tutti gli stoici, gli
epicurei, i pitagorici, i cinici, gli scettici e gli eclettici dell'Urbe disposto ad accollarsi
le spese.
- Niente baccanti, non se ne parla nemmeno. A proposito, voglio indietro la mia
tunica, i miei calcei, la mia cintura e le gemme per ingrandire che continui a sottrarmi
dalla teca, credendomi cieco e imbecille. E dovrai anche restituire quanto hai frodato
con la catena del Dio Tiberino sotto le mentite spoglie di vigile, egizio, ebreo, gallo,
macellaio e pretoriano!
- Nonch di tessitore, fruttivendolo, fabbro, ciabattino, carpentiere, vetraio,
gladiatore, navarca e mercante armeno - aveva sogghignato compiaciuto il liberto. -
una pretesa assurda, domine: chiunque sia tanto gonzo da abboccare a una simile
fandonia, merita appieno di essere alleggerito! Suvvia, stai senza dubbio parlando
soltanto sull'onda del disappunto per essere stato piantato in asso da entrambe le tue
belle signore! Come dice il noto adagio, chi troppo vuole
- Vai a soddisfare le voglie di un cinedo nerboruto, Castore! Vai al Tartaro, all'Ade,
agli Inferi! Vai a farti impiccare, crocifiggere, impalare, scorticare vivo come Marsia
dopo la sfida di Apollo! - aveva berciato lui, punto sul vivo.
- Avverto una sfumatura vagamente ostile nel tuo tono, domine. Debbo dedurne che
preferisci rinunciare ai miei servigi? Considera che per me sarebbe un'ottima
occasione per raggiungere la Cilicia, dove da tempo desidero ritirarmi!
Mai la voce dell'alessandrino era stata cos tagliente. Non pi Castore l'amico, il
complice, il custode dei suoi segreti, ma Castore il profittatore, il maneggione,
l'opportunista pronto ad abusare di troppa indulgenza.
Il senatore aveva alzato le spalle. I risentimenti del segretario non duravano mai a
lungo, soprattutto se adeguatamente innaffiati col vino: un paio di bicchieri, una notte
di buon sonno e gli sarebbe passata, si era detto, prima di uscire ignorando i richiami
di Paride, che gli faceva la posta per asfissiarlo con uno dei soliti, irrilevanti problemi
domestici.
Un attimo dopo era in strada e si affrettava verso il crocicchio della Suburra, dove
aveva appuntamento con lo zio Vespillo.
Nell'atrio della domus dei Gavilii Barbati, intanto, le due dominae si fronteggiavano,
imperiosa la pi anziana, timida la pi giovane, che nascondeva tra le pieghe della
tunica le mani nervose.
- Perch sei sempre cos scortese con lei? - disse Glabrio guardando la cognata che
usciva a testa bassa dopo l'ennesimo rimprovero.
- E me lo chiedi? - rispose sprezzante la moglie. - Mio fratello avrebbe potuto
imparentarsi molto in alto, se nostro padre non gli avesse fatto sposare quella
pezzente!
- La stessa cosa vale per te: sebbene nato da una stirpe antica, io sono soltanto il
terzogenito e prima di me vengono due fratelli maggiori ancora ai primi passi nel
cursus honorum. La verit che il tuo prezioso padre era disposto a tutto pur di
accedere al consolato e in quel momento l'appoggio della mia famiglia e di quella di
Dalmatica gli faceva comodo. - Perch non gli avevano dato una moglie mite e
sensibile come sua cognata? pensava intanto. A Roma correva un detto: Ci si sposa a
ventanni per la famiglia, a trenta per la carriera, a quaranta per amore, ma lui era
rimasto sempre fermo al primo passo - Dovrai rassegnarti, Gavilia, temo che dopo
tuo padre non ci sar pi alcun console nel parentado.
- Ti sbagli, non finisce qui! Aspetta che metta le mani sul patrimonio e potrai
pavoneggiarti nel laticlavio. Perch soltanto questo che ti interessa, vero, sciocco
vanesio? Non il potere, non l'onore, bens farti bello nella tunica con la striscia di
porpora, gongolando all'idea di quanto ti dona - rise sprezzante Gavilia.
Un imbelle pago delle sue fascinose sembianze, pensava intanto. Un inetto, di cui si
dovevano dirigere i passi uno per uno. Un uomo privo di nerbo, soddisfatto delle
mere apparenze, che non ambiva ad alcuna responsabilit, pago delle lodi degli
adulatori e dell'ammirazione delle etre, che si beavano del suo viso da giovinetto
mai cresciuto. Chi era il vir, il vero uomo, in quella casa? Non certo Glabrio, con le
sue quotidiane sedute in palestra, dove anzich esercitarsi nelle armi, come avrebbe
fatto un romano degno di questo nome, scolpiva il suo corpo per incassare il plauso
delle cortigiane, le uniche donne che si sarebbe mai azzardato ad avvicinare. Quindi,
come al solito, toccava a lei pensare a tutto
Statilia riavvolse l'ultimo rotolo con un gesto brusco che denunciava la sua
irritazione. L'indomani, il senatore avrebbe cominciato a discutere la sua causa senza
che lei avesse modo di intervenire per correggere il tiro, se qualcosa fosse andato di
traverso. Publio Aurelio era certamente un uomo avveduto, e come la maggior parte
dei romani conosceva le leggi, ma ignorava i trucchi del mestiere e avrebbe potuto
lasciarsi prendere alla sprovvista
La posta in gioco, stavolta, era terribilmente alta: quando il padre, sul letto di morte,
le aveva affidato Isaura rivelandole la loro stretta parentela, sapeva di accollarle un
compito improbo. Lei lo aveva accettato di buon grado, in cambio di tutto ci che il
suo amatissimo tata le aveva concesso, la libert di agire, di studiare, di vivere in
modo diverso dalle pupattole paghe soltanto del loro bell'aspetto.
La cosa pi difficile, tuttavia, non era stato accogliere quell'imbarazzante sorella
sconosciuta, n ergersi a sua portavoce, bens sforzarsi di amarla.
Tanto difficile che non c'era ancora riuscita: troppo lontana dal suo modo di pensare
era la rassegnata Isaura, troppo esasperante l'apatica inerzia con cui si sottometteva ad
ogni genere di soprusi.
Ce n'erano altre di donne come lei, tra le sue clienti, schiave del pregiudizio prima
ancora che della paura, prone agli ordini di manipolatori violenti, felici di lasciarsi
umiliare, battere e sfruttare in nome dell'amore, o semplicemente del destino che le
aveva fatte nascere femmine. Ne aveva viste alcune rimettersi subito nelle mani degli
aguzzini a cui le aveva appena sottratte, trovando mille speciose giustificazioni alla
barbara condotta di cui erano state vittime.
Valeva la pena di battersi per loro? si chiese Statilia perplessa, ma in cuor suo sapeva
di aver scelto la sua strada una volta per tutte, e tanto peggio se si fosse beccata degli
insulti, anzich espressioni di accorata riconoscenza Da quell'orecchio, per, il
senatore non ci sentiva, non era certo tipo da sacrificarsi per degli ingrati, n di
ingaggiare battaglia in nome di chi non voleva essere difeso. Che cosa avrebbe fatto
se Isaura, chiamata a testimoniare, avesse finito al suo solito per incolparsi di tutto?
No, malgrado le sue buone qualit e Statilia doveva riconoscere che qualcuna ne
possedeva Publio Aurelio non era l'uomo adatto a portare avanti quel processo.
L'aveva coinvolto contando soprattutto sul suo gran nome, che a Roma faceva ancora
un certo effetto, accettando con un nodo allo stomaco il cruccio di rimanere a casa,
mentre lui avrebbe ripetuto in tribunale la sua arringa. Come Livia, che governava
dalle sue stanze sul Palatino fingendo accuratamente che ogni decisione fosse presa
dal marito Augusto, pens scorata, e all'improvviso non si sent pi tanto diversa
dalle donne che rappresentava.
- Siamo qui, mia cara, c' anche il senatore! - annunci in quel momento lo zio
Vespillo e mentre il vecchio si eclissava con aria di complicit, Statilia si sorprese ad
aggiustarsi la treccia spettinata che le pioveva sugli occhi. Al Tartaro i capelli, si disse
smettendo immediatamente, ci pensassero le matrone fasciate d'argento a leccarsi i
boccoli, lei aveva ben altro da fare
Via Tuscolana
Tornando verso casa, il senatore era sul punto di imboccare il Vicus Statae Matris
quando, per l'ennesima volta, si trov davanti Bulbillo.
- Eh no, giovanotto, cos non va bene! Alla tua et si fa la posta alle belle fanciulle,
non ai senatori indaffarati! - lo rimprover, corrugando la fronte.
- Un momento solo, ti prego - invoc Bulbillo - non ho nessun altro a cui chiedere
una cosa importante i veri uomini hanno mai paura?
- Tutti hanno paura, ragazzo mio, salvo gli incoscienti. Tuttavia c' chi si lascia
sopraffare dal panico e chi invece non gli permette di prendere le redini, mettendo a
tacere la ragione, la dignit e l'orgoglio. Suppongo siano questi ultimi che tu definisci
"veri uomini".
- Allora non c' da vergognarsi ad aver paura?
- No, se si riesce a dominarla.
- Me ne ricorder, senatore! - promise il ragazzo, allontanandosi col passo pesante di
sempre. Ma non strascicava pi i piedi e anzich tenere il capo chino, guardava dritto
avanti a s.
Per tutti c' speranza, si disse Aurelio e rimase ad osservarlo per un po', prima di
dirigersi verso una piccola ditta libitinaria che metteva a disposizione dei clienti
alcune brave preficae.
Essendo di poche pretese, l'impresa di pompe funebri non disponeva di lamentatrici
professioniste, ma acquistava i servizi di un manipolo di vecchiarde dall'aspetto
lugubre, che raggranellavano a tempo perso qualche spicciolo prestandosi a elevare
alti lai dietro ai cortei funebri: Aurelio intendeva arruolarne un paio per diffondere
dietro un congruo compenso e con l'abilit di chi avvezzo a suscitare commozione
alcune fosche storielle destinate a contrastare quelle che l'accusatore di Isaura aveva
gi messo in giro
Riflettendoci bene, infatti, Aurelio era arrivato a concordare con Pomponia che un
popolo di superstiziosi non si poteva convincere soltanto con limpidi sillogismi
aristotelici e dettagliati referti medici. E poich prima ancora che nelle basiliche, i
processi si discutevano per strada, sulle bocche dei popolani e nelle chiacchiere dei
salotti, se Accio aveva intenzione di giocare sporco, lui non sarebbe stato da meno. I
suoi concittadini agognavano arti occulte, sortilegi, fatture e malefici? Avrebbe
dunque fornito pane per i loro denti!
Perdonami, saggio Epicuro, alla guerra si costretti a combattere con le armi della
guerra, invoc con un sospiro, mentre varcava la soglia dell'impresa libitinaria.
Nono giorno
Era ancora mattino presto quando Flora, dopo essersi accertata che nessuno stesse
spiandola negli anfratti della grande domus dei Bulbi, butt gi la prima coppa di
vino caldo.
Tutta Roma parlava della maledizione, pens scorata: sostenevano che suo figlio il
figlio pi bello del mondo, il pi atteso, il pi adorabile fosse stato predestinato a
una morte precoce dall'anatema di una vecchia pazza, a cui tanti anni prima la madre
di sua madre aveva fatto un torto.
In famiglia non era un mistero che sua nonna, Novella maggiore, fosse invisa alla
suocera, ma quella della maledizione era una menzogna spudorata, una storia
fuorviante diffusa certamente ad arte da Urania Primigenia nel pi classico dei modi,
ossia sussurrandola in assoluto segreto all'orecchio di una pettegola di professione, tal
Domitilla, che aveva poi provveduto a divulgarla in tutta Roma. Che cosa non
avrebbe fatto, l'infame megera, per allontanare i sospetti da quel mostro di suo
nipote! Era riuscita perfino a coinvolgere nei suoi sporchi giochetti un eccentrico
senatore, con cui si mormorava avesse avuto dei trascorsi giovanili. Lei invece non
aveva nessuno a cui ricorrere, nemmeno il marito: sebbene si trattenesse dal
ripudiarla per paura della sua potente parentela, era evidente che Bulbo Sempronino
avrebbe voluto trovarsi a mille miglia dalla sua presenza, nonch da quella
dell'assassino che aveva generato.
Di quel passo il perfido figliastro Bulbillo l'avrebbe fatta franca, senza pagare il fio
del suo feroce omicidio, pens Flora gemendo. Toccava a lei impedire una tale
ingiustizia, medit, ma per farlo doveva trovare la forza di superare il peso del lutto,
presentarsi in pubblico e fingersi pronta riprendere una vita normale. Si sarebbe
recata innanzitutto alle terme di Agrippa, di cui l'infame Bulbillo frequentava adesso
la palestra
- Cloe, Eufrosine, Olimpiade, preparate i teli, le spugne e gli strigili: si va ai bagni! -
ordin alle ancelle, entrando di getto nei quartieri servili.
Mentre le serve si mobilitavano, felici dell'inattesa novit, Flora entr nel cubicolo
del figlio perduto, dove tutto era rimasto come allora, e si chiuse la porta alle spalle.
Di fianco alla culla vuota giaceva la cassapanca dove aveva conservato le cose del
bimbo: le si strinse il cuore nel vedere, sotto le fasce di lino, la bulla d'oro colma di
inutili erbe taumaturgiche che il suo piccolo non avrebbe mai indossato. Ed ecco gli
unguenti e gli olii da massaggio. Quello che cercava era proprio l accanto.
A Tito Torquato Tricipitino piaceva farsi accompagnare alle terme dal figlioletto,
bench fosse ancora troppo giovane per accedere alle vasche. Fiero di seguire il
padre, Mamerco si accontentava di giocare sulla riva dello Stagnum Agrippae sotto
gli occhi vigili del pedagogo, lambendo ogni tanto l'acqua col dorso della mano.
- Ave Balearico! -salutarono tre padri coscritti, visibilmente desiderosi di parlare a
quattrocchi col collega.
- Hai il permesso di andare a vedere il leone, Mamerco - disse il Balearico senza
fretta, indicando al centro del viale la statua di Lisippo, che raffigurava una poderosa
belva sdraiata. - Ma non salirci sopra, mi raccomando!
Poco dopo ascoltava le lamentazioni dei tre senatori sorseggiando il discreto vinello
all'assenzio servito dal thermopolium dello stabilimento balneare.
- Lentulo ormai fuori controllo - spieg Simmaco, fosco. - Sebbene debba a noi la
sua elezione, nel suo delirio di onnipotenza non si trattiene dal mordere la mano che
lo ha nutrito.
- In effetti, la sua idea di scavare nelle nostre vite private alquanto inopportuna -
comment Tricipitino senza sbilanciarsi troppo.
- Per impedire che ci danneggi, necessario offrirgli un'esca irresistibile - prosegu
Gneo Norico.
- Ora, qual la massima aspirazione del vecchio, da anni a questa parte, se non quella
di affondare i pochi denti che gli rimangono nelle carni vive del senatore Stazio? -
concluse Medullino.
- Lo credo bene - assent il Balearico. - un pezzo che a Roma girano voci sui
rapporti di Stazio con sua moglie!
- Forse sono un po' pi di chiacchiere, mio nobile collega. Ieri ho avuto un
interessante colloquio con la figlia di Gavilio Barbato, che ha notato certe mosse
sospette nel recinto del tempio della Dea Bona proprio nelle mattine in cui Aurelio
era assente dalla Curia
- Se ti metti ad ascoltare quanto sussurrano le comari, Medullino, finirai per dubitare
della castit della tua stessa figlia! - ribatt l'altro in tono sarcastico, mentre annotava
mentalmente un'informazione che avrebbe potuto tornargli utile.
- Stavolta per abbiamo in pugno quel debosciato e lo serviremo a Lentulo su un
piatto d'oro! Pensa, Tito mio, quale posto stupendo sarebbe la Curia senza Publio
Aurelio Stazio! Nessuno pi a sostenere le richieste di Claudio Cesare
sull'allargamento della cittadinanza, nessuno a reclamare le cure mediche per gli
schiavi anziani, nessuno a prenderci per i fondelli quando deliberiamo secondo il mos
maiorum - lo tent Norico.
- L'adulterio un reato grave: lo spediremo in esilio perpetuo in qualche lontana isola
della Britannia, percossa dai venti gelidi dell'Oceano e abitata da una popolazione
esclusivamente maschile! - gongol Simmaco.
- Qual il prezzo? - chiese Tricipitino, che ben sapeva come a Roma nessuno desse
niente per niente.
- Domani, quando all'apertura del testamento Gavilia Barbata entrer in possesso di
un patrimonio superiore a un milione di sesterzi, il suo scialbo consorte Gaio Glabrio
chieder di essere ammesso in Curia. Si tratta soltanto di affrettare la procedura.
- un voto nostro?
- Sicuramente! Al pari di suo padre, Gavilia una conservatrice di ferro ed lei a
pensare e a decidere per il marito. A dirti la verit non occorrerebbe nemmeno che
Glabrio venisse alle sedute, potrei votare io per lui di soppiatto, come faccio di solito
per Medullino, se deve assentarsi - si offr il volonteroso Simmaco.
- D'accordo, vedr quel che posso fare. Intanto soffia all'orecchio di Lentulo il
suggerimento di far seguire sua moglie, quando alle prossime nundinae si sentir
molto pia - annu il Balearico, salutando di lontano Mamerco che rientrava a casa col
pedagogo.
Non c'era niente di meglio che una bella sudata per schiarirsi le idee e lui avrebbe
dovuto averle lucidissime il giorno dopo, per impedire ad Aurelio di toccare certi
argomenti spinosi, si disse poi, ed entrando nel laconicum, cominci a ripassarsi
mentalmente l'arringa.
Decimo giorno
La basilica Giulia era pi piena del solito. Non erano previsti giochi gladiatori n
corse delle quadrighe in quel periodo e, a differenza del teatro, dove si pagava il
biglietto, un bel processo quello di Isaura si prospettava particolarmente stimolante
aveva il vantaggio di essere del tutto gratuito. Era ovvio che un popolo amante delle
sfide e delle relative scommesse quale quello romano, apprezzasse assai le cause in
tribunale, che, di fatto, consistevano in spietati duelli a colpi di retorica tra l'accusa e
la difesa. Al momento, Appio Accio era dato vincente su tutti i fronti, ma le
quotazioni di Aurelio stavano lentamente risalendo.
- Ecco Accio che arriva! - scalpit il pubblico, eccitato come se stesse per assistere a
uno scontro nell'arena.
- Osservalo bene - gli raccomand Statilia e Aurelio si sforz di studiare con
attenzione il suo avversario per leggerne i punti deboli nei gesti, nel portamento, negli
spasmi quasi impercettibili della muscolatura.
Guardandolo mentre salutava calorosamente gli astanti Burzio ed Equino compresi
e li ringraziava per la solidariet, ad Aurelio tornarono alla memoria le parole con
cui Teofrasto, nel suo trattato sui caratteri, aveva tratteggiato l'uomo infido: Il falso
uno che quando incontra i suoi nemici si mette a parlare con loro e non mostra il suo
odio; loda in faccia chi ha fatto a pezzi alle spalle ed esprme la sua partecipazione a
chi ha avuto la peggio
A recitare Accio era un vero istrione, dovette riconoscere il senatore: il sorriso triste,
la bocca sottile irrigidita in una smorfia indignata, il braccio villoso che usciva dalla
toga grezza, sommariamente stirata per suggerire un cittadino modesto senza legioni
di schiavi al suo comando, simile ai tanti che affollavano quel giorno la basilica. Mi
conoscete, sono uno di voi sembravano dire i suoi occhi affabili, e solo il lampo furbo
che di tanto in tanto li attraversava, faceva sorgere il sospetto che l'untuosit della
pelle ne nascondesse un'altra molto pi grave, quella dell'animo.
- Si premurato di presentarsi al meglio: guarda come ostenta di essere in buoni
rapporti con tutti! - comment ansiosa Statilia.
Intanto, i privilegiati che avevano guadagnato l'accesso alla basilica a colpi di gomiti
e talloni, facevano scorrere lo sguardo dall'uno all'altro dei contendenti, incerti sulla
parte con cui schierarsi. Accio riscuoteva simpatia perch era un uomo qualunque,
che viveva nel cenacolo di un'insula e non in una ricca domus dai pavimenti di
marmo, mentre Publio Aurelio Stazio, in piena tenuta curiale, aveva un'aria
autorevole e distaccata, lontana dai problemi che la plebe di Roma si trovava
quotidianamente ad affrontare. Non si poteva trascurare tuttavia il magico fascino del
laticlavio, cos come la disinvoltura con cui il patrizio si muoveva nella larga elisse di
lana ornata dalla fascia purpurea: il Senato era ancora il Senato, a dispetto della
meschinit di certi suoi rappresentanti, e se non era cosa nuova che una popolana
venisse perseguita per un delitto odioso come l'infanticidio, di certo non era ancora
accaduto che a difenderla fosse un padre coscritto di rango consolare.
L'interesse maggiore, per, lo suscitavano le due donne alle spalle del senatore,
Statilia e Isaura, bella e fiera la prima, coi suoi volumina sottobraccio e il diadema di
Berenice tra i capelli; modesta ma decorosa la seconda, che, ligia ai consigli, si era
abbigliata con una semplice tunica scura e teneva la bocca rigorosamente chiusa.
Aurelio stava rileggendo un'ultima volta i suoi appunti, quando scorse tra le file
dell'accusa un lampo bianco e rosso: accanto ad Accio c'era un avvocato con una toga
in tutto e per tutto identica alla sua, laticlavio compreso.
Nello stesso istante il giudice annunci: - Si discute l'accusa di Appio Accio contro
Isaura Vespilla, rappresentata da Publio Aurelio Stazio. A parlare per Appio Accio,
sar invece il suo patrono, Tito Torquato Tricipitino il Balearico.
- Questa non ci voleva! - raggel il senatore, che davanti a un aristocratico di rango
pari al suo, vedeva vanificarsi in un solo istante il peso della sua altissima posizione
sociale.
Ma le brutte sorprese non erano finite: se per il patrizio l'apparizione del Balearico
era stato un colpo gobbo, peggiore fu l'effetto che ebbe su Statilia la comparsa del
praticante che gli porgeva il rotolo dell'arringa.
- Cilo passato al campo avverso! - mormor affranta, mentre Aurelio ringraziava in
cuor suo la prudenza dello zio Vespillo, grazie alla quale il giovane era stato tenuto
all'oscuro degli ultimi sviluppi delle indagini. - Avr certamente letto di nascosto il
mio testo, indicandone al Balearico i punti salienti. quindi probabile che la
controparte conosca a menadito la nostra difesa; che si fa, andiamo avanti come
avevamo concertato o preferisci improvvisare? - sospir la giurista col tono mesto di
un naufrago che, sospinto dai venti nello stretto tra Scilla e Cariddi, pu soltanto
scegliere se dirigere la sua fragile zattera nelle fauci dell'uno o dell'altro mostro.
Le prime parole pronunciate dall'illustre patrocinatore di Accio confermarono infatti
la catastrofe incombente: l'orazione dell'accusa anticipava, contestandoli ad uno ad
uno, tutti gli argomenti che Statilia aveva messo in campo a favore dell'imputata.
- La mia arringa da buttare; sono riusciti a bruciarla prima ancora che tu apra bocca!
- gemette Statilia, sull'orlo del pianto.
Il guaio era grosso, pens Aurelio: a Roma accusa e difesa esponevano i loro
argomenti migliori prima, non dopo l'escussione dei testimoni. Il Balearico stava
finendo la sua orazione, quindi nel volgere di pochi istanti sarebbe toccato a lui
- Non detta l'ultima parola. Presto, portati in prima fila e fingi di voler intervenire! -
la spinse in avanti il patrizio.
- Senatore Stazio, che ci fa qui quella donna? - reag immediatamente il giudice, lo
stesso che aveva suggerito a Statilia di rinunciare alla carriera per mettere al mondo
una nidiata di bambini.
- Si tratta della mia assistente - spieg Aurelio.
- Sai bene che non le concesso di esercitare l'avvocatura! -
- Infatti il difensore dell'imputata sono io.
- Allora falla uscire!
- Perdonami, egregio magistrato, ma non mi sovviene di alcuna legge che neghi alle
femmine il diritto di entrare fisicamente in una basilica per assistere a un processo.
Perch, se cos fosse, dovremmo privarci anche delle testimoni e dell'imputata stessa,
nonch di tutte le affascinanti matrone che siamo felici di ammirare tra il pubblico! -
esclam il patrizio, comprendendo in un largo gesto l'intera folla degli spettatori.
I popolani sul fondo si dettero di gomito, additando le dame di qualit in cerca di
emozioni, tra cui spiccavano Simmaca e Medullina, debitamente munite di uno
sgabello pieghevole su cui sedere comodamente; alle loro spalle, tra Porzia e la
moglie di Lentulo, troneggiava l'abbondante mole di Pomponia, che aveva
guadagnato quella posizione strategica nella speranza di captare qualche frase
compromettente sui rapporti dell'amico con le due aristocratiche signore.
- Non esagerare, o finirai per indisporre il giudice - consigli Statilia sottovoce.
- Ho assolutamente bisogno di prendere tempo. Conosco quel magistrato, un
inveterato ghiottone e questa la terza causa che presiede stamattina, quindi sono
cinque ore buone che non mette nulla sotto i denti - rispose il senatore, proseguendo a
voce tonante: - D'altronde, come dimenticare che femmina anche la stessa Dea della
Giustizia, quella irremovibile Temi figlia di Urano e di Gea, su cui, non a caso, gli
antichi prestavano giuramento? - esclam poi, tentando di menarla per le lunghe. -
Gi Esiodo, nella Teogonia
- Apprezziamo la tua erudizione sui mitografi greci, senatore Stazio, ma si sta
facendo tardi! - lo strigli il giudice, facendo mostra di una certa premura.
- Tutto ci che chiedo il diritto di avere accanto la mia assistente, in modo che possa
passarmi i pugillares nel caso dimentichi qualcosa - insistette Aurelio. - Ti faccio
notare, onorevole magistrato, che non prassi contraria al mos maiorum, dato che
esistono alcuni illustri precedenti, come i celebri episodi di cui furono protagonisti
Marco Antonio l'Oratore e Cicerone medesimo, il quale, pronunciando la Divinatio in
Q. Caecilium nell'udienza preliminare del processo contro Verre
- Siamo qui per giudicare Isaura Vespilla e non Verre, che venne gi condannato il
secolo scorso! - si spazient il magistrato, passandosi ostentatamente le mani sul
ventre: la sera prima il cuoco gli aveva ammanito un'anatra lessa con pinoli e datteri e
ce n'era rimasta un bel po' - Tienti pure vicino la donna, se proprio ci tieni, a patto
per che non apra bocca. D'altronde sappiamo bene come tu non possa resistere a
lungo lontano da qualche gonnella, senatore Stazio!
Statilia arross visibilmente, mentre gli spettatori la segnavano a dito: il giorno dopo
tutta l'Urbe l'avrebbe indicata come la nuova amante dello spregiudicato senatore,
finendo di mandare in pezzi la sua reputazione.
- Comunque ora troppo tardi per ascoltare l'altra arringa; non sarebbe serio valutare
accuse cos gravi a stomaco vuoto. L'udienza rimandata a domani! - decise il
giudice, alzandosi in fretta per guadagnare l'uscita.
- E adesso? - chiese Statilia frastornata.
- Si va a casa a comporre un'orazione completamente diversa da quella che finita
sotto gli occhi di Cilo - rispose Aurelio.
- Ma occorreranno giorni e giorni! - protest vivamente la giurista.
- Beh, noi abbiamo fino a domattina - ribatt il senatore, facendole strada fuori dalla
basilica.
Nello stesso istante in cui Aurelio rincuorava Statilia, a sud del Foro, oltre l'ara in cui
era stato arso il corpo del Divo Giulio, la Virgo Maxima mandava a prendere, tra le
migliaia e migliaia che intasavano gli scaffali dell'Atrium Vestae, il documento
recante il sigillo del defunto paterfamilias dei Gavilii Barbati.
Glabrio sedette assieme alla moglie al tavolo da lavoro della decana delle
sacerdotesse di Roma, senza riuscire a nascondere la tensione: era il gran giorno, il
coronamento di tutte le speranze, Gavilia stava per entrare in possesso di milioni di
sesterzi in solidi, tradizionali beni immobiliari terre, poderi, latifondi, villae
rustiche, fattorie, orti, campi, vigne, uliveti, torchi, frantoi, magazzini, granai, faggeti,
querceti, pioppeti, abetaie, boschi cedui, foreste da selvaggina, fungaie, pascoli,
stabbi, ovili, porcilaie, stalle, pollai, colombari, vasche da piscicoltura, forni e mulini
un patrimonio molto pi ampio di quello necessario per entrare in Senato.
Era sul punto di diventare ricco e far carriera, a poco pi di quarantanni, nel fiore
della virilit e dopo una giovinezza del tutto incolore. Era dunque valsa la pena di
attendere tanto a lungo, rinunciando all'autonomia, al brivido dell'avventura,
all'orgoglio dell'autorit maritale, al diritto di educare i figli avvezzi a prendere
ordini dal suocero o dalla madre, come se lui nemmeno esistesse - e infine alle
rischiose attenzioni della giovane cognata, che minacciavano di invischiarlo in un
rapporto pericolosissimo e senza alcun futuro.
La pazienza e la capacit di piegare la schiena avevano dato i loro frutti, pens
Glabrio e gi si vide in tunica col laticlavio gli avrebbe donato di sicuro agile,
snello, i muscoli tonificati dai quotidiani esercizi in palestra, i capelli folti, il viso
ancora fresco come quello di un ragazzino. Immagin l'ammirazione dei parenti,
l'invidia dei vecchi amici, il dispetto con cui l'avrebbero guardato i fratelli maggiori
che arrancavano dietro a cariche ben pi modeste.
Non era stato un prezzo troppo grande quello di farsi muovere come una marionetta
dalle mani del suocero e di chinare sempre la testa annuendo, assentendo, approvando
senza discutere. Anche la buona sorte gli era stata favorevole, permettendogli di
celare una incauta malversazione che avrebbe potuto rovinarlo: nessuno, per fortuna,
aveva mai saputo nulla del suo furtarello, n il vecchio, n tantomeno la moglie
Gavilia era bisbetica, certo, e pesantissima da sopportare, ma sapeva il fatto suo:
aveva condotto a buon fine l'operazione, spazzando via ogni ostacolo che si
frapponeva davanti al loro trionfo, riconobbe Glabrio grato e, in un impeto di tardivo
affetto, si volt a sorridere alla moglie.
Che aveva da ridere l'imbecille? pens Gavilia Barbata guardandolo di sbieco: era
stata lei a fare tutto il lavoro e quell'inetto ne avrebbe raccolto i frutti soltanto per
essersi sobbarcato la fatica di spezzare la focaccia di farro davanti al Flamine di
Giove e ingravidarla tre volte.
Che iattura, quella di nascere donna ed essere quindi costretta ad esercitare il potere
per interposta persona! si disse. E oltretutto non bastava nascere da lombi illustri
quali quelli di suo padre patrizio, senatore, ex console ; serviva anche un marito
ben piazzato, mentre il vecchio, per soddisfare le sue ambizioni, l'aveva data in
moglie a un misero terzogenito: puntava tutto sul figlio maschio, senza minimamente
sospettarne le predisposizioni ben poco virili, predisposizioni che lei aveva abilmente
coltivato per anni, nella speranza che il fratello non ce la facesse a mettere al mondo
un erede.
A vanificare i suoi progetti era stato il puntiglio del padre, quello sciagurato puntiglio
d'onore per cui, pur di non venir meno alla sua parola, l'onnipotente paterfamilias si
era preso in casa una bambinetta spiantata. A quel punto era stato necessario rivedere
completamente il piano. Ma lei c'era riuscita, tutto era stata capace di sconfiggere,
anche il Fato avverso che all'ultimo momento aveva fatto concepire quella pezzente
di sua cognata.
E ora stava per vincere, in barba al vecchio, in barba al fratello effeminato, in barba
alla straccioncella, in barba al moccioso, in barba anche a quell'incapace di Glabrio,
che grazie a lei sarebbe immeritatamente salito all'altissimo rango della Curia
Dalmatica aveva tanta paura da non azzardarsi quasi a respirare: il rotolo che la Virgo
Maxima stava per aprire avrebbe segnato il suo destino. Morto il marito, morto il
suocero, morto il figlio, morta la fedele liberta, il padre in rovina, il fratello privo di
beni, la sorella consegnata bambina alle Vergini Vestali per risparmiare la dote E,
pi cocente di ogni altro smacco, il rifiuto dell'uomo che aveva creduto di amare.
Ecco, la decana srotolava il papiro, cominciava a scorrerlo.
Dalmatica chiuse gli occhi, tenendosi una mano sul petto come se il cuore dovesse
scoppiarle da un istante all'altro.
La Virgo Maxima lesse con calma, scandendo bene ogni parola.
- Al frutto del ventre di mia nuora, se nascer vivo, spetter l'intero mio patrimonio,
che gli verr trasmesso immediatamente, affinch alla sua morte lo ceda ai suoi pi
prossimi consanguinei, ad esclusione di ogni altro erede. Nel caso invece il bambino
dovesse nascere morto, ogni mia propriet sar commessa, ad esclusione di ogni
altro erede, al nostro beneamato prncipe, Tiberio Claudio Cesare, perch lo usi a
vantaggio del bene comune.
- C' un errore! - scolor Gavilia Barbata. - Non il documento che mio padre mi
lesse subito dopo il suicidio di mio fratello. Nominava me come beneficiaria,
specificando in un secondo documento come aggirare la Lex Voconia con un apposito
espediente legale perch, in assenza di maschi, potessi accedere alla successione
bench femmina!
- questo - disse la decana indicando un secondo foglio. - Per quanto riguarda le
istruzioni di cui mi fai cenno, il tuo nobile padre Gavilio Barbato ce le aveva infatti
consegnate. Tuttavia, pochi giorni prima della sua morte, chiese di modificare le sue
ultime volont, togliendo ogni riferimento alla tua persona.
- Che significa? - domand Glabrio perplesso: doveva essere accaduto qualcosa di
grave, se sua moglie era tanto agitata
- Che a intascarsi i nostri soldi sar quell'idiota di Claudio Cesare! - inve la matrona
sull'orlo di una crisi isterica.
- Ti sbagli - rettific la Virgo Maxima. - Essendo nato vivo, il bambino si trovava in
condizione di ereditare, nonch di trasmettere i beni posseduti ai suoi consanguinei. E
poich il testamento ci fornisce l'appiglio per superare la vecchia Lex Voconia de
mulierum hereditatibus, unico ostacolo alla successione di un'erede di sesso
femminile, l'intero patrimonio spetta ora alla madre superstite del piccolo defunto,
Cecilia Longina Dalmatica.
- No! Mio padre non pu avermi fatto questo! - grid Gavilia, mentre Glabrio chinava
gli occhi, spossato: il vecchio doveva essere venuto a conoscenza del furto, e,
subdolo e vendicativo com'era, li aveva illusi fino in fondo quale errore fatale
avevano commesso, lui e sua moglie, nel supporre che tra loro e le ricchezze dei
Barbati ci fosse soltanto un fragile lattante!
- Che quel cane rognoso di mio padre sia maledetto, che vaghi per sempre nella
palude Stigia, che venga tormentato per l'eternit dal tridente del giudice infernale
Minosse! - irruppe Gavilia e si volt per scagliarsi con rabbia sulla cognata seduta
alle sue spalle.
Ma la cathedra di vimini era vuota: sopraffatta dall'emozione, Dalmatica giaceva a
terra priva di sensi.
Il dodicesimo chiodo cadde dalla candela oraria mentre Statilia, sfinita, posava la
testa sul tavolo, tra i codici, gli appunti e i resti della parca cena che il cuoco Ortensio
aveva servito poco prima.
- Ci siamo scordati di citare il vecchio fidanzato di Isaura! - esclam Aurelio,
rovistando tra i fogli.
- Lascia che sia l'accusa a convocarlo: se la tua ramanzina stata efficace avranno
una brutta sorpresa!
Il patrizio annu, arrotolando l'arringa. Lavoravano ininterrottamente dall'ora sesta e
si sentiva ronzare la testa.
- Coraggio, siamo quasi alla fine. Che ne dici di questo pezzo? Ma perch, o giudici,
dilungarmi? Valutate la coscienza e l'autorit di tanti testimoni giurati, che
deporranno sulla fiducia che la madre defunta riponeva nella nutrice, sulle cure
amorose che questa prestava al bambino e sulla gracilit di qualunque infante
appena uscito dal grembo materno. Che volete di pi? Questa la difesa
dell'innocente, la voce univoca della verit!
- Non farina del tuo sacco; hai desunto un paio di battute dalla Pro Caelio di
Cicerone - rispose lei sbadigliando.
- Probabilmente il giudice non le riconoscer - sogghign Aurelio.
- Ma a proposito di Cicerone ignoravo il precedente dell'udienza contro Verre!
- Lo credo bene: l'ho inventato l per l per scongiurare il disastro.
- Sei un imbroglione, un mistificatore, un ciarlatano senza scrupoli che si diverte a
gabbare i galantuomini! Come potrei mai fidarmi di te? - lo rimprover Statilia, ma
stavolta la bocca era atteggiata a un largo sorriso.
Un istante pi tardi la ragazza si appoggiava sbadigliando al bracciolo del lettuccio
elucubratorio e cedeva al sonno senza nemmeno accorgersene.
Dormiva gi profondamente quando Aurelio le sollev le gambe per raccoglierle sul
giaciglio. Le caviglie erano snelle come quelle di una puledra, i polpacci ben torniti,
la pelle liscia e levigata, ammir, deplorando di essere troppo stanco per proseguire
l'ispezione.
Troppo stanco perfino per dormire, perch nella testa gli frullava una ridda di
pensieri. L'arringa. Il processo. Isaura. I bambini morti. Castore. Pomponia. Gli
schiavi che se ne erano andati, lasciando la casa incredibilmente vuota e silenziosa.
Che cosa volevano da lui? Non erano forse i domestici pi pagati di Roma? Non
godevano di ottimi pasti, bei vestiti e parecchio tempo libero? E, soprattutto, dove
erano andati a cacciarsi per dormire: sotto i ponti del Tevere, forse? Non appena
terminata la causa, avrebbe dovuto sistemare quella spinosa faccenda. E scoprire se il
segretario era davvero partito per la Cilicia. E chiedere scusa a Pomponia. E
rabbonire Urania. E togliersi di torno Bulbillo. E smascherare chi aveva ucciso il
piccolo Postumo. E mettere insieme qualche straccio di giustificazione per evitare
l'espulsione dal Senato.
Prima per era importante riposare un po', si ripromise, posando la testa in grembo
alla giurista gi addormentata. Era in gamba, Statilia, gli piaceva malgrado le sue
durezze, o probabilmente proprio per quelle. Lo appagava lavorare con lei, battersi al
suo fianco e anche contemplarla mentre dormiva sfinita come dopo l'amore, pens
mentre precipitava in un breve sonno agitato.
La prima cosa che Statilia avvert, risvegliandosi, fu il peso del capo di Aurelio sul
suo seno. Dormiva ancora, pens intenerita, provando l'istinto improvviso di
avvicinare le labbra alle sue. Ma che stava facendo, le aveva forse dato di volta il
cervello? si riprese immediatamente, spingendo via l'importuno dal suo giaciglio.
- Sveglia, ora di andare! - disse scuotendolo. - E non sognarti mai pi di adoperarmi
come guanciale!
- Mai sonno fu pi ristoratore - sorrise lui stiracchiandosi.
- Mettiamo subito una cosa in chiaro - fece lei drastica. - C' stata una emergenza, ma
d'ora in poi basta lavorare fuori orario!
- Temi forse per la tua reputazione? In effetti, il fatto di aver trascorso la notte in casa
mia potrebbe essere male interpretato dai pettegoli
- Non sono le chiacchiere dei maligni a preoccuparmi, tuttavia ho abbastanza rispetto
di me stessa da tenerti a distanza.
- Sono tanto sgradevole?
- La ragione un'altra. Anzi le ragioni, perch sono parecchie. Si chiamano Camilla,
Medullina, Simmaca, Porzia, Valeria, Lollia Antonina, Cornelia Pulcra, la cortigiana
Cinzia, la vestale Numanzia, la moglie di Lentulo e chiss quante altre credi che ci
tenga a farmi aggiungere alla lista? - chiese in tono piuttosto altezzoso.
- Non mi risulta di avertelo mai chiesto - le ramment il senatore e per Statilia fu
come se una lama sottile, ma molto acuminata, le attraversasse il petto.
- Bene facesti! - ribatt contrariata. - Sei padrone di approfittare di tutte le femmine
che ti pare, purch
- un'accusa ingiusta, Statilia - rettific Aurelio. - Io non uso le donne, non le
colleziono, non le seduco, non le conquisto. Io le amo.
- Tutte e quante? - replic inviperita la giurista.
- Ho un cuore molto grande! - si giustific lui allargando le braccia, per poi portarle
subito a difesa del viso, in previsione del lancio di un nuovo, pesante volumen.
Ma il colpo non venne. Raccolta la stola dal lettuccio, la giurista se la mise sulla
spalla e usc in silenzio, alla ricerca di uno specchio davanti a cui pettinarsi.
Aurelio desider rincorrerla per dirle quanto era bella e brava, ma l'espressione ostile
con cui lei serrava le labbra lo persuase a desistere: non c'era tempo per le
schermaglie amorose, il processo stava per avere inizio.
XI
Undicesimo giorno
Aurelio friggeva: dopo la sua arringa di apertura, che Cilo aveva ascoltato con un
vacuo stupore sul viso, l'iniziativa era passata all'accusa.
Numerosi testimoni bene imbeccati avevano gi deposto sull'alta statura morale
dell'accusatore, al chiaro fine di screditare l'imputata. S, il caro Accio era un modello
di marito e di padre, affermarono in coro, aveva commesso un'unica imprudenza,
quella di prendersi in casa la serpe, la lupa, la puttana, la strega. No, a dire il vero non
l'avevano mai vista prostituirsi, n adescare, e nemmeno lanciare il malocchio, ma
bastava guardarla in faccia per capire che donna era, comunque lo dicevano tutti e si
sa, vox populi, vox dei.
- Ah, Numi crudeli! Perch non avete portato all'orecchio di un probo cittadino quale
Appio Accio la fama immonda della sciagurata che si apprestava ad ospitare sotto il
suo tetto? - invoc in tono enfatico Tito Torquato Tricipitino. - Se voi, o Dei, foste
stati pi clementi, gli avreste concesso di apprendere la condotta spudorata di Isaura
Vespilla da un uomo che la conosceva tanto bene da rifiutare di sposarla. Quell'uomo
ora qui e nessuno meglio di lui pu riferirci sulla sua scostumatezza. Chiamo a
deporre il primo fidanzato di Isaura Vespilla, Lucio Prossimo!
Poco dopo Aurelio entrava in cucina, dove aveva preso l'abitudine di farsi servire il
pasto serale, per sgravare dell'ennesimo lavoro gli unici tre servi rimasti, soli a gestire
una delle domus pi grandi dell'Urbe.
- Hai fame, padrone? - lo accolse una giuliva Pirippe. Seduta su uno sgabello, la
giunonica balia teneva una gallina pigolante nella salda presa del braccio sinistro,
mentre col destro stava per afferrarle brutalmente il collo.
Il patrizio vide lo sguardo terrorizzato del volatile e si mise nei suoi panni:
prigioniero, immobilizzato, senza altro da fare che attendere la morte.
- Mitte, mandala libera! - ordin, graziando la pollastra con la mano aperta, come si
faceva coi gladiatori dell'arena.
La gallina pigol di nuovo, con un lungo chioccio gemebondo. Il verso lamentoso, il
becco curvo, la pupilla umidiccia e la cresta rossa che spiccava sul bianco del
piumaggio come il laticlavio sulla toga, la facevano assomigliare un po' al vecchio
Lentulo, tanto che per un attimo Aurelio fu tentato di ritornare sulla decisione di
risparmiarla.
I vorticosi avvenimenti in cui si era trovato coinvolto, infatti, lo avevano indotto a
trascurare le minacce del severo supplente. Che scusa poteva propinargli per motivare
le assenze dalla Curia? La cefalea era un'arma ormai spuntata e un preteso incendio
del Tempio Capitolino valeva al massimo per una volta, cos come un'alluvione del
Tevere, il crollo di un'insula o qualsivoglia altra catastrofe naturale. Purtroppo,
avendo irriso pi volte i colleghi a proposito dell'oracolo dei sacri polli, anche la
rivelazione di un responso infausto sul gradimento del becchime gli era ormai
preclusa, senza contare che, poich l'Urbe vittoriosa aveva sottomesso tutti i suoi
nemici, non vi erano nemmeno barbari a cingere Roma d'assedio, fornendo ai senatori
galanti una comoda giustificazione per disertare le sedute curiali.
S, il guaio era grosso, ammise un Aurelio piuttosto cupo, che di tutto aveva bisogno
in quel momento salvo di vedere tirare il collo a una gallina.
- Libera subito quella povera bestia, sono arcistufo della tua dieta! - comand quindi
alla perplessa Pirippe. Gli schiavi non avevano tutti i torti, era necessario smantellare
il pollaio e rispedire la balia nella sua aia campestre, si sorprese a pensare; tuttavia,
non poteva certo prendere una simile decisione mentre si trovava sotto ricatto,
facendo la figura di chi cede alle intimidazioni
In quel momento Pirippe apr le braccia e la pollastra, finalmente libera, svolazz
verso il cortile con l'impeto di cui avrebbe dato prova un campione nello stadio di
Olympia davanti alla pezzuola bianca che segnava l'inizio della corsa.
Pur avendo obbedito, per, la balia non era affatto convinta: - Le galline esistono
apposta per essere mangiate, domine, non come i tanti uccelletti che ci rallegrano col
canto sai che nella casa dei Gavilii Barbati c' una macchina che segna l'ora
imitando i loro versi?
- L'orologio ad acqua - annu Aurelio.
Fin dai tempi pi remoti, gli uomini avevano inventato congegni per misurare il
tempo, primo tra tutti la meridiana, il cui pi grande esemplare, al Campo Marzio,
utilizzava addirittura come gnomone l'obelisco egizio del faraone Psammetico: i
quiriti andavano molto fieri di quell'opera gigantesca e di grande effetto
propagandistico, commissionata da Augusto al matematico Facondo Novo, anche se,
a dire il vero, si guardavano bene dal fidarsi delle sue indicazioni, notoriamente
inesatte
Ma c'erano macchinari ben pi precisi: Aurelio ricordava ancora il suo stupore
quando, visitando per la prima volta Atene, si era trovato a contemplare il grande
orologio ottagonale che chiamavano Torre dei Venti. E le meraviglie della tecnica
erano andate anche oltre: molte citt dell'Oriente ellenistico possedevano calcolatori
estremamente complessi, capaci di indicare non soltanto l'ora e il giorno, ma perfino
il mese e l'anno, nonch il moto dei pianeti e le fasi della Luna.
I cittadini comuni, ovviamente, si accontentavano delle clessidre o delle candele
graduate, ma nelle grandi case era ormai di gran moda esporre qualche marchingegno
spettacolare, esibito apposta per far colpo sugli ospiti: cos vi erano orologi che
mettevano in moto complessi automi, in modo che lasciassero cadere cascatelle
d'acqua nei bacili o facessero suonare canne d'organo con tonalit diverse a seconda
delle ore estive o invernali.
Quello della casa dei Gavilii Barbati doveva essere di questo tipo, pens il patrizio,
mentre Pirippe proseguiva: - La prima volta ho creduto a una magia, poi mi hanno
spiegato che era un organo, ma a dire il vero non ho capito di che cosa si trattava.
Canne di diversa lunghezza, che emettevano suoni differenti, comprese Aurelio,
rammentando gli splendidi disegni ammirati nei volumina di Archimede, Ctesibio e
Vitruvio. All'improvviso si rivide davanti la successione degli uccelli dipinti
sull'orologio che troneggiava nell'atrio dei Gavilii: III pettirosso, IV scricciolo, V
usignolo, VI allodola, VII merlo, VIII codirosso e via dicendo.
- Ricordi quando mi hai riferito di aver sentito suonare l'orologio, subito prima che
Elettra rinvenisse il bambino morto? - chiese, in preda a un dubbio improvviso.
- S, fischi il merlo - rivel Pirippe sicura. Com'era possibile? I volatili erano dipinti
nell'ordine in cui cantavano: tra l'usignolo che aveva suonato all'ora quinta, ovvero
mentre Dalmatica salutava il figlio e il merlo, c'era soltanto un altro uccello,
l'allodola.
Secondo l'orologio, quindi, le ore trascorse dall'uscita di casa dei tre Gavilii e la
scoperta del cadaverino, sarebbero state due in tutto.
Eppure le cose stavano diversamente, perch la terribile notizia aveva raggiunto la
casa di Pomponia poco dopo la libagione, e cio all'ora ottava: le ore dunque erano
certamente tre, anzich due, e a cantare sarebbe toccato al codirosso.
La macchina, di conseguenza, doveva essere stata manomessa. Ma da chi e a quale
scopo?
Era importante dare al pi presto un'occhiata a quell'orologio, si ripromise il senatore:
lo avrebbe fatto non appena finita la causa, quando e se Isaura fosse stata
completamente scagionata.
XII
Dodicesimo giorno
Chi fosse passato il giorno dopo nella Regio VI a settentrione dell'Urbe, avrebbe visto
un palanchino pubblico dall'aria piuttosto instabile costeggiare gli orti verdeggianti
appartenuti al grande storico Sallustio. I magnifici giardini che digradavano verso la
strada con una serie di terrazze sorrette da contrafforti, rivaleggiavano in lusso e
magnificenza soltanto con quelli del vicino Collis Hortulorum, di cui si era
rapacemente appropriata l'imperatrice Messalina, costringendo al suicidio il legittimo
proprietario Valerio Asiatico.
E fu proprio verso il Collis Hortulorum che il veicolo si diresse, costeggiando l'altura
su cui il celebre buongustaio Lucullo aveva trapiantato gli alberi da frutto scoperti nel
corso dei suoi viaggi in Oriente, tra cui i pruni di Keraso, le cui dolcissime bacche
rosse facevano impazzire tutti i buongustai dell'Urbe.
- Di l! - ordin Aurelio ai portatori, pi lenti ancora della tartaruga che il Dio Ermes
aveva sacrificato per fabbricare la prima lira.
Poco dopo il palanchino si lasciava alle spalle le prospere verzure per piegare a
destra, alla ricerca dell'agglomerato di casupole dietro alla Salaria Vetus dove,
secondo le informazioni raccolte da Castore, era situato l'ergastulum di Strutto.
In quella zona periferica il panorama era molto meno gradevole all'occhio: la strada si
faceva polverosa e gli edifici sporadici erano intervallati da sepolcri in rovina, a cui
nessuno recava pi pie offerte votive.
Il senatore caracollava sul sedile sgangherato, sorretto dai due portatori inesperti che,
ignari della simmetria, rischiavano di sbalzarlo in terra ad ogni passo. Il percorso
finiva dunque per assomigliare alla navigazione su un mare in burrasca, pi che a una
amena passeggiata all'aperto, pens Aurelio, tenendosi la mano sullo stomaco, che
per fortuna era molto robusto. I suoi fidi lettighieri lo avrebbero accompagnato a
destinazione in met del tempo e senza scosse, stava dicendosi, prima di ricordare
all'improvviso che, lungi dall'essere fidi, i nubiani stavano ora minando con una
intollerabile sedizione la sua autorit di dominus e paterfamilias.
All'ennesimo sussulto il palanchino flett su un lato, inchiod bruscamente e defunse
del tutto.
- La stanga destra andata, domine, ci vorranno ore per ripararla. Se lo desideri,
possiamo provare a prenderci la sedia in spalla - allargarono le braccia i portatori.
Declinata l'offerta, il patrizio prosegu a piedi, immerso nei suoi pensieri che erano
molti, confusi e piuttosto foschi.
La sua brama di stanare Strutto aveva senza dubbio a che fare con il processo di
Isaura, ma vi giocavano un ruolo decisivo anche i due pestaggi subiti
dall'energumeno, un affronto difficile da mandar gi per l'orgoglio di un patrizio
romano. Il primo assalto aveva avuto luogo accanto alla residenza di una delle
piccole vittime, mentre lui stava spiando una conversazione che aveva come oggetto
un bambino. All'inizio aveva dato per scontato che i due misteriosi interlocutori
stessero parlando del piccolo Postumo, il cui cadaverino bluastro giaceva nella casa
attigua. Col tempo, per, aveva cominciato a sospettare che il bambino in questione
fosse un altro ed era anche convinto di sapere di chi si trattasse. Dato il silenzio
ostinato di Isaura, tuttavia, soltanto Strutto in persona avrebbe potuto
confermarglielo.
Strutto il fanatico, patito della quadriga rossa. Strutto lo sfregiato, bullo di quartiere.
Strutto l'affarista, trafficante di carne umana. Poteva immaginarselo nel cubicolo di
Appio Accio, forse, ma non certo nei ginecei delle ricche domus in cui si erano spente
le altre due piccole vittime.
Dunque, nulla dimostrava che tra le tre morti esistesse davvero un nesso, oltre alla
lontana parentela delle madri a cui alludeva la pretesa maledizione.
"figlia del marito della sorella del cognato del patrigno del cugino della zia del
genero della madre del nipote della suocera ".
Nelle orecchie del senatore rintronava ancora la voce squillante di Pomponia, persa
nella sua rete intricatissima di labirintiche genealogie.
Chiacchiere, vuote chiacchiere. Se fino a un certo punto dell'indagine l'ipotesi di un
oscuro complotto o di una perfida congiura era stata plausibile, l'assassinio di Elettra
le toglieva ogni credito: la liberta era stata uccisa in quanto testimone scomoda di un
unico infanticidio, quello del piccolo Postumo, probabilmente a causa di uno
scabroso dettaglio legato al nome "Filomena". Un dettaglio sepolto nei recessi della
memoria, da cui prima o poi avrebbe potuto riemergere. Ecco perch l'assassino
aveva ritenuto indispensabile chiuderle la bocca!
Era proprio dall'ultimo delitto, dunque, che bisognava partire. Ma come? Il controllo
degli alibi serviva a poco, visto che tutti i sospetti si erano dati appuntamento alle
terme proprio quel giorno: Glabrio, Gavilia, Dalmatica, Flavia Flora, Urania, il
Balearico e perfino Bulbillo.
Al pensiero del ragazzino, Aurelio si rabbui: non riusciva pi a fare un passo senza
trovarselo d'attorno, come se avesse trasferito su di lui l'affetto e la considerazione
cercati invano nel padre. Ai suoi occhi, invece, Bulbillo era soltanto un sospetto come
gli altri, anzi pi degli altri, per via delle lunghe passeggiate solitrie: di fatto, la casa
in cui viveva era abbastanza vicina a quella dei Gavilii Barbati sulla Velia ed
entrambi si trovavano alle porte della Suburra
A dire il vero, il senatore proprio non ce lo vedeva Bulbillo ad ammazzare dei neonati
inermi, ma non doveva dare nulla per scontato, perch infinite erano le aberrazioni
dell'animo umano.
Bastava infatti aver letto qualche pagina di mitologia o aver assistito a un paio di
tragedie greche per conoscerne un vasto campionario: vi comparivano fratricidi,
torturatori, mangiatori di carne umana e perfino bruti come Neottolemo figlio di
Achille, che passavano da eroi per aver schiantato un bimbetto contro un muro e
averne poi ingravidato la madre affranta.
La vedova di Ettore che vede la testa del suo piccolo Astianatte aprirsi come un
popone maturo, mentre l'indegno rampollo del Pie Veloce le strappa le vesti. Atreo
che uccide i figli di Tieste e li ammanisce in mensa al padre inconsapevole. Medea
che leva la mano sulla sua stessa prole, per vendicare l'infedelt di Giasone. Procne
che fa a pezzi il suo primogenito per darlo in pasto al marito Tereo, colpevole di
averle violentato la sorella Filomena, tagliandole la lingua affinch non fosse in grado
di rivelare il misfatto
Aurelio si ferm di botto, colpito da un pensiero improvviso.
Nella leggenda, gli Dei pietosi trasformavano Procne e sua sorella in una rondine e in
un usignolo, ricord il patrizio: Filomena o Filomela, in greco significava "amante
del canto" e con questo nome si usava designare l'usignolo. Che fosse questo
l'autentico messaggio nascosto nel nome che le labbra di Elettra avevano pronunciato
in punto di morte?
Ma non c'era tempo per riflettere sugli altri delitti, adesso. Doveva prima ingegnarsi a
catturare Strutto: messa a confronto con il suo amante, Isaura avrebbe forse rivelato
la verit in tempo per vincere la causa, auspic Aurelio avanzando lungo la sterrata
ricoperta di erbacce verso un grappolo di capanne fatiscenti, che si abbarbicavano con
una tettoia a una vecchia tomba negletta sotto un olmo solitario.
Pietre scrostate, mattoni rotti, gradini corrosi, uscio marcio. Quello era di certo uno
dei peggiori ergastula che avesse mai visto, pens Aurelio indignato, scrutando il
covo di Strutto dall'unica feritoia aperta nel muro.
All'interno qualcuno si muoveva, intonando una tristissima cantilena.
Di fatto, la bambinetta che modulava le note con la voce sottile aveva ben poche
ragioni di stare allegra: i capelli erano raccolti in un unico groviglio stopposo, il viso
smunto appariva coperto di croste e le braccia erano segnate da graffi, lividi e morsi
di pulci e zecche.
Al collo portava il collare degli schiavi e tra le braccia stringeva un fantolino ridotto
pi o meno come lei. Altri tre servetti, magri come scheletri, giacevano su un unico
pagliericcio sporco, troppo deboli perfino per reggersi in piedi.
Quella non poteva essere Roma, pens Aurelio sconvolto: aberrazioni simili
accadevano in oscuri villaggi di confine, tra popoli barbari, in lande desolate ancora
ignare della civilt dell'Urbe.
In cuor suo, per, il patrizio sapeva che tanti altri taciti drammi si dipanavano
quotidianamente a due passi dai Fori.
I bravi quiriti non gradivano vedere relitti umani trascinarsi per le vie del centro,
insozzare con le loro piaghe il marmo dei portici, esibire pubblicamente corpi
rinsecchiti, visi senza speranza, mani sporche di fango e di escrementi. Che tali reietti
esistessero e conducessero la loro misera esistenza in celle senz'aria, senz'acqua e
senza luce, erano particolari che si preferiva rimuovere, per continuare
tranquillamente ad avvalersi di una vasta manodopera a costo stracciato nei campi,
nelle officine e nelle miniere.
Ma Publio Aurelio Stazio non avrebbe tollerato una simile ipocrisia. Roma era la
legge, l'ordine, la civilt. Roma era la luce nelle tenebre, una luce che in quel
momento spettava a lui tenere accesa.
- Strutto morto - annunci sbrigativo Aurelio, non appena Isaura fu uscita dai
recessi del tempio di Diana Planciana. Poi si mise ad attendere pazientemente che la
donna spandesse una adeguata quantit di lacrime.
- E ora, la verit - ingiunse dopo l'ultimo singhiozzo.
- Ma sei sicuro che sia morto davvero? Perch altrimenti mi ammazzerebbe di
botte
- stecchito. Defunto. Trapassato. Estinto. Si trova in viaggio sulla palude Stigia con
la barca di Caronte, anzi gi arrivato a riva e sta per entrare nella caverna dell'Ade -
le assicur il senatore.
Isaura emise l'ennesimo sospiro, poi parve rasserenarsi: aveva dedicato i suoi anni
migliori a un uomo, facendone il fulcro della sua vita, ma chiss perch ora si sentiva
pi leggera, come se si fosse tolta un peso di dosso.
- A questo punto inutile tacere ancora - tir su con il naso, mentre cominciava a
snocciolare uno per uno alcuni fatti piuttosto interessanti, mostrandosi adeguatamente
rassegnata, ma non poi tanto mesta.
- Molto bene! - fece Aurelio quando ebbe finito. Si poteva ancora vincere la causa, si
disse, e, congedata la sua protetta, accanton momentaneamente la questione per
dirigersi verso casa, dove lo aspettava un problema pi immediato, ovvero quello di
rabberciare le numerose ecchimosi in tempo per prospettarsi in maniera convincente a
Simmaca e Medullina.
Di fatto, ne aveva troppe per tentare di nasconderle: a quel punto conveniva
addirittura esibirle, sperando che le due matrone soggiacessero al fascino di una
mascolinit piuttosto combattiva
XIII
Tredicesimo giorno
La basilica era tanto piena che perfino i padri coscritti e le matrone pi in vista
avevano dovuto rinunciare allo sgabello pieghevole.
- infame perseguitare quella poveretta! Tutti sanno che la sorte del bambino era gi
segnata dalla maledizione! - disse Porzia Minore al suo sposo l'Augure, che aveva
sfidato i reumatismi per assistere al grande avvenimento. - Ma Publio Aurelio sapr
scagionarla, vedrai, talmente abile
- Un uomo di indubbio valore - le fece eco Simmaca con un sorriso compiaciuto. -
Non capisco proprio che cosa aspettino ad eleggerlo princeps Senatus al posto di quel
tedioso di Lentulo!
- Zitta, donna, che ne sai tu di politica o di avvocatura? - la redargu il padre, venuto a
sostenere il collega Balearico.
- Come vedi, c' chi non disdegna i consigli di una femmina - osserv Medullina
indicando Statilia, per poi proseguire sottovoce, rivolta all'amica: - Hai visto come si
tirata a lucido la secchioncella? Non creder di farci concorrenza, vero?
Pomponia, che si era piazzata proprio dietro alle tre matrone per origliare eventuali
indizi di tresche clandestine, rizz le orecchie: avrebbe dato una bella lezione al suo
amico troppo riservato, snocciolandogli per filo e per segno tutti i segreti che lui si
rifiutava ostinatamente di condividere
- Secondo me, l'imputata innocente. Ci vuole poco perch un neonato muoia senza
una ragione apparente: capitato anche a mio nipote - osserv Glabrio, che era corso
in basilica malgrado il ferreo divieto della moglie.
- Eppoi lo conosciamo quell'acqua cheta di Appio Accio: si atteggia a civile ed
onesto, ma non c' prevaricatore peggiore di lui! Senza contare la storia di quegli
strani ululati, che fa rizzare i capelli in testa - osservarono all'unisono Burzio ed
Equino.
Il clamore della folla, che discuteva accanitamente, si plac per un attimo quando si
presentarono i contendenti: Accio, Tricipitino il Balearico e Cilo da una parte; Isaura,
Publio Aurelio e Statilia dall'altra.
Malgrado le poche ore di sonno, il senatore faceva la sua figura, grazie a Paride che si
era preoccupato di far lavare e stirare la toga presso la migliore fullonica del
quartiere. Chi tuttavia avesse avuto agio di osservarlo da vicino, avrebbe notato il
leggero strato di cerone con cui un frettoloso barbiere pubblico certamente non
all'altezza del raffinato Azel si era sforzato di dissimulargli le contusioni dovute ai
pugni di Strutto sulla guancia sinistra e i graffi di due paia di taglienti unghie
femminili su quella destra.
- Devi essere un terribile piantagrane, non ti ho mai visto senza lividi in faccia! -
comment la giurista, scrutando con occhiuta curiosit non soltanto il braccio
fasciato, ma soprattutto i segni che pi diffcilmente erano attribuibili alla
colluttazione con Strutto.
- Se non altro, adesso possiamo far deporre la nostra assistita - le ricord il patrizio.
- Gratular tibi, mi congratulo. Per, la prossima volta che ti chiedo di cercare un
testimone, cerca di portarmelo vivo!
- Sei pronta? - chiese Aurelio e Isaura assent con un lieve cenno del capo.
- Conoscevi la moglie del tuo accusatore, prima di essere assunta come nutrice?
- S. Eravamo entrambi gravide e ci piaceva parlare dei nostri futuri bambini, anche
se io temevo che Strutto non mi avrebbe lasciato tenere il mio, com'era gi accaduto
col primo.
Tito Torquato Tricipitino il Balearico sent il sangue defluirgli dalla testa e precipitare
gi, verso la punta dei piedi. Il capogiro lo fece oscillare: per fortuna nessuno aveva
notato il suo mancamento, si disse, respirando a fatica prima di ritrovare l'abituale
compostezza.
- Era gi molto grossa quando Accio la percosse di brutto. Lui non era come Strutto,
che me le dava soltanto nei fumi del vino, la picchiava ogni volta che qualcosa gli
andava storto, per sfogarsi, per sentirsi importante. E minacciava di ammazzarla, se
gli avesse partorito di nuovo un figlio morto, o un'inutile femmina.
- Su questa favola non esiste riscontro alcuno! - protest Cilo, giacch Tricipitino, il
principale patrocinatore, pareva aver perso l'uso della parola.
- Ti sbagli: il vicino di casa vide Appio Accio mentre batteva la poveretta ed
disposto a deporre in aula! - lo sment Aurelio, che aveva convinto il marito della
megera sorda a testimoniare per far rabbia alla moglie. - Che accadde dopo? - chiese
poi a Isaura.
- Una sera che era particolarmente in collera le moll un calcio nel ventre che le fece
perdere il bambino.
Il Balearico trasecol, chiedendo spiegazioni al suo assistito, che pareva ancora pi
stupito di lui. Tra gli astanti, nel frattempo, correva un mormorio di meraviglia, che si
trasform presto in un bailamme di commenti, proteste ed esclamazioni indignate.
- Era agghiacciata dalla paura, temeva che lui le avrebbe dato la colpa, facendogliela
pagare cara. Cos si imbott di cuscini e finse di portare a termine la gravidanza.
- Che speranza aveva di nascondere a lungo la verit?
- Gli avrei dato il bimbo che stavo per mettere al mondo: per me era meglio cos,
piuttosto che Strutto me lo portasse via. Almeno lo avrei visto crescere, senza essere
costretta a spiarlo di nascosto, accanto al suo nuovo padre
- Hai nulla da eccepire, nobile Balearico? - chiese il senatore rivolto al suo
avversario, che lo guardava terreo.
Il magistrato, intanto, tentava di sedare il clamore della folla: - Silenzio, o faccio
sgombrare l'aula! - intim, tra l'offeso stupore del pubblico. Che novit era mai
quella? si chiedevano i bravi quiriti: da che mondo era mondo o almeno dalla
fondazione dell'Urbe, il che per un romano era la stessa cosa i processi si erano
sempre discussi a voce tonante, tumultuando, accapigliandosi e scommettendo forte.
- Ehi, patrono, non lascerai che quella strega se la cavi spargendo fango su di me,
vero? - protest Accio, livido.
- Taci! - gli chiuse la bocca il Balearico, ormai preparato al peggio. Publio Aurelio
stava per sferrare il colpo definitivo, prendendosi la rivincita per tutti gli alterchi in
Senato, per la minacciata espulsione dal consesso dei padri coscritti, per quel
patrocinio che lui aveva voluto assumere apposta per metterlo a tacere
Portatosi al centro della basilica, infatti, Aurelio si rivolse direttamente al pubblico: -
Chiamo ora a deporre una derelitta, unica sopravvissuta di una partita di otto piccoli
schiavi che Strutto compr anni or sono, nella speranza di rivenderli con profitto se
fossero campati. L'ho trovata ieri in una specie di canile, coperta di piaghe purulente,
quindi mi scuso se il suo aspetto potr turbare i pi sensibili - disse facendo
avanzare la ragazzina scheletrica, col viso devastato dalla scabbia. - Vedo che tra il
pubblico qualcuno distoglie lo sguardo. Vi stupite, quiriti? Non vi siete mai chiesti da
dove vengano i giovinetti che vi servono a tavola, in bagno o magari nel letto?
- Non siamo qui ascoltare la tua solita concione sui servi maltrattati, Stazio, n per
processare Strutto, che a quanto mi risulta non pi tra i vivi! - lo richiam il giudice.
- Mi auguro perci che tutta questa pantomima abbia a che fare col caso in
discussione e tu non stia soltanto approfittando della nostra pazienza.
- La deposizione pertinente, magistrato. Sar rapido e stringato, in modo da finire
per l'ora di pranzo! - assicur il senatore, proseguendo l'interrogatorio.
- Di chi sei figlia?
- Non lo so.
- Quanti anni hai?
- Non lo so.
- Come ti chiami?
- Non lo so. Ma siccome non avevo un nome da abbreviare, hanno cominciato a
chiamarmi soltanto Illa.
Tra il pubblico si ud un gemito e con la coda dell'occhio Aurelio intravide, in mezzo
alla folla, la mole poderosa di Pomponia, che aveva soccorso la ragazzina e i suoi
compagni di sventura dopo la fuga e ora si asciugava commossa le lacrime con la
falda della palla scarlatta.
- Tu badavi ai pi piccoli. Strutto ti port mai dei neonati?
- Uno solo, tanto tempo fa. Era bello florido e lui mi ordin di trattarlo bene, perch
era un ingenuus, frutto dei suoi stessi lombi. Il giorno dopo l'avrebbe consegnato alla
sua nuova famiglia, avendone in cambio un bel po' di denaro.
- Ti disse chi era sua madre?
- Gliel'aveva partorito una donna con cui viveva, di nome Isaura.
- Ciononostante si apprestava a venderlo?
- S - conferm la ragazzina.
- Falla tacere, Balearico! Non che una schiava pulciosa, la sua parola non vale un
asse! - lo incalz Accio e poich il patrono non rispondeva prov a rivolgersi a Cilo:
- Opponiti, sciocco! Che me ne faccio di due avvocati muti?
- Dove vuoi arrivare, senatore Stazio? - chiedeva intanto il giudice.
- A dimostrare che il bambino affidato ad Isaura era il suo stesso figlio, che Strutto
intendeva cedere dietro un congruo compenso, come aveva venduto il loro
primogenito.
Grida, esclamazioni, strilli eccitati. Soltanto Tito Torquato Tricipitino taceva. La
prossima domanda sarebbe stata: A chi?
Il Balearico attese col cuore in gola: la scure stava per cadere sul suo capo e su quello
della creatura che pi amava al mondo.
Ma la domanda fatidica non venne.
- Continua tu! - esort invece il senatore, rivolgendosi di nuovo a Isaura.
- Le detti io il bimbo, che era nato debole come un uccellino, per non perderlo del
tutto. Ma anche la fnta madre era esausta, sfinita dalle botte e dalla paura. Pochi
giorni dopo il cuore le cedette.
- Sono calunnie! Non ero a Roma il giorno che mia moglie mor e sono in grado di
dimostrarlo! - grid Accio, esasperato dal silenzio dei suoi avvocati. - E non l'ho mai
picchiata; se andata a raccontarlo in giro, mentiva!
- Comunque non pi qui per contraddirti, vero? Ma le voci corrono, Accio, e tu ti
aspettavi di vedere presto tutte le dita puntate su di te, per la morte del bambino che
credevi partorito dalla tua sfortunata sposa. Cos, da uomo prudente quale sei, hai
pensato bene di prevenire il peggio, e poich non c' miglior difesa dell'attacco, hai
incolpato la povera nutrice - comment Aurelio, mentre dal gruppo delle popolane
partivano insulti e minacce al marito snaturato. E poich cavalcare l'onda pi facile
che nuotare controcorrente, i risentimenti repressi che covavano nell'animo dei testi
intimiditi esplosero tutti assieme, soverchiando la paura.
- Batteva a sangue quella poveretta, l'ho sentito!
- Ho visto i segni delle botte!
- un vile che manda avanti i suoi scherani per non sporcarsi le mani in prima
persona!
- Minacciava di farmi perdere il lavoro, se non avessi parlato in suo favore!
Su tutte si alz la voce commossa di Isaura: - Accettai di trasferirmi in casa sua come
nutrice: speravo che succhiando il mio latte, il bimbo riuscisse a farcela. Poi un
giorno uscii per comprare il pane e quando tornai lo trovai morto!
- Una sorte condivisa da molti altri neonati. A confermarcelo, chiamer ora i migliori
medici di Roma.
- Che bisogno c'? gi tutto chiaro! - rumoreggi il pubblico.
- Ma perch non la fanno finita? Quel povero piccino non l'ha ucciso nessuno, se non
la maledizione della vecchia Nigridia! - osserv un cavaliere in prima fila. -
Processiamo Accio, piuttosto! un uomo malvagio, probabilmente uno stregone, un
licantropo o anche peggio
- Eh, abbi pazienza! Devono pur tirarla in lungo per giustificare i salari dei copisti,
dei segretari, degli scrivani e di tutti gli altri mangiapane che manteniamo a suon di
tributi! - comment un mercante che era sempre riuscito ad evadere totalmente il
fisco.
- Vorrei ora raccontare una storia narrata nei libri sacri dei giudei, che parla della
capacit di giudizio di un antico re, ritenuto tanto sapiente da conoscere perfino il
linguaggio degli animali - disse Aurelio quando l'ultimo dei medici ebbe finito di
deporre.
- Non siamo qui per ascoltare le superstizioni ebraiche! - tent di obiettare Accio. Che
faceva il Balearico, perch non reagiva? Quel maledetto impiccione di senatore stava
erodendogli in un solo giorno tutto il prestigio accumulato in anni di inchini, sorrisi,
colpi bassi e pugnalate alle spalle. Chi l'avrebbe pi rispettato, dopo una simile
udienza? Perch quella era la ragione principale per cui aveva trascinato in tribunale
Isaura: lui, Accio, nel suo piccolo era qualcuno, non gli si facevano torti, non si
metteva in causa la sua autorit, non lo si rifiutava in malo modo, come aveva fatto
quella stupida donnicciola venuta dal nulla
- La saggezza non ha razza n religione. Roma ha sempre dimostrato di essere pronta
ad imparare dagli altri popoli, persino dai suoi acerrimi nemici. Di certo ricordate,
miei concittadini, come furono i rostri da noi perfezionati imitando le navi cartaginesi
a consentirci di vincere le guerre puniche anche sul mare. E chi siamo noi per
respingere il luminoso esempio dei nostri antichi padri?
- Vai avanti - concesse il giudice che, avendo consumato appena sveglio un
abbondante ientaculum, quella mattina non aveva troppa fretta.
- Riporta il Libro che a questo sovrano, chiamato Salomone, si presentarono un
giorno due donne, ognuna rivendicando per s la maternit di un unico neonato. La
sera precedente si erano addormentate fianco a fianco, assieme coi loro lattanti, e al
risveglio avevano scoperto con orrore che uno dei bimbi non respirava pi; ora
entrambe sostenevano che a morire fosse stato il figlio dell'altra e si rivolgevano al re
perch decidesse a chi attribuirlo. Tagliate il fanciullo a met e datene un pezzo
ciascuno - disse il sovrano, ma mentre la prima donna acconsentiva, soddisfatta
dell'equo giudizio, la seconda supplic: Abbia l'altra mio figlio, purch resti in vita!
Non c' bisogno di dire come Salomone, che aveva voluto soltanto mettere alla prova
le due postulanti, riconobbe in quest'ultima la vera madre.
- Che bella storia! - approvarono in coro le popolane. - E che grande re doveva essere
quello!
- Ora, voi avete appreso come fosse stata Isaura, non la moglie di Accio, a dare alla
luce la creatura del cui omicidio ora imputata, particolare questo che il suo
accusatore ignorava totalmente. In caso contrario, infatti, non avrebbe mai osato
imbastire questa causa, perch il legame che unisce una madre al figlio troppo
universalmente conosciuto perch si possa sospettare Isaura di aver ucciso il sangue
del suo sangue. Non mi dilungher a spiegarvi quanto immenso, quanto esclusivo,
quanto altruista sia l'amore materno: voi tutti, o miei concittadini, ne avete un fulgido
esempio nelle vostre amatissime, fedelissime e castissime spose - chios Aurelio
dedicando un pensiero sarcastico alla sua illustre genitrice, che l'aveva abbandonato a
pochi mesi di vita per seguire ad Antiochia il quinto marito.
- Il bimbo era maledetto, il suo Fato era deciso! - rumoreggiava il pubblico, mentre
Aurelio proseguiva chiedendo all'imputata quali fossero stati i suoi rapporti con
Accio.
- Credeva che, prendendomi in casa, avrei sostituito la moglie in tutto e per tutto. Non
la mand gi quando cap che volevo restare fedele al mio Strutto, ma io cercai di
rabbonirlo, perch ero disposta a tutto pur di stare col bambino. Lui allora minacci
di rovinarmi: poteva imbastire contro di me qualsiasi accusa, disse, era la mia parola
contro la sua, nessuno avrebbe creduto a una popolana di umili natali! - scoppi in
singhiozzi Isaura.
- Ero il padrone e un padrone ha certi diritti! - irruppe Accio.
- Non su una donna romana - obiett Aurelio. - Perch, onorevoli giudici, la qui
presente Isaura Vespilla s di origine servile, ma gode del pi prezioso di tutti i
privilegi, la cittadinanza dell'Urbe. un bene inestimabile, che alcuni hanno la
fortuna di vedersi elargire alla nascita, altri devono conquistare, non per s ma per la
propria discendenza, giacch agli schiavi affrancati concesso di diventare soltanto
liberti. I loro figli, tuttavia, hanno la stessa dignit di tutti gli altri quiriti e non sono
inferiori n a voi n a me, n ad Accio, n al mio esimio collega Tricipitino che si
offerto di rappresentarlo. Andate con la memoria indietro nelle vostre genealogie,
miei concittadini, e vi troverete certamente tutti quanti, nessuno escluso, dal pi
umile dei plebei fino al pi nobile dei padri coscritti un antenato italico, provinciale o
forestiero, forse anche schiavo. La presenza di questo umile avo vi rende forse meno
romani? L'amore che portate all'Urbe Eterna, patria vostra, forse meno vibrante?
Non sareste ugualmente disposti a dare la vita per difenderla? - domand mentre nella
basilica scendeva un silenzio assoluto. - Vi chiedo ora di considerare la miserabile
accusa di un uomo abituato a sottomettere gli altri con la forza o con l'astuzia - disse
volgendo lo sguardo ai clientes taglieggiati da Accio - e valutare quale meschino
risentimento doveva nutrire nei riguardi della donna da cui era stato respinto. Vi
domando di mettere sul piatto della bilancia da una parte le soperchierie di un infido
violento, capace di ridurre in fin di vita dalle percosse la sposa che porta in grembo il
suo seme, e dall'altra una madre pronta a vivere perfino con un bruto per il bene di
suo figlio. Vi chiedo di giudicarla per ci che avete udito in quest'aula, dimenticando
la sua ascendenza servile: non il sangue che fa il cittadino, ma l'osservanza delle
leggi e la devozione alla res publica.
Quella frase era rivolta a suo figlio, pens il Balearico. Publio Aurelio era sul punto
di chiamare lui stesso a deporre, sconvolgendo alle radici la sua intera esistenza per
vincere la causa
Il senatore invece si accontent di guardarlo negli occhi, mentre pronunciava la fine
della sua prolusione.
- In questo risiede la grandezza di Roma: prende degli schiavi e li rende liberi, prende
dei barbari e li integra nel suo seno, prende degli stranieri e li trasforma in quiriti,
prende dei sudditi e ne fa dei cittadini!
- Quelle ultime frasi ad effetto nella mia arringa non c'erano - osserv Statilia mentre
il pubblico festeggiava rumorosamente l'assoluzione. - Non dirmi che te le sei
inventate l per l!
- Abbiamo vinto, che vuoi di pi? - alz le spalle Aurelio. In quel momento, un'orda
di popolane della Suburra sfond il cordone per abbracciare le due eroine,
trascinando con s un esultante Vespillo.
- Magnifico, mia cara, daremo una grande festa per celebrare l'evento! - esclam
Pomponia, scortata dal terrificante Carnifex, che non manc di inchinarsi
galantemente alla frastornata Isaura.
Aurelio si fece discretamente da parte, per lasciare Statilia al suo meritatissimo
trionfo.
In quella sent una mano che gli sfiorava il braccio.
- Potevi rovinarmi e non l'hai fatto. Perch? - chiese il Balearico.
- Per il piccolo Mamerco, che non condivide le tue colpe. Eri pronto a far condannare
la donna che lo aveva partorito, a far giustiziare una povera madre che si
accontentava di osservarlo da lontano, divorata dallo strazio e felice tuttavia del
luminoso avvenire di cui avrebbe goduto al tuo fianco.
- Credevo che fosse colpevole. E in quanto a Mamerco, che importa da chi nato?
Adesso mio figlio.
- Strutto stava ricattandoti quando vi sentii parlare nel cortile dei Gavilii, vero?
Minacciava di rivelare che l'erede dei Tricipitini Balearici era uscito dal ventre di una
popolana, anzich da quello della tua aristocratica ma sterile sposa. Quando capiste di
essere spiati, Strutto cerc di fermarmi, e visto che non c'era riuscito, ci pensasti tu a
rincarare la dose hai picchiato forte, ho ancora il bernoccolo! Eri risoluto a
commettere qualunque cosa, pur di serbare intatto il tuo segreto. Ora Strutto se l'
portato nella tomba, con una fine improvvisa e accidentale invero molto opportuna
per i tuoi interessi, Balearico.
- Non l'ho ucciso apposta; anche se non avessi assistito alla scena coi tuoi occhi,
dovrebbe bastarti la mia parola di padre coscritto. Strutto si buttato gi da solo,
senza sapere che sarebbe finito sui denti di un forcone. Ammetto, per, che se lo
avessi preso vivo, avrei cercato di impedirgli di deporre
- Rivelando come ti avesse venduto un lattante cinque anni or sono, dopo che tu e tua
moglie avevate fallito ogni sforzo per procreare. Ma non si trattava di uno dei suoi
schiavetti denutriti, tu pretendevi un rampollo forte e sano, cos lui ti cedette il figlio
che Isaura aveva appena messo al mondo, costringendola poi a fingere che fosse nato
morto.
- Volevo un erede tutto mio, Stazio, non mi bastava adottare il rampollo di un'altra
stirpe, che avrebbe accettato il mio nome soltanto per interesse!
- L'hai avuto. E adesso che Strutto morto, nessuno pu pi togliertelo.
- Tranne te.
- Se fosse stata mia intenzione, l'avrei gi fatto, non credi? - lo rassicur Aurelio,
godendo a immaginare il timore che avrebbe attanagliato Tricipitino con una simile
spada di Damocle sulla testa.
- Che cosa ti aspetti in cambio del tuo silenzio? - chiese l'altro con una smorfia
sprezzante.
- Ah, i bravi quiriti, sempre pronti a contrattare, ben sapendo che ciascuno ha un
prezzo! Ebbene, mio egregio concittadino, mi dispiace dirti che il mio troppo alto
perch tu, o uno qualsiasi dei corvacci che svolazzano in Curia per strappare una
manciata di voti, pietire un incarico prestigioso o mettere le mani su un mandato
remunerativo, possa pagarlo. Quindi consideralo un regalo!
Aveva appena commesso un'idiozia, pens Aurelio congedandosi: perch non aveva
chiesto al collega di far recedere Lentulo dall'intenzione di espellerlo? Perch non
aveva approfittato della sua debolezza? Perch aveva preferito umiliarlo con un gesto
generoso che venire a patti, accettando un favore di scambio? La colpa, come al
solito, era del suo maledetto, gigantesco, smisurato orgoglio
Beh, la frittata era fatta, ormai, e a nulla sarebbe valso tentare di rimettere il tuorlo
dentro il guscio dell'uovo, si disse. Tanto valeva proseguire per la sua strada.
E la sua strada adesso era trovare un assassino. Se infatti la morte del figlio di Isaura
era dovuta a una fatalit, altrettanto non si poteva dire per quella del piccolo
Postumo, riflett, andando dritto verso Glabrio che, non pi obbligato a mettersi in
mostra in vista delle future cariche, bighellonava tranquillamente davanti alla basilica
dopo essersi goduto lo scontro forense.
Quattordicesimo giorno
Disteso sul lettuccio elucubratore della biblioteca, Aurelio riposava dopo il meritato
trionfo.
Era quasi l'ora sesta, quando nell'atrio ormai incustodito della casa sul Viminale si
present di nuovo Urania Primigenia, che, avvolta in una nuvola di leggerissima lana
rosa, corse verso la biblioteca, splendida come sempre, ma molto meno altezzosa.
- Oh, Aurelio, accaduta una cosa terribile! - gemette, rifugiandosi tra le braccia del
suo antico amante.
- Calmati, mia cara, e raccontami tutto - la cull il senatore accarezzandole il viso,
mentre si inebriava della fragranza di rhodium emanata dai riccioli candidi. Era
singolare quanto Urania diventasse espansiva nel momento del bisogno, per poi
rientrare in un decoroso ritegno non appena ottenuto il suo scopo, rilev, senza
tuttavia che il pensiero riuscisse a sciupargli il piacere di tenere stretto al suo quel
corpo flessuoso, su cui la crudelt del tempo pareva non avere infierito.
- Sobillato dalla moglie, Bulbo Sempronino ha chiesto di perquisire l'armadietto di
Bulbillo nello spogliatoio della palestra, e ci ha trovato nascosto un guttus!
- Guttus? - aggrott le sopracciglia il senatore.
- Si tratta di uno di quei poppatoi col beccuccio da cui i neonati succhiano acqua o
latte.
- Ebbene? Immagino che a Roma ce ne siano moltissimi!
- Quello rinvenuto tra gli abiti di Bulbillo, per, un oggetto molto particolare, a
forma di porcellino. Secondo Flora, un guttus simile era scomparso dal cubicolo al
momento della morte di suo figlio. Ti prego, fa' qualcosa, prima che mio nipote venga
accusato ufficialmente! - supplic Urania sgranando gli occhi di zaffiro.
Nemmeno l'occhicerula Atena aveva iridi di un azzurro cos cupo: fin dove ci si
poteva spingere per occhi cos belli? si chiese Aurelio e, per protrarre il delizioso
contatto, finse di esitare, pur sapendo benissimo che la teca di Bulbillo non conteneva
alcun porcellino, quando ci aveva cacciato il naso pochi giorni prima.
- una trama di quella donna perfida, ne sono sicura. Solo tu sei in grado di
sventarla!
Niente mal di testa quel giorno, pens il patrizio mentre lei incollava la bocca alla
sua, con una passione che nulla aveva di senile. Allusiva, sinuosa, consapevole fino in
fondo del suo potere di seduzione. infida. Erano questi gli aspetti di Urania che lo
avevano attirato di pi, quando, poco pi che ventenne, rischiava l'osso del collo per
arrampicarsi fino alla veranda della sua stanza, senza mai sapere se vi avrebbe trovato
un caldo grembo accogliente o un drappello di guardie pronte a trapassargli il petto.
- Non credo di poter fare molto - nicchi quindi, adottando la stessa tattica sfuggente
in cui la donna era maestra. Ma in cuor suo gi sapeva che avrebbe finito per
accontentarla di nuovo.
Soltanto con la minaccia di far ritorno assieme ai magistrati, Publio Aurelio ottenne
di essere ricevuto da Bulbo Sempronino, che lo accolse nel tablino, davanti al tavolo
su cui era posata una coppa di vino gi vuota. Non si alz per accoglierlo, n gli
chiese di sedersi.
- Ho sempre sospettato che in mio figlio ci fosse qualcosa che non andava. E tu, per
compiacere quella megera della mia ex suocera, ti sei esposto al ridicolo
insegnandogli a lanciare il pilum!
- un ragazzo immaturo e molto solo - riconobbe Aurelio. - Ci non significa che sia
malvagio.
- Come spieghi questo, allora? - esclam Sempronino additando il guttus rinvenuto
nella teca.
- l'unico indizio in base al quale intendono formalizzare l'accusa, vero?
- C' inciso sopra il nome del mio defunto secondogenito!
- Posso? - chiese Aurelio e prese di mano il contenitore, che differiva dai soliti
poppatoi a imbuto per la sua forma cilindrica e il beccuccio in foggia di testina di
maiale. Era ovvio che, per buon auspicio, fosse stato scelto un animale nobile come il
porco, che aveva dato il nome a una dinastia illustre quale quella dei Forzi Catoni, si
disse il patrizio estraendo dalla tunica la gemma concava che usava per ingrandire i
particolari minuscoli, assieme a un vetro speciale che si era fatto fondere sul modello
delle lenti di Archimede.
- Non volevo ammettere che fosse colpevole, ma adesso devo arrendermi all'evidenza
- gemette Sempronino, mentre Aurelio si rigirava tra le dita la cosiddetta "prova",
esaminandola accuratamente con i suoi strumenti, prima di portarsela alle narici per
annusarla a lungo.
- Ci sono due dettagli piuttosto interessanti che dovrebbero essere presi in
considerazione. Guarda qui: che cosa vedi?
- Una macchiolina di unto. Ma se speri di persuadermi dell'innocenza di Bulbillo coi
tuoi trucchi da fiera
- Ho dato un'occhiata all'armadietto di tuo figlio, mentre si esercitava col giavellotto
il giorno che ci incontrammo alle terme, e non c'era nessuna traccia del guttus -
dichiar Aurelio.
- Avr avuto modo di nascondercelo dopo la tua ispezione!
- Lui o qualcun altro. Prova a odorare la chiazza
- Sembra salvia - dichiar Sempronino dopo avere inspirato a lungo.
- Un'erba il cui aroma piuttosto volatile: dunque, o la macchia molto recente, ma
non se ne spiegherebbe l'untuosit, o rimasta a lungo in contatto con la fonte della
fragranza, che di certo una sostanza grassa.
- Dove vuoi arrivare?
- A dimostrarti come fino a poco tempo fa questo oggetto non fosse in possesso di
Bulbillo - afferm Aurelio. - Nota che alla base della bottiglia manca una piccola
scaglia di terracotta.
- E con questo?
- Secondo Flavia Flora il guttus sarebbe scomparso al momento della disgrazia. Ora,
in caso di morte di un bambino, si usa seppellire con lui i suoi giocattoli, ma forse
stavolta una parte del corredo stata conservata.
- Mia moglie ha riposto tutti i cimeli in una piccola arca - annu l'altro.
- Se fossi in te, la ispezionerei a fondo.
- Non sospetterai che Flora
- Dare un'occhiata ti costerebbe poco - tagli corto il senatore.
Pochi istanti dopo Sempronino sollevava il coperchio della cassapanca e cominciava
a frugarci dentro.
- Ci sono degli unguentarii e delle anforette di creme emollienti - disse esitante,
stappando ad uno ad uno i contenitori per odorarli. - Il collo di questa ampollina
effettivamente sporco di balsamo che profuma di salvia - ammise, mentre il viso
cominciava a distendersi.
Subito dopo buttava all'aria l'intero contenuto della cassa:
- Per Diana, ma allora forse mio figlio non un assassino e se riuscissi a trovare la
scaglia di terracotta potrei provarlo! Prendi una lucerna dal candelabro, e fammi luce:
scorgo qualcosa sotto le fasce s, s, eccola! - esult, mostrando un piccolo
frammento che coincideva perfettamente con la scheggia mancante del poppatoio.
- Ti basta? - chiese asciutto il patrizio.
- Numi, che cosa stavo per fare! Ho dubitato del mio Bulbillo ti devo molto,
senatore Stazio, mi hai restituito un figlio! - esclam con trasporto Sempronino,
prima di accigliarsi di nuovo.
- Flora sar punita come merita: con il ripudio!
- Avr anche commesso degli errori, ma ha sofferto un dolore devastante.
- E io allora? Il bambino era anche mio figlio!
- Non la stessa cosa. Tu non l'hai portato in grembo, non l'hai nutrito con la tua
carne e il tuo sangue, non ti sei dilaniato le viscere per darlo alla luce. Flora aveva
investito molto in quel piccino: conosci qualche altra matrona che allatti i figli di
persona?
- Comunque dovr smetterla di perseguitare il mio ragazzo! Avevi ragione, c' del
buono in lui, intendo stargli pi vicino, d'ora in poi! - si ripromise Sempronino,
rinvigorito come uno stelo secco dopo un provvido acquazzone.
Nella stanza attigua, Flavia Flora stacc l'orecchio dal muro, mordendosi le labbra
per non urlare. Il mostro aveva vinto di nuovo, trascinarlo in giudizio sarebbe stato
impossibile. Non restava che una soluzione, la pi estrema, la pi drastica: spettava a
lei vendicare la piccola ombra che ancora vagava senza pace nelle brume degli Inferi.
Avrebbe assolto il suo compito, affinch il morticino si congiungesse alle altre pallide
larve che abitavano la triste dimora dell'atro Plutone e della nera Proserpina
XV
Quindicesimo giorno
- I servi tengono duro, eh? - afferm Castore additando la guardiola vuota del portiere
e il pavimento ancora da spazzare.
- Non riesco a immaginare dove siano andati a cacciarsi! - insinu Aurelio, certo che
Castore invece lo sapesse benissimo. - Non cosa da poco, per pi di cento persone,
trovare un rifugio da un momento all'altro.
- Qualche giorno all'addiaccio spegner i loro bollenti spiriti - replic l'alessandrino,
con un accento che al patrizio suon assai poco veritiero.
- Ero convinto che, messi alle strette, avrebbero fatto rientrare immediatamente la
protesta
- Se per quello, anche gli schiavi erano sicuri che tu non avresti resistito un solo
giorno senza di loro, abituato come sei ad essere servito in tutto e per tutto. Pensa,
domine, che non ti facevano nemmeno in grado di accenderti da solo la lucerna! -
esclam Castore, mentre il padrone si affrettava a nascondere tra le pieghe della
tunica le dita annerite dalle bruciature.
- Naturalmente prima o poi mi decider ad acquistare una nuova partita di schiavi, ma
non ho alcuna fretta, me la cavo benissimo da solo! - ribatt fiero il patrizio. Tutto
sommato si sopravviveva anche lavandosi con l'acqua fredda, portando una toga
stazzonata e rasandosi da un barbiere pubblico: un taglio approssimativo e qualche
escoriazione sulle guance non erano poi un prezzo troppo alto da pagare per una
totale autonomia, valut, rivolgendo un pensiero colmo di orgoglio all'erma di
Epicuro che troneggiava austera nel suo studio.
Certo, il busto del grande filosofo sarebbe stato da spolverare, in pochi giorni si era
ridotto come quei vecchi cippi cimiteriali che nessuno degnava mai di una visita. E
d'accordo, i volumina consultati per la difesa di Isaura giacevano ancora srotolati sul
tavolo della biblioteca, le piante dei peristili stavano avvizzendo, i cuscini che
nessuno sprimacciava erano ormai ben poco soffici e il suo giaciglio cominciava a
somigliare alla cuccia di un cane, ma non si poteva avere tutto dalla vita
- Hai tutte le ragioni, domine! - convenne Castore. - Molte delle necessit che
crediamo di sentire ci vengono indotte artificialmente, per questioni di rango, di
moda o di prestigio. Per esempio, che bisogno c' di una tunica che cada
perfettamente, con tutte le pieghe al posto giusto? - disse additando la veste del
senatore, disposta da Pirippe in maniera del tutto approssimativa. - Ed proprio
indispensabile farsi tagliare le unghie da un'ancella, quando esistono delle ottime
forbici? - prosegu convinto, mentre Aurelio reprimeva il desiderio di nascondere di
nuovo le mani, che da parecchi giorni non godevano pi delle attenzioni di Nefer. - In
quanto all'abitudine di mangiare sdraiati sul triclinio, molti popoli la troverebbero di
una mollezza inaudita: un modesto sgabello sotto il tavolo di cucina pi che
sufficiente. Senza contare il riscaldamento, un chiaro segno della fiacchezza dei
tempi! Non forse vero che, ai tempi in cui Roma era Roma, Catone il Censore
andava nudo sotto la toga anche in inverno fondo? - termin il subdolo alessandrino,
toccando il tasto a cui il freddoloso patrizio era pi sensibile.
- Certo ammirevole come Ortensio sia rimasto al mio fianco - consider Aurelio,
che aveva deciso di premiare la fedelt del suo archimagirus con una generosa
ricompensa.
- Pi che giusto, domine - assent Castore. - Devo dire che gli dispiaciuto far
mancare la sua solidariet ai compagni, ma doveva provvedere innanzitutto ai fratelli
gi liberi, che non dispongono pi di un padrone tenuto a mantenerli. Come pensi che
tirerebbero avanti se il povero Ortensio non li foraggiasse quotidianamente coi tagli
di carne pregiata e gli orci di olio della tua dispensa? - spieg. - Dimmi, piuttosto: sei
ancora deciso a pretendere la restituzione degli importi guadagnati con la catena del
Dio Tiberino? Sarebbe un peccato, un vero peccato perch se vero che ti sei fatto
confidare il nome dell'ostetrica Zopira da certe signore un po' trasgressive, anche
vero che non hai nessuna idea di come trovarla.
- Dove vuoi arrivare? Sputa il rospo, Castore!
- Come tu hai subito capito, una catena simile a quella di Tiberino non pu reggere a
lungo, in quanto gli ultimi della lista rimangono sempre a becco asciutto. Per questo
mi ero preoccupato di interpretare soltanto quindici personaggi, convinto che il
giochetto non andasse oltre. Invece il successo del gioco ha superato le aspettative e
anche al sedicesimo nome della lista stanno arrivando un bel po' di sesterzi
indovina un po' di chi si tratta?
- Zopira? - sper Aurelio, incredulo.
- Appunto, padrone! E se tu fossi un minimo bendisposto nei miei confronti, nonch
verso gli umili servi che giacciono sotto il tuo duro imperio, potrei rivelarti il luogo in
cui si daranno appuntamento i gonzi pronti a versarle l'obolo prescritto.
- un ricatto, Castore? - aggrott le sopracciglia il senatore.
- No, domine, solo un ragionevole accordo tra gentiluomini. Tu mi concedi di
incamerare i proventi della catena, e io ti spiego dove trovare l'ostetrica. Inoltre ti
offro, a titolo assolutamente gratuito, una soluzione semplice ed elegante per
risolvere il problema degli schiavi.
- Sarebbe? - chiese Aurelio dubbioso.
- Se io decidessi di rimandare a data futura il mio trasferimento in Cilicia e bada
bene che si tratta soltanto di un'ipotesi teorica dovrei lasciare i miei due
struthiocameli nella tua villa sul Gianicolo, immersa nel verde e tuttavia agevolmente
raggiungibile dal centro, grazie alla comoda ubicazione che tu stesso hai scelto per
facilitare le visite segrete delle signore. Ora, i miei volatili, pur essendo
affettuosissimi e di vivace intelligenza, in fondo in fondo non sono che polli un po'
troppo cresciuti: Pirippe potrebbe occuparsene assieme alle sue galline, vivendo in un
sito campestre, ma alla portata del suo amato Ortensio. Cos guadagneresti
l'imperitura gratitudine del cuoco, rimuovendo nel contempo l'ostacolo pi grosso che
si frappone alla riconciliazione con i servi.
- E tu che ci ricavi? - chiese il padrone, diffidente.
- Credo sia mio diritto aspettarmi che le spese per il mantenimento degli struzzi d'ora
in poi siano a tuo carico, domine. Ecco, ho stilato una lista degli alimenti necessari
alla loro dieta, tra cui una serie di succulente piante esotiche che potrai facilmente
importare dalle province africane con l'ausilio della tua flotta. Occorrono poi vari tipi
di cereali, foraggi freschi ed erba medica, che la brava Pirippe sbricioler pestando a
lungo nel mortaio per comporre un apposito e nutriente pastone la credenza che gli
struthiocameli digeriscano anche i sassi un diffuso pregiudizio; in realt sono
pennuti molto selettivi, addirittura schizzinosi.
- Vada per gli struzzi! Per non voglio pi sentire una parola in pi circa l'acquisto
della Menade ubriacona! - si arrese Aurelio.
- E sia, in nome della devozione che ti porto sono disposto a reprimere perfino i pi
intimi afflati del mio cuore! - promise l'alessandrino senza alcuna protesta, visto che
la sua Baccante era fuggita la sera prima con un istrione del Teatro di Pompeo. -
Resta inteso per che riserverai ai miei bravi pennuti un recinto molto ampio, con un
ambiente adatto al ricovero notturno: l'inverno a Roma pu essere molto rigido!
- E i servi?
- Ricordi l'apologo di Menenio Agrippa, quello in cui i plebei vengono paragonati alle
membra del corpo umano e il patriziato allo stomaco, per poi precisare che se
quest'ultimo non pu sopravvivere senza le membra, nemmeno le membra possono
cavarsela senza di lui? Opportunamente adattato, si prester magnificamente a sanare
lo screzio, riportando sulla retta via la tua riottosa servit. Lascia fare a me, padrone!
- Dovrei darla vinta a una manica di scansafatiche, di cui tu, Castore, sei il pi illustre
prototipo? - protest stizzito il senatore.
- Stai tranquillo, ufficialmente saranno loro a uscirne vinti, anche se tu dovrai fare
qualche piccola concessione, magari un cospicuo aumento salariale. Si chiama
compromesso, domine, ed l'unica maniera di tenersi a galla: il destino dei duri e
puri quello di affondare miseramente tra i flutti.
- D'accordo, sentir che cosa hanno da dire i servi, senza impegno per! - acconsent
di malavoglia il patrizio.
- Benissimo, comunicher loro che sei disposto a riceverli stasera - sorrise il
segretario, chiaramente in contatto con i transfughi. - Per quanto riguarda il riparo
degli struthiocameli, le tue graziose ospiti sarebbero di certo estasiate nell'ammirarne
le pareti affrescate con qualche quadretto mitologico, magari Leda e il cigno, oppure
Giove che rapisce Ganimede sotto le spoglie di un'aquila
- Fuori! - tuon Aurelio esasperato e Castore retrocesse con grazia, producendosi in
uno dei suoi migliori inchini.
Un filo di lana, rifletteva poco dopo Aurelio scendendo la scalinata verso il Clivius
Pultius, mentre il pensiero gli corse a un dettaglio che aveva notato solo pochi giorni
prima.
Lo sguardo gli si perse in lontananza, l dove, superato il Clivius Orbius, la strada in
discesa incrociava la grande domus dei Bulbi sul Vicus Sandalarius: dentro a quelle
mura, una madre distrutta dal dolore aveva ordito un'accusa suffragata da prove false,
per un delitto che falso forse non lo era affatto
- Magnifico, amico mio, magnifico! Sapevo che saresti stato grande, in basilica. Ho
puntato su di te un bel gruzzoletto quando ti davano ancora dieci a uno! - lo accolse
nel vestibolo Servilio. - A proposito, sai che Appio Accio sotto arresto?
- Davvero? - si stup Aurelio. - Credevo che quello sciagurato cadesse sempre in
piedi!
- Si tratta di una imputazione del tutto nuova. Poich l'esito della causa aveva
intaccato gravemente il suo prestigio, Accio si visto costretto a mettere da parte i
modi urbani per adottare le stesse volgari condotte dei suoi sostenitori, prima tra tutte
l'abitudine di far uso delle sculture commemorative al posto delle latrine. I membri
della combriccola, Accio in testa, si trovavano dunque stamane nei pressi del muro di
peperino nel Foro di Augusto, quando hanno deciso di vuotarsi la vescica sul fornice
centrale dell'arco di ingresso alla Suburra. Ora, tu sai bene come, secondo la
leggenda, sia costume dei licantropi marcare il territorio coi segnali odorosi delle
urine: Burzio, Equino ed altri spaventatissimi popolani che assistevano di lontano alla
scena, temendo l'assalto di un lupo mannaro, si sono quindi affrettati ad avvertire le
forze dell'ordine.
- Vai avanti, sono deliziato - rise il senatore, pregustando il seguito.
- Accio e gli altri erano dunque in piena flagranza di reato, quando dal podio del
tempio di Marte Ultore sbucato un vigile.
- Non mi dirai che si trattava di Mummio Vero! - esclam Aurelio speranzoso.
- Proprio lui - assent il consorte di Pomponia. - In breve, il baldo Mummio, che non
teme n gli uomini n i lupi, eleva le sue rimostranze, ma invece di scusarsi
quell'idiota di Accio tenta di metterlo a tacere offrendogli dieci miseri sesterzi; poi,
visto che l'altro non molla e anzi rincara la dose, si oppone in modo piuttosto vivace
all'arresto e, mentre i compari se la danno a gambe, viene coinvolto in una
colluttazione. Risultato: una vigorosa bastonata in testa e ben tre accuse, per
imbrattamento di edifcio celebrativo, tentativo di corruzione e resistenza alla forza
pubblica.
- Ben gli sta! - annu soddisfatto il senatore, mentre Servilio scoppiava a ridere di
gusto.
- Visto che sei qui, per, ho un favore da domandarti, Aurelio: prova a far ragionare
mia moglie, non posso andare avanti cos, dalle scorse nundinae che non riposo e i
miei affari stanno andando a rotoli. Se cado in rovina, chi procurer a Pomponia i
fondi per le sue feste? Chi pagher le sue opere di beneficenza? Chi manterr quel
branco di giumente scalmanate che bivaccano da giorni e giorni in casa mia? - disse il
bravo cavaliere additando l'interno della domus, dalla quale proveniva un cicaleccio
ininterrotto di voci femminili.
Ad Aurelio bast fare un passo nelle fauces per rendersi conto della gravit della
situazione: il caos che regnava nella residenza dei Servilii al Quirinale era
paragonabile solo a quello che si sarebbe udito sommando la spianata dei Saepta
Iulia durante la fiera antiquaria al Macellimi di Livia nelle ore di mercato e
aggiungendovi in soprappi il porto vinario al momento in cui attraccavano le chiatte
coi preziosi carichi di anfore provenienti da Chio.
Donne di ogni et e stazza occupavano ogni angolo della domus, chi trascinando
marmocchi piangenti, chi abboffandosi delle raffinate leccornie di Anatolio, chi
civettando con gli ex gladiatori di guardia, capeggiati dall'intrepido Carnifex, che
aveva s un occhio solo, ma ci vedeva abbastanza per distinguere le ragazze pi
appetitose.
Ad un tratto, un grido di giubilo scosse quella variegata fauna femminile.
Tramanda un antico inno, attribuito da alcuni allo stesso Omero, che al momento in
cui l'occhicerula Atena nacque armata fino ai denti dal capo del padre Zeus, il vasto
Olimpo sussultasse, la terra emettesse un grido terribile e il mare si gonfiasse di flutti
spumanti. Tale o quasi fu l'effetto prodotto sul battaglione di profughe dalla
comparsa di Pomponia: in decine corsero nella sua direzione avvinghiandosi a lei
come radici d'edera, ognuna con un appello, una richiesta, una pretesa, una preghiera
accorata.
La matrona ci mise un po' per districarsi dalle supplici e raggiungere finalmente il
senatore.
- Uff, non avrei mai creduto che a Roma ci fossero tante donne abusate: non so pi
dove metterle! - esclam tergendosi il sudore dalla fronte con la falda della ricca
veste color eliotropio. - Ho sei fanciulle che hanno subito violenza, una ventina di
poveracce costrette a prostituirsi e un centinaio tra mogli e conviventi percosse a
sangue, senza contare quella disgraziata laggi, che la suocera ha tentato di bruciare
viva perch il figlio, risposandosi, potesse incassare una seconda dote. Per fortuna
quasi pronto il restauro della mia villa suburbana alle porte di Roma, dove intendo
allestire una casa di accoglienza per i casi pi gravi ovviamente ho gi arruolato la
cara Statilia per l'assistenza legale. Mi aiuter anche Isaura: pare che ci sia del tenero
tra lei e il mio Carnifex, chiss che non ci scappi un matrimonio!
Prima orfane, poi schiavetti denutriti e adesso anche donne abusate, pens Aurelio
compiaciuto: decisamente, il cuore di Pomponia era un pozzo senza fondo e
altrettanto il suo pingue borsellino
- Ti ringrazio per il soccorso prestato ai bambini di Strutto, amica mia: li ho gi
acquistati ufficialmente, in modo che tu non abbia problemi con la legge. Inoltre,
sono venuto a fare ammenda per il mio scetticismo: avevi visto giusto sulla
maledizione di Nigridia, ha pesato parecchio sulla causa!
Pomponia abbass lo sguardo borbottando qualcosa di confuso e se Aurelio non
avesse conosciuto la sua leggendaria faccia tosta, sarebbe stato certo di averla vista
arrossire.
- Vieni di l, qui c' troppo rumore! - lo invit la matrona non senza qualche
imbarazzo.
Sedicesimo giorno
- Vattene, per carit dei Numi! Gavilia potrebbe tornare da un momento all'altro e
soltanto gli Dei sanno che cosa farebbe nel vederti qui! - scongiur Glabrio,
precipitandosi incontro ad Aurelio che sorpassava in quel momento la soglia della
domus sulla Velia.
- Un rischio grave, quello di incontrare tua moglie, ma sono disposto a correrlo -
sorrise divertito il senatore.
- Fai presto a scherzare, tu, non ci devi mica vivere assieme! - brontol l'altro,
visibilmente sulle spine.
- Sei un uomo prudente, Glabrio. Mi allontanerei molto dal vero supponendo che
un'esistenza complessa e densa di problemi non sia mai stata tra le tue massime
aspirazioni?
- Non tutti nascono con la spada in mano, senatore - ammise sinceramente il riluttante
ospite. - Io mi faccio i fatti miei, cercando di tenermi fuori dalle grane.
- Quindi tra una sgradevole scenata e un processo per infanticidio, sapresti che cosa
scegliere.
- Infanticidio? - scolor il padrone di casa. - Ma allora Gavilia ha ragione, ci sospetti
fin dal giorno in cui chiedesti di vedere il corpo del piccolo Postumo!
- Preferisci chiarire la questione qui, lontano da occhi indiscreti, oppure in una
pubblica basilica? - ribatt Aurelio, mentre il mancato senatore, di malavoglia, gli
concedeva di entrare. - Mostrami di nuovo l'orologio che imita i versi degli uccelli.
- S, s, ma fai presto! - si raccomand l'altro, guidandolo verso l'ingegnoso
marchingegno.
Pettirosso, scricciolo, usignolo, allodola, merlo, codirosso, cont il patrizio. S,
decisamente, il giorno del delitto l'orologio aveva commesso un errore, saltando
un'ora. Come poteva essere accaduto? E che bisogno aveva l'assassino di falsare i
tempi?
- Il meccanismo avanza a seconda del livello dell'acqua, vero? - domand, mentre
pescava con la mano nella vaschetta del serbatoio.
- Veramente non ho mai capito come funzioni - si scherm Glabrio.
- Secondo il disegno, la terza ora corrisponde al pettirosso e la quarta allo scricciolo.
Manca poco al momento in cui l'organo dovrebbe suonare vediamo che cosa
succede se levo dell'acqua: svelto, prendimi un contenitore, uno qualunque, un
bicchiere, una ciotola, un tegame!
L'altro corse in cucina e torn con una delle tazze di metallo in cui bevevano gli
schiavi.
- Proviamo a levare un sestario di liquido. No, uno intero troppo, mezzo
sufficiente! - disse il senatore immergendo la ciotola nel serbatoio. Un attimo dopo la
canna dell'organo cominci a fischiare. - Hai sentito? Con mezzo sestario d'acqua in
meno, l'organo ha riprodotto di nuovo il verso del pettirosso, anzich quello
successivo dello scricciolo! - sorrise Aurelio, visibilmente soddisfatto.
La stessa cosa doveva essere accaduta il giorno del delitto, meditava: l'usignolo aveva
regolarmente suonato la quinta ora, ma tre ore pi tardi, nell'istante in cui il corpicino
era stato scoperto, era stato il merlo a fischiare per la seconda volta. Che cosa poteva
avere usato l'assassino per spostare l'acqua? E, soprattutto, perch gli serviva
manomettere un congegno per il computo del tempo? Il suo fine non era certo stato
quello di crearsi un alibi, visto che Glabrio, Gavilia e Dalmatica erano usciti e
rientrati assieme Glabrio per era tornato indietro, ricord il senatore, circostanza
questa che ne faceva il primo, e forse l'unico, degli indiziati.
- Spicciati! - protest in quel momento quest'ultimo.
Un 'assurdit plausibile sempre meglio di una possibilit che non convince, aveva
affermato Aristotele e forse era proprio questo di cui si doveva tener conto, si disse
Aurelio. E se il calcolo delle ore non avesse avuto nulla a che fare col delitto? Se il
doppio fischio dell'usignolo non fosse stato altro che l'effetto collaterale di una
esigenza diversa? Se l'assassino avesse avuto semplicemente bisogno di procurarsi in
fretta e di nascosto una certa quantit di acqua?
- Ricordo che alla festa portavi una veste molto semplice, anzich la synthesis da
banchetto - osserv il patrizio, rivolto al nervosissimo padrone di casa.
- Ti ho gi detto che ero stato costretto a cambiarmi d'abito!
- Di che colore era il vestito che ti sei levato?
- Verde muschio, come la tunica che indosso ora. E adesso vattene, non intendo
rispondere pi ad alcuna delle tue domande!
Lo schizzo d'acqua lo raggiunse prima che riuscisse a finire la protesta.
L'assassino per non poteva essersi avvalso di un contenitore tanto rigido, riflett
Aurelio, doveva avere usato una sacca ripiegabile e facile da nascondere addosso,
qualcosa come una vescica di maiale, per esempio
- Come ti permetti? - protestava intanto l'altro, additando l'abito gocciolante e la tazza
vuota in mano al patrizio.
- Io mi permetto questo ed altro! - sibil il senatore afferrandolo per la collottola. -
Ascoltami bene, maledetto imbecille, perch quello che mi risponderai far la
differenza tra una condanna o un'assoluzione e, visto che si tratta dell'omicidio di un
bambino, per di pi erede di una delle stirpi pi antiche di Roma, stavolta i giudici
potrebbero anche non accontentarsi del semplice esilio. Prima di giustiziarti,
comunque, ti offrirebbero l'opportunit di affrontare le belve del circo, per il diletto
del popolo romano non sprecano tempo ad allenarlo, un condannato a morte, gli
danno in mano una sica spuntata, poi aprono le gabbie. Di solito vincono i leoni, ma
tu puoi sempre contare su un colpo di fortuna!
- Ho capito, ho capito! - implor Glabrio con la voce strozzata.
- Adesso guarda bene la chiazza umida sul tuo vestito e dimmi se identica a quella
che ti costrinse a far ritorno in casa.
- S, al buio pareva una macchia di sudiciume.
- Dunque, se fossero sorte contestazioni sulla fine improvvisa del piccolo Postumo,
saresti stato sospettato tu, l'ultimo ad aver messo piede in casa. Una mossa astuta, da
parte dell'assassino, ma inutile, dato che non teneva conto dell'avidit di una famiglia
che davanti alla prospettiva di una eredit colossale, ha preferito chiudere gli occhi
perfino al cospetto di un infanticidio.
- Che c'entro io? - protest il pavido.
- I neonati morti di morte naturale non presentano segni di cianosi, Glabrio, e tu lo
sapevi benissimo, o non avresti riluttato tanto a farmi vedere il corpicino!
- In effetti mi sembrava un po' troppo blu
- Ma era pi comodo non farci caso, vero?
- Come potevo prevedere che quella strega desse la colpa a me, dopo tutti questi anni
insieme! L'ho servita, l'ho compiaciuta, le ho dato dei figli Numi, eccola che arriva,
che le dir? Non ho la minima idea di come affrontarla!
- Questo un problema tuo. Edipo sfid la Sfinge, Perseo combatt la Medusa,
rcole fronteggi l'Idra dalle sette teste: sono certo che non sarai da meno! Ti lascio
in buone mani, adesso devo parlare con Dalmatica - lo liquid il patrizio procedendo
a larghi passi verso l'alloggio della nuova domina.
- Il legame che unisce una madre al figlio troppo universalmente conosciuto perch
si possa sospettare questa donna di aver ucciso il sangue del suo sangue - ho detto
pochi giorni fa in tribunale, declamando la mia arringa in difesa della popolana
Isaura. Oggi invece mi torna in mente il verso della Medea di Euripide: Io li
uccider, io che li ho messi al mondo.
- Non capisco - disse la ragazza, con un sorriso stupito.
- La verit sempre stata sotto gli occhi di tutti, semplice e orribile: non potevamo
accettarla proprio perch annebbiati dal preconcetto. Eppure tu sei stata l'ultima a
vedere il bambino vivo e sempre tu hai dato ordine a Elettra di non entrare nel
cubicolo. Tu hai dimenticato i doni. Tu ti sei accorta, proprio mentre stavate
avviandovi, della macchia umida che avrebbe costretto tuo cognato a tornare sui suoi
passi, trasformandosi cos nel principale indiziato. Tu eri assieme ad Elettra alle
terme. Tu, infine, hai una sorella tra le Vergini Vestali.
- Che intendi dire?
- Che hai ucciso tuo figlio, Dalmatica, come hai ucciso la tua amica pi cara.
- assurdo: amavo teneramente il piccolo Postumo!
- Menti. Era nato strappandoti le viscere, conducendoti quasi alla soglia degli Inferi.
Era figlio di uno sposo per cui provavi ribrezzo, nipote di un vecchio che ti
tiranneggiava, erede di una famiglia che detestavi profondamente. Sarebbe diventato
il pupillo di Glabrio, sottoposto a lui in tutto e per tutto e tu odiavi anche lui, non
so esattamente per quale motivo, ma posso supporlo: solo una donna rifiutata arriva
concepire un risentimento tanto feroce. E comunque, a esercitare il potere sul
bambino non sarebbe stato tuo cognato, ma la terribile Gavilia.
- Tu vaneggi: ero convinta che, perdendo Postumo, avrei perso tutto!
- Questo ci che sei riuscita a far credere, approfittando del fatto che nessuno, salvo
la Virgo Maxima, era a conoscenza del ripensamento di tuo suocero. Ma tu hai una
sorella giovanissima e senza dubbio molto influenzabile nel collegio delle Vestali:
sono convinto che sia stata lei ad avvertirti, leggendo di nascosto il nuovo testamento,
per riferirtene il contenuto malgrado il gravissimo interdetto.
- Stai delirando - alz le spalle Dalmatica.
- Niente affatto. Ho faticato molto a superare il pregiudizio radicatissimo in base al
quale tutti ritengono che l'amore materno sia innato e immediato. Il primo dubbio mi
sorto mentre sentivo Bulbo Sempronino paragonare il suo tiepido dolore di padre a
quello straziante di Flora. Le femmine, pensavo, interagiscono con i figli fin dal loro
primo istante di vita, mentre i maschi cominciano generalmente ad interessarsene pi
tardi: di fatto, sono ben pochi i romani che, come il celebre Catone, si preoccupano di
fare personalmente il bagno ai loro bambini! Ma poi mi sono detto che forse anche
alcune donne necessitavano di tempo per imparare a rapportarsi con un figlio non
voluto. Allora ho cominciato a immaginare una fanciulla cresciuta tra gli agi e le
carezze, che da un giorno all'altro si vede catapultata in una realt diversa ed ostile:
diventata povera, ma il padre del promesso sposo le concede ugualmente il privilegio
di accasarsi nella sua famiglia. Ancora adolescente, la ragazza entra cos nella nuova
casa tra la freddezza di tutti, il marito che le preferisce gli schiavetti siriani, il suocero
che la tollera a malapena, la cognata che la tratta in modo indegno, l'aitante cognato
che la sfugge per paura di farsi compromettere. Poi il dramma: mentre il rigido pater
familias pretende il suicidio del figlio che si macchiato di codardia, nel ventre di
questa infelice bambinetta comincia a germogliare un frutto indesiderato, e cresce,
cresce, cresce, nutrendosi della sua carne e del suo sangue come un'escrescenza
estranea, come un bubbone maligno.
Dalmatica fiss attonita il senatore mentre le guance le si velavano di lacrime: aveva
sofferto oltremisura, si era preteso troppo da lei
- Alcuni mesi pi tardi il vecchio si spegne nel suo letto, e poco dopo vede la luce
l'ultimo dei Gavilii Barbati, con un travaglio dolorosissimo che lascia la madre
depressa e stremata, al punto forse di farle desiderare la morte. Ma proprio quando ha
deciso di farla finita, apprende dalla sorella vestale che in caso di scomparsa del figlio
neonato, sarebbe lei e non l'odiosa cognata ad ereditare l'immenso patrimonio di
famiglia. Allora concepisce un piano mostruoso, che le permetter di ottenere in un
colpo solo potere, denaro e libert. Prima di uscire per recarsi alla festa, soffoca il
bimbo con un guanciale, ordinando poi alla sua serva di vegliarlo restando fuori dalla
porta. Dopo aver mostrato con un pretesto ai cognati di non avere nulla addosso, li
precede nell'atrio ed estrae dalla manica una vescica di maiale, che riempie dal
serbatoio dell'orologio ad acqua. La verser poco dopo sul mantello del cognato,
costringendolo a tornare indietro per cambiarsi: se qualcuno scoprir che il bimbo
non morto di morte naturale, il primo ad essere sospettato sar lui, ovvero lo stesso
che, a quanto tutti credono, sta per trarre dal delitto il massimo beneficio. Tutto pare
andato liscio, quando l'ancella fedele che nulla nasconde alla sua adorata padrona, la
rassicura un po' troppo fermamente sulla sua fedelt.
Dalmatica ascoltava ad occhi sbarrati, incapace di replicare.
- Tu cominci a temere che Elettra sappia qualcosa: probabilmente ti ha rivelato
l'incongruenza dell'orologio e tu ti sei resa conto che prima o poi avrebbe fatto due
pi due. la tua amica pi devota, sei certa che non ti denuncer mai, ma non vuoi
correre rischi: che accadrebbe se involontariamente si lasciasse scappare qualcosa?
Cos decidi freddamente di ricompensare la sua assoluta lealt con una morte orribile.
Sei pi alta e meno robusta di lei, non ce la puoi fare a strangolarla senza un punto di
forza. Allora usi il manico dello strigile per torcere il cappio che hai formato con la
sciarpa che ti lega i capelli per toglierle il respiro. Ciononostante, non riesci a finire il
lavoro e prima di morire Elettra fa in tempo a pronunciare la parola "Filomena"
ovvero usignolo
Dalmatica non piangeva pi, adesso. - Sono solo fandonie nate da una fantasia
malata. Nessuno ti darebbe ascolto, se le ripetessi in giro - ribatt sprezzante.
- dura capire come una madre possa giungere ad uccidere suo figlio, ma
conoscendo le circostanze, mi sono sforzato di farlo. Nulla e nessuno, tuttavia, mi
far comprendere la perfidia con cui ti sei disfatta di una donna che ti aveva dedicato
la vita! - esclam Aurelio mentre prendeva la porta. - Godi dunque il frutto dei tuoi
crimini, Cecilia Dalmatica, giacch ormai sei al sicuro. Hai ragione, nessuno
crederebbe mai a una storia come questa!
Ma si sbagliava. Nella stanza accanto, l'orecchio di Gavilia si stacc dal muro, mentre
la mano le correva spasmodicamente all'elsa del pugnale.
XVII
Diciassettesimo giorno
Curia al Foro
- Donna di ferro, come suo padre! - raccontava Simmaco sui gradini della Curia. - Ha
traftto la cognata nel petto, ammazzandola sul colpo!
- Finir i suoi giorni in esilio su qualche isola minore - comment Medullino.
- Senza dubbio. La giustificazione di aver agito per vendicare la morte del nipotino
Postumo assolutamente inverosimile. Tutti sanno che Gavilia odiava Dalmatica e
aveva perso il lume della ragione vedendosi diseredata in suo favore!
- E il marito Glabrio?
- Ha chiesto subito il divorzio: pare che intenda associarsi con Megellio per ampliare
la palestra delle Terme di Agrippa - spieg l'informatissimo Medullino.
- Ehi, ma che fate ancora l fuori, volete perdervi lo spettacolo? Oggi il gran giorno,
Lentulo sta per mettere Stazio sulla graticola! - li richiam un collega e subito i togati
corsero a prendere il loro posto in Curia.
Roma ha trecento re, dicevano nei tempi antichi i popoli confinanti; a secoli di
distanza, la ieratica solennit con cui i padri coscritti raccolsero sulle ginocchia il
laticlavio aveva davvero qualcosa di regale, tanto che chiunque li avesse visti
immobili sui seggi, non avrebbe dubitato che fossero ancora loro a reggere le sorti
dell'Impero, anzich il Cesare di turno, il principe senza corona a cui, per evitare
l'esecrata parola "re", era stato attribuito il titolo di imperator. Al Senato, che insieme
al Popolo Romano deteneva nominalmente la sovranit, restava ormai soltanto il
semplice impegno di ratificare i decreti emessi dai ministri Narciso, Pallante e
Callisto, gli onnipotenti liberti di Claudio
Questo piccolo dettaglio, per, i patres preferivano non prenderlo in considerazione,
quindi ad assistere alla seduta presieduta da Lentulo si erano presentati al gran
completo.
- Padri coscritti, siamo qui riuniti per giudicare le intemperanze di uno dei nostri
membri che da tempo fa mostra del suo spregio disertando senza ritegno alcuno
questa augusta assemblea. Nell'ambito del mio progetto moralizzatore, metto dunque
all'ordine del giorno il provvedimento di espulsione dalla Curia di Publio Aurelio
Stazio, reo di aver accumulato molte e reiterate assenze per le quali non ha saputo
addurre nessuna valida giustificazione. Mi riferisco innanzitutto al quarto giorno
prima delle None di Febbraio, quando discutemmo a lungo se apporre per intero il
preaenomen dei consoli o la sola iniziale nella lapide da murare ai piedi dell'ara di
rcole Vincitore - tuon il vicario del princeps dal suo alto seggio.
Si trattava di una mattina in cui la moglie di Lentulo era stata particolarmente
espansiva nell'intimit del tempio della Dea Bona, ramment Aurelio, ormai
stoicamente rassegnato al peggio.
- Chiedo la parola, nobile Lentulo! - Poich ad elevare la richiesta non era un
qualunque provinciale di fresca nomina, ma l'illustre Tito Torquato Tricipitino il
Balearico, il facente funzione di princeps pens bene concedergliela senza indugio.
- Mi sento in dovere di sanare un equivoco. Nel giorno da te indicato, il senatore
Stazio si trovava su mia richiesta in missione presso il plenipotenziario del regno dei
Parti. Purtroppo, essendo l'ambasciatore gi ripartito per l'Oriente, mi trovo ora
nell'impossibilit di convocarlo a confermare le mie parole.
- Passiamo oltre - prosegu Lentulo seccato. - La vigilia delle Calende di Marzo,
mentre il Senato decideva sull'esatta pronuncia dell'antica giaculatoria recitata dal
Flamine di Marte durante l'abbattimento del cavallo sacrificale
Era stato il giorno in cui Porzia, intenerita davanti agli struzzi di Castore alla sua villa
sul Gianicolo, aveva riversato su di lui le attenzioni che i grossi volatili non
mostravano di gradire, ricord con rimpianto il patrizio.
- Si tratt di un'emergenza improvvisa, nobile Lentulo - spieg il Balearico. - Chiesi a
Publio Aurelio di accogliere i Mauritani giunti in citt per consegnare a Claudio
Cesare una supplica sul progetto di un grande stabilimento termale a Volubilis.
- Immagino che anche loro se ne siano gi andati! - riboll il vicario, verde di bile: se
non avesse saputo che Tito Torquato Tricipitino era un acerrimo avversario politico
dell'odiato Stazio, avrebbe giurato che volesse addirittura coprirlo
- Terzo giorno prima delle None di Marzo: nomina dei sostituti dei septemviri
epulones, addetti alla cura dei banchetti e dei giochi nelle festivit religiose
- Deputazione dei Britanni! - esclam subito il Balearico.
- None di Marzo: messa ai voti del ripristino dell'antico rito officiato dai Flamini
Furrinali presso la sacra fonte della Dea
- Legati della Scizia! - fu la pronta risposta.
- Vigilia delle Idi di Marzo: designazione dei giovani destinati a percorrere seminudi
le vie della citt durante i Lupercalia, sfiorando al loro passaggio le donne sterili per
propiziarne la fertilit
- Ambasciatori delle trib Sarmate!
- Ottavo giorno prima delle Calende di Aprile: seduta sul restauro dell'edicola di
Giuturna tra il Foro e il Palatino
- Comitato dei Galli Cisalpini!
- Calende di Aprile: dibattito sul mangime acconcio ai sacri polli dell'oracolo -
balbett Lentulo, scagliando l'ultima freccia del suo arco.
- Delegazione di Nicomedia! - replic sicuro il Balearico.
Il supplente del princeps, le cui gote avevano assunto intanto una colorazione verde
lucertola, grugn sonoramente: dunque quel nullafacente di Stazio che con tutta
evidenza contava molti protettori non solo sull'Olimpo, ma perfino nella fazione pi
insospettabile del Senato se la sarebbe cavata una volta ancora, almeno finch lui
non avesse portato a termine la privatissima inchiesta che gli avevano suggerito
alcuni colleghi, facendo pedinare la sua stessa moglie mentre si recava al tempio
della Dea Bona
- Hai salvato mio figlio e mantenuto il mio segreto - diceva poco dopo il Balearico a
un Aurelio che, scongiurata ormai l'espulsione, aveva recuperato assieme al buon
umore anche tutta la sua indisponente irriverenza.
- E tu hai impedito che venissi radiato dalla Curia - replic il patrizio.
- Due a uno per te, Stazio - ammise l'altro di malavoglia. - Ma siccome non mi piace
sentirmi in debito, ho pensato di riportarti un infausto responso dei sacri polli che
potrebbe suscitare il tuo interesse: sembra che la Dea Bona mediti di punire
duramente gli eventuali maschi che oseranno aggirarsi nei pressi del suo tempio
durante le prossime nundinae se fossi in te, per un po' me ne terrei alla larga!
- Far tesoro del tuo consiglio, esimio collega - ringrazi Aurelio con un sorriso
sfacciato.
- Adesso siamo pari. D'ora in poi non aspettarti sconti.
- Nemici come prima, allora. E vinca il migliore! - lo salut Aurelio, chiedendo
pubblicamente la parola.
- Ora che la mia posizione chiarita, vorrei presentare un'istanza urgente - diceva
poco dopo in tono solenne. - Fino a quando, o padri coscritti, consentiremo al nobile
Lentulo di sacrificare la sua salute malferma accollandosi il gravoso incarico di
presiedere questa augusta assemblea? Non v' dunque nessuno, tra i tanti baldi e
vigorosi membri della Curia, in grado di sollevarlo dall'improbo fardello che da
troppo tempo pesa sulle sue fragili spalle? Da strenuo difensore della res publica
quale sempre stato, l'intrepido supplente del princeps intende senza dubbio portare
fino in fondo, anche a rischio della sua stessa incolumit, il faticoso compito di cui lo
abbiamo gravato a cagione della chiara fama, della grande esperienza e dell'eccelso
ingegno: troppo ha a cuore il bene della Patria per sottrarsi volontariamente alle sue
mansioni. Sta dunque a noi farci carico della sua salvezza, impedendogli di immolarsi
sull'altare del dovere!
- Bene, bravo! Che Lentulo smetta subito di sacrificarsi! - applaudirono entusiasti i
padri coscritti di entrambe le parti, per una volta finalmente d'accordo.
- Propongo dunque di nominare immediatamente un altro supplente e mi permetto di
additarvi un uomo che, pur non condividendo la mia visione politica, gode della mia
stima e di quella di voi tutti. Parlo naturalmente del nostro illustre collega Tito
Torquato Tricipitino il Balearico! - esclam Aurelio: la scelta non era poi tanto
malvagia, pensava; si trattava di un uomo intelligente e onesto, senza contare che a
lui avrebbe fatto molto comodo un princeps di cui conosceva i reconditi segreti
Un'acclamazione segn il successo della proposta.
- Tre a due per me, Balearico! - sussurr il patrizio al collega, congratulandosi
sentitamente per la nomina.
XVIII
Diciottesimo giorno
Era quasi sera quando Publio Aurelio giunse alle pendici dell'Aventino, davanti alla
casa di Urania, dalla quale Bulbillo stava uscendo scuro in volto.
- Sono andato a salutare la nonna. Ha cercato di aiutarmi, ma non era il modo giusto -
disse mostrando al patrizio il rotolo che stringeva tra le mani. Il codicillimi
triangolare appeso al volumen ne indicava il titolo: gli ultimi tre libri dei Tristia, le
disperate elegie che Ovidio aveva scritto dall'esilio di Tomi.
- Tu sai che cosa sto per fare, vero? - chiese il ragazzo con un filo di voce.
- S. Ho capito come erano andate le cose dal filo di lana che conservi nel marsupium.
- Perch allora hai atteso tanto?
- La decisione spettava a te soltanto, Bulbillo - rispose Aurelio, mettendogli una mano
sulla spalla. - Ci sono cose che nessuno pu fare al nostro posto.
- Vuoi ascoltarmi? - chiese il ragazzo e parl a lungo, molto a lungo. - I veri uomini
non piangono, vero senatore? - chiese non appena ebbe finito.
- Certo che lo fanno, quando non li vede nessuno. Qui per siamo soli, e io non faccio
la spia.
Scoppiando in lacrime, Bulbillo corse a rifugiarsi tra le braccia del patrizio. L'ultimo
atto della sua vita di bambino, pens Aurelio, stringendolo a s per un breve istante.
- Senatore, duro l'esilio?
- Duro, difficile, terribile - non gli nascose Aurelio. - Ma offre anche molte
opportunit: si conoscono genti lontane, si imparano lingue diverse, si comincia a
capire che attorno all'Urbe c' il resto del mondo. Un giovane in gamba, capace di
non indulgere a inutili compatimenti, ne tornerebbe pi forte e pi avveduto.
- E magari anche pi magro, se vero che nelle lontane province si mangia male
come dicono! - tent di celiare Bulbillo, con gli occhi ancora umidi. - Temo per che
ci si senta molto soli.
- Non si mai soli quando si pu guardare in faccia se stessi - rispose il patrizio,
levando il braccio a salutarlo col rispetto riservato a un adulto.
Bulbillo era gi piuttosto distante, quando la figura che Aurelio aveva scorto nascosta
dietro al portichetto, usc dall'ombra e prese a seguirlo.
- Non farlo, Flavia Flora! - grid il patrizio raggiungendola con due rapide falcate. -
Colpire al cuore pi difficile di quanto si pensi: ci vuole molta forza e spesso le
costole deviano la lama!
- Tu, sempre tu sulla mia strada! - grid lei e lev la mano, le dita ancora strette
sull'elsa del pugnale. - Ammazzer anche te, se tenti di impedirmi di uccidere il
mostro!
- Non sei fatta per togliere la vita, Flora, ma per darla di nuovo. Il tuo ventre
fecondo, il tuo seno rigoglioso, il tuo cuore pronto ad amare ancora. Abbassa il
coltello, non ti serve pi: sta per esserti data giustizia, tuo figlio trover finalmente la
pace, laggi nelle eterne tenebre dell'Ade!
Dalla veranda filtrava una pallida luce. Il senatore si port sotto l'albero, sperando di
aver conservato, a ventiquattro anni di distanza, un po' di quella agilit felina che gli
permetteva di raggiungere Urania quando i suoi capelli erano ancora neri come
l'ebano e la maggior parte della sua vita ancora da vivere.
Lentamente, ramo dopo ramo, Aurelio cominci a salire: l'avrebbe raggiunta come
faceva un tempo, silenzioso al pari di un gatto innamorato che segue la femmina nel
buio dei tetti.
La ammir riflessa nel grande specchio di rame, i candidi capelli sciolti fino alla vita,
gli occhi di zaffiro che si coloravano di fuoco al bagliore rossastro del metallo.
Lei non si stup nel vederlo comparire dal nulla, quasi lo stesse aspettando e sapesse
da che parte sarebbe venuto.
- Sei qui infine! - disse con voce roca mentre lui la prendeva tra le braccia. Fermare il
tempo, riportarlo indietro, cancellare cinque lustri, era questo che voleva? si chiese il
senatore. Gli interessava disseppellire il passato oppure vivere appieno il presente,
guardando all'avvenire?
- Sapevo di essermi messa in buone mani! - esclam felice Urania e accenn a un
passo di danza, come avrebbe fatto una ragazzina. - Possiamo finalmente ritrovarci,
ora che tutto finito!
I capelli erano ancora morbidi, la pelle cedevole sotto le sue carezze, le mani sapienti,
la bocca appassionata, pens Aurelio. Per non spezzare l'incanto bastava tacere.
- Per non finita come avresti voluto tu, Urania - disse invece.
- Certo che s: nessuno oser pi imputare a mio nipote la morte del fratellastro, dopo
che tu hai smascherato le trame della sua matrigna!
- Bulbillo appena andato a costituirsi.
- Che dici? - scolor lei, staccandosi bruscamente.
- Spiegher come abbia ucciso suo fratello, non con un atto premeditato, bens per
pura fatalit. Fu un assurdo incidente, alle cui radici c'era il timore dell'abbandono e
la gelosa solitudine di un ragazzo che si sentiva inetto, indegno delle cure di Flora,
dell'orgoglio del padre, della gioia dei parenti, degli apprezzamenti degli amici, delle
carezze delle ancelle, dei consigli degli adulti. Avrebbe preferito tornare in fasce,
come il bambino a cui non lo lasciavano avvicinare. Bramava ci che il piccino
possedeva e che lui non aveva avuto: l'amore dei genitori, un petto caldo a cui
aggrapparsi, il sapore del latte materno sulla bocca. Scoprendosi spiata mentre
nutriva il neonato, Flora credette a uno sguardo lubrico, ma si sbagliava: non era il
seno di una donna che l'immaturo Bulbillo stava guardando, ma quello di una madre.
Per questo si chin sulla culla, risoluto ad assaggiare la goccia di latte che il bimbo
aveva ancora tra le labbra. Per uno scherzo atroce del Fato, tuttavia, scivol in avanti
con tutto il suo peso e, impacciato com'era, ci mise troppo a rialzarsi. Quando fu di
nuovo in piedi, il bimbo non respirava pi. Da allora ha vissuto in un lungo incubo,
che solo il coraggio di dire apertamente la verit poteva dissolvere.
- Ti ha dato di volta il cervello? Come hai potuto concepire una storia tanto pazzesca?
- Me l'ha raccontata Bulbillo stesso, che in questo momento la sta confessando ai
magistrati.
- No, no, non possibile! - mormor lei, sgomenta. Un istante dopo assaliva il
senatore con la furia di una tigre. - colpa tua, sei stato tu a istigarlo, a convincerlo
ad accusarsi!
- Ha deciso da solo. Perch non aveva deliberatamente commesso un delitto, come
hai creduto tu quando, per coprirgli le spalle, inventasti la storia della maledizione,
premurandoti poi di riferirla a quell'inguaribile pettegola di Domitilla, certa che
avrebbe provveduto a divulgarla in tutta Roma. Ma non bast: Flavia Flora
continuava ad insistere nelle sue accuse, cos mi hai arruolato per scagionare tuo
nipote, dosando accuratamente le promesse con gli opportuni mal di testa. E il
cedimento di una povera madre, che, disperando di ottenere giustizia, si messa a
fabbricare prove false, ti stato di grande aiuto.
- Mi hai tradito! - sillab Urania guardandolo con orrore. - E io che credevo mi
desiderassi ancora
Il passato non torna mai, pens il patrizio.
- Non ti sbagliavi, ti desidero anche adesso. Ma hai tentato di manipolarmi,
approfittando della mia debolezza nei tuoi confronti, e io ci sono quasi cascato. A mia
parziale giustificazione, posso addurre soltanto che mettevi in campo i miei rimpianti
irrisolti e i pi begli occhi di Roma!
- Mi hai distrutto: non ho pi amici, non ho pi nessuno, perfino i miei figli mi
tengono a distanza. Bulbillo era tutto quanto possedevo!
- Il ragazzo non era tuo. I nostri figli e i nostri nipoti non ci appartengono.
- Non puoi farmi questo! - gemette Urania, mentre col viso affondato nelle mani
spiava le reazioni del suo antico amante, sperando di riuscire una volta ancora a
tenerlo sul filo del rasoio. - Che ne sar di me, ora?
- Francamente, me ne infischio - rispose Aurelio, prima di scavalcare di nuovo la
finestra per ridiscendere da dove era salito.
Basilica Giulia al Foro
Lei era davanti al portico e arrancava con un alcuni grossi rotoli sottobraccio, troppo
cocciuta per chiedere aiuto. Tanto valeva portar via la sua roba, stava dicendosi; per
nulla al mondo avrebbe riassunto l'infido Cilo licenziato in quattro e quattr'otto dal
Balearico dopo il processo e trovare un altro praticante era molto difficile.
- Avvocato! - la chiam il patrizio di lontano. - Ehi, avvocato Statilia Vespilla, dico a
te! Ho una causa da proporti. Una grossa causa - ripet raggiungendola.
La giurista tentenn. Non poteva fare alcun appunto al senatore, si era comportato
benissimo in aula come altrove, tuttavia preferiva stargli lontano: in sua presenza
sentiva liquefarsi le sue solide sicurezze, diventava impedita, goffa, inadeguata.
- La ragazza innocente? - si ammorbid per un istante Statilia, vinta dalla curiosit.
- Si tratta di un maschio ed reo confesso di un fratricidio commesso senza
intenzione. Voglio ottenergli un esilio sufficiente a permettergli di crescere, ma non
tanto gravoso da tenerlo a lungo lontano dall'Urbe. Senza di te non ce la farei mai.
- Stento a credere alle mie orecchie: il senatore Stazio che si degna di domandare
aiuto a qualcuno! Verr certamente a nevicare, anche se siamo fuori stagione! - ribatt
lei, guardando sarcastica il cielo.
- Il senatore Stazio non reputa disdicevole rivolgersi a un avvocato pi in gamba di
lui, particolarmente se si tratta di una gran bella donna. Allora, accetti?
Mentre Statilia prendeva tempo, due matrone che passeggiavano in quel momento
stto il portico della basilica, si dettero di gomito.
- Ehi, guarda un po' la furbastra, quanto si fa pregare! - disse acida la prima.
- Mi sa che stiamo sbagliando qualcosa, Simmaca mia! - sospir Medullina. - Noi
passiamo ore a sistemarci i riccioli, ci strizziamo in tuniche da schianto e
caracolliamo su tacchi mostruosi a rischio di storcerci le caviglie, poi arriva una
pissera qualunque, armata solo di un paio di codicilli, e ci frega il senatore!
- Sai che ti dico? All'Argiletum c' un libraio che vende testi di giurisprudenza. Mi sa
tanto che ci conviene comprarne un paio - propose Simmaca, trascinando con s
l'amica.
- Non sopporto quelle smorfiose! - esclam Statilia quando le due, passando a un
pollice da Aurelio, lo salutarono con un riso sfrontato, atteggiando le dita ad artigli.
Ed ecco spiegati i graffi sulla guancia, comprese la giurista, verde di bile.
- Allora? - la incalz il patrizio.
Il primo istinto fu quello di spedirlo al Tartaro con un cocchio tanto veloce da battere
la quadriga dei Verdi al Circo Massimo: perch sprecarsi a competere con delle
pupattole dipinte su un terreno nel quale a nulla contavano intelligenza, cultura e
abilit professionale? La battaglia era persa in partenza, era sempre stato cos, fin dal
tempo in cui aveva cominciato a sudare sui libri, mentre le altre ragazze provavano
nuove, leggiadre acconciature
- Dipende da te, finora sei stato un modello di rispetto.
- Invero eccessivo, consider in cuor suo Statilia, domandandosi come sarebbe stato
il tocco delle mani del senatore sulla sua pelle. - Se giuri che continuerai su questa
strada- concluse poi, aspettando solo che lui acconsentisse per cancellarlo
definitivamente dalla sua esistenza.
- Un giuramento cosa molto seria. Diciamo che mi sforzer di provare, ma non
garantisco di riuscirci - mise le mani avanti il senatore. Dunque c'era ancora speranza,
risorse Statilia, col cuore che le batteva forte.
- Sar lunga la preparazione del processo?
- Almeno un mese.
- Quando si comincerebbe?
- Subito - sorrise Aurelio. Quella donna era testarda e spinosa come un rovo, ma lui
aveva a sua disposizione trenta lunghi giorni per trasformarla in un favo di miele e
presuntuosamente contava di riuscirci. - Andiamo a casa tua?
- Meglio da te: piaci fin troppo allo zio Vespillo, potrebbe farsi delle idee.
E soprattutto entrare in un momento poco opportuno, aggiunse tra s e s la giurista.
Che cosa avevano in fondo le varie Simmache, Porzie, Lollie, Camille e Cornelie, che
non potesse mettere in campo anche lei?
E poich intendeva mostrarsi pi femminile, decise di iniziare subito.
- Me li porteresti tu? - chiese, caricando il galante senatore della sua grossa pila di
volumi.
Cominciamo bene! sorrise Aurelio, mentre si sobbarcava di buon grado il greve peso
della legge imboccando assieme a Statilia la strada del Viminale.
GLOSSARIO DEI TERMINI GRECI E LATINI,
DEI LUOGHI GEOGRAFICI E DEI
PERSONAGGI MITOLOGICI CITATI NEL
ROMANZO
GLOSSARIO DEI TERMINI GRECI E LATINI
LUOGHI GEOGRAFICI
Ade: o Plutone, dio dell'oro, dei morti e dell'oltretomba, sovrano dell'Erebo e delle
viscere della terra, quindi anche dei metalli preziosi che vi si potevano estrarre.
Aiace Telamonio: era reputato il pi valoroso degli Achei che guerreggiavano nella
piana di Ilio e quindi alla morte di Achille le armi dell'eroe scomparso sarebbero
dovute spettare a lui. Tuttavia Odisseo, che aveva espugnato la rocca di Troia grazie
al tranello del cavallo, le rivendic per s, facendo impazzire Aiace dal furore.
Ammon-Ra: dio del sole, massima divinit del pantheon egizio.
Amore: o Cupido (da cupere, desiderare), identificato col greco Eros.
Apollo: dio del sole e delle arti.
Arianna: figlia di Minosse re di Creta, trad il padre aiutando Teseo, di cui si era
invaghita, a uccidere il Minotauro e a uscire indenne dal labirinto. L'amante
immemore in seguito la abbandon, lasciandola mentre dormiva sull'isola di Nasso
(da cui la locuzione "piantare in Nasso", che nel tempo divenne "piantare in asso").
Consolata dal Dio Dioniso, o Bacco, ne divenne poi la sposa immortale.
Astianatte: figlio bambino di Ettore, ucciso da Neottolemo. Celebre il brano
dell'Iliade dove il padre lo prende tra le braccia, augurandogli un luminoso avvenire,
sebbene abbia gi capito che difficilmente gli sopravviver.
Atreo: padre di Agamennone e di Menelao. Gi fratricida in giovent, punisce il
fratello Tieste che gli aveva sedotto la moglie ammannendogli a cena le carni dei tre
figli.
Bacco: dio del vino e dell'ebbrezza, identificato col greco Dioniso.
Bona: antica divinit laziale che non ha corrispondenti nella mitologia greca. Al suo
culto erano preposte esclusivamente le donne.
Cariddi: mostro femminile che, assieme alla compagna Scilla, divorava le navi
nell'attuale stretto di Messina.
Caronte: il traghettatore infernale che trasportava le anime dei morti oltre la palude
Stigia, fino alle porte dell'Ade.
Ciclopi: giganti dotati di un solo occhio, aiutanti di Efesto (identificato con Vulcano)
che svolgevano la funzione di fabbri nella fucina dentro il monte Etna.
Creso: ricchissimo re della Lidia.
Damocle: cortigiano di Dionisio, tiranno di Siracusa, chiese al sovrano di prendere il
suo posto per un giorno. Dionisio glielo concesse, ma gli fece vivere l'intera giornata
sotto una spada appesa a un fragile crine di cavallo, per mostrargli i pericoli che
correva quotidianamente come sovrano.
Diana: antichissima dea della luna, identificata con la greca Artemide.
Ebe: dea della giovinezza, figlia di Zeus ed Hera. Coppiera dei Numi, sposer Ercole,
assunto in cielo nel novero degli Dei.
Edipo: eroe che riusc a risolvere i quesiti della Sfinge e diventare cos re di Tebe,
sposandone la regina senza sapere che si trattava di sua madre.
Eolo: dio dei venti la cui dimora era nelle isole vulcaniche che da lui prendono il
nome di Eolie.
Ercole: figlio di Giove e Alcmena, massimo eroe greco, assunto poi nel novero degli
Dei.
Ermes: dio dei viaggi, dei commerci e dei ladri.
Eros: dio greco dell'amore, figlio di Afrodite, corrispondente al romano Cupido,
rappresentato come un bellissimo giovinetto e a volte come un bambino.
Eroti (plurale di Eros, dio dell'amore): amorini rappresentati come bimbi paffutelli
dotati di alucce, nonch di arco e freccia per scagliare i loro dardi nel cuore di mortali
e immortali.
Febbre: antica dea romana associata alla guarigione dalla malaria. Le era dedicato il
mese di Febbraio.
Filomena: violentata dal cognato Tereo, che le taglia la lingua perch non possa
denunciare l'accaduto, tesse una tela con le immagini dello stupro per informarne la
sorella Procne, che la vendica facendo mangiare al marito la carne del figlio. Viene
poi trasformata in usignolo.
Flora: dea italica della vegetazione, il cui culto era stato introdotto a Roma dal re
sabino Tito Tazio.
Fortuna: dea italica del caso e del destino. Aveva parecchi templi a Roma e uno,
immenso, a Praeneste (oggi Palestrina), non lontano dall'Urbe, di cui sono ancora
visibili le imponenti vestigia.
Ganimede: bellissimo giovinetto amato da Giove, che lo rap in forma di aquila per
portarlo sull'Olimpo come coppiere degli Dei.
Giove (gr. Zeus, ovvero Theos, dio per eccellenza): il re degli Dei.
Giunone (gr. Hera): sorella e moglie di Zeus, regina degli Dei.
Idra: mostro dalle sette teste, sorella di Cerbero.
Ir il pitocco: travestimento usato da Odisseo per presentarsi alla corte della moglie
Penelope e sterminare i Proci.
Licitone: re d'Arcadia che amman le carni del suo stesso nipote in pasto a Zeus
travestito, per appurare se fosse veramente un dio. Nelle Metamorfosi di Ovidio,
viene trasformato in un lupo ghiotto di carne umana.
Marsia: sileno che venne scorticato vivo per aver osato sfidare Apollo in una gara di
musica.
Medea: celebre maga che, abbandonata da Giasone, uccise per vendicarsi i figli avuti
da lui.
Menadi: baccanti, compagne del dio Bacco.
Mida: mitico re punito da Apollo per non averlo dichiarato vincitore in una gara di
musica con Marsia. Ottenne da Dioniso il dono di mutare in oro tutto ci che toccava,
ma dovette poi supplicarlo di privarlo del dono quando si accorse che non poteva pi
mangiare nulla.
Narciso: bellissimo giovinetto che, innamoratosi di se stesso, anneg in uno stagno
tentando di abbracciare la propria immagine riflessa.
Neottolemo: o Pirro, figlio di Achille. Raggiunte le schiere degli Achei, durante il
saccheggio di Troia uccide brutalmente il figlioletto di Ettore sotto gli occhi della
madre, che prende poi come schiava, ingravidandola di un nuovo figlio.
Odisseo: o Ulisse, il sire dai mille tranelli che conquist l'imprendibile Troia con
l'astuzia del cavallo.
Olimpo: monte della Grecia reputato la dimora dei Numi Immortali.
Orfeo: mitico cantore, penetrato nell'Ade per liberare dalla morte l'amata Euridice,
incantando gli Dei infernali con la sua arte sublime.
Pallade Atena: protettrice dell'intelligenza, delle arti e della strategia bellica, nacque
adulta e gi armata fino ai denti dalla testa del padre Zeus. Venne in seguito
identificata con l'italica Minerva.
Pan: dio delle selve, corrispondente al latino Fauno, in alcuni miti concepito da
Hermes e dalla ninfa Driope, in altri lo si vuole figlio di Penelope e di tutti i Proci.
Spaventava i pastori con le sue grida terrificanti, da cui l'origine del termine "panico";
veniva rappresentato con lo zoccolo caprino e le corna in testa, attributi che
passarono successivamente all'iconografia del diavolo.
Parca: una delle tre dee che filavano, tessevano infine tagliavano il filo della vita.
Perseo: eroe che uccise la Medusa, mostro coi capelli di serpente che pietrificava gli
uomini con il suo sguardo.
Pizia: o Sibilla, profetessa dell'oracolo di Apollo. Ce n'era una a Delfi (Sibilla
Delfica) e una a Cuma (Sibilla Cumana), oltre alla Sibilla Eritrea e alla Sibilla Libica.
Priapo: dio latino dei confini campestri, dotato di un enorme organo sessuale.
Procne: fa mangiare al marito Tereo le carni del figlio, per punirlo di avere violentato
e mutilato sua sorella Filomena. Viene poi trasformata in rondine.
Prometeo: titano colpevole di aver donato agli uomini l'intelligenza, la memoria e il
segreto del fuoco, sottraendone una scintilla alla fucina di Efesio. Per punizione
venne incatenato a una roccia con un'aquila che gli mangiava ogni notte il fegato, che
ricresceva ogni giorno. Liberato da Ercole, fu poi venerato come un dio dagli uomini
che aveva beneficato.
Proserpina: o Persefone, sposa di Plutone e regina degli Inferi.
Saturno: dio latino delle messi, identificato pi tardi col greco Crono, padre di
Giove, Giunone, Nettuno, Plutone e Cerere.
Scilla: uno dei due mostri dello stretto di Messina, assieme alla sua compagna
Cariddi.
Sileno: compagno del dio Bacco.
Sisifo: condannato a sospingere per un erto pendio una grossa pietra che, non appena
in cima, ricadeva sempre a valle, costringendolo a ricominciare da capo la fatica.
Tantalo: reo di aver derubato gli Immortali, venne legato ad un albero carico di frutti,
in mezzo ad un lago la cui acqua arrivava fino al suo mento: non appena provava a
bere, il lago si asciugava, e i rami dell'albero si allontanavano quando tentava di
prendere un frutto. Ancora oggi si usa la locuzione "supplizio di Tantalo".
Tartaro: o Erebo, o Ade, il regno degli Inferi.
Temi: dea greca della giustizia.
Tiberino: divinit italica protettrice del fiume Tevere.
Venere Afrodite: dea della bellezza e dell'amore.