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Introduzione
conviene spendere tempo e denaro nella valutazione degli interventi per le tossicodipendenze?
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Le prime significative applicazioni di metodologie di valutazione dei servizi sociosanitari sono degli anni
‘70: si pensi in particolare all’esperienza d’oltreoceano dello studio e successiva introduzione, all’inizio degli
anni ’80, dei DRG (Diagnostic Related Groups) sotto la spinta delle compagnie assicurative e del loro interesse a
valutare l’operatività dei servizi sotto il duplice punto di vista dei costi e della soddisfazione dei pazienti, e
quindi dell’efficacia [Nizzoli, 2001].
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Come avviene prevalentemente in Italia, dove il sistema dei servizi sociosanitari è in parte gestito
direttamente dallo stato e per la restante comunque finanziato direttamente da esso.
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profondità, radicandosi da una parte in lacune informative e carenze dal punto di vista della
formazione degli operatori e dall’altra in condizionamenti di tipo culturale che rendono
particolarmente difficile implementare sistemi di controllo degli esiti (più in generale della
qualità) nei servizi di aiuto alla persona. Ciò è facilmente comprensibile, del resto, se si pensa
che il concetto stesso di valutazione nasce storicamente in un contesto molto differente, anche
in termini di valori di riferimento, a quello dei servizi alla persona: la necessità e la
conseguente implementazione di metodiche di valutazione delle prestazioni di una
organizzazione e della misura del “prodotto finale” di tale organizzazione trova origine,
infatti, nell’ambito della produzione industriale o comunque orientata al profitto, spesso
percepito in termini oppositivi rispetto al mondo dei servizi no-profit che afferisce sia al
pubblico che al privato sociale. Il trasferimento dei concetti della valutazione nell’ambito dei
servizi alla persona si scontra quindi con una distorsione di fondo “tanto classica quanto
pericolosamente radicata, coincidente con il timore che l’introduzione di parametri
‘aziendali’ tolga valore alle motivazioni etiche che tradizionalmente fondano il prendersi
cura dell’altro, che a sua volta costituisce la base e la sostanza dell’identità degli
operatori”3. La valutazione è percepita spesso come un qualcosa di destrutturante rispetto alla
propria identità di operatore e vissuta in termini di intrusione esterna nella propria attività
professionale o, per usare un immagine, come un ritorno ai tempi della scuola, con
l’ingombrante presenza di un maestro sempre pronto a distribuire voti e pagelle.
Se allora la risposta alla domanda iniziale vuole essere una risposta ragionata e, soprattutto,
una risposta operativa, diventa necessario “sbriciolarla” in altre che la precedono logicamente:
che cosa dobbiamo valutare? quando dobbiamo valutare? come dobbiamo valutare? E,
soprattutto, perché dobbiamo valutare? Solo una risposta sufficientemente condivisa a queste
domande può riuscire a portare il sistema dei servizi sociosanitari, ed in particolare quelli
dell’area tossicodipendenze di cui ci interessiamo, ad integrare il concetto di valutazione nel
suo fare quotidiano, e non a considerarlo sempre più o meno marginale rispetto alle attività
più direttamente collegate al soddisfacimento dei bisogni immediati dell’utenza.
3
[Fiocchi, Bellini et Al, 2003], pag 119
4
Si inserisce all’interno delle più generali tematiche del Total Quality Management (TQM).
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Citazione di Ezio Manzato in [Lucchini, 2003]
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da [Serpelloni e Simeoni, 2002, (a)], con modifiche
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Il centro delle procedure di valutazione7 è rappresentato della valutazione degli esiti degli
interventi (spesso indicata anche in Italia col termine anglosassone di “valutazione di
outcome”), che è quel processo con cui si va a valutare l’efficacia reale di un intervento nel
momento in cui questo è applicato, con l’obiettivo di modificare in itinere lo sviluppo
dell’intervento stesso . Il “sapere” prodotto dalle procedure di valutazione di outcome non è,
perciò, come quello della ricerca scientifica, che ha in se stesso il proprio obiettivo e la
propria ragione, ma è un “sapere” immediato, pratico, che trova il suo significato nel
momento in cui viene utilizzato per modificare in itinere il processo stesso che viene valutato.
Nel caso di un intervento farmacologico per una qualunque patologia, ad esempio, mentre la
ricerca scientifica va a valutare l’efficacia e la sicurezza del trattamento in condizioni
controllate e per questo stesso motivo in qualche modo irreali, le procedure di valutazione di
outcome vanno a valutare l’efficacia reale di quel trattamento nel momento in cui questo è
applicato, con l’obiettivo di modificarlo, se del caso.
La già citata fig. 1 indica schematicamente il funzionamento complessivo di un servizio: è
all’interno di questo processo che la valutazione di outcome si inserisce come strumento di
feedback capace di dare indicazioni per l’adattamento sia dei processi che degli input. In
questo senso la valutazione di outcome occupa un posto intermedio tra la già citata ricerca
scientifica (che si preoccupa di esaminare il processo in termini generali, valutando efficacia e
sicurezza di un trattamento attraverso studi controllati) e le valutazioni di efficienza (che si
preoccupano di valutare il rapporto tra le prestazioni erogate e le risorse impiegate)8.
Concettualmente i tre elementi sono gerarchicamente collegati, nel senso che così come non
ha senso valutare l’efficacia pratica di un trattamento che la ricerca scientifica ha già
dimostrato incapace di raggiungere gli obiettivi, altrettanto poco senso ha valutare l’efficienza
7
Per la cui trattazione generale, che esula dagli obiettivi di questo testo, si rimanda alla bibliografia. Si veda
in particolare, per una visione d’insieme, l’articolo introduttivo sui concetti base del Quality Management di
Serpelloni e Simeoni [Serpelloni e Simeoni, 2003 (a)], gli altri pubblicati nello stesso manuale, e gli articoli di
Guarino [Guarino, 1999] e Fiocchi e Altri [Fiocchi et Al., 2003].
8
Per differenziare i concetti di capacità di raggiungere i risultati attesi mostrata in situazioni sperimentali
controllate dall’efficacia nella realtà clinica quotidiana in letteratura sono diffusi i termini sintetici inglesi di
efficacy per la prima e di effectivness per la seconda [Madeddu, 2003].
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di un servizio nell’erogare prestazioni la cui efficacia pratica si sia dimostrata inadeguata (cfr.
Fig. 2).
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I punti critici di questo processo sono sostanzialmente tre: la scelta dei dati da raccogliere,
le modalità di raccolta ed elaborazione e l’utilizzo dell’output del processo, cioè degli
indicatori. Tutti e tre questi elementi costituiscono fattori chiave nel rendere una procedura di
valutazione più o meno realizzabile nella pratica: se la scelta dei dati e le modalità stesse di
raccolta sono infatti troppo gravose o non adeguatamente inserite nell’operatività quotidiana,
o se l’utilizzo che si fa dei risultati della valutazione non è chiaro, non è condiviso dagli
operatori o non c’è affatto (come accade non abbastanza raramente), l’intero processo di
valutazione diventa un corpo estraneo nell’operatività del servizio, e finisce, nella migliore
delle ipotesi, per sopravvivere solo in maniera formale. Il come e il perché della valutazione
sono, cioè, indistricabilmente legati alla sua accettabilità da parte degli operatori/utenti e,
quindi, alla realizzabilità pratica al di la delle enunciazioni di principio.
Alla base di una modalità di raccolta dati accettabile sta sostanzialmente un concetto,
rappresentato graficamente dalla Fig. 49: il concetto che i dati da raccogliere per le valutazioni
di outcome devono essere il più possibile derivati, o comunque coerenti con quelli raccolti
routinariamente per l’attività di assistenza quotidiana, la diagnosi e la programmazione degli
interventi10. L’impostazione di sistemi di valutazione, sia pure scientificamente corretti, ma
strutturati sulla raccolta di tipologie di dati troppo differenti da quelli già normalmente
raccolti, finiscono per diventare inapplicabili nella pratica quotidiana. Alla base di un sistema
di valutazione accettabile si trova quindi la necessità di strutturare la raccolta dati in modo
coerente e il più possibile sovrapponibile a quella utilizzata per la gestione delle cartelle
cliniche (e/o degli altri adempimenti anche di tipo burocratico che già i servizi realizzano).
9
da [Serpelloni e Simeoni, 2002, (b)], con modifiche
10
Sono i dati che vengono raccolti per la compilazione iniziale della cartella clinica e la progettazione
dell’intervento più adeguato al singolo utente (valutazione iniziale) e per il monitoraggio delle attività svolte e
degli effetti immediati di queste, nonché degli eventi significativi nella storia clinica(valutazione in itinere).
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Anche l’utilizzo dei risultati della valutazione è un elemento chiave: nulla è più
demotivante di un lavoro i cui risultati sono sconosciuti o, addirittura, percepiti come
sfavorevoli. Ciò avviene, ad esempio, quando i risultati della valutazione non ritornano agli
operatori ma vengono utilizzati solo a livello dirigenziale: la sensazione più comune è quella
della valutazione come controllo esterno. La condivisione degli obiettivi del lavoro di
valutazione e, conseguentemente, dei risultati dello stesso costituisce una premessa
indispensabile alla realizzazione di un efficace processo di valutazione.
I principali obiettivi che ci si possono attendere dall’implementazione di adeguate
procedure di valutazione di outcome appartengono a diverse categorie:
• Obiettivi per l’Utenza: maggiore efficacia dei trattamenti/servizi resi
nell’affrontare le problematiche individuali;
• Obiettivi per gli Operatori: valorizzazione delle risorse/capacità individuali; riduzione
carico emotivo e rischio di burn-out;
• Obiettivi per il Servizio: migliore allocazione delle risorse; miglioramento
qualitativo e quantitativo dei servizi resi; aumento della
rispondenza dei servizi resi alle esigenze individuali;
riduzione delle conflittualità interne;
• Obiettivi per la Società: miglioramento dell’efficienza del sistema assistenziale;
aumento del grado di salute pubblica e di sicurezza sociale
L’analisi delle diverse categorie esula dagli obiettivi del presente lavoro11: ci basti
osservare l’ampio ventaglio di temi e la conseguente intuibile necessità di fare in modo che
non esista contrasto, ma se mai integrazione, fra i vari livelli.
Valutare gli esiti degli interventi12 nell’ambito delle tossicodipendenze non significa
soltanto misurare gli effetti dei trattamenti sul sintomo principale costituito dal consumo di
droghe13. Come tutti i trattamenti per situazioni croniche e per i problemi di salute pubblica, i
trattamenti per le tossicodipendenze devono essere valutati in modo più vasto, rispetto ai loro
effetti sulle problematiche correlate al sintomo principale e che hanno influenza sul
funzionamento globale del paziente o su problematiche di salute pubblica: ciò è giustificato
dal fatto che l’obiettivo immediato di ridurre o eliminare il consumo di droghe o alcool è
certamente necessario ma raramente sufficiente per raggiungere l’obiettivo a lungo termine di
migliorare il benessere globale del singolo e il suo funzionamento sociale. In altri termini, sia
dal punto di vista del singolo paziente, sia da quello della società, un trattamento veramente
11
vedi, tra gli altri: [Lucchini, 2003],[Fiocchi, Bellini et Al, 2003], [AA.VV., 2003].
12
nel seguito, vista la specificità dell’area, si userà indifferentemente il termine trattamento e intervento.
13
La maggior parte delle considerazioni che seguono potrebbero essere riferite alle procedure di valutazione
degli esiti per la generalità dei servizi ti tipo sociosanitario. Per semplicità e concretezza si farà riferimento
esplicito al solo caso dei trattamenti per le tossicodipendenze.
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efficace è un trattamento che non soltanto realizza una duratura riduzione dell’uso di sostanze,
ma che migliora sensibilmente il funzionamento sociale e personale14.
Queste semplici considerazioni introducono direttamente alcuni concetti-chiave
valutazione degli esiti dei trattamenti per le tossicodipendenze, che sono la
multidimensionalità ,la multiprofessionalità e l’integrazione.
Il concetto della multidimensionalità è oggi ampiamente condiviso nel mondo scientifico15,
ma che nel passato non remoto ha suscitato ampi contrasti e provocato anche effetti deleteri.
Si pensi al rilievo dato negli anni ’70 e ’80 particolarmente negli Stati Uniti ad una
interpretazione della tossicodipendenza in termini esclusivi di dipendenza psicofisica da una
determinata sostanza chimica, che ha portato da una parte alla creazione di categorie
diagnostiche di tipo riduttivo (alcolista, eroinomane, cocainomane, etc.), dall’altra a mettere
in ombra aspetti meno eclatanti, ma non per questo di secondaria importanza, sia di tipo
medico che psicologico e sociale e infine a concentrare le valutazioni relative agli esiti dei
trattamenti al solo criterio dell’astinenza da sostanze chimiche (non prescritte), spesso
ignorando altri problemi correlati alla dipendenza16.
14
Cfr. [McLellan, 2003]
15
Si pensi solo alla definizione e ai correlati criteri diagnostici per la dipendenza da sostanze riportata nel
DSM-IV, tipicamente multidimensionale, visto che tiene in conto variabili legate sia al consumo di sostanze, sia
a condizioni mediche, sia al funzionamento psicologico e sociale [American Psychiatric Association, 1996]
16
Cfr. [Consoli e Bennardo, 1995]
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Ma quali sono le dimensioni su cui valutare gli esiti della tossicodipendenza? Gli schemi di
riferimento che possono essere utilizzati sono diversi, ma, al di la della variabilità
terminologica, concettualmente esiste un sostanziale consenso nell’individuare alcune macro-
aree, ciascuna delle quali suddivisa in dimensioni più specifiche: l’area dell’utilizzo di
droghe, l’area della salute fisica e del funzionamento psicologico e relazionale (dimensioni
che appartengono, globalmente, a quelle costitutive del concetto di qualità della vita), e l’area
della sicurezza e salute pubblica. Le prime due aree sono concettualmente comuni nella
valutazione di tutte le forme di trattamenti di tipo sanitario in quanto centrate sulla singola
persona, mentre l’ultima è più specifica del campo della tossicodipendenze, le cui
implicazioni sulla sicurezza e salute pubblica non possono essere trascurate17. La Tab. 1
rappresenta schematicamente la suddivisione concettuale esposta, associando ad ogni
dimensione di valutazione i corrispondenti obiettivi attesi.
Dal concetto di multidimensionalità discende immediatamente il concetto di
multiprofessionalità, intesa nel senso più vasto del termine come interazione non solo di
soggetti che esercitano una attività professionale in senso specifico, ma anche di soggetti che
possiedono competenze diverse: se la valutazione deve essere realizzata su dimensioni così
diverse, diventa impossibile (o, perlomeno, inefficiente) che a realizzarla sia il singolo
professionista, il singolo operatore. É invece quasi naturale che essa discenda
dall’integrazione delle competenze, ognuna in grado di esprimere valutazioni appropriate
nell’area di sua competenza: i soggetti della valutazione diventano allora non solo alcuni degli
operatori tradizionalmente deputati a tali compiti18, ma tutti gli operatori dei servizi assieme
agli utenti e, in senso lato, al contesto di riferimento, come riportato anche in Fig. 3.
Il concetto di multiprofessionalità ha un valore che trascende i confini del singolo servizio,
e sfocia nell’integrazione, che consiste nell’estendere le forme condivise di valutazione al di
fuori della singola équipe o del singolo servizio: il sistema di valutazione diventa allora uno
strumento condiviso tra più servizi19, che al loro interno possono e debbono strutturarlo
secondo le specifiche esigenze, facendo però in modo che l’interfaccia esterna possa essere
condivisa e che quindi sia possibile e proficuo un passaggio di dati tra realtà diverse senza
inutili duplicazioni di raccolte e analisi di dati con conseguenti ritardi e spreco di risorse a
svantaggio dell’utenza e della stessa motivazione degli operatori.
17
Cfr. [McLellan, 2003], [McLellan et Al, 1996], [Alemi, 1995], [Serpelloni e Simeoni, 2002, (b)], [Küfner,
1997]
18
tipicamente il personale di formazione medica o psicologica.
19
Il riferimento evidente è all’area territoriale.
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20
Cfr. anche [Fiocchi, Bellini et Al, 2003], [Fiocchi, Capellini et Al, 2003]
21
cfr., ad esempio, [Küfner, 1997]
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dall’utente22. Come spesso avviene il punto ottimale si ottiene da un’ attenta equilibratura dei
vari tipi di strumenti (oltre che dall’utilizzo di strumenti di controllo incrociato), e da uno
scrupoloso studio delle tecniche e dei risultati in letteratura.
4. semplicità e numerosità limitata degli indicatori
Il richiamo è diretto alle già citate problematiche di accettabilità: un sistema anche
“perfetto” ma troppo pesante da applicare (sia dal punto di vista degli operatori che degli
utenti) diventa inutilizzabile e quindi produce meno effetti di uno più limitato nei risultati e
negli obiettivi, ma gestibile. Un esempio classico è rappresentato, in Italia, dall’Addiction
Severity Index (ASI)23, notissimo e celebratissimo strumento multidimensionale di
valutazione, il cui uso clinico è fortemente limitato nel nostro paese dal tempo necessario alla
sua somministrazione (mediamente non inferiore ad un ora) che lo rende nella pratica uno
strumento “riservato ad alcuni servizi universitari e non utile nella pratica assistenziale
quotidiana”24.
5. adeguatezza temporale e tempestività
Il protocollo che definisce la tempistica delle varie valutazioni (iniziali o in itinere) deve
essere adeguato (e rispettato) in modo da poter disporre dei dati utili al monitoraggio e alla
regolazione del trattamento durante il suo stesso corso, e non dopo. Un dato fuori tempo perde
la maggior parte della sua validità.
6. capacità di tener conto della personalizzazione degli interventi
Il sistema di valutazione deve essere sufficientemente flessibile nella valutazione dei
risultati da mettere in conto che ciascun utente del servizio segue un percorso che è solo in
termini generali simile a quello degli altri, ma che nei dettagli parte da condizioni specifiche e
tende a raggiungere obiettivi specifici. Se il sistema di valutazione non è in grado di tener
conto di questo finisce per allontanarsi dalla realtà e per diventare fonte di frustrazione per gli
operatori e per gli utenti stessi, che si vedono continuamente confrontati con obiettivi che non
sono i “loro”obiettivi.
7. integrazione con l’operatività quotidiana del servizio e adattamento al contesto
specifico
É un concetto fondamentale ed è sicuramente quello che, in generale, rende più difficile
l’implementazione di adeguati sistemi di valutazione. Parte dall’idea rappresentata in Fig. 4,
ma si estende in termini più generali: gli indicatori, ma anche la terminologia e il background
di riferimento che si scelgono per le procedure di valutazione debbono appartenere alla
cultura degli operatori dello specifico servizio, ed essere ben integrate nell’operatività
quotidiana; gli strumenti che si utilizzano devono essere adattati allo specifico contesto, pena
la riduzione anche grave di significatività. Basti pensare, ad esempio, a come anche un
parametro semplice come l’utilizzo di droghe non prescritte, assuma un significato
profondamente diverso in una Comunità Terapeutica Residenziale e in un servizio
ambulatoriale: nel primo caso è quasi un dato scontato mentre nel secondo rappresenta uno
degli indicatori più importanti del progredire del processo terapeutico. Integrazione significa
22
cfr. [Conti, 1999]
23
cfr. [Consoli e Bennardo, 1995]
24
cfr. [Margaron, 2001], traduzione degli autori.
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allora adattare gli strumenti al contesto, senza per questo rinunciare, quando possibile,
all’utilizzo di parametri condivisi.
Conclusioni
valutare non è facile, ma conviene e, soprattutto, si deve!
In conclusione di questo breve excursus attorno ai principi che sottendono alle buone
pratiche di valutazione nell’area delle tossicodipendenze, che abbiamo cercato di delineare nei
limiti imposti da una trattazione generale, ci sia concesso di fare un passo indietro e
riprendere la domanda che ha fatto da avvio alla nostra trattazione: conviene spendere tempo e
denaro nella valutazione degli interventi per le tossicodipendenze? E, se nelle righe
precedenti abbiamo cercato, se non di rispondere direttamente, di dare a ciascuno elementi di
riflessione per dare la propria risposta in termini di rapporto costi/benefici o di criteri per
massimizzare questo rapporto, abbiamo volutamente tralasciato sinora di mettere in campo un
aspetto che non può essere trascurato nella nostra riflessione: è l’aspetto etico della
valutazione. Tra le motivazioni che dobbiamo prendere in considerazione nell’esame dei pro e
i contro dell’implementazione di procedure adeguate e diffuse di valutazione nelle
organizzazioni che erogano servizi alla persona, non possiamo trascurare che l’”oggetto” delle
nostre considerazioni sono appunto persone e come tali portatrici di diritti fondamentali tra
cui, certamente, quello di ricevere, nel momento in cui emergono nella loro vita
problematiche come la tossicodipendenza, trattamenti il più possibile adeguati, tempestivi ed
efficaci, secondo quei principi di scienza e coscienza che hanno da tempo migrato al di fuori
dell’area esclusivamente medica. Valutare i trattamenti che gli operatori dei servizi
propongono e, spesso con fatica e impegno e in condizioni difficili, portano avanti in modo
che questi siano il più possibile efficaci a ridurre la sofferenza della persona che sta davanti
diventa quindi non solo un esigenza del servizio, dell’operatore stesso o della società, ma,
prima ancora un imperativo etico che non possiamo trascurare.
Bibliografia
c’è molto da imparare
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pratica clinica, In: Serpelloni G. et Al, Quality Management, Regione Veneto, Assessorato alle Politiche Sociali
e Non Profit (disponibile online: http://www.dronet.org).
Altri siti web che trattano i temi della valutazione in area tossicodipendenze:
http://www.studio-vedette.it/ (Sito ufficiale dello Studio multicentrico di Valutazione di Efficacia dei Trattamenti per
le Tossicodipendenze “Vedette”).
http://www.emmeerre.it (Progetto nazionale di Valutazione di qualità nei Ser.T. e nelle Comunità Terapeutiche).
http://www.pol-it.org/ital/dipendenze/docutossico.htm (Sezione dedicata alle dipendenze di Pol.it e versione online
della rivista Personalità- Dipendenze).
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