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art. 17, c. 2 l. 633/1941). esente da iva (dpr 26.10.1972, n. 633, art. 2, lett. d).
RT O
esente da documento di trasporto (dpr 26.10.1972, n. 633, art. 74).
AR
NO I
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In copertina: Giusto di Gand e Pedro Berruguete, Busto di Seneca, olio su tavola, 1473-1475, Parigi, Muse du Louvre. A. Daniel /Runion des Muses Nationaux/ Alinari
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PT
LOCI SCRIPTORUM
OR
M U
Loci scriptorum: unantologia modulare che, grazie a volumi monografici dedicati ai singoli autori Antologia modulare di autori latini
della letteratura latina, permette di gestire con grande flessibilit la programmazione didattica.
seneca
Le opere Consolatio ad Polybium, Consolatio ad Marciam, De ira, De brevitate vitae,
De tranquillitate animi, De providentia, De otio, De clementia, Naturales
quaestiones, Epistulae morales ad Lucilium, Fedra, Apokolokyntosis
I percorsi antologici Il filosofo e il potere
Il saggio e gli uomini
Dalla riflessione filosofica alla precettistica etica: il tempo, la morte, le
passioni
Le schede La diatriba e la satira menippea; Sereno e Lucilio, due destinatari di
Seneca; La schiavit a Roma; Lo stoicismo; Il tempo; Seneca, gli Annei e il
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MORTARINO, REALI, TURAZZA
LOCI SCRIPTORUM
seneca
Marzia Mortarino, Mauro Reali, Gisella Turazza
Loci scriptorum
Antologia modulare di autori latini
Seneca
A cura di Marzia Mortarino
LOESCHER EDITORE
Ristampe
6 5 4 3 2 1 N
2016 2015 2014 2013 2012 2011
ISBN 9788820134457
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Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
2.4 Siamo le membra di un grande corpo 3.3 La morte non n un bene n un male
(Epistulae 95,51-53)............................................. 65 (Consolatio ad Marciam 19,3-5)........................... 94
Analisi del testo 66
Analisi del testo 96
2.5 Sia la scienza, sia la filosofia possono giovare
alluomo (Naturales quaestiones, Praefatio 1-8).... 67 3.4 La morte ci accompagna in ogni momento
2.6 La filosofia e il valore dellamicizia (Epistulae 6)..... 71 (Epistulae 24,15-21) ............................................ 96
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Nel 41 d.C. Caligola venne eliminato da una congiura; gli succedette Claudio. Non noto
quali rapporti intrattenesse Seneca con Agrippina e con Giulia Livilla, altra sorella di Caligola,
ambedue coinvolte nella congiura. Pure rimane ignoto il vero motivo per cui Claudio condan-
n Seneca allesilio in Corsica dal 41 al 49 d.C.: il pretesto era unaccusa di adulterio con Giu-
lia Livilla, sostenuta dal famoso delatore Suillio davanti al senato, ma ispirata da Messalina.
Sullisola Seneca costretto a rimanere per otto duri anni, malgrado il tentativo di ingra-
ziarsi Claudio con lelogio smaccatamente cortigiano contenuto nella Consolatio ad Poly-
bium (DTESTO 1.1), dedicata a un potente liberto dellimperatore addetto alle petizioni.
Sempre del periodo dellesilio la Consolatio ad Helviam matrem.
Il quinquennium Neronis
Nel 48 d.C. Messalina fu uccisa e il suo posto venne preso da Agrippina: divenuta la nuova
moglie di Claudio, la donna ottenne per Seneca il perdono e, nel 50 d.C., la pretura; il fine
era quello di farne il precettore di Nerone, il figlio che Agrippina aveva avuto in prime
nozze. A questo periodo andrebbe ascritta la versione finale del De ira e la stesura del De
brevitate vitae (DTESTO 3.1).
Nel 54 d.C. mor Claudio, e Seneca ebbe su di lui una vendetta postuma componendo una
beffarda satira menippea, il Ludus de morte Claudii, noto anche come Apokolokntosis (cio
Apoteosi della zucca DTESTO 1.2).
A soli sedici anni quindi Nerone sal al trono e Seneca divenne, insieme al prefetto del pre-
torio Afranio Burro, consigliere politico e amicus del giovane imperatore; questa fase, nota
come quinquennium Neronis, dur fino al 58-59 d.C. e venne considerata di buon governo,
nonostante diversi crimini di Nerone, come luccisione del fratellastro Britannico nel 55 d.C.,
che Seneca giustifica in nome della ragion di Stato. Parte dei beni di Britannico furono de-
stinati a Seneca; il filosofo in questo periodo comincia ad accumulare un ingente patrimonio
che, continuamente accresciuto, lo porter a divenire uno degli uomini pi ricchi di Roma.
Proprio degli anni 55-56 d.C. il trattato etico-politico De clementia (DTESTI 1.3-4), che si
potrebbe considerare come il manifesto ideologico della monarchia illuminata, significa-
tivamente dedicato a Nerone. Altri dialoghi redatti in questi anni sono il De constantia
sapientis e il De tranquillitate animi (DTESTI 1.5; 3.7); probabilmente composte durante la
permanenza a corte sono anche le tragedie (Hercules furens, Troades, Phoenissae, Medea, Pha-
edra DTESTO 3.8, Oedipus, Agamemnon, Thyestes, Hercules Oetaeus).
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stretto al suicidio (D La morte del saggio: Socrate, Catone, Seneca, p. 100), come raccontato
da Tacito (Annales 15,62-64). Pompea Paolina, la seconda moglie, avrebbe voluto seguirlo
nella morte, ma per ordine di Nerone venne salvata.
Le opere
Nella sua attivit intellettuale, Seneca ha coltivato i generi pi disparati (DI contenuti
delle opere); tra le opere che ci sono pervenute possono essere ascritti allambito filosofico-
morale i Dialogi, i trattati De clementia e De beneficiis, le Naturales quaestiones e le Epistulae
morales ad Lucilium; ci rimangono inoltre nove tragedie, la satira menippea Apokolokntosis,
e una raccolta di epigrammi in distici elegiaci (forse non tutti autentici). Parecchie altre
opere sono andate perdute, tra cui una biografia del padre Seneca il Retore, molte orazio-
ni, vari trattati relativi ad argomenti scientifici (De lapidorum natura, De piscium natura, De
motu terrarum, De forma mundi), diversi scritti di carattere morale (De amicitia, De immatura
morte, De matrimonio, De remediis fortuitorum, De libris moralis philosophiae, De officiis).
I Dialogi
La composizione dei dieci Dialogi tutti in un libro, tranne il De ira che ne comprende tre
si estende per lintera vita del filosofo, ma pochi sono databili con sicurezza. Concepiti
e pubblicati autonomamente dallautore, sono stati raccolti dopo la sua morte. Il nome
di Dialogi, con cui sono indicati gi da Quintiliano, in realt non corrisponde alla forma in
cui sono stati redatti (tranne che per il De tranquillitate animi): infatti, a differenza dei dia-
loghi di Platone e di Cicerone, nei quali ricreata una discussione fra personaggi storici in
unambientazione fittizia, qui lautore parla sempre in prima persona, rivolgendosi quasi
esclusivamente al dedicatario dellopera. I dialoghi senecani possono quindi essere pa-
ragonati a una riflessione continua, solo episodicamente vivacizzata da interventi del de-
dicatario o di un interlocutore anonimo. Il pensiero viene sviluppato in modo non siste-
matico; la vivacit espressiva, legata anche al frequente utilizzo di esempi tratti dalla vita
vissuta, e lo stile informale rivelano linflusso della tradizione della diatriba cinico-stoica.
Sulla base della struttura e dellispirazione, la tradizione distingue allinterno dei dialoghi
vari gruppi di opere.
Un insieme piuttosto omogeneo rappresentato dai dialoghi di consolazione, che consi-
stono in una riflessione, rivolta a un destinatario, per consolarlo della assenza, temporanea
o definitiva, di una persona cara. Il genere nasce in Grecia intorno al iv secolo a.C. e in esso
confluiscono temi provenienti sia dalla poesia epica e tragica, sia dalle varie scuole filosofi-
che, che apportano ciascuna elementi specifici: con la sofistica, il discorso diviene un mez-
zo per lenire la sofferenza, mentre lAccademia contribuisce con la propria metafisica, che
presuppone limmortalit dellanima; lo stoicismo si concentra soprattutto sul controllo del
dolore come passione. Dal punto di vista dei contenuti, la consolatio attinge a un repertorio
canonico di temi, quali la fugacit del tempo, la precariet della vita e dei beni, limprevedibi-
lit del futuro. Appartengono a questo gruppo le tre consolationes ad Marciam, ad Polybium
e ad Helviam matrem. La prima dedicata a Marcia, la figlia dello storico Cremuzio Cordo
(avversario di Seiano, il potente prefetto del pretorio di Tiberio), in occasione della morte del
figlio (DTESTO 3.3: nel passo, col ricorso ad argomentazioni retoriche e filosofiche, Seneca
dimostra che la morte non n un bene n un male). Cordo, autore di Annali, accusato da
delatori appartenenti alla consorteria di Seiano, era stato processato per aver esaltato Bruto
e Cassio nella sua opera, e si era tolto la vita nel 25 d.C. Lopera fu redatta sotto il principato
di Caligola e quindi prima dellesilio, probabilmente fra il 37 e il 38 d.C., ma potrebbe essere
di qualche anno pi tarda; il ricordo di Cremuzio percorre tutto il dialogo, con il fine di se-
parare le responsabilit di Tiberio da quelle del suo prefetto, attribuendo solo a questultimo
ogni nefandezza. Le altre due consolationes appartengono allepoca del confino in Corsica e
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Particolare dal rilievo di un sarcofago, ii-iii secolo d.C. (Citt del Vaticano, Musei Vaticani).
sono dirette la prima a Polibio, il potente liberto di Claudio, con la speranza di ottenere il
ritorno dallesilio, e la seconda alla madre, per esortarla a sopportare la lontananza dal figlio.
Ai dialogi di tipo speculativo appartengono i tre libri del De ira, dedicati al fratello Novato
e pubblicati sicuramente dopo la morte di Caligola (41 d.C.), dal momento che limperato-
re viene qui vituperato senza timore. Lopera una trattazione, ricca di esempi storici, sulle
caratteristiche e sulle funeste conseguenze dellira, passione considerata, secondo la conce-
zione stoica, come distruttrice della ragione, in quanto reputata una vera e propria malattia
dellanima: il dialogo costruito come un trattato medico, con la descrizione degli accessi di
collera, lindividuazione delle cause e la definizione della terapia e dei rimedi (DTESTO 3.6). Al
periodo dopo il ritorno dallesilio va attribuito il De brevitate vitae; dedicato da Seneca al
suocero, il cavaliere Pompeo Paolino, che ricopriva allora la carica di prefetto dellannona. Pa-
olino non solamente il destinatario del dialogo, ma assume il carattere paradigmatico di chi,
raggiunto un traguardo di carriera, pu lasciare la politica e volgersi a un diverso impegno,
quello di far fruttare il tempo rimanente della propria vita. Il tema del dialogo infatti quello
della brevit del tempo concesso alluomo e della necessit di prendere coscienza della va-
nit delle occupazioni, per lo pi fasulle, in cui la maggioranza spreca la propria esistenza
(DTESTO 3.1). Il tema del tempo (D Il tempo, p. 93) quasi unossessione per Seneca: esso trat-
tato programmaticamente in questo dialogo, ma ritorna pi volte in altre opere, soprattutto
nelle Epistulae morales ad Lucilium (DTESTO 3.2). Collocabile intorno al 58, e indirizzato sempre
al fratello Novato (che nel frattempo era stato adottato dal retore Gallione, e ne aveva assunto
il nomen) il dialogo De vita beata, dedicato alla discussione di problematiche dottrina-
rie dello stoicismo, principalmente in polemica con lepicureismo; la parte pi interessante
dellopera, per la conoscenza della personalit di Seneca, quella che egli dedica alla difesa
dalle accuse di aver accumulato un immenso patrimonio e di vivere nel lusso e tra i piaceri.
Vengono raggruppati in una trilogia, dedicata allamico Anneo Sereno (D Sereno e Luci-
lio, due destinatari di Seneca, p. 46), cortigiano e funzionario imperiale (era prefetto dei
vigiles) i dialoghi De constantia sapientis, De tranquillitate animi e De otio, che sembrano deli-
neare una sorta di percorso filosofico di perfezionamento verso la saggezza.
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latina classica, Seneca, preso atto dellirreversibilit del principato come istituzione, sviluppa
una completa teoria del potere monarchico, ispirandosi a una tradizione greca di pubblici-
stica politico-morale che aveva avuto inizio con la Ciropedia di Senofonte (430-355 a.C.) e che
si era poi sviluppata nellellenismo. Dal punto di vista filosofico, lautore si basa sullo stoici-
smo pi ortodosso (DLo stoicismo, p. 74): come luniverso provvidenzialmente governato
dal logos, cos lo Stato retto da un principe che la personificazione del saggio stoico. Nella
stessa ottica viene riconsiderato il concetto di clementia (DLe parole della filosofia, p. 28):
essa era originariamente una virtus romana, prima rivolta agli hostes e poi, nelle guerre civili,
estesa anche ai nemici interni (come fatto da Cesare), come espressione della magnanimit e
della capacit politica del vincitore, nonch come instrumentum regni in grado di dare stabili-
t allo Stato. Seneca, tuttavia, amplia la portata del concetto, sino a farne una virt stoica, che
ben si armonizza con lideale del monarca come saggio.
Il De beneficiis un trattato in sette libri, dedicato allamico Ebuzio Liberale, e appartie-
ne agli ultimi anni dellattivit di Seneca: numerosi passi evidenziano latteggiamento
disilluso e amareggiato di un uomo che ha ormai concluso la sua carriera, e vari indizi
suggeriscono come data di completamento della stesura dellopera il 64 d.C. Nel trattato si
riconoscono due piani fondamentali fra loro intrecciati: da una parte, un discorso teorico
che mira a delineare un modello di comportamento umano, studiando la fenomenologia
degli atti del dare e del ricevere, che stanno alla base dei benefici e che costituiscono
un tratto fondamentale dei rapporti sociali e interpersonali delle classi alte; dallaltra, la
descrizione dei comportamenti reali che il filosofo ha potuto osservare con i suoi occhi o
trarre dalla storiografia, rilevando una profonda contraddizione tra ideale e realt, che si
rispecchia anche nei comportamenti di Seneca medesimo: di questi ultimi lautore fa un
bilancio impietoso. Bersagli del trattato sono Nerone, cui spesso Seneca allude, pur senza
mai citarlo direttamente, e i tiranni del passato, incluso Alessandro Magno.
Le Naturales quaestiones
Dedicate a Lucilio Seneca gli si rivolge direttamente nel corso della trattazione e composte
con probabilit tra gli anni 62 e 64 d.C., le Naturales quaestiones costituiscono unopera dosso-
grafica (raccolta di argomenti eruditi) in otto libri, sostanzialmente indipendenti tra loro, in
quanto ciascuno destinato alla descrizione di un fenomeno naturale secondo uno schema co-
stante (prefazione di carattere morale, sezione centrale con argomenti scientifici, conclusione
ancora di natura etica); la discussione scientifica sempre unita a un intento morale, quello
etico-pedagogico di miglioramento delluomo, chiaramente riconducibile alla filosofia stoi-
ca (DTESTO 2.5). Infatti, se il carattere tecnico dellopera quello di un compendio che tratta
di fenomeni eclatanti che si manifestano sulla Terra, nellatmosfera e in cielo, lo stoico Seneca
(con un intento per certi aspetti simile a quello dellepicureo Lucrezio) sottolinea il carattere
naturale di tali fenomeni, sottraendoli alla dimensione della superstizione, e, negando loro
ogni aspetto minaccioso di inspiegabile prodigio, li riconduce nellambito dellordine razio-
nale del mondo. Uno degli scopi dellopera quindi la liberazione delluomo dalle sue pau-
re irragionevoli, dovute allignoranza, e in particolare dal timore della morte.
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Le tragedie
Seneca scrisse nove coturnate (tragedie di argomento greco), delle quali non conosciamo
la cronologia; una decima tragedia di argomento romano attribuitagli, intitolata Octavia,
invece sicuramente di et posteriore.
Si tratta di un corpus che si riallaccia alle tematiche del teatro tragico latino precedente,
da Livio Andronico ad Accio, e che riprende unampia serie di spunti tratti da altri generi
letterari, in particolare dalla poesia di Virgilio e Ovidio. Il modello greco, soprattutto Euri-
pide e in minor misura Sofocle, presente negli argomenti: al ciclo troiano appartengono
le Troades, il Thyestes e lAgamemnon; al ciclo tebano Oedipus, Phoenissae, Hercules furens ed
Hercules Oeteus; alla saga argonautica si rif la Medea e a quella di Teseo la Phaedra.
La produzione tragica di Seneca di grande importanza anche perch si tratta delle uni-
che opere drammatiche della letteratura latina pervenuteci nella loro interezza; molti
tuttavia sono gli aspetti non chiariti, oltre a quelli relativi allepoca della composizione:
non sappiamo con quale scopo esse siano state scritte, se con fini didattici oppure in segui-
to alla presa datto del fallimento politico. Un altro quesito irrisolto riguarda la fruizione
di questi testi, se cio fossero stati concepiti per la rappresentazione scenica oppure, pi
probabilmente, solo per la declamazione (recitatio) e la lettura.
Dal punto di vista letterario, caratteristiche delle tragedie senecane sono la rappresenta-
zione di passioni sconvolgenti (in particolare il tema della lotta per il potere e lo scontro
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LApokolokntosis
LApokolokntosis una sarcastica dissacrazione del defunto imperatore Claudio, redatta,
con tutta probabilit, entro la fine del 54 d.C., anno della sua morte. Il titolo di questopera
indicato nei codici Ludus de morte Claudii oppure Divi Claudii apotheosis Annaei Senecae per
saturam; quello di Apokolokntosis deriva da un passo di Cassio Dione (Storia romana 60,35) ed
divenuto nel tempo di uso comune; il significato del titolo greco piuttosto incerto. Dato
che in greco il termine kolkyntha significa zucca, alcuni studiosi hanno interpretato il titolo
nel senso di trasformazione in zucca, con implicito riferimento e in contrapposizione con
il termine apothosis, cio trasformazione in dio. Tuttavia, poich nel testo non v alcun
riferimento ad una trasformazione di Claudio in zucca, si pensa che il significato sia apo-
teosi, deificazione della zucca: infatti per lo zuccone Claudio, impacciato, balbuziente,
zoppicante, non ci si poteva certo attendere post mortem quella divinizzazione che era toccata
ai suoi predecessori Cesare e Augusto. LApokolokntosis lunico esempio di satira menippea
pervenutoci (DLa diatriba e la satira menippea, p. 27), un genere caratterizzato dal prosi-
metro, ovvero dallalternanza di poesia e prosa, e dalla parodia letteraria, con la citazione di
passi dalla poesia greca e latina in contesti del tutto incongrui a scopo comico. Seneca mette in
scena le vicissitudini di Claudio dopo la morte (DTESTO 1.2), dallascesa al cielo nel mal riusci-
to tentativo di ottenere la deificazione, alla catastrofica discesa agli Inferi. Lopera si conclude
con la condanna dellimperatore a giocare per sempre a dadi in compagnia di un liberto (chia-
ra allusione allo spazio eccessivo che Claudio diede a questa classe sociale nella sua corte).
I temi
Dal punto di vista dottrinario, Seneca si rif dichiaratamente allo stoicismo, ma affermando di
non essere schiavo di alcun maestro (Epistulae 45,4), accetta apporti da altre scuole: la scuola ci-
nica, quella neopitagorica ed anche quella epicurea, con la quale pure spesso polemizza. In tutta
la sua opera, inoltre, il filosofo non persegue mai una sistematizzazione del pensiero stoico, dal
momento che il suo intento sostanzialmente pedagogico ed esortativo, volto a fini pratici: la
filosofia non in verbis, ma in rebus, non consiste nella teoria, ma nella prassi (Epistulae 16,3).
Il sincretismo filosofico si riflette nelle tematiche dellopera, che si configura come com-
plessa e variegata; tuttavia, possono essere individuate alcune costanti.
La contrapposizione tra otium e negotium profondamente radicata nella latinit; rispetto
ad essa, per parte sua, lo stoicismo ha un atteggiamento ambivalente: in linea di principio
richiede limpegno del cittadino nella vita pubblica, al fine di giovare agli altri, ma se le cir-
costanze lo richiedono ne pu giustificare il ritiro (DIntellettuali e potere: tra impegno e di-
simpegno, p. 43). Le vicende della carriera politica stimolano in Seneca una costante rifles-
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sione sul problema dei rapporti tra filosofia e potere, ovvero tra tempo dedicato allotium
e tempo dedicato al negotium: se nel De tranquillitate animi si delinea per il saggio, quando
la vita politica sia difficilmente praticabile, una scala di possibilit via via decrescenti in
relazione al progressivo restringersi dello spazio pubblico dazione, nel De otio il distacco
dalla politica definitivo e lotium viene nobilitato come modo di giovare allumanit intera:
necessit o scelta, il principio epicureo del vivi appartato diventato di estrema attualit.
Scopo pratico della filosofia per Seneca ottenere la sapienza: un cammino graduale
verso la saggezza (proficiscere), attraverso un processo morale di correzione e miglioramento
continuo, che coinvolge in primo luogo se stessi. Seneca si propone contemporaneamente
nel ruolo di medico dei mali dellanima e di paziente, di maestro e di discepolo di se stesso e
di altri, come evidenziato dalla frequente compresenza, nelle Lettere, dei verbi discere e docere.
La meditazione sul tempo e sulla morte centrale in Seneca. Sulla morte e sullimmortalit,
Seneca non esprime una posizione definitiva, ma oscilla tra diverse opinioni contraddittorie.
Se chiaro che come fenomeno la morte una condizione inevitabile, uguale per tutti gli uo-
mini, che si inserisce nel moto delluniverso, sulla sopravvivenza dopo la morte Seneca si at-
tiene talvolta allortodossia stoica, secondo la quale lanima sopravvive dopo la morte, ma solo
sino al momento della conflagrazione che distrugger luniverso. Altre volte invece il filosofo
si lascia pervadere da uno spiritualismo di marca platonica, che contempla una forma di vita
futura, altre volte ancora abbraccia la concezione di Epicuro per cui la morte coincide con il
nulla assoluto, ma non un male, dal momento che corrisponde alla fine delle sensazioni. Pi
che interessarsi alla speculazione teorica, tuttavia, il filosofo affronta il problema della morte
con unattitudine pragmatica: bisogna ogni giorno esercitarsi a morire per essere capaci di non
temere la morte (morire bene morire volentieri, Epistulae 61,2; ma anche in De brevitate vitae
7,3: per tutta la vita bisogna imparare a morire). La morte uno strumento di liberazione
dal carcere della vita, un mezzo di fuga per liberarsi da sofferenze intollerabili: in questo
consiste il suicidio, visto nellottica stoica come atto supremo di rivendicazione della libert.
Il tema del tempo (DIl tempo, p. 93), presente in tutte le opere filosofiche, affrontato in
particolare nella prima delle Epistulae e occupa lintero De brevitate vitae. Unico bene real-
mente in nostro possesso, viene sottratto o sprecato; solo il presente ci appartiene, solo il
presente esiste (come gi sosteneva il secondo fondatore dello stoicismo antico, Crisippo,
e come si ritrover in Agostino) e quindi conta e deve essere valorizzato con limpegno
nella virt, mentre il tempo passato gi appartiene alla morte.
Seneca deriva dalletica stoica (DLo stoicismo, p. 74), il suo interesse per lanalisi e la cri-
tica delle passioni, che sviluppa sia in opere teoriche, come il De ira e il De clementia, sia
nelle Epistulae, sia nel corpus delle tragedie, dove in particolare sono rappresentate lira,
lavidit di potere e i furori delleros, sotto forma di brama e di gelosia. Negazione della
razionalit che impronta luniverso, fonte di disordine morale, le passioni rappresentano
una vera malattia dellanima; per evitarne lesito distruttivo, devono essere controllate at-
traverso la costante cura di se stessi nel progresso verso la virt e, se necessario, estirpate.
La problematica etica della liberazione dalle passioni non interessa solo il saggio, che per
definizione se ne affrancato, ma anche luomo che esercita un potere sugli altri, sia egli
il princeps che regge lo Stato, sia semplicemente un padrone che comanda sui suoi schiavi:
infatti, il dominio di se stessi base del corretto dominio sugli altri.
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Lingua e stile
Lo stile della prosa senecana il risultato della rielaborazione, molto personale e origi-
nale, di due componenti fondamentali della sua formazione culturale, quella retorica, in-
fluenzata dallo stile asiano, ricco ed elaborato, e quella filosofica, che segue limpostazione
didascalica propria della diatriba cinico-stoica (DLa diatriba e la satira menippea, p. 27).
Volendo interagire con un dedicatario o un interlocutore fittizio per coinvolgerlo e convin-
cerlo, Seneca fa largo uso della prima e della seconda persona singolare per rimarcare a
fini didattici laspetto soggettivo. La caratteristica pi evidente di questo stile quindi la
ricca variet formale, che rappresenta una profonda innovazione rispetto alla tradizione
prosastica precedente, in particolare a quella ciceroniana.
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La fortuna
Lopera di Seneca ebbe valutazioni contrastanti gi a partire dai contemporanei, fatto spie-
gabile con lo stacco nettissimo che essa rappresenta nei confronti della tradizione letteraria
greca e romana. Fondamentale per la svalutazione successiva la critica di Quintiliano,
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che, pur riconoscendo a Seneca numerose e grandi qualit, una vena dingegno sponta-
nea e abbondante, una grande capacit di applicazione, una vasta cultura, e pur accet-
tando che molte sue pagine sono da leggere per il loro contenuto morale, tuttavia le
considera stilisticamente corrotte e tanto pi insidiose per gli studiosi giovani e inesperti
in quanto piene di vizi seducenti (Istitutio oratoria 10,128-130, trad. A. Pennacini).
Alla reazione classicistica di Quintiliano segue nel ii secolo d.C. lostilit dei seguaci della
tendenza arcaicizzante, come Frontone (100-166 d.C.) e Gellio (130-180 d.C.): questul-
timo attacca pesantemente Seneca nelle Notti attiche (12,2) definendolo nugator, ineptus e
insubidus (chiacchierone privo di gusto e sciocco). La cultura filosofica dellepoca, con
Epitteto (50-138 d.C.) e Marco Aurelio (121-180 d.C.), sembra ignorare totalmente il filoso-
fo, sebbene sia ripreso da lui il procedimento del dialogo con se stesso.
La figura di Seneca stata poi oggetto di un trattamento abbastanza malevolo da parte
degli storici successivi, che non hanno mancato di sottolineare le contraddizioni tra lideale
austero di sapiente delineato nelle opere, da un lato, e i compromessi con il potere e la bra-
ma di ricchezze perseguita senza scrupoli dallaltro. Lo storico greco Cassio Dione (155-
235 d.C.) critica ferocemente Seneca per i suoi comportamenti pubblici e privati, rimarcan-
do come fossero in assoluto contrasto con la filosofia che predicava (Storia romana 61,10).
Nella tarda latinit, probabilmente per la possibilit di strumentalizzarne il pensiero a fini
propagandistici (significativo in tal senso il carteggio apocrifo con Paolo di Tarso, risalente
al iv secolo, DSeneca, gli Annei e il cristianesimo, p. 107), sono i cristiani a manifestare
apprezzamento per Seneca, con leccezione di Agostino (354-430 d.C.), che rimarca in-
vece le incoerenze tra moralista e politico. Nel basso Medioevo Dante circonda di rispetto
la statura di Seneca filosofo, ponendolo nel Limbo fra gli Spiriti Magni (Seneca morale,
Inferno IV,141). Il Trecento e poi lUmanesimo vedono una nuova attenzione ai testi sene-
cani, anche grazie alla circolazione di opere fino allora ignote (DOltre Seneca, p. 80).
Il filosofo molto amato anche dal moralista francese Michel de Montaigne (1533- 92), che
lo cita un centinaio di volte negli Essais e lo difende dalle accuse mossegli da Cassio Dione.
Sostanziale linfluenza del teatro di Seneca sui grandi autori del teatro elisabettiano, a
partire da William Shakespeare, Christopher Marlowe e Thomas Kyd (Tragedia spagno-
la), in particolare sulle opere, come il Tito Andronico di Shakespeare e lEbreo di Malta di
Marlowe, strutturate secondo lo schema della tragedia di vendetta (revenge tragedy).
Nel secolo successivo, linfluenza di Seneca si manifesta potentemente nella tragedia clas-
sica francese di Pierre Corneille (1606-1684) e di Jean Racine (1639-1699), specialmente
per quanto riguarda losservazione e lanalisi delle passioni, osservate nel vigore del loro
manifestarsi e nellintensit dei loro contrasti (DOltre Seneca, p. 112).
Linfluenza del teatro di Seneca nella letteratura italiana del Settecento evidenziata dalla
ripresa da parte di Alfieri della figura senecana di Clitennestra nellAgamennone e nellOre-
ste; nella sua opera, particolare sviluppo ha anche il tema del contrastato rapporto tra
libert e potere. Foscolo si ispir a Seneca nella sua tragedia giovanile Tieste (1796).
Indicazioni bibliografiche
Edizioni e traduzioni
Tutte le opere di Seneca sono edite a cura di J. W. Gerke, L. Annei Senecae opera quae supersunt, Lipsia,
Basore, R. M. Gummere, F. J. Miller, TH. H. Carcoran Teubner, 1898-1907; da segnalare anche le edizioni di
nei dieci volumi della Loeb Classical Library, Cam- F. Prchac, Snque, Des bienfaits, Parigi, Les Belles
bridge Mass., Harvard University Press, 1917-72. Lettres, 1926-27; Lettere a Lucilio, a cura di A. Beltra-
Edizioni delle singole opere: De beneficiis e De clemen- mi, Roma, Istituto Poligrafico, 1931, rist. 1949; F. Pr-
tia a cura di M. C. Gertz, Berlino, Weidmann, 1876; chac, H. Noblot, Parigi, Les Belles Lettres, 1945-64;
scritti filosofici a cura di E. Hermes, C. Hosius, A. L. D. Reynolds, Oxford, Clarendon Press, 1965; Dia-
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Naturales quaestiones Anche questopera dedicata a Lu- forma sistematica, sono i pi vari; fra gli altri ricordiamo:
cilio: si presenta come un compendio di scienze naturali in lamicizia (lettere 3, 6, 9, 19, 35, 62), lautosufficienza del
sette libri, ciascuno dedicato allanalisi di un fenomeno: il I saggio (9, 20), il bene (71, 87), i benefici (81), i beni ma-
si occupa dei fuochi celesti, il II dei tuoni e dei fulmini, il III teriali (21, 77, 87, 91), il dolore (24, 63, 67), la felicit (16,
delle acque terrestri, il IV delle piene del Nilo e delle nubi, il 23, 85, 92, 120), la libert (44), la malattia (50, 78, 104),
V dei venti, il VI dei terremoti e il VII delle comete. Tuttavia, la morale (49, 58, 89, 94, 95, 111, 113, 117), la morte
al pari degli altri scritti senecani, anche questa unopera (4, 30, 36, 54, 61, 82, 117), la natura (5, 51, 55, 56, 60,
filosofica, dove Seneca mira, attraverso le spiegazioni ra- 106), la povert (17, 85), la ragione (41, 92), il saggio (74,
zionali dei fenomeni naturali, a liberare luomo dalla super- 76, 98, 109, 118), la schiavit (47), lo stoicismo (45, 57,
stizione che deriva dallignoranza e dalla paura della morte. 59, 66, 90, 102), il suicidio (70, 75), il tempo (1, 49, 93,
Epistulae morales ad Lucilium Lopera consta di 124 lette- 101), la virt (27, 85, 97), la vita (4, 93, 101), il vizio (1,
re divise in venti libri. Gli argomenti, quasi mai trattati in 97, 104, 122).
Le tragedie
Hercules furens (La pazzia di ra di un mostro marino inviato dal dio. Fedra, disperata,
Ercole) Durante lassenza di Er- confessa la sua colpa e si uccide.
cole, Lico ha usurpato il trono di Oedipus (Edipo) Una terribile pestilenza ha colpito la
Tebe, cercando di convincere Me- citt di Tebe. Il re Edipo apprende dalloracolo di Apollo
gara, moglie delleroe, a sposar- che il responsabile uno straniero colpevole dellassassinio
lo. Ercole, una volta ritornato, per del re Laio, la cui anima, evocata in seguito dallindovino
volont di Giunone in un attacco Tiresia, rivela che Edipo suo figlio: Edipo dunque las-
di follia massacra la moglie e i figli. Rinsavito, medita il suici- sassino del padre e lo sposo della madre Giocasta. Dispera-
dio, ma, vinto dalle preghiere del padre Anfitrione, desiste. to si acceca, mentre Giocasta si toglie la vita con la spada.
Troades (Le Troiane) La tragedia si apre con i lamen- Agamemnon (Agamennone) Egisto e Clitennestra han-
ti delle prigioniere troiane sulla loro triste condizione di no architettato di uccidere Agamennone di ritorno da
schiave: particolarmente dolorosa la sorte di Ecuba. Il Troia con Cassandra, figlia di Priamo e sua concubina.
dramma si chiude con il racconto del messaggero che Dopo la morte del padre, Elettra mette in salvo il fratello
narra luccisione di Polissena sulla tomba di Achille e la Oreste, ma non riesce a sfuggire alle ire della madre e
morte di Astianatte gettato dalle mura. dellamante che la relegano in una grotta. Cassandra an-
Phoenissae (Le Fenicie) Il titolo si riferisce alle prigionie- nuncia la vendetta di Oreste.
re fenicie che costituiscono il coro, ma la tragedia, incom- Thyestes (Tieste) Lombra di Tantalo viene sulla terra
pleta, composta di due tronconi: nel primo Antigone per istigare il nipote Atreo alla vendetta contro il fratello
dissuade il padre Edipo dal suicidio; nel secondo Giocasta Tieste, che gli aveva sedotto la moglie e insidiato il re-
cerca senza successo di impedire la lotta fratricida tra Ete- gno. Atreo finge una riconciliazione, ma gli imbandisce
ocle e Polinice. una mensa con le carni dei figli. Quando Tieste chiede di
Medea (Medea) Medea decisa a vendicarsi di Giaso- vedere i suoi figli, Atreo gli mostra le loro teste mozzate.
ne che lha ripudiata per sposare Creusa, figlia di Creonte, Hercules Oetaeus (Ercole sullEta) Deianira, moglie di
re di Corinto: dapprima ne provoca la morte con vesti Ercole, folle di gelosia per la giovane Iole, invia al marito
avvelenate, poi uccide i due figli avuti da Giasone, fug- una tunica intrisa del sangue del centauro Nesso, pen-
gendo su un carro trainato da draghi alati. sando che sia un filtro amoroso. In realt si tratta di un
Phaedra (Fedra) Fedra, moglie di Teseo, viene respinta veleno che divora le carni delleroe. Dopo aver saputo che
dal figliastro Ippolito. Offesa, Fedra lo accusa dinanzi al Deianira si uccisa Ercole ordina di innalzare un rogo sul
padre di aver tentato di usarle violenza; Teseo le crede e monte Eta e vi si immola, rivelando poi dallOlimpo la sua
invoca la vendetta di Poseidone: il figlio muore per ope- apoteosi alla madre Alcmena.
LApokolokyntosis
Limperatore Claudio, dopo la morte, arriva in cielo: nessu- della sua famiglia. Alla votazione, tutti si esprimono contro
no, neanche Giove, comprende chi sia quellessere zoppi- lapoteosi di Claudio e quindi Mercurio lo trascina rapida-
cante che parla in modo incomprensibile. In seguito, con mente verso gli Inferi. Viene allora condotto al cospetto
laiuto della dea Febbre, Ercole lo riconosce e sottopone del giudice infernale Eaco e sottoposto a un sommario
allassemblea dei celesti la sua divinizzazione. La discus- processo, simile a quelli che si svolgevano sotto il suo go-
sione degli di si svolge secondo la procedura del senato verno: il princeps pertanto condannato a giocare per
romano, dove ogni partecipante esprime il proprio parere: leternit ai dadi con un bussolotto forato. Per intervento
in particolare il divo Augusto chiede una severa punizione di Caligola, tuttavia, Claudio viene consegnato al liberto
del nipote, dal momento che ha ucciso numerosi membri Menandro perch lo aiuti nelle inchieste giudiziarie.
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Ritratto di Caligola,
(Venezia, Museo Archeologico).
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1. Abstine ab hoc manus tuas, fortuna, nec in isto potentiam tuam nisi ea parte, qua
prodes, ostenderis. Patere illum generi humano iam diu aegro et adfecto mederi,
patere quicquid prioris principis furor concussit in suum locum restituere ac
reponere. Sidus hoc, quod praecipitato in profundum et demerso in tenebras
orbi refulsit, semper luceat. 2. Hic Germaniam pacet, Britanniam aperiat, et
patrios triumphos ducat et novos; quorum me quoque spectatorem futurum,
quae ex virtutibus eius primum optinet locum, promittit clementia. Nec enim
sic me deiecit, ut nollet erigere, immo ne deiecit quidem, sed impulsum a
fortuna et cadentem sustinuit et in praeceps euntem leniter divinae manus
usus moderatione deposuit: deprecatus est pro me senatum et vitam mihi
non tantum dedit sed etiam pett. 3. Viderit: qualem volet esse, existimet
causam meam; vel iustitia eius bonam perspiciat vel clementia faciat bonam:
1. Abstine ostenderis: Tieni le tue mani lontane da lui, for- primum optinet locum, promittit me quoque spectatorem futurum,
tuna, e su di lui non mostrare la tua potenza, se non per quel dei quali la clemenza, che al primo posto tra le sue virt,
tanto che gli puoi giovare (se in quella parte in cui sei favorevo- promette che anchio possa esserne spettatore; quae prolet-
le); abstine: imperativo da abstineo; si tratta di unespressione tico di clementia. Il termine parola chiave nel capitolo (dove
formulare che appartiene al lessico giuridico; ab hoc comple- compare per ben tre volte). Seneca invita il princeps a essere
mento di allontanamento riferito a Claudio; ea parte: ablativo clemente nei suoi confronti e a richiamarlo in patria, com-
di limitazione; nec ostenderis: imperativo negativo. Patere piendo cos un atto di giustizia. Sar proprio la clementia la
mederi: Concedigli di curare il genere umano, gi da lun- dote indicata a Nerone come virt cardinale di tutta la politica
go tempo ammalato e sfinito; patere: 2 pers. sing. dellimpe- del princeps; ex virtutibus: complemento partitivo. Nec sic
rativo presente da patior; si noti la variatio nel parallelismo del me deicit: Egli non mi ha abbattuto a tal punto; da quanto
verbo, che regge prima linfinito mederi poi lendiadi restituere sappiamo Claudio, che su istigazione di altri senatori avrebbe
ac reponere; mederi: nella sua potenza limperatore possiede potuto condannare a morte Seneca, si limit a mandarlo in
propriet terapeutiche; il verbo si costruisce con il dativo. esilio; un esilio peraltro temporaneo: cos va interpretato il
restituere ac reponere: che rimetta al suo posto, cio lascia senso della consecutiva ut nollet erigere, da non volermi risol-
che Claudio ristabilisca lordine costituito, sconvolto dal suo levare. immo: correttivo anzi. quidem: affatto, raf-
predecessore. prioris principis furor: Seneca allude a Cali- forzativo. impulsum cadentem euntem: participi con-
gola, che con la sua follia ha gettato limpero nel caos. Il furor, cordati con me. a fortuna: complemento di causa efficiente.
nella concezione stoica, limpulso irrazionale opposto alla ra- Con impulsum a fortuna, colpito dalla fortuna, Seneca tiene
tio. Ma la follia di Caligola era gi una sorta di topos; Svetonio a sollevare il princeps da ogni responsabilit riguardo al suo
(Caligola 50,2) ne indica la causa in una pozione erotica som- esilio: lunica vera responsabile la sorte. Si notino la climax e
ministratagli dalla moglie Cesonia. in suum locum: compito il polisindeto, che dilatano iperbolicamente la metafora della
di Claudio ricondurre limpero allordine che gli proprio, caduta: impulsum a fortuna et cadentem sustinuit et in praeceps
come sottolineano il complemento di moto a luogo, che sot- euntem. sustinuit: (mi) ha trattenuto. leniter depo-
tintende il fine dellazione, e i prefissi di re-stituere e re-ponere, suit: (mi) ha deposto dolcemente, usando la moderazione
il cui modello dato dal governo augusteo. Non a caso nel della sua mano divina; usus participio perfetto di utor,
paragrafo precedente (12,5) si legge acta hic divi Augusti aequet, regge lablativo di strumento moderatione. Torna il tema della
eguagli le azioni del divino Augusto. Sidus hoc luceat: clemenza del princeps, paragonato alla divinit. deprecatus
Questo astro, che rifulse al mondo precipitato nellabisso e est senatum pett: Seneca chiarisce quanto accennato pi
immerso nelle tenebre, sempre risplenda; refulsit perfetto sopra: Claudio non solo gli ha concesso la vita, ma ha inter-
momentaneo contrapposto al congiuntivo presente deside- ceduto per lui di fronte al Senato, commutando la condanna
rativo luceat; profundum: aggettivo sostantivato; praecipitato ... a morte in relegatio. pro me: complemento di vantaggio; me
orbi: liperbato sottolinea quasi mimeticamente il baratro in cui ... mihi formano poliptoto. pett: forma di perfetto contratto
Caligola ha precipitato il mondo. Si noti la corrispondenza co- per petivit, da peto, chiedere per ottenere.
stante tra il genere umano e il mondo e limpero romano. Per 3. Viderit: Vedr lui. Seneca si rimette al giudizio di Clau-
limpero Caligola stato, simbolicamente, lantitesi della luce. dio: sia che sia giusto e dunque lo riconosca innocente, sia
2. pacet aperiat ducat: congiuntivi desiderativi. Ger- che, riconosciutolo colpevole, lo grazi con la sua clemen-
maniam Britanniam: Seneca allude alla campagna militare za. qualem causam meam: quale vorr sia, giudichi
sui Cauci e sui Catti, due popolazioni germaniche la cui scon- la mia causa iperbato; qualem introduce una proposizione
fitta, nel 41 d.C., aveva guadagnato a Claudio ben due volte interrogativa indiretta. existimet perspiciat faciat:
il titolo di imperator. Eguale successo ebbero le spedizioni in congiuntivi esortativi; si noti anche qui linsistito paralleli-
Britannia (43-44 d.C.). La speranza di Seneca era di rientrare smo dei verbi reggenti. vel bonam: la sua giustizia la
nei gesti di clemenza che di solito si accompagnavano ai gran- riconosca come buona, o la renda buona la sua clemenza;
di trionfi. patrios triumphos: sono le vittorie di Druso, pa- la congiunzione disgiuntiva vel suggerisce che, per chi par-
dre di Claudio, sui Germani. Seneca tiene a inserire Claudio la, lalternativa indifferente: si stabilisce cos una stretta re-
in una ininterrotta catena di successi familiari. quorum lazione tra clementia e iustitia; il gusto per lartificio retorico
clementia: costruisci quorum clementia, quae ex virtutibus eius si coglie ancora nel chiasmo bonam perspiciat faciat bonam.
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in aequo: locuzione avverbiale. Viderit scierit volue- il clima di terrore che si respirava sotto il principato di Caligo-
rit: i tre verbi relativi alle decisioni del princeps sono posti in la. ad omnem conspectum: a ogni avvistamento di nave;
climax. Interim pervagantem: Intanto di grande conforto omnem riferito per ipallage a conspectum ma da legarsi logica-
per la mia miseria vedere che la sua misericordia vaga per tutta mente a nave: alla vista di ogni nave. Caligola era solito inviare
la terra; Interim magnum miseriarum mearum solacium: il chia- sicari per assassinare gli esiliati che pensava tramassero contro
smo sottolineato dallinsistita allitterazione della nasale m, che di lui. per te quietem: costruisci per te habent ut modum fortu-
continua anche nella frase successiva misericordiam eius totum nae saevientis, ita spem quoque melioris eiusdem ac quietem praesentis,
orbem pervagantem; pervagantem participio presente congiun- grazie a te hanno un limite allinferocire della sorte, cos come
to con misericordiam, regge laccusativo totum orbem. Nel passo la speranza di una sorte migliore e la tranquillit della presente;
il termine misercordia, cos come precedentemente moderatio, per te: complemento di mezzo; si noti il chiasmo: spem ... melioris
usato come sinonimo di clementia; nel De clementia al contrario ... praesentis quietem. Scias licet: Sappi che. ea demum ful-
la misericordia sar considerata una forma di aegritudo. quae mina colunt: i fulmini pi giusti sono quelli che venera an-
transeat: costruisci cos: quae (misericordia) cum effoderit et in lu- che chi ne colpito. La sententia finale suggella il paragone del
cem reduxerit ex ipso angulo, in quo ego defixus sum, complures obru- princeps con la divinit. Claudio come Giove: la sua iustitia non
tos ruina multorum iam annorum, non vereor ne me unum transeat, ha misura umana, ma vie-
la quale misericordia, avendo dissotterrato e riportato alla luce ne intesa e venerata an-
da questo angolo, nel quale sono confinato, parecchi gi sepolti che da chi ne colpito.
da una rovina di molti anni, non temo che tralasci me solo;
quae nesso relativo; effoderit reduxerit: congiuntivi perfetti;
entrambi rimandano alla metafora dellesilio come sepoltura, Statua dellimperatore
rimarcata anche dal chiasmo effoderit ex ipso angulo ... in lucem
Claudio, 42-43 d.C.
reduxerit; ruina complemento di causa efficiente. Lallitterazio-
(Citt del Vaticano,
ne della r, obrutos ruina multorum iam annorum, rende ancor pi
icastica limmagine della sepoltura; vereor: verbum timendi co- Musei Vaticani).
struito in questo caso con ne + congiuntivo. novit: perfetto con
valore di presente; altra prerogativa tipica della divinit che
Claudio sa da s quando sar il caso di agire e venire in soccorso
dellesiliato. quo debeat: relativa impropria con sfumatura
consecutiva. succurrere: regge il dativo cuique. ego omnem
operam dabo: la contrapposizione tra ipse ed ego sottolineata
dal chiasmo novit tempus operam dabo. ne erubescat: af-
finch non si vergogni di venire da me; finale negativa; erube-
sco un verbo incoativo; la buona condotta dellesiliato pu
diventare un elemento prezioso nel giudizio del princeps.
4. O felicem clementiam tuam: accusativo esclamativo. Lelo-
gio suggella la deprecatio di Seneca. Caesar: Claudio. quae
efficit, ut: che fa s che; la relativa introduce una proposizione
completiva dichiarativa che sottolinea il risultato dellazione,
evidenziando cos gli effetti positivi della clementia Caesaris.
quam nuper sub Gaio egere principes: rispetto a quella che
poco tempo fa vivevano i maggiorenti sotto Gaio; proposizione
comparativa; egere = egerunt; Gaio Caligola, del quale lo stesso
Seneca ricorda pi volte nei dialoghi la crudelt. Non trepi-
dant nec expectant nec pavent: il periodo, articolato in
tricolon con climax e asindeto, fa riferimento alluccisione degli
esiliati nelle isole per ordine di Caligola. per singulas horas:
complemento di tempo continuato; Seneca rende nei particolari
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1,1. Quid actum sit in caelo ante diem iii idus Octobris anno novo, initio saeculi
felicissimi, volo memoriae tradere. Nihil nec offensae nec gratiae dabitur. Haec
ita vera. Si quis quaesiverit unde sciam, primum, si noluero, non respondebo.
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Quis coacturus est? Ego scio me liberum factum, ex quo suum diem obiit ille,
qui verum proverbium fecerat, aut regem aut fatuum nasci oportere. 2. Si
libuerit respondere, dicam quod mihi in buccam venerit. Quis umquam ab
historico iuratores exegit? Tamen si necesse fuerit auctorem producere, quaerito
ab eo qui Drusillam euntem in caelum vidit: idem Claudium vidisse se dicet
iter facientem non passibus aequis. Velit nolit, necesse est illi omnia videre
quae in caelo aguntur: Appiae viae curator est, qua scis et divum Augustum et
Tiberium Caesarem ad deos isse. 3. Hunc si interrogaveris, soli narrabit: coram
pluribus nunquam verbum faciet. Nam ex quo in senatu iuravit se Drusillam
vidisse caelum ascendentem et illi pro tam bono nuntio nemo credidit, quod
viderit verbis conceptis affirmavit se non indicaturum, etiam si in medio foro
hominem occisum vidisset. Ab hoc ego quae tum audivi, certa clara affero, ita
illum salvum et felicem habeam.
Quis est?: Chi ha intenzione di costringermi?. Luso difetto di Claudio, che zoppicava visibilmente. Gi secondo
della perifrastica attiva assolve a una duplice funzione: da un Aristotele una caratteristica essenziale del genere comico
lato un tratto della lingua parlata, quindi adatto al genere la caricatura dei caratteri psicologici e fisici dei personaggi.
della satira menippea, dallaltro sottintende unidea di sfida Velit aguntur: Voglia o non voglia, inevitabile che veda
nei confronti dellipotetico interlocutore con cui lautore ha tutto ci che avviene in cielo; velit nolit: forma colloquiale.
iniziato il dialogo. Ego: luso del pronome personale sottoli- Appiae est: custode della via Appia; curatores viarum:
nea la forte presa di posizione di Seneca. me factum: di sono i funzionari imperiali dellordine senatorio, addetti alla
essere diventato libero; infinitiva oggettiva; liberum parola sovrintendenza delle strade. La via Appia fu costruita sotto la
chiave che allude alla libert non solo individuale ma collet- censura di Appio Claudio Cieco (312 a.C.); da l entravano in
tiva dal tiranno. suum diem obiit ille: lett. giunse al suo trionfo i generali. qua: avverbio di moto per luogo (passag-
giorno; ille riferito a Claudio, che ancora, ironicamente, non gio obbligato). et et isse: sono saliti tra gli di anche il
viene nominato. qui verum proverbium fecerat: che aveva divo Augusto e Tiberio Cesare; infinitiva oggettiva. Augusto
avverato il proverbio; luso frequente di proverbi un altro e Tiberio morirono in Campania e furono riportati a Roma per
tratto caratteristico della satira. aut regem oportere: bi- la via Appia: si noti lironia sottesa a scis, come dire: lo sanno
sogna nascere re o pazzi (sott. per fare quello che si vuole); tutti che per raggiungere gli di bisogna passare da l...
il senso della frase probabilmente che Claudio ha avverato 3. Hunc faciet: Se interrogherai costui, esporr il fatto a te
il proverbio agendo impunemente, al di sopra delle leggi, da solo: di fronte a pi persone non dir mai una parola; si inter-
rex o da fatuus; aut ... aut: la congiunzione disgiuntiva indica rogaveris, soli narrabit: periodo ipotetico della realt; soli: collo-
unopposizione tra due termini che si escludono a vicenda; quiale in contrasto con il verbo narrare, che richiama la narratio,
oportere nasci: infinitiva epesegetica. cio una parte dellorazione; verbum faciet: altra espressione che
2. Si venerit: Se mi far piacere rispondere, dir ci che rimanda allambito forense; nel Foro era pi consono riferire in
mi verr alla bocca. Il si riprende il precedente primum, si no- pubblico che non in privato. ex quo: da quando, dal momento
luero, a mo di catalogo; continua cos, in termini colloquiali in cui, complemento di tempo continuato. se ascenden-
(buccam), la parodia nei confronti dello storico, del testimone tem: di aver visto Drusilla salire al cielo; ascendentem parti-
e dellutilizzo delle fonti. Laccostamento dei due termini, di- cipio congiunto da ascendo con Drusillam; il nesso caelum ascen-
cam, termine tecnico dellambito forense, e buccam, forma col- dentem tipico della lingua poetica, cos come il successivo pro
loquiale per os, proprio della satira, in primis di quella me- tam bono nuntio di quella popolare: ancora una volta, dunque, la
nippea. Quis exegit?: Chi ha mai preteso testi giurati satira mescola i due registri. quod viderit: alcuni interpretano
dagli storici?; iuratores: gli ufficiali preposti al controllo della la subordinata come esplicativa del credidit, e per cos bella noti-
veridicit delle dichiarazioni dei cittadini sul proprio censo, zia nessuno credette a quel che aveva visto, altri (forse in modo
che dovevano riferire al censore. Tamen vidit: Tuttavia, pi convincente, se si guarda ai tempi verbali), come dipendente
se sar necessario produrre un teste, chiedi a colui che vide da se non indicaturum, non avrebbe rivelato ci che gli fosse ca-
Drusilla andare in cielo; auctorem producere unespressione pitato di vedere. verbis conceptis: formula solenne di giura-
del linguaggio giuridico, quaerito un imperativo futuro usato mento, vale solennemente. se non indicaturum: infinitiva
sempre nellambito giuridico; il verbo regge ab eo; euntem: par- con sottinteso esse; il verbo indico (manifestare, testimoniare)
ticipio congiunto da eo; qui: si allude al curator della via Ap- appartiene al lessico forense. etiam si: concessiva con congiun-
pia, Livio Gemino, che secondo Cassio Dione (49,11) avrebbe tivo piuccheperfetto; sottolinea lirrealt dellipotesi; introduce
giurato in senato di aver visto salire in cielo Drusilla, sorella e lespressione iperbolica in medio foro hominem occisum vidisset.
amante di Caligola, e unirsi agli di; in caelum: la scelta di in e Ab hoc habeam: Tutti i fatti che ho sentito da costui, li riferi-
accusativo sottolinea lascesa di Drusilla in cielo rimarcandone sco come certi e chiari: cos mi possa, quello, stare sano e in buo-
la divinizzazione. idem aequis: egli dir di aver visto na fortuna; certa clara: asindeto (allitterante) proprio del sermo
Claudio fare il cammino a passi non uguali; non passibus familiaris; salvum et felicem habeam: la formula di scongiuro della
aequis: parodia di un celebre passo virgiliano (Eneide 2,724), lingua duso e allude probabilmente al giuramento solenne che
in cui il piccolo Iulo, figlio di Enea, segue il padre in fuga da Livio Gemino fece di fronte al senato: si pu dunque interpre-
Troia cercando con difficolt di tenergli dietro; lallusione al tare, non senza ironia, spero per lui che abbia detto la verit.
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2. Puto magis intellegi, si dixero: mensis erat October, dies III idus Octobris.
Horam non possum certam tibi dicere, facilius inter philosophos quam inter
horologia conveniet. Tamen inter sextam et septimam erat. 3. Nimis rustice.
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(quelli che seguono al 2.4). <Adeo non>: integrazione; si concentrazione retorica dei versi, si intende habenae come si-
tratta del primo termine della consecutiva ut inquietent, A tal neddoche per cavalli, allora laggettivazione coerente (per-
punto non trovano quiete tutti i poeti ... da inquietare anche ch i cavalli sono stanchi); deducens: de- sottolinea il movimen-
il mezzogiorno; si noti il chiasmo adquiescunt omnes poetae ... to dallalto verso il basso e rende realisticamente limmagine
medium diem inquietent, con la contrapposizione dei due ver- del calare del sole; obliquo ... tramite: moto per luogo obbligato.
bi quiescunt e inquietent. tu bonam?: tu lascerai passare Claudius anima agere coepit: Claudio cominci a mettere
unora tanto bella?; lhoram bonam per due diversi motivi, in moto lanima, nel senso di cominci a morire, non senza
entrambi a modo loro ironici: primo perch propizia a com- una sfumatura di affanno; il nesso agere anima vale esalare
porre perifrasi in versi, secondo perch lora della morte di lultimo respiro, ma agere usato comunemente anche per
Claudio, linizio della nuova et felice di Nerone. indicare il gesto di spronare, spingere avanti gli animali, sic-
4. Iam lucem: Gi Febo col carro aveva diviso a met il ch il passo assume di nuovo una coloritura comica. nec
percorso, e pi vicino alla notte scuoteva le briglie stanche, poterat: ma non riusciva a trovare un varco; a tutta la scena
traendo per lobliquo sentiero la luce calante; curru ablativo sottesa ironicamente la dimensione concreta, materiale, sca-
di mezzo; medium orbem: iperbato. Le ore diurne arrivava- tologica dellevacuazione: una delle caratteristiche fondamen-
no sino alla dodicesima, quando si iniziavano a contare le ore tali della satira infatti il continuo uso del particolare realisti-
della notte; fessas ... habenas: ipallage in quanto laggettivo co, ora con fini prettamente ironici ora per bilanciare le stesse
riferito alle briglie invece che ad Apollo. Se per, vista lalta immagini iperboliche e fantasiose dellironia.
Letteratura
La diatriba e la satira menippea satura): gli argomenti sono presentati con lo spirito
polemico e la tagliente ironia tipica delle argomenta-
Quello della diatriba un genere letterario nato zioni ciniche. Per quanto riguarda la struttura formale,
nellambiente della filosofia cinica. Secondo la tra- Menippo avrebbe inventato il cosiddetto prosimetro,
dizione, il suo inventore sarebbe stato Bione di Bo- ovvero una trama formale articolata in sezioni di pro-
ristene, uno schiavo liberato poi divenuto filosofo sa che si alternavano a sezioni espresse in versi. Alla
cinico tra il iv e il iii secolo a.C. Per divulgare le proprie struttura della satira menippea possono essere avvici-
idee, i cinici usavano discorsi nei quali esponevano un nate numerose opere di Luciano di Samosata, scrit-
principio o un concetto filosofico per lo pi di carat- tore greco del ii secolo d.C., nonch le Saturae Me-
tere etico in modo semplice e lineare, con un tono nippeae di Varrone, lApokolokyntosis di Seneca e il
adatto a suscitare linteresse degli ascoltatori. Tali di- Satyricon di Petronio.
scorsi erano caratterizzati da uno spirito polemi-
co e mordace nei confronti della mentalit dominan-
te, che i cinici intendevano sottoporre a critica serrata,
spesso ricorrendo anche alla citazione parodistica di
poeti. Gi nellantichit dunque la diatriba fu conside-
rata un genere spoudaioghloion, serio-comico.
Significativo che Orazio (Epistulae 2,2,60) definisca
le proprie satire sermoni di Bione (Bioneis Sermoni-
bus) proprio in considerazione degli accenti polemici e
diretti tipici della divulgazione filosofica cinica.
Nellambito della tradizione diatribica assume carat-
teri specifici unaltra tipologia letteraria, la satira me-
nippea, la cui invenzione attribuibile a Menippo di
Gadara: uno schiavo vissuto secondo la tradizione Maschera teatrale
nel iii secolo a.C. Si tratta di un genere che presenta di satiro (Roma, Museo
unestrema variet tematica (da qui la definizione di Nazionale Romano).
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1. Scribere de clementia ... institui: Ho deciso di scrivere sul- fa piacere, regge gli infiniti inspicere, circumire, immittere e
la clemenza; de clementia complemento di argomento; per loqui. inspicere et circumire: osservare e indagare; i due
il termine clementia vedi sotto DLe parole della filosofia. ut verbi provengono entrambi dal linguaggio militare cui spesso
... fungerer ... ostenderem: per fungere in qualche modo da Seneca ricorre come ricca fonte di metafore; per inspicere vedi
specchio e per mostrare a te, te stesso, proposizioni finali; sotto DLe parole della filosofia; circumire, composto da circum
fungor regge lablativo vice; te tibi: si noti il poliptoto. perven- (intorno ) e da ire (andare), indica lazione dellaccerchia-
turum: che stai per giungere, participio futuro concordato re, chiudere in circolo: nel linguaggio filosofico presentano
con te. Seneca fa ampio uso di questa forma verbale funzionale entrambi il senso di esaminare attentamente. conscien-
alla concentrazione espressiva, con lo scopo di esprimere la tiam: sostantivo astratto derivato dalla forma conscire essere
predestinazione e lineluttabilit dellavverarsi di unazione. consapevole, (DLe parole della filosofia, vedi sotto). tum ...
ad voluptatem ... omnium: al piacere pi grande di tut- oculos in: poi volgere lo sguardo verso. hanc inmensam
ti; il piacere che deriva dal beneficare i propri sudditi e che ... exultaturam: questa immensa moltitudine discorde, sedi-
differenzia il re dal tiranno: questultimo infatti prova piace- ziosa e incapace di dominarsi, pronta a saltar su; secondo uno
re nellesercitare la crudelt (cfr. De clementia 1,11,4: tyranni stereotipo ricorrente nelle sue opere, Seneca presenta la massa
in voluptatem saeviunt, i tiranni infieriscono per il piacere di sulla quale il principe deve governare come priva di ragione,
farlo). Quamvis ... sit: Infatti bench il vero frutto delle spinta da motivi irrazionali e pertanto tendente allanarchia;
cose compiute rettamente sia, proposizione concessiva; rec- exultaturam: participio futuro da exulto, ben rende lidea di una
te avverbio; factorum genitivo neutro plurale. fecisse: belva pronta a lanciarsi. I tre aggettivi discordem, seditiosam,
laverle compiute. nec ullum ... sit: e non ci sia alcun pre- inpotentem sono disposti in climax ascendente. in pernici-
mio degno delle virt al di fuori delle virt stesse. iuvat: em ... pariter: in egual modo per la rovina propria e altrui.
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exultaturam, si hoc iugum fregerit, *** ita loqui secum: 2. Egone ex omnibus
mortalibus placui electusque sum, qui in terris deorum vice fungerer? Ego
vitae necisque gentibus arbiter! Qualem quisque sortem statumque habeat,
in mea manu positum est; quid cuique mortalium fortuna datum velit
meo ore pronuntiat; ex nostro responso laetitiae causas populi urbesque
concipiunt; nulla pars usquam nisi volente propitioque me floret; haec tot
milia gladiorum, quae pax mea conprimit, ad nutum meum stringentur; quas
nationes funditus excidi, quas transportari, quibus libertatem dari, quibus
eripi, quos reges mancipia fieri quorumque capiti regium circumdari decus
oporteat, quae ruant urbes, quae oriantur, mea iuris dictio est. 3. In hac tanta
facultate rerum non ira me ad iniqua supplicia conpulit, non iuvenilis inpetus,
Ritratto di Nerone,
isecolo d.C. (Roma, non temeritas hominum et contumacia, quae saepe tranquillissimis quoque
Musei Capitolini). pectoribus patientiam extorsit, non ipsa ostentandae per terrores potentiae
si ... fregerit, ***: una mortalium: a ciascuno dei mortali; cuique: dativo del pro-
volta che avr rotto que- nome quisque. meo ore: lett. con la mia bocca; dipende da
sto giogo; fregerit: fu- pronuntiat, lo fa sapere. ex nostro ... concipiunt: da una
turo anteriore da fran- nostra risposta popoli e citt traggono motivi di gioia. nulla
go; hoc pu avere valore pars ... floret: nessun luogo prospera. nisi ... me: senza
deittico e quindi la la- la mia benevolenza e il mio favore; ablativo assoluto. haec
cuna pu essere sanata tot ... stringentur: tutte queste migliaia di spade che la mia
inserendo un semplice pace fa rimanere nel fodero, a un mio cenno saranno sguaina-
et; altri studiosi ritengo- te; milia regge il genitivo gladiorum. Pax da intendersi come
no invece che hoc abbia concordia civile. quas ... quas ... quibus ... quibus ... quos ...
valore prolettico rispetto quorumque ... oporteat: quali popoli debbano essere distrutti
ad altri termini perduti che totalmente, quali fatti trasferire, a quali si debba dare la libert,
meglio specificano il signi- a quali strapparla, quali re debbano essere ridotti in schiavit
ficato di iugum; iugum ha qui e sul capo di quali sia opportuno che venga posta la corona;
il senso traslato di dominio. si tratta di una serie di proposizioni interrogative indirette
2. Egone: la particella encli- dipendenti da mea iuris dictio est, in mio potere stabilire,
tica -ne introduce una introdotte dallimpiego del pronome interrogativo in casi dif-
proposizione interro ferenti, tramite cio un poliptoto. Gli infiniti excidi, transportari,
gativa retorica. Ha dari, eripi, fieri, circumdari sono tutti retti da oporteat; nationes:
qui inizio il monolo- ha il senso di popolo, popolazione; funditus: avverbio, signi-
go che Seneca immagina fica dalle fondamenta e quindi completamente; transpor-
che limperatore debba fare tari: si tratta del trasferimento forzato di una popolazione da
con se stesso. ex ... mortalibus: un territorio allaltro; mancipia: il termine (da manus + capio)
fra tutti i mortali; complemento par- designando lo schiavo come cosa posseduta, propriet ha
titivo. placui electusque sum: sono pia- una connotazione pi negativa rispetto a servus. quae ruant
ciuto e sono stato scelto; Seneca non dice chi sceglie il princi- ... quae oriantur: quali citt debbano andare in rovina e quali
pe; sar la frase conclusiva del monologo (par. 4) a chiarire il sorgere; proseguono le proposizioni interrogative introdotte
senso di questa espressione: Nerone infatti si presenter come questa volta dal pronome interrogativo in anafora.
colui che deve rendere conto del proprio comportamento a 3. non ira ... conpulit: non lira non mi ha spinto a inflig-
chi gli ha affidato un incarico, cio agli di. qui ... fungerer: gere supplizi iniqui. non ... inpetus: non limpeto giova-
per fare sulla terra le veci degli di; proposizione relativa nile; Nerone aveva preso il potere allet di sedici anni. Si
impropria con valore finale; vice: ablativo retto da funger. ar- noti lanafora del non che sottolinea tutte quelle passioni di
biter: il termine designa qui chi detiene il potere svincolato cui scevro lanimo di Nerone. non ... contumacia: non la
dalla legge. Qualem ... habeat: Quale destino o condizione temerariet o la tracotanza degli uomini. quae ... patien-
ciascuno abbia; proposizione interrogativa indiretta, funge tiam: che spesso anche dai cuori pi tranquilli la pazienza;
da soggetto di positum est. in mea ... positum est: riposto patientiam: vedi sotto DLe parole della filosofia. extorsit:
nelle mie mani. quid ... fortuna ... velit pronuntiat: la strappa via; perfetto con valore gnomico da extorqueo.
sorte annuncia quel che vuole che venga assegnato. cuique ostentandae ... potentiae: di ostentare la propria potenza,
Lessico
patientia: sostantivo derivato da pati (soffrire, sopportare, patire), indica la virt stoica
della sopportazione.
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dira, sed frequens magnis imperiis gloria. Conditum, immo, constrictum apud
me ferrum est, summa parsimonia etiam vilissimi sanguinis; nemo non, cui
alia desunt, hominis nomine apud me gratiosus est. 4. Severitatem abditam,
at clementiam in procinctu habeo; sic me custodio, tamquam legibus, quas ex
situ ac tenebris in lucem evocavi, rationem redditurus sim. Alterius aetate
prima motus sum, alterius ultima; alium dignitati donavi, alium humilitati;
quotiens nullam inveneram misericordiae causam, mihi peperci. Hodie
dis inmortalibus, si a me rationem repetant, adnumerare genus humanum
paratus sum.
gerundivo. frequens magnis imperiis: usuale in chi a tenebre. Motivo ricorrente delle laudes Neronis il ripristino
capo di grandi imperi. gloria: nel senso negativo di va- del rispetto della legge dopo gli abusi perpetrati da Claudio e
nagloria. Conditum ... est: La mia spada riposta, anzi dai suoi liberti (cfr. Apokolokyntosis 4,1,24 e Tacito, Annales 11,5-
legata presso di me; lavverbio correttivo immo, o meglio, 7); situs presenta vari significati: mancanza di cura, ruggine,
enfatizza la disposizione in climax ascendente di conditum e deterioramento, muffa ed relativo a ci di cui nessuno pi
constrictum; ferrum: metonimia per spada. summa parsi- si cura. Alterius ... alterius: anafora. aetate prima: dalla
monia: sottinteso est. nemo non: la negazione non quando giovinezza; complemento di causa efficiente. motus sum:
segue un pronome indefinito di senso negativo corrisponde sono stato commosso. ultima: sottinteso aetate, indica la
a una forte affermazione non c nessuno che non, quindi vecchiaia. alium ... humilitati: ho fatto grazia a uno per la
tutti. cui ... desunt: al quale mancano tutte le altre cose. sua dignit, allaltro per la sua umile condizione; qui il ver-
hominis nomine: in virt del titolo di uomo; ablativo di bo donare presenta il significato di graziare, perdonare, ed
causa dipendente da gratiosus, gradito. costruito con laccusativo della persona e il dativo della cosa
4. in procinctu habeo: tengo a portata di mano, quindi sono in nome della quale si concede la grazia. Si noti lanafora di
sempre pronto; in procinctu: espressione tratta dal linguaggio alium. quotiens ... inveneram: tutte le volte che non ho tro-
militare, vale infatti in assetto di guerra. tamquam ... red- vato; inveneram indica azione iterata nel passato. peperci:
diturus sim: come se fossi sul punto di render conto; propo- ho risparmiato per me stesso; perfetto da parco, regge il dati-
sizione comparativa ipotetica; legibus: alle leggi; il principe, vo mihi. si ... repetant ... sum: se me ne chiedono conto, sono
che, come si visto al par. 2, si definisce arbiter, non vinco- pronto a; si tratta di un periodo ipotetico misto con protasi
lato dalle leggi, ma volontariamente vi si sottomette. quas della possibilit e apodosi della realt, come richiesto dalla sua
... evocavi: che ho riportato alla luce dallabbandono e dalle natura di exemplum fictum.
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10,1. Ignovit abavus tuus victis; nam si non ignovisset, quibus imperasset?
Sallustium et Cocceios et Dellios et totam cohortem primae admissionis ex
adversariorum castris conscripsit; iam Domitios, Messalas, Asinios, Cicerones,
quidquid floris erat in civitate, clementiae suae debebat. Ipsum Lepidum quam
diu mori passus est! Per multos annos tulit ornamenta principis retinentem
et pontificatum maximum non nisi mortuo illo transferri in se passus est;
maluit enim illum honorem vocari quam spolium. 2. Haec eum clementia
ad salutem securitatemque perduxit; haec gratum ac favorabilem reddidit,
quamvis nondum subactis populi Romani cervicibus manum imposuisset;
haec hodieque praestat illi famam, quae vix et vivis principibus servit. 3.
Deum esse non tamquam iussi credimus; bonum fuisse principem Augustum,
bene illi parentis nomen convenisse fatemur ob nullam aliam causam, quam
10,1. Ignovit abavus tuus victis: Il tuo antenato perdon non dopo che quello mor; il perfetto passus est (da patior)
i vinti; abavus significa letteralmente trisavolo: Augusto coordinato a tulit e regge linfinitiva pontificatum maximum
era il trisnonno di Nerone attraverso la propria figlia Giu- transferri (infinito passivo da transfero); mortuo illo ablativo
lia Maggiore; il verbo ignosco regge il dativo victis, participio assoluto con valore temporale. Augusto assunse la carica di
perfetto sostantivato. nam si non ignovisset, quibus im- pontefice massimo nel 12 a.C. maluit enim illum honorem
perasset?: infatti, se non li avesse perdonati, su chi avrebbe vocari quam spolium: prefer infatti che quella fosse chia-
esercitato il potere assoluto?, periodo ipotetico dellirreal- mata carica onorifica piuttosto che bottino di guerra; illum si
t, in cui lapodosi uninterrogativa diretta introdotta dal riferisce a pontificatum maximum; honor significa sia onore,
pronome interrogativo quibus; imperasset forma sincopata sia carica, magistratura, mentre spolium indica la preda ot-
da imperavisset. Sallustium conscripsit: arruol dallac- tenuta in guerra. Seneca ribadisce cos non solo la clementia di
campamento degli avversari Sallustio, i Coccei, i Dellii e tut- Augusto, ma anche la scelta di legalit del princeps.
to il gruppo di quelli che venivano ricevuti per primi; Sallu- 2. Haec perduxit: Questa clemenza lo port a una salvez-
stio era il nipote dello storico, mentre Cocceio era un avo di za sicura; la coppia salutem sicuritatemque pu essere intesa
Nerva e Dellio era passato dalle fila di Augusto a quelle dei anche come unendiadi (una salvezza sicura) enfatizzata
suoi avversari. Il plurale (anche dopo Domitios Cicerones) dallallitterazione. haec gratum ac favorabilem reddidit:
ha la funzione di generalizzare ulteriormente gli effetti della questa lo rese gradito e ben voluto; si noti lanafora di haec,
clementia di Augusto. Lespressione primae admissionis si rife- che rinforza la centralit della clementia nel nuovo ordine po-
risce alla consuetudine per cui le personalit importanti era- litico e sociale fondato da Augusto (si veda anche dopo haec
no ricevute dal princeps senza attendere, e quindi sottolinea hodieque); gratum ac favorabilem sono predicativi dellogget-
la rilevanza sociale e politica di coloro che furono beneficiati to riferiti al precedente eum (Augusto). Lattributo favorabilis
dal perdono di Augusto (totam cohortem). iam Domitios deriva dal sostantivo favor favore, simpatia: in questo caso
clementiae suae debebat: gi doveva alla sua clemenza i va inteso con significato passivo. quamvis imposuisset:
Domizi, i Messalla, gli Asinii, i Ciceroni e tutti quelli che fio- anche se aveva posto la mano sulle teste del popolo romano
rivano nella citt; lespressione clementiae suae debebat indica che non erano state fino ad allora sottomesse; quamvis intro-
la volont di Augusto di risparmiare alcuni suoi avversari. duce una proposizione concessiva con verbo al congiuntivo
Non sappiamo con certezza a chi si riferisca Domitios (Do- piucchepperfetto (imposuisset), che regge laccusativo manum
mizio Enobarbo lavo di Nerone, oppure il politico che dallo e il dativo cervicibus, a sua volta concordato a subactis (partici-
schieramento di Antonio pass a quello di Augusto nel 31 pio perfetto da subigo). haec hodieque praestat illi famam:
a.C.); Asinio Pollione e Messalla Corvino furono intellettua- questa anche oggi gli assicura una fama. quae servit:
li di rilievo che mantennero un atteggiamento indipendente che a stento risulta utile ai prncipi quando sono ancora vivi;
da Augusto; Cicerone il figlio del celebre oratore, militan- il verbo servit va inteso nel senso di essere utile, mettersi al
te accanto a Bruto; floris genitivo partitivo dipendente dal servizio di e regge il dativo vivis principibus; vivis, in allittera-
pronome neutro quidquid. Ipsum Lepidum quam diu mori zione con vix, ha valore predicativo.
passus est!: Quanto a lungo aspett che lo stesso Lepido 3. Deum credimus: Noi crediamo che sia un dio; credimus
morisse!; Lepido aveva sottoscritto nel 43 a.C. il secondo regge linfinitiva deum esse; iussi riferito al soggetto sottinteso
triumvirato con Antonio e Ottaviano. Seneca sottolinea che nos ed participio perfetto da iubeo, usato al passivo nel senso
Augusto permise che Lepido morisse di morte naturale (av- di ricevere un ordine; introdotto da tamquam, come se fos-
venuta nel 12 a.C.), ovvero lasci che vivesse tutto il resto simo stati comandati (cio come se ci avessero ordinato di cre-
della sua vita. Per multos annos retinentem: Per molti derlo). Augusto fu deificato alla sua morte nel 14 a.C. bonum
anni sopport che mantenesse le insegne del principe; tulit fatemur: dichiariamo che Augusto stato un buon principe
(perfetto di fero nel senso di sopportare) regge retinentem, e che a lui si adattato bene il titolo di padre; fatemur, coor-
participio predicativo che a sua volta regge laccusativo or- dinato al precedente credimus, regge le infinitive bonum fuisse
namenta; per multos annos complemento di tempo continua- Augustum e bene convenisse; lespressione nomen parentis
to. et pontificatum passus est: e non permise che la allude al titolo di padre della patria che Augusto assunse nel
carica di pontefice massimo fosse trasferita su lui stesso se 2 a.C. ob nullam quam: per nessun altro motivo se non.
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