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L'attuale comprensione della meccanica del moto orbitale basata sulla teoria
della relativit generale di Albert Einstein, che spiega come la gravit sia dovuta
alla curvatura dello spazio-tempo, con orbite che seguono le geodetiche. Per
comodit di calcolo, la relativit di solito approssimata con la legge di
gravitazione universale, basata sulle leggi di Keplero relative al moto dei
pianeti.[3]
Indice
1 Cenni storici
2 Orbite planetarie
2.1 Meccanismo di un'orbita
3 Principi della dinamica
4 Specifiche di un'orbita
5 Perturbazioni orbitali
5.1 Perturbazioni radiali, dirette e trasversali
5.2 Decadimento di un'orbita
5.3 Schiacciamento di un corpo sferico
5.4 Corpi gravitanti multipli
6 Astrodinamica
7 Classificazione
8 Velocit orbitale in un'orbita circolare terrestre
9 Note
10 Bibliografia
11 Altri progetti
12 Collegamenti esterni
Cenni storici[modifica | modifica wikitesto]
Storicamente, i moti apparenti dei pianeti sono stati prima spiegati
geometricamente (senza riferimenti alla gravit) in termini di epicicli, vale a
dire la sommatoria di numerosi movimenti circolari.[4] Questa teoria prediceva il
percorso dei pianeti abbastanza accuratamente, fino a quando Giovanni Keplero non
dimostr che il moto dei pianeti era in realt ellittico.[5]
Nel modello geocentrico del Sistema Solare si utilizzavano le sfere celesti per
spiegare il moto apparente dei pianeti nel cielo in termini di sfere perfette o di
anelli. Dopo che il moto dei pianeti fu misurato pi accuratamente, si dovettero
aggiungere meccanismi teorici come i deferenti e gli epicicli. Anche se il modello
era in grado di predire con precisione la posizione dei pianeti nel cielo, nel
tempo occorreva un numero sempre maggiore di epicicli, che lo facevano diventare
sempre pi macchinoso.
Le basi per la moderna comprensione delle orbite sono state formulate per la prima
volta da Keplero, i cui risultati sono compendiati nelle tre leggi del moto
planetario. In primo luogo, egli scopr che le orbite dei pianeti del nostro
Sistema Solare sono ellittiche, non circolari (o epicicloidali) come si era
precedentemente creduto, e che il Sole non si trova al centro delle orbite, bens
in uno dei due fuochi.[6] In secondo luogo, scopr che la velocit orbitale di
ciascun pianeta non costante, ma dipende dalla sua distanza dal Sole. In terzo
luogo, Keplero trov un rapporto comune tra le propriet orbitali di tutti i
pianeti in orbita attorno al Sole. Per i pianeti, i cubi delle loro distanze dal
Sole sono proporzionali ai quadrati dei loro periodi orbitali. Giove e Venere, per
esempio, sono lontani dal Sole rispettivamente 5,2 e 0,723 UA circa, i loro periodi
orbitali sono di 11,86 e 0,615 anni circa. La proporzionalit data dal fatto che
il rapporto di Giove, 5,2/11,86, praticamente uguale a quello di Venere,
0,723/0,615, in accordo con la relazione.
Le linee tracciate da orbite dominate dalla gravit di un corpo centrale sono
sezioni coniche, cio curve formate dalla intersezione tra un piano e un cono. Le
orbite paraboliche (1) e quelle iperboliche (3) sono orbite aperte, mentre quelle
ellittiche e circolari (2) sono orbite chiuse.