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26 giugno
__________ 2017 - N24 Readership:
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Giuseppe
Travaglini
*
qualcosa
di
confor-
/
tante
nelle
ultime
statstiche
Istat
II
Pii
cresce.
Certo,
ad
un
ritmo
contenuto.
Ma
un
incremento
dello
0,6%
in
sei
mesi
non
si
vedeva
dal
2007.
E
fa
piacere.
Un
buon
viatico
che
potrebbe
regalare
una
crescita
dell'1,3
per
cento
al
termine
del
2017.
Dati
analoghi
sono
stimati
da
Confindustria,
da
Prometeia
e
dall'U-
niversit
di
Urbino.
E
ropinione
autorevole
del
Fondo
Monetario
Intemazionale,
dopo
il
suo
recente
passaggio
italiano,
in
linea
con
questa
prospettiva.
Il
Fondo
resta
per
guardingo
sulle
proiezioni
lordo, il segnale che il reddito nazionale torna a fluire verso il fattore lavoro dopo anni di
perdita. Riequilibrando in parte i costi della ristrutturazione degli anni 90 (Riforma Hartz-
Schroder). Per lItalia invece linversione di tendenza della quota dei redditi da lavoro sul reddito
nazionale ha un carattere pi congiunturale, e si spiega allopposto con la frenata della
produttivit che peggiora la competitivit, e accresce solo virtualmente (e transitoriamente) la
quota dei redditi che va al lavoro. Ma in un contesto economico che resta complessivamente
fragile e di prolungata di stagnazione. La staffetta tra esportazioni e domanda interna passa
dunque anche per la politica dei redditi onde evitare, come gi da tempo ha sottolineato lOcse
(2012), che il peggioramento della quota da lavoro possa avere un effetto negativo sul livello
della domanda aggregata e sulla velocit con cui le economie possono uscire dalla crisi.
Dunque? La tendenza italiana a considerare superata la crisi, senza avere risolto di fatto i suoi
nodi strutturali, pu diventare una trappola che frena la ripartenza dei consumi e degli
investimenti senza dare fiato ai redditi delle famiglie. E la flessibilit per i conti pubblici, che
probabilmente sar concessa da Bruxelles, un palliativo con effetti transitori che non risolvono i
nodi strutturali della mancata crescita. Se confrontiamo i nostri redditi da lavoro con quelli degli
altri emergono chiaramente le difficolt. Oggi, secondo i dati Eurostat, il salario medio reale per
occupato in Italia di circa il 25% inferiore alla media dei 15 paesi europei pi industrializzati. E
di circa il 30 percento inferiore a quello medio tedesco. E questa forbice si sta allargando
ulteriormente dal 2010. Una questione fondamentale che ancora una volta ribadisce che le
problematiche della crescita - degli investimenti, dellinnovazione e della conoscenza - non sono
disgiunte da quelle della domanda interna e della distribuzione del reddito. E che dunque le
prossime scelte del Governo sui temi della politica fiscale e dei redditi (si pensi al tema della
tassazione sulla prima casa, alla riforma IR-PEF, agli sgravi fiscali alle imprese, e al taglio del
cuneo fiscale sul costo del lavoro) richiederanno una seriet politica che va oltre la gi complessa
gestione del deficit di bilancio e della sostenibilit del debito pubblico. * Ordinario di Politica
Economica Universit di Urbino Carlo Bo Lindice di fiducia dei consumatori tornato negli
ultimi mesi a scendere anche per le incertezze del quadro politico
OLTRE I NUMERI
Di sicuro la corruzione emana un cattivo odore, spuzza ha detto Papa Francesco a Scampia; ma
erode anche preziose risorse, fa il vuoto attorno a s e si mangia quel che servirebbe. Almeno 700
miliardi di euro nel mondo, stando ai calcoli dellex segretario generale delle Nazioni Unite, Ban
Ki-moon. Circa 120 miliardi in Europa, in uno studio della Commissione Ue. Ben 60 miliardi
lanno in Italia, secondo una previsione che non scientificamente attendibile ma neppure
molto lontana dalla realt, a detta di Raffaele Cantone, presidente dellAnac, lAutorit
anticorruzione, pure coautore di un volume sugli olezzi corruttivi insieme a Francesco Caringella.
Paese che vai, corrotti che trovi. Transparency International ha elaborato uno speciale indice per
misurare la percezione della corruzione da cui viene fuori che lItalia al sessantesimo posto
della classifica mondiale, alla pari con Cuba. In testa alla lista dei virtuosi la Nuova Zelanda e la
Danimarca, chiude la Somalia. LItalia anche terzultima nella graduatoria europea, guidata da
finlandesi e danesi: fanno peggio di noi solo la Grecia e la Bulgaria. Secondo una ricerca
dellUniversit di Urbino su dati dellOsservatorio europeo sulla sicurezza, per un italiano su
cinque le bustarelle, insieme allinefficienza, sono il principale problema da affrontare, pi
dellimmigrazione e della criminalit. Al contrario la prima emergenza